joyeux noel - Amici del Cabiria

Transcript

joyeux noel - Amici del Cabiria
JOYEUX NOEL
Sito: http://www.joyeuxnoel-lefilm.com/
Anno: 2005
Data di uscita: 9/12/2005
Durata: 113
Origine: BELGIO – FRANCIA- GERMANIA - ROMANIA
Genere: GUERRA - COMMEDIA
Produzione: NORD-OUEST PRODUCTION, SENATOR FILM PRODUKTION, ARTEMIS FILMS PRODUCTION, THE
BUREAU, MEDIA P
Distribuzione: SONY PICTURES RELEASING ITALIA
Regia: CHRISTIAN CARION
Attori:
DIANE KRUGER
ANNA
BENNO FURMANN
NIKOLAUS
GUILLAUME CANET
AUDEBERT
GARY LEWIS
PALMER
DANY BOON
PONCHEL
DANIEL BRUHL
HORSTMAYER
LUCAS BELVAUX
ALEX FERNS
GORDON
SUZANNE FLON
CHRISTOPHER FULFORD
MAGGIORE
ROBIN LAING
WILLIAM
BERNARD LE COQ
GENERALE
IAN RICHARDSON
VESCOVO
MARC ROBERT
GUIMOND
STEVEN ROBERTSON
JONATHAN
MICHEL SERRAULT
FRIEDEMANN THIELE
KARL
JOHANNES RICHARD VOELKEL
GUNTHER
FRANK WITTER
JORG
Sceneggiatura: CHRISTIAN CARION
Fotografia: WALTHER VANDEN ENDE
Musiche: PHILIPPE ROMBI
Montaggio: ANDREA SEDLACKOVA
Scenografia: JEAN-MICHEL SIMONET
Costumi : ALISON FORBES-MEYLER
Trama:
Ispirato a un fatto realmente accaduto, il film narra una vera e propria 'favola di Natale'. Sul fronte della I Guerra Mondiale
nella notte di Natale del 1914, i soldati accampati dietro le trincee francesi, scozzesi e tedesche, improvvisamente decidono di
deporre le armi e di scambiarsi auguri, sigarette, cioccolata e calorose strette di mano. Questo avvenimento sconvolgerà le vite
di quattro personaggi : un pastore scozzese, un tenente francese, un tenore tedesco e una soprano danese...
Critica:
"L'impatto di oggi non è lo stesso che ebbero in passato altri film antimilitaristi sulla prima guerra mondiale come 'Orizzonti
di Gloria' p 'La grande guerra', quando era ancora viva la generazione combattente. Quando i numerosissimi episodi di rifiuto
erano ancora censurati e stigmatizzati. (...) Questo film bisognerebbe portarlo a chi oggi vive ancora quegli stessi irriducibili
odii. Purtroppo Carion non è Kubrick e la sua occasione non la sa sfruttare al massimo." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 20
gennaio 2006)
Candidato ufficiale della Francia all’Oscar (con molte proteste francesi). Joyeux Noel di Christian Canon, multicoproduzione
realizzata anche per le reti televisive TF1 e Canal Plus, evoca con molta bontà e pacifismo la Prima Guerra Mondiale e una
vicenda realmente accaduta nelle trincee della Francia settentrionale alla vigilia di Natale del 1914. Quella notte, i combattenti
1
lasciarono la trincea franco-scozzese e la trincea tedesca che si fronteggiavano, per dichiarare un «cessate il fuoco»
momentaneo, incontrarsi, fraternizzare.
Nel film i nemici si parlano, applaudono i rispettivi canti natalizi, brindano con liquori e champagne, si mostrano a vicenda
fotografie di famiglia, ascoltano una funzione religiosa improvvisata dal prete-barelliere, fanno musica, si commuovono, si
accordano per seppellire i morti, giocano insieme al calcio, si affidano reciprocamente lettere e notizie da far pervenire, un
ufficiale scopre d’essere diventato padre, si fanno visita nelle opposte trincee si salutano: in altre circostanze avremmo
potuto... Buona fortuna. Più tardi, da entrambe le parti vengono accusati di alto tradimento, arrestati (anche il gatto è
incarcerato), espulsi, rimpatriati. invitati al sangue dal vescovo («dovete uccidere»), puniti L’episodio deve dimostrare cose
ovvie ma vere: la guerra è ingiusta e crudele. le gerarchie militari sono ciniche e inumane, gli uomini sono tutti uguali, se non
fossero costretti a combattersi sarebbero amici.
Parole sante. Però Joyeux Noel è sentimentale, sdolcinato e piatto, pronto a sfruttare eccessivamente ogni spunto natalizio,
irrealistico. Tutti i militari protagonisti sono perfetti. Nell’episodio non c’è una nota dissonante. Un subplot prevede l’amore e
il canto di una soprano innamorata e di un tenore combattente, che si esibiscono per amici e nemici con le lacrime agli occhi:
ma per fare Orizzonti di gloria di Kubrick, da cui la scena è ripresa, ci vuoi altro. (Lietta Tornabuoni, La Stampa - 23/01/2006)
È stata un tale carnaio la Grande guerra da alimentare ogni disfattismo prima, ogni totalitarismo dopo. Di conseguenza, dal
1914 l'Europa ha imboccato ogni declino: demografico, politico, morale e storico. Ora anche quello economico, perdendo
l'egemonia sul mondo. Questa amara consapevolezza percorre Joyeux Noël (Buon Natale) di Christian Carion, ispirato alla
reale fraternizzazione avvenuta nelle trincee nel Natale 1914, come l'ha raccontata Michael Jürgs nel libro La piccola pace
nella Grande guerra (Il Saggiatore).
Presentato all'ultimo Festival di Cannes, il film di Carion aveva qualità per figurare nella rassegna principale, ma è finito nella
secondaria. È probabile che finirà in seconda fila anche negli incassi in Italia, perché non ha attori di prima grandezza e perché
nessuna campagna di stampa gli spiana la via, sebbene le morti in massa di tedeschi, francesi, britannici e belgi siano state un
evento più importante che il regolamento di conti fra bande mediorientali narrato da Spielberg nel troppo atteso Munich.
Opera corale, Joyeux Noël evoca Orizzonti di gloria di Kubrick (1958) più che il recente Una lunga domenica di passione di
Jeunet (2005). L'odore di codardia di quest'ultimo è spazzato via dall'ansia di civiltà di Joyeux Noël. Qui la civiltà europea nelle sue diverse accezioni - affiora dalle trincee per poche ore, col pretesto del Natale, con l'occasione del canto di Stille
Nacht, cui risponde Adeste, fideles.
Com'era possibile? Lo era perché la «guerra di materiali» non era ancora la «guerra ideologica di materiali», come sarebbe
diventata nel 1917 con l'intervento americano e la rivoluzione russa. Nel 1914, dopo soli quattro mesi di combattimento e già
un milione di caduti sui vari fronti, il quesito «Ma perché?» affiorava fra truppe che constatavano come - fra pulci e cimici,
feci e ratti, fango e bombe - morire per la patria era meno bello che nelle attese. Per tanti che comunque si battevano, c'era
naturalmente chi s'arrendeva. Carion però non fa del vile l'eroe, prende solo nota che nelle guerre per lo più sono i peggiori a
salvarsi. (Maurizio Cabona, Il Giornale - 20/01/2006)
Joyeux Noel è espressione francese per «Buon Natale». Se lo dicono, anche in inglese e in tedesco, degli ufficiali e dei soldati
che, la vigilia di Natale del 1914, si son trovati a combattere fra due opposte trincee in quella che era la terribile guerra di
posizione di quegli anni. Da una parte un reggimento francese e uno scozzese, con tanto di cornamuse, dall’altra, un
reggimento tedesco. Prima gli assalti alla baionetta, i bombardamenti, i morti, poi, all’improvviso, in occasione di quella data
che suggerisce sentimenti di pace, prima dei canti natalizi nelle varie lingue poi, quasi insensibilmente, un bisogno di uscir
fuori dalle reciproche trincee e di fraternizzare, almeno per una notte, perfino con scambio di doni. Un episodio accaduto
realmente nelle campagne di un Artois in quel momento occupato dai tedeschi. Quasi ignorato dalla storiografia ufficiale che
lo considerava evidentemente poco "patriottico", ma riesumato adesso, sulla base di una documentazione da poco scoperta, da
un registra francese, Christian Carion, di cui si ricorderà il recente «una rondine non fa primavera», in cifre quasi soltanto
intimistiche. Qui di intimismo ce n’è ben poco. Ci sono le trincee, la guerra, lo scontro fra militari nemici. Le psicologie, però,
sia in un campo sia nell’altro, sono tratteggiate con attenzioni anche fini e le pagine corali della fraternizzazione, pur
rischiando qua e là dei sospetti di retorica, hanno una intensità emotiva di cui non è difficile aderire. Specie quando da una
parte le commentano in tedesco «Stille Nacht» e dall’altra, in latino, «Venite adoremus» (sia pure mal pronunciato). Certo, le
musiche hanno il loro impatto nell’azione (fra i personaggi ci sono un tenore in uniforme e un soprano che l’ha raggiunto per
amore), ma, pur con qualche eccesso, fanno spesso da commovente supporto a una storia che invita a vincere l’odio
difendendo cristianamente l’uguaglianza fra gli uomini, e non solo in occasione di un Natale. Ai vari personaggi, con i loro
problemi psicologici e morali di sfondo, danno vita attori francesi, tedeschi, inglesi non molto noti, ma hanno tutti il loro peso
giusto. Anche in quel contrasto durissimo fra il cappellano scozzese, uomo di pace, e il suo vescovo bellicoso che si esprime
come oggi un talebano. Di fianco, in una breve pagina sulla Francia occupata, Michel Serrault e Suzanne Flon: nel segno del
grande cinema. (Gian Luigi Rondi, il Tempo - 23/01/2006)
1914, la prima guerra mondiale è già la ferita indelebile del novecento a venire, si consuma nelle trincee quasi invisibili ma
non per questo con meno violenza e dolore. È qui che la notte del primo Natale di guerra, in un luogo imprecisato delle
Fiandre, soldati inglesi e tedeschi tra loro nemici smettono di combattere. I tedeschi cantano canzoni natalizie, gli inglesi
rispondono, i due eserciti uscendo allo scoperto decidono una tregua di tre giorni. Che è ribellione agli ordini ma soprattutto
2
rifiuto della guerra e magnifica lezione di pace ancora più forte visto che accaduta davvero. Ce lo racconta Michael Jürgs (La
piccola pace nella grande guerra, il saggiatore, 2005, euro 18) ma anche Christian Carion regista francese - suo Una rondine fa
primavera - che partendo però dal libro dello storico d'oltralpe Yves Buffetaut (Batailles de Flandres et d'Artois, 1914-1918)
ha costruito Joyeux Noël (di cui è anche sceneggiatore), coproduzione monumentale (Belgio, Francia, Romania, Germania,
Gb) che rappresenterà la Francia agli Oscar. Nonostante l'intreccio linguistico, obbligato anche dai personaggi messi in
campo, il tenore tedesco soldato per forza Benno Fürmann, il pastore anglicano scozzese Gary Lewis, il tenente francese
Guillaume Canet. La Grande illusione però è assai lontana e anche la radicalità, oggi ancora più potente, di questa storia che
nelle mani di Carion non sposta per nulla la trincea dell'immaginario della Grande guerra, né prova a rovesciarne la
rappresentazione in memorie invisibili come hanno saputo fare Kubrick (nel proibito Orizzonti di gloria) e coi loro archivi
contemporanei Giankian e Ricci Lucchi (Oh, uomo). Contraddizione, dubbio, ambiguità, moltiditudini non riguardano Carion
che al contrario aderisce talmente allo stereotipo da risultare irreale.(Cristina Piccino, Il Manifesto - 23/01/2006)
"Campione d'incassi in patria, il candidato francese alla cinquina degli Oscar, 'Joyeux Noël', parte bene ma si spegne subito
come un petardo. Per rievocare questa pagina a lungo censurata, Carion usa infatti gli ingredienti più ovvi. Estetica
paratelevisiva, trama da soap, personaggi rigidi come figurine. Sul fronte tedesco troviamo un tenore e sua moglie, soprano,
riuniti al fronte per le feste. Su quello anglo-francese domina un pastore anglicano che suona la cornamusa (ma questo non
basterà a salvare suo fratello). Il messaggio pacifista, allusioni al presente incluse, è nobile e scritto in maiuscole: in tv farà un
figurone. Da antologia dell'assurdo il doppiaggio che cancella lingue e differenze facendo parlare tutti italiano." (Fabio
Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 gennaio 2006)
"Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale con questo film tragicamente ottimista e ottimisticamente tragico sulla possibilità di
fratellanza al fronte: la piccola illusione. (...) Una verità dimenticata dalla storia, dice il sottotitolo, più la santa Messa e l'ugola
d'oro di un tenore tedesco e della sua amata. Fango, sudore, polvere da sparo ed anche grandi traumi per un prete anglicano
che non sopporta più l'incitazione alla morte e un tenente francese. Il tutto è gestito da Christian Caron, cresciuto in una zona
occupata dai tedeschi, nel rispetto di una commozione obbligatoria che non toglie al film la sua verità e la sua nobiltà morale.
(Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 21 gennaio 2006)
Avrebbe messo d’accordo Ernst Lubitsch e Jean Renoir la favola antimilitarista e umoristica di Christian Carion, con la
potenza sarcastica e paradossale che stravolge l’indiscutibilità degli ordini militari. La sua ironica malinconia fa vincere la
solidarietà dell’amicizia dentro e fuori le trincee, frantumando ogni resistenza interclassista che limita e circoscrive la sincerità
nella comunicazione.
Il tono gentile e garbato del film d’esordio Una rondine fa primavera riusciva a coniugare pudore e delicatezza in un racconto
su due opposte solitudini e visioni della vita in terre sconosciute, senza mai tralasciare la forza rigeneratrice delle origini.
Stavolta Carion diventa ancora più lucido e persuasivo con un’intelligente sceneggiatura superbamente fuori moda, che narra
piccole esistenze silenziose che si confrontano con gli inganni e le tragedie della guerra e della storia.
Ispirandosi a un episodio realmente accaduto della Prima Guerra Mondiale in cui, durante la notte di Natale del 1914, i soldati
francesi, scozzesi e tedeschi decisero di riporre le armi e, tagliato il filo spinato, divisero cioccolato e fotografie giocando a
pallone, la pellicola, fuori concorso a Cannes e candidata all’Oscar dai cugini d’Oltralpe, è un apologo epico ed etico
sull’energia riconciliante del perdono e della pace, sul valore privato di ogni scelta e decisione, che riesce ad attraversare i
reticolati del sospetto, le sanguinose illusioni della vittoria e delle onorificenze al valore.
Con tutto l’amore e la passione del romanzo popolare, il regista, che conosce la coinvolgente arte dell’intrattenimento,
coniuga l’episodio con una beffarda vocazione all’assurdo; descrive la sottrazione alla vita di comandanti e caporali
intrecciando lirismo e spettacolo, senza vergognarsi dell’emozione della retorica e filmando con moderna sensibilità attimi di
naturale ed istintiva fraternità tra popoli differenti. Il racconto incrocia destini e drammi individuali, amori rimandati e lettere
mai spedite con il rimpianto di occasioni mancate, sempre con la redenzione nella speranza, la seconda possibilità che diventa
ragione di sopravvivenza.
Classico, naif, con un’attenzione ai caratteri ereditata da Claude Sautet, il film, con uno stile antico, sorprende e conquista
nella semplicità di incontri e situazioni bizzarre sull’arte di arrangiarsi, senza mai nascondersi dietro il peso del passato.
Joyeux Noel è un capitolo di storia rimossa che celebra una ribellione gentile ed esalta la volontà utopistica di uomini
dimenticati al fronte, abbandonati al destino dentro il fango in attesa del nemico, capaci di dimenticare orizzonti e sogni di
gloria per conservare intimamente la forza della dignità e dell’amicizia.(www.fice.it)
Niente di nuovo sul fronte occidentale. O forse, questa volta, sì: in occasione del Natale 1914, nelle trincee lungo il velenoso
confine franco-tedesco, si depongono le mitraglie e si sollevano i bicchieri, per libare e cantare tutti insieme - tedeschi,
francesi e britannici - in una sorta di redenzione dickensiana di massa. L’uccisore dei tuoi compagni diventa gioioso
commensale e l’ufficiale che vuole invadere la tua città è l’amico con cui ritrovarsi quando la guerra sarà finita, per bere un tè.
Favoletta evangelica su sfondo arcobaleno? No, è quanto accadde veramente nel dicembre di 91 anni fa, anche se nessuno ce
lo ha mai raccontato. Rattoppa la falla Christian Carion, nato e cresciuto in quella Francia settentrionale che fu l’occhio del
ciclone della Grande Guerra, la faglia lungo la quale stridevano gli eserciti di coscritti, nella più sanguinosa delle guerre di
fanteria. La sua opera è, innanzitutto, meritevole dal punto di vista storico: Carion, infatti, riporta alla luce - con notevole
3
rigore storiografico - un evento assai significativo, almeno dal punto di vista simbolico, eppure sempre tenuto sotto la sabbia,
come ogni altro episodio di fraternizzazione col nemico, dalle varie burocrazie militari. Ma “Joyeux Noel” è anche,
soprattutto, un ottimo film di per sè.
Con soggetti di questo genere, si sa, il rischio più grosso è quello di scivolare nello stucchevole, ma Carion se ne tiene ben
lontano (anche se qualche sequenza dei festeggiamenti è, forse, eccessivamente melò). La musica ha una posizione centrale
nelle due scene più commoventi del film: quella in cui, nelle varie trincee, si comincia spontaneamente a cantare un’unica
canzone; e quella in cui la divisione tedesca, rinchiusa in un convoglio truppe e spedita a morire sul fronte russo, prende a
mormorare sommessamente il canto popolare britannico che avevano sentito dagli scozzesi. I numerosi personaggi, di diversa
nazionalità ma di comune sentire, sono ben definiti, anche se non esiste un autentico protagonista: o meglio, vi è un
protagonista globale (l’uomo di fronte alla guerra), presente, con volto differente, in ogni carattere. Tutti scopriranno che il
solco che li divide dal nemico nella trincea di fronte è assai meno profondo di quello che si frappone tra loro e gli alti
comandi, per i quali la guerra resta una realtà da salotto. Ma attorno all’oasi impossibile creata da queste poche decine di
uomini, continua a ruggire la guerra senza senno, che Carion, con una buona dose di humour nero, non ci permette di
dimenticare. Due episodi su tutti: il vescovo inglese che rimprovera duramente il prete per aver recitato la messa di Natale in
presenza del nemico (naturalmente, definito “satanico”) e riprogramma i soldati all’odio per il Tedesco; e il gatto che,
mandato dai tedeschi alla trincea francese con un messaggio di saluto al collare, viene catturato dal comando francese e
processato per spionaggio. (www.cinema4stelle.it)
Note:
- PRESENTATO FUORI CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005).
-ACADEMY AWARDS, USA 2006
NOMINATED BEST FOREIGN LANGUAGE FILM OF THE YEAR: FRANCE.
-BAFTA AWARDS 2006
NOMINATED BEST FILM NOT IN THE ENGLISH LANGUAGE: CHRISTOPHE ROSSIGNON, CHRISTIAN
CARION
-CESAR AWARDS, FRANCE 2006
BEST COSTUME DESIGN (MEILLEURS COSTUMES): ALISON FORBES-MEYLER
BEST FILM (MEILLEUR FILM): CHRISTIAN CARION
BEST MUSIC WRITTEN FOR A FILM (MEILLEURE MUSIQUE): PHILIPPE ROMBI
BEST PRODUCTION DESIGN (MEILLEURS DECORS):JEAN-MICHEL SIMONET
BEST SUPPORTING ACTOR (MEILLEUR SECOND ROLE MASCULIN): DANY BOON
BEST WRITING - ORIGINAL (MEILLEUR SCENARIO ORIGINAL): CHRISTIAN CARION
-GOLDEN GLOBES, USA 2006
NOMINATED BEST FOREIGN LANGUAGE FILM: FRANCE.
-LEEDS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2005
WON AUDIENCE AWARD BEST FEATURE: CHRISTIAN CARION
-VALLADOLID INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2005
WON FIPRESCI PRIZE: CHRISTIAN CARION
4