relazione intermedia federica
Transcript
relazione intermedia federica
Borsa di studio sul tema: “studio della popolazione di corallo rosso (Corallium rubrum) nel coralligeno profondo Dell’Area Marina Protetta “Isola di Bergeggi” e in aree limitrofe” Relazione Intermedia Dott.ssa Federica Ciamberlano INDICE: CAPITOLO I: INTRODUZIONE CAPITOLO II: STATO DELL’ARTE 2.1: L’AREA DI STUDIO 2.2: IL CORALLIGENO 2.3: CORALLIUM RUBRUM o 2.3.1: SISTEMATICA o 2.3.2: DISTRIBUZIONE o 2.3.3: MORFOLOGIA o 2.3.4: SISTEMA NERVOSO o 2.3.5: ALIMENTAZIONE o 2.3.6: RIPRODUZIONE 2.4: LA PESCA DEL CORALLO ROSSO 2.5: LO SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA NEI SECOLI CAPITOLO III: MATERIALI E METODI 3.1: DATI STORICI 3.2: DATI ATTUALI 3.3: L’IMMERSIONE CAPITOLO IV: BIBLIOGRAFIA 2 CAPITOLO I: INTRODUZIONE Il bacino del Mediterraneo, culla di civiltà, dalla notte dei tempi è il luogo più antropizzato del pianeta. La gestione integrata della fascia costiera è cosa molto recente, in particolare in Italia, dove in risposta a un generale degrado della costa sono state istituite le prime Aree Marine Protette (AMP), così definite nell’art. 25 della legge 979/1982 (sulle disposizioni per la difesa del mare): “Le Aree Marine Protette (AMP) sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono.” L’AMP “Isola di Bergeggi” viene istituita nel 2007 ed il Comune di Bergeggi è stato individuato dal Ministero dell'Ambiente come Ente Gestore. I Siti di Interesse Comunitario (SIC) della Rete Natura 2000 sono regolamentati dall’Allegato A della Direttiva Habitat dell’Unione Europea (Direttiva 92/43 CEE). Il Coralligeno (biocenosi del Coralligeno: C secondo Pèrés e Picard, 1964) è tra le principali comunità bentoniche mediterranee, a differenza della biocenosi della prateria di Posidonia oceanica e delle Grotte sommerse e semisommerse (biocenosi comprese nell’Allegato A della Direttiva Habitat) non è protetto ma costituisce altresì un popolamento ricco di biodiversità, che rappresenta un anello fondamentale nella costruzione degli habitat (biocustruzione). Corallium rubrum costituisce una facies (biocenosi delle Grotte semi oscure: GSO) molto importante che concorre alla costituzione della biocenosi del Coralligeno ma, a differenza di quest’ultimo, è una specie protetta da diverse convenzioni: • Annesso III ASPIM: Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo • Convenzione di BERNA Ap.2: allegato 2 “Convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell'ambiente naturale in Europa”, adottata a Berna il 19 settembre 1979 • Habitat all. 5: Allegato 5 alla Direttiva 43/92/CEE "Habitat" denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997. 3 Le ragioni della protezione della specie si riscontrano nell’eccessivo prelievo a scopi commerciali cui il corallo rosso è stato sottoposto, prelievo che ha ridotto la taglia media dei popolamenti più superficiali (fino a circa 50 metri di profondità) ed ha impoverito numerosi banchi profondi in tutto il Mar Mediterraneo. A causa di ciò la pesca del corallo rosso è regolamentata in Algeria, Croazia, Spagna, Grecia, Francia, Malta, Marocco ed Italia; è previsto, inoltre, l’inserimento del genere nelle liste della Convenzione sul Commercio Internazionale delle specie minacciate di flora e fauna (CITES) (Cerrano, 2009). Il corallo rosso è stato, nel corso dei secoli, una specie di grande importanza economica in tutto il Mediterraneo e quindi anche in Liguria, il prelievo è stato effettuato con svariate metodologie, a partire dalle semplici reti da pesca, passando per attrezzi specifici come la croce di S. Andrea o l’ingegno e terminando con l’impegno di raccolta da parte di operatori subacquei muniti di piccozza e coppo. Importanti testimonianze dell’utilizzo del corallo rosso da parte dell’uomo sono presenti in tutta la Liguria, la più famosa è la Chiesa di Cervo, costruita a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo. L'edificio è conosciuto anche con la locale denominazione “dei Corallini”, perché eretta anche grazie ai proventi della pesca del corallo, ed è considerato uno dei maggiori monumenti in stile barocco della riviera ligure di ponente. La storia di molte importanti famiglie genovesi si intreccia indissolubilmente con il mare, la navigazione ed il commercio del corallo rosso, infatti a partire dal XV secolo le famiglie de i Lomellini, gli Spinola, i Doria, si spinsero lungo le coste africane del Mar Mediterraneo, in Sicilia ed in Sardegna alla ricerca di questa preziosa risorsa. All’esaurirsi di molteplici banchi su queste coste corrispondeva una sfrenata ricerca di altre località dove poter pescare il corallo in modo indiretto; ma è solo a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso che si iniziano a sfruttare, con le nuove tecniche subacquee e l’autorespiratore ad aria (ARA), le popolazioni di Corallium rubrum della Liguria, soprattutto quelle presenti lungo il promontorio di Portofino. Pochi anni dopo si scoprì, grazie all’indicazione dei pescatori artigianali che con l’aragostara operavano sui popolamenti a Coralligeno dei canyon del ponente ligure, l’esistenza di alcune piccole popolazioni sulla parete de “I Maledetti” a Bergeggi ed anch’esse iniziarono a venire sfruttate, tanto che si ha memoria storica del fatto che alcuni pescatori professionali di corallo siano giunti dalla Regione Sardegna fino a Bergeggi per valutarne le possibilità di sfruttamento (anni ‘70). Tutti gli strumenti di conservazione vigenti negli ultimi anni, quali l’AMP Isola di Bergeggi ed il SIC denominato Fondali Noli – Bergeggi, non includono nel proprio territorio questo importante habitat, probabilmente per la carenza di informazioni sulla 4 zona da parte degli scientifici; il confine meridionale dell’AMP addirittura dista solo 50 m dalle suddette pareti. Lo scopo principale di questo studio è quello di caratterizzare la parete de I Maledetti, in modo che il Comune di Bergeggi, in qualità di Ente gestore dell’AMP e del SIC marino, possa modificare i perimetri di queste aree protette, includendo anche questo Coralligeno profondo. Pertanto, al fine di conseguire lo scopo prefisso, si dovranno caratterizzare le comunità presenti sulla secca de “I Maledetti” ed iniziare a valutare la struttura di popolazione delle colonie di Corallium rubrum mediante l’analisi dei parametri morfometrici più significativi come l’analisi di altezza delle colonie, peso, diametro alla base, numero di apici e l’analisi della densità delle colonie. Un altro scopo consiste nel verificare se nel corso degli anni e dopo lo sfruttamento avvenuto fino agli anni ‘70, la popolazione mantenga o meno una struttura “naturale”. A tale scopo è importante confrontare il popolamento attuale (in termini di analisi di altezza delle colonie, peso, diametro alla base, numero di apici e l’analisi della densità delle colonie) con i dati riscontrabili in colonie raccolte negli anni ‘70; colonie che rappresentano le taglie massime riscontrabili all’epoca in Liguria. Inoltre un ulteriore scopo dello studio è il confronto tra la struttura di popolazione massima odierna e degli anni ‘70 a Bergeggi con dati relativi a colonie raccolte negli anni ‘60 lungo il promontorio di Portofino dove, storicamente, si è maggiormente concentrato il prelievo a scopo commerciale in Liguria. I dati così ottenuti saranno di notevole importanza per valutare lo stato di una popolazione di cui fino ad oggi non si possiede alcun dato scientifico. 5 CAPITOLO II: STATO DELL’ARTE 2.1: L’AREA DI STUDIO Il tratto di mare compreso tra Porto Vado (frazione di Vado Ligure) e Noli è caratterizzato da situazioni morfologiche e condizioni ambientali molto differenti tra loro. La parte più a ponente è caratterizzata da forti correnti dovute a pendenze elevate del fondale con la presenza di fosse molto vicine alla parte emersa (Capo Noli è il Promontorio con le batimetriche più vicine della Liguria), qui i venti dominanti invernali (tramontana e greco) scendendo dalla valle di Savona e girano lungo costa in direzione ponente generando correnti fortissime; ciò preclude, per lunghi periodi, l’espletamento delle varie attività a mare, prime fra tutte la pesca professionale e le immersioni. 2.2: IL CORALLIGENO Il Coralligeno viene definito nell’ambito della Convenzione di Barcellona come un “complesso di biocenosi ricche in biodiversità che formano un paesaggio di organismi animali e vegetali sciafili e perennanti con un concrezionamento più o meno importante fatto di alghe calcaree”. Il termine Coralligeno deriva dal francese “coralligène”, coniato nel 1883 da Marion il quale, studiando le concrezioni calcaree del Golfo di Marsiglia, trovò pezzi di corallo rosso e chiamò impropriamente tale formazione “Coralligeno” cioè “generatore di corallo”. Egli descrisse così i fondali duri caratterizzati dall’abbondanza di alghe coralline, principalmente Mesophyllum, Pseudolithophyllum, Lithophyllum e dalla presenza di corallo rosso (Corallium rubrum). Dalla fine del 1800 ad oggi sono stati fatti numerosi studi, volti ad approfondire le conoscenze di questa biocenosi, ora sappiamo che il corallo rosso appartiene ad un habitat differente, caratterizzato da ambienti semioscuri spesso frammisti a Coralligeno. Il Coralligeno è un substrato duro di origine biologica. Si forma principalmente per l’accumulo di alghe calcaree incrostanti (corallinacee) in zone scarsamente illuminate e in acque relativamente calme ed è una formazione endemica del Mediterraneo; non deve essere considerato come una biocenosi singola, poiché manca una specie 6 caratterizzante esclusiva che possa quindi prevalere in modo preponderante sulle altre specie, ma è una formazione complessa, marcata da una biocostruzione con prevalenza di alghe calcaree e che si sviluppa tra i 20 ed i 120 metri di profondità coinvolgendo sia il piano infralitorale sia quello circalitorale. I limiti del Coralligeno non si esauriscono, quindi, su un solo piano; vi è una predilezione per il circalitorale, ma le formazioni coralligene possono essere rinvenute anche nell’infralitorale, ovviamente in siti dove le condizioni di luce, temperatura e circolazione di materia in sospensione siano adeguate. I fattori ambientali influiscono con un ampia variabilità su questa biocenosi: tra i diversi fattori, la luce sembra essere quello che maggiormente condiziona la distribuzione degli organismi bentonici. Le macroalghe, inoltre, principali biocostruttori del Coralligeno, pur non sopportando alti livelli d’irradianza, necessitano di luce per crescere. La profondità minima per lo sviluppo del Coralligeno è molto variabile e dipende dalla quantità di luce che riesce a penetrare nella colonna d’acqua. Se la torbidità dell’acqua è tale da limitare notevolmente la penetrazione della luce, il Coralligeno si può sviluppare anche a modeste profondità. Il passaggio da piano infralitorale a piano circalitorale è infatti caratterizzato da una progressiva diminuzione dell’intensità luminosa e non è situato a una profondità definita. Formalmente questa transizione si verifica in corrispondenza del limite inferiore della presenza di Posidonia oceanica o, in assenza di questa specie, alla profondità oltre la quale scompaiono le alghe fotofile strettamente legate alla presenza di luce. Il proliferare del Coralligeno è dovuto essenzialmente al fenomeno della biocostruzione ad opera di alcuni organismi, questo fenomeno, altamente dinamico, è il risultato dell’equilibrio tra l’azione degli organismi biocostruttori e quella dei demolitori su una scala temporale successivamente ampia e compatibile con con la durata della vita dei biocostruttori. La biocostruzione si basa fondamentalmente su due strategie vitali: • il gregarismo, cioè gli individui si insediano gli uni accanto agli altri come nel caso di serpulidi e vermetidi; • la colonialità, che dipende dalla riproduzione asessuata come nel caso dei coralli. Nel Coralligeno si possono distinguere quattro categorie di invertebrati: biocostruttori del Coralligeno: (alghe calcaree, briozoi, serpulidi, antozoi e poriferi). Essi rappresentano il 24% delle specie totali. criptofauna in grado di colonizzare le piccole fessure e le cavità della struttura (molluschi, crostacei e policheti). Essi rappresentano il 7% delle specie totali. epifauna ed endofauna. Rappresentano il 67% delle specie totali. 7 specie erosive (Lithophaga lithophaga, poriferi del genere Cliona). Rappresentano l’1% delle specie totali. In conclusione il Coralligeno è una formazione estremamente importante poiché ospita molteplici microhabitat, sui quali i fattori ambientali (quali ad esempio luce, idrodinamismo e sedimentazione) sono in grado di agire in modo talmente diverso e marcato da determinare differenze notevoli nella composizione di popolamenti siti anche a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro. Questa eccezionale eterogeneità ambientale consente a diversi popolamenti di coesistere in ambiti molto ridotti, promuove e facilita quindi l’incremento di biodiversità. La complessità della struttura del Coralligeno permette, quindi, lo sviluppo di una comunità estremamente eterogenea dominata dai “suspension feeders”. 2.3: CORALLIUM RUBRUM 2.3.1: SISTEMATICA Il corallo rosso, Corallium rubrum (L., 1758), appartiene al phylum Cnidaria, classe Anthozoa, sottoclasse Ottocorallia, ordine Gorgoniacea. Il termine “corallo” ha un’etimologia piuttosto discussa: per molti, infatti, deriva dal greco koraillon, cioè scheletro duro, per altri invece sempre dal greco kura-halos, cioè forma umana ed altri ancora fanno derivare il termine dall'ebraico goral, nome usato per le pietre utilizzate per gli oracoli in Palestina, Asia Minore e Mediterraneo tra le quali ruolo preponderante era svolto appunto dai coralli. Il termine Antozoi significa letteralmente "fiori-animali" (dal greco "anthos" fiore e "zoon" animale). 8 Figura 6: fotografia di colonie di Coralluim rubrum (Foto di S. Canese). http://it.wikipedia.org/wiki/Corallium_rubrum - cite_note-2#cite_note-2 2.3.2: DISTRIBUZIONE Il corallo rosso (Liverino, 1984) è una specie endemica del Mediterraneo e delle vicine coste atlantiche; il suo areale di distribuzione va dalla Grecia e dalla Tunisia fino allo Stretto di Gibilterra, Corsica, Sardegna, Sicilia e Baleari incluse, ma è diffuso anche nell’Atlantico orientale in Portogallo, Canarie, Marocco e Isole di Capo Verde, di solito fino a 200 metri di profondità, in luoghi poco illuminati (falesie, anfratti, grotte) con scarso ricoprimento. La presenza di una popolazione di Corallium rubrum è influenzata da molte variabili ambientali: Luminosità: il corallo rosso è una specie sciafila e la luce sembra essere uno dei principali fattori che limitano la distribuzione delle colonie adulte, per questo motivo i popolamenti maggiori si possono trovare all’interno di grotte sia profonde sia superficiali o di rientranze della roccia oppure su pareti rocciose poste a profondità rilevanti. Temperatura: si suppone che il corallo rosso colonizzi ambienti al di sotto del termoclino estivo. Pendenza ed esposizione del substrato: fattori che influiscono su altri quali idrodinamismo, luce, materiale in sospensione. 9 Idrodinamismo: questa variabile non solo garantisce l’apporto di nutrimento, ossigeno, dispersione dei gameti, allontanamento dei cataboliti, ma determina anche la forma della colonia stessa. Figura 7: distribuzione di Corallium rubrum in Mediterraneo. 2.3.3: MORFOLOGIA CNIDARIA Gli Cnidaria sono tra gli organismi più semplici degli Eumetazoi: mancano infatti di veri e propri organi, di differenziazione cefalica e di un sistema nervoso vero e proprio. Presentano simmetria raggiata ed il loro corpo ha forma di un sacco ed è formato dalla cavità gastrovascolare, chiamata celenteron, rivestita di endoderma che si apre a formare una bocca tentacolata che permette le comunicazioni con l’esterno: quindi l’ingresso di cibo e l’espulsione di materiale non digerito Le funzioni del gastroderma sono di tipo vascolare (l'acqua che lo riempie giunge abbastanza vicino a tutti i tessuti del corpo, fornendo cibo ed ossigeno e rimuovendo anidride carbonica e sostanze di rifiuto) e digestivo (vi si riversano succhi digestivi prodotti dalle cellule che lo rivestono ). La parete del corpo è formata da tre strati: l’endoderma che è lo strato più interno, la mesoglea che è uno strato intermedio gelatinoso e l’ectoderma ovvero lo strato più esterno. In quest’ultimo sono presenti alcune cellule differenziate in cellule muscolari e cellule nervose, le prime sono in grado di contrarsi e garantire il movimento e il tono del corpo, le seconde sono invece in grado di trasmettere stimoli. 10 Gli Cnidari presentano due forme strutturali principali: una sessile polipoide ed una natante medusoide a seconda della Classe di appartenenza può essere presente solo una forma o entrambe. Figura 8: morfologia di polipo e medusa degli Cnidari ANTHOZOA La Classe Anthozoa è rappresentata solamente dalla forma polipoide che può essere solitaria, come i cerianti, oppure coloniale, come nel caso dei coralli e quindi anche di Corallium rubrum. In generale il corpo del polipo è allargato alla superficie superiore a formare un disco orale circondato da una o più corone di tentacoli cavi, mentre la terminazione aborale aderisce al substrato. La cavità digerente si presenta settata longitudinalmente da mesenteri ovvero pareti verticali, che dalla parete corporea convergono a raggiera verso l’asse centrale. Si possono evidenziare due sottoclassi distinte dalla diversa struttura dei tentacoli del polipo: la sottoclasse Hexacorallia, di cui fanno parte i “coralli di reef”, tra i quali ricordiamo i madreporari, comprende antozoi con mesenteri e tentacoli per lo più in numero di 6 o multiplo di 6; i tentacoli si presentano lisci, raramente ramificati e le gonadi,situate nello spessore dei mesenteri, sono piatte. Nella sottoclasse Octocorallia, invece, i tentacoli sono 8 e pinnati, la cavità vascolare è divisa da altrettanti mesenteri completi e le gonadi pendono nella cavità gastrovascolare. Gli Octocorallia comprendono per lo più specie coloniali i cui polipi sono collegati da una massa di tessuto detta “cenenchima”. 11 Il cenenchima consiste in una spessa massa gelatinosa di mesoglea che forma una rete complessa, più o meno anastomizzata e perforata da tubi gastrodermici che comunicano con la cavità gastrovascolare dei polipi. Tutta la colonia possiede un sistema gastrovascolare collettivo. La superficie dell’intera colonia è rivestita da uno strato di ectoderma, chiamato sarcosoma, che la avvolge come un guanto e si congiunge con l’ectoderma dei polipi, lasciando fuori dal cenosarco, solo la porzione orale del polipo. Gli amebociti del cenenchima secernono spicole calcaree o materiale corneo che vanno a formare lo scheletro. Negli ottocoralli lo scheletro, diversamente dalle madrepore, è interno e serve a sostenere la colonia. GORGONIACEA Nell’ordine dei Gorgoniacea lo scheletro delle colonie è composto da sostanza organica: la gorgonina. Nel caso del Corallium rubrum lo scheletro è totalmente formato da carbonato di calcio cristallizzato sotto forma di calcite ed organizzato in spicole. Lo scheletro è attraversato da caratteristici solchi longitudinali percorsi dai tubi gastrodermici, molto simili ad un sistema circolatorio, attraverso i quali non solo si alimentano tutte le parti dello scheletro, ma vengono anche passate le informazioni a tutta la colonia. Se i canali gastrodermici sono la principale via di comunicazione della colonia, il polipo ne è l’unità strutturale: visto nel suo insieme, si presenta sotto forma di un delicato fiore bianco, trasparente, con i suoi otto petali che ondeggiano nella corrente (dal che si comprende come e perché la sua natura animale sia restata così a lungo ignorata). Sono i polipi a fornire il nutrimento per la colonia, catturando con i lunghi tentacoli le piccole particelle di plancton che fluttuano nell’acqua, nonché ingoiando le sostanze che sono disciolte nell’acqua. Attraverso un’opera di secrezione interna, queste sostanze passano in circolo nei canali interni e fanno crescere lo scheletro assiale. Non di rado, tagliando un ramo, è possibile notare i cerchi concentrici di crescita. Il Corallium rubrum appartiene a quest’ordine. CORALLIUM RUBRUM Il corallo rosso è un antozoo coloniale endemico del Mediterraneo (Stiller, 1984). E’ una specie longeva e dall’alto valore economico che ha portato questa risorsa ad essere sfruttata già in tempi antichi (Neolitico) ma con “la corsa all’oro rosso” degli anni ‘60 e ‘70 questa importante risorsa è stata sovrasfruttata al punto da essere, 12 oggi, considerata una specie a rischio di estinzione anche a causa della sua crescita estremamente lenta (Garrabou & Harmelin, 2002). La morfologia del corallo rosso cambia in base alle caratteristiche ambientali e geografiche in cui una colonia si trova a vivere. Il corallo rosso è una specie con ampio areale di distribuzione verticale, infatti si estende da un minimo di 20 m fino ad oltre 300 m; per questo motivo la specie è stata suddivisa in: popolamenti costieri, che vivono a profondità comprese tra 20 e 50 m, e popolamenti profondi, presenti generalmente tra i 60 e i 250 m, tale definizione è basata proprio sulle differenti caratteristiche ravvisate in popolazioni insediatesi a differenti profondità. Le popolazioni costiere sono caratterizzate da colonie piccole e giovani probabilmente a causa del sovrasfruttamento a cui il corallo rosso è stato sottoposto, è prevalente la forma incrostante e la densità delle colonie è piuttosto elevata. Le popolazioni profonde, invece, presentano dimensioni maggiori soprattutto per quanto riguarda il diametro della colonia, sono distribuite con minori densità di popolazione e sono meno affette dalla predazione di spugne perforanti; presentano forma arborescente su un solo piano se la colonia si trova su pareti verticali e nelle grotte, e forme arborescenti sviluppate su più piani all’interno delle grotte stesse. In generale i polipi sono provvisti di otto tentacoli, in media misurano 1-1,5 cm e sono bianchi e diafani. Le spicole sono cruciformi e di dimensioni variabili, solitamente di colore rosso anche se l’intensità può variare in base alla profondità in cui cresce e si sviluppa la colonia; rarissimi sono i fenomeni di albinismo. L’asse scheletrico centrale si forma per calcificazione e conseguente fusione delle spicole stesse (Grillo et al, 1993) . 2.3.4: SISTEMA NERVOSO Il sistema nervoso è molto semplice, costituito da una rete di cellule nervose per una trasmissione elementare degli impulsi soprattutto verso i polipi che in questo modo riescono a sincronizzare il normale ritmo di apertura/chiusura e a coordinare la ritrazione degli stessi in caso di minaccia da parte di un predatore. 2.3.5: ALIMENTAZIONE Corallium rubrum è definito un “suspension feeder” ovvero un animale la cui alimentazione è basata sulla cattura per filtrazione di piccoli organismi unicellulari 13 planctonici e che ha sviluppato particolari meccanismi che permettono di trattenere particelle di cibo anche quando esse sono molto diluite. Figura 9: particolare dei polipi di Corallium rubrum (Foto di S. Bava) La cattura avviene ad opera della corona di tentacoli che circonda la bocca ed è facilitata dalla presenza di una sorta di muco che riveste ogni tentacolo; non appena i tentacoli entrano in contatto con una “potenziale preda” la imprigionano mediante un meccanismo di contrazione che permette al tentacolo di avvolgersi a spirale intorno alla preda; quindi si ritrae nella bocca dove viene sottoposta ad analisi tattile a seguito della quale la particella se ritenuta “edibile” viene ingerita altrimenti viene espulsa. Poiché l’intera colonia ha il sistema gastrovascolare in comune il nutrimento catturato da ogni singolo individuo concorre al mantenimento dell’intera comunità, quindi questo tipo di struttura assicura a ogni polipo il nutrimento anche nel caso in cui uno di essi sia impossibilitato a nutrirsi direttamente. Per quanto riguarda i prodotti di scarto della digestione, questi vengono raccolti ed espulsi attraverso la bocca poiché non è presente l’apertura anale. La respirazione avviene per scambi diretti di ossigeno ed anidride carbonica con l’ambiente circostante. I “suspension feeders” sono organismi ecologicamente molto importanti e la loro presenza dipende essenzialmente dall’intensità delle correnti e dalla disponibilità di 14 cibo, per questa ragione il corallo rosso predilige acque prive di sedimenti in sospensione e con correnti intense. I “suspension feeders” possono distinguersi in: filtratori attivi, in grado di utilizzare l’energia per indurre una corrente d’acqua vicino alle strutture specializzate nell’alimentazione, questi organismi sono più specializzati e sono in grado di filtrare anche le particelle più piccole filtratori passivi che si limitano ad orientare tali strutture a favore di corrente per potersi alimentare senza troppo dispendio energetico, tali organismi attirano con più facilità le particelle di grandi dimensioni che danno quindi un maggior apporto energetico. Molti e cruciali sono i rapporti dei filtratori con l’ecosistema marino: essi con la loro strategia alimentare contribuiscono agli scambi di materia tra il dominio planctonico e quello bentonico; i “suspension feeders”, inoltre, si pongono come barriera tra substrato e colonna d’acqua rallentando il flusso delle correnti ed aumentando il tempo di residenza delle particelle nella colonna d’acqua. In ultimo questi organismi rappresentano un habitat per la fauna vagile, cioè natante, presente nell’associazione del Coralligeno incrementando così la biomassa e la biodiversità dell’ecosistema. In quest’ottica Corallium rubrum assume un altro importante “valore aggiunto”: non solo è una specie di altissimo valore commerciale e quindi importante sotto il profilo economico, ma è anche una specie chiave all’interno dell’ecosistema marino, assume quindi un ruolo ecologico fondamentale. 2.3.6: RIPRODUZIONE Molto si conosce circa la riproduzione degli Antozoi, ma poche sono le conoscenze su quella del Corallium rubrum, di cui si hanno solamente alcuni dati storici. La riproduzione del corallo rosso è di tipo sessuale (Vighi, 1970) i sessi sono separati sia a livello di polipi sia a livello di colonie quindi si parla di specie gonocorica (Santangelo et al, 2007), con l’ausilio di un microscopio è facile distinguere i polipi maschili da quelli femminili poiché le gonadi maschili sono di color bianco latte, allungate e con forma irregolare mentre gli oociti femminili sono di color giallo chiaro e tondeggianti. La stagione riproduttiva va da giugno a settembre secondo un ciclo stagionale di maturazione delle gonadi diverso per i due sessi: gli oociti vengono portati a maturazione in due anni ed in ogni stagione riproduttiva si ha la coesistenza di due popolazioni di oociti, una completamente mature ed una più piccola in fase di 15 maturazione; le gonadi maschili invece maturano in un solo anno (lo sviluppo comincia in inverno e termina in estate). Entrambe le gonadi maturano all’interno della colonia più precisamente nei tessuti dei setto mesenterico, a maturazione ultimata si staccano e migrano nella cavità gastrovascolare dove avviene la fecondazione. Il periodo embrionale ha durata di 20-30 giorni al termine dei quali il futuro individuo, che prende il nome di planula, si sposta sull’apice di un polipo e dopo poche ore viene liberato attraverso l’apertura boccale. La larva così formata è natante e lecitotrofica, è di colore bianco e a forma di clava. Non possedendo tessuti specializzati ed incapace di nutrirsi, la planula ha tempi brevi di resistenza nella colonna d’acqua (pochi giorni) per questo motivo deve trovare un substrato adatto dove fissarsi in poco tempo e non può allontanarsi molto dalla colonia-genitrice. Dopo essersi fissata al substrato la larva inizia la metamorfosi che, trascorso circa un mese, la rende simile al polipo adulto. Le spicole iniziano a comparire già dopo circa 15 giorni. La colonia si accresce, a questo punto, per via asessuata. 16 Figura 10: ciclo riproduttivo di Corallium rubrum Figura 10: ciclo riproduttivo di Corallum rubrum Figura 10: ciclo riproduttivo di Corallium rubrum 17 2.4: LA PESCA DEL CORALLO ROSSO La pesca del corallo rosso (Corallium rubrum) è stata fin dal principio un’attività tanto affascinante quanto pericolosa e faticosa. A causa delle grandi profondità alle quali si trovano le colonie d’interesse commerciale, infatti, il prelievo risulta essere dispendioso e particolarmente difficile; in assenza delle odierne tecniche di pesca subacquee, il prelievo doveva, infatti, effettuarsi dalla superficie tramite tentativi casuali e strumentazioni approssimative. Prima della massima espansione araba non esistevano attrezzi specifici per la pesca del corallo rosso, si utilizzavano piccole sacche morbide la cui imboccatura era ferrata, queste venivano calate a mano e, una volta raggiunto il fondo, venivano manovrate manualmente dalla barca: i pescatori li trascinavano lungo il fondo spezzando così i rami del corallo che finivano nel sacco. I limiti di tale attrezzo sono piuttosto evidenti: innanzitutto potevano essere utilizzati solamente in zone non troppo profonde, le dimensioni erano modestissime così come la forza che poteva essere applicata sull’attrezzo; è intuibile quindi come la quantità di corallo pescato fosse irrisoria. Con la conquista araba le cose cambiarono: essi, infatti, elaborarono un attrezzo decisamente più efficace: l’ingegno (Ortiz et al., 1986). L’ingegno era un attrezzo da traino formato da una pesante barra di metallo a cui erano collegate catene con fissati in serie pezzi di rete in cui il corallo occasionalmente restava impigliato ed enormi pietre che fungevano da zavorra. Questo attrezzo lavorava anche a profondità elevate (fino a 40 m) con un forte impatto distruttivo in quanto svolgeva un’aratura vera e propria del fondale. Un’ulteriore evoluzione dell’ingegno è stata la Croce di S. Andrea, attrezzo formato da due travi pesantissime giuntate a croce opportunamente zavorrate (sui fondali marini liguri sono state trovate pesanti pietre rettangolari con scanalature per ospitare le corde che le fissavano all’attrezzo) e fissate ad una lunga cima che serviva per rendere più agili le manovre dalla barca; dalle braccia della croce pendevano stralci di reti e rampini per sradicare il corallo e trattenerlo. 18 Figura 11: croce di S. Andrea e barra Italiana Così il Balzano (1988), importante storico del settore, descrive l’ingegno: “…dicevasi questo dà provenzali engins, e dai nostri ingegno ed era certo di non poca utilità, perocchè la forza delle reti fatte di spago, accostandosi allo scoglio, era tanta da abbrancare in mezzo a loro il corallo e trarselo dopo averlo rotto e sbarbato; e le ali medesime della croce erano per sé stesse bastevoli, per picciolo avviamento che le si dava, ad intromettersi nel seno degli scogli, spesso anche traversandosi ne’ piani come ordinariamente doveva avvenire […] è certa cosa che i nostri nazionali essi primi accoppiassero la rete alla croce, che certo da’ pescatori Torresi di molto è stata più guernita e raffazzonata da tirar sopra perfino pezzi grandi di scogli divellendoli a forza dai massi marini dove sono incastrati […] Ecco ora per qual modo i nostri vigorosi ed indomabili Torresi hanno composto l’ingegno. Due grosse spranghe di legno assai forte, siccome quello di faggio o quercia, pongono prima a croce. Tuttavia la lunghezza di esse spranghe è circa cinque piedi parigini, ovvero sei palmi e mezzo napoletani; verso il centro la loro spessezza quadrata è circa tre dodicesimi del piede […] poco più del palmo. Nel mezzo di essa croce è una mazzera di pietra dal peso di circa rotoli ventiquattro e più, che serve per far discendere nel profondo l’ingegno. Agli estremi le braccia della croce vanno gradatamente assottigliandosi, avendo ognuno un incavo circolare alla cima per modo di formare quattro capocchie. In questi incavi sono legate funi non più lunghe di mezzo piede con alla cima due reti pendenti, e questa parte dell’ingegno vien detta coscione […] Ad ognuno poi dei descritti coscioni o braccia della croce sopraddetta è altro incavo circolare come quello delle capocchie […] evvì legata una rete e con essa una fune di circa diciotto piedi o poco più, che sono tre canne napoletane; presso alla qual fune alla distanza di ogni tre piedi e mezzo […] è legata alla rete, per modo che delle cinque reti, ch presso alla fune si 19 allogano, trovarsi l’ultima alla cima pendente come fiocco […] Una somigliante fune così armata, è appiccata pure nel centro della croce. Per tal modo la croce di legno vien fornita di otto reti alla estremità, e di trenta altre pensili alla metà delle braccia e del centro […] Da tale descrizione agevolmente può intendersi come questo così fatto ingegno riesca acconciassimo nel venir sotto a travagliare d’ogni parte i più riposti siti dello scoglio […] i marinai nel viaggio, recando con esso lo spago, lavorano così fatte reti ed assettano l’ingegno. Il quale, calcolando secondo la descrizione finora fattane, pesa ad un bel circa un cantao e mezzo”. Il peso fuori dall’acqua dell’ingegno corrispondeva a circa un quintale e mezzo, in acqua eccedeva di poco i venti chili, peso della zavorra, era quindi di per sé maneggevole, la fatica dei marinai era quella di dover vincere le resistenze delle rocce ogni qualvolta l’ingegno si impigliava. La pesca veniva effettuata come segue: l’ingegno veniva calato, la barca, a favore di vento, iniziava a muoversi. Vi erano marinai addetti alla navigazione e marinai addetti alla pesca che dovevano controllare che l’attrezzo non si impigliasse. L’ingegno doveva essere manovrato con maestria e da persone che conoscessero l’andamento del fondale per far aderire l’ingegno alle pareti rocciose ed ottimizzare così la pesca. Ogni discesa dell’ingegno veniva denominata cala, abbreviazione di calata. Per poter ammortizzare le spese le calate da fare in una giornata di pesca dovevano essere almeno quindici per almeno altrettante ore di lavoro. Le coralline erano imbarcazioni simili a quelle utilizzate per altri tipi di pesca, lunghe una decina di metri e generalmente avevano un attrezzo di pesca a poppa ed uno a prua. I corallari si muovevano lungo le coste fintanto che le reti non erano riempite a sufficienza. Queste manovre provocavano, oltre che la semidistruzione delle colonie di corallo, anche la lacerazione delle reti. Per questo motivo sulle barche non mancavano mai grandi quantità di filo per operarne la riparazione. Le coralline operavano in flottiglie ravvicinate e su settori circoscritti. Vale ancora la pena ricordare che a Portofino nel XII secolo grazie ai proventi derivanti dalla pesca del corallo venne eretto un piccolo tempio presso la cappella di S. Giorgio, a testimonianza della forte devozione delle genti locali. 20 Figura 12: salpata della Croce di S.Andrea Oggi l'uso dell'ingegno non è più consentito: ne fa espresso divieto il regolamento UE n.1626/94 che all'articolo 2, comma 2, recita testualmente: “È vietato l'impiego per la raccolta dei coralli di croci di S. Andrea e di altri analoghi attrezzi trainati”. La pesca al corallo rosso, dopo il divieto dell’uso dell’ingegno è stata condotta da pescatori subacquei che effettuavano anche immersioni pericolose, a grande profondità pur di potersi aggiudicare l’ “oro rosso del mediterraneo”. Oggi la pesca del corallo rosso viene effettuata, in Mediterraneo, da subacquei professionisti e si svolge, in gran parte, in Sardegna, sopratutto nelle Bocche di Bonifacio e lungo le coste algerine e tunisine. I corallari, muniti di bombole caricate con miscele respiratorie opportunamente dosate di elio, azoto ed ossigeno, per diminuire il pericolo dell’embolia gassosa, possono raggiungere anche i 120 metri di profondità. Questo tipo di pesca è molto pericoloso in quanto le alte profondità favoriscono l’insorgere dell’embolia, una patologia legata alla respirazione di gas compressi ed oggi tutti i corallari hanno, sulla loro barca, camere iperbariche, dove, in sicurezza, svolgono una parte della necessaria decompressione, alla fine della loro immersione. Di norma, il subacqueo rimane sul fondo circa quindici minuti, durante i quali raccoglie i rami di corallo con una semplice piccozza, mettendoli in un apposito cesto, detto coppo. 21 Figura 13: operatore subacqueo con il coppo pieno di rami di corallo rosso Al momento di abbandonare il fondo, per risparmiare energia, il sub si lascia trascinare verso la superficie da un secchio, in cui immette aria e poi, agganciatosi ad un cavo calato dalla barca appoggio, si ferma per effettuare una prima tappa di decompressione, dopo aver inviato sulla barca il prezioso bottino raccolto. Esigui contatti con la superficie li mantiene grazie ad una lavagnetta su cui può scrivere e, talvolta, viene alleviato dal freddo patito a causa della profondità e per aver respirato elio, grazie ad una manichetta d’acqua calda. Una volta in superficie, liberatosi dell’attrezzatura, entra nella camera iperbarica per finire la sua decompressione. Operare con i sub permette una più accurata e selettiva raccolta dei rami di corallo, anche in ambienti non raggiungibili con l’ingegno, come le grotte sottomarine, ed inoltre il subacqueo professionista è in grado di rendersi facilmente conto se un’area è o meno sovrasfruttata e quindi, di operare di conseguenza. 2.5: LO SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA NEI SECOLI Le testimonianze sulla conoscenza del corallo rosso da parte dell’uomo risalgono addirittura agli albori della civiltà, infatti pare che l’uso di pezzetti di corallo nelle sepolture o per riti scaramantici fosse largamente presente già nel IV millennio prima della nascita di Cristo; del resto nella mitologia greca si possono ravvisare riferimenti circa la conoscenza del corallo rosso, la cui origine veniva fatta risalire alle gocce di sangue della Gorgone decapitata da Perseo cadute nella spuma del mare. 22 La storia del corallo rosso, inoltre, si intreccia indissolubilmente anche con la storia dell’arte (Tescione, 1965). In epoca romana Plinio il Vecchio tramandò con sorprendente esattezza le località di pesca del corallo che al tempo dei romani pare fosse largamente diffusa. Il corallo rosso assunse in quel periodo storico molteplici funzioni legate ad altrettante credenze; gli venne attribuito un potere curativo e farmaceutico tanto da ritenere questo animale una sorta di panacea a molti mali. Di conseguenza, la richiesta di approvvigionamento aumentò di pari passo con l’esiguità dei banchi di pesca conosciuti. Con il dissolversi dell’Impero romano diminuirono anche le fonti relative alla pesca di questa importante risorsa, che tuttavia non cessò mai completamente, sopravvivendo lungo gli anni. Per ritrovare significativi documenti bisogna aspettare il Medioevo (Piccinno, 2010); basti pensare che intorno al 1500 il corallo rosso era il prodotto maggiormente richiesto sul mercato asiatico ed il Mediterraneo era l’area di reperimento maggiore. In questo periodo gli Arabi dominavano indiscussi il Mediterraneo e ne avevano il monopolio. Tra il 1100 ed il 1300 solo poche regioni erano sfuggite al dominio musulmano e la pesca del corallo era molto lucrosa soprattutto nei mari di Corsica e Sardegna, lungo le coste della Toscana e nelle regioni di Sicilia, Calabria e Campania ma anche in Provenza, nella penisola magrebina e a Cap de Creuz in Catalogna. Quest’attività di prelievo coinvolgeva le maggiori comunità di pescatori dell’Ovest del Mediterraneo: Genova, Pisa, la Sicilia, la Campania, la regione della Catalogna e della Provenza. Nel Medioevo, inoltre, iniziarono a fiorire centri di raccolta e lavorazione del corallo rosso a Barcellona, Marsiglia, Genova, Livorno, Trapani. Il controllo della risorsa rimase di vitale importanza per tutto il Medioevo e creò importanti contenziosi per lo sfruttamento esclusivo dei banchi più remunerativi di cui ogni città cercava di ottenere il monopolio il più a lungo possibile. I governi coinvolti in questa “caccia all’oro rosso” furono principalmente quello spagnolo, quello francese e la Repubblica genovese. Dal 1400 al 1700 i pescatori liguri assunsero un ruolo fondamentale per quanto riguarda questo tipo di pesca estremamente settoriale: essi avevano il controllo di tutte le fasi di pesca e lavorazione del corallo. I pescatori liguri venivano chiamati “Corallatori” e dalla Liguria navigavano alla ricerca di corallo lungo le coste africane, nel mare corso e sardo, fino a spingersi molto lontano dalla propria terra con un grandissimo investimento sia monetario sia di risorse umane. 23 La ricerca dell’ “oro rosso” era altresì molto pericolosa, inizialmente le barche si avventuravano in mare senza alcuna protezione o supporto per il mare aperto ed incombeva la minaccia dei pirati. Solo nella seconda metà del 1400 si iniziarono a progettare barche ed attrezzature da adibirsi esclusivamente alla pesca del corallo rosso, d’altronde tutto questo era ampiamente giustificato dall’ampio commercio della risorsa che veniva scambiata in Siria, Egitto, Armenia, India con i prodotti più preziosi dell’epoca come spezie e tessuti e ben presto l’areale di commercio si ampliò coinvolgendo il mercato dell’Europa dell’Ovest. I pescatori liguri furono tra i più abili pescatori di corallo e, dal Medioevo fino alle ultime decadi del secolo scorso, concentrarono in tre aree il loro “intervento”: lungo le coste africane; in Sardegna; in Corsica. La procedura di sfruttamento di un banco era una vera e propria campagna con tanto di colonizzazione europea del tratto di costa prospiciente i banchi da sfruttare. Durante le campagne in Africa vennero create le prime compagnie come la “Compagnie d’Afrique”, la “Compagnie Royale d’Afrique” e l’ “East India Company” che operavano previo rilascio di concessioni da parte del proprio governo. COSTE AFRICANE La presenza di barche della Repubblica di Genova in quest’area geografica risale proprio al 1400 quando molte ricche famiglie di Genova come i Lomellini, gli Spinola, i Doria ottennero i diritti esclusivi di sfruttamento del corallo rosso lungo 400 km di costa africana. Queste famiglie concentrarono i loro sforzi di pesca nell’area corrispondente all’odierna città di La Calle in Algeria. Nascono in questo contesto le prime campagne di pesca vere e proprie e le prime organizzazioni e società d’impresa chiamate “carati” basate su investimenti privati il cui ammontare dipendeva dalle previsioni di riuscita della “battuta di pesca” ed amministrate da veri e propri agenti nominati dai governanti che avevano inoltre il compito di stilare relazioni giornaliere sull’andamento della campagna di pesca. Gli agenti erano l’anello di congiunzione tra le famiglie che finanziavano la campagna, i pescatori pagati per effettuarla ed il governo della città a nome della quale le campagne erano organizzate. Il passaggio da prelievo occasionale e con scarse tecnologie a vero e proprio sfruttamento commerciale era così compiuto. Lo sfruttamento dei banchi di La Calle si rivelò estremamente produttivo per la Repubblica di Genova, il corallo rosso pescato in quest’area veniva esportato in Egitto 24 e Siria ma verso al fine del 1400 sorsero i primi problemi tra la Repubblica genovese ed il governo di La Calle, problemi che portarono intorno al 1520 alla fine dei diritti di sfruttamento. Qualche anno dopo, intorno al 1540, la famiglia Lomellini scoprì alcuni banchi che si rivelarono ancor più importanti di quello di La Calle: i banchi nelle acque dell’isola di Tabarca, una piccola isola a largo della Tunisia. Essendo zona d’influenza spagnola, Carlo V concesse ai Lomellini il pieno utilizzo dei banchi. Essi fondarono una colonia da dove guidarono le campagne di prelievo intorno all’isola per oltre due secoli durante i quali acquistarono grande prestigio presso i popoli berberi con i quali commerciavano. Nel XVIII secolo però i banchi presso l’isola vennero ad esaurirsi e nel 1741 l’isola di Tabarca finalmente tornò nelle mani del Governo di Tunisi e lo sfruttamento europeo ebbe fine. SARDEGNA La pesca al corallo rosso in Sardegna è la più antica e risale a tempi molto remoti, ma è dipesa rigidamente dai cambiamenti nelle politiche internazionali avvenuti nel corso dei secoli. I pescatori liguri iniziarono ad utilizzare questi banchi di pesca già nel XIV secolo, periodo nel quale le famiglie Malaspina e Doria si insediarono rispettivamente a Bosa ed Alghero. Nel secolo successivo i genovesi persero progressivamente i diritti di pesca sui banchi più remunerativi dell’area a causa della riconquista della Sardegna da parte della corona di Spagna. Dopo questa grave perdita i pescatori liguri si spinsero a cercare banchi in altre parti del Mediterraneo: in Corsica ed lungo le coste arabe; non si rassegnarono mai ad abbandonare del tutto i banchi sardi. Dal 1450 in poi altre personalità genovesi si avvicendarono in territorio sardo per sfruttarne i banchi di Corallium rubrum: Francesco Giustiniani, Eliano Spinola, Giacomo Maruffo. Nel 1528, inoltre, la situazione si fece più favorevole grazie alla riconciliazione tra la Repubblica di Genova e la Corona spagnola. Nel 1599 furono altresì scoperti altri preziosi e ricchi banchi di corallo rosso a largo delle isole di S. Pietro e di S. Antioco, banchi che cominciarono subito ad essere sfruttati dai liguri che, a questo punto, avevano il predominio sull’intero areale sardo. Poco più di un secolo dopo, però, tale supremazia venne minata dall’espansione dei commerci delle compagnie di mercanti livornesi che divennero i più importanti mercanti di corallo rosso e dalla forte competizione con i pescatori di corallo campani. 25 Nulla cambierà a questo punto per molti secoli. Ad oggi i banchi sardi sono tra i più depauperati da questo prelievo durato secoli e soprattutto dal sovra sfruttamento degli anni 60-70 del secolo scorso. La regione Sardegna è stata quindi la prima regione italiana a dotarsi di una legislazione di tutela della risorsa Corallium rubrum. CORSICA L’importanza dei banchi di corallo rosso corsi non sembra essere comparabile ai banchi della Sardegna o del Maghreb. I banchi della Corsica iniziarono a venire sfruttati significativamente dal genovesi “solo” intorno al 1400 solo dopo che questi ultimi persero il loro predominio sui banchi sardi, i pescatori di corallo, infatti, ricorsero alla pesca sui banchi della Corsica ogni qualvolta non si potesse procedere (spesso per motivi politici) allo sfruttamento degli altri banchi conosciuti a causa dell’esiguità della risorsa in tali zone, delle alte tasse impostevi e dei bassi incentivi forniti dalla Repubblica di Genova lungo tale areale. Nel XVI secolo la Corsica venne progressivamente abbandonata dai pescatori genovesi che tornarono per un ultimo “blitz” nel secolo successivo, prima che la Corsica venisse conquistata dalla Francia e lo sfruttamento cessasse definitivamente. I secoli successivi vedono un concentrarsi delle attività legate alla pesca ed alla lavorazione del corallo rosso nella zona campana di Napoli, a Torre del Greco, infatti, nacquero la prima “fabbrica di corallo” ed il primo “laboratorio di incisione”. LA PESCA NEL XIX SECOLO Nell’800 con la nascita di tecniche e luoghi di lavorazione in Italia l’interesse per la pesca del corallo crebbe a tal punto che divenne indispensabile istituire nuove leggi per regolamentarla. Nel 1856 era in vigore il “Codice Corallino” (che regolamentava la partenza, il ritorno, la pesca e la vendita del corallo) che fu sostituito dal nuovo Regolamento per la Pesca del Corallo. In seguito le disposizioni relative alla pesca del corallo rosso furono comprese nella legge generale sulla pesca del 1876 e nei successivi regolamenti del 1880 e del 1882. Un’importante svolta per la pesca del corallo arrivò a partire dal 1875 quando furono scoperti tre enormi “giacimenti” di corallo morto, staccatosi dalle pareti e depositatosi sul fondo del mare a Sciacca, in Sicilia. Tutti banchi di corallo conosciuti e in particolare i giacimenti di Sciacca furono intensamente sfruttati fino all’inizio del ‘900 quando cominciarono a spargersi le prime voci allarmanti sull’imminente esaurimento della risorsa commerciabile. In 26 apprensione per l’imminente esaurimento di tale fonte di guadagno, i pescatori di Torre del Greco ricorsero al governo affinché portasse avanti delle indagini sullo stato dei banchi di corallo nel Mar Mediterraneo e creasse un inventario di essi. Nel 1913 con la campagna del “Volta” fu accertata l’esatta posizione di un notevole numero di banchi: vennero disegnate delle carte sulle quali erano riportate le coordinate geografiche e la profondità dei siti, che si constatò arrivare fino a poco oltre i 200 metri. Risale quindi ad allora la prima carta della distribuzione del corallo rosso nei mari d’Italia e della Dalmazia. Con la medesima campagna fu possibile eseguire anche numerose osservazioni scientifiche che portarono alla luce nuovi aspetti sia sulla biologia del Corallium rubrum, sia sulle specie ad esso associate. Nel 1912 fu anche varata la prima imbarcazione a motore per la pesca del corallo e da quegli anni in avanti venne sempre più incoraggiato l’utilizzo delle “motocoralline” e di imbarcazioni a maggiore tonnellaggio e con maggior resistenza al mare. Il corallo pescato ed in seguito lavorato veniva commerciato, oltre che nei mercati italiani, in Russia, Turchia, India, Asia Minore e Stati Uniti. 27 CAPITOLO III: MATERIALI E METODI Le analisi, effettuate in questo lavoro, sulle colonie di Corallium rubrum hanno permesso di valutare le taglie di interesse economico-commerciale delle colonie presenti nelle acque liguri (Isola di Bergeggi e Portofino). Scopo è constatare quale sia la situazione attuale in Liguria della risorsa, quale fosse all’inizio e durante il suo sfruttamento e valutare la dimensione massima delle colonie di Corallium rubrum in Liguria in vari periodi storico-temporali; per far ciò si è dovuto sia analizzare dati storici sia ottenere informazioni sulle popolazioni attuali. Per quanto riguarda la popolazione di Corallium rubrum di Portofino il materiale da analizzare aveva una bibliografia estremamente varia, scrupolosa ed esaustiva (Tortonese 1963, Marchetti 1965, Cattaneo-Vietti e Cicogna 1993, Vielmini 2006), ho potuto visionare, inoltre, colonie pescate negli anni ‘50 da Duilio Marcante. Il problema principale è stato trovare fonti riguardanti la popolazione di corallo rosso presente sulla parete de “I Maledetti”. Non esiste, infatti, alcuna documentazione scritta che testimoni la presenza di questa specie nelle acque bergeggine. E’ stato necessario quindi ricercare ed intervistare gli storici pescatori bergeggini, i subacquei, per poter reperire più informazioni possibili ed i Corallari liguri che hanno messo con estrema gentilezza a mia disposizione non solo tutte le loro conoscenze ma anche le loro collezioni private raccolte a cavallo degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso. Dalle interviste è emerso come si fosse a conoscenza di alcune popolazioni della specie di nostro interesse a largo dell’Isola di Bergeggi, poco fuori dall’odierna AMP, popolazioni già sfruttate e di dimensioni rilevanti. A seguito di ciò ci siamo avvalsi della collaborazione di un operatore subacqueo professionista per ricercare eventuali popolazioni scampate al totale prelievo e verificare le condizioni in cui si potessero trovare. 3.1: DATI STORICI Per quanto riguarda le collezioni storiche si è ricorso a: • colonie messe gentilmente a disposizione da privati e pescate negli anni ‘60 e ‘70 sulla parete de “I Maledetti” a Bergeggi; 28 • colonie pescate negli anni ‘50 a Portofino da Duilio Marcante provenienti dalla collezione del Museo di Storia Naturale di Genova; • dati storici di Marchetti (1965), Cattaneo-Vietti e Cicogna (1993), Vielmini(2007). Figura 14: colonia di Corallium rubrum pescata su “I Maledetti” negli anni ’80 (collezione privata) (Foto di F. Ciamberlano) Figura 15: colonia di corallo rosso del 1964 conservata presso il Museo di Storia Naturale “G. Doria” di Genova (Portofino, Duilio Marcante legit) (Foto di F. Ciamberlano) Le colonie così identificate sono state pesate con una bilancia di precisione ed in seguito si sono effettuate fotografie con una reflex digitale Nikon D90 per poter analizzare i parametri biometrici (Garcia-Rodriguez e Massò, 1986) di altezza, numero di apici, diametro alla base e diametro delle diramazioni mediante l’ausilio del programma IMAGEJ. 29 Ci si è avvalsi inoltre del programma Windows Excel per razionalizzare i dati così ottenuti. Nel catalogare i dati si è tenuto conto dell’impossibilità di effettuare uno studio di popolazione a causa della circoscrizione dei dati ottenuti; inoltre, le colonie storiche pescate a Bergeggi negli anni ‘60-‘70 e a Portofino negli anni ‘50 prese in esame sono esclusivamente colonie di interesse commerciale, infatti i corallari liguri così come Marcante hanno presumibilmente prelevato gli individui più belli presenti mentre i dati storici di Marchetti (1965), Cattaneo-Vietti e Cicogna (1993) ed Vielmini (2007) si riferiscono a studi sull’intera struttura di popolazione. 3.2: DATI ATTUALI Nell’ambito del presente studio sono stati campionati i cormi di corallo attraverso: • il prelievo diretto, nel 2010, di colonie provenienti da due popolazioni presenti sulla parete de “I Maledetti”; • un campionamento fotografico effettuato da un subacqueo professionista con una Video Camera Sony HC9 Full HD munita di scafandro Gates. Fari Hartenberger 2*100 W, su entrambe le popolazioni di Corallium rubrum. Per valutare la densità di popolazione sono state effettuate fotografie utilizzando un quadrato standard della dimensione di 20 ×20 cm. Figura 16: colonia di Corallium rubrum pescata nel 2010 proveniente dalla seconda popolazione presente sulla parete de “I Maledetti” (Foto di F. Ciamberlano) 30 Figura 17: fotografia della prima popolazione con quadrato standard della dimensione di 20 ×20 cm (Foto di M. Colman) • Visione di un filmato dell’intera parete eseguito da un subacqueo. • Attrezzatura subacquea utilizzata: o bibombola 16+16 l; o miscele di gas differenti (per miscela di fondo Trimix 15/55; S 80 per miscela di fondo Trimix 15/55; S 80 per Ean 50% in decompressione; S40 per Ossigeno in decompressione); o veicolo subacqueo Gavin Short Body con autonomia di 70 min. Le popolazioni prese in esame in questo studio sono due: • Prima popolazione • Seconda popolazione La prima popolazione è situata all’inizio della parete de “I Maledetti” nella zona denominata Canapo ad una profondità tra i 65 ed i 68 m su un costone strapiombante Le sue dimensioni sono di circa 2,5 m di lunghezza . 31 Figura 18: prima popolazione di corallo rosso presente su “I Maledetti” (Foto di M. Colman) La parte superiore della parete alla quota di m 56 è praticamente deserta e composta da detrito fangoso sabbioso, sono presenti alcuni piccoli scoglietti sparsi completamente privi di vita. A circa un metro dalla caduta compare lo strato roccioso che sul bordo estremo è popolato da grandi gorgonie rosse (Paramuricea clavata) (Carpine e Grasshoff, 1976). Le Gorgonie ricoprono tutto il bordo estremo della parete in tutta la sua lunghezza circa 400 m e sono presenti in maniera molto folta soprattutto nei primi 10 m di altezza, quindi da una profondità di -56 m fino ad una profondità di circa -66 m. Appena scesi di pochi metri la folta presenza di Gorgonie si perde e sulla parete rocciosa appaiono i primi esemplari di Corallium rubrum ad una temperatura di circa 16°C. La seconda popolazione è situata a circa 40 m di distanza in direzione Levante dalla prima popolazione, e ad una profondità che varia da 65 a 68 m. Le colonie di corallo rosso si trovano nella parte superiore di un anfratto creata dal congiungimento quasi a 90° di due pareti ad una pro fondità di 68 m, questo piccolo tetto si estende per circa 6 m². Il substrato sul quale sono insediati gli esemplari di corallo rosso è di tipo roccioso e la temperatura media è di 15°C. 32 Figura 19: seconda popolazione di corallo rosso presente su “I Maledetti” (Foto di M.Colman) La temperatura, che è stata misurata durante le ripetute immersioni evidenzia una diversità di 1°C tra la zona della prima popolazion e, più calda e la seconda più fredda. 3.3: L’IMMERSIONE L’immersione alla ricerca del corallo rosso de “I Maledetti” si sviluppa nel tratto di Ponente della parete “I Maledetti”, nella zona denominata il Canapo per la presenza di una cima/rete che pende dalla sommità e arriva fino al fondo. Come già accennato in precedenza questa è la zona che forse risulta essere la più visitata e la più apprezzata dai subacquei tecnici, sia per la bellezza, la varietà di vita che si può ammirare e per il suggestivo colpo d’occhio della parete verticale che parte da una quota di -55 m. per arrivare fino ai -85/-95 nella parte più fonda, sia per appunto la presenza di corallo rosso in discreta quantità. Lungo la parete in direzione levante, sono moltissimi i rami di “rosso” che incontriamo, sparsi qua e là tra gorgonie rosse e spugne gialle, disposti a macchie di leopardo senza un ordine preciso e soprattutto senza un’apparente logica. Si procede quindi una cinquantina di metri sempre verso levante fino ad arrivare al primo gradino, ad una profondità di circa -68 m. In questo punto la parete chiude e riparte creando un vero e proprio angolo retto, qui ci si trova davanti ad una popolazione di corallo di una sessantina di rami di grandi dimensioni. E’ ancora sconosciuto il motivo per il quale lungo la parete si notino solo piccoli rametti sparsi mentre in questo angolo nascosto si trovi questa bella popolazione. In questo preciso punto la temperatura dell’acqua durante tutte le immersioni effettuate durante la stagione estiva è stata compresa tra i 14° e i 16° max. Durante il 33 2010 è stato notato come la visibilità molto spesso non fosse delle migliori (massimo 15 m), solo in due immersioni si è potuta apprezzare una visibilità di circa 25 m, in quest’ultimo caso la corrente era totalmente assente, mentre normalmente è sempre una leggera corrente che da levante corre verso ponente. In due casi la corrente spazzava da Nord verso Sud nella parte alta della parete (tra i 40 e i 50 m), sollevando una notevole sospensione e compromettendo quasi totalmente la visibilità. Si comprende quindi il motivo del sedimento che incontriamo in alcuni punti della parete. Una piccola particolarità è che durante le immersioni effettuate durante le ore precedenti il mezzogiorno i rami di corallo hanno i polipi chiusi mentre nel pomeriggio solitamente la maggior parte dei rami presenta i polipi aperti. 34 CAPITOLO IV: BIBLIOGRAFIA ABBIATI M., G. SANTANGELO & S. NOVELLI, 1992. Genetic structure of Corallium rubrum L. 1758 populations from the Tyrrhenian Sea. Rapp. Comm. int. Mer Médit., 33: 25. ABBIATI M., G. SANTANGELO & S. NOVELLI, 1993. Genetic variation within and between two Tyrrhenian populations of the Mediterranean alcyonarian Corallium rubrum. Mar. Ecol. Prog. Ser., 6: 43-52. AMP Tavolara “Progetto CAmBiA RAS, 2007 Contabilità ambientale e bilancio ambientale” BARLETTA G. & M. VIGHI, 1968. Ricerche sul corallo rosso. Parte V. Poriferi perforanti lo sclerasse di Corallium rubrum Lamarck. Rendiconti Istituto Lombardo, Classe di Scienze (B), 102: 115-139. BARLETTA G., R. MARCHETTI, M. VIGHI, 1968. Ricerche sul corallo rosso. Parte IV. Ulteriori osservazioni sulla distribuzione del corallo rosso nel Tirreno. Ist.Lombardo (Rend. Sc.), B,102: 119-144. BAVESTRELLO G., R. CATTANEO-VIETTI & L. SENES, 1994. Micro and macro differences in mediterranean red coral colonies in and outside a cave. Boll. Mus. Ist. biol. Univ. Genova, 58-59: 117-123. BIANCHI et al., 2007. Realizzazione di cartografia tematica sull’ambiente marino costiero di Berteggi ed elaborazione di un piano di monitoraggio. DipTeRis. BIANCONI C.H., G. RIVOIRE, A. STILLER & C.F. BOUDOURESQUE, 1988. Le Corail rouge, Corallium rubrum L., dans la reserve naturelle de Scandola. Trav. Scient. Parc. Nat. Reg. Res. Nat. Corse, 16: 1-82. BRAMANTI L., G. MAGAGNINI, L. DE MAIO, G. SANTANGELO, 2005. Recruitment, early survival and growth of the Mediterranean red coral Corallium rubrum (L. 1758), a 4-year study. J. exp. Mar. Biol. Ecol., 314: 69-78. CADDY J.F., 1988. Background concepts for a rotating harvesting strategy for the Mediterranean red coral resource. FAO Fish. Rep. N°413, 87-98. CADDY J.F., 1993. Considerazioni sulla strategia di gestione a rotazione della risorsa corallo rosso. In: F. Cicogna & R. Cattaneo-Vietti (eds.), Il corallo rosso in Mediterraneo, Arte, Storia e Scienza. Red coral in the Mediterranean Sea: Art, History and Science. Min. Ris. Agr. Alim. For. - Roma: 201-227. CARPINE C. & M. GRASSHOFF, 1976. Les Gorgonaires de la Mediterranée. Bull. Inst. Oceanogr., Monaco, 1430: 1-140. CATTANEO-VIETTI R. & F. CICOGNA, 1993. Red coral: A Mediterranean resource. In: F. Cicogna F. and R. Cattaneo-Vietti (Eds). Il Corallo Rosso in Mediterraneo: Arte, Storia e Scienze. Min. Ris. Agr. Alim. For. Roma. CATTANEO-VIETTI R., F. CICOGNA & L. SENES, 1992. Il corallo rosso, una specie in pericolo ? Boll. Mus. Ist. Biol. Univ., Genova, 56-57: 87-98. CATTANEO-VIETTI R., G. BAVESTRELLO & L. SENES, 1993. La facies a Corallium rubrum lungo il Promontorio di Portofino (Mar Ligure). Biol. Mar., suppl. 1: 281-284. CERRANO C., 2009. Corallo rosso. In Relini G., Tunesi L.: Le specie protette del protocollo SPA/BIO (convenzione di Barcellona) presenti in Italia, schede descrittive per l’identificazione. SIBM, Ministero dell’Ambiente, ISPRA, 2009. CERRANO C., G. BAVESTRELLO, C. N. BIANCHI, R. CATTANEO-VIETTI, S. BAVA, C. MORGANTI, C. MORRI, P. PICCO, G. SARA, S. SCHIAPARELLI, A. SICCARDI & F. SPONGA, 2000. A catastrophic mass-mortality episode of gorgonians and other organisms in the Ligurian Sea (North-western Mediterranean), summer 1999. Ecology Letters, 3: 284-293. CHESSA L.A., S. CUDONI & A. PAIS, 1994. Evoluzione di un popolamento di Corallium rubrum (L.) sottoposto a pesca intensiva. Biol. Mar. Medit., 1: 385-386. CHESSA L.A., S. CUDONI, 1988. Red coral, Corallium rubrum (L.), fishing in the "Bocche di Bonifacio" (Nothern Sardinia, Italy). FAO Fish.Rep.N°413, 113-123. CICOGNA F. & R. CATTANEO-VIETTI (eds.), 1993. Il corallo rosso in Mediterraneo, Arte, Storia e Scienza. Red coral in the Mediterranean Sea: Art, History and Science. Min. Ris. Agr. Alim. For. – Roma. CICOGNA F., G. BAVESTRELLO & R. CATTANEO-VIETTI, 1999. Red Coral and other Octocorals Biology and Protection. Ministero per le Politiche Agricole, Roma. 1-338. 35 CUDONI S. & L.A. CHESSA, 1991. Present and past distribution of Corallium rubrum (L.) along the Northern and Central Sardinian coasts. In: C.F. Boudouresque, M. Avon & V. Gravez (eds.), Les especes marines à proteger en Mediterranée, GIS Posidonie: 71-81. DIVIACCO G.,1999. Analisi dell’ambiente naturale ed antropico dell’area costiera comprendente le falesie e l’Isola di Bergeggi (SV) finalizzata all’istituzione dell’area protetta marina. Prima e seconda parte. Ufficio parchi e Aree Protette, Dipartimento Agricolura, Parchi e Foreste. Regione Liguria. DIVIACCO G. & S. COPPO, 2006. Atlante degli habitat delle praterie di Posidonia oceanica e dei principali popolamenti marini costieri. Regione Liguria. FAO, 1984. Technical Consultation on Red Coral Resources of the Western Mediterranean and their Rational Exploitation. FAO Fish. Rep., 306: 1-170. FAO, 1988. GFCM Technical consultation on red coral of the Mediterranean. FAO Fish. Rep., 413: 1-162. GARCIA-RODRIGUEZ M. & C. MASSO', 1986. Estudio biométrico de poblaciones de coral rojo Corallium rubrum (L.) del litoral de Gerona (NE De Espana). Boll. Inst. Esp. Oceanogr., 3 (4): 61-64. GARCIA-RODRIGUEZ M. & C. MASSO’, 1986. Modelo de explotacion por buceo del coral rojo (Corallium rubrum L.) del Mediterraneo. Bol. Inst. Esp. Oceanog., 3: 75-82. GARRABOU J. & J.-G. HARMELIN, 2002. A 20-year study on life-history traits of a harvested long-lived temperate coral in the NW Mediterranean: Insights into conservation and management needs. Journal of Animal Ecology, 71: 966-978. GARRABOU J., T. PEREZ, S. SARTORETTO & J.-G. HARMELIN. 2001. Mass mortality event in red coral Corallium rubrum populations in the Provence Region (France, NW Mediterranean). Marine Ecology Progress Series, 17: 263-272. GRILLO M.C., W.M. GOLDBERG & D. ALLEMAND, 1993. Skeleton formation in Mediterranean red coral Corallium rubrum. Mar. Biol., 117: 119-128. HARMELIN J.G., 1980. Etablissement des communautes de substrats durs en milieu obscur. Resutats preliminaires d'une experience a long terme en Mediterranee. Mem. Biol. Marina e Oceanogr., Sup.X: 29-52. HARMELIN J.G., 1984. Biologie du corail rouge. Paramétres de populations, croissance et mortalité naturelle. Etat des connaissances en France. FAO Fish Rep., 306: 99-103. LINARES C., B. HEREU & M. ZABALA, 2000. Avaluacio de la poblacio de corall Corallium rubrum de les Illes Medas. Exercici 1999. Seguiment temproal de la reserva marina de les Illes Medas. Informe annual 1999 Departament de Medi Ambient, Generalitat de Catalunya, Barcelona. LIVERINO B., 1984. Il Corallo. Ed. Analisi, Bologna. 1-229. MARCHETTI R., 1965. Ricerche sul corallo rosso della costa ligure e toscana. II. Il Promontorio di Portofino. Rend. Ist. Lomb. Sci. Lett., B(99): 279-316. MARCHETTI R., 1965. Ricerche sul corallo rosso della costa ligure e toscana. Distribuzione geografica. Rend. Ist. Lomb. Sci. Lett., B 99: 255-278. ORTIZ A., C. MASSO', O. SORIANO & J. LIM IA, 1986. La barra italiana como arte depesca del coral rojo (Corallium rubrum L.) en el mar de Alboran (SE de Espana). Boll. Inst. Esp. Ocenogr., 3(4): 83-92. PICCINNO L., 2010. Trade of precious corals in the Mediterranean in the Middle Ages, In N. Iwasaki (ed.): A Biohistory of Precious Corals Scientific, Cultural and Historical Perspectives. Tokai University Press. 131-148. PÉRÈS J.M.& PICARD J.C., 1964. Nouveau manuel de bionomie benthique de la mer Méditerranée. Rec. Trav. Stat. Mar. Endoume, 31(47): 5-137 RIVOIRE G., 1991. Mortalitè de corail et de gorgons en profondeur au large des cotes provencales. In: Bourdouresque C.F., M. Avon, and V Gravez (eds) Les especies marines a proteger en Mediterranee. GIS Posidonies, France. pp. 53-59. SANTANGELO G., L. BRAMANTI & M. IANNELLI, 2007. Population dynamics and conservation biology of the over-exploited Mediterranean red coral. Journal of Theoretical Biology,44: 416–423 SANTANGELO G. & M. ABBIATI, 2001. Red coral: conservation and management of an overexploited Mediterranean species. Aquat. Conserv. Mar. Freshw. Ecosyst., 11: 253259. SANTANGELO G., 1988. A study on a coastal red coral population. FAO Fish.Rep.N°413, 6772. SANTANGELO G., 1990. Caratterizzazione della struttura di età di un popolamento di Corallium rubrum (L., 1758). 53° Congresso U.Z.I., Palermo, Simposi e Tavole Ro tonde: 19-20. 36 SANTANGELO G., 1991. A focal point in Corallium rubrum research: the determination of population age structure. In: Les espèces marines a proteger en Mediteranèe, Boudouresque, Avon & Gravez (eds):61-63, GIS publ. Fr. SANTANGELO G., M. ABBIATI & G. CAFORIO, 1993. Struttura di età e dinamica di popolazione di Corallium rubrum (L.). In: F. Cicogna & R. Cattaneo-Vietti, Eds, Il Corallo rosso in Mediterraneo: Arte, Storia e Scienza:181-200. Min. Ris. Agr. Alim. For.- Roma. SANTANGELO G., M. ABBIATI, 1989. Il popolamento di Corallium rubrum di Calafuria. Oebalia, Atti XIX Congresso SIBM, XV-2 NS 323-326. SANTANGELO G., M. ABBIATI, F. GIANNINI & F. CICOGNA, 1993. Red coral fishing trends in the western Mediterranean Sea. Scientia Marina, 57: 139-143. SANTANGELO, G., E. CARLIETTI, E. MAGGI & L. BRAMANTI, 2003. Reproduction and population sexual structure of the overexploited Mediterranean red coral Corallium rubrum. Marine Ecology Progress Series, 248: 99-108. SANTANGELO, G., E. MAGGI, L. BRAMANTI & L. BONGIORNI, 2004. Demography of the over-exploited Mediterranean red coral (Corallium rubrum L. 1758). Scientia Marina, 68:199-204. STILLER M.A. & G. RIVOIRE, 1984. Biologie et écologie du corail rouge en Méditerranée francaise. FAO Fish. Rep. 306: 89-95. TESCIONE G., 1965. Il corallo, nella storia e nell'arte. Montanino Editore, Napoli, Italia. 405 p. TESCIONE G., 1968. The Italians and their coral fishing. F. Fiorentino Ed., Napoli: 490 pp. TORRENTS, O., J. GARRABOU, C. MARSCHAL & J.G. HARMELIN, 2005. Age and size at first reproduction in the commercially exploited red coral Corallium rubrum (L.) in the Marseille area (France, NW Mediterranean). Biological Conservation, 121: 391-397. TORTONESE E., 1963. The mediterranean red coral and its associated fauna. Sea Frontiers, Miami, 9 (4): 205-211. TSOUNIS G., 2005. Demography, reproductive biology and trophic ecology of red coral (Corallium rubrum L.) at the Costa Brava (NW Mediterranean): ecological data as a tool for management. PhD Thesis, University of Bremen, Germany. TSOUNIS G., S. ROSSI, J. LAUDIEN, L. BRAMANTI, N. FERNÀNDEZ, J.-M. GILI & W. ARNTZ, 2006a. Diet and seasonal prey capture rates in the Mediterranean red coral (Corallium rubrum L.). Marine Biology, 149: 313–325. TSOUNIS G., S. ROSSI, J-M. GILI & W. ARNTZ, 2006b. Population structure of an exploited benthic cnidarian: the case study of red coral (Corallium rubrum L.). Marine Biology, 149: 1059-1070. VIELMINI I., 2009. Population structure of Corallium rubrum (L. 1758) in different geographic areas. Università di Pisa. Tesi di dottorato. VIGHI M., 1970. Ricerche sul ciclo riproduttivo del corallo rosso (Corallium rubrum (L.)) del promontorio di Portofino. Atti Ac. Naz. Lincei Mem., X sez. 3 1-22. VIGHI M., 1972. Etude sur la reproduction du Corallium rubrum(L.). Vie et milieu. Serie A: Biol.mar.Tome XXIII. Fasc.I-A, 21-32. 37