L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLII n. 249 (46.195)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
domenica 28 ottobre 2012
.
A conclusione dell’assemblea generale il Papa ringrazia i padri sinodali e annuncia il trasferimento di competenze tra alcuni dicasteri della Curia romana
Per una Chiesa di tutti i popoli
I seminari passano alla Congregazione per il Clero, la catechesi al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Trasferimento di competenze tra alcuni
dicasteri della Curia romana.
Lo ha annunciato il Papa nel corso
della ventiduesima e ultima
congregazione generale del Sinodo
dei vescovi — svoltasi nella mattina
di sabato 27 ottobre — comunicando
che la competenza sui seminari passerà
dalla Congregazione per l’Educazione
Cattolica alla Congregazione per il
Clero, e quella sulla catechesi dalla
Congregazione per il Clero al Pontificio
Consiglio per la Promozione della
Nuova Evangelizzazione. Il Pontefice
ha anche rivolto ai padri sinodali
parole di saluto e di ringraziamento
per il lavoro svolto in queste settimane.
Cari Fratelli e sorelle,
prima di ringraziare da parte mia,
vorrei ancora fare una comunicazione.
Nel contesto delle riflessioni del
Sinodo dei Vescovi, «La Nuova
Evangelizzazione per la trasmissione
della Fede Cristiana», ed a conclusione di un cammino di riflessione
sulle tematiche dei Seminari e della
Catechesi, mi è gradito annunciare
che ho deciso, dopo preghiera e ulteriore riflessione, di trasferire la
competenza sui Seminari dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero e
la competenza sulla Catechesi dalla
Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione
della Nuova Evangelizzazione.
Seguiranno i documenti relativi in
forma di Lettera Apostolica Motu
Proprio per definire gli ambiti e le
rispettive facoltà. Preghiamo il Signore perché accompagni i tre Dicasteri della Curia Romana nella loro
importante missione, con la collaborazione di tutta la Chiesa.
Avendo già la parola, vorrei anche
esprimere i miei cordialissimi auguri
ai nuovi Cardinali. Io ho voluto,
con questo piccolo Concistoro, completare il Concistoro di febbraio,
proprio nel contesto della Nuova
Evangelizzazione, con un gesto
dell’universalità della Chiesa, mostrando che la Chiesa è Chiesa di
tutti i popoli, parla in tutte le lingue, è sempre Chiesa di Pentecoste;
non Chiesa di un Continente, ma
Chiesa universale. Proprio questa
era la mia intenzione, di esprimere
questo contesto, questa universalità
della Chiesa; è anche la bella espressione di questo Sinodo. Per me è
stato veramente edificante, consolante ed incoraggiante vedere qui lo
specchio della Chiesa universale con
le sue sofferenze, minacce, pericoli e
gioie, esperienze della presenza del
Signore, anche in situazioni difficili.
Abbiamo sentito come la Chiesa
anche oggi cresce, vive. Penso, per
esempio, a quanto ci è stato detto
sulla Cambogia, dove di nuovo nasce la Chiesa, la fede; o anche sulla
Norvegia, e tanti altri. Vediamo come anche oggi dove non si aspetta-
va, il Signore è presente e potente e
il Signore è operante anche tramite
il nostro lavoro e le nostre riflessioni.
Anche se la Chiesa sente venti
contrari, tuttavia sente soprattutto il
vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così,
con nuovo entusiasmo, mi sembra,
siamo in cammino e ringraziamo il
Signore perché ci ha dato questo incontro veramente cattolico.
Ringrazio tutti: i Padri del Sinodo, gli Uditori, con le testimonianze
veramente spesso molto commoventi, gli Esperti, i Delegati fraterni che
ci hanno aiutato; e sappiamo che
tutti vogliamo annunciare Cristo ed
il suo Vangelo e combattere, in questo tempo difficile, per la presenza
della verità di Cristo e per il suo annuncio.
Soprattutto vorrei ringraziare i
nostri Presidenti che ci hanno guidato dolcemente e decisamente, i
Relatori che hanno lavorato giorno
e notte. Io penso sempre che sia un
po’ contro il diritto naturale lavorare
anche di notte, ma se lo fanno volontariamente si possono ringraziare
e dobbiamo sentirci grati; e, naturalmente, il nostro Segretario Generale,
indefesso e ricco di idee.
Adesso queste Propositiones sono
un testamento, un dono, dato a me
per noi, per elaborare tutto in un
documento che viene dalla vita e
dovrebbe generare vita. Su questo
speriamo e preghiamo; in ogni caso,
andiamo avanti con l’aiuto del Signore. Grazie a voi tutti. Con molti
ci vediamo anche in novembre —
penso al Concistoro. Grazie.
PAGINE 6, 7
E
8
Nel segno del concilio
ra iniziato bene e si è concluso meglio. Il Sinodo apre il
tempo della nuova evangelizzazione chiamando tutte le componenti della Chiesa, ecclesiastici e
laici, ai blocchi di partenza per la
missione, indicata come un compito
di tutti i battezzati. Il messaggio al
popolo di Dio ribadisce che la
Chiesa invita alla missione non perché incalzata dal pessimismo, quanto piuttosto sollecitata dalla speranza, in spirito di vera amicizia con
l’umanità attuale. Senza interrompere, anzi consolidando quel filo di
novità pastorale ereditata dal Vaticano II.
Iniziato nel segno del concilio,
questo Sinodo — momento collegiale per rispondere concretamente alla desertificazione spirituale del nostro tempo — si è richiamato al Vaticano II, ponendo al centro del
proprio orizzonte la fede in Gesù
nazareno, proponendolo alla Chiesa
quale stella polare di tutta la pastorale. Ormai alla conclusione, raccogliendo le iniziali indicazioni di Benedetto XVI, il Sinodo è apparso in
forma nitida figlio del concilio. Lo
stesso Pontefice aprendo i lavori
aveva, infatti, sottolineato la stretta
relazione tra l’Anno della fede e
l’assemblea sinodale come opportunità per celebrare degnamente i cinquant’anni della più grande assise
dell’episcopato cattolico che la storia ricordi. Il magistero del Vaticano II, confluito nel Catechismo, ri-
E
Ottomila profughi attendono alla frontiera di poter entrare in Turchia
La tregua non ferma gli scontri in Siria
DAMASCO, 27. Tregua sempre più
debole in Siria. È di 146 morti il bilancio degli scontri che ieri, venerdì,
hanno macchiato il primo giorno
del cessate il fuoco: a riferirlo è
l’Osservatorio siriano per i diritti
umani, piattaforma che raccoglie diversi gruppi di attivisti. Delle 146
vittime nei bombardamenti e negli
scontri a fuoco di venerdì, 53 erano
civili, 50 erano ribelli e altri 43 erano membri delle forze fedeli al regime Assad.
Violenti scontri sono segnalati
questa mattina tra forze di sicurezza
e gruppi di oppositori. Coinvolte diverse zone, nel secondo giorno della
tregua. Stando a fonti degli attivisti,
una forte esplosione ha colpito la
provincia orientale di Deir Ezzor,
dove ci sono stati poi combattimenti. Scontri sporadici si sono registrati anche nella città settentrionale di
Aleppo, mentre un uomo e un bambino sono rimasti uccisi dal fuoco di
un cecchino nella provincia meridionale di Daraa. «Nessuna delle due
parti sembra disposta a fermarsi; la
tregua è destinata al fallimento» ha
dichiarato alla Dpa Rami Abdel
Rahman, a capo dell’osservatorio
che ha sede a Londra.
Sul piano umanitario, circa ottomila sfollati siriani attendono vicino
alla frontiera turca di potersi rifugiare nel Paese vicino, come ha indicato il governatore della provincia turca di Kilis, Suleyman Tapsis. Questi
ha precisato che gli sfollati in attesa
potranno entrare in Turchia «quando potremo accoglierli, quando ci
sarà posto». Al momento la Turchia
ospita ora 100.000 profughi e disertori siriani in quattordici campi lungo il confine e nuove strutture sono
in corso di allestimento. Dovrebbero
consentire di ospitare altri 40.000
profughi circa. Dai primi di settembre le autorità turche limitano gli
ingressi di rifugiati in funzione dello
spazio disponibile nei campi.
c.d.c.
Un gruppo di bambini in un campo profughi al confine con la Turchia (Reuters)
NOSTRE INFORMAZIONI
28 ottobre 312
La croce
di Costantino
y(7HA3J1*QSSKKM( +$!=!"!?!:
mane per il nostro tempo un riferimento sicuro della fede. L’assemblea sinodale ha ribadito la ferma
adesione all’insegnamento del concilio e il convinto impegno a continuarne la piena attuazione. Assenti
e comunque non determinanti nei
lavori i «profeti di sventura».
Si è invece creata una simpatia
reale con l’uomo stretto dalle molte
difficoltà dell’attuale momento storico. Culminata con l’inusuale decisione di inviare una delegazione sinodale nel pieno della bufera siriana, la preoccupazione dei padri sinodali di farsi prossimo è stata
quella di ribadire la vicinanza della
Chiesa a ogni specie di sofferenza
umana. Tante le voci di speciale attenzione al permanere diffuso di restrizioni della libertà non solo religiosa, al persistere della povertà e
dell’ingiustizia, della malattia e del
lavoro precario, di conflitti, migrazioni, attentati alla dignità e alla vita umana. Nell’aula sinodale è più
volte risuonata la volontà dichiarata
per una Chiesa che riconosce le debolezze dei fedeli e dei suoi ministri, che intende essere amica dei
giovani, della ragione e della scienza, in ascolto dei cercatori di verità
anche non credenti, in dialogo con
le altre religioni e impegnata a ricucire il tessuto con le altre Chiese e
confessioni cristiane come contributo alla pace e al superamento definitivo della violenza.
È apparsa una coscienza più definita nel chiarire la qualità dell’evangelizzazione. Lo ha espresso bene
uno dei padri sinodali invitando
tutti a chiedersi «se la buona novella che annunciamo sia buona per i
poveri e se noi come Chiesa rendiamo credibile questo annuncio».
Tra le carte pubblicate si legge
che all’origine di questa scelta c’è il
rinnovamento spirituale che la
Chiesa è chiamata a proclamare e
realizzare come condizione della
nuova evangelizzazione. Decisivo è
l’incontro personale di ogni cristiano con Cristo. Si può cogliere in
questo obiettivo centrale l’eco della
prima preoccupazione che caratterizza gli scritti di Papa Ratzinger
che, non a caso, ha dedicato parte
del suo tempo a scrivere di Gesù di
Nazaret. Solo rimettendolo al centro l’opera di aggiornamento da
completare avviene senza che la
Chiesa smarrisca la ragione del suo
essere e del suo operare.
Il Santo Padre ha nominato Membro
della Congregazione delle Cause dei
Santi Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Jules Mikhael Al-Jamil, Arcivescovo titolare di Takrit.
La croce tra i santi Costantino ed Elena
(venerati nella tradizione ortodossa il 21 maggio)
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Il Santo Padre ha nominato Membri
del Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso: l’Eminentissimo Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli; gli Eccellentissimi Monsignori:
Peter Takeo Okada, Arcivescovo di Tokyo (Giappone); Jean Benjamin Sleiman, O.C.D., Arcivescovo di Baghdad
dei Latini (Iraq); Daniel Joseph Bohan,
Arcivescovo di Regina (Canada); Salvatore Fisichella, Arcivescovo titolare di
Voghenza, Presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; Michel Dubost,
C.I.M., Vescovo di Evry-Corbeil-Essonnes (Francia); Angelito R. Lampon,
O.M.I., Vescovo titolare di Valliposita,
Vicario Apostolico di Jolo (Filippine);
Francesco Biasin, Vescovo di Barra do
Piraí - Volta Redonda (Brasile); Joseph
Chusak Sirisut, Vescovo di Nakhon
Ratchasima (Thailandia); Sebastian
Francis Shah, O.F.M., Vescovo titolare di
Tino, Ausiliare di Lahore (Pakistan);
Michael Didi Adgum Mangoria, Vescovo Coadiutore di El Obeid (Sudan);
Tomo Vukšić, Ordinario Militare della
Bosnia ed Erzegovina; Matthew Hassan
Kukah, Vescovo di Sokoto (Nigeria).
Il Santo Padre ha nominato Membri
del Pontificio Consiglio «Cor Unum»:
l’Eminentissimo Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras),
Presidente di Caritas Internationalis; gli
Eccellentissimi Monsignori: Alberto Taveira Corrêa, Arcivescovo di Belém do
Pará (Brasile); Paolo Pezzi, F.S.C.B., Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca;
Tarcisius Isao Kikuchi, S.V.D., Vescovo
di Niigata (Giappone), Vice Presidente
di Caritas Internationalis per l’Asia; e,
in rappresentanza delle Organizzazioni,
i Reverendi Signori: Monsignor Peter
Neher, Presidente di Deutscher Caritasverband - Repubblica Federale di Germania; Francesco Antonio Soddu, Direttore Nazionale di Caritas Italiana; gli
Illustrissimi Signori: Barone Johannes
Nepomuk Heereman Von Zuydtwyck,
Presidente Esecutivo di Aiuto alla Chiesa che Soffre; Dottoressa Carolyn Y.
Woo, Presidente di Catholic Relief Services - U.S.C.C. - Stati Uniti d’America;
Signora Maritza Sánchez Abiyud, Direttore di Caritas Cuba.
Il Sommo Pontefice ha inoltre nominato Consultore del medesimo Pontificio Consiglio «Cor Unum» l’Illustrissimo Dottore Michel Roy, Segretario Generale di Caritas Internationalis.
sta, C.P., Amministratore Apostolico sede
vacante et ad nutum Sanctae Sedis della
medesima Diocesi.
Provviste di Chiese
In data 27 ottobre, il Santo Padre ha
nominato Arcivescovo di Sant’Angelo
dei Lombardi - Conza - Nusco - Bisaccia
il Reverendo Pasquale Cascio, del clero
della Diocesi di Teggiano-Policastro,
Parroco e Docente di Sacra Scrittura.
In data 20 ottobre corrente, il Santo
Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di BrindisiOstuni (Italia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Rocco
Talucci, in conformità al can. 401 §1 del
Codice di Diritto Canonico.
In data 27 ottobre, il Santo Padre ha
nominato Vescovo di Pelplin (Polonia)
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore Ryszard Kasyna, trasferendolo
dalla sede titolare di Dices e dall’Ufficio
di Ausiliare di Gdańsk.
In data 27 ottobre, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Pemba in Mozambico, presentata dall’Eccellentissimo Monsignore Ernesto Maguengue in conformità al canone 401 § 2 del Codice di
Diritto Canonico e ha nominato il Reverendo Padre Fernando Domingos Co-
In data 27 ottobre, il Santo Padre ha
nominato Vescovo della Diocesi di
Montería (Colombia) il Reverendo Ramón Alberto Rolón Güepsa, del clero
dell’Arcidiocesi di Nueva Pamplona
(Colombia), finora Rettore del Seminario Maggiore Arcidiocesano «Santo Tomás de Aquino».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
Per raggiungere un’intesa prima del default
Dopo la condanna a quattro anni per frode fiscale
Eurogruppo straordinario
sulla Grecia
Berlusconi reagisce
alla sentenza
del Tribunale di Milano
ATENE, 27. Un accordo sul futuro
della Grecia non c’è ancora, ma questa volta — dicono i commentatori —
sembra che ci sia almeno la volontà,
sia da parte della troika che da parte
di Atene, di arrivarci. Ed è in questo
senso che deve essere letta la convocazione, confermata da Bruxelles e
Lussemburgo, di una riunione in teleconferenza dell’Eurogruppo nel
pomeriggio di mercoledì. I contatti
a tutti i livelli fervono: ancora una
volta è una corsa contro il tempo
per evitare il default.
Una nuova doccia fredda per Atene è però arrivata questa mattina:
secondo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, la permanenza della Grecia nell’euro non
è ancora del tutto sicura. In un’intervista televisiva, Schäuble ha ribadito la posizione tedesca: «Vogliamo
che Atene possa rimanere nell’euro,
ma deve fare ancora molto, la cosa
non è ancora decisa». Secondo
Schäuble, esistono «dubbi che la
Grecia possa far fronte agli impegni
assunti finora; questi dubbi devono
essere fugati per il futuro».
Dopo la prima sessione di lavori
dell’Euroworking Group (gruppo di
tecnici e di personalità politiche europee specializzate in finanza), tenutasi ieri, altre due sono previste lunedì e martedì a Bruxelles. Sul tavolo, la questione greca nel suo complesso: l’idea, spiegano diverse fonti,
è quella di abbozzare un accordo
La bandiera dell’Unione europea sul Partenone ad Atene (Ansa)
globale di massima, dalle misure
strutturali richieste ad Atene alla
concessione di due anni di tempo
ulteriori per rientrare del deficit, ai
problemi di rifinanziamento del Paese e dei relativi aiuti necessari.
Un lavoro complesso — rammentano gli esperti — che deve cercare
di fare quadrare i conti di Atene e
dei suoi partner dell’eurozona. Perché il “buco” causato da un’estensione dei tempi delle trattative sarebbe
L’Fmi
sblocca gli aiuti
all’economia
portoghese
LISBONA, 27. I tecnici del Fondo
monetario internazionale (Fmi)
hanno completato la quinta revisione dei conti e della performance economica del Portogallo
nell’ambito del piano di aiuti da
78 miliardi concesso nel 2011 insieme all’Unione europea.
A conclusione della missione
l’Fmi ha dato il via libera al versamento immediato di 1,5 miliardi di
euro, portando il totale delle erogazioni finora concesse al Paese a
21,8 miliardi. «Grazie agli enormi
sforzi delle autorità politiche, gli
squilibri di bilancio si sono significativamente ridotti e gli spread
sono diminuiti» si legge nella nota dell’istituto diffusa ieri. Tuttavia
«un outlook esterno più debole e
un aumento della disoccupazione
hanno alzato i rischi per il conseguimento degli obiettivi del programma; dunque ulteriori sforzi
sono necessari per avanzare ulteriormente verso il consolidamento
fiscale».
Secondo gli osservatori, la finanziaria 2013 rischia tuttavia di
scatenare una nuova ondata di
proteste di piazza fin nel cuore
della capitale. Si tratta d’altronde
della manovra più restrittiva della
storia democratica del Portogallo,
fondata all’ottanta per cento
sull’imposizione fiscale.
I lavoratori della Lusa, l’agenzia
di stampa portoghese, hanno indetto alcuni giorni fa uno sciopero di quattro giorni contro i tagli
del trenta per cento previsti nella
proposta di budget dello Stato
per il 2013, durante il quale
l’agenzia ha sospeso il servizio di
distribuzione di notizie. La manifestazione di protesta è iniziata
con un raduno accanto alla porta
laterale del Parlamento, che si è
poi trasferito alla sede del giornale
«Público» — anch’esso in sciopero
— per riunirsi a un’azione di protesta convocata da un gruppo di
ex funzionari e lettori del giornale. Nella città di Porto — sottolinea la stampa locale — si è tenuto
un dibattito sulla situazione della
comunicazione sociale, organizzato congiuntamente dalla Lusa e
da «Público», presso l’auditorium
del Polo delle Industrie Creative
dell’Università di Porto.
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di 20-30 miliardi di euro e sulle modalità della sua copertura non c’è
ancora intesa. E se i tecnici cercano
di preparare la strada per un accordo politico già mercoledì, non è
escluso che la teleconferenza possa
essere solo una tappa in vista del 12
novembre, quando i ministri delle
Finanze dell’Eurogruppo si incontreranno fisicamente a Bruxelles.
Questa resta la data ultima per un
accordo: il 16 novembre — come ha
avvertito il premier greco, Antonis
Samaras — Atene non avrà più soldi
per finanziarsi. E aspetta l’ok
dell’Eurogruppo all’esborso di una
tranche di aiuti da 31,5 miliardi.
Quello che aspettano invece i partner internazionali è un chiaro impegno da parte del Governo greco,
con l’approvazione del nuovo pacchetto di misure da 13,5 miliardi, inclusa la riforma del lavoro. L’obiettivo è che i leader della coalizione di
Governo trovino un’intesa sulle riforme entro domenica sera, prima
del nuovo incontro dell’Euroworking group, e che vengano poi approvate il prima possibile in Parlamento. L’affidabilità di Atene è infatti il tasto dolente, su cui la Germania continua a premere. Secondo
un sondaggio diffuso oggi, solo il
48 per cento dei tedeschi vuole che
Atene resti nell’eurozona.
«La Grecia non svenderà la propria libertà» ha detto il premier Samaras, il quale ha aggiunto che è
venuto il momento per il Paese di
guardare avanti e di cercare tutta la
collaborazione necessaria «per scrollarsi di dosso le catene del sottosviluppo e del debito eccessivo che ci
umiliano». Il primo ministro ha ribadito inoltre la necessità che i greci
abbiano fiducia nelle proprie capacità e dimostrino unità e amor di patria in quanto «solo la divisione ci
può far fallire». In pochi anni «la
Grecia sarà un posto migliore».
ROMA, 27. «Mi sento obbligato a
restare in campo per riformare il
pianeta giustizia, perché ad altri cittadini non capiti ciò che è capitato
a me». Questo l’annuncio di Silvio
Berlusconi all’indomani della sentenza del Tribunale di Milano con
la quale ieri è stato condannato a
quattro anni di reclusione per frode
fiscale. Delle conseguenze «ci saranno» ha detto Berlusconi: «A
Roma la Cassazione mi ha assolto
con formula piena sulla stessa materia. Come mai non si è tenuto
conto di questo?». Forse — ha continuato — «il giudice Davossa
(Edoardo, presidente del Tribunale,
ndr) è molto prevenuto contro di
me. O forse in tutto questo si devono trovare delle spiegazioni di natura politica». Già prima dell’intervento dell’ex presidente del Consiglio, in risposta alle polemiche suscitate dalla sentenza, l’Associazione nazionale magistrati era intervenuta per bocca del presidente Antonio Sabelli: «Respingiamo con
fermezza attacchi e offese. Non si
può assolutamente parlare di sentenza politica e barbarie». Sabelli
aveva espresso poi «solidarietà» ai
magistrati di Milano.
Mercoledì scorso Berlusconi aveva annunciato l’intenzione di non
presentarsi come candidato alla guida del Governo nelle prossime elezioni politiche, indicando il mese di
I revisori internazionali plaudono ai progressi del Governo Rajoy
Uno spagnolo su quattro senza lavoro
Bankia annuncia perdite per sette miliardi di euro
MADRID, 27. Uno spagnolo su quattro non ha un lavoro, nelle regioni
del sud come Andalusia ed Extremadura addirittura uno su tre, ma
tutti i contribuenti hanno dovuto
pagare nel 2010 ben 1.846 euro a testa per gli aiuti dati dallo Stato alle
banche. Ieri, nel giorno dei nuovi
dati sul fronte della disoccupazione
— oltre 5,7 milioni di senza lavoro,
una cifra senza precedenti nella sto-
Hollande chiede
un salvataggio
di Cipro
più morbido
NICOSIA, 27. Il presidente francese, François Hollande, si è opposto a un salvataggio troppo duro
di Cipro, invitando la troika
(Fondo monetario internazionale,
Banca centrale europea e Unione
europea) a ponderare le misure
da chiedere in cambio degli aiuti
economici. Dopo aver ribadito il
sostegno di Parigi al Governo di
Nicosia, Hollande — al termine
di un incontro con il presidente
cipriota, Demetris Christofias —
ha fatto sapere che la Francia
vuole una soluzione che consenta
a «Cipro di risollevarsi dalle sue
difficoltà e, allo stesso tempo,
non imponga condizioni troppo
draconiane». Secondo Hollande,
una soluzione deve essere trovata
alla riunione dell’Eurogruppo di
Bruxelles dei ministri delle Finanze del 12 novembre prossimo.
«Questo — ha detto il presidente
francese durante la conferenza
stampa — sarebbe il miglior risultato per Cipro e per l’Europa».
La cifra sugli aiuti a Cipro è
ancora oggetto di negoziato, ma
secondo la stampa e le televisioni
dell’isola mediterranea, Nicosia
avrebbe bisogno di undici miliardi di euro: cinque per la ricapitalizzazione delle sue banche e sei
per ripagare il debito fino alla fine del 2015. Gli esperti della troika internazionale sono attesi a
Cipro per la prossima settimana.
ria della democrazia iberica — è comunque giunto il plauso della troika al Governo di Mariano Rajoy
per gli «importanti progressi» nel
riformare il settore finanziario. Anche se il Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha realizzato un
lavoro di supervisione indipendente,
avverte che sono necessari «ulteriori
sforzi» perché la bad bank, che gestirà gli attivi immobiliari tossici degli enti finanziari, sia pronta per fine novembre.
Il Governo di Mariano Rajoy
non ha ancora sciolto la riserva su
un possibile salvataggio dell’economia, ovvero una richiesta di aiuti a
livello europeo. La conclusione della prima missione Fmi sugli aiuti al
settore bancario indica un pieno
successo del Governo nonostante le
difficoltà della situazione globale e
la perdurante crisi del debito
nell’eurozona. «Le sfide» per il settore bancario restano importanti e
richiedono «un’azione politica decisiva». Il gruppo Bankia, salvato dal
Governo dalla bancarotta, ha comunicato ieri di aver chiuso i primi nove mesi dell’anno con una perdita
netta di 7,05 miliardi. Bankia, assieme alle altre casse di deposito ristrutturate, ha ricevuto nel solo 2010
dallo Stato 87 miliardi di finanziamenti diretti, a fronte di soli 351,87
milioni ricevuti delle imprese degli
altri settori. Aiuti alle banche costati
1.846 pro capite agli spagnoli.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Lufthansa
trasferisce all’estero
1.100 lavoratori
Disoccupati in fila presso un ufficio di collocamento a Madrid (Afp)
Inatteso aumento
del pil statunitense
WASHINGTON, 27. Nel terzo trimestre il pil statunitense accelera al più
due per cento, sopra l’atteso più 1,8
e contro la crescita dell’1,3 del secondo trimestre. È quanto emerge
dalla prima lettura resa nota dal dipartimento al Commercio americano. Il dato è inferiore alla crescita
del 2,5 per cento che servirebbe per
garantire una ripresa dell’economia
americana. Resta inoltre aperta la
partita sul fiscal cliff, ovvero l’accordo sui tagli alla spesa fiscale e sugli
incentivi fiscali.
Secondo i dati, la spesa dei consumatori, che pesa per il settanta
per cento del pil americano, nel ter-
direttore generale
zo trimestre avanza del due per cento, contro l’1,5 dei precedenti tre
mesi. Gli americani continuano a
comprare soprattutto automobili e
smartphone, nonostante i venti di
crisi. Probabilmente — dicono gli
analisti — il miglioramento del mercato azionario e di quello immobiliare rende gli americani un po’ più
inclini a spendere. Nel terzo trimestre l’indice della spesa personale
sale dell’1,3 contro il più 0,7 del secondo trimestre. Tuttavia al netto
dei costi dell’energia e dei beni alimentari l’indice rallenta dal più 1,7
al più 1,3. Il tasso di risparmio frena
da più quattro per cento a più 3,7.
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dicembre per lo svolgimento delle
primarie all’interno del Popolo della libertà. L’annuncio di oggi sembra invece lasciare presagire l’intenzione dell’ex presidente del Consiglio — che ha annunciato una conferenza stampa per il pomeriggio —
di tornare sulla propria decisione.
La sentenza di ieri — di primo
grado — ha stabilito, oltre alla condanna a quattro anni di reclusione,
ridotti a uno per effetto dell’indulto
del 2006, l’interdizione per cinque
anni dai pubblici uffici e di tre anni
per gli uffici direttivi delle persone
giuridiche e delle imprese. Berlusconi dovrà inoltre versare all’Agenzia delle Entrate dieci milioni
di euro. Il processo era relativo
all’inchiesta sull’acquisizione di diritti televisivi da parte di Mediaset.
Su di esso tuttavia grava ancora la
questione del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, sollevato dalla difesa a seguito della decisione dei giudici di respingere
un’istanza di legittimo impedimento presentata nel marzo 2010 in relazione agli impegni dell’allora presidente del Consiglio. Sulla questione deciderà la Corte costituzionale.
È in questo clima che si tengono
domenica le elezioni regionali in Sicilia, considerate un test importante
anche in riferimento alla politica
nazionale, tanto più alla luce degli
ultimi eventi. Sono quasi quattro
milioni e mezzo i cittadini chiamati
al voto. I candidati alla presidenza
della Regione sono invece dieci. Le
urne sono aperte solo per una giornata, dalle 8 alle 22. Lo scrutinio si
inizierà lunedì.
Al voto andrà fra non molto anche la Lombardia, dopo che ieri, a
seguito delle dimissioni di 74 consiglieri, di maggioranza e opposizione, il Consiglio regionale è stato
sciolto. L’ultimo atto ufficiale
dell’assemblea è stato il varo di una
nuova legge elettorale, che elimina
le liste bloccate. La data delle prossime consultazioni è però ancora
incerta. Si parla di un giorno compreso tra il 16 dicembre 2012 e il 27
gennaio 2013 e anche della possibilità che si decida un accorpamento
della consultazione con le prossime
elezioni politiche. Fra i consiglieri
regionali dimissionari figura anche
Filippo Penati, ex presidente della
Provincia, già dimessosi dalla vicepresidenza dell’assemblea regionale
e che ha annunciato il ritiro dalla
vita politica.
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L’Ue a sostegno
degli operai belgi
della Ford
BRUXELLES, 27. L’Unione europea è pronta a intervenire con
aiuti agli operai che perderanno
il posto di lavoro in seguito alla
chiusura, annunciata dal gruppo
automobilistico Ford per il 2014,
dell’impianto belga di Genk. Lo
ha detto il portavoce dell’Ue,
Jonathan Todd, precisando che
«ci sono molti esempi nel passato di un utilizzo del fondo di
globalizzazione per finanziare
formazione e assistenza ai lavoratori che devono riciclarsi dopo
la chiusura degli impianti».
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
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BERLINO, 27. In relazione al piano
di risanamento annunciato recentemente, Lufthansa intende trasferire
dalla Germania in Paesi esteri oltre
700 posti di lavoro nel settore amministrativo. Lo ha reso noto ieri la
stessa compagnia aerea tedesca,
specificando che anche altri 400
posti in compagnie consociate passeranno in altri Paesi. Attualmente,
parte dei processi amministrativi
vengono già gestiti da imprese in
Polonia, Thailandia e Messico. Non
è stato precisato — rileva l’Ansa —
quanti dei 1.100 posti rilocalizzati
saranno gestiti da società esterne.
Nel processo di risanamento, Lufthansa intende tagliare circa 3.500
posti (2.500 in Germania) dei
16.800 complessivi. «È purtroppo
prevedibile che anche benemeriti
collaboratori perderanno la loro attuale attività», ha affermato in una
nota il capo del personale, Stefan
Lauer. Un portavoce ha sottolineato che licenziamenti non sono
esclusi, ma interverranno solo in
mancanza di alternative. I tagli potrebbero avere effetto pure in Svizzera e su Swiss, compagnia controllata dalla Lufthansa, ha indicato un
addetto stampa. A questo proposito, però, non è stata pubblicata
nessuna nota ufficiale.
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L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 28 ottobre 2012
pagina 3
L’Angola chiede un intervento internazionale dopo il nuovo tentativo di colpo di Stato
All’opera anche una squadra dell’Fbi
Guinea-Bissau
tra violenza e narcotraffico
Indagini sull’attentato
in Libano
ADDIS ABEBA, 27. La situazione in
Guinea-Bissau, dove la settimana
scorsa c’è stato un tentativo di colpo di Stato militare in cui sono
morte sette persone, è considerata
da alcuni soggetti internazionali tale
da poter rendere necessario un intervento. Un’esplicita richiesta in
merito è stata avanzata dall’Angola
all’Unione africana. Lo ha fatto il
ministro degli Esteri angolano,
Manuel Augusto, durante la riunione ministeriale ad Addis Abeba del
Consiglio per la pace e la sicurezza
dell’organizzazione panafricana. Secondo Augusto, «la situazione in
Guinea-Bissau diventa sempre più
preoccupante ed è necessario che si
lavori tutti insieme per trovare una
soluzione pacifica».
La Guinea-Bissau ha già subito
un colpo di Stato nell’aprile scorso
quando il Governo del primo ministro Carlo Gomes Junior era stato
rovesciato dai militari, dopo che nel
dicembre precedente era uscito indenne da un analogo tentativo. A
motivazione — o a pretesto — del
colpo di Stato i militari avevano addotto la presunta necessità di «proteggere il Paese da una forza
militare straniera», in riferimento a
un piccolo contingente angolano
stanziato in Guinea-Bissau, precisando di non voler comunque assumere il potere. In effetti, dopo il
colpo di Stato condannato immediatamente dall’Onu, dall’Unione
africana e dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale
(Ecowas), si è insediato un Governo
di transizione, mentre Gomes Junior
era stato esiliato in Portogallo dopo
un breve periodo di detenzione. La
transizione era stata riconosciuta e
sostenuta dall’Ecowas, ma dai Paesi
lusofoni e dalla vecchia formazione
al potere, il Partito africano per l’indipendenza di Guinea-Bissau e Capo Verde, protagonista della lotta
conclusa nel 1973 con l’indipendenza dal Portogallo.
Da allora, però, una serie di colpi
di Stato hanno caratterizzato la storia di questa Nazione, in cui nessun
presidente è mai riuscito a finire il
suo mandato. Per quanto riguarda
l’ultimo episodio della settimana
scorsa, le attuali autorità di Bissau
hanno accusato Lisbona e gli altri
Paesi lusofoni di esserne i mandanti
e hanno chiesto l’estradizione dell’ex primo ministro. Il Portogallo
non ha reagito alle accuse e la Comunità dei Paesi di lingua portoghese ha espresso in una nota la sua
«condanna per il ricorso frequente
alla violenza nel Paese».
BEIRUT, 27. Il procuratore generale
libanese, Hatem Madi, ha confermato ieri che una squadra dell’Fbi
(Federal Bureau of Investigation) è
arrivata a Beirut per collaborare nelle indagini sull’attentato in cui è
stato ucciso il generale Wissam al
Hassan, ma ha sottolineato anche
che essa fornirà un’assistenza esclusivamente tecnica e «non interferirà
nell’inchiesta».
Citato oggi da media di Beirut,
Mati ha specificato che altri Paesi
hanno offerto la loro assistenza. In
particolare, secondo il quotidiano
«As Safir», la Francia ha messo a
disposizione propri esperti. Ma
l’alto magistrato ha tenuto a sottolineare che ognuno che parteciperà alle indagini dovrà riferire solo a
lui «personalmente». Il generale
Hassan, capo dei servizi di intelligence della polizia, è morto con il
suo autista e una donna una settimana fa nell’esplosione di un’autobomba nel quartiere di Ashrafieh a
Beirut. L’opposizione libanese ha
accusato il regime di Damasco di
essere dietro l’attentato ad Hassan
poiché — dicono fonti di stampa —
il generale aveva condotto un’indagine su presunti attentati pianificati
dalla Siria contro personalità antisiriane in Libano.
L’attenzione delle indagini si sta
concentrando sulle evidenze scientifiche offerte dalla scena del crimine
e sull’analisi delle registrazioni effet-
Soldati della Guinea-Bissau nei pressi dell’aeroporto (Afp)
Nella Guinea-Bissau l’instabilità
politica è un fatto comune. Il nuovo
tentativo di colpo di Stato è solo
l’ultimo capitolo di una successione
quasi ininterrotta di violenze, che si
ripercuotono pesantemente sulla sicurezza delle popolazioni locali, ma
anche su quella delle frontiere. La
Guinea-Bissau è infatti l’epicentro
di un’instabilità che attraversa tutta
l’Africa occidentale, percorsa da frequenti rovesciamenti politici.
Ad aggravare un quadro politico,
sociale ed economico già precario
c’è il traffico di droga, le cui rotte in
partenza dall’America latina fanno
base sulla sponda est dell’Atlantico
prima di approdare in Europa. Negli ultimi anni, proprio Bissau è diventata lo snodo principale di tale
narcotraffico. Le Nazioni Unite stimano che il 60 per cento di tutta la
cocaina consumata sul mercato europeo transiti da qui.
BAGHDAD, 27. Attacchi con bombe e armi automatiche hanno causato almeno dodici morti a Baghdad e a Mossul, la principale città del nord
dell’Iraq, nel secondo giorno delle celebrazioni per la festa musulmana
del sacrificio Eid Al Adha, hanno riferito fonti mediche e della sicurezza.
Una ventina di persone sono altresì rimaste ferite in questi attacchi che
hanno provocato la morte di cinque pellegrini sciiti a Taji, alle porte di
Baghdad, e di cinque membri della minoranza religiosa shabak a Mossul. Martedì scorso l’esplosione di un’autobomba e alcuni colpi di mortaio in due quartieri sciiti a nord di Baghdad, avevano causato la morte
di 8 persone e 22 feriti. Sempre alla vigilia della festività musulmana altri tre civili, tra cui un bambino, erano stati uccisi in un attacco armato e
nell’ennesima esplosione di una bomba. Un commando di uomini a bordo di un’auto aveva aperto il fuoco contro due civili nel villaggio di Qazaniya, nella provincia di Diyala, a nordest di Baghdad, il bambino era
invece rimasto vittima dell’esplosione di una bomba nella città settentrionale di Kirkuk mentre andava a scuola.
Appelli alla calma nell’ovest del Myanmar
NAYPYIDAW, 27. Quattro mesi dopo
una prima ondata di violenze settarie, l’ovest del Myanmar è di nuovo
in fiamme. Da domenica scorsa, feroci e sanguinosi scontri e rappresaglie reciproche tra la maggioranza
di etnia rakhin e la minoranza musulmana dei rohingya hanno provocato oltre sessanta morti nello
Stato occidentale del Rakhine,
causando migliaia di nuovi sfollati,
tra cui donne e bambini. Una
spirale d’odio e di violenza che contrasta con l’immagine del nuovo
Myanmar promossa dal processo di
riforme del Governo civile (dopo
oltre quarant’anni di regime militare) del presidente, Thein Sein.
Una versione ufficiale della scintilla che ha causato i sanguinosi
COTOUNOU, 27. La preoccupazione per il consolidamento nel nord del Mali del controllo di gruppi armati considerati parte della galassia del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica è stata ribadita dal
presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, durante una missione condotta a Cotounou, la capitale del Benin. In una
conferenza stampa congiunta con il presidente del Benin, Yayi Boni, Durão
Barroso ha aggiunto che l’Unione europea è impegnata a cercare soluzioni
alla crisi maliana, dato che ritiene cruciale evitare che il Mali divenga una
fonte del terrorismo e di destabilizzazione per l’Africa. Sulla questione maliana — come riferiscono le agenzie di stampa internazionale — è intervenuto ieri anche il Governo tedesco, con il portavoce Steffen Seibert, secondo
il quale per la Germania e per l’Unione europea non si parla di «impegno
a combattere» in un eventuale intervento nel Paese africano. «Il primo passo è verificare i presupposti di un’eventuale missione», ha dichiarato Seibert, aggiungendo che la Germania è disponibile a un aiuto in termini di
sostegno umanitario e di formazione.
scontri ancora manca, in una zona
sotto stato di emergenza già dallo
scorso giugno. Anche durante la
tregua la situazione è rimasta molto
tesa, con più di 75.000 persone — in
maggioranza rohingya — costrette in
campi per sfollati dove mancano i
servizi più essenziali e dove i pochi
giornalisti stranieri che sono riusciti
a visitare la zona hanno documentato evidenti casi gravi di malnutrizione infantile. L’intensità e l’ampiezza
degli scontri — che questa volta
hanno coinvolto anche distretti non
toccati in precedenza — hanno portato le Nazioni Unite a denunciare
il rischio che la nascente democrazia della ex Birmania sia danneggiata irreparabilmente da tale clima
d’odio. Anche gli Stati Uniti sono
intervenuti, chiedendo alle parti
coinvolte di dare prova di moderazione e di porre fine immediatamente a tutti gli attacchi.
Sulla stampa statale, Thein Sein
ha citato proprio l’attenzione internazionale come un valido motivo
per
ripristinare
l’ordine.
Nel
Rakhine, uno degli Stati più poveri
del Paese asiatico, il crescente contenzioso tra le due comunità per la
terra e il lavoro si è accumulata da
anni; le recenti ondate di violenze
hanno evidenziato l’ostilità compatta della società civile verso gli
800.000 rohingya, definiti «immigrati bengalesi illegali». Privati del
diritto di cittadinanza e sottoposti a
diverse restrizioni, tanto da essere
considerati dall’Onu una delle minoranze più perseguitate al mondo,
i rohingya sono malvisti anche dal
vicino Bangladesh, che durante l’attuale crisi ha rafforzato i controlli
respingendo gli sfollati in cerca di
rifugio oltre frontiera.
Vittime della violenza nell’ospedale di Kyuktaw (Reuters)
Si dimettono
quattro ministri
in India
NEW DELHI, 27. Quattro ministri
del Governo indiano hanno rassegnato le dimissioni in vista
dell’annunciato rimpasto di Governo da parte del premier,
Manmohan Singh. Si tratta di
Ambika Soni, titolare del dicastero dell’Informazione, di Subodh
Kant Sahay, responsabile del Turismo, e di Mukul Wasnik, ministro
degli Affari sociali. Lo stesso ha
fatto il ministro degli Esteri, S.M.
Krishna, Il rimpasto dell’Esecutivo è atteso per domenica ed è stato deciso a seguito delle dimissioni di sei ministri del Trinamool
Congress, partner di coalizione
nell’Alleanza progressista unita
(Upa) di Singh. Secondo la stampa indiana, Krishna, che guidava
la diplomazia di New Delhi dal
2009, si accingerebbe ad assumere
un incarico nell’Upa.
Il voto senza il laeder dell’opposizione Yulia Tymoshenko e con l’ombra dei brogli
Elezioni legislative in Ucraina
KIEV, 27. Il leader dell’opposizione
non candidato perché rinchiuso in
carcere; voti comprati con denaro o
regali; finestre e balconi affittati dai
partiti per fare propaganda elettorale irregolare: le legislative di domani in Ucraina rischiano di essere
lontane dai cosiddetti standard democratici. Al primo test elettorale
da quando nel 2010 è diventato
presidente Viktor Ianukovich, gli
ucraini arrivano disillusi. Apatia e
In arrivo Sandy che ha già provocato quarantacinque vittime nei Caraibi
Allarme uragano a New York
Il passaggio a Santiago di Cuba del devastante uragano Sandy (Reuters)
zo», Samir Geagea, leader delle
Forze Libanesi, ha fin da subito
mosso accuse ad Assad e ai suoi alleati: in un’intervista rilasciata al
quotidiano saudita «Al Watan»
Geagea ha detto senza mezze misure che «il regime di Assad è direttamente accusato di aver pianificato
l’assassinio di Al Hassan». Accuse a
Damasco sono state mosse anche da
alcune forze sul fronte del Governo,
in particolare dal Partito Socialista
Progressista di Walid Jumblatt.
Sanguinosi attacchi
a Baghdad e a Mossul
Dopo gli scontri tra buddisti e musulmani nello Stato del Rakhine
L’Unione europea teme
un radicamento del terrorismo in Mali
WASHINGTON, 27. Dopo aver ucciso
non meno di 45 persone nei Caraibi
(Cuba, Haiti e Jamaica), l’uragano
Sandy si sta dirigendo verso gli Stati
Uniti, dove potrebbe arrivare sulla
East Coast domenica sera e raggiungere Long Island e il New England
lunedì. Proprio per questo, il governatore dello Stato di New York ha
dichiarato lo stato di emergenza. È
previsto anche un passaggio persino
in uno Stato interno come l’Ohio.
Secondo gli esperti, la cosiddetta
Frankenstorm
(la
tempesta
Frankenstein), potrebbe essere più
forte dell’uragano Irene, che, sempre
sulla East Coast, nel 2011 provocò
una cinquantina di vittime e danni
per circa dieci milioni di dollari.
In quell’occasione, furono particolarmente colpiti il New Jersey, la Ca-
tuate dai dispositivi di videosorveglianza presenti nell’area. Il dato
più interessante — afferma la stampa
— è emerso proprio dai contenuti di
uno dei video presi in consegna dagli inquirenti, nei quali si può vedere un’auto parcheggiata per lungo
tempo sul luogo dell’esplosione che
pochi istanti prima dell’arrivo di
Hassan, si sposterà per lasciare il
posto all’autobomba.
Non si ferma intanto il dibattito
politico circa le responsabilità
dell’attentato. Sul fronte «14 Mar-
rolina del Nord, il Vermont e la Virginia che, a scopo del tutto precauzionale, già ieri sera ha dichiarato lo
stato di emergenza. Un allarme — riferisce l’agenzia Ansa — è stato
emesso dalla Carolina del Nord,
Pamlico Sound e dall’East Coast
della Florida. Al momento, l’uragano — indebolitosi a categoria uno
sulla scala Saffir Simpson (che arriva
fino a cinque) — ha da poco lasciato
le isole Bahamas e viaggia con venti
di 120 chilometri orari. Secondo
quanto riferisce il quotidiano «Usa
Today», Sandy potrebbe provocare,
secondo gli esperti, inondazioni e
pesanti piogge su una fascia in cui
vivono oltre cinquanta milioni di
americani, diventando un incubo
proprio nella settimana delle festività
di Halloween.
corruzione sembrano ormai un inevitabile leitmotiv, e ci sono candidati che pur di essere eletti sono
disposti a comprare i voti.
A gettare un’ombra sulle elezioni
c’è anche il fatto che gli ucraini
non potranno porre una crocetta
accanto al nome dell’ex premier
Yulia Tymoshenko, il numero uno
dell’opposizione. L’eroina della rivoluzione arancione non si è potuta candidare perché‚ condannata a
sette anni di reclusione in un controverso processo sulle forniture di
gas russo. Ma il lungo processo
giudiziario di Yulia Timoshenko
non pare aver fruttato in termini
elettorali: ci si aspetta che la sua
coalizione prenda tra il 14,8 per
cento e il 16,9 per cento delle preferenze, molto meno dei voti che
dovrebbero andare al partito delle
Regioni del presidente Ianukovich.
Anche il partito al Governo è in
calo rispetto a cinque anni fa,
quando ottenne il 34,4 per cento
dei suffragi, ma dovrebbe riuscire a
mantenere la maggioranza relativa
conquistando tra il 20,7 per cento e
il 23,4 per cento dei voti.
Con numeri così bassi, gli equilibri in Parlamento dipendono molto
dalle alleanze. La coalizione della
Tymoshenko ha stretto un accordo
con gli ultranazionalisti di Svoboda
(Libertà) ma non è però riuscita a
portare dalla sua parte quello che
potrebbe essere il vero partito-rivelazione di queste elezioni: Udar
(Colpo) di Vitali Klitschko, il campione del mondo in carica dei pesi
massimi. Dalla parte di Ianukovich
si dovrebbe invece schierare il par-
tito comunista, nostalgico dello stalinismo, che è riuscito a far tesoro
della mancanza di fiducia della
gente verso la politica e potrebbe
accaparrarsi tra il 10,1 per cento e il
12,1 per cento delle preferenze. Ma
a far pendere la bilancia dalla parte
di Ianukovich ci si attende che siano i parlamentari eletti con il sistema maggioritario nei collegi uninominali (metà dei 450 deputati totali) e i cosiddetti indipendenti.
Ballottaggi
per le comunali
in Brasile
BRASILIA, 27. Si svolgono domani in Brasile i ballottaggi per le
cariche di sindaco non assegnate
al primo turno, il 7 ottobre.
L’attenzione si concentra in particolare su São Paulo, dove si
sfidano Fernando Haddad, del
Partido de los Trabajadores,
quello al Governo nazionale, e
José Serra, del Partido de la Social Democracia de Brasil, la
principale forza d’opposizione.
Serra, per due volte sconfitto
nelle elezioni presidenziali, da
Luiz Inácio Lula nel 2002 e da
Dilma Rousseff nel 2010, è dato
sfavorito dai sondaggi, sebbene
sia stato il candidato più votato
al primo turno, con il 30 per
cento delle preferenze.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
domenica 28 ottobre 2012
Il cristogramma costantiniano nei graffiti della necropoli vaticana dove l’archeologa Guarducci condusse i celebri scavi
L’imperatore e Margherita
Quel simbolo che dopo il 28 ottobre 312 si diffuse rapidamente a Roma e nel resto dell’impero
di CARLO CARLETTI
l decisivo scontro del 28 ottobre 312 ad saxa rubra, nel
suburbio nord di Roma,
costituisce la fase iniziale di un processo di
enorme portata, che nel corso
di circa un decennio mutò
l’architettura
istituzionale,
politica e ideologico-religiosa
dell’Impero. Il primo esito di
questa rapidissima — si è anche detto “rivoluzionaria” —
trasformazione si manifestò
concretamente nel pieno controllo da parte di Costantino dell’intero Occidente. Il progetto costantiniano sarebbe poi giunto alla sua
definitiva conclusione con la sconfitta di Licinio del 324 a Crisopoli e
Adrianapoli: dopo il divide et impera
dell’età tetrarchia, Occidente e
Oriente si riunificavano sotto un
unico scettro.
Nell’immaginario di Costantino e
di una parte almeno dei suoi contemporanei — compresi Eusebio di
Cesarea e Lattanzio — l’evento
epocale della vittoria di ponte
Milvio trovò un efficace e per
l’imperatore “provvidenziale”
catalizzatore nella misteriosa
visione di un segno, nel contempo evocativo di una vittoria conseguita e di una
protezione divina acquisita.
È il celebre monogramma, a
giusta ragione definito come
“costantiniano”: una figura
nella quale il qualificativo divino di Gesù di Nazaret — Christòs
— veniva espresso nella forma monogrammatica conseguente alla sovrapposizione delle due iniziali chi e
rho.
Nella cultura occidentale e orientale i millesettecento anni trascorsi
dall’evento del 312 non hanno cancellato né offuscato l’ininterrotta resistenza al tempo e ai processi storici
del primo e più esplicito segno evocativo della “persona” di Gesù Cristo. Ma il nuovo segno — come testimoniato dalla monetazione — all’indomani della vittoria di Ponte Milvio, non ebbe nel territorio dell’Im-
I
Multiplo di due solidi del 326
dalla zecca di Siscia
pero una omogenea e sincronica diffusione. C’è un dato, almeno finora
inconfutabile: nel corso della vita di
Costantino, la zecca imperiale di
Roma in nessuna circostanza introdusse nelle sue emissioni il monogramma cristologico. Certo si tratta
di non pura casualità, ma di un esito
coerente delle cautele e dei dovuti
rispetti, che la capitale dell’Impero
— ancora in grande maggioranza pagana — poteva e doveva esigere dal
suo legittimo sovrano, che pure aveva aderito al cristianesimo.
La novità del monogramma fu
invece immediatamente recepita
e accolta nella produzione delle zecche imperiali, sia occidentali sia orientali. Più in
particolare le emissioni con signa cristologici si concentrarono nelle zecche dell’area
orientale e in particolare ad
Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Cizico, Heraclea Nicomedia, Siscia, Tessalonica. Non è
puro accidente che in questo ambito spaziale, e soprattutto in quello
del vicino Oriente, ancora nel corso
del IV secolo si registri rispetto
all’Occidente una diffusione molto
più capillare ed estesa del cristianesimo. Va inoltre rilevato che alcune di
queste città erano le stesse nelle quali più frequentemente e più a lungo
aveva soggiornato Costantino.
A Roma l’imperatore si soffermò
brevemente solo in tre circostanze:
innanzitutto nel 312 per lo scontro
finale con Massenzio (il 28 ottobre); dal 25 agosto al 19 ottobre
del 315 per la celebrazione congiunta dei decennalia e della
sconfitta di Massenzio; dal 18
al 25 luglio del 326 per i vicennalia e la sconfitta di Licinio a Adrianopoli e Crisopoli.
La presenza solo episodica
dell’imperatore nella capitale è
esplicitamente lamentata nel panegirico per Costantino pronunciato a Roma dal retore Nazario
nel 321 (X, 38, 6): «Solo una cosa
potrebbe rendere Roma più felice,
una cosa grandissima certo, ma una
sola: vedere il suo liberatore, te o
Costantino, e i suoi figli beatissimi, i
Cesari».
Da questa asimmetrica distribuzione se ne è dedotto che, a livello
di diffusione e utenza generalizzata,
nell’area occidentale e in particolare
a Roma non si era ancora sedimentata una specifica percezione dei
contenuti e dei significati insiti nei
segni cristologici: ne mancavano —
così si è detto — i prerequisiti, vale a
dire le cognizioni relative al dove, al
verbale: Simplici vivite in Chr(isto), Nikasi
vibas
in
Victor
Chr(isto),
Gaudentia vivatis in
Chr(isto) (Margherita Guarducci, I
graffiti sotto la confessione di San Pietro in Vaticano, II,
Città del Vaticano
1958, n. 6 p. 84, n.
8 p. 93, n. 24 p.
184). A queste formulazioni si associa
coerentemente un
altro graffito — come già rilevato e
convenientemente
argomentato
da
Margherita Guarducci — che conferGraffito con formula della visione costantiniana
ma come tra i visi(Necropoli Vaticana, muro G)
tatori documentati
nel muro G fosse
ben chiaro il collegamento tra i cri- tino con l’elmo, coronato sulla sua
stogrammi e la vittoria costantiniana sommità dall’effigie del monogramconseguita contro Massenzio nel 312: ma cristologico.
Una prova inconfutabile che la
non altrimenti infatti potrebbe spiegarsi la scritta che reca hoc vin[ce] conoscenza del cristogramma a Roaccompagnata dalla combinazione ma avesse raggiunto un più vasto
monogrammatica delle lettere greche ambito popolare, pur in assenza nelchi e rho (Guarducci, I graffiti, n. 2 le zecche della città di prodotti con
pp. 12 – 14): versione segni cristologici.
In questa direzione un’ulteriore e
latina della scritta
Sono testimonianze a torto trascurate
greca touto nika, che decisiva testimonianza della diffusionella visione costan- ne popolare dei cristogrammi è conperché certificano che se il nuovo segno
tiniana si accompa- fermata dalle iscrizioni funerarie delnon fu introdotto nella monetazione romana
gnava al signum cri- le catacombe romane, nel cui ambito
stologico, come nar- emergono esemplari contemporanei
raggiunse però subito
rato da Eusebio nel- ai graffiti del muro G e comunque
un più vasto ambito popolare
la Vita Constantini precedenti o immediatamente successive alla morte di Costantino: si
(I, 29 – 31).
evidentemente di fede cristiana — si
Nel fiume di pagine, anche recen- tratta infatti di epitaffi datati al 323,
era recato nell’area della memoria tissime, prodotte su moltepliciti 336, 338, 339 (Inscriptiones Christianae
petrina e qui aveva lasciato testimo- aspetti relativi alla cosiddetta que- Urbis Romae, VII 17.425; I 3.159, 45;
nianza scritta della sua visita con stione costantiniana, non sembra vi III 8.719). Se la comunità cristiana di
brevi e semplici messaggi di tipo au- sia cenno alcuno ai graffiti del muro Roma volle contrassegnare con
gurale, rivelatori di una consapevole G, certo poveri e rozzi sul piano for- l’emergente monogramma le proprie
conoscenza del contenuto verbale e male, ma rilevanti sul piano della “scritture ultime”, se ne deduce che
simbolico del cristogramma.
storia culturale, poiché cronologica- il signum salutis introdotto da CoIn tale contesto i signa cristologici mente prossimi alla più antica testi- stantino fu recepito e compreso ansono tracciati isolatamente accanto a monianza finora nota del cristo- che nella sua dimensione specificaa una o più parole senza un rappor- gramma: quella riprodotta nel cele- mente religiosa e non esclusivamente
to sintattico con esse, ovvero, più berrimo solido argenteo battuto nel — come pure senza solidi argomenti
frequentemente, si inseriscono in 315 dalla zecca di Ticinum (Pavia), è stato ipotizzato — per il suo valore
una struttura testuale con funzione che reca sul dritto il volto di Costan- propiziatorio.
come, al quando, al perché della relazione tra il signum salutis e la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre
312.
In queste argomentazioni — oltre
a una pregiudiziale sottovalutazione
del valore religioso del signum —
emerge con evidenza la generalizzazione di un problema quantomeno
più articolato, se si sposta la prospettiva anche al di là della produzione numismatica.
Vi è in realtà una documentazione
epigrafica non irrilevante — sicuramente attribuibile agli esordi dell’era
costantiniana — ancora oggi visibile
nello strato sottostante alla basilica
vaticana, cioè nel campo P, che localizza la memoria petrina. Il loro supporto è l’ormai ben noto muro G:
una struttura di sostegno e di confine, che tra la fine del III e non oltre
il primo ventennio del IV secolo, accolse scritte a sgraffio tracciate da visitatori che giungevano lì devotionis
causa. Qui — per la prima volta a
Roma — in un contesto devozionale
emergono con chiarezza una serie di
segni cristologici nella forma archetipica del monogramma costantiniano,
sia nella valenza verbale di compendium scripturae (cioè in forma abbreviata) sia in quella simbolica di signum grafico e figurale. Qualcuno —
E la cupola del mondo antico volò via come un tetto di paglia
Nel 1950 Evelyn Waugh scriveva il romanzo Helena: un mirabile racconto, dove la fantasia si
poggia sempre su una rigorosa base storica, dedicato alla vicenda della madre di Costantino e del
suo pellegrinaggio in Terra Santa alla ricerca delle reliquie della vera Croce. Dall’edizione italiana
dell’opera (Milano, Rizzoli, 2002, traduzione di Valentina Poggi con la collaborazione di Laura
Parmeggiani, introduzione di Marta Sordi) pubblichiamo alcuni stralci e, in basso, un brano del
libro La donazione di Costantino (Bologna, il Mulino, 2010) scritto dal nostro direttore.
di EVELYN WAUGH
Quando il tempo fu maturo, al suo momento, il momento giusto, Costantino marciò
sull’Italia.
Le voci sull’evento e il corriere da Roma
arrivarono simultaneamente. A Treviri erano
tutti in subbuglio: tutti, meno l’Imperatrice
Madre. Tante notizie come quella segnavano
la sua vita; una vittoria in più, un imperatore in meno, un’altra alleanza familiare tra i
vincitori, un altro matrimonio senza amore;
tante volte aveva visto lo spartirsi delle sfere
d’influenza, l’inizio di un’altra breve era di
complotti e spionaggio; cose che andavano e
venivano nelle loro orbite eccentriche.
L’Editto di Milano, che concedeva tolleranza alla Chiesa, fu promulgato a Treviri.
«Come mai tanta euforia?» disse Elena.
«È dai tempi di mio marito che nessuno dà
fastidio ai cristiani. Sono settimane, Lattanzio, che vai in giro come se avessi avuto una
visione. Tu, uno storico che pensa in termini
di secoli?».
«Da storico, signora, io penso che stiamo
vivendo un’epoca unica. Forse un giorno o
l’altro questa scaramuccia al Ponte Milvio
sarà messa sullo stesso piano delle Termopili
e di Azio».
«Per via dei pretoriani? Non posso fare a
meno di compatirli, sai, anche se erano dalla
parte sbagliata. Non li ho mai visti sfilare in
pompa magna. Una volta lo desideravo
tanto».
«Sono almeno cent’anni, signora, che la
guardia pretoriana non significa nulla».
«Lattanzio, sto solo scherzando. Certo
che lo so perché siete tutti così eccitati. Ti
dirò che sono un po’ perplessa anch’io. E
per quel che dicono in giro, che anche mio
figlio si è fatto cristiano. È vero?».
«Non esattamente, signora, per quel che
posso capire. Ma si è messo sotto la protezione di Cristo».
«Perché nessuno mi dice le cose in parole
povere? Sono troppo stupida? In vita mia
non ho mai chiesto altro che risposte chiare
a domande chiare; e mai che ne ottenga.
C’era o non c’era una croce in cielo? L’ha
vista mio figlio? Come c’è arrivata? Se c’era
e se lui l’ha vista, come ha fatto a capire cosa significava? Non pretendo di sapere mol-
to sugli auspici ma non riesco a immaginare
un peggior segno di malaugurio. Io voglio
solo la verità. Perché non mi rispondi?».
Dopo un silenzio Lattanzio disse: «Forse
perché ho letto troppo. Non sono la persona
adatta per delle domande semplici e dirette.
Non so come rispondere. C’è chi sa farlo,
quel tipo di gente che è rimasta là in Oriente. Starà uscendo di prigione ora, chi è sopravvissuto. Quelli potranno rispondervi,
ma dubito che anche loro siano semplici e
chiari proprio come vorreste voi. Ecco tutto
quanto posso dire: potrebbe essere successo
proprio come dice la gente. Ne succedono,
di queste cose. Tutti abbiamo la possibilità
di scegliere la Verità, e immagino che agli
imperatori certe volte sia concesso di farlo in
maniera più spettacolare che alla gente qualunque. Tutto quanto sappiamo è che l’Imperatore si sta comportando come se avesse
avuto una visione. Come sapete, ha fatto
uscire la Chiesa allo scoperto».
«A fianco di Giove e Iside e Venere Frigia». «Il cristianesimo non è una religione
di quel tipo, signora. Non può spartire niente con nessun altro. Una volta libera, conquisterà». «Allora forse le persecuzioni avevano un senso». «Il sangue dei martiri è il
seme della Chiesa». «Allora comunque vada
per voi va sempre bene». «Comunque vada,
sì. Così ci è stato promesso, signora».
«Succede sempre così, Lattanzio, quando
parliamo di religione. Non mi rispondi mai
del tutto a tono, però mi lasci sempre con
l’impressione che, in certo qual modo, la risposta sia sempre lì a portata di mano, se
solo ci si desse un po’ più da fare per trovarla. Tutto pare logico fino a un certo punto, e
poi ancora oltre quel punto. Eppure non si
riesce a oltrepassare il punto... Be’, io sono
vecchia ormai, troppo vecchia per cambiare».
Ma quella eccezionale marea primaverile
non permetteva a nessuno di sottrarsi al
cambiamento, nemmeno in una città così
perbene come Treviri, nemmeno a Elena,
che viveva così ritirata. L’immenso tedio che,
emanando dal suo fulcro morto nel cuore di
Diocleziano, aveva impregnato il mondo di
follia, era finito come una pestilenza. Dappertutto, nelle fessure fra le pietre e nei solchi, spuntava, sbocciava e s’intrecciava la
verzura di una vita nuova. In quell’aurora,
pensava Lattanzio, era un paradiso esser
vecchi; esser vissuti di una speranza che era
una sfida alla ragione; o, piuttosto, che esisteva solo nella ragione e negli affetti, del
tutto scissa dall’esperienza ordinaria e dai
calcoli; vedere quella speranza prendere forma concreta e familiare sotto i tuoi occhi, da
tutte le parti, come se una nebbia, levandosi,
rivelasse improvvisamente alla ciurma di una
nave che, non certo grazie alla propria destrezza, è arrivata sana e salva in porto; intravedere per un attimo l’unità essenziale in
una vita che era sembrata puro mutamento:
questo, pensava Lattanzio, era qualcosa di
equiparabile al tripudio della Pentecoste;
qualcosa in cui davvero si celebravano regalmente Natale, Pasqua e Pentecoste.
La visione raffigurata
Nella primavera del 312 Costantino invase l’Italia settentrionale e in breve se ne impadronì; arrivato in autunno alle porte di Roma, il 28 ottobre sconfisse nei pressi di
ponte Milvio il rivale, che morì nello scontro annegando nel Tevere, e restò così
unico signore dell’O ccidente.
È a ridosso di questa battaglia decisiva che le fonti cristiane — ancora Lattanzio
ed Eusebio di Cesarea, entrambi vicini all’imperatore — collocano una visione, con
qualche differenza tra loro: notturna o diurna, ricevuta dal sovrano durante il sonno prima dello scontro, o qualche tempo prima nello splendore del meriggio e alla
presenza delle sue truppe in marcia e poi confermata da un sogno, questa indicava
un simbolo cristiano da innalzare come segno distintivo e in nome del quale Costantino avrebbe ricevuto la vittoria. Si trattava con ogni probabilità del monogramma di Cristo, formato dalle due prime lettere greche del nome (la chi e la rho
sovrapposte), riprodotto sullo stendardo imperiale (labarum) e presto entrato nella
monetazione, quindi destinato a una fortuna simbolica fuori del comune al pari di
quella iconografica dell’episodio, entrato nell’immaginario collettivo cristiano e raffigurato variamente: così Piero della Francesca, nel suggestivo affresco di San Francesco ad Arezzo, rappresenta la visione notturna secondo Lattanzio, mentre in Vaticano la rappresentazione raffaellesca della battaglia — nel cui cielo brilla la croce
con la scritta greca en tùto nìka («con questo vinci») — e la statua equestre berniniana dell’imperatore, sul cavallo che s’impenna davanti al prodigio, seguono entrambe la versione «diurna» di Eusebio.
Piero della Francesca
«Il sogno di Costantino» (1458-1466)
Nessuno meglio di lui avrebbe dovuto
comprendere quello che gli succedeva intorno, ma lui si sentiva senza fiato, superato,
privato di tutto il suo ricco patrimonio verbale, con in mente solo le frasi fatte dei panegirici di corte. Gli eventi non andavano
più al solito monotono passo umano. C’era
dappertutto una sproporzione fra causa ed
effetto, fra impulso e movimento, tra i quali
scattava uno slancio, un’accelerazione incalcolabile. In sogno un uomo può spronare il
cavallo a saltare un ostacolo altissimo e, senza pensarci su, mettere le ali e superarlo a
volo, o cercare di smuovere un
macigno e sentirselo in mano lieve come piuma. Lattanzio non
aveva mai imparato a dominare
le proprie simpatie come prescrivevano i critici. Che altro poteva
fare ora se non accettare il mistero e glorificarne la causa prossima, il lontano, ambiguo imperatore?
Sul piano della storia documentata Costantino non aveva
fatto gran che. In quasi tutto
l’Occidente l’Editto di Milano si
limitò a regolarizzare l’esistente;
in Oriente esso significò una tregua precaria, ben presto rinnegata. La Deità Suprema riconosciuta da Costantino era tutt’altra cosa che la Trinità dei cristiani; il
Labaro riproduceva la croce dei
martiri secondo uno stile prettamente araldico. Era una cosa
molto sfumata, evidentemente intesa a soddisfare i più; l’idea azzeccata di uno troppo occupato
per stillarsi il cervello su minuzie
e sottigliezze. Costantino aveva
stretto un patto con un nuovo alleato le cui forze erano ignote,
accantonando un problema. Così
la
pensavano
gli
strateghi
d’Oriente, usi a calcolare l’ordine
della battaglia legione per legione, granaio per granaio; così, forse, la pensava anche Costantino.
Ma mentre la notizia si diffondeva dappertutto fra i cristiani, su
ogni altare si concentrò e si levò
un gran vento di preghiera, che
sollevò tutta la fumosa tozza cupola del Mondo Antico e la fece
volar via come il tetto di paglia
di una stalla, scoprendo all’occhio la vista placida e brillante di
spazi sconfinati.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 28 ottobre 2012
pagina 5
Aumentano gli interventi umanitari della comunità ecclesiale
Osservazioni e proposte dei presuli argentini nel dibattito sul nuovo Codice civile e commerciale
La Chiesa
per la Spagna in difficoltà
Riforme
giuste e condivise
MADRID, 27. Anche in Spagna è il
turno della classe media. Gli effetti
della crisi economica diventano
sempre più pesanti e così alle porte
della Caritas, delle mense e dei centri di assistenza gestiti dalle parrocchie bussano sempre più persone
che fino a non molto tempo fa si
sentivano al riparo da sorprese e
preoccupazioni. È quanto emerge
dai dati forniti dalla Caritas spagnola, che nell’ultimo anno ha assistito
oltre 1,8 milioni di persone, circa
200.000 in più rispetto ai dodici
mesi precedenti. Nel Paese la disoccupazione è del 25,2 per cento, secondo i dati dell’ultimo trimestre —
— e il 25,5 per cento della popolazione è ritenuto a rischio povertà.
Anche gli ultimi dati relativi al mese
di settembre hanno fatto registrare
un nuovo record negativo: circa
85.000 nuovi senza lavoro, pari a un
aumento dell’1,72 per cento rispetto
al mese di agosto.
Il rapporto dell’organizzazione caritativa della comunità cattolica iberica è stato presentato dal suo delegato nella commissione episcopale
per la Pastorale sociale, il vescovo di
Barbastro-Monzón, Alfonso Milián
Sorribas, che nella sostanza ha confermato le serie preoccupazioni
espresse già nelle scorse settimane
dalla commissione permanente del-
l’episcopato in un documento dedicato interamente alla crisi economica-finanziaria, in cui è stata indicata
nella solidarietà l’unica via di uscita
a una situazione tanto fosca.
«Quando agisce la Caritas è la stessa Chiesa che si pone al servizio del
Paese», ha detto il presule.
Il rapporto 2011 della Caritas iberica sottolinea ora come l’immensa
opera di soccorso e assistenza sia
stata possibile grazie al lavoro gratuito prestato da quasi 65.000 volontari (il 4 per cento in più rispetto
all’anno precedente) attraverso la rete delle oltre 6.000 Caritas parrocchiali, i cui interventi sono coordinati dalle 68 Caritas diocesane distribuite in tutto il Paese. Nel corso
dell’anno passato oltre al numero
dei volontari è anche considerevolmente aumentato l’impegno dei donatori. Infatti, la Caritas ha potuto
dstinare nei suoi programmi sociali
un totale di 250.697.475 euro, in aumento dell’1,28 per cento (3,16 milioni) rispetto al 2010. Di questi fondi
il 66,3 per cento (166,3 milioni) proviene da donazioni private (il 3,8
per cento in più rispetto all’anno
precedente). Per il resto sono stati
utilizzati interventi pubblici, che, al
contrario, sono diminuiti del 2,9 per
cento. L’opera assistenziale è stata
incentrata principalmente su pro-
Intervista del presidente della Caritas portoghese
Crisi e rischio
di tensioni sociali
grammi di attenzione primaria, in
cui sono stati investiti 42,5 milioni di
euro; programmi di occupazione e
inserimento lavorativo, con 42,5 milioni di investimenti. Per la casa e
gli alloggi sono stati investiti 2,6 milioni di euro. Ovviamente, viene sottolineato, l’opera della Caritas non
si è limitata all’assistenza prestata alla popolazione spagnola, ma è stata
rivolta anche alle necessità dei Paesi
più poveri. In questa luce, altre 4,5
milioni di persone sono state interessate dai progetti di cooperazione internazionale nei Paesi del cosiddetto
terzo mondo, nei quali sono stati investiti quasi 30 milioni di euro.
È comunque la crisi interna quella che assorbe maggiori energie e
che desta maggiore preoccupazione.
Del resto, gli stessi mezzi di comunicazione laici nel corso degli ultimi
mesi hanno ampiamente riconosciuto come solo l’opera della Caritas e
delle altre organizzazioni umanitarie
stia salvando la Spagna dall’esplosione sociale. Solo nella capitale la
Caritas nel corso del 2011 ha aiutato
115 mila persone. «Abbiamo raddoppiato i turni nelle nostre mense», ha
spiegato Javier Hernando, un’operatore di Caritas Madrid, «ma anche
così non ce la facciamo». Alle mense della Caritas arriva «ogni giorno
più gente del ceto medio, autonomi,
persone che pagavano il mutuo per
la casa. Gente normale, con vite
normali fino a ieri, che ora sono per
strada, o senza alcun reddito, senza
assegno di disoccupazione, gente
normale». La pesante situazione
economica del Paese, come accennato, è stata analizzata nelle scorse
settimane dai presuli della commissione permanente che hanno diffuso
un documento dal titolo “D avanti
alla crisi, la solidarietà”. Dando così
voce e speranza alle molte attese di
giustizia e di carità che giungono
non solo dalle fasce più deboli e dagli emarginati. In tal senso, la nota
ricorda i gesti concreti di carità
compiuti a partire dal 2008, come i
donativi straordinari alla Caritas
spagnola, la dichiarazione “D avanti
alla crisi morale ed economica”
dell’assemblea plenaria del novembre 2009, e l’attuale piano pastorale
che invita a una riflessione profonda
sui mutamenti sociali e intende stimolare «una carità effettiva con la
quale si passa dalle parole ai fatti».
BUENOS AIRES, 27. Nelle ultime settimane, gli argentini hanno iniziato
a riflettere e a portare i propri punti
di vista sulla proposta di riforma di
un nuovo Codice civile e commerciale. Si tratta di riforme legislative
tra le più rilevanti dell’ultimo decennio, che influenzeranno la cultura, la vita personale, sociale le relazioni quotidiane tra le persone, perciò, come ribadiscono i vescovi argentini, «non è una legge che deve
essere condizionata dagli interessi,
all’emergenza o dall’imposizione di
numero». In tal senso sostengono
l’iniziativa parlamentare di prorogare di 90 giorni il termine per la discussione della normativa. Ciò permetterà a tutti i soggetti sociali ed
ecclesiali di esprimere le proprie
opinioni in un dialogo sereno e costruttivo. «Se la società ritiene necessario rivedere il codice e includere le nuove realtà che stanno emergendo nel nostro tempo — sottolineano i presuli — è essenziale
l’ascolto attivo e l’analisi dei diversi
punti di vista che esistono».
La Commissione giustizia e pace
della Conferenza episcopale argentina, in una nota, ha formulato alcune osservazioni sulla proposta del
nuovo codice ricordando quanto i
vescovi hanno già segnalato nelle
udienze pubbliche sull’importanza
del riconoscimento della qualità di
persona dal momento del concepimento, sul rispetto dell’identità dei
bambini, sul rifiuto alla reificazione
(uso materiale e commerciale) della
donna attraverso l’affitto dell’utero,
sul rispetto dei diritti essenziali del
matrimonio e sulla semplificazione
delle procedure per le adozioni.
Il testo invita inoltre a una riflessione sulla prospettiva dei più poveri ed esclusi. In primo luogo, a proposito del capitolo sulla proprietà
della casa del nuovo Codice civile e
commerciale, esortano a non abbandonare la denominazione di bene di
famiglia — così come definito nella
Costituzione nazionale — nel senso
che casa e famiglia sono due realtà
che dovrebbero essere protette unitamente.
Sempre nell’ambito della proprietà, i vescovi criticano la forte difesa
di quella individuale nella sua accezione classica, che sebbene debba
essere difesa, mai deve prevalere sul
«destino universale dei beni», ossia
sulla funzione sociale della proprietà.
La nota della Commissione episcopale suggerisce poi la ripresa del
progetto iniziale nel capitolo dedicato al diritto all’acqua, poiché l’accesso all’acqua potabile è un diritto
fondamentale ancora negato a una
parte della popolazione. Ancora
chiede che vengano ascoltate le richieste dei popoli autoctoni che
hanno espresso, in forma unanime e
massiccia, la loro preoccupazione
per la mancata consultazione riguardo al riconoscimento della loro personalità giuridica — che dovrebbe
essere pubblica e non statale — e
una migliore regolamentazione del
diritto di proprietà indigena.
Infine, i vescovi, evidenziano che
la discussione della riforma del nuovo Codice civile e commerciale, è
«una grande opportunità per costruire insieme una nazione di fratelli. È necessario allora che le forze
vive della società offrano il loro
contributo al compito del legislatore: emanare leggi giuste, ragionevoli
e condivise, sulla base di valori universali e obiettivi».
Intanto, in questi giorni, un forte
messaggio è stato lanciato dall’arci-
L’episcopato dopo il varo della legge sull’aborto
In Uruguay un appello per la vita
LISBONA, 27. In Portogallo si teme
una radicalizzazione nelle reazioni
della popolazione verso l’austerità
e si lamenta il costante aumento
del carico fiscale in un Paese
«sempre più povero e stanco». È
quanto sottolinea — in un intervista all’agenzia Ecclesia — il presidente della Caritas portoghese Eugénio Fonseca, secondo il quale
per la difficile contingenza «le
persone soffrono e non sanno perché lo fanno».
Fonseca, nel sostenere che la situazione del Paese era grave già
prima della crisi che ha investito i
mercati internazionali, evidenzia
che la difficile situazione economica e finanziaria si connota come
un fenomeno complesso che deve
Lutto nell’episcopato
Monsignor
Felix
Eugenio
Mkhori, vescovo emerito di Lilongwe (Malawi), è morto nelle
prime ore di sabato 27 ottobre,
dopo una breve malattia.
Il compianto presule era nato
il 24 agosto 1931 a Ntenje, in arcidiocesi di Blantyre, ed era stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1961. Il 29 settembre 1977 era
stato eletto alla Chiesa titolare
di Sicca Veneria e nominato, allo stesso tempo, ausiliare di
Chikwawa. L’8 gennaio successivo aveva ricevuto l’ordinazione
episcopale. Il 12 febbraio 1979
era stato trasferito alla sede residenziale vescovile di Chikwawa
e il 23 gennaio 2001 a quella di
Lilongwe. Aveva rinunciato al
governo pastorale della diocesi
il 4 luglio 2007.
I funerali avranno luogo nella
cattedrale di Chikwawa alle 9.30
di mercoledì 31 ottobre.
essere analizzato sotto differenti
punti di vista, che vanno dalle difficili condizioni di vita della popolazione al rischio dell’aumento delle tensioni, dei contrasti, delle divisioni sociali; dalla precarietà giovanile (specialmente occupazionale) all’indebolimento dello stato
sociale; dalla mancanza di fiducia
dei mercati al possibile effetto di
contagio ad altre economie europee particolarmente esposte alla
crisi del debito pubblico.
Nei primi sei mesi del 2012 sono
stati persi oltre 100 mila posti di
lavoro, e nel secondo semestre
dell’anno se ne perderanno altri 40
mila. A causa di questo fenomeno,
combinato con la politica di austerità varata dal Governo anche nel
progetto di bilancio per il 2013 e
con la recessione economica generale, si calcola che nei primi sei
mesi di quest’anno ben 150 mila
portoghesi siano andati all’estero
per cercare lavoro, molti dei quali
sono lavoratori altamente qualificati. Anche molti immigrati residenti in Portogallo hanno deciso
di abbandonare il Paese per la
mancanza di prospettive lavorative
sicure nel breve e nel medio periodo. «Il mio timore — dice Fonseca — è che, una volta risanato il
debito, una una grande frangia
della società portoghese rimanga
totalmente destabilizzata». Ciò potrebbe determinare, purtroppo,
condizioni favorevoli per un conflitto sociale preoccupante. Il Presidente della Caritas rivela che, negli ultimi tre anni, «non ha cessato
di aumentare» il numero di persone che cercano l’aiuto della Chiesa
cattolica e ammette che «ciò avverrà, purtroppo anche in futuro per
via
delle
misure
annunciate
dall’esecutivo». In tal senso ventila
anche una proposta: la rinegoziazione del periodo del programma
di assistenza da parte dell’Ue, della Banca centrale europea e del
Fondo monetario internazionale.
MONTEVIDEO, 27. Nessuna scomunica automatica, bensì il forte richiamo, rivolto in particolare ai cattolici,
alla responsabilità di fronte a tematiche così delicate e fondamentali
come la difesa della vita umana.
L’episcopato uruguayano è tornato
sull’arroventato dibattito che da settimane anima l’intera società nazionale riguardo la legge — approvata
dal Parlamento lo scorso 17 ottobre
e ratificata cinque giorni dopo dal
presidente della Repubblica, José
Mujica — che, primo Paese sudamericano, ha depenalizzato la pratica
abortiva. «Nessun vescovo ha scomunicato alcun legislatore», ha affermato monsignor Heriberto Bodeant Fernández, vescovo di Melo e
segretario generale dell’episcopato.
È questo il passaggio principale di
un intervento, pubblicato sul sito in
rete della conferenza episcopale,
volto a fare chiarezza dopo il clamore suscitato dall’interpretazione
data dai mass media ad alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso
presule nelle ore immediatamente
successive all’approvazione del discusso testo legislativo che permette
l’aborto entro le prime dodici settimane di gestazione. In particolare,
si fa riferimento a un’intervista concessa al sito Subrayado, il cui titolo
erroneamente evidenziava senza appello che per la Chiesa sono da
considerarsi scomunicati tutti coloro
che hanno concorso all’approvazione della legislazione abortiva («Iglesia excomulgó a quienes votaron despenalizar el aborto»). «Queste non sono mie parole, ma una deduzione di
chi ha fatto il titolo dell’intervista»,
chiarisce il presule, il quale aggiunge che il tema della scomunica era
stato introdotto da una domanda
del giornalista. «Io mi sono limitato
a fare alcune osservazioni sulla scomunica in relazione alla pratica
dell’aborto». In particolare, sulla
scomunica latae sententiae, cioè automatica, prevista per chi direttamente
partecipa e determina un aborto «se
questo si verifica». Il presule sottolinea invece che nell’intervista in questione veniva detto «molto di più»,
e soprattutto in modo «positivo»
veniva rinnovato l’appello ad «apprezzare la vita e a dare un valore
speciale alla vita che comincia con
la gestazione nel ventre della madre». Quanto alla scomunica, torna
adesso a sottolineare il segretario
generale dell’episcopato, citando il
Codice di diritto canonico, essa non
si applica automaticamente al legislatore. «Per un cattolico votare
questa legge è qualcosa di grave,
che però resta una decisione assai
complessa nella quale possono rientrare diverse motivazioni incluso
quella di evitare un male maggiore,
cioè una legge ancora più permissiva». Non solo, il presule ribadisce
anche che ovviamente tutto quello
che riguarda la comunione con la
Chiesa cattolica riguarda «chi professa la fede cattolica e aderisce agli
insegnamenti della Chiesa». Al contrario, il richiamo dei vescovi è molto più ampio e riguarda la tutela
della vita debole e indifesa e guarda
alla promozione di un’autentica cultura della vita.
vescovo di Santa Fe de la Vera Cruz
e presidente della Conferenza episcopale argentina, monsignor José
María Arancedo, secondo il quale il
progetto di riforma integrale del codice, che apre la possibilità dell’«utero in affitto» (una pratica eticamente innaccettabile che priva il
bambino del diritto della conoscenza della propria identità), elimina
anche i doveri coniugali di fedeltà e
rispetto permettendo che ogni coppia stabilisca i termini economici nel
suo contratto matrimoniale.
La riforma del codice propone
una «una nuova struttura della società argentina nelle sue realtà essenziali» e i cambiamenti proposti
potrebbero implicare «alterazioni
molto gravi contro la costituzione
della famiglia e la dignità delle persone». Per il presule, tra le varie
proposte che destano preoccupazione, c’è un paragrafo del provvedimento in cui viene stabilito che si
definisca come inizio dell’esistenza
umana «il concepimento nel corpo
della donna o l’impianto in essa
dell’embrione formato mediante tecniche di riproduzione umana assistita». In questo modo, osserva, «si riconosce come persona umana dal
momento del concepimento quella
che è generata nel corpo della donna, ma non quella che inizia il suo
percorso di vita in una provetta.
Quest’ultima diventerebbe persona
solo a partire dal suo impianto nel
seno di chi la riceve».
L’arcivescovo ha sottolineato inoltre come il testo di riforma del codice civile e commerciale contenga anche altri aspetti criticabili, come
«l’eliminazione del dovere di fedeltà
nel matrimonio, che è un elemento
fondamentale; adesso non sarà un
dovere mantenere la fedeltà e ciò
non comporterà attribuzione di colpa in caso di adulterio. Inoltre si
banalizza il matrimonio, il divorzio,
che diventa quello che viene chiamato “divorzio express”. La pratica
durerà una settimana. Si crea la
figura delle unioni di convivenza
per le coppie non sposate. Significa
che sarà lo stesso sposarsi o non
sposarsi».
Il cardinale Amato apre il bicentenario della nascita della serva di Dio María Gay Tibau
Al servizio dei malati
Alleviare il dolore e portare la pace
a quanti soffrono, senza distinzioni
di classe sociale, vedendo in essi
l’immagine di Cristo. È questo il carisma della serva di Dio María Rosa
Teresa Gay Tibau (1813- 1884), fondatrice delle suore di San Giuseppe
di Girona. Per celebrare il bicentenario della sua nascita, sono state
promosse alcune iniziative che prendono il via, domenica 28 ottobre,
con la messa presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi, nella chiesa della clinica Pio XI
di Roma.
«Nell’anno della fede, appena
iniziato — afferma il porporato —
l’esempio della Madre può essere
un invito a vivere una fede forte,
coraggiosa, creativa, che non conosce ostacoli e che dirada le nubi dei
nostri dubbi». La fede, ha proseguito il cardinale, «oltre a farci crescere
spiritualmente, ci rende testimoni
della presenza di Dio ed evangelizzatori della sua parola di vita e di
verità». In questo bicentenario, ha
aggiunto, «sull’esempio, della Madre teniamo lo sguardo fisso su Gesù, “colui che dà origine alla nostra
fede e la porta a compimento” (Eb
12, 2)». Una fede incrollabile come
quella delle consorelle della serva di
Dio, «uccise in odium fidei durante
la nefasta guerra civile del 1936, vittime innocenti dell’odio anticristiano. Preferirono morire per Cristo,
piuttosto che rinnegarlo».
Il cardinale ha anche tratteggiato
a grandi linee le principali tappe
umani e spirituali della fondatrice e
ha sottolineato come la sorgente
della sua fede «era una intensa vita
di preghiera, fatta di devozione alla
Santissima Trinità, di adorazione
eucaristica, di pietà mariana, di devozione a san Giuseppe, di esatta
osservanza delle costituzioni dell’Istituto, di letture spirituali». Inoltre, la fiducia piena nella Provvidenza, «le dava pace e serenità, atteggiamenti che cercava di inculcare
nelle sue figlie spirituali».
In questo anno commemorativo,
in tutte le comunità della congregazione i collaboratori e quanti ruotano intorno alle sue realtà cercheranno di riscoprire la vita della serva di
Dio, di conoscere maggiormente le
sue opere e il suo messaggio carismatico «alleviare il dolore e seminare la pace». Inoltre, durante l’anno celebrativo, verranno organizzate
visite nei luoghi dove la Tibau è
vissuta, ha fondato la congregazione e ha svolto la sua missione. María Gay nacque a Llagostera in Spagna nel 1813, durante la guerra napoleonica. Alla morte dei genitori,
nel 1850 si trasferì a Girona nella
casa del dottor Amerio Ros, medico
della città, che conobbe nell’ospedale di Santa Caterina. Il 29 giugno
1870, insieme con la sua compagna
Carmen Esteve iniziò, in forma di
associazione, l’assistenza agli infermi nel nome di Cristo. Ebbe iniziò
così l’istituto delle suore di San
Giuseppe di Girona, dedito al servizio dei malati.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 28 ottobre 2012
Nella mattina di venerdì
Ventesima congregazione generale
lizzati. Per questo motivo la Chiesa
ha bisogno di «un costante rinnovamento al suo interno, un continuo
passare» (Il 13). Il problema è come
attuarlo. A questo proposito ci si attende molto dalle parrocchie e dalle
famiglie.
Un padre coreano mi ha raccontato il caso della conversione al buddismo di una giovane donna. Era figlia di genitori cattolici devoti e suo
fratello era un frate salesiano, che
adesso lavora per i giovani come psichiatra professionista. Si riteneva che
fosse cresciuta in una famiglia evangelizzata. Le è stato chiesto «cosa ti
ha fatto decidere di convertirti al
buddismo?» e lei ha risposto: «Come cattolica avevo sempre la sensazione che mi mancasse qualcosa. Un
giorno ero sull’autobus e ho sentito
alla radio il discorso di un monaco
buddista. Ho sentito che quello che
diceva poteva essere vero, così ho ordinato tutta la serie di nastri con le
sue lezioni». Purtroppo non era riuscita a trovare la «fontana del villaggio» che avrebbe estinto la sua sete
di appagamento spirituale.
Ritengo che la nuova evangelizzazione abbia bisogno di un amorevole
spirito comunitario, simile a quello
manifestato dal beato Papa Giovanni Paolo II verso un prete smarrito,
umiliatosi diventando un mendicante. Il Papa gli chiese di ascoltare la
sua confessione dicendo: «Chi è prete, lo è per sempre».
Venerdì mattina, 26 ottobre, si è svolta
la ventesima congregazione generale per
la presentazione e la votazione del messaggio del Sinodo dei vescovi al popolo
di Dio. Presidente delegato di turno è
stato il cardinale Tong Hon. Erano
presenti 258 padri. Sono intervenuti un
delegato fraterno e alcuni uditori e uditrici.
Bisogna evangelizzare
prima noi stessi
Sua Grazia IRINEJ [BULOVIĆ]
Vescovo di Bačka (Serbia)
Patriarcato Ortodosso Serbo
1. Per ogni generazione cristiana,
l’evangelizzazione del mondo è sempre una nuova evangelizzazione. Per
essere più precisi, non è essenzialmente un novum, ma ogni volta avviene nove, in modo nuovo, nel contesto del dialogo con ogni nuova
epoca, con un’inculturazione più o
meno rinnovata. Comunque, il DioUomo Gesù Cristo è uno e lo stesso,
ieri, oggi e nei secoli.
2. Il processo teandrico dell’evangelizzazione è unico e unitario, ma
molto sfaccettato e diversificato nelle
sue forme e nei suoi metodi. Ci rivolgiamo all’uomo spersonalizzato e
secolarizzato dell’Europa occidentale
e dell’America in una maniera molto
diversa da quella che usiamo nei
confronti dell’uomo altrettanto spersonalizzato e distrutto, sia pure in
altri modi, dell’Europa orientale e
dello spazio ex sovietico, mentre
portiamo la buona Notizia di Cristo
agli uni e agli altri secondo modalità
diverse da quelle usate dai nostri
predecessori appena pochi decenni
fa, in una società che era ancora
maggioritariamente o, almeno, formalmente cristiana.
Tuttavia, i modelli tradizionali
fondamentali e le vie dell’evangelizzazione sono tuttora necessari e utili,
anzi rimangono insostituibili. Certamente, oggi l’evangelizzazione non è
possibile senza ricorrere a tutti gli
strumenti tecnologici disponibili (radio, televisione, internet, e via dicendo), ma senza dimenticare che nulla
può sostituirsi alla parola viva e alla
testimonianza diretta della nostra fede, della nostra speranza e del nostro amore.
3. Lo scopo dell’evangelizzazione
non può essere un semplice incremento nel numero dei cristiani, e
men che mai la creazione di nuovi
cristiani scissi accanto a quelli già
esistenti, oppure addirittura di cristiani a metà (anche se è meglio di
niente). Invece, il suo scopo deve essere un’autentica crescita del Corpo
di Cristo in statura e in ampiezza,
assieme alla crescita spirituale dei
cristiani verso la maturazione come
personalità nei confronti della virtù
e della libertà autentiche, vale a dire,
verso uno stato dinamico di santità,
di deificazione, di cristificazione, ciò
che in pratica si identifica con una
crescita ecclesiale.
L’evangelizzazione si muove in
due direzioni parallele: ad intra e ad
extra. Comunque, la prima, che si rivolge ai cristiani, è condizione previa e requisito per il successo della
seconda, quella esterna, che si indirizza verso i futuri cristiani potenziali.
4. Al fine di evangelizzare i nostri
vicini, dobbiamo prima evangelizzare noi stessi, in sinergia con lo Spirito Santo, il Paraclito, che ci purifica
e ci salva. L’autorità della Chiesa discende dal sacrificio e dal servizio, e
non si basa sul potere e sulla sottomissione. I tempi del trionfalismo
per la Chiesa sono ormai superati,
ed è un bene: l’evangelizzazione
contemporanea è esclusivamente kenotica, umile, diaconale, vincolata
alla crocifissione-risurrezione.
I destinatari di una nuova evangelizzazione non sono soltanto le persone, ma anche i servizi ecclesiastici,
vale a dire le stesse istituzioni ecclesiastiche. Va superato l’antagonismo,
spiritualmente anomalo, tra il carisma e l’istituzione: per definizione,
l’istituzione ecclesiastica è carismatica. In tale contesto, la nuova evangelizzazione sarà una lieta notizia
anche per il monachesimo cristiano.
5. Ovunque e in ogni occasione in
cui ciò sia possibile, sono del parere
che dovremmo lavorare per l’evangelizzazione ad extra con uno sforzo
congiunto, e di reciproco appoggio.
Nella maggior parte dei casi è facile
farlo. Mentre presentiamo la nostra
testimonianza comune sulle verità
fondamentali della fede e della vita
di fronte ai nostri contemporanei,
non dobbiamo temere che insorgano
discussioni in merito a questioni
dogmatiche. Particolarmente importante è la testimonianza congiunta
riguardo a questioni decisive per
l’umanità odierna, compresi i problemi bioetici ed ecologici, come anche
le gestioni comuni di fronte alle autorità governative, nei media e con i
vari attori sulla scena secolare. In
Serbia abbiamo un’esperienza relativamente lunga e feconda di un’attività evangelica ecumenica dei cristiani.
Una
simile
relazione
esige
un’apertura sincera, una fiducia reciproca e, soprattutto, amore. Credo
che l’irradiazione spirituale del concilio Vaticano II, tra di voi, e lo spirito autentico e la tradizione viva
della Chiesa ortodossa, tra di noi,
hanno un effetto molto più forte
della grettezza settaria. «Colui che è
in voi è più grande di colui che è
nel mondo» (1 Gv 4, 4).
Al servizio dei poveri
Suor MARY PREMA PIERICK, M.C.
Superiora Generale
delle Missionarie della Carità
(India)
Madre Teresa è nota per il lavoro
che ha fatto a favore dei poveri.
Non tutti comprendono subito la finalità del nostro lavoro, che è di
«portare le anime a Dio e Dio alle
anime». Quando il ministro del lavoro sociale le chiese quale fosse la
differenza tra il suo lavoro e il proprio, lei rispose: «Voi lo fate per
qualcosa, noi per Qualcuno». Sin
dagli inizi della congregazione, Madre Teresa sapeva che il lavoro
avrebbe richiesto tante ferventi preghiere e tanta penitenza. Con fede
salda e in spirito di amorevole fiducia, totale abbandono e gioia, il suo
unico desiderio era di placare la sete
d’amore e di anime di Gesù. Contemplando Gesù sulla croce sapeva
— e ci ha insegnato — come vivere i
voti di povertà, di obbedienza e di
carità. La nostra vocazione non è il
lavoro, bensì appartenere a Gesù e,
come Gesù ha detto alla nostra Madre: «La vostra vocazione è di amare, soffrire e salvare anime».
In molti Paesi le suore portano
medicinali nei villaggi più remoti,
dove Gesù non è ancora conosciuto.
I malati più gravi vengono accolti
nelle nostre case, dove ricevono cure
soprattutto per la tubercolosi. Durante la loro permanenza presso di
noi partecipano alle preghiere delle
suore. Ascoltano la Parola di Dio,
sono presenti alla santa messa e
all’adorazione eucaristica. Apprendono dell’amore misericordioso di Dio
per loro e imparano a pregare il rosario. Le loro domande più profonde sulla vita ricevono risposta.
Quando ritornano al proprio villaggio estendono la loro esperienza di
Gesù alla propria famiglia e ai vicini.
A Calcutta giungono volontari di
molti Paesi per partecipare al servizio dei poveri nelle nostre case. Provengono da tutte le situazioni di vita
e hanno aspettative molto diverse.
Questi giovani vengono invitati a
partecipare alla santa messa alle sei
del mattino. Dopo il loro servizio,
dopo aver toccato Gesù nei poveri,
ritornano alla Casa madre per adorare Gesù nell’Eucaristia alle sei del
pomeriggio. Di solito è presente un
sacerdote per le confessioni. Ultimamente sta aumentando il numero di
volontari cinesi. Un giorno una giovane si è avvicinata alla Madre raggiante di gioia: «Ho trovato Gesù
nella casa dei morenti». Un ragazzo,
invece, ha raccontato così la sua
esperienza: «Sono venuto per cambiare Calcutta, ora vedo che Calcutta ha cambiato me».
La nostra Madre ha diffuso il regno del Cuore immacolato, donando
una medaglia miracolosa a tutti coloro che incontrava. Noi andiamo
sempre due a due, con il rosario in
mano, e Nostra Signora apre le por-
te e i cuori dei poveri affinché Gesù
possa entrarvi.
Vi chiedo di voler pregare per noi,
affinché possiamo rendere la Chiesa
pienamente presente attraverso il nostro amore per Gesù e per i poveri,
ovunque Gesù ci ha mandate.
Ringrazio Sua Santità e voi, cari
Vescovi, perché vi prendete amorevolmente cura dei bisogni spirituali
delle suore nelle vostre diocesi.
Le suore e i nostri poveri pregano
per voi e perché questo Sinodo sia
fecondo.
Per chi non trova
la «fontana del villaggio»
YONG SUK FRANCIS XAVIER OH
Segretario Generale del «Catholic
Lay Apostolate Council of Korea»
(Corea)
Vorrei iniziare il mio intervento richiamando l’attenzione su un’espressione che troviamo al punto 13
dell’Instrumentum laboris: «Da evangelizzata a evangelizzatrice», soprattutto sul «da evangelizzata». È evidente perché la nuova evangelizzazione richiede di essere evangelizzati
per poter evangelizzare. Guardiamo
alla Chiesa coreana, nota nel mondo
come Chiesa dinamica. Attualmente
quasi il 60 per cento dei cattolici coreani battezzati negli ultimi tre anni
si allontana dalla Chiesa. Solo il 30
per cento dei cattolici coreani partecipa alla messa tutte le domeniche e
quel che è peggio è che in un’arcidiocesi, questa percentuale è scesa
addirittura sotto il 20 per cento. È
come riempire un pozzo senza fondo. I problemi non riguardano soltanto i laici. Ultimamente alcuni sacerdoti e religiosi hanno abbandonato la Chiesa per aderire a una pseudo-religione non autorizzata e privata, basata su un’ermeneutica errata
del libro dell’Apocalisse. Ciò rientra
nel concetto del non essere evange-
I membri del XIII consiglio
della segreteria generale del Sinodo dei vescovi
La ventunesima congregazione generale si è svolta nel pomeriggio di venerdì 26 ottobre alla presenza del Papa.
Presidente delegato di turno il cardinale Tong Hon. Ai
249 padri in aula è stato presentato l’elenco finale delle
proposizioni, lette in latino dal relatore generale, il cardinale Wuerl, e dal segretario speciale, l’arcivescovo Carré.
Durante la congregazione il segretario generale, l’arcivescovo Eterović, ha comunicato i nominativi dei membri —
dodici eletti e tre nominati dal Pontefice — del XIII consiglio della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Ne
pubblichiamo qui di seguito l’elenco completo.
Cardinale Christoph SCHÖNBORN, O.P., Arcivescovo
di Wien, Presidente della Conferenza Episcopale (Austria)
Cardinale Wilfrid FOX NAPIER, O.F.M., Arcivescovo
di Durban (Sud Africa)
Cardinale Peter Kodwo APPIAH TURKSON, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace
Cardinale George PELL, Arcivescovo di Sydney
(Australia)
Cardinale Péter ERDŐ, Arcivescovo di EsztergomBudapest, Presidente della Conferenza Episcopale,
Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali
dell’Europa (C.C.E.E.) (Ungheria)
Cardinale Oswald GRACIAS, Arcivescovo di Bombay, Segretario Generale della Federation of Asian Bishops’ Conferences (F.A.B.C.) (India)
Cardinale Odilo Pedro SCHERER, Arcivescovo di
São Paulo (Brasile)
Cardinale Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo)
Cardinale Donald William WUERL, Arcivescovo di
Washington (Stati Uniti d’America)
Cardinale Timothy Michael D OLAN, Arcivescovo di
New York, Presidente della Conferenza Episcopale
(Stati Uniti d’America)
Sua Beatitudine Sviatoslav SCHEVCHUK, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, Capo del Sinodo della
Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (Ucraina)
Monsingor Bruno FORTE, Arcivescovo di ChietiVasto (Italia)
Monsignor Rino FISICHELLA, Arcivescovo titolare
di Voghenza, Presidente del Pontificio Consiglio per
la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Monsignor Luis Antonio G. TAGLE, Arcivescovo di
Manila (Filippine)
Monsignor Santiago Jaime SILVA RETAMALES, Vescovo titolare di Bela, Ausiliare di Valparaíso, Segretario Generale del Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam) (Colombia)
Un ponte tra la Grazia
e il popolo cubano
RITA MARÍA
PETRIRENA HERNÁNDEZ
Responsabile del Dipartimento
di Coordinamento Pastorale
della Conferenza Episcopale (Cuba)
Come molti Paesi dell’Europa
dell’Est, abbiamo subito per decenni
la promozione di una cultura marxista con le sue conseguenze; ci sono
stati momenti molto complessi e difficili per la Chiesa, ma essa non ha
rinunciato alla sua fedeltà a Cristo e
al popolo. Abbiamo vissuto anni di
silenzio, è stato un silenzio oblativo,
è stato un silenzio fecondo. Volevamo ascoltare meglio Dio che parlava al cuore della comunità cristiana per porsi al centro di questa nuova realtà.
Desidererei dirvi, a partire dalla
nostra esperienza, che, quando la
sua missione si fa difficile, la Chiesa
diventa creativa, la Chiesa è capace
di trovare nuove vie. La Chiesa diventa umile, perché sa di essere fragile, povera e piccola. Tuttavia, come direbbe l’apostolo san Paolo,
quando sono debole, è allora che sono forte, ed è allora che la Chiesa
meglio rivela il volto del Maestro.
Ormai da anni, attraverso i suoi
programmi pastorali, la Chiesa di
Cuba insiste sul fatto di essere una
Chiesa orante, missionaria e incarnata e, per questo, ha dovuto essere
necessariamente la Chiesa dell’apertura, la Chiesa del dialogo, la Chiesa
della partecipazione, la Chiesa del
perdono, la Chiesa della diaconia.
A Cuba uno dei volti della nuova
evangelizzazione è stato il triennio
in preparazione dell’Anno giubilare
che stiamo celebrando per i 400 anni dal ritrovamento dell’immagine
della patrona di Cuba; quando milioni di cubani sono scesi in strada
per incontrarsi con la Vergine pellegrina che ha percorso tutta l’isola,
questa piccola comunità cristiana,
che non arriva al 2 per cento della
popolazione, ha rappresentato un
ponte fra la Grazia e il popolo.
In comunione con la Chiesa pellegrina in America latina e nei Caraibi, secondo l’invito del Documento
di Aparecida, vogliamo essere discepoli e missionari per un eccesso di
gratitudine. Chiamati a comunicare
ai nostri popoli la vita in Gesù
Cristo.
Profetismo
della vita consacrata
Padre EMMANUEL TYPAMM, C.M.
Segretario Generale
della «Confédération des
Conférences des Supérieurs Majeurs
d’Afrique
et de Madagascar» - Cosmam
(Camerun)
Per trasmettere oggi Cristo al
mondo, le persone consacrate devono fare una rilettura della loro vita.
È vero che già trasmettiamo, più o
meno fedelmente, Cristo e il suo
Vangelo, ma le nuove povertà del
nostro mondo globalizzato ci obbligano ad adottare nuove linee di condotta per trasmettere Cristo.
L’esperienza che viviamo alla Cosmam, nel continente africano, ci
porta a dire che, oggi, per comunicare con gioia la fede cristiana e costruire una civiltà dell’amore, è necessario che noi, persone consacrate,
riscopriamo alcuni elementi fondamentali della nostra consacrazione.
Desidero enumerarne sette.
La centralità di Cristo nella nostra
vita di consacrati.
La vita fraterna in comunità.
Una spiritualità inculturata.
Il profetismo della vita consacrata
attraverso l’opzione preferenziale per
i poveri. Come dicono alcuni fondatori dei nostri istituti, i poveri sono
nostri Maestri e Signori. Non dovremmo smettere d’avere paura? E
spalancare le porte dei nostri cuori
allo Spirito di Pentecoste e donare la
nostra vita ai poveri di oggi per preservare la pace nel mondo? «Non si
svuota mai la pentola la sera», questo proverbio africano ci indica la
condotta da tenere, quella di organizzarci in modo da avere sempre
qualcosa di riserva per donarla ai
poveri. Non sarebbe una testimonianza contro l’evangelizzazione il
non aver nulla da dare a un povero
che ha veramente bisogno e che ci
tende la mano?
La collaborazione tra le persone
consacrate.
L’unità nella diversità e non
nell’uniformità.
La collaborazione con i laici.
Se la famiglia rimane un luogo
privilegiato per l’annuncio del Vangelo, è tempo di prepararci, consacrati e laici, a metterci a servizio degli uni e degli altri, ciascuno con i
propri talenti; questo aiuterà noi
consacrati a non cadere nella tentazione di crederci superiori ad altri
nella Chiesa di Cristo che è Chiesafamiglia.
Quell’attitudine delle donne
alla reciprocità
Suor YVONNE REUNGOAT, F.M.A.
Superiora Generale
delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Salesiane di Don Bosco (Francia)
Come vita religiosa femminile riusciamo a testimoniare il fascino della
nostra vocazione quando ci lasciamo
evangelizzare da Dio esprimendo così una vita consacrata bella, realizzata, felice, capace di incontro e di
condivisione. Per recuperare uno stile autenticamente profetico dobbiamo radicarlo nella mistica, così da
dare ragione della speranza che è in
noi. Non solo dobbiamo essere credenti, ma credibili. L’essere amate
da Dio si esprime nella comunione
fraterna: una dimensione che il mondo di oggi comprende più immediatamente perché ha fame e sete di relazioni semplici e vere, riflesso del
rapporto con Dio. Le nostre comunità possono diventare laboratorio di
una cittadinanza evangelica universale in un mondo interculturale, interreligioso, complesso e globalizzato. Come donne, credo che potremmo sviluppare maggiormente l’attitudine alla reciprocità, umanizzando la
vita e qualificando le relazioni.
L’evangelizzazione è tale se entra
con umiltà e amore nelle pieghe
dell’umano e cerca di abitarlo nella
quotidianità suscitando il desiderio
di Dio e aprendo così la porta della
fede. L’evangelizzazione ha bisogno
di canali di trasmissione, di una mediazione culturale ed educativa capace di entrare negli scenari del mondo contemporaneo per incontrare i
giovani e i più poveri e offrire loro
proposte di crescita umana e cristiana. Come consacrate salesiane evangelizziamo educando, diventando
così missionarie dell’amore, specialmente nei confronti dei giovani e dei
più poveri. Nella nostra missione
sentiamo il sostegno di Maria, Madre e Maestra.
La famiglia icona
della comunione di Dio
CARL ALBERT ANDERSON
Cavaliere Supremo dell’O rdine
dei Cavalieri di Colombo
(Stati Uniti d’America)
La famiglia cristiana è essenzialmente missionaria. Tuttavia, la sua
missione — che scaturisce dalla sua
natura — è molto più grande di
qualsiasi attività di evangelizzazione
esterna o di riforma politica e sociale
nelle quali si impegnano le famiglie
cristiane. Queste attività possono dare frutto solo se nascono dalla missione essenziale, che pone la famiglia fondata sul matrimonio sacramentale al centro della missione stesCONTINUA A PAGINA 7
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 28 ottobre 2012
pagina 7
Durante la ventesima congregazione generale
Interventi di uditori e uditrici
CONTINUAZIONE DALLA PAGINA 6
sa della Chiesa. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, «la famiglia riceve la missione di custodire,
rivelare e comunicare l’amore»,
quell’amore che è un riflesso della
comunione trinitaria e partecipa
«dell’amore di Dio per l’umanità»
(Familiaris consortio, n. 17).
Nella missione evangelizzatrice
della Chiesa, solo l’amore è «efficace», l’amore del Signore crocifisso e
risorto. Gli sposi cristiani ricevono
questo amore prima come dono e
compito divino. Nessuna influenza e
potere terreni possono sostituirlo.
Come osserva l’Instrumentum laboris,
questo amore, che la famiglia deve
vivere e comunicare, è la forza motrice dell’evangelizzazione. È il motivo per cui la proclamazione del Vangelo «impregna e trasforma tutto
l’ordine temporale, assumendo e rinnovando le culture» (n. 92). Solo
questo amore, se vissuto in maniera
autentica nelle famiglie, può essere
alla base di un rinnovamento di
quella cultura autenticamente umana
che il beato Giovanni Paolo II ha
definito «civiltà dell’amore».
Possano i nostri pastori diventare
sempre più consapevoli della pressante necessità di una nuova evangelizzazione della famiglia cristiana,
per aiutarla nella sua missione di
«diventare ciò che è» (cfr. Familiaris
consortio, n. 17): un’icona della comunione di Dio! È questo l’unico modo perché la famiglia possa essere
un luogo di guarigione e di umanità
per gli uomini e per le donne del
nostro tempo. Soprattutto, le famiglie hanno bisogno di aiuto per
giungere alla consapevolezza di ciò
che sono: una «comunità salvata e
salvante» (cfr. Familiaris consortio, n.
49), una realtà sacramentale al centro della missione evangelizzatrice
della Chiesa.
Molti Padri sinodali hanno affidato i nostri sforzi all’intercessione della Beata Vergine Maria, Stella della
nuova evangelizzazione. Nell’emisfero occidentale, il beato Giovanni
Paolo II nella sua esortazione apostolica Ecclesia in America ha affidato
i nostri sforzi a Nostra Signora di
Guadalupe con il titolo di Stella della Nuova Evangelizzazione.
Cinque secoli fa, Maria apparve
nel nostro emisfero mentre era in
corso un grande scontro di civiltà.
Le popolazioni indigene videro in
lei un riflesso autentico di sé stesse,
e allo stesso tempo un’espressione
perfetta di una nuova inculturazione
della fede cristiana. Il suo messaggio
di riconciliazione, unità e amore ha
dato vita alla grande evangelizzazione di un intero emisfero. Oggi per
molti versi ci troviamo di fronte a un
grande scontro di civiltà, reso ancora
più preoccupante da un processo di
globalizzazione sempre più rapido.
Che noi, come il beato Giovanni
Paolo II, possiamo vedere oggi in
Nostra Signora di Guadalupe un
cammino sicuro per la nuova evangelizzazione!
Infine, in tutti i continenti osserviamo grandi minacce contro la libertà della Chiesa. Sia che queste
minacce nascano da un fondamentalismo religioso militante, sia che nascano da un ateismo militante, la
globalizzazione di tali minacce e la
complicità di molti Governi ci chiama a una nuova solidarietà nella
difesa della libertà religiosa come
condizione per la nuova evangelizzazione.
Un piano «Marshall»
a favore della maternità
JOSÉ MARÍA SIMÓN CASTELLVÍ
Presidente della Federazione
Internazionale delle Associazioni
Mediche Cattoliche - F.i.a.m.c.
(Spagna)
Molti medici cattolici credono che
sia estremamente importante per il
futuro della Chiesa e dell’umanità
dare un impulso reale agli insegnamenti dell’enciclica Humanae vitae
di Paolo VI. Chi rispetta la Humanae
vitae cerca di essere fedele al proprio
sposo o alla propria sposa, non uccide i propri figli con l’aborto, non si
riproduce in modo artificiale, ma
procrea e vede nei figli un dono
squisito del Cielo.
Se è necessario, per gravi motivi,
userà i moderni metodi naturali di
regolazione della fertilità e mai un
anticoncezionale.
La trasmissione della vita umana è
uno dei punti di contatto più intimi
fra Dio e l’Uomo. Entrambi realizzano un’Opera che sarà eterna. I figli sono per sempre! È per questo
che è necessario che le scuole, le
università, i seminari e gli altri stru-
menti di apostolato della Chiesa incoraggino questa sana dottrina senza
nasconderla né maltrattarla, senza
vigliaccherie e con perseveranza.
Sono anni che noi medici cattolici
osserviamo una radicale diminuzione
del numero di specialisti in ostetricia
che seguono gli insegnamenti della
Chiesa. Pensiamo che da questo Sinodo dovrebbe nascere una spinta
per un piano «Marshall» a favore
della maternità. Nei Paesi poveri le
madri muoiono per mancanza di assistenza ostetrica di base e, nei Paesi
ricchi, le madri subiscono condizionamenti, perché abbiano il minor
numero di figli possibile.
La Chiesa cattolica può, e ritengo
umilmente che debba, superare l’investimento multimilionario della
Fondazione Bill Gates con una opzione preferenziale alle madri, opzione né esclusiva né escludente, ma
certamente preferenziale nei confronti loro e dei loro figli.
L’adorazione eucaristica
cuore di ogni parrocchia
Reverendo PIERGIORGIO PERINI
Presidente dell’O rganismo
Internazionale di Servizio
per le Cellule Parrocchiali
di Evangelizzazione (Italia)
Le Cellule parrocchiali di evangelizzazione (Cpe) propongono la visione di una Chiesa in crescita, poiché utilizzano una metodologia di
evangelizzazione e una strategia pastorale tese a riscoprire l’istanza missionaria capace di trasformare la parrocchia in una comunità ardente di
fede e proiettata all’evangelizzazione
dei lontani, nella consapevolezza che
evangelizzare è «la vocazione propria della Chiesa» (cfr. Evangelii nunutiandi 14). Una consapevolezza da
trasmettere ai fedeli laici chiamati a
rinnovare la loro appartenenza alla
parrocchia, tessuto ecclesiale in cui
s’innestano le Cpe.
Caratterizzano questa esperienza:
l’evangelizzazione attraverso l’Oikos
(cioè l’ambiente di vita), sottolineando il carattere interpersonale e relazionale della testimonianza di fede e
consentendo di sviluppare un autentico spirito di fraternità e amicizia; le
dinamiche ecclesiali della cellula come luogo di formazione dei discepoli: in un contesto nuovo e in modo
vivace, le Cpe rinnovano la realtà
della Chiesa del Nuovo Testamento
impegnata nella evangelizzazione e
nella formazione dei discepoli: la
crescita dei leader in una prospettiva
di moltiplicazione: il leader incarna
in sé la visione della cellula in crescita, chiamata a moltiplicarsi; l’educazione di tutta la comunità parrocchiale all’adorazione eucaristica, cuore pulsante di ogni parrocchia tesa
all’evangelizzazione.
Se i giovani cercano felicità
nelle vie di morte
CHIARA AMIRANTE
Fondatrice e Presidente
della Comunità Nuovi Orizzonti
(Italia)
Ho iniziato a recarmi di notte in
strada nelle zone più pericolose di
Roma nel 1991, spinta da un semplice desiderio: condividere la gioia
dell’incontro con Cristo Risorto proprio con quei fratelli più disperati.
Ascoltando il grido del popolo
della notte ho presto scoperto che il
vero male che accomunava i tanti
fratelli disperati che incontravo in
strada non era tanto la droga, la
prostituzione, l’alcool, la depressione, la solitudine... ma la «morte
dell’anima» (il salario del peccato è
la morte Rm 6, 23). E così si è impressa con prepotenza una certezza:
solo l’incontro con Cristo Risorto,
avrebbe potuto ridonare la vita a
quei tanti fratelli «nella morte» che
ogni notte incontravo in strada. Sono così partita dall’aprire nel 1994,
una semplice comunità di accoglienza per giovani di strada basata sul
Vangelo, e da allora migliaia di giovani, dopo aver scoperto l’amore di
Dio e dopo un percorso di guarigione del cuore e di formazione umana
e all’evangelizzazione, sono diventati
testimoni dell’amore di Dio tra i loro
coetanei e si sono impegnati sistematicamente in iniziative di evangelizzazione.
In sei anni più di 250.000 persone
hanno voluto impegnarsi nella nuova evangelizzazione per portare la rivoluzione dell’Amore nel mondo. Si
sono inoltre moltiplicati i Centri e le
iniziative di evangelizzazione: 174 tra
centri di accoglienza, di formazione
all’evangelizzazione, famiglie aperte
all’accoglienza; 152 equipe di servizio
impegnate in: comunicazione e mass
media, animazione e spettacolo, formazione ed editoria, cooperazione
internazionale e servizi sociali. Questo ci dà modo di incontrare una
media di due milioni di persone
all’anno con diverse iniziative di
evangelizzazione e di renderci conto
che, oggi, l’80 per cento dei giovani
che incontriamo (anche nelle scuole
dei quartieri “in”) vivono situazioni
di grave disagio.
I giovani cercano la felicità nelle
vie di «morte» che i profeti di menzogna propongono con insistenza:
successo, potere, denaro, piacere. È
davvero fondamentale un rinnovato
impegno nel primo annuncio,
nell’utilizzazione dei media, nel testimoniare con la vita che Gesù è la
via per la pienezza della gioia, della
pace, della vita. Che questo Sinodo
possa contribuire a incidere nel cuore di ogni cristiano le parole di san
Paolo: «Annunciare il Vangelo non è
per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone. Guai a me
se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor
9, 16).
Conquistare, edificare
e inviare
CURTIS A. MARTIN
Fondatore e Presidente
del «Fellowship of Catholic
University Students» - Focus
(Stati Uniti d’America)
Ritengo sia utile considerare la
nuova evangelizzazione come uno
strumento per realizzare il tema cen-
Immersi
nella cultura della fragilità
ERNESTINE SIKUJUA KINYABUUMA
Docente all’Istituto Universitario
Maria Malkia di Lubumbashi
Membro del Movimento
dei Focolari (Repubblica
Democratica del Congo)
Come insegnante, sempre a contatto con gli studenti, mi rendo conto che i giovani, nonostante vivano
immersi nella cultura della «facilità», sono alla ricerca di un grande
ideale e di una vita radicale basata
sul Vangelo. Uno di loro afferma, riferendosi alle parole di Chiara Lubich: «Va’, non parlare ma vivi!», citando, senza saperlo, le parole di
Paolo VI. Nel nostro intervento, presentiamo alcune delle loro esperienze che testimoniano la vita basata
sulla Parola di Dio vissuta quotidianamente. Parleremo anche di quanti
non rimangono indifferenti entrando
in contatto con i valori cristiani.
In mezzo ai cambiamenti dovuti
alla globalizzazione, l’Africa attraversa una crisi su tutti i piani, politico, economico e culturale. Per questo, alla ricerca di una via d’uscita,
le persone reagiscono ovunque.
Parleremo anche di come la mano
di Dio intervenga nelle nostre piccole imprese dove la nostra vita sembra essere in pericolo; abbiamo il coraggio che ci dà la fede nelle parole
di Gesù che afferma in Mt 25, 35 che
tutto ciò che faremo ai più piccoli
nelle nostre città, l’avremo fatto a
Lui.
che preferisco. Il paradigma dello
stile di vita cristiano che emerge dal
capitolo 15 (la vite e i tralci) è caratterizzato dalla contemplazione (permanere nell’amore di Dio), dalla comunione (amarsi gli uni gli altri) e
dall’impegno (dare frutto).
La contemplazione è il modo in
cui rimaniamo nell’amore di Dio attraverso la comunicazione costante e
la profonda comunione con Dio, il
nostro incontro e la nostra relazione
personale con Dio/Gesù. Questa
contemplazione ci porta a una relazione duratura gli uni con gli altri.
La comunione riguarda la nostra
missione ad intra: al capitolo 13,
Giovanni presenta «l’amore gli uni
per gli altri» come segno d’identità
cristiana nel mondo, e il Gesù giovanneo prega per l’unità dei cristiani, «perché siano una cosa sola»
(17). La Chiesa diventa quindi una
dimora di Dio nel mondo secolarizzato, caratterizzato da relazioni infrante.
L’impegno riguarda la nostra missione ad extra. La missione consiste
nel rivelare l’amore generoso, misericordioso e immenso di Dio nel mondo attuale attraverso la nostra partecipazione alla missione di Dio a favore dei poveri, dei bisognosi e dei
sofferenti. La nuova evangelizzazione inizia quando c’è una maggiore
integrazione dei tre aspetti fondamentali del nostro stile di vita cristiano — contemplazione, comunione
e impegno — ovvero quando permettiamo alla Parola di Dio di essere
padrona della nostra vita!
Una via da percorrere
per cambiare la vita
GISÈLE MUCHATI
Responsabile regionale
del Movimento «Famiglie Nuove»
(Siria)
trale del Vaticano II, vale a dire
l’universale chiamata alla santità.
I laici cattolici devono riconoscere
la propria corresponsabilità a evangelizzare.
Nel mio lavoro con gli studenti
universitari ci siamo serviti di un
semplice processo in tre stadi per
formare i discepoli: conquistare, edificare, inviare.
Conquistare — Noi, che abbiamo
incontrato Gesù, usciamo e amiamo
gli altri, perché Gesù ci ha amati per
primo. Quando facciamo amicizia
con loro, li presentiamo al nostro
amico più grande, Gesù.
Edificare — Una volta che hanno
incontrato Gesù, li prepariamo nella
conoscenza e nella pratica della fede. C’è una crisi di fede e molti cattolici non hanno abbracciato il magistero della Chiesa, non sanno che
Gesù è veramente presente nell’Eucaristia, né conoscono l’infallibilità
della Sacra scrittura. Non hanno accettato insegnamenti difficili, come
quello della Humanae vitae; senza la
pienezza della fede cattolica, l’autentico rinnovamento è impossibile.
Dobbiamo essere trasformati.
Inviare — Quando questi giovani
discepoli crescono nella loro pratica
della fede, vengono inviati, seguiti
dalla nostra attenzione continua, a
iniziare nuovamente questo processo. La santità impegna per tutta la
vita, ma l’opera di evangelizzazione
può iniziare subito dopo un incontro autentico con Gesù; si pensi alla
samaritana accanto al pozzo.
Ecco alcuni vantaggi del discepolato: lo possono fare tutti, è universale; si fonda sull’amicizia; quindi
quanti vi partecipano sono conosciuti, amati e assistiti; gli evangelizzati
riconoscono le proprie vocazioni; il
potere esponenziale di questo modello biblico è ineguagliabile nella
sua capacità di raggiungere il mondo. Gesù ci ha detto: «In questo è
glorificato il Padre mio: che portiate
molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv 15, 8).
Siamo così riusciti a ristabilire tre
blocchi di dormitori nella prigione
centrale di Lubumbashi con l’aiuto
di una Ong internazionale; grazie
all’intesa e al clima di collaborazione
con il personale penitenziario, abbiamo creato un laboratorio di sartoria
in modo che i prigionieri possano
imparare un mestiere; abbiamo infine creato un negozietto per combattere l’aumento dei prezzi dei prodotti di prima necessità.
La difficoltà
di rinunciare a se stessi
Suor REKHA (MARY JOSEPH)
CHENNATTU, R.A.
Professore di Nuovo Testamento
presso il Pontificio Istituto
di Filosofia e Religione in Pune
(India)
Vorrei iniziare questo mio intervento raccontando uno dei momenti
più intensi di evangelizzazione nella
mia vita personale. È avvenuto
vent’anni fa, quando sono stata
mandata a studiare la Bibbia al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Mio
nonno, che aveva 92 anni, mi disse:
«Quando studierai la Bibbia a Roma, non dovrà essere un esercizio intellettuale, bensì un’esperienza spirituale di risveglio/edificazione. Ricorda sempre che studiare la Bibbia
non significa diventare padrone della
Parola di Dio, ma consentire alla
Parola di essere padrona della tua
vita».
Per me è stato più facile insegnare
matematica e fisica; insegnare il
Nuovo Testamento è invece un compito difficile e mi sfida costantemente a entrare in un processo di kenosis,
ovvero di rinuncia a sé, di sacrificio
e di sofferenza per amore dei valori
del Vangelo. Il mio ministero di insegnamento è diventato un modo di
partecipare al Mistero Pasquale di
Cristo nella mia vita quotidiana.
Quando penso alla nuova evangelizzazione, non posso fare a meno di
guardare al Vangelo di Giovanni,
che è il libro del Nuovo Testamento
Quando mi sono sposata tredici
anni fa ero cosciente che lo facevo
per fare la Volontà di Dio e che
avrei quindi fatto di tutto con mio
marito per cercare di realizzare il
Suo disegno d’amore su di noi e sulla nostra famiglia.
Sono stata molto aiutata in questo
cammino dalla formazione cristiana
ricevuta in parrocchia e dalla spiritualità di comunione del Movimento
dei focolari, che mi sprona a ritornare costantemente al Vangelo come
via da percorrere per cambiare il mio
modo di pensare, agire e volere e
per cercare di acquisire quello di
Gesù, e a vivere per portare l’amore
di Dio nel mondo. Con la mia famiglia cerchiamo di mettere in pratica
la carità trasmettendo la fede cristiana in quello che ha di più vitale: il
rapporto personale con Dio, con
Gesù, che scaturisce in modo sempre
nuovo dalla preghiera fatta singolarmente e in famiglia e dall’amore al
prossimo.
Condividiamo questo cammino
con molte altre famiglie (le Famiglie
Nuove) in Siria che sono impegnate
singolarmente e insieme a vivere il
Vangelo e poi ad annunziarlo nei
contatti personali ma anche in piccoli incontri, attente alle sfide educative, economiche e culturali che attraversa la famiglia cristiana in Siria.
Grazie all’impegno delle Famiglie
Nuove, è operante in Siria dal 2005
il progetto per le adozioni a distanza
locali, che aiuta mensilmente diversi
bambini, e una scuola per bambini
sordomuti, cristiani e musulmani,
nata dal lavoro generoso di una
coppia.
Nell’attuale tragedia che il Paese
sta vivendo, le Famiglie Nuove si
aprono con tanti altri alle necessità
dei rifugiati, cercando di mantenere
viva a tutti i costi la fede in Dio cui
nulla è impossibile. Ad Aleppo dal
mese di agosto esse si sono organizzate per quartieri in piccoli gruppi
spontanei per recitare il Rosario, cosicché la voce della preghiera si alzi
frequente pur nel rumore degli spari
e delle bombe. L’unità sperimentata
fortifica e dà pace anche nei pericoli,
la fede nell’amore di Dio è più forte,
la speranza è viva.
Adesione radicale
alla fede
CHANTAL LE RICQUE
laica dell’Arcidiocesi di Parigi
(Francia)
Il n. 78 dell’Instrumentum laboris
invita a verificare la nostra vita di fede per essere strumento dell’annuncio del Vangelo mediante, tra l’altro:
«La capacità di vivere forme di adesione radicale e genuina alla fede
cristiana, che sanno testimoniare già
con il loro semplice esserci la forza
trasformatrice di Dio nella nostra
storia».
Sono felice di leggere questa frase
nell’Instrumentum laboris, poiché
questa adesione radicale alla fede
cristiana è ciò che vuole vivere ogni
ausiliaria dell’Apostolato. Il suo è
un posto speciale nella diocesi, poiché esiste soltanto grazie alla chiamata del vescovo al servizio del Regno di Dio.
Questa vocazione apostolica è nata dietro iniziativa del cardinale
Mercier che, negli anni Venti, pensò
di far partecipare i laici alla sua carità apostolica, chiamandoli a dedicare
la loro vita a Dio e a essere così
strumenti
della
comunicazione
dell’amore di Dio nei diversi ambienti.
Impegnata nella vita apostolica
della Chiesa diocesana, l’ausiliaria
dell’Apostolato partecipa, per quel
che le compete, alla missione del vescovo, sia che egli desideri che rimanga nella situazione in cui si trova, sia che le chieda di rispondere
ad altre necessità.
Nella sua presenza nelle realtà
umane e nella condivisione delle
condizioni di vita degli esseri umani,
l’ausiliaria vede, lungo tutta la sua
vita, un modo di lavorare per «ricapitolare tutte le cose in Cristo».
In relazione a questa presenza nelle realtà umane, mi auguro che il Sinodo incoraggi i laici a conoscere la
dottrina sociale della Chiesa, ad assumersi responsabilità, a qualunque
livello, nell’ambito dei loro differenti
compiti, per essere così testimoni
dell’amore di Cristo. Penso che così
il ruolo dei laici nell’evangelizzazione risulterebbe più evidente.
Quel codice non scritto
della vita familiare
PATRICIA NGOZI
NWACHUKWU, L.S.M.
Nobile Presidente delle Dame
di San Mulumba (Nigeria)
La famiglia è tenuta in grande stima, nel continente africano, soprattutto in Nigeria. È la prima scuola
organizzata per la nuova evangelizzazione. Il sacramento del matrimonio richiede amore incondizionato,
capacità di svolgere ruoli complementari, di perdonare e di condividere. Queste qualità sono racchiuse
nel codice non scritto della vita familiare. In questo contesto armonioso le famiglie pregano insieme mentre i figli del matrimonio godono
dell’amorevole condivisione con i genitori.
La famiglia è, per tanto, il luogo
ideale per impartire gli insegnamenti
catechetici e sociali della Chiesa.
Tuttavia, all’interno della struttura
famigliare, è più spesso la madre che
assume il ruolo indiscusso di catechista. La funzione più importante
della donna nigeriana è quella che la
vede sempre presente con i figli, seguendone la crescita fino alla maggiore età.
Le donne in Nigeria rivestono un
ruolo incontrovertibile nella missione
della Chiesa per i poveri e i bisognosi, un ruolo che ritengo un canale efficace per la trasmissione della
Fede. Le statistiche dimostrano che
il 60 per cento dei fedeli delle Chiese nigeriane è costituito da donne. E
queste donne, in collaborazione con
le numerose religiose della Nigeria,
sono motivate a perseguire gli obiettivi dell’evangelizzazione e a questo
scopo hanno formato vari gruppi
che si occupano dei diversi bisogni e
interessi della missione della Chiesa.
Uno di questi gruppi, di cui io sono
presidentessa, si chiama le Dame dei
Cavalieri di San Mulumba; esso si
trova in 50 diocesi della Nigeria e si
dedica all’apostolato in vari modi.
Eccone alcuni: sostiene i poveri, i
meno privilegiati e i senza tetto; si
occupa di fornire servizi sanitari nei
villaggi sperduti del Paese; accoglie
in ostelli i giovani che emigrano nelle aree urbane e che non hanno alternative; organizza laboratori per
instillare consapevolezza nei giovani
disoccupati, aiutandoli ad avere fiducia in sé stessi; accoglie le ragazze
vittime del traffico di esseri umani,
le assiste e ridona loro fiducia in sé
stesse.
Tali attività sono realizzate nel
dialogo impegnato e consapevole soprattutto con i mussulmani anche in
circostanze piuttosto difficili. Le Dame di San Mulumba hanno fino a
oggi distribuito oltre 10.000 copie
del Catechismo della Chiesa Cattolica,
considerando tale testo strumento di
trasmissione della fede della Chiesa
e contributo all’opera di evangelizzazione.
CONTINUA A PAGINA 8
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
Sabato mattina la ventiduesima e ultima congregazione generale
A proposito della Fraternità sacerdotale di San Pio
La conclusione del Sinodo
sulla nuova evangelizzazione
Benedetto XVI ha scelto l’aula sinodale per comunicare la decisione di
affidare la competenza sui seminari
alla Congregazione per il Clero e la
catechesi al Pontificio Consiglio per
la Promozione della Nuova Evangelizzazione. L’applauso dei 252 padri
sinodali presenti sabato mattina 27
ottobre alla ventiduesima e ultima
congregazione generale ha accolto
l’annuncio del Papa. Presidente di
turno era il cardinale Francisco Robles Ortega. Il Pontefice ha spiegato che la sua decisione è maturata
nel contesto della nuova evangelizzazione e che i nuovi ambiti e le
nuove facoltà per i dicasteri interessati saranno definiti con documenti
in forma di lettera apostolica motu
proprio.
Dopo aver letto la comunicazione
sui seminari e sulla catechesi, il Papa — parlando a braccio — ha voluto ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno dato vita a questa
esperienza sinodale. E, innanzitutto,
ha espresso i suoi auguri ai nuovi
cardinali. Anche il concistoro del 24
novembre, ha reso noto, nasce nel
contesto della nuova evangelizzazione per mostrare l’universalità
della Chiesa.
In precedenza, a nome dei padri
sinodali il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, uno dei tre presidenti delegati, aveva ringraziato il
Pontefice «per averci coinvolti nella
sua preoccupazione per l’evangelizzazione del mondo».
Il primo grazie, ha proseguito il
porporato, va a Dio «sorgente
dell’evangelizzazione per averci dato la forza necessaria per condurre a
buon fine i lavori sinodali su un tema molto impegnativo come la
nuova evangelizzazione». E «con
l’Eucaristia di domani — ha aggiunto — metteremo tutto nelle mani del
Signore».
La messa di chiusura del sinodo,
domenica mattina, sarà infatti
«l’apice del sinodo ma anche il
punto di partenza per la nuova
evangelizzazione nell’Anno della fede». I partecipanti al sinodo, ha
detto ancora il cardinale, sono grati
al Pontefice «per la sua presenza alle congregazioni generali e per aver
ascoltato anche gli interventi liberi
condividendo così le nostre preoccupazioni». Una presenza che, ha
proseguito «ci ha confermato e rafforzato nella fede e ha dato un’aria
familiare alle nostre assemblee».
Inoltre con i suoi interventi il Papa
«ci ha dato preziose indicazioni»,
vere e proprie «parole chiave e pietre miliari nel cammino della nuova
evangelizzazione». Nessun ambito
della vita è stato tenuto fuori dal
dibattito in aula. In fin dei conti la
nostra missione è «annunciare Gesù
Cristo all’uomo del nostro tempo
attraverso il dialogo», ricordando
che «la Chiesa comincia con l’azione di Dio e non con quella degli
uomini».
Il cardinale Monsengwo Pasinya
ha concluso il suo intervento assicurando al Papa l’«impegno risoluto»
di tutti per rilanciare la nuova evangelizzazione nell’Anno della fede.
I lavori della congregazione erano iniziati con la lettura delle ultime proposizioni preparate dai padri
sinodali.
Le prime 34, infatti, erano state
presentate nel corso della ventunesima congregazione generale svoltasi
venerdì pomeriggio, 26 ottobre, alla
presenza di Benedetto XVI. Le hanno lette il cardinale Donald William
Wuerl, relatore generale, e l’arcivescovo Pierre-Marie Carré, segretario
speciale. Presiedeva la sessione il
cardinale John Tong Hon, vescovo
di Hong Kong.
Queste prime proposizioni toccano tra l’altro i temi della migrazione, della Dottrina Sociale della
Chiesa, della conversione, della catechesi degli adulti, del catechismo
e dei catechisti, della teologia, dei
malati, del sacramento della penitenza, delle sfide del nostro tempo,
della testimonianza in un mondo
secolarizzato. Abbracciano in sostanza i temi più rilevanti che riguardano la nuova evangelizzazione
senza tralasciare riferimenti ai documenti del concilio Vaticano II,
all’inculturazione, all’aspetto missionario permanente della Chiesa, alle
Sacre Scritture, alla libertà religiosa,
alla conversione e all’educazione.
Nel corso della ventiduesima congregazione generale di sabato mattina, l’arcivescovo Carré e il cardinale
Wuerl hanno proseguito la lettura
dell’elenco delle rimanenti 24 proposizioni. Quindi nella seconda
parte della mattinata sono intervenuti tre uditori. Padre Emili Turú
Rofes, superiore generale dell’Istituto dei fratelli maristi delle scuole
cristiane, ha sottolineato l’importanza delle istituzioni educative cattoli-
Gli interventi durante la ventesima
congregazione generale
CONTINUAZIONE DALLA PAGINA 7
Formazione sistematica
dei catechisti
Reverendo RENATO
DE GUZMAN, S.D.B.
Assistente Principale per la
Pastorale della «Grade School and
High School Departments, Don
Bosco Technical Institute», Makati
City (Filippine)
Il rinnovamento dell’evangelizzazione integrale, come figura in
«Atti e decreti del II Concilio plenario delle Filippine» (Pcp II), celebrato nel 1991, riguarda tre temi
principali: catechesi, adorazione e
apostolato sociale. Di questi tre, il
primo e più urgente è quello del
rinnovamento della catechesi.
Lo stesso Instrumentum laboris 92
menziona il rapporto esistente fra
evangelizzazione e catechesi, emerso anche in vari interventi in aula.
In base all’esperienza catechistica nelle Filippine, fra i temi che la
catechesi deve rinnovare costantemente, suggerisco i seguenti: la
proclamazione iniziale e la catechesi; la dimensione affettiva della fede nella catechesi; i catechisti come
evangelizzatori comunicativi al servizio della nuova evangelizzazione.
Quanto al primo tema, i catechisti devono accertarsi che vi sia stato un primo annuncio e si sia verificato l’incontro personale di Gesù
con i catechizzati. Come possono
questi ultimi essere in contatto e in
comunione con Gesù (cfr. Catechesi
tradendae, 5), se prima non l’hanno
incontrato? La formazione sistematica all’approfondimento della fede
permette ai catechizzati di incontrare personalmente Cristo evangelizzatore e di impegnarsi a pensare
come lui, a giudicare come lui e a
vivere come lui ha vissuto (cfr. Direttorio generale per la catechesi, 53;
Catechesi tradendae, 20), integrando
la conoscenza della fede nella propria vita quotidiana, assimilando i
valori del Vangelo e sviluppando la
convinzione della fede.
Il secondo ambito di rinnovamento nell’attuale catechesi è
l’aspetto affettivo della formazione
alla fede, che favorisce il primo annuncio o il kerigma. I catechisti
rendono l’esperienza catechistica
meno entusiasmante e cerebrale,
ma ne evidenziano i valori e fanno
in modo che arrivi al cuore.
Il terzo ambito di rinnovamento
è la formazione dei catechisti per
essere evangelizzatori davvero comunicativi. È necessario ribadire
che la catechesi è a tal punto un
processo di comunicazione che i
catechisti alimentano in sé stessi le
qualità di Gesù Cristo, il comunicatore perfetto (Communio et progressio, 10).
Per la nuova evangelizzazione, i
catechisti sono sia maestri della fede sia educatori alla fede, in entrambi i casi esperti nel consentire
la comunicazione tra l’umano e il
divino e nell’uso di strumenti di
comunicazione sociale nello svolgimento della catechesi. Nella formazione dei catechisti, la teologia e la
spiritualità della comunicazione,
insieme alle tecnologie della comunicazione, sono temi prioritari.
Questi tre ambiti di rinnovamento della catechesi in vista della
nuova evangelizzazione puntano a
rendere la nostra catechesi veramente evangelizzatrice. Nella nuova evangelizzazione i catechisti devono essere consapevoli del fatto
che mentre stanno evangelizzando
stanno anche educando alla fede e
che essi evangelizzano (proclamano la Buona Novella), mentre stanno educando (cfr. Dgc, 147).
Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice
Cappella Papale in suffragio
dei Cardinali e dei Vescovi
defunti nel corso dell’anno
NOTIFICAZIONE
Sabato 3 novembre 2012, alle ore 11.30, all’Altare della Cattedra della
Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa
Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso
dell’anno.
***
I Signori Cardinali, che desiderano concelebrare, vorranno trovarsi
alle ore 11, portando con sé la mitra bianca damascata, nella sagrestia
della Basilica per indossare le vesti sacre.
Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus», compongono la Cappella Pontificia e desiderano partecipare alla celebrazione liturgica, vorranno trovarsi, per le ore 11, presso l’Altare della Cattedra per occupare il posto che verrà loro indicato.
Quanto all’abito, i partecipanti si regoleranno nel modo seguente:
— i Signori Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi: sulla
veste propria indosseranno il rocchetto, la mozzetta e la berretta;
— gli Abati e i Religiosi: il proprio abito corale;
— i Prelati: il rocchetto e la mantelletta, o la cotta, sopra la veste
paonazza con fascia paonazza, a seconda del proprio grado;
— i Cappellani di Sua Santità: la cotta sopra la talare filettata con
fascia paonazza.
Città del Vaticano, 27 ottobre 2012
Per mandato del Santo Padre
Mons. Guido Marini
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie
domenica 28 ottobre 2012
che e della possibilità che si convertano in centri di nuova evangelizzazione. Affinché le realtà educative
cattoliche siano veramente centri di
nuova evangelizzazione, occorre, ha
detto il religioso, che le persone impegnate siano veramente formate e
preparate. Successivamente, Peter
Murphy, direttore esecutivo del segretariato per l’evangelizzazione e
la catechesi della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti
d’America, ha parlato della necessità per i laici di sperimentare un genuino e personale incontro con Cristo. La nuova evangelizzazione, ha
detto, ha bisogno di un’esperienza
di Pentecoste per i laici e le famiglie
che li incoraggi a essere apostoli.
Infine, il brasiliano Ari Luis Do Vale Ribeiro, docente al seminario
della diocesi di Santo Amaro, coordinatore diocesano della catechesi,
ha parlato della necessità dell’evangelizzazione rivolta a tutti i componenti della famiglia, specialmente
attraverso la catechesi parrocchiale.
Da segnalare ancora che per benevola decisione del Papa in questa
occasione è stato consentito che
venga pubblicata sul bollettino della Sala Stampa della Santa Sede
una versione, seppure provvisoria,
ufficiosa e non ufficiale, delle proposizioni in lingua inglese.
A fine mattinata nella Sala Stampa della Santa Sede il cardinale
Wuerl, l’arcivescovo Carré e l’arcivescovo Michalik hanno partecipato
all’incontro conclusivo con i giornalisti, per illustrare le proposizioni. I
presuli, tra l’altro, hanno portato la
testimonianza dell’esperienza da loro stessi vissuta durante le giornate
sinodali, evidenziando la complessità del lavoro svolto per condensare
la grande mole delle proposte fatte.
Da queste è emerso, in modo particolare, come base comune di ogni
intervento sia stata una significativa
esperienza di fede vissuta, ma soprattutto una testimonianza del coraggio con il quale viene ancora oggi diffuso il Vangelo nel mondo.
«Ho avuto la netta sensazione — ha
detto in particolare monsignor Michalik, che è arcivescovo di Przemyśl dei Latini — di aver vissuto
una grande esperienza di comunione e ho avuto la conferma del fatto
che questo sinodo non è stato convocato perché nel mondo esistono
tanti problemi, ma è stato convocato sulla scia del comandamento del
Signore che ci ha detto: “andate e
predicate il Vangelo”».
Molto positiva è stata giudicata
la partecipazione «di tanti ospiti
qualificati». Non è da tutti i giorni,
ha detto ancora l’arcivescovo polacco, «ascoltare il Patriarca ecumenico
Bartolomeo mentre ricorda che cinquant’anni fa ha vissuto direttamente l’esperienza del concilio, o il Primate della comunione anglicana
Rowan Williams sottolineare l’importanza che egli annette all’evangelizzazione».
Ultima sottolineatura comune la
grande esperienza di comunione
vissuta non solo tra i cardinali e i
vescovi, ma anche «tra i rappresentanti di quel vasto movimento laicale» che ha fatto sentire la propria
«apprezzatissima voce tramite alcuni loro giovani, anzi giovanissimi
rappresentanti» ha notato in chiusura il presule.
L’appuntamento è ora per la
messa conclusiva che il Papa presiederà alle 9.30 di domani, domenica
28 ottobre, nella basilica di San Pietro.
X
Dichiarazione
della Pontificia Commissione
Ecclesia Dei
La Pontificia Commissione Ecclesia
Dei coglie l’occasione per annunciare che, nella sua più recente comunicazione (6 settembre 2012), la Fraternità sacerdotale di S. Pio X ha indicato di aver bisogno per parte sua di
ulteriore tempo di riflessione e di
studio, per preparare la propria risposta alle ultime iniziative della
Santa Sede.
Lo stadio attuale delle attuali discussioni fra la Santa Sede e la Fraternità sacerdotale è frutto di tre anni di dialoghi dottrinali e teologici,
durante i quali una commissione
congiunta si è riunita otto volte per
studiare e discutere, fra le altre questioni, alcuni punti controversi
nell’interpretazione di certi documenti del concilio Vaticano II.
Quando tali dialoghi dottrinali si
conclusero, fu possibile procedere ad
una fase di discussione più direttamente focalizzata sul grande desiderio di riconciliazione della Fraternità
sacerdotale di S. Pio X con la Sede
di Pietro.
Altri passi fondamentali in questo
processo positivo di graduale reintegrazione erano stati intrapresi dalla
Santa Sede nel 2007 mediante
l’estensione alla Chiesa universale
della Forma straordinaria del Rito
romano con il motu proprio Summorum Pontificum e, nel 2009, con
l’abolizione delle scomuniche. Solo
alcuni mesi orsono in questo cammino difficile fu raggiunto un punto
fondamentale quando, il 13 giugno
2012, la Pontificia Commissione ha
presentato alla Fraternità sacerdotale
di S. Pio X una dichiarazione dottrinale unitamente a una proposta per
la normalizzazione canonica del proprio stato all’interno della Chiesa
cattolica.
Attualmente la Santa Sede è in attesa della risposta ufficiale dei superiori della Fraternità sacerdotale a
questi
due
documenti.
Dopo
trent’anni di separazione, è comprensibile che vi sia bisogno di tempo per assorbire il significato di questi recenti sviluppi. Mentre il nostro
Santo Padre Benedetto XVI cerca di
promuovere e preservare l’unità della
Chiesa mediante la realizzazione della riconciliazione a lungo attesa della
Fraternità sacerdotale di S. Pio X
con la Sede di Pietro — una potente
manifestazione del munus Petrinum
all’opera — sono necessarie pazienza,
serenità, perseveranza e fiducia.
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Italia, Polonia e Colombia.
Pasquale Cascio
arcivescovo
di Sant’Angelo
dei Lombardi - Conza Nusco - Bisaccia (Italia)
Nato a Castelcivita, provincia di
Salerno e diocesi di Teggiano-Policastro, il 29 novembre 1957, secondo
di quattro figli, è ntrato nel seminario diocesano e ha seguito la formazione per il presbiterato, prima al seminario Pio XI di Salerno, e poi come alunno dell’Almo Collegio Capranica di Roma, seguendo i corsi di
filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Successivamente ha conseguito la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio
Istituto Biblico. È stato ordinato sacerdote il 23 luglio 1983 per la diocesi di Teggiano-Policastro. Ha svolto
Conferenza in Vaticano
Caduta
dei valori etici
e disorientamento
delle coscienze
È il preoccupante aumento in tutto il mondo dei suicidi tra i giovani alla base della conferenza
svoltasi il 24 ottobre scorso in Vaticano, nell’Aula Vecchia del sinodo proprio sul tema del suicidio.
All’incontro, coordinato dal professor Patrizio Polisca, hanno partecipato psichiatri ed esperti in
materia, tra i quali il professor
Paolo Ghirardi, direttore della
scuola di psichiatria dell’università La Sapienza, il professor Maurizio Pompili, responsabile del
centro per la prevenzione del suicidio istituito presso l’ospedale
romano Sant’Andrea e il dottor
Enrico Rosini della direzione
Igiene e Sanità della Città del Vaticano. Era presenta anche l’arcivescovo Luciano Suriani, nunzio
apostolico. Obiettivo della conferenza è stato fornire strumenti
utili di intervento a chi quotidianamente ascolta confessioni di
sofferenza e disperazione che, in
alcuni casi possono indurre a
comportamenti suicidari. Nel corso dell’incontro sono stati affrontati aspetti di grande attualità, in
particolare quelli clinici, mirati
all’individuazione precoce di condotte a rischio, e gli aspetti pratici da seguire nell’approccio di simili situazioni di vita. È stato anche posto l’accento sul condizionamento in negativo esercitato
dall’attuale crisi economica e sociale sulle nuove generazioni, e
soprattutto dal senso di solitudine
legato al venir meno dei valori
etici e dei legami nella famiglia.
diversi incarichi e uffici pastorali:
docente presso l’Istituto di scienze
religiose di Teggiano; parroco di San
Giovanni Battista in Terranova di
Sicignano degli Alburni; parroco di
San Nicola in Controne; vicario foraneo per la zona degli Alburni; direttore dell’ufficio tecnico diocesano;
membro del consiglio presbiterale e
del collegio dei consultori. Attualmente è docente di Sacra Scrittura
presso l’istituto teologico di Basilicata, a Potenza, e presso il seminario
metropolitano Giovanni Paolo II a
Salerno. In passato lo è stato anche
all’Istituto superiore di scienze religiose in Vallo della Lucania.
Ryszard Kasyna
vescovo di Pelplin (Polonia)
Nato il 28 settembre 1957 a Nowy
Staw, allora diocesi di Gdańsk, nel
1976 è entrato nel seminario maggiore di Gdańsk e il 24 gennaio 1982 è
stato ordinato sacerdote. Negli anni
1982-1985 è stato vicario parrocchiale
presso la basilica mariana di
Gdańsk. Negli anni 1985-1992 ha
studiato a Roma presso la Pontificia
Università Lateranense, dove ha
conseguito il dottorato in utroque
iure. Nel 1992 ha concluso lo studio
rotale, conseguendo il titolo di avvocato rotale. È stato docente di diritto
canonico nel seminario maggiore di
Gdańsk e poi vicario giudiziale della
medesima arcidiocesi. Il 24 gennaio
2005 è stato nominato vescovo titolare di Dices e ausiliare di Gdańsk.
Ha ricevuto l’ordinazione episcopale
il 2 aprile successivo. Attualmente è
membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Nell’ambito
della Conferenza episcopale polacca
è membro della commissione per il
clero, della commissione giuridica e
delegato per la pastorale della gente
del mare
Ramón Alberto
Rolón Güepsa
vescovo di Montería
(Colombia)
Nato ad Arboledas, arcidiocesi di
Nueva Pamplona, il 28 febbraio
1959, ha compiuto gli studi di filosofia e di teologia nel seminario maggiore Santo Tomás de Aquino
dell’arcidiocesi di Nueva Pamplona.
Ha ottenuto la licenza in filosofia
presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, la licenza in teologia presso la Pontificia Università
Javeriana di Bogotá e la licenza in
filosofia e scienze religiose presso
l’Università Santo Tomás de Aquino
di Pamplona. È stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1984, per il clero
dell’arcidiocesi di Nueva Pamplona.
Ha svolto successivamente diversi
incarichi pastorali: vicario parrocchiale di San Juan Bautista; amministratore parrocchiale di Mitiscua; vicerettore del seminario minore e delegato per la pastorale vocazionale;
direttore spirituale del seminario minore e formatore del seminario maggiore; rettore del seminario maggiore
parroco di San Juan Bautista a Chinácota e rettore del seminario maggiore.