Fattori influenzanti e predisponenti allo sviluppo di delirium in

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Fattori influenzanti e predisponenti allo sviluppo di delirium in
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea in Infermieristica
Sede di Udine
Tesi di Laurea
FATTORI INFLUENZANTI E PREDISPONENTI ALLO
SVILUPPO DI DELIRIUM IN TERAP IA INTENSIVA:
STUDIO EP IDEMIOLOGICO
Laureanda:
Relatore:
Dott.ssa Irene Comisso
Veronica Tomasino
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
INDICE
1. BACKGROUND
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1.1. DEFINIZIONE
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1.2. EPIDEMIOLOGIA
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1.3. EZIOLOGIA
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1.4. FATTORI DI RISCHIO
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1.5. SCREENING
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1.6. DIAGNOSI: SCALE DI VALUTAZIONE
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1.7. PREVENZIONE
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1.7.1. PREVENZIONE FARMACOLOGICA
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2. MATERIALI E METODI
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2.1. OBIETTIVO
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2.2. RACCOLTA DATI
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2.3. ANALISI STATISTICA
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3. RISULTATI
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3.1. CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE
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3.2. CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE
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3.3. ANALISI DI RISCHIO
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4. DISCUSSIONE
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5. CONCLUSIONI
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5.1. LIMITI
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5.2. IMPLICAZIONI PER LA PRATICA
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BIBLIOGRAFIA
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ALLEGATI
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INTRODUZIONE
Il delirium è una sindrome caratterizzata da una alterazione acuta o subacuta dello
stato cognitivo, o dallo sviluppo di un disturbo nella percezione sensibile, non giustificato
da una pregressa diagnosi di demenza. Questa sindrome implica un disturbo di coscienza
accompagnata da una ridotta capacità a focalizzare, sostenere o spostare l’attenzione e può
includere o meno disturbi nella percezione sensibile (Neto et al, 2012). Questa sindrome
affligge una sostanziale porzione di pazienti ricoverati in terapia intensiva ed incrementa la
probabilità di esiti sfavorevoli come, ad esempio, l’aumento del periodo di ospedalizzazione (Ely et al, 2004), una disfunzione cognitiva persistente (Girard et al, 2010; Witlox et al,
2010) e un aumento della mortalità (Witlox et al, 2010; Ely et al, 2004).
Il verificarsi di questa sindrome è particolarmente alto in una popolazione di p azienti in condizioni critiche (Salluh et al, 2010; Ouimet et al, 2007; Ely et al, 2004): infatti
il delirium è una delle manifestazioni maggiori di disfunzione d’organo ed è associata, in
termini di salute, a conseguenze/complicazioni quali estubazione accidentale (Ouimet et al,
2007), prolungamento della ventilazione meccanica meccanica (Ely et al, 2004), prolungata ospedalizzazione, elevata mortalità sia durante il ricovero che a lungo termine ( Ouimet
et al, 2007; Ely et al, 2004; Dubois et al, 2001; Ely et al, 2001). La durata del delirium è
associata ad un continuo deterioramento cognitivo (Girard et al, 2010), inoltre ogni giornata aggiuntiva con delirium è associata ad un incremento della mortalità del 10% (Pisani et
al, 2009).
Il delirium un fattore predittivo indipendente di aumento della morbilità e della
mortalità ospedaliera di circa tre volte, della durata della ventilazione meccanica e della
degenza in terapia intensiva, dei costi ospedalieri e di peggioramento della ripresa neurologica a lungo termine (demenza indotta dalla Terapia Intensiva) (Salluh et al, 2010), quando
si prende in considerazione una popolazione ad alto rischio, quali pazienti anziani e vent ilati meccanicamente, il delirium si manifesta fino all’80% nei ricoverati in terapia intens iva (Salluh et al, 2010). L’impatto del delirium non è circoscritto solo in ambiente ospeda3
liero, bensì è un perditore di mortalità a sei mesi dalla dimissione e di alterazione cognitiva
a lungo termine (Pisani et al, 2009).
L’incidenza del delirium presenta una variabilità del fenomeno da ll’11 al 89%
(Ouimet et al, 2007; McNicol et al, 2003; Aldemir et al, 2001; Doubois et al, 2001) e spesso non è possibile determinare una causa di delirium, poiché l’eziologia, pur possedendo
una forte base organica, è multifattoriale.
Il paziente con delirium richiede un alto carico assistenziale infermieristico (Balas
et al, 2004) sopratutto durante la manifestazione del delirio iperattivo, in quanto richiede
una continua supervisione (Balas et al, 2004) fino alla contenzione (per prevenire danni iatrogeni o secondari da cadute accidentali), e richiede inoltre di garantire un supporto emozionale adeguato sia al paziente sia ai familiari (Balas et al, 2004). La gestione infermieristica dovrebbe interessarsi principalmente sulla sicurezza del paziente (conte nzione fisica e
farmacologica), per poi passare, nel lungo termine, alla modificazione ed al riadattamento
dei fattori ambientali che possono favorire l’insorgenza del delirium per ridurne
l’incidenza e la durata. Riconoscere la popolazione a rischio ed usare i mezzi appropriati
per minimizzare i fattori causali diventa uno degli aspetti primari per la riduzione del fenomeno tra i pazienti critici (Truman and Ely, 2003).
Il delirium ha un forte impatto ed un’alta incidenza nelle unità operative di terapia
intensiva, spesso tuttavia il personale sanitario definisce questo problema come psicosi da
terapia intensiva (McGuire et al, 2000) lasciando così trasparire come questa situazione sia
una condizione normale, e talvolta persino attesa, del paziente critico, ciò con il rischio di
sottostimare una situazione estremamente seria e grave che molte volte sottende o anticipa
il precipitare della situazione clinica. Molte sono le complicazioni che ne derivano, alcune
delle quali molto inabilitanti per il paziente. Sorgono quindi alcune domande: è possibile
prevenire il delirium e diminuire i fattori di rischio? È possibile riconoscere tempestivamente il delirium e contenere i suoi effetti?
Lo scopo di questo elaborato è quello di indagare l’incidenza ed i fattori d i rischio del
delirium. A tale scopo è stata condotta una revisione della letteratura esistente su questa
problematica che ha portato alla luce l’alta incidenza del fenomeno e i fattori di rischio ad
esso correlato. Infine viene riportato lo studio condotto nelle tre Terapie Intensive Generali
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(SOC Anestesia e Rianimazione 1, SOC Anestesia e Rianimazione 2, SOC Clinica di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine.
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1. BACKGROUND
1.1. DEFINIZIONE
Esistono principalmente due definizioni del delirium: nel Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disorders (DSM-IV-TR), l’American Psychiatric Association (ASA) ha
definito il delirium come un disturbo acuto e fluttuante(instabile) dello stato di coscienza
che si presenta con ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l’attenzione accompagnata da alterazione dei processi cognitivi (come ad esempio disorientamento, disturbi de lla memoria e del linguaggio) e della percezione (allucinazioni, agitazione) (American
Psychiatric Association, 2000). Questo disturbo si sviluppa in un periodo di tempo breve
ed ha un decorso fluttuante nel corso della giornata stessa, ed è di breve durata, infatti per
definizione deve essere distinto da demenza e depressione. Inoltre devono esserci delle evidenze (prove) nella storia clinica del paziente, nel suo esame obiettivo o negli accertamenti di laboratorio, che il disturbo sia una diretta conseguenza di una patologia medica in
corso, di un’intossicazione da farmaci o di una sindrome da astinenza (American Psychiatric Association, 2000).
L’ International Classification of Diseases, decima edizione (ICD-10) definisce il delirio come “una sindrome organica cerebrale eziologicamente non specifica caratterizzata
simultaneamente da disturbo della coscienza e dell’attenzione, della percezione, del pensiero, della memoria, includendo alterazioni del ciclo sonno-veglia, con insonnia o agitazione notturna e disturbi emotivi quali ansia, paura, depressione, irritabilità, rabbia, euforia o apatia. Alterazioni della percezione sono comuni e possono manifestarsi attraverso
illusioni, dispercezioni o allucinazioni visive (World Health Organization, 1992)”.
In base al sistema di classificazione utilizzato, sono state descritte diverse percentuali
di incidenza di delirium. L’utilizzo del criterio di classificazione DSM-IV risulta essere
maggiormente completo nello studio del fenomeno, in quanto permette l’inclusione di un
maggior numero di soggetti quali i pazienti ospedalizzati e/o accolti in regime d’urgenza,
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mentre i criteri dell’ICD-10 sono molto restrittivi stabilendo solo diagnosi di delirium postoperatorio non prendendo in considerazione il delirium in altri reparti quali terapie inte nsive o reparti di medicina (Kazmierski et al, 2010).
E’ opportuno sottolineare che per diagnosticare la presenza attuale di delirium utilizzando i criteri del DSM-IV deve essere presente una causa eziologica, come ad esempio
sepsi, ipoperfusione cerebrale, ipo-/iperglicemia, ipossia, febbre, diselettrolitemie, astinenza, encefalopatia epatica, acidosi/alcalosi, somministrazione di sostanza psicoattive. In assenza di una di queste cause, la disfunzione cerebrale acuta non è definibile come delirium.
Questo è confermato da studi su pazienti di un ospedale geriatrico e sui residenti di una casa di riposo: il delirium veniva diagnosticato il 24,9% dei pazienti utilizzando i criteri
DSM-IV, diversamente, in base al ICD-10, ne è stato riconosciuto solo il 10,1% (Laurila et
al, 2004; Laurila et al, 2003).
Possono essere distinte tre varianti cliniche di delirio: la forma “iperattiva” (o agit ata), quella ipoattiva” (o letargica) ed infine quella mista, caratterizzata dall’alternarsi delle
due. Se da un lato il delirium iperattivo si presenta con iperattività, agitazione, irrequietezza, disorientamento fino ad arrivare a sintomi produttivi quali allucinazioni e manie,
dall’altro quello ipoattivo è caratterizzato, al contrario, da una ridotta attenzione, accompagnato da una maggior confusione e da una riduzione dell’attività psicomotoria (Yang et al,
2009; Meager et al, 2008). La prevalenza dei vari sottotipi di delirium, che viene riportata
in letteratura, varia considerevolmente: solo un quanto dei deliri è rappresentato dalla fo rma iperattiva, mentre la prevalenza del sottotipo misto varia dal 25% al 50%. Per quanto
riguarda il delirio ipoattivo sono riportate statistiche che variano dal 20 al 50% ( Yang et al,
2009; Stagno et al, 2004). Il delirio, specialmente il sottotipo ipoattivo, spesso non viene
individuato senza un piano standardizzato e di routine di monitoraggio del delirium (Guenther et al, 2010; van den Boogaard et al, 2009).
Sembra ci sia una relazione tra l’età del paziente ed il sottotipo di delirium predominante: quello iperattivo è più frequentemente associato a fratture causate da cadute dal
letto, ma mano comune in pazienti anziani (Stagno et al, 2004; O’Keeffe et al, 1999). Il delirio ipoattivo è più frequentemente associato a lesioni da pressione e ad una incrementata
mortalità (Yang et al, 2009; O’Keeffe et al, 1999).
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1.2. EPIDEMIOLOGIA
La disfunzione cerebrale acuta (delirium) è estremamente frequente tra i pazienti r icoverati in Terapia Intensiva, è stato rilevato che il delirium ha un’incidenza in pazienti
critici che varia dall’11% e 87% (Ouimet et al, 2007; Ely et al, 2004, McNicoll et al, 2003;
Aldemir et al, 2001; Dubois et al, 2001), mentre nei pazienti post-operati con un’età maggiore di 65 anni varia dal 10% al 72% a seconda del disegno di studio, dal metodo di valutazione e dalle diverse caratteristiche nella popolazione selezionata (Sieber et al, 2010;
Mackensen et al, 2004); mentre la prevalenza del delirium in ICU (Intensive Care Unite) è
del 70%, viene stimata una variabilità tra una Terapia Intensiva di pos t-operati, con
un’incidenza del 73%, e una di pazienti traumatizzati, con il 67% (Pandharipande et al,
2007).
La durata del delirio e il grado della sua gravità sono variabili: questo fenomeno
può persistere fino a quattro settimane dopo l’intervento chirurgico, ma può perdurare anche dopo la dimissione del paziente (Inouye et al, 2007).
Il delirium è un fattore predittivo indipendente di aumento della morbilità e della
mortalità ospedaliera di circa tre volte, della durata della ventilazione meccanica e de lla
degenza in terapia intensiva, dei costi ospedalieri e di peggioramento della ripresa neurologica a lungo termine (demenza indotta dalla Terapia Intensiva) (Salluh et al, 2010). Quando si prende in considerazione anche una popolazione ad alto rischio, q uali sono i pazienti
anziani e ventilati meccanicamente, il delirium si manifesta fino all’80% nei ricoverati in
terapia intensiva (Salluh et al, 2010). L’impatto del delirium non è circoscritto solo in a mbiente ospedaliero, bensì è un perditore di mortalità a sei mesi dalla dimissione e di alterazione cognitiva a lungo termine (Pisani et al, 2009).
Per molti anni nei reparti di terapia intensiva ci si è focalizzati sulle sindromi da d isfunzione multi organo per la loro valutazione, prevenzione e per invertirle, tuttavia le problematiche cerebrali sono oggetto di studio relativamente recente. I pazienti, soprattutto
quelli anziani, ricoverati nelle terapie intensive sono tra i più vulnerabili tra gli ospedalizzati per lo sviluppo del delirium. È stato studiato che il delirium si sviluppa: tra il 20% e il
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50% in terapie intensive di bassa gravità con pazienti che ricevono o meno ventilazione
meccanica, invece tra il 60% e l’80% in quelle nelle quali i pazienti ricevono sempre vent ilazione meccanica. Inoltre in delirium in ICU è associato ad una maggiore mortalità sia in
ICU che in ospedale in generale (Pun et al, 2007). Anche dopo un controllo delle comorbidità, della gravità della malattia, del coma e della somministrazione di sedativi ed analges ici, i pazienti deliranti hanno un incremento della mortalità a sei mesi più di tre volte ma ggiore rispetto ai pazienti che non deliranti (Pun et al, 2007).
Mentre è conosciuto il fatto che i pazienti con preesistente demenza sono a rischio
di delirium, i dati che emergono sembrano indicare che il delirium può portare ad una demenza post-delirium. Approssimativamente un terzo di pazienti che ricevono ventilazione
meccanica hanno un danneggiamento della funzione cognitiva fino a sei anni dopo la d imissione (Pun et al, 2007). Molti studi hanno trovato una relazione tra il delirium ed un
declino funzionale: Rockwood et al nel 1999 ha studiato i pazienti, senza problemi cognit ivi, di un reparto geriatrico per oltre tre anni ed ha scoperto che i pazienti con demenza avevano una più alta incidenza di insorgenza del delirium, rispetto a coloro non affetti da questa malattia. Dolan ha studiato i pazienti sottoposti a chirurgia del cottile ed ha trovato che
il numero di pazienti con delirium ha una statistica di insorgenza di demenza, diagnosticata
entro due anni dalla manifestazione del delirium, due volte maggiore rispetto a chi non si
presentava questa condizione. Nelson ha analizzato il numero di giorni trascorsi dai pazienti con delirium o in coma ed ha visto che è associa to significativamente da un lato ad
un incremento di un probabile trasferimento in un reparto di post-acuti piuttosto che una
dimissione a domicilio, dall’altro ad un debole stato funzionale a tre e a sei mesi.
Questi problemi cognitivi di lungo termine coinvolgono la memoria, l’attenzione e
problemi nel movimento; inoltre portano a un’inabilità al ritorno al lavoro, ad una co mpromissione nelle attività giornaliere, ad un aumento del rischio di trasferimento in ricovero ed infine ad una riduzione della qualità della vita (Pun et al, 2007).
A causa degli esiti negative associati al delirium, non può essere considerato un
problema benigno che verrà guarito una volta che il paziente verrà trasferito dalla terapia
intensiva. Considerando il fatto che i pazienti gravemente malati affermano che preferirebbero morire piuttosto sopravvivere con un grave disturbo cognitivo, diventa imperativo il
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fatto che si inizi a considerare le disfunzioni cerebrali negli schemi di previsione nelle d iscussioni intorno alla dimissione del paziente (Pun et al, 2007).
1.3. EZIOLOGIA
La fisiopatologia del delirium non è pienamente conosciuta e sembra essere mult ifattoriale. Molti meccanismi possono contribuire allo sviluppo del delirium, i principali sono rappresentati da un lato da eventi infiammatori dall’altro compromettono il funzionamento delle via neuro trasmettitrici, includendo disfunzioni della via colinergica, ed infine
lesioni ischemiche (Theuerkauf et al, 2012).
Lo sviluppo di processi infiammatori a livello sistemico può giocare un ruolo importante nello sviluppo di acute disfunzioni cerebrali, infatti in studi clinici è riportato che
livelli elevati di PCR (Proteina C-reattiva) (Tsuruta et al, 2010). Inoltre recenti studi riportano come alti e prolungati livelli di biomarkers infiammatori predicano acute disfunzioni
cerebrali in pazienti critici, quali pro calcitonina, interleuchina-1, il fattore-α di necrosi tumorale, l’androcettore α1 , indipendentemente dal fatto che presentino segni di sepsi o meno
(McGrane et al, 2011).
Danni cerebrali causati da lesioni ischemiche fanno spesso sospettare ad una spiegazione di origine di delirium, provocato dal passaggio di microemboli nel letto vascolare
cerebrale. È stato spesso ipotizzato che l’alta incidenza di delirium fosse dovuta ad un incremento di embolia cerebrale (Theuerkauf et al, 2012). Il passaggio di microemboli (ad
esempio particelle di grasso, di aria e di materiale trombo-embolico) nel letto vascolare cerebrale è un frequente evento nella chirurgia cardiaca ed ortopedica. Comunque non è stato
possibile provare alcuna relazione tra la presenza di microemboli cerebrali intra-operatori
ed il verificarsi del delirium post-operatorio (Schoen et al, 2011).
Una profonda varietà di disturbi nel sistema di trasmissione neurona le tra cui il sistema colinergico e l’interazione tra l’acetilcolina, serotonina e dopamina sono state descritte come fisiopatologia del delirium. La via colinergica, che ha come neurotrasmettitore
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l’acetilcolina, gioca un ruolo fondamentale nella coscienza e nell’attivazione dei neuroni
colinergici che sono associati alla funzione del sonno, delle allucinazioni e del delirio. La
serotonina, neurotrasmettitore della via serotoninergica, modula lo stato d’animo,
l’insonnia e la funzione cognitiva (van den Boogaard, 2012). La correlazione tra l’impatto
della terapia farmacologica con l’attività anti-colinergica sulla gravità, con cui il delirium
si presenta, è già stata dimostrata, di conseguenza nell’insorgenza del delirium l’ipotesi di
una deficienza dell’attività colinergica è una delle teorie maggiormente supportate
sull’incidenza del fenomeno (Theuerkauf et al, 2012).
1.4. FATTORI DI RISCHIO
Il delirium è un disturbo multifattoriale, l’attuale modello patogenetico è concorde
nell’affermare che lo sviluppo del delirio è la risultante della concorrenza di fattori di rischio predisponenti e precipitanti.
1.4.1. FATTORI PREDISPONENTI
I
fattori
predisponenti
sono
caratteristiche
presenti
al
momento
dell’ospedalizzazione, che giocano un fattore chiave nella vulnerabilità di base del paziente
nei confronti del delirium (Jones et al, 2010). Vari fattori di rischio sono stati delineati in
meta-analisi e revisioni sistematiche recentemente pubblicate; questi possono variare tra i
vari strati della popolazione ricoverata (Theuerkauf et al, 2012). I fattori di rischio di delirium più comunemente identificati comprendono l’età, più il paziente è anziano, maggiore
sarà la probabilità del verificarsi del fenomeno, le preesistenti comorbidità sia cognitive
che funzionali, in particolare a carico della vista e dell’udito (Inouye 2006). Altri fattori
predisponenti includono diagnosi preesistente di demenza o depressione, sintomi psichiatrici, utilizzo di psicofarmaci (Theuerkauf et al, 2012). Intorno alla popolazione dei pazienti post-operati in chirurgia cardiaca, sono stati riportati ulteriori fattori di rischio possibil11
mente rilevanti: infatti in una recente revisione sistematica Koster descrive come possibili
fattori predisponenti l’insorgenza del delirium una pre-esistente fibrillazione atriale, un
pregresso ictus, problemi nella circolazione vascolare periferica e diagnosi di diabete me llito. In particolare una diagnosi di demenza e uno stato cognitivo costantemente compromesso emerge come il più significante fattore d i rischio per lo sviluppo di delirio postoperatorio (Theuerkauf et al, 2012).
1.4.2. FATTORI PRECIPITANTI
I fattori precipitanti sono strettamente correlati all’ospedalizzazione, cioè insulti e
stimoli che il paziente subisce e sfociano nello scatenarsi del delirium. Oltre l’intervento
chirurgico (anestesia compresa) ed altre misure diagnostiche e terapeutiche, tra i fattori
precipitanti vengono annoverati i frequenti cambi di stanza, l’ingresso in ICU, il dolore, lo
stress emotivo e la deprivazione di sonno, i disturbi elettrolitici (tra cui disidratazione, iperiponatriemia), le infezioni, la tossicità farmacologica, disturbi metabolici (ipoglicemia, ipercalcemia, uremia, insufficienza epatica), stato di shock, iper-ipotermia, anemia, ipossia,
bassi valori di albumina, malnutrizione, malattia cerebrale (come emorragia cerebrale, ictus, meningite ed encefalite), immobilità utilizzo di contenzioni fisiche e di devices invas ivi (Theuerkauf et al, 2012; Yildizeli et al, 2005). Anche il ricorso a sedazioni con benzodiazepine, propofol ed oppioidi, l’utilizzo di farmaci con effetti anticolinergici, o
l’astinenza da alcool o da sedativi, sono stati riconosciuti come fattori associati
all’insorgenza del delirium (Bagri et al, 2008; Pisani et al, 2007; Inouye 2006; Pandharipande et al, 2006).
Influenza delle tecniche anestesiologiche
L’impatto dell’anestesia sullo sviluppo del delirium non è pienamente compresa. Il
delirium si manifesta frequentemente in seguito a procedure chirurgiche ed anestesia. Co n12
trariamente ai dati rilevati riguardanti il declino cognitivo post-operatorio, non ci sono
chiare evidenze che dimostrino un’incidenza del delirium maggiore se utilizzata
un’anestesia loco-regionale rispetto a quella generale (Theuerkauf et al, 2012). Invece una
perdita di sangue intra-operatoria ed un ematocrito < 30% hanno dimostrato essere associati all’incremento del delirium, ma anche una lunga attesa pre-operatoria e l’utilizzo di oppioidi, comparato al Remifentanil (che ha un’azione più veloce ed un’eliminazione più rapida rispetto agli oppiodi) ne accresce il verificarsi.
Influenza del dolore
Il dolore è un importante fattore di rischio del delirium. Un dolore forte ed acuto è
stato associato allo sviluppo del dolore (Fong et al, 2006). In uno studio su una popolazione di pazienti ortopedici sottoposti ad una chirurgia di elezione, non trattando efficaceme nte il dolore, evitando oppioidi oppure somministrandone basse dosi non sufficienti a copr ire il dolore, si è visto che pazienti con una funzione cognitiva intatta erano nove volte più
predisposti a sviluppare delirium (Morrison et al, 2003).
Influenza del tipo di chirurgia
Si può osservare che il tipo di operazione chirurgica eseguita porta ad un’incidenza
estremamente varia e vasta di delirium. Chirurgia vascolare e cardiaca sono associate ad
un’ampia incidenza di delirium. In pazienti che si sottopongono ad una chirurgia cardiaca
l’incidenza raggiunge il 72% (Theuerkauf et al, 2012). Anche nei pazienti in seguito a chirurgia ortopedica viene riportato un incremento del rischio, soprattutto se la procedura viene eseguita in regime di emergenza o d’urgenza (Theuerkauf et al, 2012).
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1.5. SCREENING
Il delirio ha un grande impatto sullo stato di salute del paziente e di conseguenza sui costi
sanitari. Questa condizione può determinare un aumento della morbilità e un prolungame nto dell'ospedalizzazione. Per molti pazienti anziani l'insorgenza del delirio rappresenta un
segno prognostico negativo, tanto che ne può aumentare la mortalità (Salluh et al, 2010).
La presenza di un paziente altamente agitato non rispecchia necessariamente una condizione di delirium, così come un paziente estremamente tranquillo non la esclude (Guenther et
al, 2012). La prognosi del delirio rimane comunque influenzata da un tempestivo riconoscimento e da un'adeguata terapia, in particolare poiché, nella realtà, fino ad un terzo dei
casi di delirium non vengono diagnosticati (Theuerkauf et al, 2012).
Senza l’ausilio di strumenti validati per il suo monitoraggio, è stato dimostrato che
operatori di Terapia Intensiva arrivano correttamente alla diagnosi di delirium solo nel
25% dei casi, rispetto ad una valutazione operata tramite i criteri del DSM IV. La scarsa
sensibilità del personale sanitario nei confronti di questa condizione morbosa complica ulteriormente la possibilità di diagnosi precoce e l’attuazione di una congrua terapia: medici
ed infermieri spesso omettono la diagnosi, riportando nelle cartelle cliniche i sintomi ed i
segni solo in un terzo dei casi (Pun et al, 2007). Questi dati introduttivi sottolineano
l’importanza dell’educazione alla diagnosi, al fine di migliorare la sensibilità diagnostica e,
indirettamente, la prognosi dei soggetti affetti da delirium (Pun et al, 2007).
Un buon metodo per approcciare correttamente il delirium è quello di sospettarne la presenza in occasione di una qualsiasi variazione dello stato di salute, tanto più se il paziente è
fragile ed affetto da demenza. Diversi vantaggi possono derivare dall’adozione di una pratica di questo tipo, sia in termini di accuratezza diagnostica che in termini operativi.
Il delirium deve quindi essere considerato una condizione clinica di urgenza che
impone una revisione dell’operato, una sorta di marker di gravità e di modifica acuta dello
stato di salute che richiede un atteggiamento clinico maggiormente intensivo. Ma come
migliorare l’accuratezza diagnostica in un paziente in cui sia presente demenza già prima
dell’insorgenza di delirium? Una mole crescente di studi dimostra che insieme a variazioni
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dello stato cognitivo il delirium si accompagna anche a modificazioni dello stato funzionale cerebrale, determinando alterazioni dello stato di coscienza non tipiche della demenza.
1.6. DIAGNOSI: SCALE DI VALUTAZIONE
Considerata l'importanza di questa sindrome e il suo frequente non riconoscimento,
lo screening gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione e monitoraggio del delirium, a
tal fine esistono diversi strumenti standardizzati o scale di valutazione che valutano il delirium in fase acuta (Theuerkauf et al, 2012). Sono stati proposti numerosi test di screening
che permettono l'identificazione del delirio in modo più rapido i maggiormente utilizzati in
Terapia intensiva sono:
- Confusion Assessment Method for the Intensive Care Unit ( CAM-ICU )
- Intensive Care Delirium Screening Checklist ( ICDSC )
La CAM-ICU (vedi allegato 2) è una scala che valuta quattro livelli: i cambiamenti
dello stato mentale di base
o una sua fluttuazione, non attenzione, disorganizzazione di
pensiero, alterazione del livello di conoscenza. È una scala semplice da utilizzare che necessita di un minimo training di apprendimento, non necessita più di 5 minuti per
l’applicazione. Si può affermare che il paziente è in uno stato di delirio quando c’è uno o
più tratti presenti (Guenther et al, 2012).
La ICDSC (vedi allegato 4) è uno strumento che, attraverso otto domande, esplora
la presenza o assenza di delirio. Viene considerato delirio quando sono positivi 4 o più item contemporaneamente. Gli item prendono in considerazione: alterazione dello stato di
coscienza, inattenzione, disorientamento, allucinazione o psicosi, agitazione o rallentame nto psicomotorio, inappropriata manifestazione delle emozioni, alterazione del ciclo sonno
veglia, fluttuazione delle manifestazioni nell’arco della giornata (Theuerkauf et al, 2012).
Nei vari studi condotti su pazienti critici, si è trovato che la ICDSC ha una maggiore sensibilità rispetto alla CAM-ICU per la diagnosi di delirio (Neto et al, 2012). D’altro
canto la CAM-ICU sembra essere uno strumento più utile per escludere il delirium per via
della sua elevata specificità (Neto et al, 2012). La ICDSC è una scala basata
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sull’osservazione durante l’ordinaria pratica giornaliera che si svolge in reparto intorno al
paziente, non è richiesta una parte attiva del paziente. Mentre la ICDSC copre un periodo
di analisi di 24 ore, la CAM-ICU fornisce informazioni sullo stato del paziente in un momento preciso della giornata. Purtroppo nelle terapie intensive c’è una sostanziale non individuazione del fenomeno. La CAM-ICU è riconosciuta come lo strumento più specifico
per la valutazione del delirium nei pazienti critici. Comunque la bassa sensibilità della
CAM-ICU nella routine e nella pratica giornaliera ne limita il suo utilizzo a test di
screening (Neto et al, 2012).
1.7. PREVENZIONE
Il delirio porta il paziente ad aumentare il rischio di autolesioni e nei confronti delle
persone che gli sono vicine: infatti l’alterata capacità di giudizio può portare il paziente ad
un aumentato rischio di caduta, ad un sentimento di paranoia e di fraintendimento nei co nfronti delle intenzioni dello staff che lo segue. I pazienti provano una forte compulsiva necessità di scappare da ciò che li circonda o di essere aggressivo con le persone che si sta nno prendendo cura di lui, raramente verso gli altri pazienti.
Si riceve spesso forti pressioni dai caregivers dei pazienti affinché il proprio caro
non subisca ulteriori insulti di tipo fisico, purtroppo questo, unito alle pressioni delle dir igenze ospedaliere, porta i sanitari ad adottare misure estreme quali le contenzioni fisiche e
farmacologiche (Schofield 2008). Le linee guida su focalizzano in primo luogo su misure
non farmacologiche per prevenire o minimizzare gli effetti del delirium, come la riduzione
del sensorio assicurandosi che il paziente abbia l’apparecchio acustico o gli occhiali da vista, facendo attenzione ad orientare spazio-tempo il paziente e dare informazioni chiare
(Schofield 2008). Inouye, nel 1999, ha rilevato sei fattori di rischio che, se gestiti appropriatamente riducono l’incidenza e la durata degli episodi di delirio: alterazione dei processi cognitivi, deprivazione di sonno, immobilità alterazione di vista e udito, disidratazione.
Varie sono le discussioni sulla via da seguire nella prevenzione e nella gestione del delirium: farmacologica o non farmacologica. Spesso si stigmatizza a voce l’utilizzo di terapie
sedative, ma, tra tutte le misure preventive, questa è quella che permette di prendersi cura
16
del paziente. Le linee guida sulla gestione del delirium, in particolare del sotto-tipo iperattivo, di solito indicano anche una terapia farmacologica che permetta una blanda sedazione, proprio per tranquillizzare gli effetti che il delirium ha sul paziente infatti questo si presenta estremamente agitato, ma soprattutto pieno di paura.
Il delirium in Terapia Intensiva è ritenuto un problema emergente e spesso misconosciuto agli operatori, tuttavia ultimamente sono stati condotti molti studi sul problema,
grazie ai quali sono stati raccolti molti dati epidemiologici, che hanno permesso di aumentare la consapevolezza sul problema e permesso, inoltre, un incremento della sua conoscenza e delle prassi di gestione ad esso correlate (Salluh et al, 2010).
Spesso infatti non è possibile determinare una causa di delirium, poiché l’eziologia,
pur possedendo una forte base organica, è multifattoriale. La letteratura internazionale ci
ha permesso di comprendere chiaramente che non è importante solo la diagnosi di prese nza/assenza, ma anche la durata del delirium: ogni ulteriore giorno di delirium determina un
significativo aumento della mortalità.
La prevenzione del delirium è considerata lo strumento più efficace per ridurne
l’incidenza: è necessario da un lato conoscere i fattori di rischio predisponenti e precipita nti, dall’altro individuare precocemente i segni e i sintomi che lo caratterizzano. Un punto
cruciale è quindi l’individuazione precoce dei cosiddetti eventi sentinella. Al momento del
ricovero è opportuno indagare le modificazioni del comportamento abituale, come riferito
dai parenti più prossimi. Se si riscontra uno di questi segni, un membro dello staff medicoinfermieristico, che ha ricevuto adeguata formazione, deve procedere alla valutazione del
delirium con strumenti validati per la Terapia Intensiva per confermare o escludere il sospetto diagnostico .
Insieme a fattori che sono evidentemente non modificabili (età, demenza, interventi
chirurgici, etc.), esistono anche fattori di rischio per lo sviluppo, per la durata e per la severità del delirium che possono essere contrastati attraverso interventi specifici, mirati sostanzialmente ad un’incisiva opera di prevenzione clinica, organizzativa ed ambientale.
La prevenzione si avvale di strategie sia non farmacologiche che farmacologiche. Prima di
tutto, chiaramente, è necessario correggere quanto più possibile le cause organiche / metaboliche.
17
Numerosi studi sono stati condotti negli ultimi anni per valutare l’efficacia di un
approccio multidimensionale per la prevenzione del delirium, da questi nascono le raccomandazioni internazionali che consigliano di valutare routinariamente i principali fattori di
rischio di delirium (età > 65 anni, demenza, frattura di femore, condizioni cliniche di alta
severità), così da individuare precocemente i pazienti più fragili ai quali è opportuno offrire
il massimo sforzo preventivo.
Nella prevenzione non- farmacologica in Terapia Intensiva è necessario istituire de lle pratiche di orientamento del paziente: utilizzo supporti visivi e uditivi personali; incoraggiamento della comunicazione chiamando il paziente per nome; disponibilità di oggetti
personali del paziente; coerenza di intervento dello staff medico/infermieristico; impiego di
TV/musica durante il giorno. Inoltre, è opportuno intraprendere delle attenzioni al miglioramento ambientale: luci spente di notte, accese durante il dì; orientamento del letto in modo che il paziente veda la luce del sole; disincentivazione del sonno diurno; mobilizzazione
del paziente e fisioterapia durante il giorno; controllo dell’eccesso d i rumore (staff, strumentazione, visitatori) durante la notte; evitare procedure medico/infermieristiche notturne.
Infine è opportuno sospendere la terapia deliriogenica: benzodiazepine, oppiacei, antidepressivi triciclici, propofol, anticolinergici (metoclopramide, inibitori della pompa protonica, prometazina, difenidramina), altri neurolettici (Theuerkauf et al, 2012; van Rompaey et
al, 2008).
Un’attenzione fondamentale da avere nella prevenzione del delirium riguarda la
somministrazione oculata di farmaci sedativi ed analgesici oppiacei. Se da un lato questi
sono farmaci deliriogenici, dall’altro è necessario considerare che lo scarso controllo della
sintomatologia dolorosa può determinare un aumento del delirium, o anche che i sedativi
possono controllare il delirium iperattivo o misto. Non è giusto demonizzare l’uso di sedativi ed analgesici: è sempre opportuno considerare preventivamente le potenziali alternat ive (o quantomeno essere il più parsimoniosi possibile), ed, unitamente a ciò, esercitare un
o stretto monitoraggio dello stato neurologico che possa guidare eventuali, tempestive modifiche nella terapia.
18
1.7.1. PREVENZIONE FARMACOLOGICA
Una moltitudine di farmaci con effetti anticolinergici, sedativi ed analgesici portano
con sé un alto potenziale di azione delirante sono stati studiati con riguardo anche al loro
rischio di sviluppo del delirium.
Benzodiazepine
Le Benzodiazepine sono spesso associate allo sviluppo del delirium. Il Lorazepam è
un fattore di rischio indipendente per l’incidenza del delirium, incrementandone il rischio
del 20%, la sua somministrazione in infusione continua è stata associata ad un aumento del
ricovero in terapia intensiva ed un aumento della mortalità (Pandharipande et al, 2006). In
un trial clinico a doppio cieco, in una terapia intensiva di post-operati e non, su un campione di 375 pazienti, Riker et al nel 2009 hanno trovato che il Midazolam aumenta
l’incidenza del delirium, anche se utilizzato come pre-trattamento all’intervento chirurgico.
Oltre al delirio dovuto da astinenza da alcool o farmaci sedativi, è stato provato che le
Benzodiazepine hanno un effetto delirio genico e sono controindicate nel trattamento fa rmacologico del delirium non correlato ad alcool (Theuerkauf et al, 2012).
Oppioidi
Gli oppioidi presumibilmente mediati dalla loro azione anticolinergica, sono conosciuti come fattori scatenanti il delirium e loro stessi possono provocare e prolungare la d urata del delirium (Dubois et al, 2001). È stato dimostrato come gli oppioidi a lunga azione,
utilizzati sia per l’anestesia, sia durante la degenza, siano associati ad un incremento del r ischio di delirium nel postoperatorio (Radtke et al, 2010; Ouimet et al, 2007). In uno studio
osservazionale condotto su 910 pazienti che non hanno subito un’operazione chirurgica
cardiaca, comparato al Remifentanyl, in qualità di oppioide intra-operatorio, il Fentanyl
viene associato ad un’incidenza significativamente più alta di delirium nell’immediato
19
post-operatorio (12,7% contro 7,7%) e nel primo giorno post-operatorio (5,8% contro
1,9%) (Radtke et al, 2010).
Prevenzione farmacologica
Partendo dall’idea della patogenesi multifattoriale del delirium e dalla moltitudine di
recettori e neurotrasmettitori coinvolti nello sviluppo del delirium, sono state usate molte
classi di farmaci per prevenire questa condizione. Un grande uso è svolto dagli antipsicot ici: l’aloperidolo e gli antipsicotici atipici sono stati studiati in molti trial clinici con interesse sia alla prevenzione che al trattamento del delirium post-operatorio (Kalisvaart et al,
2005):
-
In una popolazione di 430 pazienti con frattura del bacino ad alto e/o medio rischio
di sviluppo di delirium post-operatorio, è stata somministrata come profilassi farmacologica una bassa dose di aloperidolo (0,5mg tre volte al giorno), riducendo la
durata e la gravità del delirium comparato al gruppo a cui veniva somministrato il
placebo (Kalisvaart et al, 2005). In questo studio l’incidenza non era ridotta, questo
suggerisce che l’aloperidolo è efficace nella sintoma tologia, ma non come terapia
preventiva.
-
Una dose profilattica di 1 mg di risperidone riduce l’incidenza del delirium dal
31,7% al 11,1% in un trial clinico che vede coinvolti 126 pazienti sottoposti a una
chirurgia cardiaca di elezione (Prakanrattana et al, 2007).
-
L’olanzapina, 10mg somministrati via orale, riducono l’incidenza del delirium dal
40% (placebo) al 14% in un ulteriore trial clinico, condotto con doppio cieco (Larsen et al, 2012) su una popolazione di pazienti ortopedici in seguito ad un intervento chirurgico in elezione.
20
Melatonina
La deprivazione del sonno ed i disturbi del ciclo sonno- veglia sono fattori di rischio
che promuovono il delirium (Inouye 2006). Nei pazienti critici, la quantità di melatonina
nel sangue è drammaticamente ridotta durante il giorno, ed è quasi completamente assente
il picco che dovrebbe verificarsi nella ore notturne. Attualmente, non è noto se questa rid uzione sia dovuta ad una ridotta produzione da parte della ghiandola pineale (dovuta alla severità della patologia oppure all'influenza della ventilazione meccanica sui neurotrasmettitori, oppure all'utilizzo di farmaci che ne diminuiscono la produzione come amine vasoa ttive, benzodiazepine o oppiacei) oppure ad un aumentato consumo per la presenza di speci
reattive dell'ossigeno (Bourne et al, 2008; Bourne et al, 2006).
Indipendentemente dalle ragioni che la sostengono, questa alterazione è associata
all’insorgenza di delirium; inoltre, nei pazienti settici, la quantità di melatonina plasmatica
endogena è inversamente correlata alla severità della patologia, misurata in termini di mo rtalità ospedaliera.
Nel campo della medicina basata sull'evidenza, si è dimostrato che la somministr azione esogena di melatonina risulta efficace come ipnoinduttore solo nella condizioni di ridotti dosaggi ematici (jet lag, sindrome da ritardato addormentamento), mentre non offre
risultati significativi in soggetti che hanno una normale, ritmica secrezione endogena. I pazienti critici ad alto rischio (che presentano cioè necessità di ventilazione meccanica prolungata) presentano quasi universalmente disturbi del sonno: sia le misure oggettive come
la polisonnografia che le percezioni soggettive dei pazienti dimostrano che il sonno in terapia intensiva è insufficiente in termini di quantità (frequenti risvegli) e di qualità (sonno
poco ristorativo, scarsità di sonno ad onde lente e di sonno REM) (Inouye 2006).
La somministrazione di melatonina esogena nei pazienti critici ha effetti di scave nger delle speci intermedie reattive dell’ossigeno, riduce i livelli delle citochine proinfiammatorie, ed inibisce le molecole di adesione leucocitaria.
In un recente trial clinico su 222 pazienti sottoposti a una chirurgia ortopedica la sommin istrazione di melatonina, 5mg per due volte prima dell’operazione chirurgica, ha ridotto
l’incidenza del delirium al 9,5%, contro il 32,6% del gruppo-controllo (Sultan 2010).
21
Sedazione ed analgesia
I farmaci analgesici e sedativi in terapia intensiva, in particolare l’eccesso di sedazione, esercitano un considerabile impatto sull’incidenza del delirium (Pandharipande et
al, 2008; Pandharipande et al, 2006). L’effetto positivo di un protocollo che guidi la gestione dell’analgesia, della sedazione e del delirium, con riguardo l’incidenza delle infezioni ospedaliere,
della
mortalità,
della
durata
della
ventilazione
meccanica,
l’indebolimento cognitivo e della permanenza temporale in terapia intensiva, è stato dimostrato in molti studi, quindi in molte linee guida ne raccomandano il monitoraggio
(Theuerkauf et al, 2012).
Con riguardo alla profondità della sedazione, uno studio clinico condotto su 129
pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, comparati quelli sottoposti ad una blanda sedazione (pazienti svegli e collaboranti) a quelli con una sedazione profonda (pazienti soporosi, risvegliabili solo con stimolazione fisica), ha dimostrato che i secondi avevano una
maggiore prevalenza di sintomi di disordine da stress post-traumatico rispetto ai primi
(Treggiari et al, 2009). In un altro trial clinico che prendeva in considerazione 140 pazienti criticamente malati, viene comparata una sedazione con propofol e midazolam in infusione continua ma interrotta durante il giorno, i pazienti che non ricevono sedazione hanno
significativamente meno delirium (7% contro il 20%) e una durata inferiore della permanenza in ventilazione meccanica (Strom et al, 2010). Una mobilizzazione precoce ed esercizio fisico portano ad una minor incidenza del delirium, ad una dimissione più rapida
temporalmente parlando dalla terapia intensiva e ad una maggiore indipendenza
nell’attività fisica giornaliera (Schweickert et al, 2009).
In molti trial clinici la dexmedetomidina è stata associata ad una minore prevalenza del delirium se comparata a morfina, propofol, aloperidolo e midazolam (Reade et al, 2009; Riker et al, 2009; Ruokonen et al, 2009; Shehabi et al, 2009)
22
1.8. GESTIONE E TERAPIA DEL DELIRIUM
Secondo i criteri del DSM-IV, nel delirium è presente una causa eziologica, organica o metabolica, come ad esempio sepsi, ipoperfusione c erebrale, ipo- / iperglicemia, ipossia, febbre, diselettrolitemie, astinenza, encefalopatia epatica, acidosi/alcalosi, sommin istrazione di sostanza psicoattive. Questo significa che per diminuire il delirium bisogna innanzitutto correggere quanto più possibile le cause eziologiche sottostanti, prima di ipotizzare qualsiasi intervento antipsicotico specifico(Theuerkauf et al, 2012).
La letteratura internazionale ci ha permesso di comprendere chiaramente che non è
importante solo la diagnosi di presenza/assenza, ma anche la durata del delirium: ogni ulteriore giorno di delirium determina un significativo aumento della mortalità(Pun et al,
2007). E’ necessario essere consapevoli che la risoluzione del “segno” clinico di disfunzione cerebrale acuta (delirium) è un forte segnale prognostico positivo.
Una buona pratica clinica in Terapia Intensiva prevede la prevenzione del delirium; il monitoraggio costante; la risoluzione tempestiva delle cause organiche / metaboliche sottostanti; l’eventuale terapia antipsicotica una volta risolte tutte le cause correggibili (Theuerkauf et al, 2012).
La prevenzione del delirium è considerata lo strumento più efficace per ridurne
l’incidenza: è necessario da un lato conoscere i fattori di rischio predisponenti e precipita nti, dall’altro individuare precocemente i segni e i sintomi che lo caratterizzano. Insieme a
fattori che sono evidentemente non modificabili (età, demenza, interventi chirurgici, etc.),
esistono anche fattori di rischio per lo sviluppo, per la durata e per la severità del delirium
che possono essere contrastati attraverso interventi specifici, mirati sostanzialmente ad
un’incisiva opera di prevenzione clinica, organizzativa ed ambientale.
Una volta messe in atto tutte le possibili misure preventive e corrette le cause organiche /
metaboliche sottostanti, è opportuno instaurare dapprima una terapia non farmacologica,
che si avvale di:
- pratiche di orientamento del paziente: utilizzo supporti visivi e uditivi personali; incora ggiamento della comunicazione chiamando il paziente per nome; disponibilità di oggetti
personali del paziente; coerenza di intervento dello staff medico/infermieristico; impiego di
TV/musica durante il giorno (van Rompaey et al, 2008);
23
- attenzioni al miglioramento ambientale: luci spente di notte, accese durante il dì; orientamento del letto in modo che il paziente veda la luce del sole; disincentivazione del sonno
diurno; mobilizzazione del paziente e fisioterapia durante il giorno; controllo dell’eccesso
di rumore (staff, strumentazione, visitatori) durante la notte; evitare procedure med ico/infermieristiche notturne (van Rompaey et al, 2008);
- sospensione della terapia deliriogenica: benzodiazepine, oppiacei, antidepressivi triciclici,
propofol, anticolinergici (metoclopramide, inibitori della pompa protonica, prometazina,
difenidramina), altri neurolettici (Theuerkauf et al, 2012).
Schematizzando, l’approccio al delirium si dovrebbe basare essenzialmente su 3 t ipi di intervento: il riconoscimento, quanto più precoce possibile dei sintomi e dei segni clinici del delirium, la correzione dei fattori causali che ne sottendono la comparsa ed il co ntrollo clinico dei sintomi ipercinetici. Tale approccio, tuttavia, non è sempre applicabile per
una serie di difficoltà (la diagnosi non è semplice, i trattamenti non sempre sono efficaci, le
cause sono molteplici). Ciò ha indotto a ritenere che trattamenti non farmacologici di tipo
multifattoriale, possano essere il tipo di trattamento più corretto per i pazienti affetti da delirium: dal confronto tra vari studi emerge che questo approccio permette di ridurre la durata del delirium, aumentare la percentuale di soggetti che recuperano completamente e migliorare in parte la gravità della disfunzione cognitiva (Theuerkauf et al, 2012).
Riguardo al trattamento farmacologico del delirium, nel corso degli anni numerosi principi
attivi sono stati studiati e vengono routinariamente utilizzati nella pratica clinica per co ntrollare i sintomi ipercinetici del delirium, ancorché l’evidenza della loro efficacia rimanga
limitata. La fisiopatologia del delirium è infatti molto complessa e spesso i soggetti che
sviluppano delirium sono anche portatori di malattie croniche gravi, il cui trattamento fa rmacologico richiede l’utilizzo di preparati che potrebbero scatenare l’insorgenza di delirium o complicarne il decorso. L’evidenza scientifica relativa all’efficacia dei farmaci a ntipsicotici tipici ed atipici per il trattamento del delirium è ad oggi ancora insufficiente.
Nonostante alcuni dati promettenti, nessun farmaco può essere considerato più efficace né
più sicuro di un altro con un alto grado di raccomandazione. Per tali motivi, gli approcci
farmacologici dovrebbero essere utilizzati soltanto in pazienti con grave condizione di
stress, escludendo le patologie che li rendono particolarmente vulnerabili ad essi.
L’aloperidolo, che è stato indicato come farmaco di prima scelta anche da autorevoli studi,
24
è purtroppo gravato - soprattutto nella sua formulazione per via intramuscolare/endovenosa
– da effetti collaterali che richiedono molta cautela. L’olanzapina e gli altri antispicotici atipici, pur non essendo immuni da rischi di questo tipo, sembra presentino simile efficacia
e minori effetti collaterali gravi. In conclusione, una buona regola è quella di impratichir si
con un farmaco con cui si ha maggior dimestichezza ed utilizzarlo ai dosaggi raccomandati
in base alle attuali evidenze della letteratura, solo in pazienti selezionati e per periodi brevi
(Theuerkauf et al, 2012).
25
2. MATERIALI E METODI
2.1. OBIETTIVO
L’obiettivo dello studio è quello di analizzare l’incidenza del delirium nelle tre Terapie Intensive Generali (SOC Anestesia e Rianimazione 1, SOC Anestesia e Rianimazione
2, SOC Clinica di Anestesia e Rianimazione) dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa
Maria della Misericordia di Udine.
Lo studio, inoltre, si propone di indagare i fattori predisponenti e protettivi del fenomeno in una popolazione di pazienti critici, durante la loro degenza in terapia intensiva.
2.2 RACCOLTA DATI
È stato condotto uno studio osservazionale prospettico al fine di studiare
l’insorgenza o meno del delirium e dei fattori di rischio ad esso associati nelle tre Terapie
Intensive Generali (SOC Anestesia e Rianimazione 1, SOC Anestesia e Rianimazione 2,
SOC Clinica di Anestesia e Rianimazione) dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa
Maria della Misericordia di Udine. Tutte le Terapie Intensive sono organizzate in base ad
un rapporto infermiere-paziente 1:2. In tutte le Terapie Intensive considerate l’orario di visita dei parenti è della durata di un’ora e può entrarne uno alla volta.
I dati sono stati raccolti nel mese di settembre 2012 da un singolo rilevatore, per un
periodo di una settimana per ciascuna struttura.
Nella ricerca sono stati inclusi tutti i pazienti maggiorenni ricoverati presso le strutture considerate, sono stati esclusi i pazienti che non hanno firmato la documentazione relativa alla privacy.
26
La ricerca ha preso in considerazione due fronti: da un lato sono stati utilizzati dati
strettamente legati alla storia clinica personale dei pazienti, ottenuti analizzando la cartella
clinica (anamnesi del paziente, diagnosi d’ingresso, stato di coscienza) dall’altro è stata focalizzata l’attenzione sull’osservazione e sull’analisi diretta del paziente. La ricerca è stata
incentrata sui fattori di rischio articolandoli inizialmente per quanto riguarda il paziente:
età, fumo, comorbidità (van Rompaey et al, 2008), successivamente per dati strettamente
clinico-diagnostico: valori ematici, presenza e numero di devices invasivi, terapia analgesica e sedativa, presenza di ventilazione meccanica (Tsuruta et al, 2010; Yildizeli et al, 2005;
Van der Mast et al, 1999), infine per quanto riguarda lo studio dell’ambiente: presenza di
un orologio visibile in stanza, presenza di finestre che permettano di vedere all’esterno, la
presenza di visite da parte di familiari nelle 24 ore precedenti alla rilevazione (van Rompaey et al, 2008). Per svolgere lo studio è stata redatta una scheda di raccolta dati dove sono
stati presi in considerazione i fattori di rischio che, in base alla ricerca effettuata in letteratura, sono considerati statisticamente significativi sull’incidenza e prevalenza del delirium.
Lo strumento utilizzato per l’accertamento del delirium sarà la scala CAM-ICU,
che è stata somministrata una volta al giorno durante la mattina, dopo la valutazione neurologica da parte dello staff dei reparti considerati.
2.3. ANALISI STATISTICA
Per la tabulazione dei dati è stato utilizzato il software Microsoft Excel nella versione
Microsoft Office 2007© (Microsoft Corporation, Redmond, WA, USA).
L’analisi statistica dei dati è stata effettuata con il software GraphPad Prism 5.01 19922007© (GraphPad Software Inc., San Diego, California, USA) e con il software SPSS 17.0
© (SPSS Inc., Chicago, IL, USA). Sono state elaborate misure di tendenza centrale per le
variabili demografiche e cliniche (durata della degenza e permanenza in sede dei device). Il
test esatto di Fisher è stato utilizzato per calcolare la correlazio ne tra presenza di fattori di
27
rischio e insorgenza di delirium, determinando per ciascuno dei fattori considerati il rischio
relativo.
Il t test, infine, è stato utilizzato per valutare l’esistenza di differenze tra i gruppi relativamente a variabili demografiche e cliniche. È stata considerata una significatività statistica
per p<0.05.
28
3. RISULTATI
3.1. CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE
Durante il periodo si studio sono risultati reclutabili 33 pazienti maggiorenni; uno
di essi è stato escluso per non aver firmato il foglio privacy. È stato quindi esaminato un
campione di 32 unità, 18 (56%) delle quali di sesso maschile; l’età dei pazienti esaminati
era di 58±17 anni (media ± deviazione standard) e variava tra 19 e 79 anni. 9 pazienti erano fumatori. Le diagnosi di ricovero e le comorbidità dei pazienti osservati sono riportate
nei grafici (grafico 1; grafico 2; grafico 3).
3.2. CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE
La permanenza in sede dei device considerati è descritta nel grafico 4, mentre i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica sono rappresentati nel grafico 5. Per quanto riguarda i fattori ambientali, 10 pazienti avevano un orologio visibile in stanza, 11 pazienti
avevano la possibilità di avere la presenza di finestre per vedere all’esterno, tutti i pazienti
ricevevano visite da parte dei parenti, 16 presentavano contenzioni fisiche e erano ricoverati in stanza di isolamento.
Nello studio analizzato 11 pazienti (34,38%) sono risultati positivi alla condizione
di delirium, 12 (37,5%) negativi, i restanti 9 (28.12%) sono risultati “non valutabili” a causa di patologie neurologiche (GCS ≤10) o di una sedazione RASS(-4) (allegato 5). Il t-test
non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra le età (p=0.72) e la durata della degenza (p=0.28) dei pazienti che sviluppavano delirium e quella dei pazienti che
non lo sviluppavano, né tra la durata della permanenza in sede di catetere arterioso
(p=0.82), catetere venoso centrale (p=0.36), tubo endotracheale o tracheostomia (p=0.94),
sondino naso-gastrico (p=0.72). Tuttavia va sottolineato che la durata media della degenza
29
era di cinque giorni superiore nei pazienti che hanno sviluppato delirium (13 ± 2.6 vs 7.9
± 3.8). Anche la permanenza in sede di catetere venoso centrale e catetere vescicale era
maggiore nei pazienti che sviluppavano delirium (rispettivamente di quattro e sei giorni).
3.3. ANALISI DI RISCHIO
Il rischio relativo (RR) di screening positivo per delirium è aumentato in misura
statisticamente significativa dalla permanenza in Terapia Intensiva ≥7giorni (RR 2,7;
p=0.009), dalla presenza di contenzioni fisiche (RR 2.9; p=0.03), e dall’assenza di finestre
(RR 6.65; p=0.02). Il rischio è inoltre aumentato in misura non statisticamente significativa
quando il paziente riceve tre o più unità di emazie concentrate (RR=1.53; p=0.41), in presenza di SOFA score >4 (RR=1.21; p=0.65), di rapporto PaO 2 /FiO 2 <300 (RR=1.21;
p=0.59), di ventilazione meccanica (RR=1.25; p=0.66), di nutrizione artificiale (RR=1.33;
p=0.68), quando il paziente è degente in stanza di isolamento (RR 1.09; p=1,00) e in assenza di un orologio visibile in stanza (RR 1.23; p=0,64). Livelli di emoglobina inferiori a
12g/dl, di bilirubina maggiore a 1,2 mg/dl e la degenza in stanza di isolamento non influenzano il rischio di screening positivo, mentre un valore di creatinina maggiore a 1,3
mg/dl risulta un fattore protettivo al rischio di delirium (RR 0,14; p=0.02).
30
4. DISCUSSIONE
In questo studio prospettico è stato osservato che il delirium si verifica con
un’incidenza del 34% ed è comparabile con lo studio di va n de Rompaey nel 2009, che analizzava un contesto di terapie intensive di pazienti traumatizzati e post-operati, e con
quello di McNicol nel 2003, che prendeva in considerazione una terapia intensiva di tipo
medico.
I dati dimostrano che il delirium è associato ad una permanenza in ospedale maggiore a sette giorni, confermato da Spronks nel 2009, ma diversamente da quanto affermato
da Tsuruta nel 2010 che riconosce come fattore di rischio una permanenza maggiore a dodici giorni o Salluh nel 2010 con i suoi ventidue giorni. Dallo studio emerge che la presenza di una creatinina ematica maggiore a 1,3 mg/dl rappresenta un fattore protettivo allo sviluppo di delirium in contrasto con quanto affermato da Yildizeli nel 2005 che lo descrive
come fattore di rischio. Una trasfusione di tre o più unità di emazie concentrate rappresenta
un fattore di rischio statisticamente significativo come conferma dello studio di Angels nel
2008.
Questo studio dimostra come anche l’assenza di finestre per guardare all’esterno
porti il paziente a sviluppare il delirium confermando i risultati di van Rompaey nel 2013.
La presenza di contenzioni fisiche porta il paziente ad avere una predisposizione al
delirium maggiore, come conferma lo studio di van Rompaey nel 2013.
Nel campione considerato sono stati rilevati dati che non sono risultati statistic amente significativi, ma sono di forte interesse clinico. L’emoglobina considerata non ha
dato rilevanza statistica significativa, ma è strettamente ricollegabile al fattori di rischio
della trasfusione di tre o più unità di emazie concentrate. La somministrazione del remife ntanil e della clonidina portano con sé un elevato interesse di tipo epidemiologico, benché
non statisticamente significativo, dovrebbe essere preso in considerazione nell’analisi dello
stato cognitivo giornaliero del paziente. La somministrazione di morfina dà risultati alta31
mente interessanti: infatti Peterson nel 2006 lo annoverava come un fattore di rischio, ma
nel presente studio viene definito come predisponente allo sviluppo di delirium.
Una parentesi può essere fatta sull’analisi dei fattori correlati alla malattia in acuto, e al
danno d’organo che questa condizione porta con sé. Salluh nel 2010 definisce fattore un fattore di
rischio il SOFA Score maggiore a 4, nella ricerca effettuata non è statisticamente significativo, ma
ha una forte rilevanza dal punto di vista clinico infatti in una terapia intensiva i danni d’organo sono tenuti strettamente in considerazione a causa della criticità dei pazienti ricoverati in questo tipo
di unità. Considerando il rapporto PaO₂/FiO₂, che è uno dei parametri considerati nel calcolo del
SOFA Score, l’analisi di danno dell’apparato respiratorio ha una forte valenza clinica in una terapia
intensiva, infatti è un parametro che viene monitorato strettamente anche più di una volta in un turno infermieristico di sette ore e mezza. In merito a questo argomento un inciso va fatto certamente
sulla ventilazione meccanica, che, con il suo largo impiego nelle terapie intensive, è di sicuro di
forte impatto sulla rilevanza clinica del fenomeno, benché non statisticamente significativo in questo studio rappresenta un importante rischio che può portare ad un aumento di incidenza del fenomeno; questo non è comparabile con altri studi: van den Boogaard nel 2011, Ceriana nel 2010, Salluh nel 2010 descrivono la ventilazione meccanica come fattore di rischio statisticamente signific ativo.
La nutrizione artificiale, che è la modalità di sostentamento che viene utilizzata in terapia
intensiva a causa della tipologia dei pazienti, prevalentemente sedati ed intubati, diventa di rilevanza epidemiologica se ne si valuta il rischio: infatti è elevato, benché non statisticamente significativo.
Nel presente studio sono stati analizzati fattori ex novo perché di franco interesse a
livello di analisi del paziente ricoverato in terapia intensiva. La bilirubinemia ematica non
rappresenta significatività statistica dall’analisi effettuata. È stato interessante analizzare la
somministrazione della clonidina proprio in merito dei risultati ottenuti: infatti, dato il rischio relativo emerso dallo studio, dovrebbe essere tenuto in debita considerazione
nell’analisi dello stato cognitivo giornaliero del paziente ricoverato. Un altro dato interessante è stato il rapporto PaO₂/FiO₂, benché non rappresenti una significatività statistica,
dal punto di vista clinico può essere considerato un fattore predisponente al delirium, ma
dovrebbe essere confermato da altri studi. Singolare è inoltre il dato riguardante la somm inistrazione della morfina, infatti il presente studio lo descrive come un fattore predispone nte, contrariamente da quanto definito da Peterson nel 2006.
32
5. CONCLUSIONI
Lo studio di incidenza effettuato in tre terapie intensive, dove vengono ricoverati
pazienti traumatizzati, postoperati e con problemi medici, conferma precedenti conclusioni che il delirium si verifica frequentemente nelle terapie intensive. Tra le caratter istiche cliniche associate alla diagnosi di delirium, la permanenza in ospedale maggiore a
sette giorni, la trasfusione di tre o più unità di emazie concentrate sono considerati fattori di rischio e potenzialmente i pazienti con queste caratteristiche dovrebbero essere tenuti sotto stretto controllo per quanto riguarda le modificazioni dello stato cognitivo.
Questo studio dimostra che la presenza di una creatinina ematica maggiore a 1,3 mg/dl
rappresenta un fattore protettivo allo sviluppo di delirium. La terapia farmacologica incide molto sul rischio di vedere diagnosticata la condizione di delirium, un controllo
maggiore dovrebbe interessare i pazienti con somministrazione di clonidina e remife ntanil. Inoltre un monitoraggio sulla presenza del delirium dovrebbe essere fatto analizzando l’ambiente delle terapie intensive, infatti l’assenza di finestre per guardare
all’esterno rende i pazienti più vulnerabili e con un rischio maggiore di subire la cond izione di delirium.
5.1. LIMITI
In questo studio, il breve periodo utilizzato per la raccolta dati, complessivame nte una settimana, ha ridotto il campione. Alcuni pazienti sono stati valutati dopo un numero di giorni considerevolmente alto di permanenza in struttura. Inoltre nell’analisi
non è stato preso in considerazione il dolore a causa della difficoltà di valutazione nel
contesto analizzato. I risultati ottenuti dovrebbero essere confermati da uno studio di
coorte che prenda in considerazione un numero maggiore di pazienti.
33
5.2. IMPLICAZIONI PER LA PRATICA
Il delirium con la sua incidenza non deve essere ignorato nella valutazione gio rnaliera del paziente in terapia intensiva. Una valutazione del paziente dovrebbe essere
fatta almeno una volta al giorno. Un paziente a cui viene somministrato clonidina o remifentanil dovrebbe essere monitorato per delirium e per variazioni nella sfera cognitiva
più attentamente rispetto a chi non ne assume. Lo stesso discorso dovrebbe essere fatto
per i pazienti che hanno una degenza in terapia inte nsiva maggiore a sei giorni. Questo
studio offre un’interessante punto di partenza per un studi futuri sia sull’incidenza del
fenomeno, con un campione numericamente più elevato, sia su un’analisi mirata a valutare i fattori di rischio e predisponenti al delirium.
34
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43
ALLEGATI
ALLEGATO 1
Scheda di raccolta dati utilizzata per lo studio.
44
45
ALLEGATO 2
Scala validata per lo screening del delirium in terapia intensiva.
Valutazione CAM-ICU
Si fa diagnosi di Delirium se il paziente risulta positivo ad
entrambi i punti 1 e 2 ed almeno uno dei punti 3 o 4.
1. Modificazioni acute della coscienza / decorso fluttuante
• C’è differenza fra lo stato attuale e lo stato mentale di base?
• Lo stato di coscienza è variato durante le scorse 24h?
2. Disattenzione
• Il paziente ha difficoltà a concentrarsi?
• Riesce a mantenere l’attenzione?
3. Alterato livello di coscienza
• Il paziente è sveglio ed interagisce correttamente con
l’ambiente?
• Il paziente è agitato oppure letargico, stuporoso o in coma?
4. Pensiero disorganizzato
• Il paziente presenta pensiero disorganizzato o incoerente?
• Risponde a domande semplici? Esegue comandi semplici?
RASS o GCS
sono variate nelle ultime 24h ?
SI
NO
SI
Test delle lettere o immagini:
> 2 errori ?
NO
RASS ≠ 0
SI
NO
4 domande + 1 comando:
> 1 errore ?
SI
NO
Come svolgere il punto 2: Test delle lettere o Test delle immagini.
Si inizia con il test delle lettere. Se il paziente risulta capace di svolgerlo e c’è un risultato chiaro, si passa al punto 3. Se il paziente
non riesce a svolgere questo test o se il risultato non è chiaro, si effettua anche il test delle immagini. Se vengono svolti entrambi i
test e si riscontrano risultati contrastanti, fa fede il risultato del test delle immagini.
- Test delle lettere (riconoscimento della lettera “A”)
Si pronuncia a voce alta (una al secondo) una serie di 10 lettere che contiene 4/5 volte la lettera “A”. Si chiede al paziente di stringere la mano dell’esaminatore tutte le volte che sente pronunciare la lettera “A”. T est positivo se il paziente fa più di 2 errori.
- Test delle immagini (riconoscimento di immagini)
Si mostrano al paziente 5 immagini per 3 secondi l’una. Subito dopo, si mostrano 10 immagini che comprendono le 5 già mostrat e.
Il paziente dice “si” se già viste e “no” se non mostrate in precedenza. T est positivo se il paziente fa p iù di 2 errori.
Alternare “Forma A” (giorni dispari) e “Forma B” (giorni pari) per evitare fenomeni di memorizzazione.
E’importante che i pazienti che normalmente indossano occhiali da vista li abbiano al momento dell’esecuzione del test.
Come svolgere il punto 4:
- Porre 4 semplici domande cui è possibile rispondere Si oppure No.
“Set 1” (giorni dispari):
“Set 2” (giorni pari):
1. Un sasso galleggia nell’acqua?
1. Una foglia galleggia sull’acqua?
2. Ci sono pesci nel mare?
2. Ci sono elefanti nel mare?
3. Un chilo pesa più di due chili?
3. Due chili pesano più di un chilo?
4. Si può usare il martello per piantare un chiodo?
4. Si può usare il martello per segare il legno?
Ogni domanda vale 1 punto.
- Dopo le domande, chiedere al paziente di ripetere il gesto dell’esaminatore che gli mostra 2 (o più) dita, sia con una mano che con
l’altra. Se il paziente non riesce a muovere entrambe le mani, chiedere di aggiungere un altro dito. Questa prova vale 1 punto.
Il test è positivo se c’è più di un errore nella combinazione di domande / ordini semplici.
NB: la valutazione con CAM-ICU può non essere effettuata se RASS < - 3
Copyright © 2002, E. Wesley Ely, MD, MPH and Vanderbilt University, all rights reserved
46
ALLEGATO 3
Sequential Organ Failure Assessment (SOFA Score) che è un punteggio clinico utilizzato per valutare lo stato del paziente durante il ricovero in terapia intensiva. Questo è un
indice di sofferenza d’organo, determina l’estensione delle funzione o de i danni degli
organi del paziente.
SOFA score
Sistemi organici
Respiratorio: PaO2 /FiO2
Punteggio
0
1
2
3
>400
≤400
≤300
≤200
4
≤100
con supporto respiratorio meccanico
Coagulazi one:
conta pi astrinica,
x10³/mm³
>150
≤150
≤100
≤50
Val ori epatici: bilirubina,
μmol/l
(mg/dL)
≤20 (≤1.2)
20– 32
(1.2-1.9)
33– 101 (2.05.9)
102–204
12.0)
Cardi ovascol are:
ipotensione
Assenza di
ipotensione
MAP
<70
mmHg
Dopamina
≤5a, dobutamina (qualsiasi dosaggio)
Dopamina >5a o
adrenalina ≤0.1a
o nor adrenalina
≤0.1a
Dopamina >15a
o
adrenalina
>0.1a o noradrenalina >0.1a
Neurologico: Gl asgow Coma Scale
score
15
13– 14
10– 12
6–9
<6
Funzione renale:
≤110 (≤1.2)
110–170
(1.2-1.9)
171–299
(2.0-3.4)
300–440
5.0);
Creatinina, μmol/l
(mg/dL)
≤20
(6.0-
(3.5-
urine eliminate
≤500
ml/giornaliere
>204 (>12.0)
>440 (>5.0);
urine eliminate
<200
ml/giornaliere
a
Gli agenti adrenergici somministrati da al meno un’ora (i dosaggi sono es pressi in μg/kg al mi nuto).
Fonte: Vincent JL, M oreno R, Takala J, et al: TheSOFA (Sepsis-related Organ Failure Assessment) score to describe
organ dysfunction/failure. Intensive Care M ed 1996; 22:707–710
47
ALLEGATO 4 - ICDSC
Intensive Care Delirium Screening Checklist
(ICDSC )
VALUTA ZIONE DEL PAData:
ZIENTE :
Alterazione stato di coscienza
(A-E) *
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
se A o B, non proseguire la valutazione del paziente in quel periodo
Disattenzione
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
Disorientamento
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
Allucinazione o psicosi
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
Agitazione psicomotoria o
rallentamento
Alterazione del linguaggio o
dell’ umore
Disturbo del ciclo sonno/veglia
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
Fluttuazione dei sintomi
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
M
P
N
PUNTEG G IO TOTALE ( 0 – 8 )
* Stato di coscienza: A: nessuna risposta
B : risposta solo a stimolo intenso e ripetuto
C: risposta a stimolo da lieve a moderato
D: normale veglia
E: risposta esagerata a stimolo normale
Punteggio
nessuno
nessuno
1
0
1
Diagnosi di Delirium se ICDSC ≥ 4. Delirium subclinico se ICDSC fra 1 e 3
SISTEMA DI ASSEG NAZIONE DEL PUNTEG G IO :
La scala viene completata in base alle informazioni ottenute durante ciascun turno di 8 ore, oppure riferito alle 24 ore precedenti.
Manifestazioni evidenti di un fattore = 1 punto. Assenza di alterazione di quel fattore o impossibilità a rilevarlo = 0 punti .
Il punteggio di ciascun fattore viene registrato nella casella corrispondente al turno presente (M = mattino, P = pomeriggio, N = notte), e può essere 0 o 1.
1. Alterazione stato di coscienza:
A) Nessuna risposta, oppure B) Necessità di stimolazione int ensa per ottenere una qualsiasi risposta, rappresentano una severa alterazione dello
stato di coscienza che preclude la valutazione. Essendo presente coma (A) o stupor (B) per la maggior parte del periodo osser vato, si inserisce un
trattino (-) e non si prosegue nell’ulteriore valutazione durante quel periodo.
C) Sopore o necessità di stimolo da lieve a moderato per ottenere una risposta implica un’ alterazione dello stato di coscienz a. Viene assegnato 1
punto.
D) La veglia o il sonno fisiologico dal quale si può prontamente essere svegliati è considerato normale, non viene quindi assegnato nessun punto.
E) Lo stato di irrequietezza o agitazione vengono registrati come alterazioni del livello di coscienza. Viene assegnato 1 punto.
2. Disattenzione: difficoltà nel seguire una conversazione o ad eseguire ordini semplici. Facile distrazione a causa di stimoli esterni. Diffic oltà
nello spostamento di attenzione. La presenza di una qualsiasi di queste voci determina l’ assegnazione di 1 punto.
3. Disorientamento: qualsiasi palese valutazione errata di tempo, spazio o persona. Viene assegnato 1 punto.
4. Allucinazione o psicosi: manifestazione clinica inequivocabile di allucinazioni o comportamento probabilmente indotto da allucinazioni (ex:
tentativo di afferrare un oggetto non esistente). Alterazione grossolana di percezione della realtà. P er qualsiasi di queste voci viene assegnato 1
punto.
5. Agitazione psicomotoria o rallentamento: iperattività che richiede l’uso di sedativi aggiuntivi o di mezzi d i contenzione per evitare potenziali
danni (ex: rimozione invasività, aggressioni allo staff). Ipoattività o rallentamento psicomotorio clinicamente evidente. Vie ne assegnato 1 punto.
6. Alterazione del linguaggio o dell’umore: discorso inappropriato, disorganizzato o incoerente. Manifestazione inappropriata di emozioni in rel azione agli eventi o alla situazione. P er qualsiasi di queste voci viene assegnato 1 punto.
7. Disturbo del ciclo sonno/veglia: periodo di sonno inferiore alle 4 ore o risvegli frequenti durante la notte (non vanno considerati i periodi di
veglia causati dallo staff medico o dall’ ambiente rumoroso). Sonno prolungato durante il dì. P er qualsiasi di queste voci vie ne assegnato 1 punto.
8. Fluttuazione dei sintomi: fluttuazione (nelle precedenti 24h) della presenza di uno dei fattori indagati. Viene assegnato 1 punto.
Fonte: Bergeron N. et al, Intensive Care Delirium Screening Checklist: evaluation of a new screening tool, Intensive
Care M ed 2001, 27: 859-864; Tradotto in italiano da G. M istraletti e M . A. Figin
48
ALLEGATO 5
Scala per la valutazione della sedazione in terapia intensiva.
The Richmond Agitation-Sedation Scale (RASS)
Punteggio
Definizione
Descrizione
Cosa fare
4
Combattivo
Chiaramente combattivo, violento,
imminente pericolo per se stesso o per lo staff
OSSERVAZIONE DEL
PAZIENTE
3
Molto agitato
2
Agitato
Aggressivo, rischio evidente di rimozione cateteri o tubi
Frequenti movimenti afinalistici,
disadattamento alla ventilazione meccanica
1
Irrequieto
0
Sveglio e tranquillo
-1
Soporoso
Non completamente sveglio, apre gli occhi allo
stimolo verbale, mantiene il contatto visivo > 10
secondi
-2
Lievemente sedato
Brevi risvegli allo stimolo verbale,
contatto visivo < 10 secondi
-3
Moderatamente sedato
Movimenti o apertura degli occhi allo stimolo
verbale ( ma senza contatto visivo)
-4
Sedazione profonda
Non risposta allo stimolo verbale,
movimenti o apertura occhi alla stimolazione
fisica
-5
Non risvegliabile
A. Osserva il paziente:
Paziente
sveglio e tranquillo
0
Ansioso ma senza movimenti aggressivi e vigorosi
Comprende i periodi di sonno fisiologico
ST IMOLAZIONE VERBALE
ST IMOLAZIONE FISICA
( TATTILE e/o DOLORIFICA)
Nessuna risposta alla stimolazione tatt ile/dolorosa
Valutazione punteggio RASS
irrequieto
agitato
molto agitato
combattivo.
1
2
3
4
B. Se non è sveglio, chiama il paziente per nome e chiedigli di aprire gli occhi e di guardare il suo interlocutore:
Soporoso = Paziente risvegliabile, mantiene aperti gli occhi e il contatto visivo.
-1
Lievemente sedato = Paziente risvegliabile, apre gli occhi e riesce a instaurare un contatto visivo, ma non rie-2
sce a mantenerlo più di 10 secondi.
Moderatamente sedato = Paziente che si muove o apre gli occhi in risposta allo stimolo verbale, ma non rie-3
sce ad instaurare un contatto visivo.
C. Quando non si ottiene una risposta alla stimolazione verbale, stimolare fisicamente il paziente scuotendogli la spalla o premendo
sullo sterno.
-4
-5
Sedazione profonda = Il paziente presenta alcuni movimenti alla stimolazione fisica.
Non risvegliabile = Il paziente non presenta alcuna risposta alla stimolazione dolorosa.
Fonte: Sessler CN, et al. The Richmond A gitation-Sedation Scale validity and reliability in adult Intensive Care Unit
Patients. AJRCCM 2002, 166: 1338-1344; Tradotto in italiano da G. M istraletti e M . Taverna
49
ALLEGATO 6 - Scala Ramsay
RAMSAY SEDATION SCORE LEVELS
1° livello: Paziente ansioso, agitato o irrequieto
2° livello: Paziente tranquillo orientato e collaborante
3° livello: Paziente che risponde solo a chiamata/ai comandi
4° livello: Paziente addormentato, presenta una pronta risposta ad una leggera pressione sulla
glabella (radice del naso) o ad un forte stimolo uditivo
5° livello: Paziente addormentato presenta una risposta rallentata ad una leggera pressione sulla
glabella (radice del naso) o ad un forte stimolo uditivo
6° livello: Paziente addormentato, nessuna risposta ad una leggera pressione sulla glabella (radice del naso) o ad un forte stimolo uditivo
Fonte: Stawicki SP. Sedation scales: very useful, very underused. OPUS 12 Scientist 2007;1:10-12.
ALLEGATO 7 - GCS
GLASGOW COMA SCALE
1
2
3
4
5
6
Apertura occhi
Nessuna
Allo stimolo
doloroso
Allo stimolo
verbale
Spontanea
N/A
N/A
Risposta
verbale
Nessun
suono
emesso
Suoni incomprensibili
Parla e Confusiopronunne,
frasi
cia paro- sconnesse
le, ma incoerenti
Risposta
motoria
Nessuna risposta
Estensione allo
stimolo doloroso
Anormale flessione allo
stimolo
doloroso
Paziente orien- N/A
tato, conversazione appropriata
Flessione / LocalizzazioRitrazione
ne dello stimoallo stimolo lo doloroso
doloroso
Obbedisce
ai
comandi
Fonte: Teasdale G, Jennett B. "Assessment of coma and impaired consciousness. A practical scale." The Lancet
13;2(7872):81-4, 1974.
50
ALLEGATO 8 - Fattori predisponenti e protettivi del delirium (analisi univariata)
Fattore di rischio
LOS ≥ 7 giorni
Emoglobina < 12 g/dl
Bilirubina > 1,2 mg/dl
Creatinina >1,3 mg/dl
UEC ≥ 3
SOFA Score ≥ 4
PaO 2 /FiO2 < 300 mmHg
Fentanest
Remifentanil
Sufentanyl
Propofol
Midazolam
Morfina
Aloperidolo
Clonidina
Ventilazione meccanica
Nutrizione artificiale
Assenza di orologio
Assenza di finestre
Presenza di contenzioni fisiche
Stanza di isolamento
Rischio
Relativo
2,70
1,00
IC 95%
p-value
1,20 - 6,20
0,60 – 1,67
0,14
1,53
1,21
1,21
0,02 – 0,99
0,68 – 3,42
0,65 – 2,26
0,83 – 1,77
2,18
1,09
1,31
1,09
0,55
1,09
3,27
1,25
1,33
1,23
6,55
2,90
1,09
0,91 – 5,26
0,18 – 6,48
0,55 – 3,09
0,18 – 6,48
0,57 – 5,21
0,18 – 6,48
0,83 – 12,95
0,68 – 2,27
0,67 – 2,67
0,75 – 2,00
0,93 – 46,14
1,00 – 8,30
0,36 – 3,34
0,01
1,00
0,09
0,03
0,41
0,66
0,59
0,48
0,10
1,00
0,68
1,00
1,00
1,00
0,09
0,67
0,68
0,64
0,03
0,04
1,00
51
GRAFICO 1 – Diagnosi d’ingresso
Diagnosi d'ingresso
Tiroidectomia
Attacco Epilettico
Coma Etilico
Intervento Neurochirurgico
Evento Traumatico
Politrauma Post-incidente …
Emorragia Cerebrale
Insufficienza Respiratoria Cronica
Chirurgia Addominale
Diagnosi d'ingresso
0
5
10
GRAFICO 2 - Morbilità pregresse
Depressione
Demenza
Fibrillazione Atriale
Infarto Miocardico Acuto
Diabete Mellito
0
2
4
6
8
10
12
52
GRAFICO 3 – Comorbidità
Comorbidità
Diadete Mellito e Infarto
Miocardico Acuto
Diadete Mellito e
Fibrillazione Atriale
Diabete Mellito e Demenza
GRAFICO 4 – Permanenza in sede dei device
35
16
30
14
25
12
20
15
10
8
Pazienti
6
10
4
5
2
0
0
Media
Intervallo di Confidenza al 95%:
Limite Inferiore
Intervallo di Confidenza al 95%:
Limite Superiore
Deviazione Standard
53
GRAFICO 5 – Ventilazione meccanica
Ventilazione Meccanica
Invasiva
Non Invasiva
Respiro Spontaneo
54