Plurilinguismo alla radio

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Plurilinguismo alla radio
P. Diadori, Plurilinguismo alla radio, in Menduni E. (cur.), La radio. Percorsi e territori di un
medium mobile e interattivo, Baskerville, Bologna 2002, pp. 195-223 (cap. 19)
Abstract: Nell'italiano radiofonico contemporaneo sono sempre più frequenti fenomeni di
mescolanza di lingue (italiano e altre lingue, italiano e dialetto): forestierismi, canzoni in lingua
straniera, routine di parlato in inglese che punteggiano le pubblicità o lo stile DJ internazionale,
programmi in dialetto e nelle varie lingue delle minoranze etnolinguistiche, come specchio della
nuova realtà plurilingue della società italiana.
Plurilinguismo alla radio
Pierangela Diadori
Università per Stranieri - Siena
1. INTRODUZIONE
La radio, come è stato osservato a suo tempo a proposito della televisione (Simone, 1987), è,
almeno in parte, uno specchio degli usi linguistici dell'Italia contemporanea, di cui può riflettere,
anche in modo distorto, modalità d'uso reali o tendenziali, anticipandone o ampliandone la
diffusione. Una di queste tendenze, derivante dal contatto fra più sistemi linguistici (italiano,
dialetti, altre lingue), sembra riflettersi nel plurilinguismo che si sta affacciando oggi alla radio
italiana, dopo aver fatto il suo ingresso nell'italiano cinematografico, televisivo e della
comunicazione in rete.
Tale plurilinguismo è il risultato di una storia linguistico-letteraria dell'italiano scritto, antica di otto
secoli, a cui si sono sovrapposte negli ultimi centocinquanta anni in rapida successione una serie di
tendenze e controtendenze che, agendo sull'italiano scritto e parlato, hanno portato alle dinamiche
sociolinguistiche che oggi osserviamo. L'Italia, infatti, da Paese prevalentemente monolingue
dialettofono fino alla II Guerra Mondiale, ha vissuto una rapida inversione di tendenza a favore
dell'italofonia e a scapito del dialetto, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta ad oggi (De Mauro,
1963). Una terza fase si può individuare nella svolta degli anni Ottanta-Novanta, caratterizzata dal
recupero dei dialetti con funzione espressiva, dall'attrazione linguistico-culturale esercitata dal
mondo anglo-americano e dall'intensificarsi dei contatti fra l'italiano e le lingue immigrate (arabo,
cinese, albanese, varietà ispano-americane, lingue slave ecc.), rapidamente affiancatesi ai gruppi
linguistici di antico insediamento da tempo presenti sul territorio (ladino, tedesco, francese, grico,
albanese-arberesh ecc.). In questa variegata realtà ci troviamo appunto oggi, e di questi fenomeni
linguistici di contatto troviamo traccia anche nel parlato radiofonico.
2. FENOMENI DI CONTATTO LINGUISTICO NELL'ITALIANO RADIOFONICO
I primi studi sul linguaggio radiofonico in Italia, risalenti al decennio successivo alla fine della
Seconda Guerra Mondiale1, colgono la specificità della comunicazione connessa con questo mezzo
di comunicazione, e ne analizzano la lingua "scritta per essere detta". Alla fine degli anni '70 la RAI
introduce la voce degli ascoltatori via telefono: la radio supera così il modello unidirezionale e
introduce una forma di interattività con il pubblico (cfr. Simonelli Taggi, 1985). Nel 1976 la riforma
1
Cfr. Piccone Stella (1948), Gadda (1953) e Granella (1959) sulle norme per la redazione di testi radiofonici e, più in
generale, il primo testo sulla lingua della radio di Fracastoro Martini (1951).
della radio permette ai giornalisti di affiancare gli speaker televisivi e dà il via alle radio private di
ambito locale che danno vita a un nuovo modo di parlare radiofonico: accanto al "parlato-scritto" si
fa strada ora il "parlato-parlato"2 dell'improvvisazione orale. Ormai la lingua della radio e degli altri
mezzi di comunicazione di massa ha tante e tali specificità da giustificare la coniazione di un nuovo
termine, quello di "lingua trasmessa" (Sabatini, 1982). Come osserva Nicoletta Maraschio (1987), il
"radiotrasmesso" ha caratteristiche funzionali proprie, che dipendono dal mezzo e dalle esigenze
comunicative a cui deve rispondere (lingua pubblica, usata per comunicare a distanza con una
audience indefinita e sconosciuta), e sembra condividere complessivamente più tratti con lo scritto
che non con l'oralità. Campioni di parlato trasmesso vengono inseriti nei corpora per l'analisi del
parlato, a testimonianza del pieno riconoscimento dell'italiano radiofonico come varietà
significativa nel panorama sociolinguistico attuale, a partire dal LIP (Lessico dell'Italiano Parlato)
(De Mauro et al., 1993).3 Cominciano a delinearsi analisi linguistiche per generi radiofonici
(l'informazione, la cronaca sportiva, quella giudiziaria, la divulgazione scientifica, le rubriche di
musica, il radiodramma), per fenomeni (intonazione, lessico) e per forme testuali (la telefonata in
diretta, l'intervista), come viene testimoniato dai contributi al primo convegno dell'Accademia della
Crusca sugli italiani trasmessi, dedicato appunto alla radio (1997). Ma al di là delle singole
caratteristiche, l'italiano radiofonico è sentito ancora come fondamentalmente "artificioso", per la
continua commistione di fenomeni dello scritto e del parlato e per il suo agire da "filtro" rispetto
alla varietà linguistica della comunità di parlanti di cui vuole essere "specchio" (Maraschio, 1997).
Come rileva Enrica Atzori (2002: 31-32) "con le modifiche strutturali degli anni '70 si può
individuare un generale rispecchiamento del plurilinguismo della società con l'abbandono
dell'artificiale 'monolinguismo' del periodo precedente, in forme diverse fra RAI e radio private" e il
ricorso a un linguaggio multiforme, in cui "il parlato-scritto è un parlato che spesso sottolinea
deliberatamente la sua origine di testo e (…) il parlato-parlato presenta forme simmetriche di
esasperazione". La radio riflette in tal modo due opposte tendenze dell'italiano contemporaneo: a)
la tendenza alla semplificazione e la diffusione di schemi di periodo realizzati tramite un numero
circoscritto di costrutti, b) la ricerca di espressività e il ricorso a procedimenti di messa in rilievo
sotto la spinta dell'imitazione del parlato. In particolare, la ricerca di espressività può degenerare
sia in una sorta di "iper-parlato" caratteristica di certe radio di flusso, che, ricorrendo a un registro
conversativo ostentato "sembra voler smentire ogni possibile sospetto di mancanza di spontaneità".4
Che ruolo riveste in questo mutato panorama linguistico e massmediologico del "radiotrasmesso" il
ricorso a codici linguistici diversi, quali i dialetti italiani o le altre lingue? Quali sono i fenomeni di
contatto linguistico significativamente presenti nel parlato radiofonico attuale? Si tratta di
espedienti di tipo espressivo o possono essere interpretati come realizzazioni di quella tendenza al
superamento del monolinguismo ante-anni '70, di cui abbiamo parlato?
Sui contatti fra italiano e altre lingue nel parlato radiofonico in Italia esistono scarsi contributi
specifici5 e qualche riferimento nell'ambito di studi di tipo più generale. Tratteremo quindi, a partire
2
Su queste definizioni cfr. Nencioni (1983).
Il LIP comprende un corpus di circa 500.000 occorrenze di lemmi, corrispondenti a 75 ore di registrazione equamente
ripartite in quattro città (Firenze, Roma, Milano, Napoli, con 125.000 occorrenze ciascuna) e in cinque tipi di discorso,
uno dei quali viene così definito: "scambio comunicativo unidirezionale a distanza o differito su testo non scritto, per un
totale di circa 100.000 parole (25.000 per ogni città) di cui fanno parte trasmissioni televisive e radiofoniche". Altri
corpora di parlato includono campioni di radiotrasmesso, come il progetto dell'Accademia della Crusca coordinato da
Emanuela Cresti (Cresti, 2000), quello coordinato da Federico Albano Leoni dell'Istituto Orientale di Napoli (i cui
risultati saranno presentati nel convegno nazionale sul parlato italiano che si terrà a Napoli dal 13 al 14 febbraio 2003),
quello coordinato da Nicoletta Maraschio dell'Università degli Studi di Firenze, specificamente dedicato al Lessico
dell'Italiano Radiofonico (LIR) (cfr. AA.VV. Il progetto LIR, 1997 e una sua presentazione aggiornata inserita in questo
volume). Cfr. anche Petralli (2000) per un corpus radiofonico di linguaggio economico.
4
Fra gli studi più recenti sulla radio dal punto di vista della comunicazione sociale ricordiamo Ong, 1986; Monteleone,
1992 e 1994; Fenati, 1993; Menduni, 1994 e 2001. Altri contributi sull'italiano radiofonico, oltre a quelli già citati, si
trovano in Alfieri, 1994; Simone, 1990; Sombrero, 1990; Serianni, 2000.
5
Cfr. Fanfani (1997) sui forestierismi alla radio e Diadori (1998) sull'italiano di stranieri dai microfoni delle radio di
Roma e Milano (1998).
3
da esempi tratti da trasmissioni radiofoniche italiane a cavallo fra la fine degli anni '90 e l'inizio del
nuovo millennio, alcuni fra i fenomeni di contatto linguistico, utilizzando come modello le cinque
categorie individuate da Berruto (1990): 1) l'alternanza di codice, 2) la commutazione di codice, 3)
l'enunciazione mistilingue, 4) la citazione, 5) il prestito non adattato. Tale modello si è rivelato
applicabile, con qualche adattamento, nonostante le differenze contestuali rispetto all'indagine
svolta da Berruto (sui fenomeni di contatto linguistico fra italiano, dialetti e varietà regionali nelle
realizzazioni discorsive delle interazioni faccia a faccia in area italo-romanza). Infatti, nel nostro
caso:
a) la voce dell'emittente corrisponde al parlato radiofonico e il destinatario è rappresentato
dalla pluralità del pubblico degli ascoltatori (e non da due interlocutori nella comunicazione
faccia a faccia);
b) la scelta del codice non è limitata a italiano, dialetto e italiano regionale (come nel saggio di
Berruto) ma comprende anche altre lingue e varietà non standard dell'italiano (come
l'italiano di stranieri).
2.1. Alternanza di codice
Massimo Fanfani, in appendice al proprio studio sui forestierismi radiofonici (1997) cita alcuni casi
di inserzioni nel corso delle trasmissioni di frasi o di interi testi parlati o letti in lingua straniera,
commentando:
"In modo analogo a quel che succede per le canzoni con parole straniere, questi brani, sia che vengano
usati come richiamo dalla pubblicità, o che abbiano uno scopo informativo, o che servano come
espediente tecnico per introdurre il doppiato di un interlocutore straniero, o come pennellata di realismo
sonoro, restano in genere abbastanza staccati dal resto, se non addirittura confinati sullo sfondo, quasi alla
stregua di quegli 'effetti sonori' di cui la radio si serve per colorare e animare le sue immagini" (1997:
764)
In realtà, si tratta secondo noi di un fenomeno non marginale, se è vero che in un'intera giornata di
registrazione Fanfani stesso ha contato "più di una trentina di simili lacerti stranieri", di cui
riportiamo sotto alcuni esempi (1997: 764):
(1) Esempio di un annuncio relativo a una nuova trasmissione destinata al gruppo etno-linguistico
dei serbo-croati, il cui annuncio viene dato sia in questa lingua, sia in italiano6:
/PRIMA ANNUNCIATRICE/ Un momento di pazienza. Forse non capirete quanto stiamo per dire.
/SECONDA ANNUNCIATRICE/ Njihov glas. Oni koje je rat rastavio pitaju radio za pomo da pronaðu
svoje bližnje. Abbiamo annunciato in serbo-croato una iniziativa speciale della radio: la trasmissione "La
loro voce". Coloro che sono separati dalla guerra chiedono alla radio di potersi ritrovare. – Nijhov glas. –
"La loro voce" – Zeleni broj, besplatni broj. Jedan- est-sedam-nula-jedan-tri-dva-tri-dva. Telefonska
sekretarika i danju i no u. – E' una segreteria telefonica in funzione notte e giorno. - Jedan- est-sedamnula-jedan-tri-dva-tri-dva. – "La loro voce". Radio RAI. Ogni giorno dal lunedì a venerdì, ore diciannove
e cinquantacinque. Radio Due.
(da RAI UNO e DUE, 11.2.1994, in Fanfani, 1997: 763)
(2) Esempio tratto da un servizio radiogiornalistico, in cui il discorso in inglese del presidente
bosniaco Alija Izetbegovi , dopo la strage al mercato di Sarajevo il 6.2.1994, viene tradotto in
italiano frase per frase:
/IZETBEGOVI / So, please, do remember these scenes. –
/TRADUTTRICE/ Per favore, ricordate queste scene, questo peccato.
/IZETBEGOVI / It is on our flight from our home [sic] and if we do not stop it
/TRADUTTRICE/ e se non fermiamo questo massacro
/IZETBEGOVI / be sure that it will also reach your door-step
/TRADUTTRICE/ state sicuri che arriverà alle porte di casa vostra
6
Da notare che il numero di telefono viene dato solo in serbo-croato: jedan- est-sedam-nula-jedan-tri-dva-tri-dva.
/IZETBEGOVI / Defend us or let us defend ourselves
/TRADUTTRICE/ Difendeteci, o dateci la possibilità di difenderci
(da 3131, 11.2.1994, in Fanfani, 1997: 763)
(3) Esempio tratto da un servizio radiogiornalistico: Manuel Fontane, delegato dell'UNICEF a
Sarajevo, risponde in francese all'intervistatrice, le sue parole vengono fatte poi sfumare e relegate
al sottofondo con la sovrapposizione della traduzione italiana:
/INTERVISTATRICE/ Come avete organizzato il vostro lavoro?
/FONTAINE/ Je dirais sur l'example du Liban don’t on nous a parlé avant qu'il est clair pour nous qu'on
ne peut pas se limiter uniquement à…
/TRADUTTORE/ Ovviamente sull'esempio del Libano ci siamo resi conto che non basta assicurare la
sopravvivenza fisica…
(da Speciale GR2. 11.2.1994, in Fanfani, 1997: 763)
Se consideriamo il parlato trasmesso alla stregua del prodotto di un unico "locutore" (nonostante la
pluralità di voci che si alternano al microfono) che si rivolge ad un "interlocutore" (nonostante
quest'ultimo sia costituito dalla pluralità degli ascoltatori), gli esempi sopra citati potrebbero essere
ascritti alla categoria dell'alternanza di codice, che Berruto (1990: 109-10) definisce un
cambiamento di lingua (o di varietà socio-geografica di lingua) che avviene in concomitanza con un
cambiamento della situazione comunicativa o dell'interlocutore. La lingua radiofonica,
naturalmente, si differenzia dalla interazione faccia a faccia anche in base ai destinatari, rendendo
più complessa l'applicazione del modello di Berruto: tuttavia, nei brani sopra riportati, si possono
ipotizzare nel primo caso due destinatari contemporaneamente in ascolto (il pubblico italiano e
quello dei serbo-croati a cui è in realtà rivolto il nuovo servizio radiofonico), mentre negli esempi 2
e 3 all'originale in lingua straniera (che aveva come destinatario l'intervistatore), viene fatta seguire
(nel primo caso) e viene sovrapposta (nel secondo) la traduzione in italiano per il pubblico dei
radioascoltatori presumibilmente italofoni.
2.2. Commutazione di codice
Secondo Berruto (1990: 110) "è commutazione di codice il passaggio (…) nel discorso da un
sistema linguistico ad un altro sistema linguistico in concomitanza con un cambiamento nel flusso
della situazione comunicativa"7. Questo fenomeno, a differenza dell'alternanza di codici, si verifica
"restando i medesimi lo speech event e il destinatario", è intenzionale, ha un effetto stilistico e è
riservato prevalentemente agli usi informali del parlato colloquiale. Ne abbiamo qualche esempio
nel parlato radiofonico dei DJ di origine straniera, come possiamo osservare in questo brano:
(4) Esempio tratto dal programma "Je chante en français" (trasmesso nel 1994 da Radio Popolare),
in cui Serge Saudet, un docente di madrelingua francese dell'Università Statale di Milano presenta e
commenta alcuni successi musicali francesi:
/SAUDET/ De Paris à Bordeaux j'écoute toutes les radios, Ma qui bisogna ascoltare Radio Pop che
rimarrà l'unica tra poco a salvarci…
(in Diadori, 1998: 298)
I casi di alternanza o commutazione di codici che si possono osservare nel linguaggio radiofonico
non riguardano solo produzioni linguistiche di singoli parlanti che passano, in base al cambiamento
7
Rimandiamo al citato articolo di Berruto (1990: 106 sgg.) per una disamina della letteratura internazionale sul
concetto di "commutazione", in cui si cita anche la classica definizione di Gumperz (1982) che considera codeswitching "la giustapposizione all'interno dello stesso scambio linguistico di passaggi verbali appartenenti a due
differenti sistemi o subsistemi grammaticali".
della situazione comunicativa o dell'interlocutore, da un sistema linguistico all'altro, ma più spesso
si traducono nell'alternarsi al microfono di voci che parlano o cantano in lingue diverse. Le canzoni
in lingua straniera, in particolare, coprono un'ampia quantità del tempo di trasmissione di molte
radio di flusso, ma gli studi sul linguaggio radiofonico, concentrandosi appunto sul parlato e
sull'italiano, non tengono conto generalmente di questa componente non secondaria del "magma" di
radiotrasmesso a cui il pubblico viene esposto8.
Un caso curioso assimilabile alla commutazione di codice (dal momento che non c'è cambiamento
di interlocutore), riguarda l'intervento di uno speaker inglese che commenta e traduce in italiano
(con forte pronuncia anglosassone) verso per verso una canzone trasmessa appunto in alternanza
con il parlato:
(5) Esempio tratto dalla trasmissione Speak easy trasmessa da Radio Montecarlo all'interno di un
contenitore mattutino di musica internazionale e intrattenimento:
/DJ/ Tutti in classe, c'è Clive con Speak Easy [Speak Easy + voci in inglese e sottofondo musicale]
/CLIVE/ Oggi Speak Easy by Clide su Radio Montecarlo vi presenta un compito, un lavoro importante,
un dovere. In inglese è job, job. Job è una parola inglese molto semplice da scrivere: i lungo, o, b. Ma
torniamo alla base: job è un compito, qualcosa che va fatto. What does it matter to you? Cosa ti importa?
When you've got a job to do. Quando tu hai un compito da compiere, da fare. You've got do it well. Devi
farlo bene. You've got to give the other fellow hell. Devi rendere la vita difficile alle altre persone.
/CANZONE IN INGLESE/ What does it matter to you? When you've got a job to do. You've got do it
well. You've got to give the other fellow hell.
/CLIVE/ Job, compito. It's not my job to teach you English, Non è il mio compito di insegnarvi inglese.
Ah sì?
(8,30-8,35, Radio Montecarlo, 20.11.2001)
2.3.Enunciazioni mistilingui
Gaetano Berruto definisce "mistilingui" quegli enunciati che sono caratterizzati "dal passaggio
all'interno di una frase (o di una struttura riconducibile a una frase) da una lingua o varietà ad
un'altra lingua o varietà, senza che vi sia concomitanza con mutamenti nel flusso della situazione, e
senza quindi che sia attribuibile al segmento frammisto una sua microfunzione in cui sia messo in
evidenza o in gioco il significato sociale o il valore simbolico della varietà interessata; non vi è
pertanto intenzionalità o scopi socio-comunicativi, e il segmento frammisto non coincide con un
atto linguistico, bensì è definibile solo in termini di categorie morfosintattiche e non pragmaticodiscorsive (…). Dal punto di vista della compresenza dei sistemi l'enunciazione mistilingue è (…) il
corrispettivo discorsivo dell'interferenza (…) ed è legata a situazioni di incertezza nella scelta del
codice, o addirittura a sovrapposizioni e invasioni delle rispettive grammatiche" (Berruto, 1990:
112).
Riportiamo come esempi una enunciazione mistilingue in italiano e inglese (tratta dal parlato di una
DJ americana) e una in dialetto genovese e italiano, tratta da un programma di lingua e cultura
dialettale:
(6) Esempio tratto dal programma "Montecarlo Night" (trasmesso il 6.10.1995 da Radio
Montecarlo), in cui le canzoni prevalentemente in inglese vengono introdotte da Johnny
Angel, una DJ di New York:
8
Nicoletta Maraschio, descrivendo il corpus su cui si è basata la sua analisi di una giornata radiofonica, premette (1997:
792): "Si tratta di un campione stratificato nel quale sono presenti i quattro macro-generi di programmi entro cui, una
volta cancellata la musica, si può suddividere l'intero trasmesso, ossia a) programmi informativi e di servizio, b)
programmi di attualità, culturali e divulgativi, c) programmi di intrattenimento, fiction e varietà, d) pubblicità" (il
corsivo è nostro).
/JOHNNY ANGEL/ Right here a Montecarlo Night, stasera with Johnny Angel.
(in Diadori, 1998: 298)
(7) Esempio tratto dal programma "Acquarello zeneize" (trasmesso da Radio Lanterna City di
Genova), condotto da Nino Durante, che, oltre a presentare le rubriche del programma,
interpreta il personaggio di Oddone, un pollicoltore che si esprime in genovese rustico:
/PRESENTATORE/ Oddone parla solo ed esclusivamente zeneize, ehm… Egisto anche parla bene il
genovese, o parla ben o zeneize, però ogni tanto si abbandona all'"italiacano", mì çerco de parlâ un po'
italiano un po' zeneize, perché, ve l'ho zà spiegòu, non vogliamo che questa trasmissione sia circoscritta ai
soli genovesi, ma dobbiamo fare proseliti, quindi bezêugna parlâ in italian per accattivarci le simpatie
(in Coveri-Picillo, 1997: 606)
2.4.Citazioni
La citazione consiste nella "presenza adstratica (o anche sostratica) di un'altra lingua accanto a
quella di base dell'enunciazione (…) dalla quale vengono presi degli 'spezzoni' in qualche modo
codificati. Il vezzo di intercalare nel discorso modi di dire o sintagmi più o meno standardizzati in
latino, in francese o in inglese ecc. (o anche in dialetto), è normale nel comportamento linguistico di
molti parlanti, in specie colti o semicolti, e anche nell'uso formale e scritto, senza che si possa
ovviamente dire che si è bilingui, p.es. italiano-latino" (Berruto, 1990, 112). L'alternanza linguistica
è, in questo caso, a livello di parola o frase, mentre resta comunque una la lingua in cui viene a
svolgersi il discorso.
La citazione (in questa accezione) è abbastanza frequente nell'italiano radiofonico, sia nel caso di
parlanti italiani che intercalino il discorso con espressioni dialettali o in lingua straniera, sia in
quello di stranieri o dialettofoni che inseriscano nel discorso in italiano parole e frasi nella loro
madrelingua, soprattutto espressioni formulaiche condivise dal gruppo a cui appartengono o a cui si
rivolgono.
Che cosa determina questo tipo di enunciati? Quando il discorso di base è realizzato in italiano da
parlanti italiani la spiegazione è probabilmente di tipo psicologico. Come osserva Richard A.
Hudson, infatti, "ogni lingua, per le persone che la usano regolarmente, ha un valore simbolico
distintivo a causa dei suoi legami con determinati tipi di persone o situazioni. Lo stesso può valere,
in misura più limitata, per le lingue che non usiamo regolarmente e che conosciamo a stento - lingue
che associamo alle vacanze, a certi tipi di cultura e così via. Una ragione per cui si usa una parola di
questo tipo è che si vuol fingere, solo per un momento, di essere un parlante nativo con certe
caratteristiche sociali che vengono associate allo stereotipo" (Hudson, 1998: 62).
Un discorso del genere si adatta alla pubblicità radiofonica e al parlato dei disc-jockey, per i quali il
ricorso alla citazione, soprattutto dall'inglese, risponde appunto a esigenze di "sound", ma anche alla
necessità di rafforzare il senso di appartenenza al gruppo degli ascoltatori di una certa emittente.
Ma la citazione può anche consistere in una glossa o un'autotraduzione in riferimento a parti del
discorso che è utile chiarire, evidenziare o riproporre in altro modo (così verifica per esempio nella
traduzione di titoli di canzoni dall'inglese in italiano, o nella traduzione in italiano di espressioni
dialettali usate nel discorso).
2.4.1. Le citazioni in pubblicità.
In pubblicità, l'uso di connotare un prodotto con determinate pronunce o vere e proprie citazioni in
una lingua straniera è una prassi da tempo consolidata: si pensi alle espressioni italiane o
italianizzate usate all'estero per vendere i nostri prodotti tipici, e, specularmene, alle citazioni in
lingua straniera o alle pronunce straniere dell'italiano a cui ricorrono le pubblicità italiane di
prodotti comunemente associati ad altri Paesi, o ai regionalismi legati a merci che rimandano a
un'area geografica italiana specifica. Dalla fine degli anni Novanta, tuttavia, a queste forme di
esotismi lessicali o paralinguistici si sono sovrapposte due tendenze: in primo luogo il prevalere
dell'inglese sulle altre lingue e indipendentemente dal tipo di prodotti reclamizzati, e in secondo
luogo il ricorso a intere frasi o stringhe di parlato in questa o altre lingue (non più singole parole o
brevi citazioni), indipendentemente dalla possibilità di comprensione del pubblico. I pubblicitari,
intervistati sull'argomento, ammettono: "Non è veramente importante se il pubblico capisce quello
che stai dicendo, perché il solo fatto che tu stai parlando inglese è in sé un modo di comunicare che
serve a selezionare il tuo target (…). La réclame dei tempi di Carosello è stata ormai
definitivamente sconfitta dall'advertising che è americana e parla americano (…). E poi sembra che
ai consumatori italiani faccia piacere essere apostrofati in inglese. Perché? Perché lo spettatore si
incuriosisce, cerca di capire e così si sente più 'figo'"9. Slogan di successo si affermano in
televisione in inglese, per poi riproporsi anche nella pubblicità stampata e in quella radiofonica: si
pensi a "No Martini, no party", "Sanbitter… c'èst plus facile!", o altri esempi come questi trasmessi
via radio:
(8) Esempio di pubblicità in italiano e inglese:
/ANNUNCIATRICE/ Bitter Campari Orange. Ghiaccio, succo d'arancia e… bitter Campari. Campari it's
fantasy!
(RAI I e II, 11.2.1994, in Fanfani, 1997: 763)
2.4.2. Le citazioni nel sound dei disc-jockey
Massimo Moneglia (1997), analizzando la lingua delle radio giovanili, si occupa della lingua dei
DJ, determinata dalla funzione "amica" della radio di flusso (rispetto alla radio di palinsesto): una
lingua il più possibile diretta e colloquiale, in cui il gruppo prescelto degli ascoltatori possa
identificarsi, fondendosi con lo stile musicale proposto. I momenti di parlato dei DJ (che Moneglia
definisce "modello Albertino" dal nome dell'anchor-man di Radio DJ), fanno da collante fra le varie
canzoni trasmesse, tendono ad uniformarsi al particolare sound dell'emittente, determinato da un
continuo passaggio da una lingua all'altra, da lingua cantata a lingua parlata, tanto da costruire uno
"stile particolarissimo, fatto di suoni, ritmo e intonazioni iperboliche, urli e schemi fissi di
presentazione, che si accompagnano a una notevole velocità di eloquio (…). Possiamo parlare di
uno stile canonico, di provenienza nordamericana, che si è affermato a livello mondiale e che anche
in Italia si ripropone (lo chiameremo stile DJ)" (Moneglia, 1997: 540).
Moneglia (1997: 542) rileva anche che lo stile DJ modello Albertino (e dei suoi emuli) è
caratterizzato da un italiano standard con venature settentrionali e "abbondanza di anglismi e
ispanismi (questi ultimi associati a fatti di moda musicale)", senza distinguere fra i diversi livelli di
mescolanze linguistiche di cui ci stiamo occupando in questo contributo. In realtà si tratta non solo
di forestierismi isolati, ma di un frequente ricorso alle citazioni in inglese che riecheggia e anticipa i
testi in inglese dei brani musicali di cui questo tipo di parlato radiotrasmesso fa da intercalare, come
vediamo in questi esempi:
(9) Esempio di parlato del DJ Albertino (Radio DJ):
/ALBERTINO/ [facci sentire facci sentire]10 you know what time it is? [it is DJ time] is the sound of DJ
Time // when I say DJ / you say Time // DJ Time // siamo sincronizzati perfettamente
(in Moneglia, 1997: 541)
9
Dall'articolo di M. Cappa, "No english? No pubblicità" (sic), apparso il 6.12.2001 su "La Repubblica".
Usiamo qui le convenzioni di trascrizione usate da Moneglia: fra parentesi quadre vengono inseriti elementi
sintetizzati artificialmente con l'aiuto del mixer, non realizzati localmente (jingles, vocine, nome della radio). Tali
elementi si inseriscono nel parlato spezzandone l'unidirezionalità, aiutano il DJ a conservare il ritmo e servono come
elementi di riconoscimento per il pubblico.
10
La radio, mezzo sempre più informale, interattivo e di improvvisazione musicale e vocale non può
non essere veicolo dell'apertura al plurilinguismo e al pluriculturalismo che sta vivendo la società
italiana contemporanea, rispecchiata (o forse anche artificiosamente amplificata) dal ricorso a
prestiti lessicali, ma anche dalla massiccia presenza di formule di parlato in inglese, titoli, nomi e
località straniere, pronuncia italiana dei DJ anglofoni e soprattutto canzoni in inglese e in altre
lingue, quantitativamente molto consistenti e addirittura preponderanti rispetto al parlato in certe
radio "di flusso".11 Dal gusto per l'esterofilia musicale trabocca in radio il gusto per il parlato
mescidato, in cui la lingua cantata lascia tracce anche nel parlato interstiziale di intrattenimento. La
radio italiana, infatti, è oggi anche un flusso continuo di parole e musica, ovvero, per usare le belle
immagini di Menduni, "parole che entrano dentro la musica, musica che interrompe la dizione, frasi
enunciate che sono una mimesi della musica (per il ritmo, per il timbro della voce, per la loro
deformazione enfatica) e anche (soprattutto) una musica enunciativa, fatta con la sonorità di parole
pronunciate aritmicamente" (Menduni, 2001: 81-82).
2.4.3. Autotraduzioni e discorso riportato
I lacerti di frasi in lingue diverse dall'italiano vengono seguiti spesso da autotraduzioni che
sembrano tener conto del fatto che possano esserci degli ascoltatori che non ne afferrino il senso, sia
che si tratti di titoli di canzoni o di frasi in inglese introdotte per dare "colore" al proprio discorso:
(10) Esempio tratto dal parlato del DJ scozzese Nick the Nightfly nel programma Montecarlo Night
(Radio Montecarlo, 6.7.1995)
/NICK THE NIGHTFLY/ Mmmm, dolcissimo Gorge Benson, a Montecarlo Night, abbiamo ascoltato
You're the love of my life, tu sei l'amore della mia vita, eh, George Benson…
(in Diadori, 1998: 297)
(11) Esempio tratto dal parlato di un DJ di Radio Onda Ligure:
[DJ] Mercoledì due settembre, do you remembrer? Ti ricordi? L'appuntamento di ogni girono su Radio
Onda Ligure con Sweet Box con le tre ore costellate di grandi successi italiani e internazionali.
(in Bico, 1999: 229)
In altri casi la citazione può essere utilizzata per riportare il discorso di altri, pronunciato in lingua
diversa rispetto a quella del parlato in cui si inserisce, come vediamo in questo caso di citazione in
italiano in un brano radiofonico in dialetto:
(12) Esempio tratto da una trasmissione domenicale di trattenimento (trasmessa dalla radio locale
genovese Radio San Gottardo 1), con telefonate di ascoltatori e musica, condotta da una
presentatrice che fa parte di un'associazione culturale dialettale:
/PRESENTATRICE/ Alloa, andemmo a veddise a data de anchêu // eh, me dixan i me amixi da
Compagna, "Non dire oggi, di' anchêu". // E alloa, anchêu 15 dixembre, domenega.
(da Coveri-Picillo, 1997: 588)
2.5. Prestiti non adattati
11
Questo nuovo formato radiofonico, che, importato dagli Stati Uniti, viene adottato in Italia dalle radio private negli
anni '90, non prevede un palinsesto. Come osserva Menduni (2001: 123), "il concetto fondamentale della radio di flusso
è la rotation. Non è il pubblico a doversi adeguare ad orari precisi: l'emittente gli viene incontro ripetendo la
programmazione (…) in cicli periodici. In questo tempo circolare l'intervallo tra due successivi inizi della
programmazione, il clock, è generalmente di un'ora (…). Ogni clock ha i suoi 'isoritmi': elementi cadenzati (sigle di
identificazione, spot, nome della stazione, nome del conduttore) che permettono una piena riconoscibilità
dell'emittente".
Il prestito interessa vari livelli di lingua: fonetico, morfo-sintattico, stilistico; può essere costituito
da una singola parola o da un sintagma fisso, non necessariamente con intento stilistico o espressivo
(come la citazione) ma come "risposta a un'esigenza semantico-lessicale (…) o in quanto colma una
lacuna nella lingua di base, o in quanto rappresenta per il parlante il tentativo di dire il più
esattamente possibile una cosa che è abituato a trattare (o con cui è venuto specificamente in
contatto) nell'altra lingua, o che solo nella rispettiva cultura esiste: si deve ritenere quindi che non vi
sia per il parlante un corrispondente preciso disponibile nel lessico di base" (Berruto, 1990: 113).
Questo tipo di prestiti "di necessità" si trovano per esempio nel parlato degli stranieri alla radio
(Diadori, 1998), ma anche nei notiziari (Diadori, 1997: 127; Atzori, 2002).
(13) Esempio tratto da una telefonata in diretta al programma "Imminews" (trasmesso da Radio
Città Futura, emittente locale romana, l'8.9.1995) in cui interviene Manga, un commerciante
senegalese:
/RADIOASCOLTATORE SENEGALESE/ Quindi il mafè è un piatto più o meno… come si
chiama…mandingo, e cioè però molto diffuso pure nel Senegal, quindi anche loro sa che cosa vuol dire il
mafè, cioè è questa pastaa…
(in Diadori, 1998: 299)
(14) Esempio tratto da un radiogiornale nazionale (11.4.1994):
/GIORNALISTA/ In parole povere cos'è il blind trust, questo strumento diffuso negli Stati Uniti? Blind
trust letteralmente vuol dire fondo cieco
(in Diadori, 1997: 129)
Massimo Fanfani, nel suo saggio dedicato ai forestierismi alla radio, si occupa solo dei prestiti
lessicali, in particolare quelli "integrali" ovvero quelle parole e espressioni che "riconosciamo come
tali prima ancora che dal loro contenuto o dalla loro connotazione, proprio dall'aspetto esteriore,
presentando suoni difformi dalle nostre abitudini fonatorie, sequenze foniche inconsuete, nessi
anomali, terminazioni consonantiche al posto di quelle vocaliche che sono tipiche dell'italiano"
(1997: 739). Solo lo 0,55% del corpus di parlato radiofonico analizzato da Fanfani è costituito da
forestierismi: una percentuale che supera di poco la consistenza dei termini stranieri nell'italiano
parlato individuata da De Mauro et al. (1993: 150 sg.) nel Lessico di frequenza dell'italiano parlato
(0,30%)12. C'è da dire, però, che Fanfani non considera nella sua analisi i forestierismi presenti in
italiano da antica data (p.es. i punti cardinali), ma neanche "i nomi propri, i toponimi, i titoli, i
marchi di fabbrica, i nomi di prodotti commerciali stranieri" (cfr. p. 741): dal momento che le
trasmissioni da lui considerate sono prevalentemente notiziari e pubblicità radiofoniche, si può
supporre che queste ultime esclusioni abbiano ridotto fortemente il grado di mescolanza linguistica
che invece, secondo noi, caratterizza il parlato radiofonico anche a livello di prestito.
Certo è che, rispetto alle rigide norme xenofobe di epoca fascista, in base alle quali, come osserva
Raffaelli (1997: 33) "i prestiti subirono per lo più un immediato processo di assimilazione, di solito
mediante adattamento fonomorfologico o calco, che appagava l'orgoglio nazionalistico del tempo",
l'italiano radiofonico tende oggi ad adottare il prestito non adattato, forse per merito di una
maggiore conoscenza delle lingue straniere, o piuttosto della maggiore esposizione alle lingue
straniere attraverso la maggiore mobilità delle persone, l'uso di internet, della TV satellite e, non
ultima la presenza di "lingue altre" dalla pubblicità televisiva e dalla musica.
La pubblicità radiofonica, secondo Fanfani (1997: 751) è il programma con la maggiore incidenza
12
Rispetto a questa percentuale media, gli esotismi corrispondenti al corpus di italiano radiotelevisivo del LIP sono
leggermente più frequenti (0,36%), ma inferiori rispetto a quelli riscontrati nelle conversazioni telefoniche (0,42%).
Tuttavia, la percentuale media si abbassa a 0,25% se non si considerano gli esotismi derivati dal latino e dal greco (De
Mauro et al., 1993: 150).
di forestierismi (37%), seguita dai notiziari (27%), programmi ricreativi e culturali (25%), attualità
(11%).
Da quali lingue arriva dunque questa pioggia di parole straniere? Nel LIP gli esotismi, seppure a
livelli di minima significatività statistica, registrano come lingue più presenti (nell'ordine): l'inglese:
1049 su 1447 occorrenze totali; il latino (compresi alcuni grecismi classici): 244; il francese: 160.
Seguono, con poche occorrenze ciascuna, lo spagnolo, il tedesco, il russo, il giapponese, l'ebraico,
l'arabo. In particolare si nota che "l'enorme incidenza di ok (242 occorrenze, un sesto di tutti gli
esotismi) fa sospettare che le fortune dell'inglese siano affidate soprattutto all'American English"
(De Mauro et al. , 1993: 150). I dati di Fanfani (1997: 751) confermano al primo posto l'inglese con
565 occorrenze su 903 occorrenze totali (62,56%), seguito da francese (15,6%), latino (10,52%) e a
distanza da tedesco (3,32%), giapponese (2,87%), spagnolo (1,99%) e altre lingue.
3. DIALETTI ITALIANI, VARIETA' NON STANDARD DELL'ITALIANO E LINGUE
"ALTRE".
Il plurilinguismo alla radio, come abbiamo visto negli esempi riportati sopra, non interessa solo
l'inglese o altre lingue diverse dall'italiano, ma anche i dialetti italiani e le varietà non standard
dell'italiano, in particolare l'italiano di stranieri e le varietà regionali dell'italiano.
3.1. I dialetti italiani
In una comunità linguistica come quella italiana, caratterizzata oggi da una forte italofonia
complessiva, il dialetto trova nella radio il mezzo ideale per esistere (o "resistere"?) a livello di
identità culturale, capace di ricreare via etere una comunità virtuale che non c'è più nella
quotidianità dei rapporti interpersonali impostati piuttosto sull'italiano regionale. E' quanto risulta
dall'analisi della radiofonia ligure, svolta da Lorenzo Coveri e Anna Maria Picillo (1997), da cui
emerge che su 60 radio private, 17 (pari al 28%) presentano nel loro palinsesto programmi in
dialetto e/o sulla cultura dialettale, prevalentemente del genere "dediche e richieste" (con intervento
dei radioascoltatori al telefono) e "programmi culturali" (con interventi sul dialetto e sulla
culturadialettale). E' evidente che in programmi di questo tipo (offerti dalla radiofonia locale anche
in altre regioni d'Italia) c'è ampio spazio per le commistioni fra italiano, dialetto, italiano regionale,
e anche altre lingue presenti sul territorio, come osservano gli stessi autori:
"La caratteristica principale di questi programmi rimane l'uso di un dialetto in qualche occasione
necessariamente italianizzato e arricchito di neologismi dovuti alla specificità del mezzo radiofonico (ad
esempio la parola sponsor), dando forma a forme ibride che potremmo definire di 'italiano dialettizzato' o
di 'dialetto italianizzato'. I conduttori parlano prevalentemente in dialetto, ma non lo fanno quasi mai in
maniera esclusiva, per loro stessa ammissione, poiché devono tener conto ddella realtà linguistica
composita della Liguria, terra di intensi flussi immigratori. Si tratta quindi di un dialetto contemporaneo,
che il conduttore sente in qualche modo di dover ulteriormente semplificare, con passaggi rapidi
dall'italiano al dialetto, con glosse e autotraduzioni".
(Coveri-Picillo, 1997: 587)
3.2. Le varietà non standard dell'italiano: le varietà regionali dell'italiano.
Una delle conseguenze della riforma della radio negli anni '70 è stato l'emergere di voci diverse da
quelle degli speaker radiofonici professionisti, soprattutto le voci dei giornalisti e del pubblico, sia
in forma di intervista registrata, sia in forma di collegamento telefonico in diretta. Le varietà di
italiano regionale (più o meno marcate) vanno così ad affiancarsi all'italiano standard dei
professionisti nei programmi radiofonici delle radio locali e nazionali13, diventando il "tessuto" di
13
Cfr. Diadori (1999: 108sg) sulle pronunce regionali poco marcate dei radiogiornali a diffusione nazionale; Moneglia
(1997:572 sgg.) sulla pronuncia ancorata a modelli generici di italiano standard nel parlato dei DJ della Toscana e del
base dell'italiano radiofonico.
Citando alcune tra le innumerevoli "voci regionali italiane" che l'hanno raggiunta durante la sua
analisi di una giornata radiofonica, Nicoletta Maraschio cita "alcuni ragazzini piemontesi (…), il
cantautore milanese (…), il camionista e il contrabbandiere napoletano, l'amministratore locale
bolognese" (1997: 834) e conclude: "Da questo punto di vista la radio è davvero uno specchio dei
diversi parlati italiani, ma uno specchio occorre aggiungere deformante a causa proprio della sua
potenza, degli accostamenti che produce e della relativa omogeneizzazione che opera (…).
L'inserimento di tutte queste voci, per lo più selezionate, è cioè regolato e ubbidisce a precise regole
di tempi e di funzionalità delle diverse trasmissioni".
3.3. Le varietà non standard dell'italiano: l'italiano di stranieri.
La trasformazione dell'Italia in Paese di immigrazione ha portato un'ondata multiculturale e
multietnica nelle nostre scuole, nei nostri posti di lavoro, nei nostri uffici, ma anche nei film di
produzione italiana, nei programmi televisivi e in quelli radiofonici. Anche alla radio questo
fenomeno, registrato già nel corso degli anni '90, è andato via via intensificandosi per due ragioni
fondamentali:
a. la crescita esponenziale degli immigrati stranieri sul territorio italiano, capaci di comunicare
in italiano a vari livelli di competenza, che costituiscono sia nuovi bacini di utenza dei
programmi radiofonici, sia potenziali "voci" da microfono,
b. la costante attrattività della pronuncia straniera di chi fa spettacolo, specialmente se proviene
da aree geografiche legate ad aspetti di prestigio.
L'italiano di stranieri, un'interlingua che può restare a livello basico o evolversi verso varietà più
elevate, è dunque una varietà non standard di italiano sempre più presente nel repertorio linguistico
della comunità dei parlanti italiani, e al tempo stesso lo è nel tessuto linguistico del parlato
radiofonico14, sia che si tratti di una "patina" che caratterizza e rende riconoscibili le voci dei DJ o
dei conduttori, sia che siano gli stessi radioascoltatori non italofoni ad intervenire al microfono.
3.4. Le lingue "altre".
La radio, medium mobile per eccellenza, può raggiungere migliaia di turisti stranieri
temporaneamente residenti in Italia e informarli sulla viabilità e su ciò che può essere loro utile: è
quanto fa "Isoradio" trasmettendo comunicati in più lingue dedicati alle informazioni stradali per gli
automobilisti.
Dall'inizio degli anni Novanta le emittenti radiofoniche locali danno voce alle lingue immigrate in
trasmissioni rivolte alle minoranze etnolinguistiche di recente insediamento15, anche se non si
possono paragonare queste iniziative con quanto viene fatto da anni dalla BBC in Gran Bretagna,
che ha istituito un canale espressamente destinato alle trasmissioni per le numerose comunità
alloglotte presenti sul territorio, con programmi a carattere informativo, educativo e sociale.
La principale radio estera che trasmette in Italia dal 1966 è Radio Montecarlo, ma trasmette in
italiano. Esistono invece alcuni progetti di programmi radiofonici plurilingui (come il Progetto
sud Italia, in contrasto con quella dei DJ romani (fondata su una variante alta di italiano regionale romano) e dei DJ
"modello internazionale" (caratterizzata dall'italiano regionale settentrionale di registro colloquiale); Bico (1999: 216218) sulla varietà regionale molto marcata del servizio di un inviato della stazione Meteo Portosole di Sanremo.
14
Nella giornata radiofonica registrata nel 1994 e analizzata da Nicoletta Maraschio (1997), l'autrice ricorda di aver
sentito parlare, fra gli altri, "una signora giapponese che sta in Italia da trent'anni ma che ancora parla un italiano
approssimativo" (p. 834). Sull'italiano degli stranieri alla radio cfr. Diadori (1998).
15
Ricordiamo, fra le altre, "Radio Popolare" (Milano), che ha trasmesso programmi di informazioni per immigrati in
arabo e in italiano e programmi di musica etnica con conduttori stranieri (latino-americana, afro, ray algerina); "Nuova
Radio Roma" ha realizzato trasmissioni per la comunità degli immigrati da Sri Lanka; "Radio Città Futura" (Roma) che
ha mandato in onda un notiziario realizzato da una redazione multietnica (Imminews) e trasmissioni di musica e cultura
africana curate da DJ senegalesi . Cfr. Belluati, 1995; Diadori, 1998: 310-11; Manzi et al., 1999: 103-104;
"Mediterraneo", che prevede trasmissioni in corso, sardo e toscano, descritto nel contributo di
Annalisa Nesi in questo volume), ma niente di confrontabile con la radio europea plurilingue DBS
impiantata in Germania, o alla radio pubblica svedese che trasmette circa 4000 ore all'anno di
programmi in 10 lingue diverse16.
Solo l'avvento della radio in internet sembra promettere dei cambiamenti sostanziali in fatto di
trasmissioni radiofoniche in lingua straniera, se è vero che "sono già almeno duemila le radio che
trasmettono in internet, facendone la rete dei suoni e delle voci" (Menduni, 2001: 229-30).17
La realtà più tangibile della presenza in radio di lingue diverse dall'italiano e dai dialetti italiani è
oggi quella legata ai successi musicali internazionali (prevalentemente anglofoni e angloamericani,
a cui si sono aggiunti in anni recenti quelli latino-americani in spagnolo e portoghese, e quelli
etnici, in arabo o in lingue locali africane), intercalati dal parlato dei DJ: un italiano artificiosamente
"condito" con routines di parlato in basic English, forestierismi e inserti in inglese o in altre lingue
temporaneamente "di moda" (segnali discorsivi come ok e wow, nomi, titoli di canzoni, jingle e via
dicendo).
3.
CONCLUSIONI
Il ricorso ad altre lingue, nel flusso del parlato radiofonico italiano, può rispondere a diverse
funzioni comunicative, che riprendiamo dalle classiche categorie funzionali di Halliday e Jakobson
e che illustriamo qui in riferimento agli esempi riportati sopra:
1. funzione personale: quando le scelte linguistiche al di fuori dell'italiano standard o delle sue
connotazioni regionali meno marcate sono dettate da una sorta di autoaffermazione che, in
radiofonia, significa riconoscibilità e possibilità di fidelizzazione del pubblico ("questo è il
sound che mi caratterizza e mi fa riconoscere": es. 4, 6, 9, 10, 11, 12);
2. funzione interpersonale, quando lo scopo è quello di comunicare proprio con parlanti non
italofoni (es. 1), o viceversa quando la traduzione in italiano è intesa a assicurare la
comprensione di inserti in lingua straniera al pubblico italofono (es. 2, 3, 10, 11);
3. referenziale, quando si ricorre al forestierismo o ad altro fenomeno di contatto linguistico
per riportare un discorso fatto da altri con le sue esatte parole (es. 12) o per indicare un
oggetto o un concetto al di fuori dalle esperienze comuni dei radioascoltatori (es. 13, 14);
4. funzione regolativo-strumentale, quando il ricorso ad uno scarto linguistico rispetto al
codice di base del discorso è dettato dallo scopo ultimo di influire sul comportamento del
pubblico (es. 7, e in ultima analisi, anche se più nascostamente, anche gli es. 4, 6, 8, 9, 10);
5. funzione metalinguistica, quando la riflessione sulla lingua "altra" è funzionale ad un suo
recupero consapevole (dialetto locale: es. 12) o all'acquisizione o ampliamento di
conoscenze di base (inglese: es. 5) di cui si avverte l'inadeguatezza;
6. funzione poetico-immaginativa, quando l'uso delle sonorità legate ad altre lingue ha funzioni
espressive, come espediente stilistico per simulare lo stile colloquiale e il "registro
brillante" che caratterizza anche un certo linguaggio giornalistico recente18, giustificando
così il ricorso alla pronuncia straniera del DJ o del presentatore, l'uso di forestierismi e
formule in lingua straniera, l'esasperazione, insomma, dell'esotismo per fare spettacolo (es.
4, 6, 8, 9, 11).
Nel suo studio sui forestierismi alla radio Massimo Fanfani (1997: 760sgg) si domanda: "Qual è il
16
Cfr. Perotti (1987) e Hess-Lüttich (1989), citati da Fanfani (1997: 765).
Nel capitolo dedicato alla radio in internet, Menduni (2001: 217-232) rileva che la radio nazionale italiana RAI ha
solo un sito in rete, e solo dal 2000 (http://www.radio.rai.it), mentre trasmettono in rete le radio affiliate al gruppo
editoriale "L'Espresso" (attraverso KataWeb) e Fininvest (attraverso Jumpy). In particolare "KataWeb offre più di 80
canali e vuole raggiungere 100. Le pagine sono multilingui (non solo inglese, ma francese, tedesco, spagnolo,
portoghese) perché questa radio 'va molto all'estero'; si ascolta solo musica, non c'è nessunavoce della radio" (Menduni,
2001:227-28). Cfr. anche Carboni (2001).
18
Sul registro brillante nella prosa giornalistica cfr. Dardano (1994a) e Serianni (2000).
17
reale e specifico contributo della radio alla divulgazione e all'acclimatamento delle parole straniere,
quanto essa riesce a influire in questo settore tanto vivo e vitale per l'italiano contemporaneo, fino a
che punto modifica le nostre abitudini linguistiche?". A suo parere i radioascoltatori sembrano non
provare disagio per quei programmi in cui i forestierismi sono più frequenti, sia perché una parte
dei prestiti è sfuggita al loro ascolto e non sono stati riconosciuti come tali, sia perché altre volte
sono accompagnati da strategie di facilitazione capaci di favorirne la comprensione. Tuttavia la
radio, "se da una parte contribuisce a legittimare le parole straniere, divulgandole e rendendole
familiari per il vasto pubblico, dall'altra (ha) quasi un effetto narcotizzante", inducendo una
competenza prevalentemente passiva che "sembra inibire nell'ascoltatore quella capacità di usare e
manipolare direttamente, con le sue spontanee risorse, il materiale alloglotto che adesso via via gli
si offre preconfezionato davanti", al contrario di quando le novità straniere venivano sottoposte a
"un costante lavorio di riadattamento e selezione naturale".
Forestierismi, canzoni in lingua straniera, routine di parlato in inglese che punteggiano le pubblicità
o lo stile DJ internazionale, programmi in dialetto e nelle varie lingue delle minoranze
etnolinguistiche: tutto questo produce l'effetto di familiarizzare ad una realtà pluirilingue che,
apparentemente decaduta al dissolversi dei dialetti, riappare oggi prepotentemente sulla scia delle
lingue e culture immigrate, al seguito dell'aprirsi via etere o via web alle lingue e culture bel
"villaggio globale". In realtà si tratta piuttosto di un plurilinguismo virtuale, specialmente in quei
generi radiofonici che propongono commistioni linguistiche fra italiano e: a) inglese e altre lingue
"di spettacolo"); b) dialetti italiani; c) lingue immigrate. L'imitazione del parlato avviene, se mai,
secondo quella stilizzazione già osservata da Dardano nei cosiddetti "testi misti", in cui "sul piano
del lessico si ricorre a un repertorio circoscritto di parole-simboli (dialettalismi, regionalismi e
gergalismi, tutti presenti per lo più in una versione italianizzata) esprimenti in modo convenzionale
un'espressività di maniera" (Dardano, 1994b: 177).
Anche nel nostro caso l'"artificiosità" del linguaggio radiofonico plurilingue viene a tradire la
necessità di adeguare il codice scelto ad una immagine ideale a cui aspirano gli ascoltatori delle
rispettive nicchie di ascolto, formate da coloro che cercano:
a.
il superamento dei propri localismi attraverso il prestigio delle lingue e culture alla
moda (l'inglese americano in prima battuta e, a seconda delle mode momentanee,
lo spagnolo o altre lingue);
b.
il recupero della propria identità dialettale;
c.
il confronto con le comunità di recente immigrazione.
Considerando il forte potere evocativo del mezzo radiofonico, in cui il suono è, secondo Ong (1970)
"una speciale chiave sensoriale dell'interiorità", una sorta di "palcoscenico acustico", in cui
l'immagine è però incompleta e va riempita dalla fantasia dell'ascoltatore (Arnheim, 1987), è
evidente il rilievo che possono assumere le mescolanze di sonorità legate a lingue e culture diverse,
in quanto esperienze intellettuali che fanno leva sulla mente e sul sentimento del pubblico. Ci sia
consentito riprendere, proprio perché si parla di voci plurilingui alla radio, il collegamento fatto da
McLuhan (1986) fra l’avvento dei nuovi media, e la nascita del villaggio globale, di cui
costituiscono la condizione indispensabile: un villaggio globale che, nell'Italia multiculturale e
plurilingue di oggi, è fatto di ammiccamenti e allusioni ai dialetti, radici del nostro retroterra
linguistico-culturale, all'inglese, "superlingua" della comunicazione mondiale, e infine alle lingue
immigrate, sempre più stabilmente presenti nell'immaginario collettivo anche grazie alle loro
risonanze radiofoniche, oltre che alle immagini che ci giungono dal cinema e dalla televisione. Cosa
manca all'appello? Manca la voce dell'Europa linguistica, plurilingue per vocazione, ma quasi
defilata in questa nuova Babele di inizio millennio, in cui la dimensione planetaria della radio in
rete accentuerà la frantumazione delle distanze geografiche e la moltiplicazione dei fenomeni di
contatto linguistico che in questo lavoro abbiamo solo sommariamente elencato.
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