analisi del discorso - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca

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analisi del discorso - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca
ANALISI DEL DISCORSO
Analisi del discorso
•  A partire dagli anni Ottanta ampia diffusione del termine discorso nelle scienze del
linguaggio.
•  Trasformazione nel modo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prende
posizione a favore di una particolare concezione del linguaggio e della semantica, che
dipende dalla influenza di diverse correnti pragmatiche.
•  L’analisi del discorso è un campo di studi eterogeneo, in cui confluiscono discipline e
tradizioni relativamente autonome: Pragmatica, Retorica, Semiotica,
Argomentazione.
Due paradigmi a confronto
(Caffi, 2009:22, cfr. Nerlich-Clark 1996:7)
Paradigma formale
Paradigma funzionale
Una lingua è una forma di categorizzazione
Una lingua è uno strumento della interazione
sociale
La funzione primaria della lingua è
l’articolazione del pensiero
La funzione primaria della lingua è la
comunicazione
Il correlato psicologico di una lingua è la
competenza linguistica
Il correlato psicologico di una lingua è la
competenza comunicativa
La sintassi è autonoma rispetto alla semantica
e entrambe sono autonome rispetto alla
pragmatica
La pragmatica è la cornice al cui interno si
collocano sintassi e semantica: la semantica è
subordinata alla pragmatica e la sintassi alla
semantica
Caratteristiche del discorso
•  Il discorso assume una organizzazione transfrastica.
•  Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine.
•  Il discorso è una forma di azione (Austin).
•  Il discorso è interattivo.
•  È contestualizzato.
•  È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo stesso si pone come riferimento personale,
temporale, spaziale e modalizzante (enunciazione).
•  Esprime un posizionamento, ha una finalità persuasiva e una componente argomentativa.
•  È regolato da norme.
•  È sempre preso in un interdiscorso.
•  È il prodotto ma anche l’elemento unificante di una comunità discorsiva (per es. dei giornalisti, degli
economisti, dei pubblicitari, dei linguisti, dei medici, ecc.) (sotto insieme della società caratterizzato dalla
produzione di discorsi (Maingueneau, 2009)
Fairclough (Media Discours, London, 1995) distingue 2 accezioni principali:
a) 
discorso come azione sociale e interazione (accezione dominante negli
studi linguistici)
b) 
discorso come costruzione sociale della realtà, forma di conoscenza
(accezione usata principalmente nella teoria sociale post-strutturalista,
cioè nel lavoro di Foucault).
Antelmi, Comunicazione e analisi del discorso, 2012: il discorso è una
«pratica che forma oggetti di conoscenza e determina precise configurazioni
interpersonali e sociali».
•  L’Analisi del Discorso assume un punto di vista vicino ai media studies per
quanto riguarda l’attenzione al contesto, produttivo e sociale, in cui i media
operano. Ma, diversamente dalla linea socio-antropologica, che privilegia le
ricerche sul pubblico e l’industria dei media, adotta come punto di vista
privilegiato il testo e si riferisce alla tradizione linguistica e semiologica.
•  La specificità di questo indirizzo consiste nella metodologia di indagine che
si serve di strumenti “fini”, in grado di individuare nei testi gli elementi
significativi che agiscono nel e sul contesto.
Orientamento qualitativo
•  L’analisi non è limitata al piano semantico manifesto del testo ma
comprende, anzi privilegia, contenuti impliciti e sensi che si determinano
nelle relazioni tra testo e contesto.
•  La grammatica è importante per l’analisi del discorso: la realtà non viene
costruita solo con le parole ma anche con la posizione delle parole all’interno
della frase, per esempio forma attiva o passiva (che consente di non
menzionare il responsabile di un’azione) (vedi oltre: Halliday).
Il problema del contesto
•  Contesto interno
Per Aristotele (Retorica 1358a 37-b 1) il discorso è l’insieme di tre fattori: colui che
parla, ciò di cui si parla, colui a cui si parla. I parlanti-ascoltatori sono dentro e non
fuori il discorso, sono suoi elementi costitutivi e non utenti esterni (contesto interno)
(Piazza, L’arte retorica: antenata o sorella della pragmatica?, «Esercizi filosofici», n.
6) (situazione di enunciazione).
•  Contesto esterno
Il discorso, diversamente dal testo, comprende non solo il contesto interno ma anche le
condizioni extralinguistiche della sua produzione e ricezione (cfr. Adam 1999): attori,
istituzioni, luoghi di produzione (situazione di comunicazione).
•  L’analista del discorso non si limita ad una operazione descrittiva, che consiste nel
dire come funziona un testo, ma pone un’altra domanda, più vicina all’analisi
sociologica e soprattutto al concetto foucaultiano di potere/sapere: perché è così
organizzato? chi ha interesse a che il testo funzioni in questo modo?
•  Nella società contemporanea un tipo significativo di potere è il potere di
rappresentare la realtà in un particolare modo e il potere di fare accettare la propria
rappresentazione non come una tra le altre ma come quella vera: la versione naturale,
ovvia, neutrale della realtà.
Analisi critica del discorso
•  Adotta il termine discorso nell’accezione di uso del linguaggio in quanto parte della
vita sociale e in quanto costruzione della realtà sociale
•  Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso
•  Si occupa del discorso pubblico e in particolare dei media: testi non letterari ma di
rilevanza sociale
•  Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni, la gerarchia degli
argomenti che vanno ad alimentare i giudizi diffusi sul mondo
•  Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare di categorizzazione) e le
pratiche di esclusione all’opera nei Paesi occidentali: distribuzione non equa fra i
diversi gruppi sociali delle opportunità di dare senso.
•  La questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la seguente: in che
modo, nelle società occidentali moderne, la produzione di discorsi cui si è attribuito
un valore di verità è legata ai vari meccanismi e istituzioni di potere? (Foucault 1976,
p. 8)
Discorso e potere
«Con potere non voglio dire il ‘Potere’, come insieme di istituzioni e di
apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno Stato
determinato. Con potere non intendo nemmeno un tipo di assoggettamento,
che in opposizione alla violenza avrebbe la forma della regola. […] Con il
termine potere mi sembra si debba intendere innanzitutto la molteplicità dei
rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della
loro organizzazione; il gioco che attraversa scontri e lotte incessanti li
trasforma, li rafforza, li inverte; gli appoggi che questi rapporti di forza
trovano gli uni negli altri […], le strategie infine in cui realizzano i loro
effetti, ed il cui disegno generale o la cui cristallizzazione istituzionale
prendono corpo negli apparati statali, nella formulazione della legge, nelle
egemonie sociali […] il potere è dappertutto; non perché inglobi tutto ma
perché viene da ogni dove» (Foucault, La volontà di sapere (1976),
Feltrinelli, 1996:81-82).
Cfr. R. Barthes
Barthes, Critica del potere
«noi abbiamo creduto che il potere fosse un oggetto eminentemente politico;
oggi crediamo che esso sia anche un oggetto ideologico, che si insinua dove
non risulta facile individuarlo di primo acchito (nelle istituzioni,
nell’insegnamento), ma che in definitiva continui ad essere sempre uno solo.
[…]; ovunque, in ogni dove, vi sono capi, centri di potere, siano questi
imponenti o minuscoli, gruppi di oppressione o di pressione; ovunque si odono
voci “autorizzate”, che si autorizzano a farsi portavoce del discorso di ogni
potere: il discorso dell’arroganza. Ecco allora intuiamo che il potere è presente
anche nei più delicati meccanismi dello scambio sociale: non solo nello Stato,
nelle classi, nei gruppi, ma anche nelle mode, nelle opinioni comuni, negli
spettacoli, nei giochi, negli sport, nelle informazioni, nei rapporti familiari e
privati, e persino nelle spinte liberatrici che cercano di contestarlo: io chiamo
discorso di potere ogni discorso che genera la colpa, e di conseguenza la
colpevolezza, di colui che lo riceve […] il potere è il parassita d’un organismo
trans-sociale, legato all’intera storia dell’uomo, e non solamente alla sua storia
politica, storica. Questo oggetto in cui, da che mondo è mondo, s’inscrive il
potere è: il linguaggio – ovvero, per essere più precisi, la sua espressione
obbligata: la lingua» (Lezione (1978), 1981:6-7)
Livelli di analisi del discorso
•  Campi d’azione
•  Generi
•  Testi
•  Campi d’azione
cornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà della
società (es. formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi,
macchina pubblicitaria, ecc.)
•  Genere
modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con un
particolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quello del
testo, prima cornice testuale); governa le modalità di codificazione del testo,
secondo criteri di adeguatezza pragmatica.
•  Testo
«Risultato concreto di pratiche discorsive istituzionalizzate» (Antelmi,
Comunicazione e analisi del discorso)
interpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come il
prodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale in
cui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezione semiotica
(il testo è anche prodotto dalla ricezione che il pubblico esercita attivamente
ogni volta che legge, ascolta o osserva un insieme di enunciati).
Esempio1
Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e
autopresentazione
•  Generi
•  Comunicati stampa
•  Conferenze stampa
•  Interviste
•  Talk show
•  Tavole rotonde
•  Articoli
•  Libri
•  Discorsi istituzionali
•  Ecc.
Esempio2
Campo d’azione della propaganda politica
•  Generi:
•  programmi elettorali,
•  slogan,
•  discorsi in campagna elettorale,
•  manifesti,
•  opuscoli,
•  propaganda a mezzo posta,
•  dibattiti televisivi,
•  ecc.
Genere
•  Secondo Halliday (Il linguaggio come semiotica sociale, p. 153) una caratterizzazione
completa della testualità non può prescindere dal riferimento al genere
•  I generi sono forme dell’enunciazione, legate a particolari pratiche sociali, che sono
date all’individuo (anche se mutevoli, elastiche, storicamente e culturalmente formate).
•  Corrispondono a situazioni tipiche della comunicazione verbale, a temi tipici e a contatti
tipici tra i significati delle parole e la concreta realtà effettiva in circostanze tipiche.
•  Nell’analisi letteraria (Poetica) il genere accomuna un insieme di opere omogenee per
contenuto, stile e struttura compositiva (Corti, La comunicazione letteraria, 1976: 156).
Due categorie di genere: una astratta, atemporale (genere lirico, fantastico, epico,
drammatico ecc.); l’altra storica (genere romantico, realista, naturalista, ecc.)
•  Il genere determina fattori come la lunghezza, i partecipanti ecc. e soprattutto determina
un orizzonte di attese nel destinatario (es. favola di La Fontaine; dialogo di Galileo
Galilei): è un dispositivo di decodifica.
I generi del discorso
nella retorica classica
•  Aristotele: ogni discorso è il risultato di tre elementi:
•  Chi parla
•  Ciò di cui parla
•  A chi si rivolge (problema dell’uditorio)
•  Tre tipi di ascoltatori nella polis greca:
•  Membri di un’assemblea politica
•  Giudice nei processi
•  Spettatori
Funzioni dell’uditorio e
generi del discorso
Genere
Scopo dell’oratore
Funzione dell’uditorio
deliberativo
Consigliare l’utile
Prendere decisioni (su
azioni future)
sillogismo
giudiziario
Difendere il giusto
Esprimere un verdetto
(su azioni passate)
esempio
epidittico
Potenziare l’adesione ai
valori
Disporsi all’azione
amplificazione
Bachtin (1929)
«Ogni sfera d’uso del linguaggio elabora propri tipi relativamente stabili di
enunciazioni, tipi che chiameremo generi del discorso […]. Il problema generale dei
generi non è mai stato posto veramente. Si sono studiati per lo più i generi letterari. Ma
dall’antichità classica ai nostri giorni essi sono stati studiati dal punto di vista della loro
specificità artistica, nelle loro specifiche distinzioni differenziali (nell’ambito della
letteratura) e non come tipi particolari di enunciazione […]. Sul piano della linguistica
generale il problema della enunciazione e dei suoi tipi non è stato quasi tenuto in
nessun conto. A partire dalla antichità classica si sono studiati i generi retorici […] ma
anche qui la specificità dei generi retorici (giuridici, politici epidittici) offuscava la loro
natura linguistica. Si sono studiati infine anche i generi del discorso quotidiano […].
Ma neppure questo studio poteva portare a una corretta definizione della natura
linguistica della enunciazione, perché si limitava alla specificità del discorso quotidiano
orale […]. Di particolare importanza è qui rilevare la differenza essenziale tra generi
del discorso primari (semplici) e secondari (complessi)» (L’autore e l’eroe, Einaudi,
1979: 40)
•  generi primari: conversazione quotidiana, lettera, racconto familiare, sorgono
all’interno della comunicazione verbale immediata.
•  generi secondari: dramma, romanzo, lavori scientifici, generi pubblicistici di
ampie dimensioni, sorgono all’interno di una più complessa e relativamente
sviluppata comunicazione culturale (soprattutto scritta).
«Per parlare noi ci serviamo sempre di determinati generi del discorso, cioè tutte le nostre
enunciazioni dispongono di determinate forme tipiche di costruzione del tutto, relativamente
stabili. Praticamente ci serviamo di un ricco repertorio di generi orali e scritti, ma teoricamente ne
possiamo anche ignorare l’esistenza: noi parliamo in svariati generi senza sospettarlo. Questi
generi ci sono dati quasi come ci è data la lingua materna».
I generi del discorso sono «le cinghie di trasmissione dalla storia della società alla
storia del linguaggio» (Bachtin, 1979:251).
Problema del rapporto tra stile e genere, libertà individuale d’espressione e forme codificate
dell’uso.
Generi del discorso per Maingueneau (2004)
•  Generi di conversazione
•  Generi istituzionali, legati a specifiche istituzioni (scuola, partito, chiesa,
giornale), associati ad attanti con ruoli specifici o ad attività relativamente
standardizzate (Antelmi, p. 55)
•  Routinari, caratterizzati da modelli stabili (perché qui le scelte comunicative sono
strettamente dipendenti dalla situazione storico-sociale): articoli giornalistici,
verbali, lettere aziendali, comunicati stampa, contratti, fatture commerciali, leggi,
guide turistiche ecc.
•  D’autore, produzioni più personali interne a una tradizione letteraria, filosofica,
religiosa (memoria, trattato, romanzo ecc.).
La nozione di genere occupa un posto speciale nell’Analisi del discorso: in
quanto legato a una specifica pratica sociale, il genere diventa una marca
caratterizzante diverse attività comunicative umane.
Lo spostamento di attenzione verso le attività e gli scopi della interazione
umana determina uno slittamento dei generi classici in funzione del
raggiungimento di un determinato scopo.
Ad esempio l’adozione del genere conversazione in trasmissioni televisive trasforma il rapporto
istituzione-cittadino (asimmetrico e sbilanciato per autorità e potere) in un rapporto tra privati
e pari, con l’effetto di naturalizzare la rappresentazione del reale (Antelmi, 2006).
Problema della ibridità e della mescolanza dei generi (Fairclough).
Generi e tipi testuali
•  Si tratta di due categorie distinte dell’analisi testuale.
•  Il tipo testuale definisce i diversi procedimenti comunicativi in base agli
scopi dell’emittente, che legano il tipo testuale a un particolare atto
linguistico.
•  Ogni enunciazione testuale è il compimento di un tipo di comunicazione
ricorrente nella società e normalizzato nella sua struttura.
L’ipotesi di partenza della linguistica del testo è che l’esecuzione di intenzioni
comunicative all’interno di una società sia per il singolo già in larga misura
preformata sotto forma di tipi di interazione con un determinato potenziale
comunicativo (domandare, rispondere, chiedere un favore, informare ecc., ma
anche raccontare, intervistare, argomentare).
Questi tipi comunicativi possono essere considerati come istituzioni sociali che
riducono la complessità delle possibili azioni.
Tipi testuali
come macroatti linguistici
•  Ogni enunciazione testuale è il compimento di un atto di comunicazione ricorrente
nella società e normalizzato nella sua struttura
•  Nella retorica classica:
Narrativi, descrittivi, argomentativi, espositivi
•  Secondo Werlich (1976):
Narrativi, descrittivi, argomentativi, informativi, regolativi
•  Secondo Beaugrande-Dressler (1981):
Narrativi, descrittivi, argomentativi
Vedi anche
F. Sabatini, Rigidità-esplicitezza vs elasticità-implicitezza: possibili parametri massimi per una tipologia di testi,
in Skytte e Sabatini (a cura di), Linguistica testuale comparativa, Copenhagen, 1999
C. Lavinio, Comunicazione e linguaggi disciplinari, Carocci, 2004
Ibridità
•  Mescolanza di testi e stili diversi
•  Dardano definisce “testi misti” quelli in cui avviene una mescolanza
•  A) di forme diamesiche (parlato-scritto nei giornali)
•  (nella struttura delle frasi: paratassi, dislocazione a sinistra, sospensioni,
autocorrezioni, ridondanza e ripetizioni, uso di particolari connettivi e formule
allocutive ecc.)
•  Sul piano lessicale: gergalismi e regionalismi
•  B) di tecniche discorsive: citazioni, discorso riportato
•  C) di campi di conoscenze e relativi modelli di azione: tipi testuali tendono a
fondersi in tipi ibridi
Testo
•  Testo è ogni parte linguistica enunciata di un atto comunicativo entro un
gioco di azione comunicativo che sia orientata tematicamente e assolva una
funzione comunicativa riconoscibile.
•  Solamente mediante la funzione illocutiva (socio-comunicativa), progettata
da un parlante, riconoscibile dai suoi interlocutori e realizzata in una
situazione comunicativa, un insieme di enunciazioni verbali diventa un
coerente processo testuale, efficace nella sua funzione sociocomunicativa e
regolato da regole costitutive.
•  Il testo non è solo un insieme coerente di enunciati, ma un insieme di
enunciazioni in funzione, ossia la realizzazione socio-comunicativa di una
testualità.
Criteri della testualità
Coesione
Coerenza
Intenzionalità Accettabilità Informatività Situazionalità Intertestualità
livello sintattico
livello semantico
emittente
ricevente
contenuto testuale
contesto
relazione con gli altri testi
Criteri della testualità
•  Il testo è una unità comunicativa che soddisfa sette criteri di testualità: a)
coesione, b) coerenza, c) intenzionalità, d) accettabilità, e) informatività, f)
situazionalità, g) intertestualità.
•  Tali condizioni possono essere distinte in due categorie: quelle pertinenti al
materiale testuale, per le quali il testo è dunque un’elaborazione di elementi
strettamente linguistici (a, b), e quelle che riguardano invece la modalità in
cui gli utenti partecipano all’attività del prodotto testuale (in particolare c, d)
(De Beaugrande-Dressler)
•  L’assenza di uno dei sette criteri determina testi anomali, mentre in assenza
di coerenza è la stessa qualifica di testo che viene a cadere. La condizione
veramente necessaria per poter assegnare lo status di testo a una sequenza
di frasi è la coerenza in quanto globale unità di senso (Conte 1977).
Coerenza
Criterio che distingue un testo da un non-testo
Due accezioni di coerenza
•  Assenza di contraddizioni (consistency) (a parte obiecti)
•  Organicità (integrazione della parti nel tutto: testo come unità di senso
strutturata) (coherence); implica
(a parte subiecti) l’intenzionalità
comunicativa e l’atteggiamento dell’interprete (accettabilità), una
disponibilità del ricevente
a interpretare il testo come una totalità
significativa: rinvio al principio di cooperazione e alla nozione di
implicatura.
Testi multimodali
Utilizzano più sistemi semiotici (verbale, gestuale, iconico, sonoro, ecc.).
Difficoltà di tenuta dei criteri della coerenza e della coesione.
Antelmi: Il dispendio cognitivo del destinatario alla ricerca di un senso
apparentemente in contrasto con la funzione informativa del messaggio è
ricercato dal pubblicitario che desidera trattenere l’attenzione del lettore.
Coesione
Meccanismi di superficie che tengono insieme un testo
•  Concordanza (articolo, aggettivo, nome / soggetto, verbo)
•  Legami costruiti da
•  Ripetizione
•  Rinvii forici (anafora e catafora)
•  Sostituti lessicali (sinonimi, iperonimi, parafrasi, incapsulatori anaforici)
•  Articolo: articolo definito per un referente noto, indefinito per un referente nuovo
•  Ellissi (il più potente ed economico dei fattori coesivi)
•  Connettivi argomentativi (di conseguenza, quindi, perciò ecc.)
•  Marcatori testuali (innanzitutto, infine, per concludere ecc.)
Linguaggio come semiotica sociale
(Halliday)
Duplice funzione del linguaggio
•  Riflettere sulle cose
•  Agire simbolicamente (sulle persone)
L’individuo membro di una società è una persona che significa, esprime significati e
attraverso questi atti di significazione la realtà sociale viene creata, mantenuta in
buon ordine e continuamente rimodellata (realismo mediato o realismo critico).
Modello di Halliday
!
Funzione
ideativa*!
!
Rappresentazione del mondo!
!
!
Funzione
!
Interazione verbale, relazioni di
ruolo, di potere, obbedienza ecc.!
!
Sistema semantico della forza
illocutoria (affermazione,
domanda, ipotesi, per
convincere, minacciare,
chiedere) e del modo (certezza,
probabilità)!
!
Organizzazione del messaggio dal
punto di vista della informazione,
della tematizzazione e della
identificazione!
!
Sistema semantico del tema:
distinzione tra informazione
data o condivisa (tema) e
informazione nuova (rema)!
interpersonale!
!
Funzione testuale!
Sistema della transitività (forme
attive e passive del verbo,
nominalizzazioni)!
• Brown e Yule (Analisi del discorso (1983), il Mulino 1986, riprendendo il modello di Halliday,
parlano a questo proposito di funzione transazionale, mentre per la funzione definita da Halliday
interpersonale adottano l’espressione interazionale).
FUNZIONE INTERPERSONALE
Pragmatica illocutoria e pragmatica enunciativa
PRAGMATICA ILLOCUTORIA
Cos’è la pragmatica?
Per Ch. Morris, Fondamenti della teoria dei segni (1938) è una delle tre dimensioni in
cui si articola la semiosi
•  Semantica: relazione dei segni con gli oggetti cui sono applicabili
•  Sintattica: relazione dei segni tra loro
•  Pragmatica: relazione dei segni con gli interpreti
Kerbrat-Orecchioni (1984) distingue due linee della pragmatica:
a)  Pragmatica enunciativa: ha come oggetto la descrizione delle relazioni che si
stabiliscono tra l’enunciato e i parlanti e di tutti gli aspetti dell’enunciato verbale
che dipendono dal quadro enunciativo in cui è inserito.
b)  Pragmatica illocutoria, o teoria degli atti linguistici: studia ciò che permette ad un
enunciato di funzionare come un atto specifico, cioè i suoi aspetti performativi e
illocutori.
La Teoria degli atti linguistici
Austin (1911-1960)
Performatività
(da to perform)
Già Aristotele distingueva tra frasi apofantiche e frasi semantiche.
Nel Novecento la riflessione pragmatica si deve a: Wittgenstein, Austin,
Searle, Grice.
Si possono descrivere le seguenti frasi in termini di
verità/falsità?
•  Chi vuole fare l’esame nel primo appello?
•  Fate attenzione!
•  Bene, promosso!
•  Ti prometto che ne terrò conto
•  Scommetto che ti darà la lode
•  Ti consiglio di ripensarci
•  Mi scuso per l’errore
•  Battezzo questa nave Queen Elizabeth
•  Vietato fumare
•  Cane feroce
Teoria dell’azione comunicativa
Austin, Performativo e constatativo (1958)
Con gli enunciati assertivi si dice qualcosa
Con gli enunciati performativi (che contengono un verbo
performativo) si fa qualcosa, o meglio si fa quello che si dice e si
dice quello che si fa.
I verbi performativi segnalano lo svolgimento
di un atto linguistico
Asserire, giudicare, ordinare, scommettere, giurare, dichiarare,
domandare, salutare, licenziare, dimettersi, battezzare ecc.
La loro presenza in un atto linguistico implica l’esecuzione dell’azione
che evocano.
Sono verbi che alla prima persona del presente indicativo fanno quello
che dicono e dicono quello che fanno (Caffi, p. 37)
Condizioni di funzionamento del performativo:
•  prima persona singolare
•  Forma attiva
•  indicativo presente
Austin: tipi di atti linguistici in relazione
a verbi illocutivi
•  Verdettivi: emissione di un verdetto, un giudizio, una valutazione
(giudicare, stimare, valutare, calcolare)
•  Esercitivi: esercizio di poteri, diritti, influenza (ordinare, raccomandare,
lasciare in eredità, licenziare, votare per, avvertire, consigliare)
•  Commissivi: assumere un impegno
(promettere, scommettere, avere intenzione di, proporre, giurare, opporsi,
acconsentire)
•  Comportativi: legati ad atteggiamenti e comportamenti sociali
(scusarsi, congratularsi, sfidare, ringraziare, dare il benvenuto, augurare,
benedire, maledire, lamentarsi)
•  Espositivi: usati nel discorso nella esposizione di un modo di vedere:
illustrare opinioni, portare avanti discussioni, chiarificare usi e riferimenti
(affermare, negare, rispondere, domandare, dedurre, definire, concludere).
Forma canonica del performativo
Prima persona singolare, verbo in forma attiva, indicativo
presente
•  Esempi:
•  Scommetto…, battezzo..., dono..., dichiaro..., prego…
•  E però sono performativi pur non rispettando la forma canonica,
•  vietato fumare
•  I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio
•  Chiudi la porta!
mentre: Asserisco che c’è il sole, è in forma canonica ma non è un
performativo.
Condizioni di buona riuscita (felicità)
•  A) Competenze relative alla procedura convenzionale accettata,
che deve includere certe persone in certe circostanze, il loro atto
di pronunciare certe parole e la loro rispettiva appropriatezza
•  B) Rispetto della procedura, che deve essere eseguita in modo
corretto e completo
•  C) Stati interni del parlante coerenti con la procedura eseguita e
comportamenti conseguenti coerenti
Infelicità
Rispetto all’oggetto o
all’interlocutore: Colpi a vuoto
Atto preteso ma
nullo
Invocazioni indebite
(violazione della
condizione A)
Rispetto alla procedura:
Esecuzioni improprie
(violazione della
condizione B)
Abusi
Rispetto al parlante:
Atto ostentato ma vacuo
(Violazione della condizione C)
•  Invocazioni indebite: una delle condizioni di proferimento non viene
rispettata (persone, momento, procedure): ad esempio si battezza un
pinguino; si scommette qualcosa senza che ci sia qualcuno che scommette il
contrario
•  Esecuzioni improprie: ad esempio un cerimoniale (matrimonio,
giuramento) non realizzato completamente ma interrotto per qualche motivo
esterno (esempio giuramento di Obama, 20.1.2009)
•  Abuso: quando l’enunciato viene formulato senza sincerità (non si hanno
sentimenti, pensieri, intenzioni corrispondenti), oppure non è seguito da un
agire coerente: ad esempio: “mi congratulo!” quando non penso che sia
un’azione lodevole; oppure “benvenuto!” e poi tratto la persona come un
intruso.
Condizioni di buona/cattiva riuscita
dei constatativi
Austin, How to do things with worlds (1962):
Parlare comporta compiere azioni di tipo sociale, regolate da convenzioni
spesso tacite. Tali convenzioni comprendono “condizioni di felicità”, che
devono cioè essere soddisfatte dal contesto in cui l’enunciato è proferito.
Anche l’atto linguistico assertivo risponde a condizioni di felicità che, se
violate, possono decretarne il fallimento. Tra le condizioni di felicità di un
atto assertivo c’è il riferimento, in assenza del quale l’atto assertivo non può
avere un valore di verità.
I livelli di descrizione dell’atto linguistico
Austin, How to do things with words (Come far cose con le parole), 1962:
dire qualcosa equivale a compiere tre atti simultanei:
Locutivo: atto del dire qualcosa, equivale a pronunciare una certa frase con un certo
significato (in senso tradizionale). Comprende l’atto di emettere certi suoni
(fonetico), l’atto di proferire vocaboli appartenenti a un certo lessico e a una certa
grammatica (fatico), l’atto di usare questi vocaboli con un senso e un riferimento
più o meno definiti
Illocutivo: atto nel dire, modo in cui deve essere interpretato ciò che si dice; forza:
funzione comunicativa convenzionale: la forza illocutoria è esplicitabile attraverso
forme messe a disposizione da una lingua naturale.
Perlocutivo: atto col dire, ciò che otteniamo o riusciamo a fare con le parole
(dimensione non convenzionale). Distinzione tra obiettivo perlocutorio (connesso
alla illocuzione) e seguiti perlocutori (non necessariamente legati alla illocuzione).
Forza illocutiva
•  Elemento di novità introdotto da Austin.
•  Funzione comunicativa convenzionale e contestualizzata (es.
domanda, ordine, promessa, consiglio, preghiera, ecc.)
•  Mette a fuoco i diversi modi in cui il linguaggio è azione
Significato letterale e forza
“Questo Paese deve essere unito, e se non l’unisce la
persuasione lo farà la spada”
(Convenzione Federale di Filadelfia, 1787, discussione sulla futura Costituzione degli Stati
Uniti)
Che tipo di atto è ?
•  Constatazione
oppure
•  Avvertimento, minaccia
Giuseppe ama i suoi libri come figli
•  Asserzione
oppure
•  Avvertimento (restituire il libro al più presto)
•  Ciò che facciamo col dire può restare identico pur variando ciò che facciamo
nel dire.
Esempio
un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio:
•  Non verbalmente, osservando con aria severa e seccata gli astanti
•  Con una domanda: potete fare silenzio?
•  Con una asserzione: sembra il mercato
•  Con un’esortazione: facciamo silenzio!
•  Con un ordine: fate silenzio!
•  Con una esclamazione: che chiacchiera!
•  La funzione perlocutiva può essere realizzata attraverso diversi
atti illocutivi.
•  Per esempio in una campagna elettorale:
•  Invito esplicito a votare un certo candidato: Votate Mario Rossi (atto
esercitivo) (Jakobson: funzione conativa)
•  Presentazione del candidato: Mario Rossi, uno come te (atto descrittivo)
(Marmo: strategia della complicità)
•  Vedi anche nella pubblicità commerciale:
•  Acquista una cucina Scavolini (atto esercitivo)
•  Scavolini, la più amata dagli italiani (atto descrittivo)
Indicatori di forza illocutoria
•  Indicatori lessicali
•  Verbi illocutori
•  Forme di intestazione: Convocazione, Nomina, Autorizzazione, Domanda, Avviso
•  Espressioni frasali (per favore)
•  Indicatori sintattici
•  Modo verbale: imperativo e le sue funzioni: Giura di dire la verità
(imperativo=direttivo) vs Tu giuri di dire la verità
(indicativo=assertivo); augurio: divertiti!; offerta: prendilo pure!;
istruzioni: prendete un Kg di farina….
•  Passivo: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del
sottopassaggio; la seduta è tolta; Lei è licenziato!
•  Forma impersonale: si prega di riagganciare; Con la presente la S.V. è
convocata; si avverte che i trasgressori saranno puniti
•  Tempo verbale: es.futuro (promessa: verrò); imperfetto (volevo solo
chiedere..).
•  Indicatori prosodici
•  Tono della voce
•  Enfasi
Esempio:
Vieni da noi
Vieni da noi?
Può avere diverse forze:
•  Ordine
•  Domanda
•  Richiesta gentile
•  Esclamazione di stupore
Searle (1932-)
•  «Parlare una lingua significa impegnarsi in una forma di comportamento
molto complessa, governata da regole. Apprendere a padroneggiare una
lingua è tra l’altro apprendere a padroneggiare tali regole» (Atti linguistici.
Saggio di filosofia del linguaggio, a cura di Leonardi, Boringhieri, 1976;
ed.or.1969, p. 36)
Influenza della linguistica chomskiana:
•  «La struttura semantica di una lingua può essere concepita come la
realizzazione convenzionale di una serie di insiemi di regole costitutive
sottostanti […] gli atti linguistici sono atti eseguiti, tipicamente, enunciando
espressioni in accordo con questi insiemi» (ivi, p. 65)
Regole costitutive e
regole normative
•  La maggior parte delle regole regolano comportamenti preesistenti: “guidare
sul lato destro della strada” stabilisce come si guida negli Stati Uniti, ma
l’attività di guidare un auto esiste indipendentemente da tale regola. La
forma caratteristica di queste regole è “fai X”.
•  Alcune regole non solo regolano ma creano la possibilità stessa del
comportamento: ad esempio le regole degli scacchi costituiscono il gioco. La
forma caratteristica di queste regole è “X ha valore di Y nel contesto C”.
Perché un pezzo di carta (X) abbia valore di banconota (Y) sono necessarie
regole costitutive, in primo luogo regole costitutive relative al valore di
banconota; in secondo luogo regole costitutive relative alla validità delle
banconote.
Ciò vale anche per l’uso del verbo promettere: «l’enunciazione
di P conta come l’assunzione dell’obbligo di fare x»
Dimensioni fondamentali di variazione degli atti illocutori
•  Scopo dell’enunciato
•  Rappresentare qualcosa
•  Impegnarsi in un’azione futura
•  Indurre qualcuno a fare (credere/dire) qualcosa
•  Direzione del vettore di adattamento tra parole e mondo
•  Adattamento delle parole al mondo (asserzioni)
•  Adattamento del mondo alle parole (promesse, ordini)
•  Stato psicologico del parlante
•  Credenze del parlante (asserzioni)
•  Intenzione di azione (promettere, minacciare)
•  Desiderio di azione da parte del destinatario (richiesta, ordine)
•  Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio
•  Andiamo al cinema?
•  Voglio andare al cinema
•  Influenza delle differenze di status e posizione del parlante sulla
forza illocutoria dell’enunciato
•  Ruolo della simmetria/asimmetria tra parlanti in relazione
ad un comando o a una richiesta
•  Necessità o meno di determinate condizioni extra-linguistiche
•  Sciogliere le camere
•  laureare
Tipi di atti linguistici
per Searle
•  rappresentativi – Scopo: impegno del parlante nei confronti della verità
della proposizione espressa (asserire, concludere ecc.). Stato psicologico:
credenza. (=espositivi e verdittivi di Austin)
•  direttivi – Scopo: il parlante tenta di indurre l’interlocutore a fare qualcosa
(interrogare, richiedere, avvertire, ordinare, comandare, supplicare ecc.).
Stato psicologico: volere o desiderio (= esercitivi di Austin).
•  commissivi – Scopo: impegno del parlante a fare qualcosa nel futuro
(promettere, minacciare, offrire ecc.). Stato psicologico: intenzione.
(=commissivi di Austin)
•  espressivi – Scopo: esprimere uno stato psicologico (ringraziare, scusarsi,
salutare, lamentarsi, congratularsi ecc.). Stato psicologico: emozioni e stati
intenzionali diversi (vedi i comportativi di Austin)
•  dichiarativi – Scopo: provocare cambiamenti immediati in uno stato di cose
istituzionale, far sì che una cosa avvenga dichiarando che essa avviene
(scomunicare, licenziare, battezzare, dichiarare guerra ecc.). La
performatività torna ad essere un tratto specifico di alcuni verbi, i
dichiarativi (posizione simile a quella di Benveniste)
Corrispondenza tra atti linguistici e stati
intenzionali
I primi quattro tipi di atti linguistici hanno analoghi esatti tra gli stati
intenzionali:
agli assertivi corrispondono le credenze
ai direttivi i desideri
ai commissivi le intenzioni
agli espressivi l’intera gamma di emozioni e gli stati intenzionali in cui
l’adattamento presupposto è dato per scontato.
Ma agli atti dichiarativi non corrispondono entità prelinguistiche
analoghe. Gli stati intenzionali prelinguistici non possono creare fatti nel
mondo rappresentando questi fatti come già esistenti. Questo tratto
degno di nota richiede il linguaggio (Searle 2010:90).
Atti dichiarativi
•  Combinano la direzione di adattamento parola-a-mondo con
quella mondo-a-parola. Sono i casi in cui modifichiamo la realtà
per farla corrispondere al contenuto proposizionale dell’atto
linguistico e, in tal modo, otteniamo la direzione di adattamento
parola-a-mondo. Ma, questa è la parte straordinaria, riusciamo a
fare ciò perché rappresentiamo la realtà come cambiata. Le
dichiarazioni cambiano il mondo dichiarando che uno stato di
cose esiste, e nel dichiararlo, costituiscono quello stesso stato di
cose”. (Searle, Creare il mondo sociale, Cortina 2010 (ed. or.
2010), p. 12-3)
Funzioni di status e
atti dichiarativi
•  Secondo Searle (Creare il mondo sociale. La struttura
della civiltà umana, Cortina, 2010), tutti i fatti istituzionali e
dunque le funzioni di status (che Barack Obama sia il
presidente degli Stati Uniti, aggiornare una seduta, ecc.)
sono creati da atti linguistici dichiarativi.
•  Con l’eccezione importantissima del linguaggio, tutta la
realtà istituzionale – dunque in un certo senso l’intera
civiltà umana – è creata da atti linguistici che hanno la
stessa forma logica delle dichiarazioni.
•  Il rapporto tra linguaggio e “fatti istituzionali” (matrimonio,
proprietà, denaro, ecc.) è rintracciabile nella evidenza che
sia le istituzioni che le lingue sono basate su regole
costitutive.
•  Le regole costitutive sono dichiarazioni permanenti (ivi,
pp.13-4)
•  «La nostra ipotesi che parlare una lingua sia eseguire
degli atti secondo regole costitutive ci coinvolge
nell’ipotesi che sia un fatto istituzionale il fatto che un
uomo abbia eseguito un certo atto linguistico, che ad
esempio abbia fatto una promessa» (Atti linguistici, 1976,
p. 82)
Atti linguistici indiretti
•  Atti in cui la funzione non corrisponde alla forma. Un atto illocutorio viene
eseguito indirettamente attraverso l’esecuzione di un altro atto linguistico. Ad
esempio la funzione del direttivo è svolta da una forma affermativa, propria
dell’atto rappresentativo.
Es. Credo che il treno stia partendo
Direttivo (ti consiglio di andare) in forma di rappresentativo (con verbo di
atteggiamento con funzione attenuativa) (mitigazione, cfr. Benveniste: verbi di
atteggiamento proposizionale)
Quante volte v’ho detto, all’uno e all’altro, che i frati bisogna lasciarli cuocere nel loro
brodo? I Promessi Sposi, cap. XVII
Affermazione (rappresentativo/verdettivo) nella forma di domanda (retorica)
•  Le strutture superficiali di un tipo di forza illocutiva sono utilizzate per
raggiungere scopi direttamente legati ad un altro tipo di forza.
•  Negli atti linguistici indiretti il parlante comunica all’ascoltatore più di quanto
effettivamente non dica. Logica della cortesia
•  Gli atti linguistici indiretti lasciano al destinatario la scelta del
modo di intendere l’enunciato, tramite una implicatura
conversazionale, e sono meno impositivi. Viene perciò
privilegiato l’essere indiretti a scapito della chiarezza, perché
offre delle alternative e non pone il destinatario in una posizione
di inferiorità.
•  Quando due persone interagiscono linguisticamente negoziano
non solo il significato di ciò che si dicono ma anche la loro
relazione.
Principio di cooperazione e massime
conversazionali
Grice (1913-1988)
Cosa vuol dire comunicare?
•  Produrre intenzionalmente certi effetti (credenze e azioni) su qualche
altro essere umano, e far sì che il destinatario riconosca le intenzioni
comunicative dell’emittente.
•  Raggiungere lo stato di conoscenza reciproca di una intenzione
comunicativa è essere riusciti a comunicare.
•  È essenziale che l’intenzione del parlante sia riconosciuta
dall’interlocutore (Bazzanella 2005:171)
Principio di cooperazione
•  Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel
momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla
direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato.
Presupposto: condivisione di uno scopo
La conversazione è un’attività sociale razionale regolata, basata sul principio
di cooperazione e la condivisione di uno scopo comune
(Grice, Logica e conversazione. Saggi su intenzione, significato e
comunicazione, il Mulino, 1993; ed. or. 1989)
Significato dell’enunciato e
significato del parlante
•  Significato dell’enunciato:
•  Collegamento codificato tra specifiche espressioni linguistiche e
certe intenzioni comunicative
•  Significato del parlante:
•  Attraverso usi ironici, metaforici, atti linguistici indiretti il parlante si
allontana dalla norma codificata, volendo far intendere altro da
quanto dice esplicitamente.
Problema dell’implicito
e del non-detto
Come si può calcolare il significato del parlante e di ciò che si vuole
intendere quando non coincide con il significato dell’enunciato e con
ciò che si dice? Come si possono riconoscere le intenzioni del
parlante in un quadro di razionalità?
Massime conversazionali
•  Quantità
Dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto
Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto
•  Qualità
Tenta di dare un contributo che sia vero
Non dire ciò che credi falso
Non dire ciò di cui non hai prove adeguate
•  Relazione
Sii pertinente
•  Modo
Sii perspicuo:
Evita l’oscurità di espressione
Evita le ambiguità
Sii breve
Sii ordinato nell’esposizione
Il significato delle massime
Non vogliono essere una sorta di galateo linguistico, così come il
principio di cooperazione non è un principio etico, ma tentano di
descrivere i requisiti ideali di un uso efficace della lingua negli scambi
comunicativi e nell’insieme esprimono un principio di cooperazione
generale.
Punti di orientamento di ogni interazione
cooperativa e razionale
1.
Quantità: ci si aspetta un contributo alla interazione commisurato
alla richiesta (né più né meno);
2.
Qualità: ci si aspetta un contributo autentico, non falso,
menzognero;
3.
Relazione, connessa al grado di congruenza fra i contributi: ci si
aspetta un contributo pertinente alla fase della interazione;
4.
Modalità: ci si aspetta che il contributo sia esplicito, eviti
ambiguità, confusioni.
Pragmatica e retorica
Nelle massime si ritrovano le nozioni proposte dalla retorica classica come
requisiti di una comunicazione efficace:
•  la prima è l’equivalente del quantum opus est e del quantum satis est;
•  la seconda allude alla verosimiglianza della retorica classica;
•  la terza era stata sviluppata dalla retorica classica nelle casistiche relative alla
narrazione e alla argomentazione: non divagare (anche se le digressioni sono
parte delle strategie retoriche centrate sul mantenimento dell’attenzione)
•  relativamente alla quarta, gli accostamenti sono molti: la perspicuitas era
considerata una delle virtù dell’eloquenza, così la brevitas (figura di pensiero);
sull’ambiguità gli antichi retori hanno molto discusso (Mortara Garavelli,
Manuale di Retorica, il Mulino, 1994, pp. 69-70).
Su pragmatica e retorica: F. Venier, Il potere del discorso, Retorica e pragmatica
linguistica, Carocci, 2008
Dire senza dire
•  L’efficacia della comunicazione consiste spesso nel lasciare una
certa quantità di informazione nell’implicito: sia nel rappresentare che
nello stabilire relazioni tra gli interlocutori non tutto viene
linguisticamente esplicitato (Ducrot, Dire et ne pas dire, 1972; cfr.
Eco: il testo è una macchina pigra).
•  In questione non è la componente proposizionale del discorso ma il senso
che il ricevente è chiamato a ricostruire > possibili effetti di manipolazione
ideologica.
Implicatura
•  Concetto centrale in pragmatica
•  Spiegazione di come sia possibile intendere più di quanto
effettivamente si dice: quando il parlante viola una massima,
l’interlocutore cerca, sulla base del principio di cooperazione, di
giustificare tale violazione attraverso una implicatura che consiste
nell’inferire da un enunciato credenze/pensieri/affermazioni non
esplicitati dal parlante.
•  L’inferenza dipende dalle attese dei partecipanti alla interazione.
•  Es.
A.Dov’è Carlo?
B.C’è una VW gialla davanti alla casa di Anna
(Levinson 1985:114)
La risposta di B è apparentemente incoerente (violazione della massima della
relazione), ma segnala un intento cooperativo: rispondere pur non possedendo
informazioni sufficienti.
•  Es.
Una donna è una donna, è una donna, è una donna (pubblicità di un
profumo)
Violazione della massima della quantità e suggerimento di un senso diverso
Cfr. Esempio di Antelmi, p. 22 (pubblicità Diesel).
•  Es.
Lettera di presentazione redatta da un docente per uno studente, con ridotto
contenuto informativo (violazione della massima di quantità: reticenza)
•  Es.
•  Meglio un passerotto in mano che un tacchino sul tetto (Bersani) (violazione
della massima della qualità e della relazione).
Implicature e figure retoriche
•  La riflessione sul detto non-detto consente di spiegare anche le figure
retoriche come ostentazione di un non dire, mette in luce cioè la
funzionalità argomentativa delle figure
•  Tautologia, ironia, metafora, litote, eufemismo, e iperbole (tutti tropi,
cioè trasferimenti di significato da un elemento a un altro) possono
essere riletti in termini di implicatura.
Implicature connesse alla massima di Quantità
1. Rendi il tuo contributo tanto informativo quanto è richiesto
Di fronte a un enunciato che presenta un basso grado di informatività, ci si
chiede se e a quali condizioni l’informazione fornita può essere considerata
sufficiente, e altrimenti perché il parlante si è limitato a fornire informazioni in
quella quantità.
Es.
Davide Boni, intervistato a «Radio 24», 24.5.2011, h 8,20
D: Speranze di vittoria, ci sono?
R: Guardi, noi abbiamo l’indicazione di portare la partita fino in fondo
Tautologia
La tautologia (“la guerra è guerra”) è totalmente non informativa, perciò è una
evidente violazione della massima della Quantità.
È dunque informativa a livello di ciò che si implica, e il fatto che l’ascoltatore
identifichi il contenuto informativo a questo livello dipende dalla sua abilità di
spiegare il fatto che il parlante abbia selezionato questa particolare
tautologia.
R. Zaccaria, «L’Unità», 21.5.2011
Poi le elezioni sono andate come sono andate.
Litote
Litotes = semplicità, diminuzione, attenuazione. Finge di indebolire
l’espressione per renderla più forte, dice meno per intendere di più.
Fontanier (Le figure del discorso, 1827-30) “Si dice meno di ciò che si pensa;
ma si farà intendere più di quanto si dica”.
Beccaria, Dizionario di linguistica, e di filologia, metrica e retorica, Einaudi,
1994: «Da un punto di vista formale si tratta di una perifrasi che ha la
struttura sintattica della negazione del contrario (ad es. “Non è male”; “non è
antipatico”; non è un’aquila), con evidenti legami con l’ironia e l’eufemismo
[es. Sono un po’ stanco, per “sono sfinito”]. Da un punto di vista funzionale,
la tradizione attribuisce alla litote l’effetto di una iperbole. Con la litote
formalmente si attenua, funzionalmente si rafforza.»
Belpietro, «Libero», 21.5.2011
Il governo non attraversa uno dei suoi periodi migliori (litote), come sempre
accade ad un esecutivo a metà legislatura, quando è esaurita la luna di miele
e gli elettori ancora non vedono (presupposizioni) gli effetti delle decisioni
prese.
Paolo Rodari,« Il Foglio», 21.5. 2011, p. 5
La notizia non è di poco conto (litote). La comunità cistercense, infatti, è una
presenza storica a Roma (implicatura convenzionale) […].
[…]C’è un dispaccio vaticano che parla di «problemi nella conduzione della
comunità». Mentre diverse voci anonime riferiscono di rapporti di amicizia
«non del tutto ortodossi» (litote) tra alcuni monaci. Che può significare tanto
ma anche nulla (tematizzazione esplicita della violazione della massima della
Quantità).
•  2. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto è richiesto. La
quantità di informazione fornita non deve essere eccessiva rispetto agli scopi
della comunicazione:
•  Es. Il riferimento all’etnia nel caso di attori criminali può attivare l’implicatura che i cittadini
provenienti da un certo paese siano tendenzialmente criminali.
Pleonasmo
La massima della Quantità viene violata anche dal pleonasmo, ridondanza stilistica
retoricamente marcata (Se a me mi cambia l’editore, a me non me ne importa nulla: da
un intervista televisiva a Montanelli, 26.4.88, cit. in Mortara Garavelli 1988:297)
Spesso associato al DIL (La Gina non lo sapeva, lei, di dover andarsene).
Scendi giù, ma però, a me mi piace
In pragmatica gli elementi ridondanti assumono una funzione di marcatezza retorica, di
messa in rilievo della parte ripetuta, che diviene così il centro d’interesse, il focus
informativo dell’enunciato.
Implicature secondo la Qualità
•  La massima della Qualità può essere violata in molti modi:
•  Se l’informazione fornita non può essere ritenuta attendibile perché non
appare giustificata (con prove o ragioni adducibili a sostegno)
•  Se il contributo si presta a una interpretazione contraddittoria ed è
impossibile costruire un quadro coerente della informazione fornita
•  Se c’è il sospetto che il parlante non eviti con sufficiente rigore di dire cose
che ritiene false
•  La comprensione cooperativa legge le potenziali contraddizioni cercandone la
motivazione e vedendovi una coerenza con il resto del discorso.
Metafora e violazione della massima di Qualità
«Il Fatto», 3.12.2012, p. 5
T. E oggi il movimento sceglie i candidati
“…altra stanza dove il potere romano è sempre stato di casa e dove i leghisti, nel
lontano 1994, scesi da marziani, si trasformarono in terrestri il giorno successivo…”
«Il Giornale», 3.12.2012
Dal 2009 [Oscar Giannino] ha due cattedre, dalle quali sdottora ogni giorno con seguito
crescente, accentuato dalla palude in cui è caduto il centrodestra. ]…]
[..]al suo secondo pulpito […]
[…] nella convinzione di trovarsi di fronte a un rito dell’intelligenza cui ha l’onore di
essere ammessa[…]
[…] per gli orfani del centro-destra a Nord del Po, Oscar è una reliquia […]
Scalfari su RE, 22.5.2011
[…] la fascinazione mediatica del Cavaliere di Arcore è ormai diventata una logora
liturgia che non riesce più a sedurre i fedeli ormai in libera uscita.
Es. Processo di costruzione dell’UE
•  UE come cammino, viaggio
•  Marcia di avvicinamento
•  Via libera
•  Lungo e tortuoso cammino
•  Remare insieme
•  Prendere a bordo
•  Facciamo un passo dopo l’altro
•  Trovare una strada
•  UE come costruzione
•  Accelerare la costruzione
•  Paesi fondatori
•  Cfr. Johnson e Lakoff, Metafora e vita quotidiana(1980), Bompiani,
1998
•  UE come partita o gioco d’azzardo (metafora utilizzata in caso di
dissidi e opinioni divergenti)
•  È un colpo d’avvio al pallone
•  La partita la giocheranno alla Convenzione
•  Stiamo facendo un gioco al rialzo
•  Il vostro documento è una scommessa
Cfr. Corriere della Sera, 14 dic. 2002; La Stampa, 20 gen. 2003 sull’allargamento della
UE a 25 membri
L’ironia
•  Grice colloca l’ironia tra le violazioni della massima della qualità
•  Si tratta anche di una forma di disconferma, di svalutazione della
parola altrui
•  Va ricondotta al fenomeno della polifonia: presenza nello stesso
enunciato di due voci, di cui una si oppone all’altra (Mizzau, L’ironia.
La contraddizione consentita, Feltrinelli, 1984).
«Il Foglio», 3.5.2011, Andrea’s Version
Avranno anche restituito un po’ di orgoglio all’America, ridato
ossigeno all’amor proprio, sollevato entusiasmi, avranno pure messo
la parola fine a quello che dopo l’11 settembre sembrava un incubo
inafferabile. Avranno forse dimostrato che le barbe finte della Cia
sanno ancora combinare qualcosa e saranno riusciti, probabilmente,
a convincere i più scettici che doveva pur esistere qualche motivo, se
nemmeno Obama aveva accettato di chiudere Guantanamo. Potrà
avere talune ragioni anche Hillary Clinton, a dire che Bin Laden era
altresì un mortale nemico dell’Islam, e a sostenere che la storia
dovrà ricordarsi di come il principale tra i terroristi sia stato tolto dalla
scena “mentre nel mondo arabo avanzavano le richieste di libertà e
di democrazia”. Sarà tutto vero, tutto giusto, tutto soddisfacente e
sarà quindi inevitabile che, da sinistra a destra, tutti, ma proprio tutti,
applaudano. Noi vorremmo semplicemente far notare, dopo l’animata
discussione cui abbiamo assistito, che quei crumiri dei Navy Seal
hanno lavorato il 1° maggio.