Diritto Societario Italiano e Diritto Comunitario

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Diritto Societario Italiano e Diritto Comunitario
Parte I
Diritto Societario Italiano
e Diritto Comunitario
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Elisabetta Pederzini
Alla ricerca del diritto applicabile: società italiane e società straniere
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Alla ricerca del diritto applicabile:
società italiane e società straniere
Elisabetta Pederzini
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il diritto internazionale privato. Cenni generali. – 3. Il diritto
internazionale privato delle società: legge regolatrice delle società o lex societatis. Il riconoscimento delle società straniere. – 4. Società straniere: entro i confini comunitari e fuori dell’ambito dell’Unione europea. – 5. Società straniere con sede secondaria in Italia. – 6. L’internazionalizzazione delle imprese italiane. Il trasferimento della sede sociale all’estero e le
fusioni transfrontaliere.
1. Introduzione
Appena qualche anno fa il film Niente da nascondere (Caché) di Michael
Haneke, con Juliette Binoche e Daniel Auteuil, è stato escluso dal novero delle
opere che l’Austria poteva proporre all’Academy of Motion Picture, Arts and
Sciences per il conferimento del premio Oscar per il miglior film straniero. Il
regista del film era austriaco, gli interpreti francesi, la co-produzione austriaca,
francese, tedesca e italiana, la distribuzione italiana, fatta da una società partecipata anche da capitale straniero. La ragione dell’esclusione risiedeva nel fatto che il film era stato girato in Francia con attori francesi: dunque, ad avviso
dei membri dell’Academy, non poteva rappresentare l’Austria nella corsa alla
statuetta per il miglior film in lingua straniera perché parlato interamente in
francese (e non in austriaco). Il comitato austriaco dei professionisti dell’industria cinematografica e degli audiovisivi ha protestato, inutilmente, contro la
squalifica giustificando la scelta con la considerazione che la pellicola era “profondamente austriaca a tutti gli effetti”. La stessa sorte era toccata poco prima
al film Private di Saverio Costanzo, perché non girato in lingua italiana. Come
si stabilisce la “nazionalità” di un film? E in base a quale criterio? Rileva la nazionalità del regista o invece quella dei produttori? L’appartenenza degli interpreti, la lingua parlata (e se fossero più d’una, s’instaurerebbe un giudizio
di prevalenza?) o piuttosto il luogo di realizzazione, di produzione, di distri-
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buzione? Ovvero, ancora, gli interessi rappresentati, il valore culturale dell’opera come hanno sostenuto i film makers austriaci?
In maniera analoga ci si deve domandare quali fattori o elementi debbano
essere valorizzati ai fini del riconoscimento della “nazionalità” di una società.
Astrattamente, infatti, si potrebbero richiamare: il luogo nel quale la società ha
stabilito la sua sede statutaria, il luogo nel quale si trova dislocato il patrimonio dell’ente, il luogo nel quale si riuniscono gli organi e le decisioni strategiche vengono assunte, il luogo nel quale si svolge la parte preponderante dell’attività d’impresa. Oppure si potrebbe assegnare prevalenza al dato soggettivo della nazionalità dei soci, degli amministratori o dei dipendenti: è evidente
come alla crescente internazionalizzazione dell’attività economica corrisponda
una composizione, sia personale che patrimoniale, delle società sempre più ca1
ratterizzata da elementi di transnazionalità .
In generale, possiamo osservare come esistano fatti della vita sociale ed economica, rapporti, situazioni che presentano caratteri di estraneità rispetto ad
uno Stato, o, per essere più precisi, caratteri di estraneità rispetto all’elemento
materiale fondamentale dello Stato, vale a dire il suo territorio: e che, specularmente, mostrano punti di contatto o collegamento con gli elementi materiali
(territorio e popolazione) di un altro o più altri Stati. Fatti, situazioni, rapporti
che pongono pertanto l’esigenza di una peculiare regolamentazione, intesa ad
individuare, tra due o più ordinamenti coinvolti, quello destinato a trovare applicazione. Carattere comune a tutte le fattispecie nelle quali ricorrano elementi o circostanze localizzati in ambiti geografici diversi, assoggettati ad ordinamenti giuridici differenti, è infatti l’incertezza in ordine alla legge applica2
bile e al giudice competente .
Così, a titolo meramente esemplificativo, pongono problemi non dissimili i
contratti stipulati all’estero con cittadini stranieri o le cui obbligazioni debbano essere eseguite in un paese straniero; i contratti aventi ad oggetto merci
provenienti dall’estero o destinate ad essere distribuite all’estero; la conclusione di accordi commerciali tra società aventi sede in Stati differenti; l’operatività di una società costituita all’estero che in Italia abbia trasferito la sede dell’amministrazione o un ramo d’azienda ovvero il core business; la fusione o la
scissione che coinvolgano due o più società appartenenti a ordinamenti giuridici differenti.
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Come si preciserà meglio nel prosieguo, la questione va più correttamente impostata nel
senso dell’appartenenza di una società ad un determinato ordinamento giuridico e, conseguentemente, dell’individuazione della legge ad essa applicabile (statuto regolatore) piuttosto che nei
termini della fissazione della sua nazionalità.
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T. BALLARINO-D. MILAN, Corso di diritto internazionale privato , Padova, 2007, p. 1. ss.
Alla ricerca del diritto applicabile: società italiane e società straniere
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Sul piano tecnico-giuridico le risposte possibili, dunque le modalità con le
quali i legislatori nazionali provvedono a determinare la legge regolatrice dei
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rapporti a carattere transnazionale, sono diverse .
Innanzitutto norme materiali a carattere speciale, appositamente dettate
per regolare da un punto di vista sostanziale – in modo diverso rispetto alle
fattispecie completamente interne – le situazioni che presentino punti di contatto con ambiti territoriali che eccedono quello proprio dell’ordinamento (tali
sono, ad esempio, gli artt. 115-116 e gli artt. 2508-2510 c.c.). Accanto a queste,
norme che, pur non recando una puntuale e specifica disciplina, espressamente delimitano il proprio campo d’applicazione riferendolo anche a fattispecie
che non sono totalmente interne al medesimo ordinamento. In altri termini,
norme la cui sfera d’applicazione e attuazione necessaria riguarda anche soggetti, enti, situazioni o rapporti che manifestino un collegamento con il territorio di altri Stati, dunque, almeno astrattamente, con altri ordinamenti (così alcune disposizioni della legge in materia di locazioni urbane, n. 392/1978). Più
in generale, l’opzione legislativa potrebbe consistere nell’insensibilità dell’ordinamento alla presenza di elementi di estraneità: il diritto applicabile sarebbe
sempre il c.d. diritto materiale del foro, vale a dire il diritto nazionale dello
Stato al quale appartiene il giudice chiamato a conoscere la controversia.
Queste norme sono accomunate dalla caratteristica della unilateralità o riferibilità ad un unico ordinamento. Assai più frequente, tuttavia, è il coordinamento tra le legislazioni vigenti nei diversi paesi realizzato attraverso norme
definibili come bilaterali, in ragione della particolare relazione che instaurano
tra i diversi ordinamenti coinvolti (tale è ad esempio l’art. 25 legge n. 218/1995,
sul quale v. infra). In questo modo, i legislatori nazionali recepiscono negli ordinamenti interni i valori e i principî propri di ordinamenti stranieri: riconoscendo e dando esecuzione alle sentenze pronunziate all’estero e applicando
diritti stranieri.
Su un versante opposto si collocano pertanto quelle norme formali che contengono esclusivamente la soluzione dei potenziali conflitti che si vengono inevitabilmente a creare tra più discipline astrattamente applicabili ad un soggetto,
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Cfr. F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale. Parte generale
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e contratti , Padova, 2007, p. 141 ss.; T. BALLARINO-D. MILAN, Corso di diritto internazionale
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privato , cit., p. 1 ss.; E. CALÒ, Il diritto internazionale privato e dell’unione europea nella prassi
notarile, consolare e forense, Milano, 2010, p. 1 ss. Accanto a soluzioni normative nazionali, esistono Convenzioni internazionali, distinguibili a seconda che abbiano ad oggetto la disciplina
uniforme dei criteri d’individuazione della legge applicabile (Convenzioni di diritto internazionale
privato o Convenzioni sulla legge applicabile, come ad es. la Convenzione di Roma del 1980 o la
Convenzione de L’Aja del 1955) ovvero la disciplina sostanziale di determinati istituti o rapporti con caratteri di transnazionalità (Convenzioni di diritto materiale uniforme, come ad es. la
Convenzione di Vienna del 1980).
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ad un ente, ad una determinata fattispecie che presenti punti di contatto con
più di un ordinamento giuridico. Norme interne ad un determinato ordinamento ma che non dettano l’autonoma e compiuta regolamentazione di una fattispecie: disposizioni per così dire di rinvio, che dichiarano applicabili o le norme dello stesso ordinamento (ad es. quello italiano) od eventualmente le norme di un diverso ordinamento, in relazione all’individuazione di un particolare fattore, definito criterio di collegamento.
2. Il diritto internazionale privato. Cenni generali
Secondo consolidata accezione (e in modo anzitutto descrittivo) il diritto
internazionale privato rappresenta una disciplina giuridica e l’oggetto di una
branca autonoma della legislazione statale concernente i problemi legati alla
necessità di stabilire il regime giuridico applicabile alle situazioni che presentino uno o più elementi di estraneità rispetto ad un ordinamento giuridico da4
to . Il diritto internazionale privato è dunque il complesso delle norme giuridiche statali chiamate a disciplinare i rapporti giuridici interprivati, che coinvolgono persone fisiche ed enti collettivi, non completamente interni ad un
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ordinamento, ma connotati da elementi di internazionalità o transnazionalità .
In questo senso la stessa intitolazione potrebbe apparire inesatta, dal momento che si tratta sempre di norme nazionali, emanate dal legislatore statale,
al pari di tutte le altre disposizioni che compongono un determinato ordina6
mento giuridico . Adottando il classico schema articolato in fattispecie (o oggetto) e disciplina (o conseguenza) della norma, le peculiarità che connotano
le norme di diritto internazionale privato si colgono sotto entrambi i profili.
Sul piano della fattispecie, per la presenza di elementi di estraneità rispetto
all’ordinamento statale e correlativamente di contatto con altri ordinamenti;
sul versante della disciplina, per la tipica funzione non di dettare regole di
condotta, ma di stabilire l’applicabilità di un determinato ordinamento giuri7
dico nazionale .
Le norme di diritto internazionale privato sono dettate secondo il modello
della “scelta del diritto applicabile” ad un certo rapporto giuridico: in questo
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Cfr. T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, Padova, 1999, p. 3 ss.
F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 3, ove la precisazione lessicale secondo cui il termine di nuovo conio “transnazionale” correttamente si adatta a rapporti e situazioni che coinvolgono i privati (trans nationes) mentre l’espressione “internazionale” è tecnicamente riferibile solo ai rapporti tra gli Stati (inter nationes).
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E. VITTA, Diritto internazionale privato, vol. I, Torino, 1972, p. 9.
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T. BALLARINO-D. MILAN, Corso di diritto internazionale privato , cit., p. 1 ss. e p. 77 ss.
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senso, la disciplina pone l’ordinamento dello Stato al quale appartiene in rela8
zione con gli ordinamenti degli Stati stranieri . Riecheggiando la dizione dell’art. 1 della legge 31 maggio 1995, n. 218, recante la Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, sono norme di diritto internazionale privato quelle che pongono i criteri per l’individuazione del diritto applicabile da
parte del giudice italiano, con riferimento alle fattispecie che non risultino intieramente ed esclusivamente collegate con l’ordinamento giuridico nel quale
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esse sono ricomprese e destinate ad operare .
Il legislatore di uno Stato, in altre parole, può decidere di rinunziare all’applicazione della propria legge ad una determinata situazione, in ragione degli
elementi di estraneità che questa situazione presenta, o meglio, in ragione degli
elementi di maggiore contiguità che la situazione presenta con altro e diverso
ordinamento giuridico. Questo non significa però rinunziare definitivamente a
disciplinare la fattispecie. Il legislatore infatti può intervenire stabilendo norme destinate a dirimere, anzi a prevenire l’eventuale conflitto tra più sistemi di
legge astrattamente applicabili: predeterminando il criterio di collegamento che
consente di valorizzare il profilo di più forte e significativa connessione territoriale.
Icasticamente si è parlato del criterio di collegamento come di un “ponte”
che collega una fattispecie ad un determinato ordinamento giuridico. Tecnicamente, la locuzione designa quella circostanza della fattispecie concreta alla
quale la norma di diritto internazionale privato assegna un rilievo decisivo ai
fini dell’individuazione del diritto applicabile. Se volessimo tentarne una sommaria classificazione, potremmo distinguere criteri legali e criteri legati alle scelte rimesse all’autonomia privata, criteri di ordine soggettivo (come cittadinanza, residenza, domicilio, sede) e criteri di natura oggettiva (come il luogo nel
quale si trovano i beni immobili, il luogo nel quale si è verificato l’evento causativo di un danno, il luogo nel quale è situata la sede dell’amministrazione o il
centro principale dell’attività d’impresa). Ciascuno di essi identifica l’elemento, fattuale o giuridico, che esprime, secondo la tipizzazione attuata dai singoli
legislatori nazionali, la connessione più significativa e la maggiore prossimità
del soggetto, dell’atto, della situazione con l’uno o con l’altro degli ordinamenti
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Sulla maggior correttezza dell’espressione «diritto applicabile», che compare peraltro all’art. 1 della legge 31 maggio 1995, n. 218, rispetto alla locuzione «legge applicabile», che pure
compare nel prosieguo del provvedimento, v. F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale
privato e processuale, cit., p. 11 s. Infatti «competente» a fornire la disciplina materiale della fattispecie è questo o quell’ordinamento giuridico nel suo complesso e non già una singola legge:
l’individuazione della norma in concreto applicabile alla singola fattispecie avviene non ad opera della norma di conflitto, ma sulla base delle regole proprie dell’ordinamento richiamato.
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F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 142 s.
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astrattamente coinvolti ed applicabili . Come si vedrà più avanti, in materia
di società, il criterio di collegamento principale è dato dal riferimento al luogo
di costituzione (incorporation): quindi, il sistema di legge applicabile alle società sarà, in base all’ordinamento italiano, quello dello Stato nel quale il procedimento di costituzione dell’ente si è perfezionato.
«È opportuno precisare che il sistema del diritto internazionale privato opera in modo del tutto analogo a quello del diritto privato sostanziale (o materiale) facendo sorgere diritti soggettivi, obblighi ed altre situazioni rilevanti
per l’ordinamento senza che sia necessario alcun intervento costitutivo dell’organizzazione giudiziaria: tra i due sistemi sussiste solo la differenza data dal
fatto che il diritto internazionale privato svolge la propria funzione con il me11
todo indiretto della scelta di una legge competente» . La principale funzione,
consistente nell’indicare al giudice il diritto da applicare a un caso concreto
che potrebbe trovare regolamentazione in più ordinamenti, giustifica le qualificazioni in termini di conflitto di leggi o norme di conflitto (conflict of laws, con12
flict rules, conflit de lois) ovvero di diritto di collisione (Kollisionsrecht) .
3. Il diritto internazionale privato delle società: legge regolatrice
delle società o lex societatis. Il riconoscimento delle società straniere
3.1. Il diritto societario è un diritto a forte vocazione nazionale: ogni Stato
provvede, nell’esercizio della propria sovranità, ad emanare l’insieme delle regole giuridiche destinate a governare e a disciplinare le società come enti organizzati e l’esercizio in forma collettiva delle attività d’impresa. Ciò comporta
la necessità, per ogni ordinamento, di identificare con sicurezza i «criteri di
collegamento» idonei a determinare in quali situazioni e in riferimento a quali
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società quelle regole debbano, in concreto, trovare applicazione .
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F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 160 ss.; T.
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BALLARINO-D. MILAN, Corso di diritto internazionale privato , cit., p. 79 s. Cfr. anche B. BARELS. ARMELLINI, Diritto internazionale privato, Milano, 2007, p. 53 ss.
11
T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 7.
12
Richiamano le formule de collisione statutorum e de conflictu legum impiegate negli scritti
dei giureconsulti e nelle legislazioni municipali del Medioevo italiano, F. MOSCONI-C. CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 4.
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AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve , Milano, 2008, p. 29 s. L’ambito territoriale
nazionale non segna infatti, necessariamente, il confine spaziale di applicazione del diritto societario: potendo quest’ultimo dispiegare i suoi effetti anche nei confronti di società costituite all’estero, così come arrestarsi di fronte all’operatività, sul proprio territorio e nei propri tribuna-
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Sino alla emanazione della legge 31 maggio 1995, n. 218 non era rinvenibile nel nostro ordinamento alcuna norma destinata risolvere i potenziali conflitti di legge relativamente alle società e alle altre persone giuridiche. L’art. 17
preleggi, infatti, dettato in tema di stato e capacità delle persone fisiche e abrogato proprio per effetto di quel provvedimento, faceva richiamo alla legge dello Stato al quale le persone appartengono, con ciò implicitamente postulando
l’ambiguo concetto di nazionalità. È evidente, infatti, come ogni Stato abbia la
facoltà di stabilire le condizioni, fattuali e normative, per l’attribuzione della
propria nazionalità, non già per il riconoscimento o il disconoscimento della
nazionalità relativa ad altri Stati: ciascun ordinamento può solamente «provvedere a “costituire” una società nazionale e “riconoscere” una società straniera,
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ma non certo costituire direttamente nel foro una società straniera» . Analogamente, gli artt. 2505-2509 c.c. (ora abrogati e sostituiti dagli artt. 2507-2510
per effetto del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) rappresentavano tipiche norme unilaterali destinate esclusivamente ad ampliare l’ambito di applicazione della legge
italiana. Essi prevedevano infatti che le società costituite all’estero erano sottoposte integralmente alla legge italiana se avevano in Italia la sede dell’amministrazione ovvero l’oggetto principale dell’attività (art. 2505 c.c.) e, specularmente, che le società costituite in Italia erano assoggettate alle disposizioni della
legge italiana anche se l’oggetto dell’attività era situato all’estero (art. 2509 c.c.).
Il termine nazionalità esprime, con riferimento alle persone giuridiche, quel
vincolo di appartenenza e quella titolarità di diritti rispetto ad un determinato
Stato che connotano la cittadinanza delle persone fisiche. La coincidenza tra i
due concetti, tuttavia, non è né può essere assoluta: se le persone fisiche hanno
un’esistenza biologica del tutto indipendentemente dal fatto che un ordinamento le riconosca come tali, le società esistono solo se ed in quanto un ordinamento statale le contempli, disciplinando le condizioni della loro costitu15
zione e del loro funzionamento . In realtà, accertare il carattere straniero di
una società significa soltanto stabilire che essa non è regolata dalla legge italiana e, conseguentemente, che non è ammessa alle attività o agli acquisti di par-
li, del diritto straniero che costituisca lo statuto personale delle società propriamente definibili
come straniere o estere.
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M. BENEDETTELLI, Sul trasferimento della sede sociale all’estero, in Riv. soc., 2010, p. 1253
(citando Picone). Per la contrapposizione tra «nazionalità» e «statuto personale delle società» si
veda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 350 ss.; ID., Manuale breve del diritto
internazionale privato, Padova, 2002, p. 122 s.
15
T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 353; F. GALGANO-F. MARRELLA, Diritto e prassi del commercio internazionale, in Trattato Galgano, vol. LIV, Padova, 2010, p. 133,
ove il richiamo all’insufficienza rappresentata dalla fictio juris della personalità giuridica. Nello
stesso senso v. infra (capitolo III) le considerazioni della Corte di Giustizia nel caso Daily Mail.
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tecipazioni riservati ai soggetti e agli enti nazionali, mentre nulla dice in ordine
alla legge concretamente applicabile.
Ogni volta che le imprese assumono carattere transnazionale e le attività
delle società si svolgono anche al di fuori dei confini nazionali, in una pluralità
di Stati, la questione fondamentale riguarda pertanto l’identificazione (non già
della nazionalità quanto piuttosto) del diritto applicabile sulla scorta di precisi
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criteri di collegamento: la c.d. lex societatis o legge regolatrice delle società .
La legge 31 maggio 1995, n. 218 rovescia dunque la situazione preesistente,
introducendo una vera e propria norma di conflitto (diritto internazionale privato) specificamente dedicata al trattamento delle società e delle altre persone
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giuridiche .
Anzi, dal punto di vista dell’ambito soggettivo di applicazione, la formulazione mostra piena consapevolezza della funzione internazionale delle norme
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di conflitto . La categoria di riferimento è volutamente descritta in modo generico, se non tendenzialmente omnicomprensivo. Il legislatore intende così
ricomprendere quegli istituti di diritto straniero che trovano diversa regolamentazione nella legge materiale italiana o che addirittura non rinvengono in
essa alcuna corrispondenza: solo in questo modo, infatti, è possibile accogliere
in un ordinamento situazioni giuridiche estranee, riconosciute proprio in quanto esistenti sulla base dell’applicazione della legge di un altro Stato.
La prima parte del primo comma dell’art. 25 legge n. 218/1995 stabilisce,
dunque, che «Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello
Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione».
La dizione “Persone giuridiche” utilizzata nel titolo del capo III della legge
vale così come richiamo ad ogni centro autonomo di imputazione di diritti e
di doveri, ad ogni complesso o struttura organizzata che si distingua dalle persone che la compongono: vale, in particolare, a ritagliare il perimetro di applicazione dell’art. 25 su qualsivoglia “entità” distinguibile e distinta dalla perso19
na fisica . Vi rientrano, pertanto, accanto alle società, alle associazioni, alle
16
Individuare lo statuto personale della singola società significa infatti definire «una legge
regolatrice che è anteriore alla stessa qualificazione della nazionalità»: così T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 352, ove la valutazione tutta e solo in negativo del concetto di
nazionalità delle società, di cui al testo. Cfr. pure F. GALGANO-F. MARRELLA, Diritto e prassi del
commercio internazionale, cit., p. 132 ss.
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Si legga una succinta ricostruzione della evoluzione che ha condotto dal progetto di legge
del 1984 al testo approvato nel 1995 ed attualmente in vigore in G. BROGGINI, La riforma del
diritto internazionale privato. Società ed altri enti, in AA.VV., La riforma del diritto internazionale privato, Milano, 1996, p. 66 ss.
18
A. SANTA MARIA, voce Società (Dir. int. priv.), in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1998.
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Si vedano le riflessioni di G. BROGGINI, La riforma, cit., p. 58 ss.; M. BENEDETTELLI, Di-
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fondazioni, alle società unipersonali, figure “di confine” sconosciute al nostro
ordinamento, per le quali in passato si era dubitato della riconducibilità alla
lex societatis, come il Trust, l’Anstalt (propria del diritto del Liechtenstein) o
la Treunternehmen (impresa fiduciaria).
Il criterio di collegamento per determinare la legge applicabile alle società
è dunque rappresentato dal luogo della loro costituzione (incorporation): occorre individuare, per ciascuna società, il territorio, e dunque lo Stato nel quale il procedimento di costituzione dell’ente si è perfezionato. Il contenuto del
criterio può variare in relazione al variare del tipo sociale considerato, fermo
restando il rinvio alla legge del luogo nel quale si è completato il processo costitutivo della società, nel pieno rispetto dei presupposti giuridici posti dalla
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stessa legge regolatrice . Il secondo comma dell’art. 25, infatti, sottopone espressamente alla lex societatis le questioni relative alla natura giuridica e alla
costituzione dell’ente [lett. a) e lett. c)].
Il luogo dell’incorporazione coincide, di regola, con il luogo nel quale è inizialmente stabilita la sede legale o sede statutaria dell’ente. La stessa norma,
d’altro canto, mostra di considerare la sede formale come contrapposta ad
un’eventuale sede “effettiva”, e di assumere quest’ultima come possibile criterio per l’applicazione della legge italiana a società costituite all’estero (v. infra).
Per le società di capitali italiane i precetti di riferimento attengono all’esecuzione delle formalità pubblicitarie in funzione costitutiva, vale a dire all’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo nella cui circoscrizione è stabilita per statuto la sede sociale; relativamente alle società di persone, in mancanza dell’iscrizione, occorre prendere in considerazione il luogo
della avvenuta stipulazione dell’atto costitutivo. Nella definizione dello statuto
personale non italiano, decisive perché possa ritenersi costituita o incorporata
una società saranno le norme dell’ordinamento richiamato in base al rinvio e
le condizioni alle quali lo stesso subordina la costituzione dei singoli tipi sociaritto internazionale privato delle società e ordinamento comunitario, in P. PICONE (a cura di), Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004, p. 205 ss. La stessa Relazione
ministeriale precisa che la categoria dei fenomeni contemplati dalla norma prende avvio dalla
considerazione delle società dotate di personalità giuridica per estendersi anche ad enti non propriamente personificati e ad enti dei quali sia controversa la stessa qualificazione in termini di
persona giuridica.
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«... la legge del luogo ove si verificano quegli eventi empirici dall’avverarsi dei quali la
stessa legge fa dipendere la costituzione della società: il luogo di costituzione della società è il
luogo in cui viene ad esistenza la nuova realtà giuridica “società”»: così A. SANTA MARIA, voce
Società, cit. Accenna ai problemi riconnessi a processi costitutivi destinati a svolgersi, secondo la
legge regolatrice dell’ente, in assenza di autorità certificatici o di forme di pubblicità legale G.
BROGGINI, La riforma, cit., p. 60. Si veda anche M. BENEDETTELLI, Commento all’art. 25 della
legge 218/1995, in S. BARIATTI (a cura di), Riforma del sistema di diritto internazionale privato,
in N. leggi civ., 1996, p. 1108 ss.
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Elisabetta Pederzini
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li . Cardine della disposizione è dunque «il principio secondo cui l’ordinamento nazionale riconosce l’esistenza di enti creati all’estero attribuendo efficacia diretta al proprio interno al diritto dello Stato nel quale l’ente è stato co22
stituito, senza necessità di autonoma e successiva recezione interna» .
1
In base all’art. 25 legge n. 218/1995 le società commerciali e le altre persone giuridiche (nel senso ampio più sopra precisato) hanno uno statuto personale disciplinato dalla legge dello Stato sul territorio del quale si è compiuto
il procedimento diretto alla loro costituzione. Nella bilateralità si coglie la tipica funzione della norma di conflitto, improntata al principio di eguaglianza
tra la legge italiana (lex fori) e le altre leggi straniere astrattamente applicabili
alla fattispecie.
Si supera così il problema della ricerca della nazionalità o dell’appartenenza delle società a carattere transnazionale: il riferimento alla legge del luogo
dell’incorporazione consente ad un tempo, ed in base ad un criterio univoco,
sia di riconoscere e di attribuire giuridica rilevanza all’ente straniero, sia di determinare la disciplina ad esso applicabile. All’abrogazione dell’art. 17 preleggi ad opera della legge 31 maggio 1995, n. 218 non ha fatto riscontro la soppressione dell’art. 16, rimasto quindi tuttora in vigore. Dall’art. 16 preleggi è
pertanto possibile desumere oggi il principio fondamentale in tema di riconoscimento in Italia di ogni società, ente o persona giuridica straniera in base
all’applicazione del diritto loro proprio, vale a dire del diritto del luogo di co23
stituzione ai sensi dell’art. 25 legge n. 218/1995 . La norma, rubricata Trattamento dello straniero, sancisce: «Lo straniero è ammesso a godere dei diritti
civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche».
Ai fini della determinazione della lex societatis, il criterio improntato al riconoscimento del luogo di costituzione o incorporazione non è l’unico possibile. Nel diritto internazionale privato comparato esso si contrappone, infatti, ad
un diverso criterio di collegamento spaziale, legato all’individuazione del luogo ove risulti stabilita la sede reale o sede effettiva della società. Nella scelta del
criterio normativo idoneo a determinare la legge regolatrice delle persone giuridiche e dunque il loro statuto personale, il legislatore italiano ha ritenuto di
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22
T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 359 s.
2
T. BALLARINO (a cura di), Codice esplicato di diritto internazionale privato , Napoli, 2002,
p. 52.
23
G. BROGGINI, La riforma, cit., p. 70. Cfr. anche, prima della riforma del diritto internazionale privato, Cass., 14 aprile 1980, n. 2414, in Foro italiano, 1980, I, c. 1303 e Cass., 20 maggio 1985, n. 3089, in Foro italiano, 1986, I, c. 744. «[E’] riconosciuta rilevanza giuridica nell’ordinamento italiano ad ogni ente a cui sia attribuita rilevanza nel suo ordinamento originario intendendosi per suo ordinamento originario quello in cui esso è costituito»: così P. MENGOZZI, Il
diritto internazionale privato italiano, Napoli, 2004, p. 102 s.
Alla ricerca del diritto applicabile: società italiane e società straniere
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condividere l’opzione fatta propria, tra gli altri, dagli ordinamenti della Gran
Bretagna, Svizzera, Danimarca, Ungheria e Paesi Bassi, oltre che dagli Stati Uniti d’America (incorporation doctrine per i giuristi di common law, Gründungstheorie per i tedeschi, thèorie de l’incorporation per i francofoni). Adottano, all’opposto, il principio o teoria della sede reale (théorie du siège réel, Sitztheorie,
real seat doctrine) Francia, Germania, Austria, Belgio, Grecia, Polonia, Slove24
nia, Spagna e Portogallo . In base a questo secondo parametro, le società vengono assoggettate alla legislazione dello Stato in cui abbiano stabilito la propria sede amministrativa effettiva, ovverosia il luogo nel quale vengono assunte le decisioni interne relative alla gestione, a prescindere sia dal luogo di costituzione, sia dalla sede legale o statutaria, sia, eventualmente, dal diverso luo25
go prescritto dalla legge per le riunioni degli organi societari .
Come accennato, questo secondo criterio viene però recuperato dal nostro
legislatore alla stregua di eccezione correttiva della lex societatis, in grado di
determinare cioè l’aggancio col territorio dello Stato e l’applicazione del diritto italiano (v. infra).
Un terzo criterio, definibile del controllo, risulta oramai abbandonato pressoché da tutti gli Stati, per la sua sostanziale, riscontrata inaffidabilità: per sta24
«Il primo, prevalente nel continente europeo, è giustificato in base ad argomenti quali
l’interesse decisivo che ha lo Stato della sede per le società inserite nel suo sistema economico e
nella sua legislazione della concorrenza, operanti a contatto con i suoi sindacati etc. Il secondo,
caratteristico del mondo anglosassone ed ispirato dal desiderio di conservare sotto il controllo
della legge inglese le attività «oltremare» delle società commerciali, sostiene che lo statuto personale della società è dato dalla legge del luogo in cui è stata costituita (incorporated). In questo
luogo essa ha il domicilio (domicile), che in linea di principio è unico e non può essere modificato per la sola volontà delle parti. È invece modificabile, e può essere duplice o plurima, la residenza (residence) che serve prevalentemente per finalità fiscali e s’identifica con la sede della
direzione». Cfr. in tal senso T. BALLARINO, Manuale breve, cit., p. 123; e già ID., Diritto internazionale privato, cit., p. 357 s. Si v. anche G. BROGGINI, Sulle società nel diritto internazionale privato, in Riv. dir. intern., 1992, p. 30. In una prospettiva non dissimile, relativamente allo stato e
alla capacità delle persone fisiche, tendono a privilegiare il criterio della cittadinanza i Paesi a
forte tasso di emigrazione, mentre la scelta del collegamento per così dire domiciliare è destinato a trovare spazio nei Paesi oggetto di immigrazione dall’estero: anche attraverso una più estesa
ed uniforme applicazione dell’ordinamento interno, tra l’altro, si può meglio contribuire all’integrazione degli immigrati nella realtà socio-giuridica dello Stato di arrivo.
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Nel lungo processo riformatore che ha condotto all’emanazione della legge 31 maggio
1995, n. 218, diverse sono state le opinioni degli studiosi chiamati a predisporne il progetto da
presentare alle Camere. Edoardo Vitta, incaricato dal Ministro di Grazia e Giustizia nel 1982,
propendeva decisamente per il criterio della sede reale «... perché la connessione più forte di un
ente è piuttosto con il luogo ove trovasi il suo centro direzionale effettivo, anziché con quello
(se diverso) in cui l’ente è stato posto in essere: quest’ultimo luogo può infatti anche essere casuale,
di comodo o fittizio. Propenderei anzi per una formula che mettesse in risalto che deve trattarsi
della sede centrale ed effettiva dell’amministrazione dell’ente» (si legga il progetto redatto da Vitta, accompagnato dal memoriale dello studioso, in AA.VV., Problemi di riforma del diritto internazionale privato italiano, Milano, 1986).
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Elisabetta Pederzini
bilire la legge regolatrice delle società occorrerebbe infatti guardare alla composizione della compagine sociale e dell’organo amministrativo, quindi, in definitiva, alla cittadinanza dei soci e degli amministratori, con la conseguente, inevitabile variabilità dell’ordinamento applicabile in occasione della cessione
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delle azioni o delle quote o del ricambio del management .
A livello comunitario non esiste però una norma di diritto internazionale
privato uniforme, diretta cioè ad indicare agli Stati membri un solo ed univoco criterio di collegamento per la determinazione della legge applicabile
alle società europee con elementi di transnazionalità (intra o extracomunitaria) e alle società straniere operanti in ambito europeo: come vedremo, la Corte di Giustizia ha inequivocabilmente espresso un favor per il principio dell’incorporazione, ritenendolo il solo in grado di realizzare compiutamente,
ed anzi assecondare, la libertà di stabilimento delle società di cui agli artt. 49
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e 54 del Trattato .
3.2. La legge contiene un’elencazione delle questioni e delle materie che
devono intendersi ricomprese entro l’ambito della lex societatis.
Il secondo comma dell’art. 25 legge n. 218/1995 precisa che:
«In particolare, sono disciplinati dalle legge regolatrice dell’ente:
a) la natura giuridica
b) la denominazione o ragione sociale
c) la costituzione, la trasformazione, l’estinzione
d) la capacità
e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi
f) la rappresentanza dell’ente
g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché
i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità
h) la responsabilità per le obbligazioni dell’ente
i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell’atto costitutivo».
L’interpretazione della previsione nel suo complesso e della dizione «in particolare» che introduce il secondo comma induce la dottrina a ravvisarvi un’indicazione non tassativa ma meramente esemplificativa, aperta e destinata quindi
ad essere integrata con ulteriori materie che ricadono entro la sfera d’attrazione
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T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 358; F. GALGANO-F. MARRELLA, Diritto e prassi del commercio internazionale, cit., p. 137. In connessione con la sua origine, gli autori ne mettono in luce la funzione protettiva degli interessi nazionali in tempo di guerra (determinare il carattere “nemico” delle società e degli interessi economici sul territorio nazionale).
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In particolare con la pronunzia resa nel caso Überseering. Si veda infra, il capitolo III.