Terremoto: “evento naturale” ed “evento sociale” (1)

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Terremoto: “evento naturale” ed “evento sociale” (1)
Terremoto: “evento naturale” ed “evento sociale” (1)
Prof. Ing. Teresa Crespellani (2)
Può apparire singolare che io parli a Cagliari di terremoti (Diapositiva 1), essendo la Sardegna una
delle poche regioni italiane non esposta a questo tipo di fenomeno, dal momento che, come
mostra la Diapositiva 2, i terremoti distruttivi italiani si concentrano tutti intorno a una linea che,
partendo dall’arco calabro e attraversando la dorsale appenninica, si spinge fino a toccare le Alpi
orientali.
Ma ci sono molte ragioni perché in Italia si parli di terremoti anche laddove il pericolo non c’è, e
non solo perché attraverso questa lente possiamo vedere come il nostro paese affronta le
calamità, ma soprattutto perché, oltre a essere un “evento naturale” di inesauribile interesse
scientifico che presenta aspetti sempre inediti e singolari, i terremoti sono, come recita il titolo di
questa relazione, un “evento sociale” di enorme rilievo, essendo infatti una delle catastrofi
naturali più distruttive del tessuto collettivo di un paese, il cui peso può mettere in gioco il
problema stesso dell’identità e dell’appartenenza a una nazione.
Anche solo riferendoci agli ultimi 150 anni Il prezzo che l’Italia, tutta l’Italia (inclusa la Sardegna!)
ha pagato è davvero incommensurabile. Non solo in termini di vite umane ma anche di distruzione
del patrimonio storico ed artistico, di emigrazione, di spopolamento di territori, di mutazione di
attività produttive e purtroppo persino in termini di speculazione, di corruzione, di svendita dei
beni pubblici, perché intorno ai terremoti non c’è solo compassione e solidarietà; ci sono profitti,
interessi, guadagni, leciti e talora illeciti. Basti ricordare, a titolo di esempio, la famosa
sconvolgente conversazione fra Piscitelli, direttore tecnico dell'impresa Opere pubbliche, e il
cognato Gagliardi, la notte del sisma de L’Aquila: "Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al
letto"!
In pochi secondi un terremoto di forte intensità non distrugge solo affetti e legami. Può azzerare
secoli di storia, stravolgere culture, tradizioni, attività produttive. Non è solo a livello individuale
che il terremoto, anche quando non priva della vita, ne stravolge il senso. Questo stravolgimento
avviene anche a livello collettivo. Il terremoto irrompe nella vita di una comunità, spezzando i
legami fra gli individui, tra i gruppi, con la società, con la memoria e può cambiare il destino di un
paese. E questo ci riguarda tutti, anche perché come il caso dell’Irpinia e L’Aquila hanno
ampiamente dimostrato, i terremoti fanno emergere non soltanto disuguaglianze e disparità (nulla
come il terremoto fa soffrire di più i più poveri!), ma fanno anche venire a galla le realtà più
drammatiche del nostro paese e cioè: illegalità, omertà, complicità che riguardano talora anche le
classi dirigenti, le imprese, gli operatori, e persino il mondo della cultura e della ricerca. Niente, più
dei terremoti, apre gli occhi alla realtà di un paese. È stato giustamente detto che i terremoti letti
in controluce equivalgono a un trattato di economia politica.
I costi sociali ed economici dei terremoti sono davvero incalcolabili. Per avere un’idea del futuro
che può attenderci guardiamo i seguenti dati (De Marco, 2011) (Diapositiva 3):

Il catalogo dei terremoti italiani degli ultimi 1.000 anni indica oltre 30 mila eventi, 200 dei
quali distruttivi
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Conferenza tenuta al Festival Scienza- L’alfabeto della Scienza- V Edizione, Cagliari, 6-11 Novembre 2012
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Prof. Ing. Teresa Crespellani, già docente di Ingegneria Geotecnica Sismica presso l’ Università degli Studi di Firenze
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
In Italia si verifica un terremoto distruttivo ogni quattro-cinque anni, ovvero circa 20
terremoti ogni secolo

Nei 150 anni dell’Unità di Italia si registrano 34 terremoti distruttivi

Nel secolo scorso si sono avute 120 mila vittime

Negli ultimi 30 anni i danni hanno superato i 100 mld euro

Mediamente ogni terremoto distrugge o danneggia 70 comuni e quindi in un secolo circa
1400 comuni modificano la loro configurazione.
Questi dati dimostrano soprattutto una cosa, e cioè che in Italia le politiche di prevenzione sono
del tutto insufficienti e inadeguate e che senza un drastico cambiamento di direzione nel giro di
pochi decenni l’Italia può subire una mutazione genetica epocale senza pari. Le parti più
affascinanti del nostro paese, i centri storici, gli antichi borghi arroccati sulle colline appenniniche, i
monumenti più incantevoli (teatri, chiese, torri e castelli, ecc.) sono destinati, come l’esempio
dell’Aquila ci mostra, a diventare simulacri spettrali e cumuli di rovine circondati da periferie
anonime spalmate di cemento. Le nostre attività produttive tradizionali lasceranno il passo ai
supermarket e ai grandi magazzini, e alle generazioni future non resterà che vivere in un non luogo
identico a quelli di tutte le periferie del mondo.
Ecco perché parlare di terremoti in Sardegna. Perché i terremoti colpiscono tutti i nostri simboli
identitari, cioè quei segni a cui si lega la nostra appartenenza all’Italia: i monumenti, le città, i
paesaggi, le attività produttive, ecc. Osservando gli effetti distruttivi provocati dal terremoto
dell’Umbria Marche a monumenti come la cupola di San Francesco (Diapositiva 4), o dal terremoto
de L’Aquila alla chiesa di Santa Maria delle Grazie (Diapositiva 5) o alla Chiesa di Santa Maria di
Collemaggio (Diapositiva 6) viene spontaneo domandarsi se quelle ferite non siano anche per noi
sardi una lacerazione della nostra identità. E si rimane ancor più feriti quando si vedono errori
umani come quello di rimuovere con le ruspe le macerie (Diapositiva 7) anziché cercare di
recuperare e catalogare ogni singolo pezzo, come è stato fatto ad Assisi o a Venzone (Diapositiva
8), o di traforare con leggerezza un affresco per farvi passare una catena (Diapositiva 9)! Ma alla
catastrofe del terremoto si aggiungono spesso altre catastrofi legate alla ricostruzione postterremoto, catastrofi sociali che ci colpiscono al cuore nella nostra appartenenza all’Italia. Come il
Progetto CASE de L’Aquila, ad esempio, che ha devastato un territorio creando 19 periferie senza
servizi e solo con le “tane per abitare”, come è stato detto da Barbara Spinelli (Diapositiva 10)!
Ma la nostra identità e appartenenza all’Italia non passa solo attraverso i monumenti, passa anche
attraverso le tante storie e geografie delle nostre città e dei nostri centri abitati anche minori, che
sono il risultato di un sapiente equilibrio di secoli di cultura e che costituiscono le parti più
vulnerabili e più esposte alla distruzione e, ahimè, alle banalità di una moderna ricostruzione. A
titolo di esempio, guardiamo Teòra. Prima del terremoto, come risulta da una stampa del ‘700
(Diapositiva 11), aveva una fortezza, aveva delle chiese, le case con i loro tetti bene inserite nel
paesaggio. Il terremoto dell’Irpinia del 1980 ha sbriciolato ogni cosa (Diapositiva 12). Ora è un
centro qualunque, anonimo e spopolato (Diapositive 13 e 14). Altri esempi: Laviano (Diapositiva
15), Muro Lucano (Diapositive 16 e 17), Conza della Campania (Diapositiva 18), dove il vecchio
centro è un simulacro spettrale perché il nuovo centro è stato fatto sorgere in pianura. E ancora
Finale Emilia (Diapositive 19 e20), e tanti altri drammatici esempi antichi e recenti.
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Ma non sono solo l’arte, i monumenti o i paesaggi i nostri simboli identitari. La nostra
appartenenza all’Italia passa anche attraverso le attività artigianali e produttive (Diapositive 21 e
22), frutto di un sapere che ha valicato i secoli (pensiamo al parmigiano o alla mortadella emiliani
o alle ceramiche di Sassuolo e a quel che potrebbe accadere se i produttori decidessero ad
esempio di commerciare in scarpe!). Passa attraverso merci, manufatti, costumi, tradizioni che in
pochi istanti possono essere distrutti per sempre. È molto facile, e anche umanamente
comprensibile, che dopo un terremoto, ci sia chi decide, specie tra i giovani, di allontanarsi dal
proprio territorio, di cambiare attività, o di abbattere quel che resta della propria casa antica di
secoli per sostituirla con una anonima palazzina moderna. Dobbiamo domandarci: non è anche per
noi, per tutti gli italiani, e per il mondo intero, un impoverimento? Possiamo vivere in un paese
senza memoria? La “protezione” sismica del nostro patrimonio storico e produttivo è cosa che
riguarda solo chi si trova nel territorio colpito o colpibile dai terremoti? È responsabilità solo degli
amministratori e degli “esperti”?
Per mettere un po’ d’ordine su un argomento inesauribile avrei centrato la mia relazione su tre
punti. Farò un brevissimo cenno storico, non soltanto perché non si può dimenticare che
l’apprendimento scientifico è avvenuto a prezzo di lacrime e di sangue ma anche perché la storia
ha un ruolo fondamentale nella difesa dai terremoti. La ricostruzione storica è infatti una delle
componenti essenziali della prevenzione. Poi parlerò del terremoto come fenomeno fisico (come si
originano, come si propagano, dove avvengono, e perché la Sardegna è considerata una terra
“stabile”). E quindi accennerò ai principali problemi della “ prevenzione sismica”.
1.Un po’ di storia
La scienza dei terremoti è una scienza antica. Da sempre i terremoti sono stati oggetto di
osservazioni e interpretazioni, talora mitiche ma per lo più razionali. In Grecia, nel mondo latino,
non sono pochi i filosofi e gli scrittori che si sono occupati di terremoti, Talete, ad es. (635-543 a.
C.) che sosteneva che la terra galleggiava sull'Oceano come una nave sull’acqua, ma anche Plinio il
Vecchio, Erodoto, ecc. Ma è soprattutto in Asia, e in particolare in Cina e in Giappone, che fin da
tempi antichissimi ci si è posti il problema della “conoscenza” e della “misura dei terremoti”, come
mostra questo bellissimo vaso cinese del II secolo d.C. (Diapositiva 24), che è nientemeno che un
sismoscopio, in grado di identificare la direzione di provenienza dello scuotimento sismico. Come
si può osservare, il principio è semplice. Intorno all’imboccatura ci sono delle teste di drago che
tengono in bocca una pallina. Nella base sottostante, in corrispondenza di ogni drago, vi sono delle
rane con la bocca aperta. All’interno del vaso c’è un pendolo collegato alle teste dei draghi
cosicché quando accade il terremoto il pendolo oscilla e il drago che si trova nella direzione dello
scuotimento apre la bocca così che la pallina cade dentro la bocca della rana sottostante.
Anche nel nostro paese l’interesse per i terremoti è stato sempre molto vivo, persino nel
medioevo, quando i terremoti venivano letti soprattutto in chiave trascendente e associati alle
‘colpe’ degli uomini. In quest’epoca fioriscono ammonimenti, rimproveri, esortazioni e soprattutto
invocazioni ai santi e in particolare a Sant’Emidio, il protettore per eccellenza dai terremoti, un
santo vissuto tra il III-IV secolo. Un culto resistente al tempo e che dura ancora, anche se non nelle
stesse forme del passato (Diapositive da 25 a 32).
Tuttavia nel medioevo non fioriscono solo richiami alle colpe e all’espiazione. Fioriscono anche
descrizioni e osservazioni minute sui terremoti. Soprattutto a partire dall’anno 1000, specie
nell’Italia Centrale e soprattutto nelle cronache ecclesiastiche del tempo vengono descritti con una
precisione e una dovizia di particolari il numero delle Ave Marie o dei Padre Nostro recitati
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durante il terremoto, i danni delle costruzioni, i costi delle riparazioni, gli effetti sul paesaggio, sul
terreno, ecc. Informazioni preziose per risalire all’intensità del terremoto, per stimarne la durata,
per valutare l’ampiezza dell’area di risentimento, per costruire delle serie storiche, per avere
informazioni sulle strutture sismogenetiche, i periodi di ritorno, ecc. Va osservato che grazie anche
a tutto questo lavoro portato avanti da personaggi anonimi, specialmente da religiosi e cronachisti
in epoche lontane, e poi riscoperto recentemente da tanti eminenti storici specializzati nelle
ricerche sismiche, la tradizione italiana di osservazione dei terremoti è oggi una delle più antiche e
considerevoli d’Europa. Pensate che in Italia i primi cataloghi sismici risalgono nientemeno che agli
inizi del 1400!
Ma è solo a partire dal 1700 che la scienza dei terremoti ha cominciato a svilupparsi in maniera
sistematica secondo criteri moderni, attraverso osservazioni, teorie, strumenti di misura. Il
terremoto che ha segnato un punto di svolta è stato il terremoto di Lisbona (1755). L’importanza
del terremoto di Lisbona è legata al fatto che da quel momento si comincia a pensare che le
conseguenze del terremoto non sono una fatalità ma sono riconducibili alla responsabilità
umana. In una lettera di Rousseau a Voltaire del 1756, sul terremoto di Lisbona si legge
(Diapositiva 33): «Restando al tema del disastro di Lisbona, converrete che, per esempio, la natura
non aveva affatto riunito in quel luogo ventimila case di sei o sette piani e che se gli abitanti di
quella grande città fossero stati distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di
minore imponenza, il disastro sarebbe stato meno violento o, forse, non ci sarebbe stato affatto».
Le ragioni di questo cambio di prospettiva sono da ricondurre a molti fattori, ma principalmente al
fatto che Lisbona era uno dei più importanti centri commerciali del mondo e in particolare il suo
porto era il più importante e famoso di Europa per i collegamenti con le Americhe e il trasporto di
oro e diamanti dal Brasile. La sua distruzione (Diapositive da 34 a 39) colpì perciò molti interessi
economici. Il terremoto coincise anche con un momento di espansione delle possibilità
comunicative della stampa per cui per la prima volta la notizia del terremoto si diffuse
rapidamente in tutta Europa, scatenando la reazione di molti intellettuali d’Europa (Rousseau,
Voltaire, Kant, Goethe, ecc.).
A partire dal terremoto di Lisbona la scienza dei terremoti subisce un’incredibile svolta. Si parla
sempre meno di “colpe umane”, sempre più di catastrofe e di rischio, e ogni evento sismico
diventa evento di apprendimento scientifico. Da quella data la scienza dei terremoti si sviluppa
lungo varie linee di ricerca.
La prima è quella dell’osservazione e descrizione minuta degli effetti dei terremoti (gli effetti
distruttivi del terremoto delle Calabrie del 1783, XI Mercalli, 50.000 morti, furono descritti in
moltissimi testi e rappresentati in una infinità di stampe!) (Diapositive da 40 a 43).
Una seconda linea di ricerca è quella della messa a punto di sismografi cioè di strumenti di
‘misura’. Un formidabile contributo dettero alcuni esperti che appartenevano ad ordini religiosi (in
particolare degli scolopi e dei barnabiti) (Diapositiva 44).
Un altro settore a cui l’Italia ha dato un contributo decisivo con scienziati come Palmieri, De Rossi,
Mercalli è quella dell’elaborazione di scale di intensità basate sugli effetti prodotti dai terremoti
(Diapositiva 45). Inizia la formazione sistematica di cataloghi, si avviano le prime teorie
interpretative (tettonica a zolle), ecc., si dà vita ai primi tentativi di regolamentazione delle
tecniche costruttive.
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Nascono così diversi settori di studio dei terremoti, che in ordine cronologico si succedono: il
settore della sismologia (che si interessa soprattutto all’origine, alla ‘misura’ dei terremoti e alla
ricostruzione della sismicità storica), il settore dell’ingegneria strutturale (che si interessa allo
studio del comportamento sismico nelle costruzioni durante lo scuotimento sismico” finalizzato
alla “prevenzione” ) e quello della geologia e della ingegneria geotecnica (che si interessano alle
interazioni tra struttura e caratteristiche del sito).
Oggi la scienza dei terremoti usufruisce di una rete sismica di oltre 400 stazioni sismografiche e
accelerometriche distribuite su tutto il territorio nazionale (Diapositiva 46) e costituisce un’area
vastissima di ricerca che coinvolge non solo geofisici, geologi, ingegneri, ma anche urbanisti, storici,
antropologi, sociologi, psicologi, insegnanti, ecc. Specie attraverso i terremoti più importanti dello
scorso secolo anche in Italia si è costruito un enorme patrimonio di conoscenze sulla sismicità,
sulla pericolosità e sulla vulnerabilità del costruito che sarebbe già in grado di consentire l’adozione
di efficaci misure di protezione. Il terremoto di Messina, 1908, il terremoto di Avezzano, 1915, i
terremoti del Friuli, 1976, il terremoto dell’Irpinia, 1980, il terremoto dell’Umbria-Marche, 1997,
segnano delle tappe storiche fondamentali di questo cammino di apprendimento.
2. Il terremoto come “fenomeno fisico”
Sul piano fenomenologico e definitorio (Diapositiva 48) “i terremoti (dal latino terrae motu) sono
oscillazioni del suolo prodotte dal brusco rilascio di energia meccanica accumulata nel tempo in
zone profonde della crosta terrestre per effetto di complesse dinamiche che ancora interessano il
pianeta e che producono nelle rocce degli stati di sforzo che aumentano nel tempo. Sotto l’effetto
di tali sforzi la roccia si deforma proporzionalmente all'energia accumulata fino a raggiungere il
limite di rottura. A quel punto la massa rocciosa si rompe creando una frattura nella crosta
terrestre (faglia) lungo la quale si verifica un movimento relativo dei due blocchi di roccia con
liberazione di energia che si propaga sotto forma di onde sismiche”.
L’origine dei terremoti viene spiegata ricorrendo alla “Teoria delle placche”. Come ben noto la
terra è composta, come un uovo, di vari strati di diverse caratteristiche fisiche, disposti intorno a
un nucleo centrale solido (Diapositiva 49). Lo strato più esterno e più rigido è la litosfera. Al di
sotto della litosfera vi è un’enorme massa fluida ad altissima viscosità e ad alto gradiente termico
(‘astenosfera’). Secondo la teoria delle placche la litosfera è fratturata in grandi placche (o zolle),
tra loro adiacenti, in movimento sopra l’astenosfera.
Secondo questa teoria la concentrazione dei terremoti in alcune zone si spiegherebbe col fatto che
le placche, a causa dei moti convettivi dell’astenosfera, si spostano orizzontalmente e i loro margini
tendono ad entrare in collisione (‘margini convergenti’), ad allontanarsi (‘margini divergenti’) o a
scorrere l’uno contro l’altro (‘margini trascorrenti’). In corrispondenza dei margini divergenti il
materiale caldo risale verso la superficie, le placche tendono a espandersi muovendosi come corpi
rigidi e, a causa del diverso peso, alcune di esse tendono a scorrere le une sotto le altre
(‘subduzione’) (Diapositive 50, 51 e 52). I movimenti delle placche generano lungo i margini degli
sforzi, la cui entità aumenta nel tempo. Sotto l’effetto di tali sforzi, in corrispondenza dei margini,
le rocce si deformano accumulando energia potenziale. Quando gli sforzi superano la resistenza al
taglio della roccia si raggiunge il limite di rottura, la roccia si frattura e l’energia potenziale si
trasforma in energia cinetica.
La teoria delle placche nasce da un’altra teoria: la teoria della deriva dei continenti (Alfred
Wegener, 1912), basata sull’ipotesi che i continenti attuali si siano formati per smembramento di
un unico supercontinente (Pangea) (Diapositiva 53) e che le dinamiche di separazione, iniziate 235
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milioni di anni fa, siano in alcune parti del mondo tuttora in atto (Diapositiva 54). Le zone di
maggiore concentrazione dei terremoti coinciderebbero quindi con i bordi delle placche.
Secondo questa teoria la Sardegna si sarebbe staccata dalla zona di confine tra Spagna e Francia e
avrebbe raggiunto una posizione stabile (Diapositiva 55). Lungo la dorsale appenninica (Diapositiva
56) invece passa la linea di confine tra la placca africana e la placca euroasiatica e le placche sono
ancora in movimento. La sismicità Italiana dipende quindi essenzialmente dal fatto che l’Italia è
situata al margine di convergenza tra due grandi placche, il cui movimento relativo causa
l’accumulo di energia e deformazione che occasionalmente vengono rilasciati sotto forma di
terremoti di varia entità. È da sottolineare che i bordi delle placche non sono netti. Come mostra
uno spaccato dell’Italia Centrale la crosta è interessata per un centinaio di km da un fitto sistema
di faglie (Diapositiva 57) lungo le quali si possono avere progressivi accumuli di energia che
producono in genere movimenti relativi tra i piani di faglia a contatto e nuove fratture, le cui
tracce sono spesso visibili in superficie sotto forma di rigetti, di spaccature del terreno e di
dislocazioni (Diapositive da 58 a 61).
Il movimento che si associa alla frattura produce delle vibrazioni che si propagano in tutte le
direzioni producendo delle onde elastiche (‘onde sismiche’) che viaggiano secondo fronti sferici
fino a raggiungere la superficie (Diapositiva 62). Le onde sismiche prodotte da una sorgente
sismica sono di due tipi: onde P (primae) e onde S (secundae). Viaggiano con velocità diverse
producendo nel terreno differenti stati di sforzo e subendo nel loro cammino fenomeni di
rifrazione e riflessione al contatto tra strati di diverse caratteristiche. In superficie da queste onde
nascono altre onde (le onde di superficie). Gli effetti di queste onde sulle costruzioni sono diversi
(Diapositiva 63): movimenti sussultori e oscillazioni, torsioni ecc. E ogni edificio, in relazione alle
sue caratteristiche geometriche e strutturali, reagisce in modo proprio.
Ma è ormai ampiamente dimostrato che negli ultimi 40-30 metri possono verificarsi fenomeni
locali piuttosto singolari e non sempre facilmente prevedibili, in conseguenza dei quali edifici di
uguali caratteristiche possono avere destini molto diversi, come mostrano alcuni casi piuttosto
evidenti (Diapositive 64 e 65). Nello schema della Diapositiva 66 si vede chiaramente che i quattro
edifici pur avendo identiche caratteristiche strutturali, hanno danneggiamenti molto diversi in
ragione della natura dei terreni. L’edificio fondato sulla roccia non subisce danni, quelli fondati su
terreni sciolti subiscono danni tanto maggiori quanto più sciolto è il terreno.
Oggi si può affermare in tutta sicurezza che il grado di danneggiamento prodotto da un terremoto
distruttivo in un dato territorio è legato a moltissimi elementi (Diapositive da 67 a 72), che sono
però riconducibili a tre fattori fondamentali, e cioè:
a) al terremoto (magnitudo, profondità, meccanismo di sorgente, distanza epicentrale, durata,
componenti del moto, ecc.);
b) al sito (natura ed età dei terreni, morfologia, condizioni di falda, ecc.);
c) alla costruzione (forma, altezza, tipologia strutturale, collegamenti, controventature, ecc.).
Su tutti i tre fronti lo stato dell’arte è molto avanzato. Soprattutto nei paesi più evoluti (Giappone
e Stati Uniti) le conoscenze sui terremoti distruttivi che possono verificarsi in un dato arco di
tempo, sugli effetti che possono produrre nei terreni e nelle costruzioni, sulle tecniche costruttive
per ridurre i danni si sono tradotte in regolamenti e in pratiche virtuose. L’esperienza mostra
(Diapositiva 73) che, laddove esiste una ‘cultura sismica’ diffusa e vengono adottate opportune
misure di difesa, il numero di vittime e i danni sono molto contenuti anche in occasione di
terremoti forti. Anche in Italia il livello delle conoscenze è molto alto e sarebbe già possibile dare
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adeguate risposte a molte delle domande che si pongono per la riduzione del rischio sismico a
scala territoriale ed urbana.
Dunque: sotto il profilo tecnico-scientifico il terremoto è un evento dominabile.
3. Il terremoto come “evento sociale”
Tuttavia, i terremoti continuano a seminare morte e distruzione. Questo è il grande paradosso
della modernità. L’uomo non è più impotente di fronte al terremoto ma anche in molti paesi
avanzati le vittime sono spesso numerose e i danni incalcolabili. Anche in Italia, a fronte di una
sismicità che non è tra quelle più elevate del Mediterraneo, la storia recente dei terremoti
dimostra inequivocabilmente la fragilità del nostro paese, anche quando, come a L’Aquila, dal
1915 tutte le nuove costruzioni avrebbero dovuto essere progettate e realizzate nel rispetto della
normativa sismica.
Ci sono quindi due prospettive da cui guardare i terremoti (Diapositiva 75): una prospettiva
tecnico-scientifica (che ci avverte che lo stato delle conoscenze è molto avanzato e che i terremoti
sono un evento dominabile) e una prospettiva politico-sociale (che ci avverte della nostra
insufficienza a difenderci dai terremoti). Per ridurre il livello di rischio sismico su un dato territorio
le due prospettive devono interagire e la parola chiave è: ”prevenzione”. Una parola che esige una
chiarificazione perché è anche un termine complesso ed emblematico dell’ambiguità delle parole.
Perché è evidente che a L’Aquila chi ha progettato gli isolatori ha inteso fare prevenzione. Ma a
parte gli altissimi costi, dovremmo abbattere tutti i nostri edifici e rifarli su isolatori per potere
vivere “sicuri”? Evidentemente il discorso è assai più complesso perché ad uno stesso principio
possono corrispondere azioni molto diverse.
I principi alla base della difesa dai terremoti (Diapositiva 76):
1. I terremoti non sono un fenomeno casuale;
2. È possibile difendersi dai terremoti;
3. La prevenzione è il migliore mezzo di difesa perché consente di:
 evitare la perdita di vite umane
 salvaguardare il patrimonio immobiliare
 mantenere in attività il settore industriale;
4. La progettazione antisismica delle costruzioni e delle infrastrutture è il mezzo più sicuro per
la riduzione del rischio sismico.
Tuttavia alle tesi prima enunciate si possono muovere diverse obiezioni che hanno delle ricadute
pratiche di notevole rilevanza. La prima riguarda la loro “imprevedibilità”. Infatti, benché i
terremoti si concentrino in zone ben definite del pianeta e manifestino delle ciclicità (Diapositiva
77) e le dinamiche che generano i terremoti siano oggi ben conosciute, in realtà la loro previsione
è affetta da elevatissima incertezza a causa dell’elevato numero di fattori che governano la loro
generazione. Sono perciò di fatto imprevedibili. La seconda obiezione è che, se è vero che è
possibile difendersi dai terremoti è anche vero che difendersi dai terremoti ha un costo e la
collettività può impiegare nella difesa dai terremoti solo una parte delle sue risorse. Quindi non è
possibile una difesa assoluta. Un terzo aspetto da considerare è che, pur essendo vero che la
prevenzione sia il mezzo di difesa migliore, di fatto non è possibile una prevenzione che non si basi
su una previsione degli scenari possibili. Previsione e prevenzione sono cioè operazioni tra loro
strettamente legate. Infine, è indubbio che la prevenzione richiede la costruzione di opere capaci
di resistere ai terremoti attesi, ma questa è solo una condizione necessaria e non sufficiente,
perché, come vedremo in seguito, fare prevenzione significa molte cose.
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Per chiarire meglio il significato delle parole, va precisato che cosa si intende per previsione e che
cosa per prevenzione.
Previsione. In senso stretto (Diapositiva 78) è l’identificazione della severità, del quando e del dove
il terremoto avverrà; in questo senso la previsione non è possibile.
In un’accezione più ampia e meno restrittiva per previsione si intende la stima anticipata della
possibilità di una scossa di grado superiore ad un certo valore in un dato territorio e in un
prefissato arco di tempo; in questo senso la previsione è possibile applicando i metodi
probabilistici.
Occorre distinguere due casi:
a) il caso della previsione a lungo termine (finalizzata alla “prevenzione” nel lungo periodo)
b) Il caso della previsione a breve termine (finalizzata alla “allerta” e alla pianificazione
dell’emergenza).
Nel caso della previsione a lungo termine (Diapositiva 79), se l’arco di tempo di riferimento è lungo
e la storia sismica è ben documentata, utilizzando modelli probabilistici la previsione può fornire
dati molto attendibili ai fini della “prevenzione” .
Nel caso della previsione a breve termine, per valutare la possibilità di una scossa distruttiva, si
possono utilizzare i cosiddetti “segni precursori” (o più semplicemente “precursori”). Nel
linguaggio sismico si definiscono “precursori” alcuni fenomeni (come variazioni del radon,
deformazioni della superficie del suolo, variazioni del campo magnetico ed elettrico, del rapporto
tra onde di volume Vp e Vs, microsismicità, comportamento degli animali come mostra la
Diapositiva 80, ecc.) che precedono il verificarsi di scosse elevate. Anche le scosse sismiche
prolungate di bassa magnitudo possono essere considerate, in particolari contesti e circostanze,
dei precursori.
Come la letteratura sismica dimostra la previsione dei terremoti a breve termine seguita da
provvedimenti di allerta (regole comportamentali, luoghi di raccolta, mezzi di soccorso,
evacuazione di edifici danneggiati, ecc,) può salvare molte vite umane. Ma, ovviamente, non può
salvare il patrimonio abitativo e le attività produttive. Per questo motivo la prevenzione è una
misura di difesa dai terremoti più efficace della previsione.
Prevenzione. Con questo termine si intende (Diapositiva 81) l’insieme delle iniziative e delle azioni
positive per rendere la vita dei cittadini e il patrimonio abitativo più sicuri nei confronti di possibili
eventi calamitosi. La prevenzione ha una duplice dimensione:
-
tecnico-scientifica
culturale sociale
Deve cioè basarsi su conoscenze specialistiche e tecnologie avanzate, ma deve anche fondarsi su
un sistema di formazione e informazione capillare, permanente e diffusa sui rischi del territorio e
su una assunzione di responsabilità collettiva. La prevenzione è perciò soprattutto “cultura”
(Diapositiva 82) che si lega a un immaginario di “qualità della vita” ed è un obiettivo da
raggiungere collettivamente con la finalità di:
-
evitare la perdita di vite umane
salvaguardare il patrimonio immobiliare e le principali infrastrutture
8
-
mantenere in attività il settore produttivo.
Purtroppo le strategie di prevenzione a scala nazionale e locale devono fare anche i conti con la
realtà e comportano scelte pesanti. Infatti, la realizzazione di costruzioni in grado di resistere ai
terremoti ha un costo tanto più elevato quanto più severo è il terremoto da cui ci si vuole
difendere. Perciò la difesa dai terremoti (Diapositiva 83) presuppone che la collettività che vive in
un dato territorio scelga il livello di rischio e di danno che intende accettare per i vari tipi di opere,
definendo cioè le caratteristiche del terremoto da cui vuole difendersi (“terremoto di progetto”).
Una scelta evidentemente dall’alto contenuto tecnico ma anche dalle rilevanti ricadute sociali.
Attualmente esistono a livello internazionale delle direttive condivise che possono aiutare nella
difficile scelta del terremoto di progetto. La direttiva più accreditata e a cui ormai si adegua la
maggior parte delle diverse normative sismiche nazionali è che le costruzioni non debbano avere
danni per il terremoto massimo atteso nel sito con periodo di ritorno di 50 anni e non debbano
crollare per il terremoto massimo che ha periodo di ritorno di 475 anni. Ovviamente i singoli paesi
sono liberi di proteggersi in misura maggiore. In genere si adotta il criterio di differenziare il livello
di protezione per i vari tipi di costruzioni in relazione alla loro importanza.
La prevenzione, intesa come insieme di iniziative concrete per la sicurezza sismica dei cittadini e
del patrimonio abitativo, richiede operazioni tecnico-scientifiche che devono essere condotte con
la responsabilità di molti soggetti e con molte competenze. Si fa prevenzione con l’urbanistica
(disponendo per esempio giardini o opere per attività all’aperto, dove i terreni sono più
sfavorevoli), con l’architettura (progettando strutture che abbiano opportune forme e geometrie),
l’ingegneria strutturale e geotecnica (identificando i materiali, i particolari costruttivi, le tecniche
fondali più idonee, eseguendo calcoli e verificando la resistenza delle strutture), la geofisica, la
geologia, la storia dell’arte, ecc. Si fa prevenzione con l’attenzione delle amministrazioni e dei
cittadini al problema della sicurezza degli anziani, dei bambini, dei disabili. Si fa prevenzione
appendendo un quadro, uno specchio, lo scaldabagno, fissando i mobili alle pareti, ponendo dei
corrimano, esercitandosi collettivamente…
La prevenzione è, quindi, soprattutto, una “cultura” che deve coinvolgere tutta la società (politici,
esperti, amministratori, professionisti, impresari, insegnanti, cittadini). La prevenzione è un po’
come la nota scultura di Sottsass (Diapositiva 84). È fatta di tanti pezzi ed è per sua natura
essenzialmente polifonica. Richiede operazioni tecnico-scientifiche che devono essere condotte a
diverse scale: nazionale, locale, di manufatto.
A scala nazionale (Diapositiva 85) le due principali operazioni tecnico-scientifiche sono: la
classificazione sismica del territorio nazionale e le normative sismiche. A scala locale (Diapositiva
86) il prodotto fondamentale per la prevenzione sismica sono le carte di microzonazione. A scala di
manufatto (Diapositiva 87) l’operazione tecnico-scientifica basilare è costituita dagli elaborati
progettuali corredati da calcoli e specifiche costruttive.
Oltre a questi provvedimenti che riguardano gli interventi più strettamente tecnici sono però
fondamentali anche le “misure ordinarie” di prevenzione (Diapositive da 88 a 92) che a livello
individuale devono essere intraprese dai singoli cittadini alla scala della loro abitazione. Perciò le
Amministrazioni hanno il compito di accrescere la “cultura” della prevenzione, non solo attraverso
un sistema di formazione e informazione capillare e permanente di tecnici e di operatori, ma
anche attraverso l’informazione e il coinvolgimento dei cittadini.
9
L’idea fondamentale che sta oggi alla base delle politiche di prevenzione è che la “prevenzione”
non debba esaurirsi in singoli “atti” (diapositiva 93), ma che, per convivere con il terremoto,
occorra una molteplicità di azioni ripetute, estese nel tempo, implicanti una attenzione costante,
reiterata, vigile. In questa accezione larga, “prevenzione” significa che, non soltanto le
amministrazioni, ma anche i cittadini debbano prendere consapevolezza dei rischi del territorio e
acquistare la capacità di adottare anche a livello individuale misure efficaci di protezione dai
terremoti organizzando la propria vita, ma siano anche messi in condizione di contribuire,
positivamente e nell’ambito dei loro limiti, a proteggere le risorse (umane, storiche,
architettoniche, artistiche e ambientali) del proprio territorio, possibilmente sviluppando iniziative
di sviluppo tecnologico in modo da convivere col terremoto. Indica quindi la capacità di una data
collettività di vigilare sulla propria sicurezza, di accumulare conoscenza specialistica, e,
soprattutto, di tradurre questo sapere in misure efficaci di protezione, di organizzazione e gestione
del territorio, valorizzandone le risorse umane, storiche, architettoniche, artistiche, ambientali e
sviluppando innovazione tecnologica.
Per concludere (diapositiva 94), fare prevenzione in modo serio e tecnologicamente avanzato
significa mettere in moto una macchina per attivare ricerche, per formare tecnici, per qualificare le
imprese, per catalogare edifici, monumenti, intervenire con consolidamenti dei terreni, con
ristrutturazioni e così via. La prevenzione ha assoluto bisogno perciò della scienza, della tecnica,
ma anche di altre discipline (storia dell’arte, archeologia, antropologia, sociologia, psicologia, ecc.).
La prevenzione può produrre nuova scienza, nuova tecnica ma anche lavoro, molto lavoro..…
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Festival Scienza- L’alfabeto della Scienza- V Edizione
Terremoto: “evento naturale” ed “evento sociale”
Prof. Ing. Teresa Crespellani
6-11 Novembre 2012 – Ex Ma’ - Cagliari
I terremoti in Italia
Prof. Ing. Teresa Crespellani - - Festival Scienza- L’alfabeto della Scienza-V Edizione – Cagliari, 6-11 Novembre 2012
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I terremoti in Italia
 Il catalogo dei terremoti italiani degli ultimi 1.000 anni indica oltre
30 mila eventi, 200 dei quali distruttivi
 In Italia si verifica un terremoto distruttivo ogni quattro-cinque
anni, ovvero circa 20 terremoti ogni secolo
 Nei 150 anni dell’Unità di Italia si registrano 34 terremoti distruttivi
 Nel secolo scorso si sono avute oltre 120 mila vittime
 Negli ultimi 30 anni i danni hanno superato i 100 mld euro
 Mediamente ogni terremoto distrugge o danneggia 70 comuni e
quindi in un secolo circa 1400 comuni modificano la loro
configurazione
(da Roberto De Marco, mod.)
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Assisi - Cupola di San Francesco (Terremoto 26 sett. 1997)
Il danno e il recupero
degli affreschi
(da Roberto De Marco, mod.)
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L’Aquila - S. Maria delle Grazie (Terremoto 6 aprile 2009)
(da Roberto De Marco
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L’Aquila – Santa Maria di Collemaggio (Terremoto 6 aprile 2009)
(da Roberto De Marco, mod.)
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L’Aquila – Santa Maria di Collemaggio (Terremoto 6 aprile 2009)
Gli errori umani
(da Roberto De Marco, mod.)
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Duomo di Venzone, Friuli, terremoto 1976
le novemila pietre
recuperate e catalogate
(da Roberto De Marco, mod)
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Gli errori umani
(da Roberto De Marco)
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L’Aquila – Le C.A.S.E.
La seconda catastrofe a poche
ore dal terremoto: “dalle tende
alle case
(da Roberto De Marco)
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Teora, Campania
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Teora, Terremoto
Irpinia, 23 nov. 1980
Prima del terremoto aveva
2568 abitanti. 139 persone
persero la vita.
Oggi conta 1579 abitanti
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Teora, oggi
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Teora, oggi
Il nuovo municipio
Una nuova scuola
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Laviano, prima e dopo il terremoto del 1980
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Muro Lucano
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Muro Lucano, terremoto Irpinia, 1980
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Conza della Campania (terremoto Irpinia, 1980)
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Finale Emilia – La torre (terremoto Emilia, 2012)
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Finale Emilia – Il castello (terremoto Emilia, 2012)
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Attività produttive in Emilia compromesse dal terremoto, 2012
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Attività produttive in Emilia compromesse dal terremoto, 2012
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Un po’ di storia….
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Sismoscopio di Ghang Hen (II sec d.C.)
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Il culto di Sant’Emidio
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Il culto di Sant’Emidio
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Il culto di Sant’Emidio
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Il culto di Sant’Emidio
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Il culto di Sant’Emidio
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Il culto di Sant’Emidio
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30
Il culto di Sant’Emidio
Ex-voto che raffigura la città di Foligno distrutta dal terremoto del 1843. L’ex-voto è del cantante
Soglia che si salvò mentre stava eseguendo uno spettacolo nel teatro che crollò
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Il culto di Sant’Emidio
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Il Terremoto di Lisbona (1755)
In una lettera di Rousseau a Voltaire del 1756, sul terremoto
di Lisbona si legge: «Restando al tema del disastro di
Lisbona, converrete che, per esempio, la natura non aveva
affatto riunito in quel luogo ventimila case di sei o sette piani
e che se gli abitanti di quella grande città fossero stati
distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di
minore imponenza, il disastro sarebbe stato meno violento o,
forse, non ci sarebbe stato affatto».
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33
Il Terremoto di Lisbona (1755)
 A partire dal terremoto di Lisbona si parla sempre meno di colpe umane
da espiare e sempre più di catastrofe naturale e di rischio, e ogni
evento sismico diventa evento di apprendimento scientifico
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34
Rappresentazioni del terremoto di Lisbona (1755)
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35
Rappresentazioni del terremoto di Lisbona (1755)
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36
Rappresentazioni del terremoto di Lisbona (1755)
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Rappresentazioni del terremoto di Lisbona (1755)
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Rappresentazioni del terremoto di Lisbona (1755)
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39
Rappresentazioni del terremoto delle Calabrie (1783)
Fotografia dello stesso tipo di
effetti a Charleston (USA), 1886
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40
Rappresentazioni degli effetti del terremoto delle Calabrie (1783)
Fotografia dello stesso tipo di
effetti a Nijgata,Giappone,
2004
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41
Rappresentazioni degli
effetti del terremoto delle
Calabrie (1783)
La frana oggi
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42
Rappresentazioni degli
effetti del terremoto delle
Calabrie (1783)
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43
I primi sismografi italiani
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44
‘Misura’ dei terremoti: Intensità macrosismica
Scala Mercalli (modificata)
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
Rilevato solo dai
sismometri
Molto lieve
Lieve
Moderato
Abbastanza forte
Forte
Molto forte
Distruttivo
Fortemente distruttivo
Rovinoso
Catastrofico
Completamente
catastrofico
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45
Rete Sismica Nazionale (RAN)
In Italia il monitoraggio dei
terremoti è gestito dall’Istituto
Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (INGV) e dal’Ufficio
Rischio Sismico e Vulcanico del
Dipartimento della Protezione
Civile (DPC) con una rete di oltre
400 stazioni sismografiche e
accelerometriche, che comprende
diverse reti locali, permanenti e
non
119stazioni analogiche (rosso)
269 stazioni digitali (blu)
La RAN è gestita dal Servizio
Monitoraggio del Territorio e
Gestione Banche Dati dell’Ufficio
Valutazione, Prevenzione e
Mitigazione del Rischio Sismico ed
Attività e Opere Post-Emergenza
(SAPE) del Dipartimento della
Protezione Civile Nazionale
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46
Terremoto: un fenomeno fisico
ben conosciuto ma ancora da
studiare…
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I terremoti e la teoria del rimbalzo elastico
 I terremoti (dal latino terrae motu) sono oscillazioni del suolo prodotte dal
brusco rilascio di energia meccanica accumulata nel tempo in zone
profonde della crosta terrestre per effetto di complesse dinamiche che
interessano il pianeta e che producono nelle rocce degli stati di sforzo che
aumentano nel tempo
 Sotto l’effetto di tali sforzi la roccia si deforma proporzionalmente
all'energia accumulata fino a raggiungere la condizione di rottura, creando
una frattura nella crosta terrestre (faglia) lungo la quale si verifica un
movimento relativo dei due blocchi di roccia con liberazione di energia che
si propaga sotto forma di onde sismiche
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Terra
Origine dei terremoti
Uovo
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Origine dei terremoti
Dorsale
oceanica
Dorsale
oceanica
Zona di
subduzione
Zona di
subduzione
Zona di
subduzione
Zona di
collusione
Zolle
divergenti
Zolle
trascorrenti
Zolle
convergenti
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50
Origine dei terremoti
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51
Teoria delle placche
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52
Teoria della deriva dei continenti
Pangea
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53
Teoria della deriva
dei continenti
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54
Teoria della deriva dei continenti
Zolla euroasiatica
Zolla africana
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Zolla euroasiatica e africana
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Faglie sismogenetiche in Italia centrale
Cagli, 1781
Fabriano, 1741
0
20
40
km
57
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Faglie e fratture secondarie
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58
Faglie e fratture secondarie
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59
Faglie e fratture
secondarie
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60
Faglie ed effetti in superficie
(Messico, 1985)
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Origine e propagazione delle onde sismiche
onde di
superficie
Onde sismiche
 Onde di volume:
- onde P (Primae)
- onde S (Secundae)
 Onde di superficie:
- onde di Rayleigh
- onde di Love
epicentro
ipocentro
onde di
volume
I vari tipi di onde sismiche viaggiano a diverse velocità e deformano
in diverso modo i materiali attraversati
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Onde di volume
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63
Differente comportamento sismico di edifici di
analoghe caratteristiche
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Differente comportamento sismico di edifici di analoghe
caratteristiche
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65
Differente comportamento sismico di edifici di analoghe
caratteristiche
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66
Fattori che influiscono sui danni dei terremoti
1) Terremoto
2) Sito
3) Costruzione
Caratteristiche del terremoto: magnitudo, profondità, meccanismo
di sorgente, distanza epicentrale, durata, componenti del moto, ecc.)
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67
Fattori che influiscono sui danni dei terremoti
Caratteristiche del sito: natura ed età dei terreni, morfologia,
condizioni di falda, ecc.
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68
Casi di liquefazione a San Carlo
Terremoto Emilia 20 maggio
2012
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69
Fattori che influiscono sui danni dei terremoti
Caratteristiche della costruzione: forma, altezza, tipologia
strutturale, collegamenti, controventature, ecc.
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70
Influenza della forma
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71
Influenza delle connessioni tra gli elementi strutturali
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72
Stato dell’arte
 Sotto il profilo tecnico-scientifico lo stato dell’arte è oggi molto
avanzato
 L’esperienza ha dimostrato che laddove vengono adottate
opportune misure di difesa, il numero di vittime e i danni sono
molto contenuti anche in occasione di terremoti molto forti
 Anche in Italia il livello delle conoscenze è molto alto ed è
possibile dare adeguate risposte a molte delle domande che si
pongono per la riduzione del rischio sismico
Sotto il livello tecnico-scientifico si può affermare che:
Il terremoto è un evento dominabile
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73
Terremoto: una catastrofe “sociale”
da cui è possibile difendersi
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74
Prospettive da cui guardare i terremoti
 una prospettiva tecnico-scientifica (che ci avverte che lo
stato delle conoscenze è molto avanzato, e che i terremoti
sono un evento dominabile)

una prospettiva politico-sociale (che ci avverte della
nostra insufficienza)
Per ridurre il livello di rischio sismico su un dato territorio le
due prospettive devono interagire e la parola chiave è:
”prevenzione”
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75
I principi alla base della difesa dai terremoti
1.
2.
3.
4.
Il terremoto non è un fenomeno casuale
È possibile difendersi dai terremoti
La prevenzione è il migliore mezzo di difesa
La progettazione antisismica delle costruzioni e delle infrastrutture è
il mezzo più sicuro e deve essere condotta nel rispetto delle regole
del buon costruire e delle normative sismiche
Tuttavia:
1. I terremoti sono anche eventi “imprevedibili”
2. La difesa dai terremoti ha un “costo”
3. La prevenzione non è possibile senza la “previsione”
4. La progettazione antisismica è condizione necessaria ma non
sufficiente
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76
I principi alla base della difesa dai terremoti
X
IX
VIII
VII
VI
Tempo
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77
Previsione dei terremoti
 In senso stretto: è l’identificazione della severità, del quando e del
dove il terremoto avverrà; in questo senso la previsione non è possibile
In senso lato: è la previsione della possibilità di una scossa di grado
superiore ad un certo valore in un dato territorio e in un prefissato arco
di tempo; in questo senso la previsione è possibile applicando i metodi
probabilistici:
 Occorre distinguere due casi:
a) il caso della previsione a lungo termine (finalizzata alla
“prevenzione” nel lungo periodo)
b) Il caso della previsione a breve termine (finalizzata alla “allerta” e
alla pianificazione dell’emergenza)
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78
Previsione dei terremoti
 Nel caso della previsione a lungo termine, se l’arco di tempo di
riferimento è lungo e la storia sismica è ben documentata, utilizzando
modelli probabilistici la previsione può fornire dati molto attendibili per la
“prevenzione”
 Nel caso della previsione a breve termine, si possono utilizzare i segni
“precursori” per valutare la probabilità di una scossa a breve termine;
Si definiscono “precursori” alcuni fenomeni ( come variazioni del radon,
deformazioni della superficie del suolo, variazioni del campo magnetico
ed elettrico, del rapporto tra onde di volume Vp e Vs, microsismicità,
comportamento degli animali, ecc.) che precedono il verificarsi di scosse
elevate
 La previsione dei terremoti a breve termine seguita da provvedimenti di
allerta (regole comportamentali, luoghi di raccolta, mezzi di soccorso,
evacuazione di edifici danneggiati, ecc,) può salvare le vite umane (ma
non salva il patrimonio e le attività produttive)
Perciò la prevenzione è più efficace della previsione
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Es. Comportamento degli animali nella previsione dei terremoti
Animali
Tempi di preavviso
Cani
da due ore a due giorni
Gallinacei
da uno a tre giorni
Serpenti
da uno a tre giorni (fino a 10 se in letargo)
Topi
da uno a quindici giorni
Pesci
da poche ore a dieci giorni
Colombi
da poche ore a un giorno
Fagiani
da uno a due giorni
Maiali, cavalli
da poche ore a un giorno
Tigri del Nord Est
poche ore
Panda
poche ore
Pappagalli, cigni
da pochi minuti a poche ore
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Prevenzione
 Insieme di iniziative e di azioni positive per rendere la vita dei cittadini
e il patrimonio abitativo più sicuri nei confronti di possibili eventi
calamitosi
 La prevenzione ha una duplice dimensione:
- tecnico-scientifica
- culturale sociale
 Deve cioè basarsi su conoscenze specialistiche e tecnologie
avanzate
 Deve fondarsi su un sistema di formazione e informazione capillare,
permanente e diffusa sui rischi del territorio e su una assunzione di
responsabilità collettiva
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Finalità della prevenzione
 La prevenzione è perciò soprattutto “cultura” che si lega a un
immaginario di “qualità della vita” ed è un obiettivo da raggiungere
collettivamente con la finalità di:
 evitare la perdita di vite umane
 salvaguardare il patrimonio immobiliare e le principali
infrastrutture
 mantenere in attività il settore produttivo
 Poiché la realizzazione di costruzioni ha un costo tanto più elevato
quanto più severo il terremoto da cui ci si vuole difendere, la
progettazione di opere sismoresistenti presuppone la scelta del livello
di rischio e di danno che la collettività che vive in un dato territorio
intende accettare per i vari tipi di opere (“terremoto di progetto”)
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Operazioni tecnico-scientifiche basilari per la “prevenzione”
La prevenzione sismica comporta :
 la scelta del livello di rischio e di danno che la collettività che
vive in un dato territorio intende accettare per i vari tipi di opere
(“terremoto di progetto”)
Periodo di ritorno 500 anni
X
IX
VIII
50 anni
VII
VI
Tempo
 La prevenzione richiede operazioni tecnico-scientifiche che devono
essere condotte da molti soggetti e a diverse scale: nazionale
(classificazione e normative), locale (carte di microzonazione
sismica), manufatto (elaborati progettuali)
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La prevenzione sismica
Misure
“ordinarie”
Linee guida
regionali
Ettore Sottsass, Jr, 1981
Normative
sismiche
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Principali strumenti di prevenzione
Scala nazionale
Zonazione sismica
Mappa di
pericolosità
Normative per la
progettazione
antisismica dei
manufatti
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Principali strumenti di mitigazione del rischio sismico
Scala urbana
Es. di Carta di Microzonazione sismica
Zona F
FA= 1.5
Zona D
FA= 1.3
Zona C
FA= 1.2
Zona B
FA= 1.1
Zona A
FA= 1.0
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Principali strumenti di mitigazione del rischio sismico
Scala manufatto
Progettazione antisismica
(Norme nazionali per le costruzioni in zona sismica)
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Misure ‘ordinarie’ di prevenzione
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88
Misure ‘ordinarie’ di protezione sismica
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89
Misure ‘ordinarie’ di prevenzione
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90
Misure ‘ordinarie’ di protezione sismica
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91
Misure ‘ordinarie’ di protezione sismica
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Cultura della prevenzione sismica
Per concludere:
 La “prevenzione” non può esaurirsi in singoli “atti”, ma deve
essere una “cultura” che richiede una molteplicità di azioni
ripetute, estese nel tempo, implicanti una attenzione costante,
reiterata, vigile, per convivere con il terremoto.
 In questa accezione larga, “prevenzione” significa che, non
soltanto le amministrazioni, ma anche i cittadini debbano
prendere consapevolezza dei rischi del territorio e acquistare la
capacità di adottare anche a livello individuale misure efficaci di
protezione dai terremoti organizzando la propria vita
 Richiede anche che tutta la nazione contribuisca positivamente e
ognuno nell’ambito dei suoi limiti, a proteggere le risorse (umane,
storiche, architettoniche, artistiche e ambientali) della nazione,
possibilmente sviluppando iniziative di crescita e di progresso
tecnologico
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Occorre tener presente che:
Fare prevenzione in modo serio e tecnologicamente avanzato
significa mettere in moto una macchina per attivare ricerche,
per formare tecnici, per qualificare le imprese, per catalogare
edifici, monumenti, intervenire con consolidamenti dei terreni,
con ristrutturazioni e così via
La prevenzione ha assoluto bisogno perciò della scienza, della
tecnica, ma anche di altre discipline (storia dell’arte,
archeologia, antropologia, sociologia, psicologia, ecc.)
La prevenzione può produrre nuova scienza, nuova tecnica ma
anche lavoro…
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