L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLII n. 249 (46.195) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 28 ottobre 2012 . A conclusione dell’assemblea generale il Papa ringrazia i padri sinodali e annuncia il trasferimento di competenze tra alcuni dicasteri della Curia romana Per una Chiesa di tutti i popoli I seminari passano alla Congregazione per il Clero, la catechesi al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione Trasferimento di competenze tra alcuni dicasteri della Curia romana. Lo ha annunciato il Papa nel corso della ventiduesima e ultima congregazione generale del Sinodo dei vescovi — svoltasi nella mattina di sabato 27 ottobre — comunicando che la competenza sui seminari passerà dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero, e quella sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il Pontefice ha anche rivolto ai padri sinodali parole di saluto e di ringraziamento per il lavoro svolto in queste settimane. Cari Fratelli e sorelle, prima di ringraziare da parte mia, vorrei ancora fare una comunicazione. Nel contesto delle riflessioni del Sinodo dei Vescovi, «La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana», ed a conclusione di un cammino di riflessione sulle tematiche dei Seminari e della Catechesi, mi è gradito annunciare che ho deciso, dopo preghiera e ulteriore riflessione, di trasferire la competenza sui Seminari dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero e la competenza sulla Catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Seguiranno i documenti relativi in forma di Lettera Apostolica Motu Proprio per definire gli ambiti e le rispettive facoltà. Preghiamo il Signore perché accompagni i tre Dicasteri della Curia Romana nella loro importante missione, con la collaborazione di tutta la Chiesa. Avendo già la parola, vorrei anche esprimere i miei cordialissimi auguri ai nuovi Cardinali. Io ho voluto, con questo piccolo Concistoro, completare il Concistoro di febbraio, proprio nel contesto della Nuova Evangelizzazione, con un gesto dell’universalità della Chiesa, mostrando che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, parla in tutte le lingue, è sempre Chiesa di Pentecoste; non Chiesa di un Continente, ma Chiesa universale. Proprio questa era la mia intenzione, di esprimere questo contesto, questa universalità della Chiesa; è anche la bella espressione di questo Sinodo. Per me è stato veramente edificante, consolante ed incoraggiante vedere qui lo specchio della Chiesa universale con le sue sofferenze, minacce, pericoli e gioie, esperienze della presenza del Signore, anche in situazioni difficili. Abbiamo sentito come la Chiesa anche oggi cresce, vive. Penso, per esempio, a quanto ci è stato detto sulla Cambogia, dove di nuovo nasce la Chiesa, la fede; o anche sulla Norvegia, e tanti altri. Vediamo come anche oggi dove non si aspetta- va, il Signore è presente e potente e il Signore è operante anche tramite il nostro lavoro e le nostre riflessioni. Anche se la Chiesa sente venti contrari, tuttavia sente soprattutto il vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così, con nuovo entusiasmo, mi sembra, siamo in cammino e ringraziamo il Signore perché ci ha dato questo incontro veramente cattolico. Ringrazio tutti: i Padri del Sinodo, gli Uditori, con le testimonianze veramente spesso molto commoventi, gli Esperti, i Delegati fraterni che ci hanno aiutato; e sappiamo che tutti vogliamo annunciare Cristo ed il suo Vangelo e combattere, in questo tempo difficile, per la presenza della verità di Cristo e per il suo annuncio. Soprattutto vorrei ringraziare i nostri Presidenti che ci hanno guidato dolcemente e decisamente, i Relatori che hanno lavorato giorno e notte. Io penso sempre che sia un po’ contro il diritto naturale lavorare anche di notte, ma se lo fanno volontariamente si possono ringraziare e dobbiamo sentirci grati; e, naturalmente, il nostro Segretario Generale, indefesso e ricco di idee. Adesso queste Propositiones sono un testamento, un dono, dato a me per noi, per elaborare tutto in un documento che viene dalla vita e dovrebbe generare vita. Su questo speriamo e preghiamo; in ogni caso, andiamo avanti con l’aiuto del Signore. Grazie a voi tutti. Con molti ci vediamo anche in novembre — penso al Concistoro. Grazie. PAGINE 6, 7 E 8 Nel segno del concilio ra iniziato bene e si è concluso meglio. Il Sinodo apre il tempo della nuova evangelizzazione chiamando tutte le componenti della Chiesa, ecclesiastici e laici, ai blocchi di partenza per la missione, indicata come un compito di tutti i battezzati. Il messaggio al popolo di Dio ribadisce che la Chiesa invita alla missione non perché incalzata dal pessimismo, quanto piuttosto sollecitata dalla speranza, in spirito di vera amicizia con l’umanità attuale. Senza interrompere, anzi consolidando quel filo di novità pastorale ereditata dal Vaticano II. Iniziato nel segno del concilio, questo Sinodo — momento collegiale per rispondere concretamente alla desertificazione spirituale del nostro tempo — si è richiamato al Vaticano II, ponendo al centro del proprio orizzonte la fede in Gesù nazareno, proponendolo alla Chiesa quale stella polare di tutta la pastorale. Ormai alla conclusione, raccogliendo le iniziali indicazioni di Benedetto XVI, il Sinodo è apparso in forma nitida figlio del concilio. Lo stesso Pontefice aprendo i lavori aveva, infatti, sottolineato la stretta relazione tra l’Anno della fede e l’assemblea sinodale come opportunità per celebrare degnamente i cinquant’anni della più grande assise dell’episcopato cattolico che la storia ricordi. Il magistero del Vaticano II, confluito nel Catechismo, ri- E Ottomila profughi attendono alla frontiera di poter entrare in Turchia La tregua non ferma gli scontri in Siria DAMASCO, 27. Tregua sempre più debole in Siria. È di 146 morti il bilancio degli scontri che ieri, venerdì, hanno macchiato il primo giorno del cessate il fuoco: a riferirlo è l’Osservatorio siriano per i diritti umani, piattaforma che raccoglie diversi gruppi di attivisti. Delle 146 vittime nei bombardamenti e negli scontri a fuoco di venerdì, 53 erano civili, 50 erano ribelli e altri 43 erano membri delle forze fedeli al regime Assad. Violenti scontri sono segnalati questa mattina tra forze di sicurezza e gruppi di oppositori. Coinvolte diverse zone, nel secondo giorno della tregua. Stando a fonti degli attivisti, una forte esplosione ha colpito la provincia orientale di Deir Ezzor, dove ci sono stati poi combattimenti. Scontri sporadici si sono registrati anche nella città settentrionale di Aleppo, mentre un uomo e un bambino sono rimasti uccisi dal fuoco di un cecchino nella provincia meridionale di Daraa. «Nessuna delle due parti sembra disposta a fermarsi; la tregua è destinata al fallimento» ha dichiarato alla Dpa Rami Abdel Rahman, a capo dell’osservatorio che ha sede a Londra. Sul piano umanitario, circa ottomila sfollati siriani attendono vicino alla frontiera turca di potersi rifugiare nel Paese vicino, come ha indicato il governatore della provincia turca di Kilis, Suleyman Tapsis. Questi ha precisato che gli sfollati in attesa potranno entrare in Turchia «quando potremo accoglierli, quando ci sarà posto». Al momento la Turchia ospita ora 100.000 profughi e disertori siriani in quattordici campi lungo il confine e nuove strutture sono in corso di allestimento. Dovrebbero consentire di ospitare altri 40.000 profughi circa. Dai primi di settembre le autorità turche limitano gli ingressi di rifugiati in funzione dello spazio disponibile nei campi. c.d.c. Un gruppo di bambini in un campo profughi al confine con la Turchia (Reuters) NOSTRE INFORMAZIONI 28 ottobre 312 La croce di Costantino y(7HA3J1*QSSKKM( +$!=!"!?!: mane per il nostro tempo un riferimento sicuro della fede. L’assemblea sinodale ha ribadito la ferma adesione all’insegnamento del concilio e il convinto impegno a continuarne la piena attuazione. Assenti e comunque non determinanti nei lavori i «profeti di sventura». Si è invece creata una simpatia reale con l’uomo stretto dalle molte difficoltà dell’attuale momento storico. Culminata con l’inusuale decisione di inviare una delegazione sinodale nel pieno della bufera siriana, la preoccupazione dei padri sinodali di farsi prossimo è stata quella di ribadire la vicinanza della Chiesa a ogni specie di sofferenza umana. Tante le voci di speciale attenzione al permanere diffuso di restrizioni della libertà non solo religiosa, al persistere della povertà e dell’ingiustizia, della malattia e del lavoro precario, di conflitti, migrazioni, attentati alla dignità e alla vita umana. Nell’aula sinodale è più volte risuonata la volontà dichiarata per una Chiesa che riconosce le debolezze dei fedeli e dei suoi ministri, che intende essere amica dei giovani, della ragione e della scienza, in ascolto dei cercatori di verità anche non credenti, in dialogo con le altre religioni e impegnata a ricucire il tessuto con le altre Chiese e confessioni cristiane come contributo alla pace e al superamento definitivo della violenza. È apparsa una coscienza più definita nel chiarire la qualità dell’evangelizzazione. Lo ha espresso bene uno dei padri sinodali invitando tutti a chiedersi «se la buona novella che annunciamo sia buona per i poveri e se noi come Chiesa rendiamo credibile questo annuncio». Tra le carte pubblicate si legge che all’origine di questa scelta c’è il rinnovamento spirituale che la Chiesa è chiamata a proclamare e realizzare come condizione della nuova evangelizzazione. Decisivo è l’incontro personale di ogni cristiano con Cristo. Si può cogliere in questo obiettivo centrale l’eco della prima preoccupazione che caratterizza gli scritti di Papa Ratzinger che, non a caso, ha dedicato parte del suo tempo a scrivere di Gesù di Nazaret. Solo rimettendolo al centro l’opera di aggiornamento da completare avviene senza che la Chiesa smarrisca la ragione del suo essere e del suo operare. Il Santo Padre ha nominato Membro della Congregazione delle Cause dei Santi Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Jules Mikhael Al-Jamil, Arcivescovo titolare di Takrit. La croce tra i santi Costantino ed Elena (venerati nella tradizione ortodossa il 21 maggio) PAGINA 4 Il Santo Padre ha nominato Membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: l’Eminentissimo Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; gli Eccellentissimi Monsignori: Peter Takeo Okada, Arcivescovo di Tokyo (Giappone); Jean Benjamin Sleiman, O.C.D., Arcivescovo di Baghdad dei Latini (Iraq); Daniel Joseph Bohan, Arcivescovo di Regina (Canada); Salvatore Fisichella, Arcivescovo titolare di Voghenza, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; Michel Dubost, C.I.M., Vescovo di Evry-Corbeil-Essonnes (Francia); Angelito R. Lampon, O.M.I., Vescovo titolare di Valliposita, Vicario Apostolico di Jolo (Filippine); Francesco Biasin, Vescovo di Barra do Piraí - Volta Redonda (Brasile); Joseph Chusak Sirisut, Vescovo di Nakhon Ratchasima (Thailandia); Sebastian Francis Shah, O.F.M., Vescovo titolare di Tino, Ausiliare di Lahore (Pakistan); Michael Didi Adgum Mangoria, Vescovo Coadiutore di El Obeid (Sudan); Tomo Vukšić, Ordinario Militare della Bosnia ed Erzegovina; Matthew Hassan Kukah, Vescovo di Sokoto (Nigeria). Il Santo Padre ha nominato Membri del Pontificio Consiglio «Cor Unum»: l’Eminentissimo Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), Presidente di Caritas Internationalis; gli Eccellentissimi Monsignori: Alberto Taveira Corrêa, Arcivescovo di Belém do Pará (Brasile); Paolo Pezzi, F.S.C.B., Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca; Tarcisius Isao Kikuchi, S.V.D., Vescovo di Niigata (Giappone), Vice Presidente di Caritas Internationalis per l’Asia; e, in rappresentanza delle Organizzazioni, i Reverendi Signori: Monsignor Peter Neher, Presidente di Deutscher Caritasverband - Repubblica Federale di Germania; Francesco Antonio Soddu, Direttore Nazionale di Caritas Italiana; gli Illustrissimi Signori: Barone Johannes Nepomuk Heereman Von Zuydtwyck, Presidente Esecutivo di Aiuto alla Chiesa che Soffre; Dottoressa Carolyn Y. Woo, Presidente di Catholic Relief Services - U.S.C.C. - Stati Uniti d’America; Signora Maritza Sánchez Abiyud, Direttore di Caritas Cuba. Il Sommo Pontefice ha inoltre nominato Consultore del medesimo Pontificio Consiglio «Cor Unum» l’Illustrissimo Dottore Michel Roy, Segretario Generale di Caritas Internationalis. sta, C.P., Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima Diocesi. Provviste di Chiese In data 27 ottobre, il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi - Conza - Nusco - Bisaccia il Reverendo Pasquale Cascio, del clero della Diocesi di Teggiano-Policastro, Parroco e Docente di Sacra Scrittura. In data 20 ottobre corrente, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di BrindisiOstuni (Italia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Rocco Talucci, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. In data 27 ottobre, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Pelplin (Polonia) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore Ryszard Kasyna, trasferendolo dalla sede titolare di Dices e dall’Ufficio di Ausiliare di Gdańsk. In data 27 ottobre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Pemba in Mozambico, presentata dall’Eccellentissimo Monsignore Ernesto Maguengue in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico e ha nominato il Reverendo Padre Fernando Domingos Co- In data 27 ottobre, il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Montería (Colombia) il Reverendo Ramón Alberto Rolón Güepsa, del clero dell’Arcidiocesi di Nueva Pamplona (Colombia), finora Rettore del Seminario Maggiore Arcidiocesano «Santo Tomás de Aquino». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 Per raggiungere un’intesa prima del default Dopo la condanna a quattro anni per frode fiscale Eurogruppo straordinario sulla Grecia Berlusconi reagisce alla sentenza del Tribunale di Milano ATENE, 27. Un accordo sul futuro della Grecia non c’è ancora, ma questa volta — dicono i commentatori — sembra che ci sia almeno la volontà, sia da parte della troika che da parte di Atene, di arrivarci. Ed è in questo senso che deve essere letta la convocazione, confermata da Bruxelles e Lussemburgo, di una riunione in teleconferenza dell’Eurogruppo nel pomeriggio di mercoledì. I contatti a tutti i livelli fervono: ancora una volta è una corsa contro il tempo per evitare il default. Una nuova doccia fredda per Atene è però arrivata questa mattina: secondo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, la permanenza della Grecia nell’euro non è ancora del tutto sicura. In un’intervista televisiva, Schäuble ha ribadito la posizione tedesca: «Vogliamo che Atene possa rimanere nell’euro, ma deve fare ancora molto, la cosa non è ancora decisa». Secondo Schäuble, esistono «dubbi che la Grecia possa far fronte agli impegni assunti finora; questi dubbi devono essere fugati per il futuro». Dopo la prima sessione di lavori dell’Euroworking Group (gruppo di tecnici e di personalità politiche europee specializzate in finanza), tenutasi ieri, altre due sono previste lunedì e martedì a Bruxelles. Sul tavolo, la questione greca nel suo complesso: l’idea, spiegano diverse fonti, è quella di abbozzare un accordo La bandiera dell’Unione europea sul Partenone ad Atene (Ansa) globale di massima, dalle misure strutturali richieste ad Atene alla concessione di due anni di tempo ulteriori per rientrare del deficit, ai problemi di rifinanziamento del Paese e dei relativi aiuti necessari. Un lavoro complesso — rammentano gli esperti — che deve cercare di fare quadrare i conti di Atene e dei suoi partner dell’eurozona. Perché il “buco” causato da un’estensione dei tempi delle trattative sarebbe L’Fmi sblocca gli aiuti all’economia portoghese LISBONA, 27. I tecnici del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno completato la quinta revisione dei conti e della performance economica del Portogallo nell’ambito del piano di aiuti da 78 miliardi concesso nel 2011 insieme all’Unione europea. A conclusione della missione l’Fmi ha dato il via libera al versamento immediato di 1,5 miliardi di euro, portando il totale delle erogazioni finora concesse al Paese a 21,8 miliardi. «Grazie agli enormi sforzi delle autorità politiche, gli squilibri di bilancio si sono significativamente ridotti e gli spread sono diminuiti» si legge nella nota dell’istituto diffusa ieri. Tuttavia «un outlook esterno più debole e un aumento della disoccupazione hanno alzato i rischi per il conseguimento degli obiettivi del programma; dunque ulteriori sforzi sono necessari per avanzare ulteriormente verso il consolidamento fiscale». Secondo gli osservatori, la finanziaria 2013 rischia tuttavia di scatenare una nuova ondata di proteste di piazza fin nel cuore della capitale. Si tratta d’altronde della manovra più restrittiva della storia democratica del Portogallo, fondata all’ottanta per cento sull’imposizione fiscale. I lavoratori della Lusa, l’agenzia di stampa portoghese, hanno indetto alcuni giorni fa uno sciopero di quattro giorni contro i tagli del trenta per cento previsti nella proposta di budget dello Stato per il 2013, durante il quale l’agenzia ha sospeso il servizio di distribuzione di notizie. La manifestazione di protesta è iniziata con un raduno accanto alla porta laterale del Parlamento, che si è poi trasferito alla sede del giornale «Público» — anch’esso in sciopero — per riunirsi a un’azione di protesta convocata da un gruppo di ex funzionari e lettori del giornale. Nella città di Porto — sottolinea la stampa locale — si è tenuto un dibattito sulla situazione della comunicazione sociale, organizzato congiuntamente dalla Lusa e da «Público», presso l’auditorium del Polo delle Industrie Creative dell’Università di Porto. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum domenica 28 ottobre 2012 POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va di 20-30 miliardi di euro e sulle modalità della sua copertura non c’è ancora intesa. E se i tecnici cercano di preparare la strada per un accordo politico già mercoledì, non è escluso che la teleconferenza possa essere solo una tappa in vista del 12 novembre, quando i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo si incontreranno fisicamente a Bruxelles. Questa resta la data ultima per un accordo: il 16 novembre — come ha avvertito il premier greco, Antonis Samaras — Atene non avrà più soldi per finanziarsi. E aspetta l’ok dell’Eurogruppo all’esborso di una tranche di aiuti da 31,5 miliardi. Quello che aspettano invece i partner internazionali è un chiaro impegno da parte del Governo greco, con l’approvazione del nuovo pacchetto di misure da 13,5 miliardi, inclusa la riforma del lavoro. L’obiettivo è che i leader della coalizione di Governo trovino un’intesa sulle riforme entro domenica sera, prima del nuovo incontro dell’Euroworking group, e che vengano poi approvate il prima possibile in Parlamento. L’affidabilità di Atene è infatti il tasto dolente, su cui la Germania continua a premere. Secondo un sondaggio diffuso oggi, solo il 48 per cento dei tedeschi vuole che Atene resti nell’eurozona. «La Grecia non svenderà la propria libertà» ha detto il premier Samaras, il quale ha aggiunto che è venuto il momento per il Paese di guardare avanti e di cercare tutta la collaborazione necessaria «per scrollarsi di dosso le catene del sottosviluppo e del debito eccessivo che ci umiliano». Il primo ministro ha ribadito inoltre la necessità che i greci abbiano fiducia nelle proprie capacità e dimostrino unità e amor di patria in quanto «solo la divisione ci può far fallire». In pochi anni «la Grecia sarà un posto migliore». ROMA, 27. «Mi sento obbligato a restare in campo per riformare il pianeta giustizia, perché ad altri cittadini non capiti ciò che è capitato a me». Questo l’annuncio di Silvio Berlusconi all’indomani della sentenza del Tribunale di Milano con la quale ieri è stato condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale. Delle conseguenze «ci saranno» ha detto Berlusconi: «A Roma la Cassazione mi ha assolto con formula piena sulla stessa materia. Come mai non si è tenuto conto di questo?». Forse — ha continuato — «il giudice Davossa (Edoardo, presidente del Tribunale, ndr) è molto prevenuto contro di me. O forse in tutto questo si devono trovare delle spiegazioni di natura politica». Già prima dell’intervento dell’ex presidente del Consiglio, in risposta alle polemiche suscitate dalla sentenza, l’Associazione nazionale magistrati era intervenuta per bocca del presidente Antonio Sabelli: «Respingiamo con fermezza attacchi e offese. Non si può assolutamente parlare di sentenza politica e barbarie». Sabelli aveva espresso poi «solidarietà» ai magistrati di Milano. Mercoledì scorso Berlusconi aveva annunciato l’intenzione di non presentarsi come candidato alla guida del Governo nelle prossime elezioni politiche, indicando il mese di I revisori internazionali plaudono ai progressi del Governo Rajoy Uno spagnolo su quattro senza lavoro Bankia annuncia perdite per sette miliardi di euro MADRID, 27. Uno spagnolo su quattro non ha un lavoro, nelle regioni del sud come Andalusia ed Extremadura addirittura uno su tre, ma tutti i contribuenti hanno dovuto pagare nel 2010 ben 1.846 euro a testa per gli aiuti dati dallo Stato alle banche. Ieri, nel giorno dei nuovi dati sul fronte della disoccupazione — oltre 5,7 milioni di senza lavoro, una cifra senza precedenti nella sto- Hollande chiede un salvataggio di Cipro più morbido NICOSIA, 27. Il presidente francese, François Hollande, si è opposto a un salvataggio troppo duro di Cipro, invitando la troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Unione europea) a ponderare le misure da chiedere in cambio degli aiuti economici. Dopo aver ribadito il sostegno di Parigi al Governo di Nicosia, Hollande — al termine di un incontro con il presidente cipriota, Demetris Christofias — ha fatto sapere che la Francia vuole una soluzione che consenta a «Cipro di risollevarsi dalle sue difficoltà e, allo stesso tempo, non imponga condizioni troppo draconiane». Secondo Hollande, una soluzione deve essere trovata alla riunione dell’Eurogruppo di Bruxelles dei ministri delle Finanze del 12 novembre prossimo. «Questo — ha detto il presidente francese durante la conferenza stampa — sarebbe il miglior risultato per Cipro e per l’Europa». La cifra sugli aiuti a Cipro è ancora oggetto di negoziato, ma secondo la stampa e le televisioni dell’isola mediterranea, Nicosia avrebbe bisogno di undici miliardi di euro: cinque per la ricapitalizzazione delle sue banche e sei per ripagare il debito fino alla fine del 2015. Gli esperti della troika internazionale sono attesi a Cipro per la prossima settimana. ria della democrazia iberica — è comunque giunto il plauso della troika al Governo di Mariano Rajoy per gli «importanti progressi» nel riformare il settore finanziario. Anche se il Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha realizzato un lavoro di supervisione indipendente, avverte che sono necessari «ulteriori sforzi» perché la bad bank, che gestirà gli attivi immobiliari tossici degli enti finanziari, sia pronta per fine novembre. Il Governo di Mariano Rajoy non ha ancora sciolto la riserva su un possibile salvataggio dell’economia, ovvero una richiesta di aiuti a livello europeo. La conclusione della prima missione Fmi sugli aiuti al settore bancario indica un pieno successo del Governo nonostante le difficoltà della situazione globale e la perdurante crisi del debito nell’eurozona. «Le sfide» per il settore bancario restano importanti e richiedono «un’azione politica decisiva». Il gruppo Bankia, salvato dal Governo dalla bancarotta, ha comunicato ieri di aver chiuso i primi nove mesi dell’anno con una perdita netta di 7,05 miliardi. Bankia, assieme alle altre casse di deposito ristrutturate, ha ricevuto nel solo 2010 dallo Stato 87 miliardi di finanziamenti diretti, a fronte di soli 351,87 milioni ricevuti delle imprese degli altri settori. Aiuti alle banche costati 1.846 pro capite agli spagnoli. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Lufthansa trasferisce all’estero 1.100 lavoratori Disoccupati in fila presso un ufficio di collocamento a Madrid (Afp) Inatteso aumento del pil statunitense WASHINGTON, 27. Nel terzo trimestre il pil statunitense accelera al più due per cento, sopra l’atteso più 1,8 e contro la crescita dell’1,3 del secondo trimestre. È quanto emerge dalla prima lettura resa nota dal dipartimento al Commercio americano. Il dato è inferiore alla crescita del 2,5 per cento che servirebbe per garantire una ripresa dell’economia americana. Resta inoltre aperta la partita sul fiscal cliff, ovvero l’accordo sui tagli alla spesa fiscale e sugli incentivi fiscali. Secondo i dati, la spesa dei consumatori, che pesa per il settanta per cento del pil americano, nel ter- direttore generale zo trimestre avanza del due per cento, contro l’1,5 dei precedenti tre mesi. Gli americani continuano a comprare soprattutto automobili e smartphone, nonostante i venti di crisi. Probabilmente — dicono gli analisti — il miglioramento del mercato azionario e di quello immobiliare rende gli americani un po’ più inclini a spendere. Nel terzo trimestre l’indice della spesa personale sale dell’1,3 contro il più 0,7 del secondo trimestre. Tuttavia al netto dei costi dell’energia e dei beni alimentari l’indice rallenta dal più 1,7 al più 1,3. Il tasso di risparmio frena da più quattro per cento a più 3,7. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] dicembre per lo svolgimento delle primarie all’interno del Popolo della libertà. L’annuncio di oggi sembra invece lasciare presagire l’intenzione dell’ex presidente del Consiglio — che ha annunciato una conferenza stampa per il pomeriggio — di tornare sulla propria decisione. La sentenza di ieri — di primo grado — ha stabilito, oltre alla condanna a quattro anni di reclusione, ridotti a uno per effetto dell’indulto del 2006, l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici e di tre anni per gli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Berlusconi dovrà inoltre versare all’Agenzia delle Entrate dieci milioni di euro. Il processo era relativo all’inchiesta sull’acquisizione di diritti televisivi da parte di Mediaset. Su di esso tuttavia grava ancora la questione del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, sollevato dalla difesa a seguito della decisione dei giudici di respingere un’istanza di legittimo impedimento presentata nel marzo 2010 in relazione agli impegni dell’allora presidente del Consiglio. Sulla questione deciderà la Corte costituzionale. È in questo clima che si tengono domenica le elezioni regionali in Sicilia, considerate un test importante anche in riferimento alla politica nazionale, tanto più alla luce degli ultimi eventi. Sono quasi quattro milioni e mezzo i cittadini chiamati al voto. I candidati alla presidenza della Regione sono invece dieci. Le urne sono aperte solo per una giornata, dalle 8 alle 22. Lo scrutinio si inizierà lunedì. Al voto andrà fra non molto anche la Lombardia, dopo che ieri, a seguito delle dimissioni di 74 consiglieri, di maggioranza e opposizione, il Consiglio regionale è stato sciolto. L’ultimo atto ufficiale dell’assemblea è stato il varo di una nuova legge elettorale, che elimina le liste bloccate. La data delle prossime consultazioni è però ancora incerta. Si parla di un giorno compreso tra il 16 dicembre 2012 e il 27 gennaio 2013 e anche della possibilità che si decida un accorpamento della consultazione con le prossime elezioni politiche. Fra i consiglieri regionali dimissionari figura anche Filippo Penati, ex presidente della Provincia, già dimessosi dalla vicepresidenza dell’assemblea regionale e che ha annunciato il ritiro dalla vita politica. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va L’Ue a sostegno degli operai belgi della Ford BRUXELLES, 27. L’Unione europea è pronta a intervenire con aiuti agli operai che perderanno il posto di lavoro in seguito alla chiusura, annunciata dal gruppo automobilistico Ford per il 2014, dell’impianto belga di Genk. Lo ha detto il portavoce dell’Ue, Jonathan Todd, precisando che «ci sono molti esempi nel passato di un utilizzo del fondo di globalizzazione per finanziare formazione e assistenza ai lavoratori che devono riciclarsi dopo la chiusura degli impianti». Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 BERLINO, 27. In relazione al piano di risanamento annunciato recentemente, Lufthansa intende trasferire dalla Germania in Paesi esteri oltre 700 posti di lavoro nel settore amministrativo. Lo ha reso noto ieri la stessa compagnia aerea tedesca, specificando che anche altri 400 posti in compagnie consociate passeranno in altri Paesi. Attualmente, parte dei processi amministrativi vengono già gestiti da imprese in Polonia, Thailandia e Messico. Non è stato precisato — rileva l’Ansa — quanti dei 1.100 posti rilocalizzati saranno gestiti da società esterne. Nel processo di risanamento, Lufthansa intende tagliare circa 3.500 posti (2.500 in Germania) dei 16.800 complessivi. «È purtroppo prevedibile che anche benemeriti collaboratori perderanno la loro attuale attività», ha affermato in una nota il capo del personale, Stefan Lauer. Un portavoce ha sottolineato che licenziamenti non sono esclusi, ma interverranno solo in mancanza di alternative. I tagli potrebbero avere effetto pure in Svizzera e su Swiss, compagnia controllata dalla Lufthansa, ha indicato un addetto stampa. A questo proposito, però, non è stata pubblicata nessuna nota ufficiale. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese Assicurazioni Generali S.p.A L’OSSERVATORE ROMANO domenica 28 ottobre 2012 pagina 3 L’Angola chiede un intervento internazionale dopo il nuovo tentativo di colpo di Stato All’opera anche una squadra dell’Fbi Guinea-Bissau tra violenza e narcotraffico Indagini sull’attentato in Libano ADDIS ABEBA, 27. La situazione in Guinea-Bissau, dove la settimana scorsa c’è stato un tentativo di colpo di Stato militare in cui sono morte sette persone, è considerata da alcuni soggetti internazionali tale da poter rendere necessario un intervento. Un’esplicita richiesta in merito è stata avanzata dall’Angola all’Unione africana. Lo ha fatto il ministro degli Esteri angolano, Manuel Augusto, durante la riunione ministeriale ad Addis Abeba del Consiglio per la pace e la sicurezza dell’organizzazione panafricana. Secondo Augusto, «la situazione in Guinea-Bissau diventa sempre più preoccupante ed è necessario che si lavori tutti insieme per trovare una soluzione pacifica». La Guinea-Bissau ha già subito un colpo di Stato nell’aprile scorso quando il Governo del primo ministro Carlo Gomes Junior era stato rovesciato dai militari, dopo che nel dicembre precedente era uscito indenne da un analogo tentativo. A motivazione — o a pretesto — del colpo di Stato i militari avevano addotto la presunta necessità di «proteggere il Paese da una forza militare straniera», in riferimento a un piccolo contingente angolano stanziato in Guinea-Bissau, precisando di non voler comunque assumere il potere. In effetti, dopo il colpo di Stato condannato immediatamente dall’Onu, dall’Unione africana e dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), si è insediato un Governo di transizione, mentre Gomes Junior era stato esiliato in Portogallo dopo un breve periodo di detenzione. La transizione era stata riconosciuta e sostenuta dall’Ecowas, ma dai Paesi lusofoni e dalla vecchia formazione al potere, il Partito africano per l’indipendenza di Guinea-Bissau e Capo Verde, protagonista della lotta conclusa nel 1973 con l’indipendenza dal Portogallo. Da allora, però, una serie di colpi di Stato hanno caratterizzato la storia di questa Nazione, in cui nessun presidente è mai riuscito a finire il suo mandato. Per quanto riguarda l’ultimo episodio della settimana scorsa, le attuali autorità di Bissau hanno accusato Lisbona e gli altri Paesi lusofoni di esserne i mandanti e hanno chiesto l’estradizione dell’ex primo ministro. Il Portogallo non ha reagito alle accuse e la Comunità dei Paesi di lingua portoghese ha espresso in una nota la sua «condanna per il ricorso frequente alla violenza nel Paese». BEIRUT, 27. Il procuratore generale libanese, Hatem Madi, ha confermato ieri che una squadra dell’Fbi (Federal Bureau of Investigation) è arrivata a Beirut per collaborare nelle indagini sull’attentato in cui è stato ucciso il generale Wissam al Hassan, ma ha sottolineato anche che essa fornirà un’assistenza esclusivamente tecnica e «non interferirà nell’inchiesta». Citato oggi da media di Beirut, Mati ha specificato che altri Paesi hanno offerto la loro assistenza. In particolare, secondo il quotidiano «As Safir», la Francia ha messo a disposizione propri esperti. Ma l’alto magistrato ha tenuto a sottolineare che ognuno che parteciperà alle indagini dovrà riferire solo a lui «personalmente». Il generale Hassan, capo dei servizi di intelligence della polizia, è morto con il suo autista e una donna una settimana fa nell’esplosione di un’autobomba nel quartiere di Ashrafieh a Beirut. L’opposizione libanese ha accusato il regime di Damasco di essere dietro l’attentato ad Hassan poiché — dicono fonti di stampa — il generale aveva condotto un’indagine su presunti attentati pianificati dalla Siria contro personalità antisiriane in Libano. L’attenzione delle indagini si sta concentrando sulle evidenze scientifiche offerte dalla scena del crimine e sull’analisi delle registrazioni effet- Soldati della Guinea-Bissau nei pressi dell’aeroporto (Afp) Nella Guinea-Bissau l’instabilità politica è un fatto comune. Il nuovo tentativo di colpo di Stato è solo l’ultimo capitolo di una successione quasi ininterrotta di violenze, che si ripercuotono pesantemente sulla sicurezza delle popolazioni locali, ma anche su quella delle frontiere. La Guinea-Bissau è infatti l’epicentro di un’instabilità che attraversa tutta l’Africa occidentale, percorsa da frequenti rovesciamenti politici. Ad aggravare un quadro politico, sociale ed economico già precario c’è il traffico di droga, le cui rotte in partenza dall’America latina fanno base sulla sponda est dell’Atlantico prima di approdare in Europa. Negli ultimi anni, proprio Bissau è diventata lo snodo principale di tale narcotraffico. Le Nazioni Unite stimano che il 60 per cento di tutta la cocaina consumata sul mercato europeo transiti da qui. BAGHDAD, 27. Attacchi con bombe e armi automatiche hanno causato almeno dodici morti a Baghdad e a Mossul, la principale città del nord dell’Iraq, nel secondo giorno delle celebrazioni per la festa musulmana del sacrificio Eid Al Adha, hanno riferito fonti mediche e della sicurezza. Una ventina di persone sono altresì rimaste ferite in questi attacchi che hanno provocato la morte di cinque pellegrini sciiti a Taji, alle porte di Baghdad, e di cinque membri della minoranza religiosa shabak a Mossul. Martedì scorso l’esplosione di un’autobomba e alcuni colpi di mortaio in due quartieri sciiti a nord di Baghdad, avevano causato la morte di 8 persone e 22 feriti. Sempre alla vigilia della festività musulmana altri tre civili, tra cui un bambino, erano stati uccisi in un attacco armato e nell’ennesima esplosione di una bomba. Un commando di uomini a bordo di un’auto aveva aperto il fuoco contro due civili nel villaggio di Qazaniya, nella provincia di Diyala, a nordest di Baghdad, il bambino era invece rimasto vittima dell’esplosione di una bomba nella città settentrionale di Kirkuk mentre andava a scuola. Appelli alla calma nell’ovest del Myanmar NAYPYIDAW, 27. Quattro mesi dopo una prima ondata di violenze settarie, l’ovest del Myanmar è di nuovo in fiamme. Da domenica scorsa, feroci e sanguinosi scontri e rappresaglie reciproche tra la maggioranza di etnia rakhin e la minoranza musulmana dei rohingya hanno provocato oltre sessanta morti nello Stato occidentale del Rakhine, causando migliaia di nuovi sfollati, tra cui donne e bambini. Una spirale d’odio e di violenza che contrasta con l’immagine del nuovo Myanmar promossa dal processo di riforme del Governo civile (dopo oltre quarant’anni di regime militare) del presidente, Thein Sein. Una versione ufficiale della scintilla che ha causato i sanguinosi COTOUNOU, 27. La preoccupazione per il consolidamento nel nord del Mali del controllo di gruppi armati considerati parte della galassia del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica è stata ribadita dal presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, durante una missione condotta a Cotounou, la capitale del Benin. In una conferenza stampa congiunta con il presidente del Benin, Yayi Boni, Durão Barroso ha aggiunto che l’Unione europea è impegnata a cercare soluzioni alla crisi maliana, dato che ritiene cruciale evitare che il Mali divenga una fonte del terrorismo e di destabilizzazione per l’Africa. Sulla questione maliana — come riferiscono le agenzie di stampa internazionale — è intervenuto ieri anche il Governo tedesco, con il portavoce Steffen Seibert, secondo il quale per la Germania e per l’Unione europea non si parla di «impegno a combattere» in un eventuale intervento nel Paese africano. «Il primo passo è verificare i presupposti di un’eventuale missione», ha dichiarato Seibert, aggiungendo che la Germania è disponibile a un aiuto in termini di sostegno umanitario e di formazione. scontri ancora manca, in una zona sotto stato di emergenza già dallo scorso giugno. Anche durante la tregua la situazione è rimasta molto tesa, con più di 75.000 persone — in maggioranza rohingya — costrette in campi per sfollati dove mancano i servizi più essenziali e dove i pochi giornalisti stranieri che sono riusciti a visitare la zona hanno documentato evidenti casi gravi di malnutrizione infantile. L’intensità e l’ampiezza degli scontri — che questa volta hanno coinvolto anche distretti non toccati in precedenza — hanno portato le Nazioni Unite a denunciare il rischio che la nascente democrazia della ex Birmania sia danneggiata irreparabilmente da tale clima d’odio. Anche gli Stati Uniti sono intervenuti, chiedendo alle parti coinvolte di dare prova di moderazione e di porre fine immediatamente a tutti gli attacchi. Sulla stampa statale, Thein Sein ha citato proprio l’attenzione internazionale come un valido motivo per ripristinare l’ordine. Nel Rakhine, uno degli Stati più poveri del Paese asiatico, il crescente contenzioso tra le due comunità per la terra e il lavoro si è accumulata da anni; le recenti ondate di violenze hanno evidenziato l’ostilità compatta della società civile verso gli 800.000 rohingya, definiti «immigrati bengalesi illegali». Privati del diritto di cittadinanza e sottoposti a diverse restrizioni, tanto da essere considerati dall’Onu una delle minoranze più perseguitate al mondo, i rohingya sono malvisti anche dal vicino Bangladesh, che durante l’attuale crisi ha rafforzato i controlli respingendo gli sfollati in cerca di rifugio oltre frontiera. Vittime della violenza nell’ospedale di Kyuktaw (Reuters) Si dimettono quattro ministri in India NEW DELHI, 27. Quattro ministri del Governo indiano hanno rassegnato le dimissioni in vista dell’annunciato rimpasto di Governo da parte del premier, Manmohan Singh. Si tratta di Ambika Soni, titolare del dicastero dell’Informazione, di Subodh Kant Sahay, responsabile del Turismo, e di Mukul Wasnik, ministro degli Affari sociali. Lo stesso ha fatto il ministro degli Esteri, S.M. Krishna, Il rimpasto dell’Esecutivo è atteso per domenica ed è stato deciso a seguito delle dimissioni di sei ministri del Trinamool Congress, partner di coalizione nell’Alleanza progressista unita (Upa) di Singh. Secondo la stampa indiana, Krishna, che guidava la diplomazia di New Delhi dal 2009, si accingerebbe ad assumere un incarico nell’Upa. Il voto senza il laeder dell’opposizione Yulia Tymoshenko e con l’ombra dei brogli Elezioni legislative in Ucraina KIEV, 27. Il leader dell’opposizione non candidato perché rinchiuso in carcere; voti comprati con denaro o regali; finestre e balconi affittati dai partiti per fare propaganda elettorale irregolare: le legislative di domani in Ucraina rischiano di essere lontane dai cosiddetti standard democratici. Al primo test elettorale da quando nel 2010 è diventato presidente Viktor Ianukovich, gli ucraini arrivano disillusi. Apatia e In arrivo Sandy che ha già provocato quarantacinque vittime nei Caraibi Allarme uragano a New York Il passaggio a Santiago di Cuba del devastante uragano Sandy (Reuters) zo», Samir Geagea, leader delle Forze Libanesi, ha fin da subito mosso accuse ad Assad e ai suoi alleati: in un’intervista rilasciata al quotidiano saudita «Al Watan» Geagea ha detto senza mezze misure che «il regime di Assad è direttamente accusato di aver pianificato l’assassinio di Al Hassan». Accuse a Damasco sono state mosse anche da alcune forze sul fronte del Governo, in particolare dal Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt. Sanguinosi attacchi a Baghdad e a Mossul Dopo gli scontri tra buddisti e musulmani nello Stato del Rakhine L’Unione europea teme un radicamento del terrorismo in Mali WASHINGTON, 27. Dopo aver ucciso non meno di 45 persone nei Caraibi (Cuba, Haiti e Jamaica), l’uragano Sandy si sta dirigendo verso gli Stati Uniti, dove potrebbe arrivare sulla East Coast domenica sera e raggiungere Long Island e il New England lunedì. Proprio per questo, il governatore dello Stato di New York ha dichiarato lo stato di emergenza. È previsto anche un passaggio persino in uno Stato interno come l’Ohio. Secondo gli esperti, la cosiddetta Frankenstorm (la tempesta Frankenstein), potrebbe essere più forte dell’uragano Irene, che, sempre sulla East Coast, nel 2011 provocò una cinquantina di vittime e danni per circa dieci milioni di dollari. In quell’occasione, furono particolarmente colpiti il New Jersey, la Ca- tuate dai dispositivi di videosorveglianza presenti nell’area. Il dato più interessante — afferma la stampa — è emerso proprio dai contenuti di uno dei video presi in consegna dagli inquirenti, nei quali si può vedere un’auto parcheggiata per lungo tempo sul luogo dell’esplosione che pochi istanti prima dell’arrivo di Hassan, si sposterà per lasciare il posto all’autobomba. Non si ferma intanto il dibattito politico circa le responsabilità dell’attentato. Sul fronte «14 Mar- rolina del Nord, il Vermont e la Virginia che, a scopo del tutto precauzionale, già ieri sera ha dichiarato lo stato di emergenza. Un allarme — riferisce l’agenzia Ansa — è stato emesso dalla Carolina del Nord, Pamlico Sound e dall’East Coast della Florida. Al momento, l’uragano — indebolitosi a categoria uno sulla scala Saffir Simpson (che arriva fino a cinque) — ha da poco lasciato le isole Bahamas e viaggia con venti di 120 chilometri orari. Secondo quanto riferisce il quotidiano «Usa Today», Sandy potrebbe provocare, secondo gli esperti, inondazioni e pesanti piogge su una fascia in cui vivono oltre cinquanta milioni di americani, diventando un incubo proprio nella settimana delle festività di Halloween. corruzione sembrano ormai un inevitabile leitmotiv, e ci sono candidati che pur di essere eletti sono disposti a comprare i voti. A gettare un’ombra sulle elezioni c’è anche il fatto che gli ucraini non potranno porre una crocetta accanto al nome dell’ex premier Yulia Tymoshenko, il numero uno dell’opposizione. L’eroina della rivoluzione arancione non si è potuta candidare perché‚ condannata a sette anni di reclusione in un controverso processo sulle forniture di gas russo. Ma il lungo processo giudiziario di Yulia Timoshenko non pare aver fruttato in termini elettorali: ci si aspetta che la sua coalizione prenda tra il 14,8 per cento e il 16,9 per cento delle preferenze, molto meno dei voti che dovrebbero andare al partito delle Regioni del presidente Ianukovich. Anche il partito al Governo è in calo rispetto a cinque anni fa, quando ottenne il 34,4 per cento dei suffragi, ma dovrebbe riuscire a mantenere la maggioranza relativa conquistando tra il 20,7 per cento e il 23,4 per cento dei voti. Con numeri così bassi, gli equilibri in Parlamento dipendono molto dalle alleanze. La coalizione della Tymoshenko ha stretto un accordo con gli ultranazionalisti di Svoboda (Libertà) ma non è però riuscita a portare dalla sua parte quello che potrebbe essere il vero partito-rivelazione di queste elezioni: Udar (Colpo) di Vitali Klitschko, il campione del mondo in carica dei pesi massimi. Dalla parte di Ianukovich si dovrebbe invece schierare il par- tito comunista, nostalgico dello stalinismo, che è riuscito a far tesoro della mancanza di fiducia della gente verso la politica e potrebbe accaparrarsi tra il 10,1 per cento e il 12,1 per cento delle preferenze. Ma a far pendere la bilancia dalla parte di Ianukovich ci si attende che siano i parlamentari eletti con il sistema maggioritario nei collegi uninominali (metà dei 450 deputati totali) e i cosiddetti indipendenti. Ballottaggi per le comunali in Brasile BRASILIA, 27. Si svolgono domani in Brasile i ballottaggi per le cariche di sindaco non assegnate al primo turno, il 7 ottobre. L’attenzione si concentra in particolare su São Paulo, dove si sfidano Fernando Haddad, del Partido de los Trabajadores, quello al Governo nazionale, e José Serra, del Partido de la Social Democracia de Brasil, la principale forza d’opposizione. Serra, per due volte sconfitto nelle elezioni presidenziali, da Luiz Inácio Lula nel 2002 e da Dilma Rousseff nel 2010, è dato sfavorito dai sondaggi, sebbene sia stato il candidato più votato al primo turno, con il 30 per cento delle preferenze. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 28 ottobre 2012 Il cristogramma costantiniano nei graffiti della necropoli vaticana dove l’archeologa Guarducci condusse i celebri scavi L’imperatore e Margherita Quel simbolo che dopo il 28 ottobre 312 si diffuse rapidamente a Roma e nel resto dell’impero di CARLO CARLETTI l decisivo scontro del 28 ottobre 312 ad saxa rubra, nel suburbio nord di Roma, costituisce la fase iniziale di un processo di enorme portata, che nel corso di circa un decennio mutò l’architettura istituzionale, politica e ideologico-religiosa dell’Impero. Il primo esito di questa rapidissima — si è anche detto “rivoluzionaria” — trasformazione si manifestò concretamente nel pieno controllo da parte di Costantino dell’intero Occidente. Il progetto costantiniano sarebbe poi giunto alla sua definitiva conclusione con la sconfitta di Licinio del 324 a Crisopoli e Adrianapoli: dopo il divide et impera dell’età tetrarchia, Occidente e Oriente si riunificavano sotto un unico scettro. Nell’immaginario di Costantino e di una parte almeno dei suoi contemporanei — compresi Eusebio di Cesarea e Lattanzio — l’evento epocale della vittoria di ponte Milvio trovò un efficace e per l’imperatore “provvidenziale” catalizzatore nella misteriosa visione di un segno, nel contempo evocativo di una vittoria conseguita e di una protezione divina acquisita. È il celebre monogramma, a giusta ragione definito come “costantiniano”: una figura nella quale il qualificativo divino di Gesù di Nazaret — Christòs — veniva espresso nella forma monogrammatica conseguente alla sovrapposizione delle due iniziali chi e rho. Nella cultura occidentale e orientale i millesettecento anni trascorsi dall’evento del 312 non hanno cancellato né offuscato l’ininterrotta resistenza al tempo e ai processi storici del primo e più esplicito segno evocativo della “persona” di Gesù Cristo. Ma il nuovo segno — come testimoniato dalla monetazione — all’indomani della vittoria di Ponte Milvio, non ebbe nel territorio dell’Im- I Multiplo di due solidi del 326 dalla zecca di Siscia pero una omogenea e sincronica diffusione. C’è un dato, almeno finora inconfutabile: nel corso della vita di Costantino, la zecca imperiale di Roma in nessuna circostanza introdusse nelle sue emissioni il monogramma cristologico. Certo si tratta di non pura casualità, ma di un esito coerente delle cautele e dei dovuti rispetti, che la capitale dell’Impero — ancora in grande maggioranza pagana — poteva e doveva esigere dal suo legittimo sovrano, che pure aveva aderito al cristianesimo. La novità del monogramma fu invece immediatamente recepita e accolta nella produzione delle zecche imperiali, sia occidentali sia orientali. Più in particolare le emissioni con signa cristologici si concentrarono nelle zecche dell’area orientale e in particolare ad Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Cizico, Heraclea Nicomedia, Siscia, Tessalonica. Non è puro accidente che in questo ambito spaziale, e soprattutto in quello del vicino Oriente, ancora nel corso del IV secolo si registri rispetto all’Occidente una diffusione molto più capillare ed estesa del cristianesimo. Va inoltre rilevato che alcune di queste città erano le stesse nelle quali più frequentemente e più a lungo aveva soggiornato Costantino. A Roma l’imperatore si soffermò brevemente solo in tre circostanze: innanzitutto nel 312 per lo scontro finale con Massenzio (il 28 ottobre); dal 25 agosto al 19 ottobre del 315 per la celebrazione congiunta dei decennalia e della sconfitta di Massenzio; dal 18 al 25 luglio del 326 per i vicennalia e la sconfitta di Licinio a Adrianopoli e Crisopoli. La presenza solo episodica dell’imperatore nella capitale è esplicitamente lamentata nel panegirico per Costantino pronunciato a Roma dal retore Nazario nel 321 (X, 38, 6): «Solo una cosa potrebbe rendere Roma più felice, una cosa grandissima certo, ma una sola: vedere il suo liberatore, te o Costantino, e i suoi figli beatissimi, i Cesari». Da questa asimmetrica distribuzione se ne è dedotto che, a livello di diffusione e utenza generalizzata, nell’area occidentale e in particolare a Roma non si era ancora sedimentata una specifica percezione dei contenuti e dei significati insiti nei segni cristologici: ne mancavano — così si è detto — i prerequisiti, vale a dire le cognizioni relative al dove, al verbale: Simplici vivite in Chr(isto), Nikasi vibas in Victor Chr(isto), Gaudentia vivatis in Chr(isto) (Margherita Guarducci, I graffiti sotto la confessione di San Pietro in Vaticano, II, Città del Vaticano 1958, n. 6 p. 84, n. 8 p. 93, n. 24 p. 184). A queste formulazioni si associa coerentemente un altro graffito — come già rilevato e convenientemente argomentato da Margherita Guarducci — che conferGraffito con formula della visione costantiniana ma come tra i visi(Necropoli Vaticana, muro G) tatori documentati nel muro G fosse ben chiaro il collegamento tra i cri- tino con l’elmo, coronato sulla sua stogrammi e la vittoria costantiniana sommità dall’effigie del monogramconseguita contro Massenzio nel 312: ma cristologico. Una prova inconfutabile che la non altrimenti infatti potrebbe spiegarsi la scritta che reca hoc vin[ce] conoscenza del cristogramma a Roaccompagnata dalla combinazione ma avesse raggiunto un più vasto monogrammatica delle lettere greche ambito popolare, pur in assenza nelchi e rho (Guarducci, I graffiti, n. 2 le zecche della città di prodotti con pp. 12 – 14): versione segni cristologici. In questa direzione un’ulteriore e latina della scritta Sono testimonianze a torto trascurate greca touto nika, che decisiva testimonianza della diffusionella visione costan- ne popolare dei cristogrammi è conperché certificano che se il nuovo segno tiniana si accompa- fermata dalle iscrizioni funerarie delnon fu introdotto nella monetazione romana gnava al signum cri- le catacombe romane, nel cui ambito stologico, come nar- emergono esemplari contemporanei raggiunse però subito rato da Eusebio nel- ai graffiti del muro G e comunque un più vasto ambito popolare la Vita Constantini precedenti o immediatamente successive alla morte di Costantino: si (I, 29 – 31). evidentemente di fede cristiana — si Nel fiume di pagine, anche recen- tratta infatti di epitaffi datati al 323, era recato nell’area della memoria tissime, prodotte su moltepliciti 336, 338, 339 (Inscriptiones Christianae petrina e qui aveva lasciato testimo- aspetti relativi alla cosiddetta que- Urbis Romae, VII 17.425; I 3.159, 45; nianza scritta della sua visita con stione costantiniana, non sembra vi III 8.719). Se la comunità cristiana di brevi e semplici messaggi di tipo au- sia cenno alcuno ai graffiti del muro Roma volle contrassegnare con gurale, rivelatori di una consapevole G, certo poveri e rozzi sul piano for- l’emergente monogramma le proprie conoscenza del contenuto verbale e male, ma rilevanti sul piano della “scritture ultime”, se ne deduce che simbolico del cristogramma. storia culturale, poiché cronologica- il signum salutis introdotto da CoIn tale contesto i signa cristologici mente prossimi alla più antica testi- stantino fu recepito e compreso ansono tracciati isolatamente accanto a monianza finora nota del cristo- che nella sua dimensione specificaa una o più parole senza un rappor- gramma: quella riprodotta nel cele- mente religiosa e non esclusivamente to sintattico con esse, ovvero, più berrimo solido argenteo battuto nel — come pure senza solidi argomenti frequentemente, si inseriscono in 315 dalla zecca di Ticinum (Pavia), è stato ipotizzato — per il suo valore una struttura testuale con funzione che reca sul dritto il volto di Costan- propiziatorio. come, al quando, al perché della relazione tra il signum salutis e la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312. In queste argomentazioni — oltre a una pregiudiziale sottovalutazione del valore religioso del signum — emerge con evidenza la generalizzazione di un problema quantomeno più articolato, se si sposta la prospettiva anche al di là della produzione numismatica. Vi è in realtà una documentazione epigrafica non irrilevante — sicuramente attribuibile agli esordi dell’era costantiniana — ancora oggi visibile nello strato sottostante alla basilica vaticana, cioè nel campo P, che localizza la memoria petrina. Il loro supporto è l’ormai ben noto muro G: una struttura di sostegno e di confine, che tra la fine del III e non oltre il primo ventennio del IV secolo, accolse scritte a sgraffio tracciate da visitatori che giungevano lì devotionis causa. Qui — per la prima volta a Roma — in un contesto devozionale emergono con chiarezza una serie di segni cristologici nella forma archetipica del monogramma costantiniano, sia nella valenza verbale di compendium scripturae (cioè in forma abbreviata) sia in quella simbolica di signum grafico e figurale. Qualcuno — E la cupola del mondo antico volò via come un tetto di paglia Nel 1950 Evelyn Waugh scriveva il romanzo Helena: un mirabile racconto, dove la fantasia si poggia sempre su una rigorosa base storica, dedicato alla vicenda della madre di Costantino e del suo pellegrinaggio in Terra Santa alla ricerca delle reliquie della vera Croce. Dall’edizione italiana dell’opera (Milano, Rizzoli, 2002, traduzione di Valentina Poggi con la collaborazione di Laura Parmeggiani, introduzione di Marta Sordi) pubblichiamo alcuni stralci e, in basso, un brano del libro La donazione di Costantino (Bologna, il Mulino, 2010) scritto dal nostro direttore. di EVELYN WAUGH Quando il tempo fu maturo, al suo momento, il momento giusto, Costantino marciò sull’Italia. Le voci sull’evento e il corriere da Roma arrivarono simultaneamente. A Treviri erano tutti in subbuglio: tutti, meno l’Imperatrice Madre. Tante notizie come quella segnavano la sua vita; una vittoria in più, un imperatore in meno, un’altra alleanza familiare tra i vincitori, un altro matrimonio senza amore; tante volte aveva visto lo spartirsi delle sfere d’influenza, l’inizio di un’altra breve era di complotti e spionaggio; cose che andavano e venivano nelle loro orbite eccentriche. L’Editto di Milano, che concedeva tolleranza alla Chiesa, fu promulgato a Treviri. «Come mai tanta euforia?» disse Elena. «È dai tempi di mio marito che nessuno dà fastidio ai cristiani. Sono settimane, Lattanzio, che vai in giro come se avessi avuto una visione. Tu, uno storico che pensa in termini di secoli?». «Da storico, signora, io penso che stiamo vivendo un’epoca unica. Forse un giorno o l’altro questa scaramuccia al Ponte Milvio sarà messa sullo stesso piano delle Termopili e di Azio». «Per via dei pretoriani? Non posso fare a meno di compatirli, sai, anche se erano dalla parte sbagliata. Non li ho mai visti sfilare in pompa magna. Una volta lo desideravo tanto». «Sono almeno cent’anni, signora, che la guardia pretoriana non significa nulla». «Lattanzio, sto solo scherzando. Certo che lo so perché siete tutti così eccitati. Ti dirò che sono un po’ perplessa anch’io. E per quel che dicono in giro, che anche mio figlio si è fatto cristiano. È vero?». «Non esattamente, signora, per quel che posso capire. Ma si è messo sotto la protezione di Cristo». «Perché nessuno mi dice le cose in parole povere? Sono troppo stupida? In vita mia non ho mai chiesto altro che risposte chiare a domande chiare; e mai che ne ottenga. C’era o non c’era una croce in cielo? L’ha vista mio figlio? Come c’è arrivata? Se c’era e se lui l’ha vista, come ha fatto a capire cosa significava? Non pretendo di sapere mol- to sugli auspici ma non riesco a immaginare un peggior segno di malaugurio. Io voglio solo la verità. Perché non mi rispondi?». Dopo un silenzio Lattanzio disse: «Forse perché ho letto troppo. Non sono la persona adatta per delle domande semplici e dirette. Non so come rispondere. C’è chi sa farlo, quel tipo di gente che è rimasta là in Oriente. Starà uscendo di prigione ora, chi è sopravvissuto. Quelli potranno rispondervi, ma dubito che anche loro siano semplici e chiari proprio come vorreste voi. Ecco tutto quanto posso dire: potrebbe essere successo proprio come dice la gente. Ne succedono, di queste cose. Tutti abbiamo la possibilità di scegliere la Verità, e immagino che agli imperatori certe volte sia concesso di farlo in maniera più spettacolare che alla gente qualunque. Tutto quanto sappiamo è che l’Imperatore si sta comportando come se avesse avuto una visione. Come sapete, ha fatto uscire la Chiesa allo scoperto». «A fianco di Giove e Iside e Venere Frigia». «Il cristianesimo non è una religione di quel tipo, signora. Non può spartire niente con nessun altro. Una volta libera, conquisterà». «Allora forse le persecuzioni avevano un senso». «Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa». «Allora comunque vada per voi va sempre bene». «Comunque vada, sì. Così ci è stato promesso, signora». «Succede sempre così, Lattanzio, quando parliamo di religione. Non mi rispondi mai del tutto a tono, però mi lasci sempre con l’impressione che, in certo qual modo, la risposta sia sempre lì a portata di mano, se solo ci si desse un po’ più da fare per trovarla. Tutto pare logico fino a un certo punto, e poi ancora oltre quel punto. Eppure non si riesce a oltrepassare il punto... Be’, io sono vecchia ormai, troppo vecchia per cambiare». Ma quella eccezionale marea primaverile non permetteva a nessuno di sottrarsi al cambiamento, nemmeno in una città così perbene come Treviri, nemmeno a Elena, che viveva così ritirata. L’immenso tedio che, emanando dal suo fulcro morto nel cuore di Diocleziano, aveva impregnato il mondo di follia, era finito come una pestilenza. Dappertutto, nelle fessure fra le pietre e nei solchi, spuntava, sbocciava e s’intrecciava la verzura di una vita nuova. In quell’aurora, pensava Lattanzio, era un paradiso esser vecchi; esser vissuti di una speranza che era una sfida alla ragione; o, piuttosto, che esisteva solo nella ragione e negli affetti, del tutto scissa dall’esperienza ordinaria e dai calcoli; vedere quella speranza prendere forma concreta e familiare sotto i tuoi occhi, da tutte le parti, come se una nebbia, levandosi, rivelasse improvvisamente alla ciurma di una nave che, non certo grazie alla propria destrezza, è arrivata sana e salva in porto; intravedere per un attimo l’unità essenziale in una vita che era sembrata puro mutamento: questo, pensava Lattanzio, era qualcosa di equiparabile al tripudio della Pentecoste; qualcosa in cui davvero si celebravano regalmente Natale, Pasqua e Pentecoste. La visione raffigurata Nella primavera del 312 Costantino invase l’Italia settentrionale e in breve se ne impadronì; arrivato in autunno alle porte di Roma, il 28 ottobre sconfisse nei pressi di ponte Milvio il rivale, che morì nello scontro annegando nel Tevere, e restò così unico signore dell’O ccidente. È a ridosso di questa battaglia decisiva che le fonti cristiane — ancora Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, entrambi vicini all’imperatore — collocano una visione, con qualche differenza tra loro: notturna o diurna, ricevuta dal sovrano durante il sonno prima dello scontro, o qualche tempo prima nello splendore del meriggio e alla presenza delle sue truppe in marcia e poi confermata da un sogno, questa indicava un simbolo cristiano da innalzare come segno distintivo e in nome del quale Costantino avrebbe ricevuto la vittoria. Si trattava con ogni probabilità del monogramma di Cristo, formato dalle due prime lettere greche del nome (la chi e la rho sovrapposte), riprodotto sullo stendardo imperiale (labarum) e presto entrato nella monetazione, quindi destinato a una fortuna simbolica fuori del comune al pari di quella iconografica dell’episodio, entrato nell’immaginario collettivo cristiano e raffigurato variamente: così Piero della Francesca, nel suggestivo affresco di San Francesco ad Arezzo, rappresenta la visione notturna secondo Lattanzio, mentre in Vaticano la rappresentazione raffaellesca della battaglia — nel cui cielo brilla la croce con la scritta greca en tùto nìka («con questo vinci») — e la statua equestre berniniana dell’imperatore, sul cavallo che s’impenna davanti al prodigio, seguono entrambe la versione «diurna» di Eusebio. Piero della Francesca «Il sogno di Costantino» (1458-1466) Nessuno meglio di lui avrebbe dovuto comprendere quello che gli succedeva intorno, ma lui si sentiva senza fiato, superato, privato di tutto il suo ricco patrimonio verbale, con in mente solo le frasi fatte dei panegirici di corte. Gli eventi non andavano più al solito monotono passo umano. C’era dappertutto una sproporzione fra causa ed effetto, fra impulso e movimento, tra i quali scattava uno slancio, un’accelerazione incalcolabile. In sogno un uomo può spronare il cavallo a saltare un ostacolo altissimo e, senza pensarci su, mettere le ali e superarlo a volo, o cercare di smuovere un macigno e sentirselo in mano lieve come piuma. Lattanzio non aveva mai imparato a dominare le proprie simpatie come prescrivevano i critici. Che altro poteva fare ora se non accettare il mistero e glorificarne la causa prossima, il lontano, ambiguo imperatore? Sul piano della storia documentata Costantino non aveva fatto gran che. In quasi tutto l’Occidente l’Editto di Milano si limitò a regolarizzare l’esistente; in Oriente esso significò una tregua precaria, ben presto rinnegata. La Deità Suprema riconosciuta da Costantino era tutt’altra cosa che la Trinità dei cristiani; il Labaro riproduceva la croce dei martiri secondo uno stile prettamente araldico. Era una cosa molto sfumata, evidentemente intesa a soddisfare i più; l’idea azzeccata di uno troppo occupato per stillarsi il cervello su minuzie e sottigliezze. Costantino aveva stretto un patto con un nuovo alleato le cui forze erano ignote, accantonando un problema. Così la pensavano gli strateghi d’Oriente, usi a calcolare l’ordine della battaglia legione per legione, granaio per granaio; così, forse, la pensava anche Costantino. Ma mentre la notizia si diffondeva dappertutto fra i cristiani, su ogni altare si concentrò e si levò un gran vento di preghiera, che sollevò tutta la fumosa tozza cupola del Mondo Antico e la fece volar via come il tetto di paglia di una stalla, scoprendo all’occhio la vista placida e brillante di spazi sconfinati. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 28 ottobre 2012 pagina 5 Aumentano gli interventi umanitari della comunità ecclesiale Osservazioni e proposte dei presuli argentini nel dibattito sul nuovo Codice civile e commerciale La Chiesa per la Spagna in difficoltà Riforme giuste e condivise MADRID, 27. Anche in Spagna è il turno della classe media. Gli effetti della crisi economica diventano sempre più pesanti e così alle porte della Caritas, delle mense e dei centri di assistenza gestiti dalle parrocchie bussano sempre più persone che fino a non molto tempo fa si sentivano al riparo da sorprese e preoccupazioni. È quanto emerge dai dati forniti dalla Caritas spagnola, che nell’ultimo anno ha assistito oltre 1,8 milioni di persone, circa 200.000 in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Nel Paese la disoccupazione è del 25,2 per cento, secondo i dati dell’ultimo trimestre — — e il 25,5 per cento della popolazione è ritenuto a rischio povertà. Anche gli ultimi dati relativi al mese di settembre hanno fatto registrare un nuovo record negativo: circa 85.000 nuovi senza lavoro, pari a un aumento dell’1,72 per cento rispetto al mese di agosto. Il rapporto dell’organizzazione caritativa della comunità cattolica iberica è stato presentato dal suo delegato nella commissione episcopale per la Pastorale sociale, il vescovo di Barbastro-Monzón, Alfonso Milián Sorribas, che nella sostanza ha confermato le serie preoccupazioni espresse già nelle scorse settimane dalla commissione permanente del- l’episcopato in un documento dedicato interamente alla crisi economica-finanziaria, in cui è stata indicata nella solidarietà l’unica via di uscita a una situazione tanto fosca. «Quando agisce la Caritas è la stessa Chiesa che si pone al servizio del Paese», ha detto il presule. Il rapporto 2011 della Caritas iberica sottolinea ora come l’immensa opera di soccorso e assistenza sia stata possibile grazie al lavoro gratuito prestato da quasi 65.000 volontari (il 4 per cento in più rispetto all’anno precedente) attraverso la rete delle oltre 6.000 Caritas parrocchiali, i cui interventi sono coordinati dalle 68 Caritas diocesane distribuite in tutto il Paese. Nel corso dell’anno passato oltre al numero dei volontari è anche considerevolmente aumentato l’impegno dei donatori. Infatti, la Caritas ha potuto dstinare nei suoi programmi sociali un totale di 250.697.475 euro, in aumento dell’1,28 per cento (3,16 milioni) rispetto al 2010. Di questi fondi il 66,3 per cento (166,3 milioni) proviene da donazioni private (il 3,8 per cento in più rispetto all’anno precedente). Per il resto sono stati utilizzati interventi pubblici, che, al contrario, sono diminuiti del 2,9 per cento. L’opera assistenziale è stata incentrata principalmente su pro- Intervista del presidente della Caritas portoghese Crisi e rischio di tensioni sociali grammi di attenzione primaria, in cui sono stati investiti 42,5 milioni di euro; programmi di occupazione e inserimento lavorativo, con 42,5 milioni di investimenti. Per la casa e gli alloggi sono stati investiti 2,6 milioni di euro. Ovviamente, viene sottolineato, l’opera della Caritas non si è limitata all’assistenza prestata alla popolazione spagnola, ma è stata rivolta anche alle necessità dei Paesi più poveri. In questa luce, altre 4,5 milioni di persone sono state interessate dai progetti di cooperazione internazionale nei Paesi del cosiddetto terzo mondo, nei quali sono stati investiti quasi 30 milioni di euro. È comunque la crisi interna quella che assorbe maggiori energie e che desta maggiore preoccupazione. Del resto, gli stessi mezzi di comunicazione laici nel corso degli ultimi mesi hanno ampiamente riconosciuto come solo l’opera della Caritas e delle altre organizzazioni umanitarie stia salvando la Spagna dall’esplosione sociale. Solo nella capitale la Caritas nel corso del 2011 ha aiutato 115 mila persone. «Abbiamo raddoppiato i turni nelle nostre mense», ha spiegato Javier Hernando, un’operatore di Caritas Madrid, «ma anche così non ce la facciamo». Alle mense della Caritas arriva «ogni giorno più gente del ceto medio, autonomi, persone che pagavano il mutuo per la casa. Gente normale, con vite normali fino a ieri, che ora sono per strada, o senza alcun reddito, senza assegno di disoccupazione, gente normale». La pesante situazione economica del Paese, come accennato, è stata analizzata nelle scorse settimane dai presuli della commissione permanente che hanno diffuso un documento dal titolo “D avanti alla crisi, la solidarietà”. Dando così voce e speranza alle molte attese di giustizia e di carità che giungono non solo dalle fasce più deboli e dagli emarginati. In tal senso, la nota ricorda i gesti concreti di carità compiuti a partire dal 2008, come i donativi straordinari alla Caritas spagnola, la dichiarazione “D avanti alla crisi morale ed economica” dell’assemblea plenaria del novembre 2009, e l’attuale piano pastorale che invita a una riflessione profonda sui mutamenti sociali e intende stimolare «una carità effettiva con la quale si passa dalle parole ai fatti». BUENOS AIRES, 27. Nelle ultime settimane, gli argentini hanno iniziato a riflettere e a portare i propri punti di vista sulla proposta di riforma di un nuovo Codice civile e commerciale. Si tratta di riforme legislative tra le più rilevanti dell’ultimo decennio, che influenzeranno la cultura, la vita personale, sociale le relazioni quotidiane tra le persone, perciò, come ribadiscono i vescovi argentini, «non è una legge che deve essere condizionata dagli interessi, all’emergenza o dall’imposizione di numero». In tal senso sostengono l’iniziativa parlamentare di prorogare di 90 giorni il termine per la discussione della normativa. Ciò permetterà a tutti i soggetti sociali ed ecclesiali di esprimere le proprie opinioni in un dialogo sereno e costruttivo. «Se la società ritiene necessario rivedere il codice e includere le nuove realtà che stanno emergendo nel nostro tempo — sottolineano i presuli — è essenziale l’ascolto attivo e l’analisi dei diversi punti di vista che esistono». La Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale argentina, in una nota, ha formulato alcune osservazioni sulla proposta del nuovo codice ricordando quanto i vescovi hanno già segnalato nelle udienze pubbliche sull’importanza del riconoscimento della qualità di persona dal momento del concepimento, sul rispetto dell’identità dei bambini, sul rifiuto alla reificazione (uso materiale e commerciale) della donna attraverso l’affitto dell’utero, sul rispetto dei diritti essenziali del matrimonio e sulla semplificazione delle procedure per le adozioni. Il testo invita inoltre a una riflessione sulla prospettiva dei più poveri ed esclusi. In primo luogo, a proposito del capitolo sulla proprietà della casa del nuovo Codice civile e commerciale, esortano a non abbandonare la denominazione di bene di famiglia — così come definito nella Costituzione nazionale — nel senso che casa e famiglia sono due realtà che dovrebbero essere protette unitamente. Sempre nell’ambito della proprietà, i vescovi criticano la forte difesa di quella individuale nella sua accezione classica, che sebbene debba essere difesa, mai deve prevalere sul «destino universale dei beni», ossia sulla funzione sociale della proprietà. La nota della Commissione episcopale suggerisce poi la ripresa del progetto iniziale nel capitolo dedicato al diritto all’acqua, poiché l’accesso all’acqua potabile è un diritto fondamentale ancora negato a una parte della popolazione. Ancora chiede che vengano ascoltate le richieste dei popoli autoctoni che hanno espresso, in forma unanime e massiccia, la loro preoccupazione per la mancata consultazione riguardo al riconoscimento della loro personalità giuridica — che dovrebbe essere pubblica e non statale — e una migliore regolamentazione del diritto di proprietà indigena. Infine, i vescovi, evidenziano che la discussione della riforma del nuovo Codice civile e commerciale, è «una grande opportunità per costruire insieme una nazione di fratelli. È necessario allora che le forze vive della società offrano il loro contributo al compito del legislatore: emanare leggi giuste, ragionevoli e condivise, sulla base di valori universali e obiettivi». Intanto, in questi giorni, un forte messaggio è stato lanciato dall’arci- L’episcopato dopo il varo della legge sull’aborto In Uruguay un appello per la vita LISBONA, 27. In Portogallo si teme una radicalizzazione nelle reazioni della popolazione verso l’austerità e si lamenta il costante aumento del carico fiscale in un Paese «sempre più povero e stanco». È quanto sottolinea — in un intervista all’agenzia Ecclesia — il presidente della Caritas portoghese Eugénio Fonseca, secondo il quale per la difficile contingenza «le persone soffrono e non sanno perché lo fanno». Fonseca, nel sostenere che la situazione del Paese era grave già prima della crisi che ha investito i mercati internazionali, evidenzia che la difficile situazione economica e finanziaria si connota come un fenomeno complesso che deve Lutto nell’episcopato Monsignor Felix Eugenio Mkhori, vescovo emerito di Lilongwe (Malawi), è morto nelle prime ore di sabato 27 ottobre, dopo una breve malattia. Il compianto presule era nato il 24 agosto 1931 a Ntenje, in arcidiocesi di Blantyre, ed era stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1961. Il 29 settembre 1977 era stato eletto alla Chiesa titolare di Sicca Veneria e nominato, allo stesso tempo, ausiliare di Chikwawa. L’8 gennaio successivo aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 12 febbraio 1979 era stato trasferito alla sede residenziale vescovile di Chikwawa e il 23 gennaio 2001 a quella di Lilongwe. Aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi il 4 luglio 2007. I funerali avranno luogo nella cattedrale di Chikwawa alle 9.30 di mercoledì 31 ottobre. essere analizzato sotto differenti punti di vista, che vanno dalle difficili condizioni di vita della popolazione al rischio dell’aumento delle tensioni, dei contrasti, delle divisioni sociali; dalla precarietà giovanile (specialmente occupazionale) all’indebolimento dello stato sociale; dalla mancanza di fiducia dei mercati al possibile effetto di contagio ad altre economie europee particolarmente esposte alla crisi del debito pubblico. Nei primi sei mesi del 2012 sono stati persi oltre 100 mila posti di lavoro, e nel secondo semestre dell’anno se ne perderanno altri 40 mila. A causa di questo fenomeno, combinato con la politica di austerità varata dal Governo anche nel progetto di bilancio per il 2013 e con la recessione economica generale, si calcola che nei primi sei mesi di quest’anno ben 150 mila portoghesi siano andati all’estero per cercare lavoro, molti dei quali sono lavoratori altamente qualificati. Anche molti immigrati residenti in Portogallo hanno deciso di abbandonare il Paese per la mancanza di prospettive lavorative sicure nel breve e nel medio periodo. «Il mio timore — dice Fonseca — è che, una volta risanato il debito, una una grande frangia della società portoghese rimanga totalmente destabilizzata». Ciò potrebbe determinare, purtroppo, condizioni favorevoli per un conflitto sociale preoccupante. Il Presidente della Caritas rivela che, negli ultimi tre anni, «non ha cessato di aumentare» il numero di persone che cercano l’aiuto della Chiesa cattolica e ammette che «ciò avverrà, purtroppo anche in futuro per via delle misure annunciate dall’esecutivo». In tal senso ventila anche una proposta: la rinegoziazione del periodo del programma di assistenza da parte dell’Ue, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale. MONTEVIDEO, 27. Nessuna scomunica automatica, bensì il forte richiamo, rivolto in particolare ai cattolici, alla responsabilità di fronte a tematiche così delicate e fondamentali come la difesa della vita umana. L’episcopato uruguayano è tornato sull’arroventato dibattito che da settimane anima l’intera società nazionale riguardo la legge — approvata dal Parlamento lo scorso 17 ottobre e ratificata cinque giorni dopo dal presidente della Repubblica, José Mujica — che, primo Paese sudamericano, ha depenalizzato la pratica abortiva. «Nessun vescovo ha scomunicato alcun legislatore», ha affermato monsignor Heriberto Bodeant Fernández, vescovo di Melo e segretario generale dell’episcopato. È questo il passaggio principale di un intervento, pubblicato sul sito in rete della conferenza episcopale, volto a fare chiarezza dopo il clamore suscitato dall’interpretazione data dai mass media ad alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso presule nelle ore immediatamente successive all’approvazione del discusso testo legislativo che permette l’aborto entro le prime dodici settimane di gestazione. In particolare, si fa riferimento a un’intervista concessa al sito Subrayado, il cui titolo erroneamente evidenziava senza appello che per la Chiesa sono da considerarsi scomunicati tutti coloro che hanno concorso all’approvazione della legislazione abortiva («Iglesia excomulgó a quienes votaron despenalizar el aborto»). «Queste non sono mie parole, ma una deduzione di chi ha fatto il titolo dell’intervista», chiarisce il presule, il quale aggiunge che il tema della scomunica era stato introdotto da una domanda del giornalista. «Io mi sono limitato a fare alcune osservazioni sulla scomunica in relazione alla pratica dell’aborto». In particolare, sulla scomunica latae sententiae, cioè automatica, prevista per chi direttamente partecipa e determina un aborto «se questo si verifica». Il presule sottolinea invece che nell’intervista in questione veniva detto «molto di più», e soprattutto in modo «positivo» veniva rinnovato l’appello ad «apprezzare la vita e a dare un valore speciale alla vita che comincia con la gestazione nel ventre della madre». Quanto alla scomunica, torna adesso a sottolineare il segretario generale dell’episcopato, citando il Codice di diritto canonico, essa non si applica automaticamente al legislatore. «Per un cattolico votare questa legge è qualcosa di grave, che però resta una decisione assai complessa nella quale possono rientrare diverse motivazioni incluso quella di evitare un male maggiore, cioè una legge ancora più permissiva». Non solo, il presule ribadisce anche che ovviamente tutto quello che riguarda la comunione con la Chiesa cattolica riguarda «chi professa la fede cattolica e aderisce agli insegnamenti della Chiesa». Al contrario, il richiamo dei vescovi è molto più ampio e riguarda la tutela della vita debole e indifesa e guarda alla promozione di un’autentica cultura della vita. vescovo di Santa Fe de la Vera Cruz e presidente della Conferenza episcopale argentina, monsignor José María Arancedo, secondo il quale il progetto di riforma integrale del codice, che apre la possibilità dell’«utero in affitto» (una pratica eticamente innaccettabile che priva il bambino del diritto della conoscenza della propria identità), elimina anche i doveri coniugali di fedeltà e rispetto permettendo che ogni coppia stabilisca i termini economici nel suo contratto matrimoniale. La riforma del codice propone una «una nuova struttura della società argentina nelle sue realtà essenziali» e i cambiamenti proposti potrebbero implicare «alterazioni molto gravi contro la costituzione della famiglia e la dignità delle persone». Per il presule, tra le varie proposte che destano preoccupazione, c’è un paragrafo del provvedimento in cui viene stabilito che si definisca come inizio dell’esistenza umana «il concepimento nel corpo della donna o l’impianto in essa dell’embrione formato mediante tecniche di riproduzione umana assistita». In questo modo, osserva, «si riconosce come persona umana dal momento del concepimento quella che è generata nel corpo della donna, ma non quella che inizia il suo percorso di vita in una provetta. Quest’ultima diventerebbe persona solo a partire dal suo impianto nel seno di chi la riceve». L’arcivescovo ha sottolineato inoltre come il testo di riforma del codice civile e commerciale contenga anche altri aspetti criticabili, come «l’eliminazione del dovere di fedeltà nel matrimonio, che è un elemento fondamentale; adesso non sarà un dovere mantenere la fedeltà e ciò non comporterà attribuzione di colpa in caso di adulterio. Inoltre si banalizza il matrimonio, il divorzio, che diventa quello che viene chiamato “divorzio express”. La pratica durerà una settimana. Si crea la figura delle unioni di convivenza per le coppie non sposate. Significa che sarà lo stesso sposarsi o non sposarsi». Il cardinale Amato apre il bicentenario della nascita della serva di Dio María Gay Tibau Al servizio dei malati Alleviare il dolore e portare la pace a quanti soffrono, senza distinzioni di classe sociale, vedendo in essi l’immagine di Cristo. È questo il carisma della serva di Dio María Rosa Teresa Gay Tibau (1813- 1884), fondatrice delle suore di San Giuseppe di Girona. Per celebrare il bicentenario della sua nascita, sono state promosse alcune iniziative che prendono il via, domenica 28 ottobre, con la messa presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nella chiesa della clinica Pio XI di Roma. «Nell’anno della fede, appena iniziato — afferma il porporato — l’esempio della Madre può essere un invito a vivere una fede forte, coraggiosa, creativa, che non conosce ostacoli e che dirada le nubi dei nostri dubbi». La fede, ha proseguito il cardinale, «oltre a farci crescere spiritualmente, ci rende testimoni della presenza di Dio ed evangelizzatori della sua parola di vita e di verità». In questo bicentenario, ha aggiunto, «sull’esempio, della Madre teniamo lo sguardo fisso su Gesù, “colui che dà origine alla nostra fede e la porta a compimento” (Eb 12, 2)». Una fede incrollabile come quella delle consorelle della serva di Dio, «uccise in odium fidei durante la nefasta guerra civile del 1936, vittime innocenti dell’odio anticristiano. Preferirono morire per Cristo, piuttosto che rinnegarlo». Il cardinale ha anche tratteggiato a grandi linee le principali tappe umani e spirituali della fondatrice e ha sottolineato come la sorgente della sua fede «era una intensa vita di preghiera, fatta di devozione alla Santissima Trinità, di adorazione eucaristica, di pietà mariana, di devozione a san Giuseppe, di esatta osservanza delle costituzioni dell’Istituto, di letture spirituali». Inoltre, la fiducia piena nella Provvidenza, «le dava pace e serenità, atteggiamenti che cercava di inculcare nelle sue figlie spirituali». In questo anno commemorativo, in tutte le comunità della congregazione i collaboratori e quanti ruotano intorno alle sue realtà cercheranno di riscoprire la vita della serva di Dio, di conoscere maggiormente le sue opere e il suo messaggio carismatico «alleviare il dolore e seminare la pace». Inoltre, durante l’anno celebrativo, verranno organizzate visite nei luoghi dove la Tibau è vissuta, ha fondato la congregazione e ha svolto la sua missione. María Gay nacque a Llagostera in Spagna nel 1813, durante la guerra napoleonica. Alla morte dei genitori, nel 1850 si trasferì a Girona nella casa del dottor Amerio Ros, medico della città, che conobbe nell’ospedale di Santa Caterina. Il 29 giugno 1870, insieme con la sua compagna Carmen Esteve iniziò, in forma di associazione, l’assistenza agli infermi nel nome di Cristo. Ebbe iniziò così l’istituto delle suore di San Giuseppe di Girona, dedito al servizio dei malati. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 28 ottobre 2012 Nella mattina di venerdì Ventesima congregazione generale lizzati. Per questo motivo la Chiesa ha bisogno di «un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare» (Il 13). Il problema è come attuarlo. A questo proposito ci si attende molto dalle parrocchie e dalle famiglie. Un padre coreano mi ha raccontato il caso della conversione al buddismo di una giovane donna. Era figlia di genitori cattolici devoti e suo fratello era un frate salesiano, che adesso lavora per i giovani come psichiatra professionista. Si riteneva che fosse cresciuta in una famiglia evangelizzata. Le è stato chiesto «cosa ti ha fatto decidere di convertirti al buddismo?» e lei ha risposto: «Come cattolica avevo sempre la sensazione che mi mancasse qualcosa. Un giorno ero sull’autobus e ho sentito alla radio il discorso di un monaco buddista. Ho sentito che quello che diceva poteva essere vero, così ho ordinato tutta la serie di nastri con le sue lezioni». Purtroppo non era riuscita a trovare la «fontana del villaggio» che avrebbe estinto la sua sete di appagamento spirituale. Ritengo che la nuova evangelizzazione abbia bisogno di un amorevole spirito comunitario, simile a quello manifestato dal beato Papa Giovanni Paolo II verso un prete smarrito, umiliatosi diventando un mendicante. Il Papa gli chiese di ascoltare la sua confessione dicendo: «Chi è prete, lo è per sempre». Venerdì mattina, 26 ottobre, si è svolta la ventesima congregazione generale per la presentazione e la votazione del messaggio del Sinodo dei vescovi al popolo di Dio. Presidente delegato di turno è stato il cardinale Tong Hon. Erano presenti 258 padri. Sono intervenuti un delegato fraterno e alcuni uditori e uditrici. Bisogna evangelizzare prima noi stessi Sua Grazia IRINEJ [BULOVIĆ] Vescovo di Bačka (Serbia) Patriarcato Ortodosso Serbo 1. Per ogni generazione cristiana, l’evangelizzazione del mondo è sempre una nuova evangelizzazione. Per essere più precisi, non è essenzialmente un novum, ma ogni volta avviene nove, in modo nuovo, nel contesto del dialogo con ogni nuova epoca, con un’inculturazione più o meno rinnovata. Comunque, il DioUomo Gesù Cristo è uno e lo stesso, ieri, oggi e nei secoli. 2. Il processo teandrico dell’evangelizzazione è unico e unitario, ma molto sfaccettato e diversificato nelle sue forme e nei suoi metodi. Ci rivolgiamo all’uomo spersonalizzato e secolarizzato dell’Europa occidentale e dell’America in una maniera molto diversa da quella che usiamo nei confronti dell’uomo altrettanto spersonalizzato e distrutto, sia pure in altri modi, dell’Europa orientale e dello spazio ex sovietico, mentre portiamo la buona Notizia di Cristo agli uni e agli altri secondo modalità diverse da quelle usate dai nostri predecessori appena pochi decenni fa, in una società che era ancora maggioritariamente o, almeno, formalmente cristiana. Tuttavia, i modelli tradizionali fondamentali e le vie dell’evangelizzazione sono tuttora necessari e utili, anzi rimangono insostituibili. Certamente, oggi l’evangelizzazione non è possibile senza ricorrere a tutti gli strumenti tecnologici disponibili (radio, televisione, internet, e via dicendo), ma senza dimenticare che nulla può sostituirsi alla parola viva e alla testimonianza diretta della nostra fede, della nostra speranza e del nostro amore. 3. Lo scopo dell’evangelizzazione non può essere un semplice incremento nel numero dei cristiani, e men che mai la creazione di nuovi cristiani scissi accanto a quelli già esistenti, oppure addirittura di cristiani a metà (anche se è meglio di niente). Invece, il suo scopo deve essere un’autentica crescita del Corpo di Cristo in statura e in ampiezza, assieme alla crescita spirituale dei cristiani verso la maturazione come personalità nei confronti della virtù e della libertà autentiche, vale a dire, verso uno stato dinamico di santità, di deificazione, di cristificazione, ciò che in pratica si identifica con una crescita ecclesiale. L’evangelizzazione si muove in due direzioni parallele: ad intra e ad extra. Comunque, la prima, che si rivolge ai cristiani, è condizione previa e requisito per il successo della seconda, quella esterna, che si indirizza verso i futuri cristiani potenziali. 4. Al fine di evangelizzare i nostri vicini, dobbiamo prima evangelizzare noi stessi, in sinergia con lo Spirito Santo, il Paraclito, che ci purifica e ci salva. L’autorità della Chiesa discende dal sacrificio e dal servizio, e non si basa sul potere e sulla sottomissione. I tempi del trionfalismo per la Chiesa sono ormai superati, ed è un bene: l’evangelizzazione contemporanea è esclusivamente kenotica, umile, diaconale, vincolata alla crocifissione-risurrezione. I destinatari di una nuova evangelizzazione non sono soltanto le persone, ma anche i servizi ecclesiastici, vale a dire le stesse istituzioni ecclesiastiche. Va superato l’antagonismo, spiritualmente anomalo, tra il carisma e l’istituzione: per definizione, l’istituzione ecclesiastica è carismatica. In tale contesto, la nuova evangelizzazione sarà una lieta notizia anche per il monachesimo cristiano. 5. Ovunque e in ogni occasione in cui ciò sia possibile, sono del parere che dovremmo lavorare per l’evangelizzazione ad extra con uno sforzo congiunto, e di reciproco appoggio. Nella maggior parte dei casi è facile farlo. Mentre presentiamo la nostra testimonianza comune sulle verità fondamentali della fede e della vita di fronte ai nostri contemporanei, non dobbiamo temere che insorgano discussioni in merito a questioni dogmatiche. Particolarmente importante è la testimonianza congiunta riguardo a questioni decisive per l’umanità odierna, compresi i problemi bioetici ed ecologici, come anche le gestioni comuni di fronte alle autorità governative, nei media e con i vari attori sulla scena secolare. In Serbia abbiamo un’esperienza relativamente lunga e feconda di un’attività evangelica ecumenica dei cristiani. Una simile relazione esige un’apertura sincera, una fiducia reciproca e, soprattutto, amore. Credo che l’irradiazione spirituale del concilio Vaticano II, tra di voi, e lo spirito autentico e la tradizione viva della Chiesa ortodossa, tra di noi, hanno un effetto molto più forte della grettezza settaria. «Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo» (1 Gv 4, 4). Al servizio dei poveri Suor MARY PREMA PIERICK, M.C. Superiora Generale delle Missionarie della Carità (India) Madre Teresa è nota per il lavoro che ha fatto a favore dei poveri. Non tutti comprendono subito la finalità del nostro lavoro, che è di «portare le anime a Dio e Dio alle anime». Quando il ministro del lavoro sociale le chiese quale fosse la differenza tra il suo lavoro e il proprio, lei rispose: «Voi lo fate per qualcosa, noi per Qualcuno». Sin dagli inizi della congregazione, Madre Teresa sapeva che il lavoro avrebbe richiesto tante ferventi preghiere e tanta penitenza. Con fede salda e in spirito di amorevole fiducia, totale abbandono e gioia, il suo unico desiderio era di placare la sete d’amore e di anime di Gesù. Contemplando Gesù sulla croce sapeva — e ci ha insegnato — come vivere i voti di povertà, di obbedienza e di carità. La nostra vocazione non è il lavoro, bensì appartenere a Gesù e, come Gesù ha detto alla nostra Madre: «La vostra vocazione è di amare, soffrire e salvare anime». In molti Paesi le suore portano medicinali nei villaggi più remoti, dove Gesù non è ancora conosciuto. I malati più gravi vengono accolti nelle nostre case, dove ricevono cure soprattutto per la tubercolosi. Durante la loro permanenza presso di noi partecipano alle preghiere delle suore. Ascoltano la Parola di Dio, sono presenti alla santa messa e all’adorazione eucaristica. Apprendono dell’amore misericordioso di Dio per loro e imparano a pregare il rosario. Le loro domande più profonde sulla vita ricevono risposta. Quando ritornano al proprio villaggio estendono la loro esperienza di Gesù alla propria famiglia e ai vicini. A Calcutta giungono volontari di molti Paesi per partecipare al servizio dei poveri nelle nostre case. Provengono da tutte le situazioni di vita e hanno aspettative molto diverse. Questi giovani vengono invitati a partecipare alla santa messa alle sei del mattino. Dopo il loro servizio, dopo aver toccato Gesù nei poveri, ritornano alla Casa madre per adorare Gesù nell’Eucaristia alle sei del pomeriggio. Di solito è presente un sacerdote per le confessioni. Ultimamente sta aumentando il numero di volontari cinesi. Un giorno una giovane si è avvicinata alla Madre raggiante di gioia: «Ho trovato Gesù nella casa dei morenti». Un ragazzo, invece, ha raccontato così la sua esperienza: «Sono venuto per cambiare Calcutta, ora vedo che Calcutta ha cambiato me». La nostra Madre ha diffuso il regno del Cuore immacolato, donando una medaglia miracolosa a tutti coloro che incontrava. Noi andiamo sempre due a due, con il rosario in mano, e Nostra Signora apre le por- te e i cuori dei poveri affinché Gesù possa entrarvi. Vi chiedo di voler pregare per noi, affinché possiamo rendere la Chiesa pienamente presente attraverso il nostro amore per Gesù e per i poveri, ovunque Gesù ci ha mandate. Ringrazio Sua Santità e voi, cari Vescovi, perché vi prendete amorevolmente cura dei bisogni spirituali delle suore nelle vostre diocesi. Le suore e i nostri poveri pregano per voi e perché questo Sinodo sia fecondo. Per chi non trova la «fontana del villaggio» YONG SUK FRANCIS XAVIER OH Segretario Generale del «Catholic Lay Apostolate Council of Korea» (Corea) Vorrei iniziare il mio intervento richiamando l’attenzione su un’espressione che troviamo al punto 13 dell’Instrumentum laboris: «Da evangelizzata a evangelizzatrice», soprattutto sul «da evangelizzata». È evidente perché la nuova evangelizzazione richiede di essere evangelizzati per poter evangelizzare. Guardiamo alla Chiesa coreana, nota nel mondo come Chiesa dinamica. Attualmente quasi il 60 per cento dei cattolici coreani battezzati negli ultimi tre anni si allontana dalla Chiesa. Solo il 30 per cento dei cattolici coreani partecipa alla messa tutte le domeniche e quel che è peggio è che in un’arcidiocesi, questa percentuale è scesa addirittura sotto il 20 per cento. È come riempire un pozzo senza fondo. I problemi non riguardano soltanto i laici. Ultimamente alcuni sacerdoti e religiosi hanno abbandonato la Chiesa per aderire a una pseudo-religione non autorizzata e privata, basata su un’ermeneutica errata del libro dell’Apocalisse. Ciò rientra nel concetto del non essere evange- I membri del XIII consiglio della segreteria generale del Sinodo dei vescovi La ventunesima congregazione generale si è svolta nel pomeriggio di venerdì 26 ottobre alla presenza del Papa. Presidente delegato di turno il cardinale Tong Hon. Ai 249 padri in aula è stato presentato l’elenco finale delle proposizioni, lette in latino dal relatore generale, il cardinale Wuerl, e dal segretario speciale, l’arcivescovo Carré. Durante la congregazione il segretario generale, l’arcivescovo Eterović, ha comunicato i nominativi dei membri — dodici eletti e tre nominati dal Pontefice — del XIII consiglio della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Ne pubblichiamo qui di seguito l’elenco completo. Cardinale Christoph SCHÖNBORN, O.P., Arcivescovo di Wien, Presidente della Conferenza Episcopale (Austria) Cardinale Wilfrid FOX NAPIER, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa) Cardinale Peter Kodwo APPIAH TURKSON, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace Cardinale George PELL, Arcivescovo di Sydney (Australia) Cardinale Péter ERDŐ, Arcivescovo di EsztergomBudapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Europa (C.C.E.E.) (Ungheria) Cardinale Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Bombay, Segretario Generale della Federation of Asian Bishops’ Conferences (F.A.B.C.) (India) Cardinale Odilo Pedro SCHERER, Arcivescovo di São Paulo (Brasile) Cardinale Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) Cardinale Donald William WUERL, Arcivescovo di Washington (Stati Uniti d’America) Cardinale Timothy Michael D OLAN, Arcivescovo di New York, Presidente della Conferenza Episcopale (Stati Uniti d’America) Sua Beatitudine Sviatoslav SCHEVCHUK, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (Ucraina) Monsingor Bruno FORTE, Arcivescovo di ChietiVasto (Italia) Monsignor Rino FISICHELLA, Arcivescovo titolare di Voghenza, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione Monsignor Luis Antonio G. TAGLE, Arcivescovo di Manila (Filippine) Monsignor Santiago Jaime SILVA RETAMALES, Vescovo titolare di Bela, Ausiliare di Valparaíso, Segretario Generale del Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam) (Colombia) Un ponte tra la Grazia e il popolo cubano RITA MARÍA PETRIRENA HERNÁNDEZ Responsabile del Dipartimento di Coordinamento Pastorale della Conferenza Episcopale (Cuba) Come molti Paesi dell’Europa dell’Est, abbiamo subito per decenni la promozione di una cultura marxista con le sue conseguenze; ci sono stati momenti molto complessi e difficili per la Chiesa, ma essa non ha rinunciato alla sua fedeltà a Cristo e al popolo. Abbiamo vissuto anni di silenzio, è stato un silenzio oblativo, è stato un silenzio fecondo. Volevamo ascoltare meglio Dio che parlava al cuore della comunità cristiana per porsi al centro di questa nuova realtà. Desidererei dirvi, a partire dalla nostra esperienza, che, quando la sua missione si fa difficile, la Chiesa diventa creativa, la Chiesa è capace di trovare nuove vie. La Chiesa diventa umile, perché sa di essere fragile, povera e piccola. Tuttavia, come direbbe l’apostolo san Paolo, quando sono debole, è allora che sono forte, ed è allora che la Chiesa meglio rivela il volto del Maestro. Ormai da anni, attraverso i suoi programmi pastorali, la Chiesa di Cuba insiste sul fatto di essere una Chiesa orante, missionaria e incarnata e, per questo, ha dovuto essere necessariamente la Chiesa dell’apertura, la Chiesa del dialogo, la Chiesa della partecipazione, la Chiesa del perdono, la Chiesa della diaconia. A Cuba uno dei volti della nuova evangelizzazione è stato il triennio in preparazione dell’Anno giubilare che stiamo celebrando per i 400 anni dal ritrovamento dell’immagine della patrona di Cuba; quando milioni di cubani sono scesi in strada per incontrarsi con la Vergine pellegrina che ha percorso tutta l’isola, questa piccola comunità cristiana, che non arriva al 2 per cento della popolazione, ha rappresentato un ponte fra la Grazia e il popolo. In comunione con la Chiesa pellegrina in America latina e nei Caraibi, secondo l’invito del Documento di Aparecida, vogliamo essere discepoli e missionari per un eccesso di gratitudine. Chiamati a comunicare ai nostri popoli la vita in Gesù Cristo. Profetismo della vita consacrata Padre EMMANUEL TYPAMM, C.M. Segretario Generale della «Confédération des Conférences des Supérieurs Majeurs d’Afrique et de Madagascar» - Cosmam (Camerun) Per trasmettere oggi Cristo al mondo, le persone consacrate devono fare una rilettura della loro vita. È vero che già trasmettiamo, più o meno fedelmente, Cristo e il suo Vangelo, ma le nuove povertà del nostro mondo globalizzato ci obbligano ad adottare nuove linee di condotta per trasmettere Cristo. L’esperienza che viviamo alla Cosmam, nel continente africano, ci porta a dire che, oggi, per comunicare con gioia la fede cristiana e costruire una civiltà dell’amore, è necessario che noi, persone consacrate, riscopriamo alcuni elementi fondamentali della nostra consacrazione. Desidero enumerarne sette. La centralità di Cristo nella nostra vita di consacrati. La vita fraterna in comunità. Una spiritualità inculturata. Il profetismo della vita consacrata attraverso l’opzione preferenziale per i poveri. Come dicono alcuni fondatori dei nostri istituti, i poveri sono nostri Maestri e Signori. Non dovremmo smettere d’avere paura? E spalancare le porte dei nostri cuori allo Spirito di Pentecoste e donare la nostra vita ai poveri di oggi per preservare la pace nel mondo? «Non si svuota mai la pentola la sera», questo proverbio africano ci indica la condotta da tenere, quella di organizzarci in modo da avere sempre qualcosa di riserva per donarla ai poveri. Non sarebbe una testimonianza contro l’evangelizzazione il non aver nulla da dare a un povero che ha veramente bisogno e che ci tende la mano? La collaborazione tra le persone consacrate. L’unità nella diversità e non nell’uniformità. La collaborazione con i laici. Se la famiglia rimane un luogo privilegiato per l’annuncio del Vangelo, è tempo di prepararci, consacrati e laici, a metterci a servizio degli uni e degli altri, ciascuno con i propri talenti; questo aiuterà noi consacrati a non cadere nella tentazione di crederci superiori ad altri nella Chiesa di Cristo che è Chiesafamiglia. Quell’attitudine delle donne alla reciprocità Suor YVONNE REUNGOAT, F.M.A. Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice Salesiane di Don Bosco (Francia) Come vita religiosa femminile riusciamo a testimoniare il fascino della nostra vocazione quando ci lasciamo evangelizzare da Dio esprimendo così una vita consacrata bella, realizzata, felice, capace di incontro e di condivisione. Per recuperare uno stile autenticamente profetico dobbiamo radicarlo nella mistica, così da dare ragione della speranza che è in noi. Non solo dobbiamo essere credenti, ma credibili. L’essere amate da Dio si esprime nella comunione fraterna: una dimensione che il mondo di oggi comprende più immediatamente perché ha fame e sete di relazioni semplici e vere, riflesso del rapporto con Dio. Le nostre comunità possono diventare laboratorio di una cittadinanza evangelica universale in un mondo interculturale, interreligioso, complesso e globalizzato. Come donne, credo che potremmo sviluppare maggiormente l’attitudine alla reciprocità, umanizzando la vita e qualificando le relazioni. L’evangelizzazione è tale se entra con umiltà e amore nelle pieghe dell’umano e cerca di abitarlo nella quotidianità suscitando il desiderio di Dio e aprendo così la porta della fede. L’evangelizzazione ha bisogno di canali di trasmissione, di una mediazione culturale ed educativa capace di entrare negli scenari del mondo contemporaneo per incontrare i giovani e i più poveri e offrire loro proposte di crescita umana e cristiana. Come consacrate salesiane evangelizziamo educando, diventando così missionarie dell’amore, specialmente nei confronti dei giovani e dei più poveri. Nella nostra missione sentiamo il sostegno di Maria, Madre e Maestra. La famiglia icona della comunione di Dio CARL ALBERT ANDERSON Cavaliere Supremo dell’O rdine dei Cavalieri di Colombo (Stati Uniti d’America) La famiglia cristiana è essenzialmente missionaria. Tuttavia, la sua missione — che scaturisce dalla sua natura — è molto più grande di qualsiasi attività di evangelizzazione esterna o di riforma politica e sociale nelle quali si impegnano le famiglie cristiane. Queste attività possono dare frutto solo se nascono dalla missione essenziale, che pone la famiglia fondata sul matrimonio sacramentale al centro della missione stesCONTINUA A PAGINA 7 L’OSSERVATORE ROMANO domenica 28 ottobre 2012 pagina 7 Durante la ventesima congregazione generale Interventi di uditori e uditrici CONTINUAZIONE DALLA PAGINA 6 sa della Chiesa. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, «la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore», quell’amore che è un riflesso della comunione trinitaria e partecipa «dell’amore di Dio per l’umanità» (Familiaris consortio, n. 17). Nella missione evangelizzatrice della Chiesa, solo l’amore è «efficace», l’amore del Signore crocifisso e risorto. Gli sposi cristiani ricevono questo amore prima come dono e compito divino. Nessuna influenza e potere terreni possono sostituirlo. Come osserva l’Instrumentum laboris, questo amore, che la famiglia deve vivere e comunicare, è la forza motrice dell’evangelizzazione. È il motivo per cui la proclamazione del Vangelo «impregna e trasforma tutto l’ordine temporale, assumendo e rinnovando le culture» (n. 92). Solo questo amore, se vissuto in maniera autentica nelle famiglie, può essere alla base di un rinnovamento di quella cultura autenticamente umana che il beato Giovanni Paolo II ha definito «civiltà dell’amore». Possano i nostri pastori diventare sempre più consapevoli della pressante necessità di una nuova evangelizzazione della famiglia cristiana, per aiutarla nella sua missione di «diventare ciò che è» (cfr. Familiaris consortio, n. 17): un’icona della comunione di Dio! È questo l’unico modo perché la famiglia possa essere un luogo di guarigione e di umanità per gli uomini e per le donne del nostro tempo. Soprattutto, le famiglie hanno bisogno di aiuto per giungere alla consapevolezza di ciò che sono: una «comunità salvata e salvante» (cfr. Familiaris consortio, n. 49), una realtà sacramentale al centro della missione evangelizzatrice della Chiesa. Molti Padri sinodali hanno affidato i nostri sforzi all’intercessione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione. Nell’emisfero occidentale, il beato Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica Ecclesia in America ha affidato i nostri sforzi a Nostra Signora di Guadalupe con il titolo di Stella della Nuova Evangelizzazione. Cinque secoli fa, Maria apparve nel nostro emisfero mentre era in corso un grande scontro di civiltà. Le popolazioni indigene videro in lei un riflesso autentico di sé stesse, e allo stesso tempo un’espressione perfetta di una nuova inculturazione della fede cristiana. Il suo messaggio di riconciliazione, unità e amore ha dato vita alla grande evangelizzazione di un intero emisfero. Oggi per molti versi ci troviamo di fronte a un grande scontro di civiltà, reso ancora più preoccupante da un processo di globalizzazione sempre più rapido. Che noi, come il beato Giovanni Paolo II, possiamo vedere oggi in Nostra Signora di Guadalupe un cammino sicuro per la nuova evangelizzazione! Infine, in tutti i continenti osserviamo grandi minacce contro la libertà della Chiesa. Sia che queste minacce nascano da un fondamentalismo religioso militante, sia che nascano da un ateismo militante, la globalizzazione di tali minacce e la complicità di molti Governi ci chiama a una nuova solidarietà nella difesa della libertà religiosa come condizione per la nuova evangelizzazione. Un piano «Marshall» a favore della maternità JOSÉ MARÍA SIMÓN CASTELLVÍ Presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche - F.i.a.m.c. (Spagna) Molti medici cattolici credono che sia estremamente importante per il futuro della Chiesa e dell’umanità dare un impulso reale agli insegnamenti dell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI. Chi rispetta la Humanae vitae cerca di essere fedele al proprio sposo o alla propria sposa, non uccide i propri figli con l’aborto, non si riproduce in modo artificiale, ma procrea e vede nei figli un dono squisito del Cielo. Se è necessario, per gravi motivi, userà i moderni metodi naturali di regolazione della fertilità e mai un anticoncezionale. La trasmissione della vita umana è uno dei punti di contatto più intimi fra Dio e l’Uomo. Entrambi realizzano un’Opera che sarà eterna. I figli sono per sempre! È per questo che è necessario che le scuole, le università, i seminari e gli altri stru- menti di apostolato della Chiesa incoraggino questa sana dottrina senza nasconderla né maltrattarla, senza vigliaccherie e con perseveranza. Sono anni che noi medici cattolici osserviamo una radicale diminuzione del numero di specialisti in ostetricia che seguono gli insegnamenti della Chiesa. Pensiamo che da questo Sinodo dovrebbe nascere una spinta per un piano «Marshall» a favore della maternità. Nei Paesi poveri le madri muoiono per mancanza di assistenza ostetrica di base e, nei Paesi ricchi, le madri subiscono condizionamenti, perché abbiano il minor numero di figli possibile. La Chiesa cattolica può, e ritengo umilmente che debba, superare l’investimento multimilionario della Fondazione Bill Gates con una opzione preferenziale alle madri, opzione né esclusiva né escludente, ma certamente preferenziale nei confronti loro e dei loro figli. L’adorazione eucaristica cuore di ogni parrocchia Reverendo PIERGIORGIO PERINI Presidente dell’O rganismo Internazionale di Servizio per le Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione (Italia) Le Cellule parrocchiali di evangelizzazione (Cpe) propongono la visione di una Chiesa in crescita, poiché utilizzano una metodologia di evangelizzazione e una strategia pastorale tese a riscoprire l’istanza missionaria capace di trasformare la parrocchia in una comunità ardente di fede e proiettata all’evangelizzazione dei lontani, nella consapevolezza che evangelizzare è «la vocazione propria della Chiesa» (cfr. Evangelii nunutiandi 14). Una consapevolezza da trasmettere ai fedeli laici chiamati a rinnovare la loro appartenenza alla parrocchia, tessuto ecclesiale in cui s’innestano le Cpe. Caratterizzano questa esperienza: l’evangelizzazione attraverso l’Oikos (cioè l’ambiente di vita), sottolineando il carattere interpersonale e relazionale della testimonianza di fede e consentendo di sviluppare un autentico spirito di fraternità e amicizia; le dinamiche ecclesiali della cellula come luogo di formazione dei discepoli: in un contesto nuovo e in modo vivace, le Cpe rinnovano la realtà della Chiesa del Nuovo Testamento impegnata nella evangelizzazione e nella formazione dei discepoli: la crescita dei leader in una prospettiva di moltiplicazione: il leader incarna in sé la visione della cellula in crescita, chiamata a moltiplicarsi; l’educazione di tutta la comunità parrocchiale all’adorazione eucaristica, cuore pulsante di ogni parrocchia tesa all’evangelizzazione. Se i giovani cercano felicità nelle vie di morte CHIARA AMIRANTE Fondatrice e Presidente della Comunità Nuovi Orizzonti (Italia) Ho iniziato a recarmi di notte in strada nelle zone più pericolose di Roma nel 1991, spinta da un semplice desiderio: condividere la gioia dell’incontro con Cristo Risorto proprio con quei fratelli più disperati. Ascoltando il grido del popolo della notte ho presto scoperto che il vero male che accomunava i tanti fratelli disperati che incontravo in strada non era tanto la droga, la prostituzione, l’alcool, la depressione, la solitudine... ma la «morte dell’anima» (il salario del peccato è la morte Rm 6, 23). E così si è impressa con prepotenza una certezza: solo l’incontro con Cristo Risorto, avrebbe potuto ridonare la vita a quei tanti fratelli «nella morte» che ogni notte incontravo in strada. Sono così partita dall’aprire nel 1994, una semplice comunità di accoglienza per giovani di strada basata sul Vangelo, e da allora migliaia di giovani, dopo aver scoperto l’amore di Dio e dopo un percorso di guarigione del cuore e di formazione umana e all’evangelizzazione, sono diventati testimoni dell’amore di Dio tra i loro coetanei e si sono impegnati sistematicamente in iniziative di evangelizzazione. In sei anni più di 250.000 persone hanno voluto impegnarsi nella nuova evangelizzazione per portare la rivoluzione dell’Amore nel mondo. Si sono inoltre moltiplicati i Centri e le iniziative di evangelizzazione: 174 tra centri di accoglienza, di formazione all’evangelizzazione, famiglie aperte all’accoglienza; 152 equipe di servizio impegnate in: comunicazione e mass media, animazione e spettacolo, formazione ed editoria, cooperazione internazionale e servizi sociali. Questo ci dà modo di incontrare una media di due milioni di persone all’anno con diverse iniziative di evangelizzazione e di renderci conto che, oggi, l’80 per cento dei giovani che incontriamo (anche nelle scuole dei quartieri “in”) vivono situazioni di grave disagio. I giovani cercano la felicità nelle vie di «morte» che i profeti di menzogna propongono con insistenza: successo, potere, denaro, piacere. È davvero fondamentale un rinnovato impegno nel primo annuncio, nell’utilizzazione dei media, nel testimoniare con la vita che Gesù è la via per la pienezza della gioia, della pace, della vita. Che questo Sinodo possa contribuire a incidere nel cuore di ogni cristiano le parole di san Paolo: «Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone. Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9, 16). Conquistare, edificare e inviare CURTIS A. MARTIN Fondatore e Presidente del «Fellowship of Catholic University Students» - Focus (Stati Uniti d’America) Ritengo sia utile considerare la nuova evangelizzazione come uno strumento per realizzare il tema cen- Immersi nella cultura della fragilità ERNESTINE SIKUJUA KINYABUUMA Docente all’Istituto Universitario Maria Malkia di Lubumbashi Membro del Movimento dei Focolari (Repubblica Democratica del Congo) Come insegnante, sempre a contatto con gli studenti, mi rendo conto che i giovani, nonostante vivano immersi nella cultura della «facilità», sono alla ricerca di un grande ideale e di una vita radicale basata sul Vangelo. Uno di loro afferma, riferendosi alle parole di Chiara Lubich: «Va’, non parlare ma vivi!», citando, senza saperlo, le parole di Paolo VI. Nel nostro intervento, presentiamo alcune delle loro esperienze che testimoniano la vita basata sulla Parola di Dio vissuta quotidianamente. Parleremo anche di quanti non rimangono indifferenti entrando in contatto con i valori cristiani. In mezzo ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione, l’Africa attraversa una crisi su tutti i piani, politico, economico e culturale. Per questo, alla ricerca di una via d’uscita, le persone reagiscono ovunque. Parleremo anche di come la mano di Dio intervenga nelle nostre piccole imprese dove la nostra vita sembra essere in pericolo; abbiamo il coraggio che ci dà la fede nelle parole di Gesù che afferma in Mt 25, 35 che tutto ciò che faremo ai più piccoli nelle nostre città, l’avremo fatto a Lui. che preferisco. Il paradigma dello stile di vita cristiano che emerge dal capitolo 15 (la vite e i tralci) è caratterizzato dalla contemplazione (permanere nell’amore di Dio), dalla comunione (amarsi gli uni gli altri) e dall’impegno (dare frutto). La contemplazione è il modo in cui rimaniamo nell’amore di Dio attraverso la comunicazione costante e la profonda comunione con Dio, il nostro incontro e la nostra relazione personale con Dio/Gesù. Questa contemplazione ci porta a una relazione duratura gli uni con gli altri. La comunione riguarda la nostra missione ad intra: al capitolo 13, Giovanni presenta «l’amore gli uni per gli altri» come segno d’identità cristiana nel mondo, e il Gesù giovanneo prega per l’unità dei cristiani, «perché siano una cosa sola» (17). La Chiesa diventa quindi una dimora di Dio nel mondo secolarizzato, caratterizzato da relazioni infrante. L’impegno riguarda la nostra missione ad extra. La missione consiste nel rivelare l’amore generoso, misericordioso e immenso di Dio nel mondo attuale attraverso la nostra partecipazione alla missione di Dio a favore dei poveri, dei bisognosi e dei sofferenti. La nuova evangelizzazione inizia quando c’è una maggiore integrazione dei tre aspetti fondamentali del nostro stile di vita cristiano — contemplazione, comunione e impegno — ovvero quando permettiamo alla Parola di Dio di essere padrona della nostra vita! Una via da percorrere per cambiare la vita GISÈLE MUCHATI Responsabile regionale del Movimento «Famiglie Nuove» (Siria) trale del Vaticano II, vale a dire l’universale chiamata alla santità. I laici cattolici devono riconoscere la propria corresponsabilità a evangelizzare. Nel mio lavoro con gli studenti universitari ci siamo serviti di un semplice processo in tre stadi per formare i discepoli: conquistare, edificare, inviare. Conquistare — Noi, che abbiamo incontrato Gesù, usciamo e amiamo gli altri, perché Gesù ci ha amati per primo. Quando facciamo amicizia con loro, li presentiamo al nostro amico più grande, Gesù. Edificare — Una volta che hanno incontrato Gesù, li prepariamo nella conoscenza e nella pratica della fede. C’è una crisi di fede e molti cattolici non hanno abbracciato il magistero della Chiesa, non sanno che Gesù è veramente presente nell’Eucaristia, né conoscono l’infallibilità della Sacra scrittura. Non hanno accettato insegnamenti difficili, come quello della Humanae vitae; senza la pienezza della fede cattolica, l’autentico rinnovamento è impossibile. Dobbiamo essere trasformati. Inviare — Quando questi giovani discepoli crescono nella loro pratica della fede, vengono inviati, seguiti dalla nostra attenzione continua, a iniziare nuovamente questo processo. La santità impegna per tutta la vita, ma l’opera di evangelizzazione può iniziare subito dopo un incontro autentico con Gesù; si pensi alla samaritana accanto al pozzo. Ecco alcuni vantaggi del discepolato: lo possono fare tutti, è universale; si fonda sull’amicizia; quindi quanti vi partecipano sono conosciuti, amati e assistiti; gli evangelizzati riconoscono le proprie vocazioni; il potere esponenziale di questo modello biblico è ineguagliabile nella sua capacità di raggiungere il mondo. Gesù ci ha detto: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv 15, 8). Siamo così riusciti a ristabilire tre blocchi di dormitori nella prigione centrale di Lubumbashi con l’aiuto di una Ong internazionale; grazie all’intesa e al clima di collaborazione con il personale penitenziario, abbiamo creato un laboratorio di sartoria in modo che i prigionieri possano imparare un mestiere; abbiamo infine creato un negozietto per combattere l’aumento dei prezzi dei prodotti di prima necessità. La difficoltà di rinunciare a se stessi Suor REKHA (MARY JOSEPH) CHENNATTU, R.A. Professore di Nuovo Testamento presso il Pontificio Istituto di Filosofia e Religione in Pune (India) Vorrei iniziare questo mio intervento raccontando uno dei momenti più intensi di evangelizzazione nella mia vita personale. È avvenuto vent’anni fa, quando sono stata mandata a studiare la Bibbia al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Mio nonno, che aveva 92 anni, mi disse: «Quando studierai la Bibbia a Roma, non dovrà essere un esercizio intellettuale, bensì un’esperienza spirituale di risveglio/edificazione. Ricorda sempre che studiare la Bibbia non significa diventare padrone della Parola di Dio, ma consentire alla Parola di essere padrona della tua vita». Per me è stato più facile insegnare matematica e fisica; insegnare il Nuovo Testamento è invece un compito difficile e mi sfida costantemente a entrare in un processo di kenosis, ovvero di rinuncia a sé, di sacrificio e di sofferenza per amore dei valori del Vangelo. Il mio ministero di insegnamento è diventato un modo di partecipare al Mistero Pasquale di Cristo nella mia vita quotidiana. Quando penso alla nuova evangelizzazione, non posso fare a meno di guardare al Vangelo di Giovanni, che è il libro del Nuovo Testamento Quando mi sono sposata tredici anni fa ero cosciente che lo facevo per fare la Volontà di Dio e che avrei quindi fatto di tutto con mio marito per cercare di realizzare il Suo disegno d’amore su di noi e sulla nostra famiglia. Sono stata molto aiutata in questo cammino dalla formazione cristiana ricevuta in parrocchia e dalla spiritualità di comunione del Movimento dei focolari, che mi sprona a ritornare costantemente al Vangelo come via da percorrere per cambiare il mio modo di pensare, agire e volere e per cercare di acquisire quello di Gesù, e a vivere per portare l’amore di Dio nel mondo. Con la mia famiglia cerchiamo di mettere in pratica la carità trasmettendo la fede cristiana in quello che ha di più vitale: il rapporto personale con Dio, con Gesù, che scaturisce in modo sempre nuovo dalla preghiera fatta singolarmente e in famiglia e dall’amore al prossimo. Condividiamo questo cammino con molte altre famiglie (le Famiglie Nuove) in Siria che sono impegnate singolarmente e insieme a vivere il Vangelo e poi ad annunziarlo nei contatti personali ma anche in piccoli incontri, attente alle sfide educative, economiche e culturali che attraversa la famiglia cristiana in Siria. Grazie all’impegno delle Famiglie Nuove, è operante in Siria dal 2005 il progetto per le adozioni a distanza locali, che aiuta mensilmente diversi bambini, e una scuola per bambini sordomuti, cristiani e musulmani, nata dal lavoro generoso di una coppia. Nell’attuale tragedia che il Paese sta vivendo, le Famiglie Nuove si aprono con tanti altri alle necessità dei rifugiati, cercando di mantenere viva a tutti i costi la fede in Dio cui nulla è impossibile. Ad Aleppo dal mese di agosto esse si sono organizzate per quartieri in piccoli gruppi spontanei per recitare il Rosario, cosicché la voce della preghiera si alzi frequente pur nel rumore degli spari e delle bombe. L’unità sperimentata fortifica e dà pace anche nei pericoli, la fede nell’amore di Dio è più forte, la speranza è viva. Adesione radicale alla fede CHANTAL LE RICQUE laica dell’Arcidiocesi di Parigi (Francia) Il n. 78 dell’Instrumentum laboris invita a verificare la nostra vita di fede per essere strumento dell’annuncio del Vangelo mediante, tra l’altro: «La capacità di vivere forme di adesione radicale e genuina alla fede cristiana, che sanno testimoniare già con il loro semplice esserci la forza trasformatrice di Dio nella nostra storia». Sono felice di leggere questa frase nell’Instrumentum laboris, poiché questa adesione radicale alla fede cristiana è ciò che vuole vivere ogni ausiliaria dell’Apostolato. Il suo è un posto speciale nella diocesi, poiché esiste soltanto grazie alla chiamata del vescovo al servizio del Regno di Dio. Questa vocazione apostolica è nata dietro iniziativa del cardinale Mercier che, negli anni Venti, pensò di far partecipare i laici alla sua carità apostolica, chiamandoli a dedicare la loro vita a Dio e a essere così strumenti della comunicazione dell’amore di Dio nei diversi ambienti. Impegnata nella vita apostolica della Chiesa diocesana, l’ausiliaria dell’Apostolato partecipa, per quel che le compete, alla missione del vescovo, sia che egli desideri che rimanga nella situazione in cui si trova, sia che le chieda di rispondere ad altre necessità. Nella sua presenza nelle realtà umane e nella condivisione delle condizioni di vita degli esseri umani, l’ausiliaria vede, lungo tutta la sua vita, un modo di lavorare per «ricapitolare tutte le cose in Cristo». In relazione a questa presenza nelle realtà umane, mi auguro che il Sinodo incoraggi i laici a conoscere la dottrina sociale della Chiesa, ad assumersi responsabilità, a qualunque livello, nell’ambito dei loro differenti compiti, per essere così testimoni dell’amore di Cristo. Penso che così il ruolo dei laici nell’evangelizzazione risulterebbe più evidente. Quel codice non scritto della vita familiare PATRICIA NGOZI NWACHUKWU, L.S.M. Nobile Presidente delle Dame di San Mulumba (Nigeria) La famiglia è tenuta in grande stima, nel continente africano, soprattutto in Nigeria. È la prima scuola organizzata per la nuova evangelizzazione. Il sacramento del matrimonio richiede amore incondizionato, capacità di svolgere ruoli complementari, di perdonare e di condividere. Queste qualità sono racchiuse nel codice non scritto della vita familiare. In questo contesto armonioso le famiglie pregano insieme mentre i figli del matrimonio godono dell’amorevole condivisione con i genitori. La famiglia è, per tanto, il luogo ideale per impartire gli insegnamenti catechetici e sociali della Chiesa. Tuttavia, all’interno della struttura famigliare, è più spesso la madre che assume il ruolo indiscusso di catechista. La funzione più importante della donna nigeriana è quella che la vede sempre presente con i figli, seguendone la crescita fino alla maggiore età. Le donne in Nigeria rivestono un ruolo incontrovertibile nella missione della Chiesa per i poveri e i bisognosi, un ruolo che ritengo un canale efficace per la trasmissione della Fede. Le statistiche dimostrano che il 60 per cento dei fedeli delle Chiese nigeriane è costituito da donne. E queste donne, in collaborazione con le numerose religiose della Nigeria, sono motivate a perseguire gli obiettivi dell’evangelizzazione e a questo scopo hanno formato vari gruppi che si occupano dei diversi bisogni e interessi della missione della Chiesa. Uno di questi gruppi, di cui io sono presidentessa, si chiama le Dame dei Cavalieri di San Mulumba; esso si trova in 50 diocesi della Nigeria e si dedica all’apostolato in vari modi. Eccone alcuni: sostiene i poveri, i meno privilegiati e i senza tetto; si occupa di fornire servizi sanitari nei villaggi sperduti del Paese; accoglie in ostelli i giovani che emigrano nelle aree urbane e che non hanno alternative; organizza laboratori per instillare consapevolezza nei giovani disoccupati, aiutandoli ad avere fiducia in sé stessi; accoglie le ragazze vittime del traffico di esseri umani, le assiste e ridona loro fiducia in sé stesse. Tali attività sono realizzate nel dialogo impegnato e consapevole soprattutto con i mussulmani anche in circostanze piuttosto difficili. Le Dame di San Mulumba hanno fino a oggi distribuito oltre 10.000 copie del Catechismo della Chiesa Cattolica, considerando tale testo strumento di trasmissione della fede della Chiesa e contributo all’opera di evangelizzazione. CONTINUA A PAGINA 8 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 Sabato mattina la ventiduesima e ultima congregazione generale A proposito della Fraternità sacerdotale di San Pio La conclusione del Sinodo sulla nuova evangelizzazione Benedetto XVI ha scelto l’aula sinodale per comunicare la decisione di affidare la competenza sui seminari alla Congregazione per il Clero e la catechesi al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. L’applauso dei 252 padri sinodali presenti sabato mattina 27 ottobre alla ventiduesima e ultima congregazione generale ha accolto l’annuncio del Papa. Presidente di turno era il cardinale Francisco Robles Ortega. Il Pontefice ha spiegato che la sua decisione è maturata nel contesto della nuova evangelizzazione e che i nuovi ambiti e le nuove facoltà per i dicasteri interessati saranno definiti con documenti in forma di lettera apostolica motu proprio. Dopo aver letto la comunicazione sui seminari e sulla catechesi, il Papa — parlando a braccio — ha voluto ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno dato vita a questa esperienza sinodale. E, innanzitutto, ha espresso i suoi auguri ai nuovi cardinali. Anche il concistoro del 24 novembre, ha reso noto, nasce nel contesto della nuova evangelizzazione per mostrare l’universalità della Chiesa. In precedenza, a nome dei padri sinodali il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, uno dei tre presidenti delegati, aveva ringraziato il Pontefice «per averci coinvolti nella sua preoccupazione per l’evangelizzazione del mondo». Il primo grazie, ha proseguito il porporato, va a Dio «sorgente dell’evangelizzazione per averci dato la forza necessaria per condurre a buon fine i lavori sinodali su un tema molto impegnativo come la nuova evangelizzazione». E «con l’Eucaristia di domani — ha aggiunto — metteremo tutto nelle mani del Signore». La messa di chiusura del sinodo, domenica mattina, sarà infatti «l’apice del sinodo ma anche il punto di partenza per la nuova evangelizzazione nell’Anno della fede». I partecipanti al sinodo, ha detto ancora il cardinale, sono grati al Pontefice «per la sua presenza alle congregazioni generali e per aver ascoltato anche gli interventi liberi condividendo così le nostre preoccupazioni». Una presenza che, ha proseguito «ci ha confermato e rafforzato nella fede e ha dato un’aria familiare alle nostre assemblee». Inoltre con i suoi interventi il Papa «ci ha dato preziose indicazioni», vere e proprie «parole chiave e pietre miliari nel cammino della nuova evangelizzazione». Nessun ambito della vita è stato tenuto fuori dal dibattito in aula. In fin dei conti la nostra missione è «annunciare Gesù Cristo all’uomo del nostro tempo attraverso il dialogo», ricordando che «la Chiesa comincia con l’azione di Dio e non con quella degli uomini». Il cardinale Monsengwo Pasinya ha concluso il suo intervento assicurando al Papa l’«impegno risoluto» di tutti per rilanciare la nuova evangelizzazione nell’Anno della fede. I lavori della congregazione erano iniziati con la lettura delle ultime proposizioni preparate dai padri sinodali. Le prime 34, infatti, erano state presentate nel corso della ventunesima congregazione generale svoltasi venerdì pomeriggio, 26 ottobre, alla presenza di Benedetto XVI. Le hanno lette il cardinale Donald William Wuerl, relatore generale, e l’arcivescovo Pierre-Marie Carré, segretario speciale. Presiedeva la sessione il cardinale John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. Queste prime proposizioni toccano tra l’altro i temi della migrazione, della Dottrina Sociale della Chiesa, della conversione, della catechesi degli adulti, del catechismo e dei catechisti, della teologia, dei malati, del sacramento della penitenza, delle sfide del nostro tempo, della testimonianza in un mondo secolarizzato. Abbracciano in sostanza i temi più rilevanti che riguardano la nuova evangelizzazione senza tralasciare riferimenti ai documenti del concilio Vaticano II, all’inculturazione, all’aspetto missionario permanente della Chiesa, alle Sacre Scritture, alla libertà religiosa, alla conversione e all’educazione. Nel corso della ventiduesima congregazione generale di sabato mattina, l’arcivescovo Carré e il cardinale Wuerl hanno proseguito la lettura dell’elenco delle rimanenti 24 proposizioni. Quindi nella seconda parte della mattinata sono intervenuti tre uditori. Padre Emili Turú Rofes, superiore generale dell’Istituto dei fratelli maristi delle scuole cristiane, ha sottolineato l’importanza delle istituzioni educative cattoli- Gli interventi durante la ventesima congregazione generale CONTINUAZIONE DALLA PAGINA 7 Formazione sistematica dei catechisti Reverendo RENATO DE GUZMAN, S.D.B. Assistente Principale per la Pastorale della «Grade School and High School Departments, Don Bosco Technical Institute», Makati City (Filippine) Il rinnovamento dell’evangelizzazione integrale, come figura in «Atti e decreti del II Concilio plenario delle Filippine» (Pcp II), celebrato nel 1991, riguarda tre temi principali: catechesi, adorazione e apostolato sociale. Di questi tre, il primo e più urgente è quello del rinnovamento della catechesi. Lo stesso Instrumentum laboris 92 menziona il rapporto esistente fra evangelizzazione e catechesi, emerso anche in vari interventi in aula. In base all’esperienza catechistica nelle Filippine, fra i temi che la catechesi deve rinnovare costantemente, suggerisco i seguenti: la proclamazione iniziale e la catechesi; la dimensione affettiva della fede nella catechesi; i catechisti come evangelizzatori comunicativi al servizio della nuova evangelizzazione. Quanto al primo tema, i catechisti devono accertarsi che vi sia stato un primo annuncio e si sia verificato l’incontro personale di Gesù con i catechizzati. Come possono questi ultimi essere in contatto e in comunione con Gesù (cfr. Catechesi tradendae, 5), se prima non l’hanno incontrato? La formazione sistematica all’approfondimento della fede permette ai catechizzati di incontrare personalmente Cristo evangelizzatore e di impegnarsi a pensare come lui, a giudicare come lui e a vivere come lui ha vissuto (cfr. Direttorio generale per la catechesi, 53; Catechesi tradendae, 20), integrando la conoscenza della fede nella propria vita quotidiana, assimilando i valori del Vangelo e sviluppando la convinzione della fede. Il secondo ambito di rinnovamento nell’attuale catechesi è l’aspetto affettivo della formazione alla fede, che favorisce il primo annuncio o il kerigma. I catechisti rendono l’esperienza catechistica meno entusiasmante e cerebrale, ma ne evidenziano i valori e fanno in modo che arrivi al cuore. Il terzo ambito di rinnovamento è la formazione dei catechisti per essere evangelizzatori davvero comunicativi. È necessario ribadire che la catechesi è a tal punto un processo di comunicazione che i catechisti alimentano in sé stessi le qualità di Gesù Cristo, il comunicatore perfetto (Communio et progressio, 10). Per la nuova evangelizzazione, i catechisti sono sia maestri della fede sia educatori alla fede, in entrambi i casi esperti nel consentire la comunicazione tra l’umano e il divino e nell’uso di strumenti di comunicazione sociale nello svolgimento della catechesi. Nella formazione dei catechisti, la teologia e la spiritualità della comunicazione, insieme alle tecnologie della comunicazione, sono temi prioritari. Questi tre ambiti di rinnovamento della catechesi in vista della nuova evangelizzazione puntano a rendere la nostra catechesi veramente evangelizzatrice. Nella nuova evangelizzazione i catechisti devono essere consapevoli del fatto che mentre stanno evangelizzando stanno anche educando alla fede e che essi evangelizzano (proclamano la Buona Novella), mentre stanno educando (cfr. Dgc, 147). Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice Cappella Papale in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso dell’anno NOTIFICAZIONE Sabato 3 novembre 2012, alle ore 11.30, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso dell’anno. *** I Signori Cardinali, che desiderano concelebrare, vorranno trovarsi alle ore 11, portando con sé la mitra bianca damascata, nella sagrestia della Basilica per indossare le vesti sacre. Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus», compongono la Cappella Pontificia e desiderano partecipare alla celebrazione liturgica, vorranno trovarsi, per le ore 11, presso l’Altare della Cattedra per occupare il posto che verrà loro indicato. Quanto all’abito, i partecipanti si regoleranno nel modo seguente: — i Signori Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi: sulla veste propria indosseranno il rocchetto, la mozzetta e la berretta; — gli Abati e i Religiosi: il proprio abito corale; — i Prelati: il rocchetto e la mantelletta, o la cotta, sopra la veste paonazza con fascia paonazza, a seconda del proprio grado; — i Cappellani di Sua Santità: la cotta sopra la talare filettata con fascia paonazza. Città del Vaticano, 27 ottobre 2012 Per mandato del Santo Padre Mons. Guido Marini Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie domenica 28 ottobre 2012 che e della possibilità che si convertano in centri di nuova evangelizzazione. Affinché le realtà educative cattoliche siano veramente centri di nuova evangelizzazione, occorre, ha detto il religioso, che le persone impegnate siano veramente formate e preparate. Successivamente, Peter Murphy, direttore esecutivo del segretariato per l’evangelizzazione e la catechesi della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti d’America, ha parlato della necessità per i laici di sperimentare un genuino e personale incontro con Cristo. La nuova evangelizzazione, ha detto, ha bisogno di un’esperienza di Pentecoste per i laici e le famiglie che li incoraggi a essere apostoli. Infine, il brasiliano Ari Luis Do Vale Ribeiro, docente al seminario della diocesi di Santo Amaro, coordinatore diocesano della catechesi, ha parlato della necessità dell’evangelizzazione rivolta a tutti i componenti della famiglia, specialmente attraverso la catechesi parrocchiale. Da segnalare ancora che per benevola decisione del Papa in questa occasione è stato consentito che venga pubblicata sul bollettino della Sala Stampa della Santa Sede una versione, seppure provvisoria, ufficiosa e non ufficiale, delle proposizioni in lingua inglese. A fine mattinata nella Sala Stampa della Santa Sede il cardinale Wuerl, l’arcivescovo Carré e l’arcivescovo Michalik hanno partecipato all’incontro conclusivo con i giornalisti, per illustrare le proposizioni. I presuli, tra l’altro, hanno portato la testimonianza dell’esperienza da loro stessi vissuta durante le giornate sinodali, evidenziando la complessità del lavoro svolto per condensare la grande mole delle proposte fatte. Da queste è emerso, in modo particolare, come base comune di ogni intervento sia stata una significativa esperienza di fede vissuta, ma soprattutto una testimonianza del coraggio con il quale viene ancora oggi diffuso il Vangelo nel mondo. «Ho avuto la netta sensazione — ha detto in particolare monsignor Michalik, che è arcivescovo di Przemyśl dei Latini — di aver vissuto una grande esperienza di comunione e ho avuto la conferma del fatto che questo sinodo non è stato convocato perché nel mondo esistono tanti problemi, ma è stato convocato sulla scia del comandamento del Signore che ci ha detto: “andate e predicate il Vangelo”». Molto positiva è stata giudicata la partecipazione «di tanti ospiti qualificati». Non è da tutti i giorni, ha detto ancora l’arcivescovo polacco, «ascoltare il Patriarca ecumenico Bartolomeo mentre ricorda che cinquant’anni fa ha vissuto direttamente l’esperienza del concilio, o il Primate della comunione anglicana Rowan Williams sottolineare l’importanza che egli annette all’evangelizzazione». Ultima sottolineatura comune la grande esperienza di comunione vissuta non solo tra i cardinali e i vescovi, ma anche «tra i rappresentanti di quel vasto movimento laicale» che ha fatto sentire la propria «apprezzatissima voce tramite alcuni loro giovani, anzi giovanissimi rappresentanti» ha notato in chiusura il presule. L’appuntamento è ora per la messa conclusiva che il Papa presiederà alle 9.30 di domani, domenica 28 ottobre, nella basilica di San Pietro. X Dichiarazione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei La Pontificia Commissione Ecclesia Dei coglie l’occasione per annunciare che, nella sua più recente comunicazione (6 settembre 2012), la Fraternità sacerdotale di S. Pio X ha indicato di aver bisogno per parte sua di ulteriore tempo di riflessione e di studio, per preparare la propria risposta alle ultime iniziative della Santa Sede. Lo stadio attuale delle attuali discussioni fra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale è frutto di tre anni di dialoghi dottrinali e teologici, durante i quali una commissione congiunta si è riunita otto volte per studiare e discutere, fra le altre questioni, alcuni punti controversi nell’interpretazione di certi documenti del concilio Vaticano II. Quando tali dialoghi dottrinali si conclusero, fu possibile procedere ad una fase di discussione più direttamente focalizzata sul grande desiderio di riconciliazione della Fraternità sacerdotale di S. Pio X con la Sede di Pietro. Altri passi fondamentali in questo processo positivo di graduale reintegrazione erano stati intrapresi dalla Santa Sede nel 2007 mediante l’estensione alla Chiesa universale della Forma straordinaria del Rito romano con il motu proprio Summorum Pontificum e, nel 2009, con l’abolizione delle scomuniche. Solo alcuni mesi orsono in questo cammino difficile fu raggiunto un punto fondamentale quando, il 13 giugno 2012, la Pontificia Commissione ha presentato alla Fraternità sacerdotale di S. Pio X una dichiarazione dottrinale unitamente a una proposta per la normalizzazione canonica del proprio stato all’interno della Chiesa cattolica. Attualmente la Santa Sede è in attesa della risposta ufficiale dei superiori della Fraternità sacerdotale a questi due documenti. Dopo trent’anni di separazione, è comprensibile che vi sia bisogno di tempo per assorbire il significato di questi recenti sviluppi. Mentre il nostro Santo Padre Benedetto XVI cerca di promuovere e preservare l’unità della Chiesa mediante la realizzazione della riconciliazione a lungo attesa della Fraternità sacerdotale di S. Pio X con la Sede di Pietro — una potente manifestazione del munus Petrinum all’opera — sono necessarie pazienza, serenità, perseveranza e fiducia. Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Italia, Polonia e Colombia. Pasquale Cascio arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi - Conza Nusco - Bisaccia (Italia) Nato a Castelcivita, provincia di Salerno e diocesi di Teggiano-Policastro, il 29 novembre 1957, secondo di quattro figli, è ntrato nel seminario diocesano e ha seguito la formazione per il presbiterato, prima al seminario Pio XI di Salerno, e poi come alunno dell’Almo Collegio Capranica di Roma, seguendo i corsi di filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Successivamente ha conseguito la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. È stato ordinato sacerdote il 23 luglio 1983 per la diocesi di Teggiano-Policastro. Ha svolto Conferenza in Vaticano Caduta dei valori etici e disorientamento delle coscienze È il preoccupante aumento in tutto il mondo dei suicidi tra i giovani alla base della conferenza svoltasi il 24 ottobre scorso in Vaticano, nell’Aula Vecchia del sinodo proprio sul tema del suicidio. All’incontro, coordinato dal professor Patrizio Polisca, hanno partecipato psichiatri ed esperti in materia, tra i quali il professor Paolo Ghirardi, direttore della scuola di psichiatria dell’università La Sapienza, il professor Maurizio Pompili, responsabile del centro per la prevenzione del suicidio istituito presso l’ospedale romano Sant’Andrea e il dottor Enrico Rosini della direzione Igiene e Sanità della Città del Vaticano. Era presenta anche l’arcivescovo Luciano Suriani, nunzio apostolico. Obiettivo della conferenza è stato fornire strumenti utili di intervento a chi quotidianamente ascolta confessioni di sofferenza e disperazione che, in alcuni casi possono indurre a comportamenti suicidari. Nel corso dell’incontro sono stati affrontati aspetti di grande attualità, in particolare quelli clinici, mirati all’individuazione precoce di condotte a rischio, e gli aspetti pratici da seguire nell’approccio di simili situazioni di vita. È stato anche posto l’accento sul condizionamento in negativo esercitato dall’attuale crisi economica e sociale sulle nuove generazioni, e soprattutto dal senso di solitudine legato al venir meno dei valori etici e dei legami nella famiglia. diversi incarichi e uffici pastorali: docente presso l’Istituto di scienze religiose di Teggiano; parroco di San Giovanni Battista in Terranova di Sicignano degli Alburni; parroco di San Nicola in Controne; vicario foraneo per la zona degli Alburni; direttore dell’ufficio tecnico diocesano; membro del consiglio presbiterale e del collegio dei consultori. Attualmente è docente di Sacra Scrittura presso l’istituto teologico di Basilicata, a Potenza, e presso il seminario metropolitano Giovanni Paolo II a Salerno. In passato lo è stato anche all’Istituto superiore di scienze religiose in Vallo della Lucania. Ryszard Kasyna vescovo di Pelplin (Polonia) Nato il 28 settembre 1957 a Nowy Staw, allora diocesi di Gdańsk, nel 1976 è entrato nel seminario maggiore di Gdańsk e il 24 gennaio 1982 è stato ordinato sacerdote. Negli anni 1982-1985 è stato vicario parrocchiale presso la basilica mariana di Gdańsk. Negli anni 1985-1992 ha studiato a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, dove ha conseguito il dottorato in utroque iure. Nel 1992 ha concluso lo studio rotale, conseguendo il titolo di avvocato rotale. È stato docente di diritto canonico nel seminario maggiore di Gdańsk e poi vicario giudiziale della medesima arcidiocesi. Il 24 gennaio 2005 è stato nominato vescovo titolare di Dices e ausiliare di Gdańsk. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 2 aprile successivo. Attualmente è membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Nell’ambito della Conferenza episcopale polacca è membro della commissione per il clero, della commissione giuridica e delegato per la pastorale della gente del mare Ramón Alberto Rolón Güepsa vescovo di Montería (Colombia) Nato ad Arboledas, arcidiocesi di Nueva Pamplona, il 28 febbraio 1959, ha compiuto gli studi di filosofia e di teologia nel seminario maggiore Santo Tomás de Aquino dell’arcidiocesi di Nueva Pamplona. Ha ottenuto la licenza in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, la licenza in teologia presso la Pontificia Università Javeriana di Bogotá e la licenza in filosofia e scienze religiose presso l’Università Santo Tomás de Aquino di Pamplona. È stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1984, per il clero dell’arcidiocesi di Nueva Pamplona. Ha svolto successivamente diversi incarichi pastorali: vicario parrocchiale di San Juan Bautista; amministratore parrocchiale di Mitiscua; vicerettore del seminario minore e delegato per la pastorale vocazionale; direttore spirituale del seminario minore e formatore del seminario maggiore; rettore del seminario maggiore parroco di San Juan Bautista a Chinácota e rettore del seminario maggiore.