Astronomia per artisti - Osservatorio Astronomico di Brera

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Astronomia per artisti - Osservatorio Astronomico di Brera
dossier/la scienza figurata
Astronomia
per artisti
Stefano Sandrelli
Sotto lo stesso tetto da secoli, non si erano mai parlati. Ma da un paio d’anni tra gli scienziati dell’Osservatorio
di Brera e gli artisti dell’Accademia si è aperto un dialogo. I cui frutti non tarderanno a vedersi
E
ra il 1955 e Richard Feynman, uno dei personaggi più
estrosi e geniali della fisica del Novecento, aveva la
mente invasa dalle strane proprietà dell’elio liquido.
Provava a immaginare il comportamento di quel fluido persino di notte, per esempio mentre sognava, oppure negli attimi che precedono il sonno, quando la mente è essa stessa
fluida. Feynman procedeva nella comprensione della meccanica quantistica attraverso immagini mentali di sintesi che,
secondo il suo biografo James Gleick, ricordavano i tocchi
di pennello di un artista che, con pochi tratti, riusciva a descrivere un volto [1]. In quello stesso periodo, in occasione
di una conferenza pubblica presso l’Accademia Nazionale
delle Scienze degli Stati Uniti, Feynman celebrò la moderna
teoria della struttura della materia con una lunga poesia, che
terminava così: «In piedi davanti al mare / Meravigliato della
propria meraviglia: io / Un universo di atomi / Un atomo
nell’universo». «È vero che pochi non scienziati fanno questa
particolare esperienza religiosa», commentò Feynman. «I nostri poeti non ne scrivono; i nostri artisti non tentano di raffi-
gurare questo notevole avvenimento. Non so perché. Nessuno si sente ispirato dalla nostra immagine attuale dell’universo? Questo valore della scienza non viene cantato dai cantanti, siete ridotti ad ascoltarlo non in musica o in versi, ma
in una conferenza serale. Non siamo ancora in un’era scientifica» [2].
L’analisi di Feynman, se presa alla lettera, coglie soltanto un
aspetto della realtà, cioè la scarsa diffusione dell’immaginario scientifico presso il grande pubblico. La ricerca artistica, invece, ben si era accorta della scienza e si sentiva certamente ispirata dall’immagine contemporanea dell’universo
e della materia. Ricordiamo, per esempio, le esperienze
dello spazialismo, fondato da Lucio Fontana nel 1947, che si
proponeva di rinnovare il linguaggio della pittura e della
scultura adeguandolo alle frontiere scientifiche e tecnologiche dell’epoca. Pochi anni dopo, nel 1951, nasceva il movimento nucleare (Enrico Baj, Sergio Dangelo), affiancato
dall’arte interplanetaria (Baj, Farfa) e dall’arte cinetica, che
negli anni Cinquanta ebbe una notevole diffusione interna-
L’universo dentro, la mostra
Dal 15 settembre al 15 ottobre 2009, a Milano saranno visibili al pubblico le opere realizzate dagli studenti e dai docenti
dell’Accademia di Belle Arti di Brera a conclusione del progetto Universo, Laboratorio creativo, un percorso didattico realizzato
in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico. Nella ex-chiesa di San Carpoforo (via Marco Formentini, 10) troveranno
posto installazioni, sculture, dipinti, opere video mentre negli spazi dell’Osservatorio (Palazzo Brera, via Brera 28) saranno
ospitate opere grafiche, disegni, stampe originali, fotografie, opere digitali. Altre installazioni saranno allestite in luoghi ed
esercizi pubblici adiacenti le due sedi espositive. Previsto anche un itinerario didattico attraverso opere (storiche, inedite e
appositamente concepite per l’Anno dell’Astronomia), video e documenti sul tema “arte al buio”, ossia artefatti che nello scorso
secolo sono stati concepiti per essere segregati nell’oscurità o dipinti al nero. In programma anche incontri pubblici con astrofisici,
artisti e personalità del mondo della cultura e della scienza legati ai temi dell’universo.
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L’Universo dentro (2008) di Alessandra Angelini.
zionale (Bruno Munari), accompagnata in campo letterario
dai versi della Piccola cosmogonia portatile dedicati all’universo da Queneau nel 1950. Ma non vogliamo dare la sensazione che solo la catastrofe nucleare abbia catalizzato l’immaginazione degli artisti: risalgono agli anni Trenta i cicli di
opere di Alexander Calder e di Mirò ispirate alle costellazioni.
Eppure, escluse alcune avanguardie artistiche, a cui pure va
reso merito, Feynman coglie l’aspetto più profondo della
questione: ci dice, in altri termini, che il linguaggio, i temi, i
metodi (al plurale), i risultati della ricerca scientifica non sono
una sorgente a cui un qualsiasi artista attinge in modo naturale, così come attinge da Omero, da Michelangelo, da Leonardo, da Shakespeare. L’immaginario degli anni Cinquanta,
sottolinea Feynman, non è ancora stato penetrato dalla
scienza. Nonostante Hiroshima. Nonostante la scienza avesse,
appena qualche anno prima, sconvolto il mondo, conosciuto
il peccato e rivoluzionato i metodi produttivi a livello internazionale. Poco dopo toccherà a Charles Percy Snow [3], parlando di “due culture”, cristallizzare con un’immagine di
grande successo la separazione fra “gente di scienza” e
“gente di belle lettere”. Snow evidenzierà l’aspetto più critico di questa separazione, cioè il fatto che determini un impedimento reale allo sviluppo e al benessere sociale. E non
banalmente per una ragione culturale: molto più prosaicamente nessun politico che ignori la scienza potrà mai immaginare le sue reali applicazioni per il bene del paese.
La scienza che fa pop
Qual è la situazione oggi? In gran parte del mondo occidentale, ai bambini di 6-10 anni la scienza e gli scienziati
piacciono [4], ma nei pochi anni che separano la fanciullezza dalle scelte universitarie, questo credito svanisce. Le
facoltà scientifiche non vincono la concorrenza di tanti altri
corsi di laurea, più nuovi, più apparentemente connessi al
mondo dell’immagine e della comunicazione. In Italia, in
particolare, recenti studi mettono in evidenza che la «crisi
delle vocazioni scientifiche» è determinata da una «mancanza di attrattiva degli studi scientifici» e, in secondo luogo,
dalla percezione della «difficoltà delle materie» [5, 6]. Alcune osservazioni di passaggio: forse aiuterebbe smettere di
pensare che la scelta degli studi scientifici debba essere una
“vocazione”. Forse sarebbe utile chiedersi criticamente se gli
studi scientifici possano essere una scelta opportuna per chi
cerca di migliorare le proprie condizioni sociali. Forse sarebbe importante ammettere, da questo punto di vista, che
gli studi accademici non garantiscono una superiore qualità
di vita, né in merito al reddito né in merito al riconoscimento
sociale. O almeno non in misura da superare le complessità
e i disagi che la scelta di una carriera scientifica impone.
Tuttavia, dal 1955 molta acqua è passata sotto i ponti. Dal citazionismo di avanguardia si è passati a un citazionismo con
una forte tendenza pop. Questo è vero per le scienze più
diffuse: quelle mediche, quelle biologiche, recentemente per
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la matematica. La stessa
astronomia risulta mantenere gran parte del
proprio fascino, legato
anche al fatto che si
tratta di una scienza di
cui è facile percepire la
dimensione multidisciplinare: dalla filosofia
alla pittura, dalla fisica
alla musica, dalla matematica alla letteratura.
Per il loro potere evocativo, i temi astronomici sono entrati a far
parte di un patrimonio
culturale comune molto più di quanto non
sia successo, per esempio, per la maggior Il cortile di Palazzo Brera.
parte degli altri settori
della fisica. Basti pensare alla frequente presenza di elementi astronomici nelle
canzoni di Battiato o di Jovanotti, la cui ultima raccolta, Safari, è stata lanciata con una conferenza stampa presso il Civico Planetario Hoepli di Milano Nei concerti di questa stagione, il Lorenzo nazionale dedica una decina di minuti al
commento di immagini astronomiche raccolte in tempo reale
da telescopi robotici e proiettati su un grande schermo.
I rapporti “ufficiali” rimangono invece più difficili. Da diversi anni alcune istituzioni promuovono l’arte legata alla
cultura scientifica [7], ospitando anche “artisti residenti”, a
cui viene data la possibilità di frequentare le strutture di ricerca e di approfondire i temi a loro più cari. Ma come osserva la rivista Physics World dell’Institute of Physics di
Londra, «it is interesting to note that the general public
Cartoline dallo spazio
Come ama ripetere l’astrofisico Giovanni Bignami, «negli ultimi 40
anni abbiamo imparato più che nei 400 anni da Galileo. E nei 400
anni di astronomia col telescopio che ci separano da Galileo abbiamo capito molto di più che nei quattro millenni precedenti».
Negli incontri organizzati a Brera, abbiamo cercato di rendere per
immagini alcune recenti scoperte astronomiche. Ecco due esempi.
Il sistema solare
Il sistema solare è uno di quegli argomenti che si crede di conoscere ma che, non appena si guarda un po’ più da vicino, sfugge
immediatamente di mano. Tanto per cominciare, è vuoto. Considerate il pugno chiuso della vostra mano come il Sole. Fate
cinque passi e avrete già superato l’orbita di Mercurio, altri
cinque e avrete raggiunto Venere e dopo altri 4 la Terra.
Dunque, se il Sole è grande quanto un’arancia, la Terra è più o
meno grande come la punta a sfera di una biro. Proseguiamo e
a 21 passi dal Sole ecco Marte e poi a circa 73 passi Giove, il
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seems just as estranged
from contemporary art
as it does from science» [8]. D’altra parte
la NASA per esempio
ha ospitato un artista di
fama come Laurie Anderson, mentre ultimamente la connessione
fra scienza e arte viene
sfruttata anche nell’ambito dei festival della
scienza, specialmente a
fini divulgativi e didattici (per un’analisi critica in questo senso si
veda l’articolo di Crettaz von Roten e Moeschler citato in bibliografia). Qualche passo
in avanti rispetto ai
tempi di Feynman, ma
il 1955 è appena dietro le spalle, non certo in fondo al rettilineo.
Il dialogo a Brera
La proclamazione del 2009 Anno Internazionale dell’Astronomia da parte dell’ONU su richiesta dell’UNESCO
e della International Astronomical Union (IAU) è stata l’occasione per avviare un dialogo istituzionale fra alcuni ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Brera (OAB),
una struttura dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), e
l’Accademia delle Belle Arti di Brera. I due istituti condividono la stessa sede, Palazzo Brera, fin dalla loro fondazione, negli anni Sessanta del Settecento (1). Questa cogigante del sistema solare che, in questa scala, ha le dimensioni di circa mezzo centimetro. Superiamo ora Saturno (134
passi dal Sole), Urano (270 passi) e Nettuno (421), e spingiamoci fino a Plutone, a ben 555 passi dal Sole. Nel frattempo,
avremo incontrato un’evanescente ciambella tra l’orbita di Marte
e quella di Giove e due rarefatte torri che attraversano il piano
dei pianeti, alte ben 450 milioni di chilometri, tre volte la distanza
Terra-Sole: sono asteroidi. E superando Nettuno, potremmo essere incappati in uno dei miliardi di corpi minori distribuiti a formare un disco che si ispessisce sempre di più man mano che
ci allontaniamo dal Sole e che poi, a distanze ancora più grandi,
si distribuiscono a simmetria sferica a formare la nube di Oort,
composta, crediamo, dai frammenti della nuvola da cui il sistema solare si è formato.
Oltre questa visione globale, negli ultimi anni l’esplorazione del sistema solare ci ha permesso di concludere, per esempio, che
Marte, miliardi di anni fa, ha ospitato abbondanti quantità di acqua,
ancora oggi presente in depositi sotterranei di ghiaccio, e, forse,
la vita. La sonda Huygens dell’Agenzia Spaziale Europea, inoltre,
è stata in grado di atterrare su Titano, la maggiore delle lune di
Saturno. Il satellite è apparso simile alla Terra del passato, prima
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munione di spazi e di tempi riflette un forte legame culturale, basato sulla comune indagine della natura, sulla rappresentazione, sulla creatività, sulla sperimentazione e sulla
interpretazione del circostante.
Ignoratisi per lunghi anni, se non per specifiche collaborazioni di carattere storico, i due istituti sono stati di recente
colpiti dall’irresistibile virus della contaminazione. Nel dicembre 2006 l’OAB si è fatto promotore verso l’Accademia
di una proposta relativa alla organizzazione congiunta di un
certo numero di incontri fra artisti e scienziati, grazie all’interesse di Tommaso Maccacaro, all’epoca direttore dell’OAB
e oggi Presidente dell’INAF; pochi mesi dopo, nel febbraio
2007, totalmente ignare di questa iniziativa, la critica d’arte
Rossana Bossaglia e l’artista, oltre che docente presso l’Accademia, Alessandra Angelini hanno presentato all’OAB una
proposta sostanzialmente identica. Visto il reciproco interesse, le due proposte incrociate si sono trasformate in un
dialogo, dando vita al progetto Universo, Laboratorio creativo (che qualcuno ha subito etichettato come “un’idea da
dio”, nel senso letterale del termine).
Il progetto è nato avendo come obiettivo a breve termine la
realizzazione, in primo luogo a Milano, di una mostra d’arte
rivolta al pubblico e, in particolare, alle scuole, degli elaborati su temi astronomici prodotti dagli studenti e dai docenti
dell’Accademia. A complemento, opere di artisti affermati,
non necessariamente legati all’Accademia, che in passato si
sono confrontati con questi temi.
L’obiettivo generale del progetto era invece più ambizioso:
avviare un dialogo fra artisti e scienziati a partire da un linguaggio condiviso, non solo nel rispetto dell’ovvia autonomia di ciascuno ma nel riconoscimento reciproco del significato e della portata dei differenti sguardi sul mondo.
della grande fioritura della vita, dominato dal ciclo del metano e
dalla presenza degli idrocarburi. Altre sonde hanno fotografato Venere, un mondo sconvolto dall’effetto serra, con vorticosi e spettacolari movimenti atmosferici.
I lampi di raggi gamma
All’inizio degli anni Sessanta, russi e americani firmarono un
primo trattato per limitare i test delle armi non convenzionali. Il
Limited Test Ban Treaty (LTBT) proibiva esplosioni nucleari in
atmosfera, nello spazio e sotto gli oceani. Tuttavia, tre giorni
dopo la firma, gli USA lanciarono in orbita la prima di quattro
copie di satelliti Vela per identificare esplosioni nucleari nello
spazio. Gli americani temevano infatti che i russi fossero in
grado di arrivare sulla Luna e far esplodere bombe atomiche
sulla sua faccia nascosta. Il 2 luglio 1967 uno di questi “guardiani nucleari” registrò una breve emissione nei raggi gamma,
un fiotto veloce di fotoni, un lampo. La crisi nucleare fu scongiurata grazie al fatto che le misure, per quanto molto approssimate, erano sufficienti per escludere che il lampo fosse giunto
dalla Luna, addirittura, dall’intero sistema solare. Di che si trattava allora? La scoperta di questi misteriosi lampi cosmici
L’iniziativa, dichiaratamente, non si propone di insegnare la
scienza agli artisti né di indicare loro le strade della creatività [9, 10]: la parola d’ordine è aiutare l’artista a rappresentare l’Universo dentro (dentro l’artista). Le parole di alcuni
docenti coinvolti nel progetto ci aiutano a chiarirene modalità e obiettivi: «Invece che istruire un pubblico forse stanco o
semplicemente annoiato, e quindi pregiudizialmente – ma comprensibilmente – diffidente dinnanzi a nuovi canoni, ricettari, regole e regolamenti, proporrei un’asserzione scientifica sotto
forma di sfida alla risposta, o meglio, alla replica [...]. Non semplificherei troppo il linguaggio scientifico: ci si sforzerà di aggiornarsi e tradurre, parafrasare e documentarsi. Abbiamo bisogno di suture, di creare universi mentali paralleli, vasi comunicanti» (Cristina Muccioli, docente di Storia dell’Arte); «Nel
cuore di molti artisti, al di là e nonostante le scoperte scientifiche attuali, persiste, quasi come sentimento nostalgico, il bisogno di rincontrare l’idea di spazio celeste quale luogo eccelso d’ispirazione poetica, di rêverie fantastica, immagine evocativa di enorme, assoluta potenzialità creativa» (Laura Tonani,
docente di anatomia e arte terapia); «Intessere connessioni, osservare, fare propri gli stimoli che provengono da altre discipline apparentemente lontane è il fulcro dello spirito artistico.
Meditare sulla scala dell’universo, dello spazio; della stessa
concezione spaziale attraverso l’aiuto della scienza è un’esperienza che attiva la creatività, così come fa nascere il dubbio»
(Nicoletta Braga, docente di incisione); «Toccando il rapporto
spazio-tempo, è proposta una visione che può essere straniante rispetto alla nozione euclidea dello spazio che in certo
modo domina il mondo artistico che affronta gli artifici e le
modalità della “rappresentazione”: questo scollamento è
emerso chiaramente durante gli incontri» (Paola Salvi, docente
di anatomia artistica).
(GRB, Gamma Ray Burst) fu tenuta segreta fino al 1973,
quando un articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal pose
su basi scientifiche il problema. Seguirono circa 30 anni di congetture, fin quando nel 1997 il satellite Beppo-Sax riuscì a determinare la direzione di provenienza dei fotoni con una precisione molto maggiore di quanto non si fosse fatto prima. Ora
si sapeva dove puntare telescopi per saperne di più: l’analisi
dei risultati indicava chiaramente l’origine di queste esplosioni
a miliardi di anni luce di distanza da noi. Per essere visibili, la
loro potenza doveva essere inimmaginabile. Una così elevata
energia – tra 10 e 100 volte quella dell’esplosione di una Supernova – emessa in così poco tempo si traduce in un’immensa
luminosità che permette a tali fenomeni di essere osservabili,
a differenza delle Supernovae, a qualsiasi distanza. Anche
GRB associati alla morte delle prime stelle, formatesi qualche
centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang, potrebbero quindi
essere rilevati. Dieci anni dopo l’impresa di Beppo-Sax, gli strumenti su un satellite come Swift riescono a osservare in media
un lampo di raggi gamma al giorno. Finora ne sono stati rilevati
circa 4.000, distribuiti in modo omogeneo su tutto il cielo e del
tutto scorrelati gli uni dagli altri.
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La cupola dell’Osservatorio Astronomico di Brera.
Il laboratorio
Il progetto si è svolto nell’arco di due anni accademici, 20062007 e 2007-2008, per un totale di dieci incontri-laboratorio
della durata di due ore, ciascuno dei quali limitato a trenta studenti. Nel corso dei primi quattro incontri, si è lasciato che ciascuno studente partecipasse a un solo laboratorio. Gli ultimi sei
incontri sono stati invece aperti a chiunque volesse partecipare. Nel novembre 2006, si è tenuto anche un incontro iniziale che ha coinvolto circa 100 studenti, per una frequenza
totale di circa 300 studenti.
Ciascun laboratorio è stato centrato su un aspetto diverso dell’indagine astrofisica, scelto in base a due considerazioni principali: la rappresentazione scientifica del fenomeno o dell’oggetto celeste si è modificata nel tempo e oggi è molto distante
dalla rappresentazione tradizionale diffusa presso il grande
pubblico; oppure il fenomeno o l’oggetto celeste in sé comporta un ripensamento di due ingredienti fondamentali della
rappresentazione artistica: lo spazio e la luce.
Un esempio del primo tipo è l’attuale rappresentazione tridimensionale e dinamicamente complessa del sistema solare, oggi
molto più fedele al proprio nome (sistema) che non nel passato.
Un esempio del secondo tipo è in generale, il tessuto spaziotemporale previsto dalla relatività di Einstein, con la conseguente
deflessione della luce da parte del campo gravitazionale.
L’esempio estremo è ovviamente il buco nero, nelle vicinanze
del quale gli effetti di distorsione spazio-temporali sono macroscopici. Trasversale a tutti i laboratori è stato il tema della elaborazione delle immagini scientifiche: la presa dati, la colorazione
artificiale, l’arbitrio nella colorazione ecc.
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Ogni laboratorio è stato impostato in modo da favorire il dialogo, a partire dalla forma peculiare della sala in cui si svolgeva, la Cupola a Fiore dell’OAB, di forma circolare. Il laboratorio iniziava con un breve stimolo volto a far emergere i pregiudizi sul tema, per esempio relativamente alle dimensioni
del sistema solare [11]. L’astrofisico proponeva il tema attraverso immagini professionali ottenute con grandi telescopi da
Terra o con telescopi spaziali. In qualsiasi momento si poteva
essere interrotti per domande, commenti, associazioni di idee,
provocazioni, connessioni con movimenti artistici e così via.
Tutti gli incontri sono stati registrati. In generale, i docenti che
hanno partecipato ai corsi, circa una trentina (2), hanno poi
approfondito le questioni di competenza artistica, come per
esempio l’utilizzo della luce, nell’ambito dei rispettivi corsi.
Prove d’artista
Terminati gli incontri, il progetto è entrato nella fase creativa.
Mentre scriviamo, gli studenti e gli artisti stanno progettando le
loro opere, che dovranno essere pronte per maggio 2009. Nel
frattempo, hanno consegnato un progetto su carta che identifica gli elementi costitutivi dell’opera e che ci permette un’analisi preliminare degli elementi concettuali che più sembrano essere penetrati nell’immaginario dei partecipanti ai laboratori.
In generale appare evidente che le immagini scientifiche utilizzate per i laboratori, cioè quelle prodotte per la diffusione
e la comunicazione dalla NASA, dall’ESA, dall’INAF, non hanno
lasciato una traccia di per se stesse. Piuttosto, gli artisti hanno
trovato interessante lavorare sui “colori invisibili”, come sono
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correttamente da intendersi le radiazioni elettromagnetiche che
non rientrano nell’intervallo del visibile, ma che – com’è noto
– costituiscono parte fondamentale dell’astrofisica moderna:
immagini tratte da dati ottenuti osservando raggi gamma, raggi
X, radiazione ultravioletta e infrarossa, microonde e onde
radio. Allo stesso modo, anche la rappresentazione mentale
sottostante ai fenomeni scientifici discussi è stata fonte di stimoli e riflessioni su varie questioni di ordine filosofico, che a
loro volta si rispecchiano in modo evidente nella progettualità
artistica. Il tempo e lo spazio, in questo senso, hanno giocato
un ruolo particolarmente rilevante, com’era naturale aspettarsi.
Il riconoscimento degli artisti dell’efficacia degli stimoli scientifici, linguaggio compreso, si è sempre accompagnata alla
(giusta) rivendicazione di autonomia nell’elaborazione concettuale e nella conseguente interpretazione del mondo.
In generale, ecco la hit parade dei temi scientifici accolti e rielaborati, che – almeno in questa fase – sembrano costituire la
base delle opere che vedremo:
1) il concetto di spazio non euclideo, lo spazio-tempo e la
sua rappresentazione;
2) la luce (visibile e invisibile);
3) il metodo, l’indagine, il mistero;
4) le dimensioni dello spazio; le costellazioni e l’astrologia;
l’evoluzione delle strutture; il vuoto/lo zero;
5) l’energia del cosmo; l’infinito; le stelle; il sistema solare; la
luna.
Un esalogo
Le conclusioni di questo contributo possono essere facilmente
presentate in forma di decalogo. Un decalogo fatto di sei punti,
visto che tutti i numeri sono uguali a cinque [12]:
a) non insegnare, dialoga;
b) rispetta il mistero della realtà («seme di ogni arte e di ogni
vera scienza», A. Einstein), che stimola la ricerca e la creatività;
c) fai emergere la tua sete di vista interiore (idea, idein), ovvero la necessità della scienza (e dell’arte) dentro di te;
d) usa un linguaggio contaminato da tecnicismi: il suono della
scienza aiuta l’artista;
e) non temere le formule, ma soffermati sulle immagini che
evocano;
f) riconosci l’importanza della tecnica (di rappresentazione).
Gli elementi di criticità del progetto sono facilmente immaginabili: mentre il dialogo fra persone è semplice, bello e concede largo spazio all’errore e alla correzione dell’errore (come
del resto la pratica scientifica, che potrebbe essere descritta
compiutamente attraverso l’analisi degli errori), promuovere il
dialogo fra due istituzioni è un’operazione faticosa e spesso
frustrante. Questo mostra, ancora una volta, almeno nell’in-
terpretazione di chi scrive, che oggi è sempre più necessario
che negli enti di ricerca (non solo scientifica) operi personale
di elevata professionalità che, da una parte, abbia le competenze per valorizzare la scienza del proprio ente, ma che siano
anche in grado di porre le basi per un dialogo culturale di
ampio respiro e di alto livello con il resto della società. Altri●
menti l’asfissia è dietro le porte.
NOTE
(1) L’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera (OAB) è la più antica istituzione scientifica di Milano. Fin dalla sua fondazione da
parte di Padre Ruggiero Boscovich, nel 1764, l’OAB, che fa parte
dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, mantiene la sede in Palazzo
Brera, che sorge in uno dei quartieri più caratteristici del centro
cittadino. L’Accademia di Belle Arti di Brera è stata fondata da
Maria Teresa d’Austria nel 1776 ed è oggi compresa nel comparto
universitario, settore Alta Formazione Artistica e Musicale.
(2) Pittura; Decorazione; Grafica; Scenografia; Illuminotecnica; Tecnica della carta; Tecniche dell’incisione; Tecniche della Scultura;
Tecnologia dei Nuovi Materiali; Anatomia Artistica; Anatomia terapeutica; Anatomia e arte terapia; Storia dell’Arte.
BIBLIOGRAFIA
[1] GLEICK J., Genio – La vita e la scienza di Richard
Feynman, Garzanti, Milano 1998.
[2] FEYNMAN, R., «Il valore della scienza», in Che ti importa
di quel che dice la gente, Zanichelli, Bologna 1989.
[3] SNOW C.P., Le due culture, Marsilio, Venezia 2005.
[4] GOUTHIER D., MANZOLI F., Il solito Albert e la piccola Dolly,
Springer Italia 2008.
[5] BRANDI C.M., CERBARA L., MISITI M., VALENTE A., «Giovani
e scienza in Italia tra attrazione e distacco», JCOM 4, 2, 2004.
[6] VALENTE A., CERBARA L., «Percezione della scienza ed educazione scientifica nelle scuole», Indagine IRPPS-CNR 2008.
[7] EDE S., «Science and the contemporary visual arts», PUS,
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[8] http://physicsworld.com/cws/article/print/2432.
[9] CRETTAZ VON ROTEN F., MOESCHLER O., «Is art a “good”
mediator in a Science Festival?», JCOM, 6, 3, 2007.
[10] SANDRELLI S., «Dialogare di hard science è possibile. Ma
è anche utile?», JCOM 7, 1, 2008.
[11] CAVALLOTTI F., ROMANIELLO S., SANDRELLI S., «Astronomical Pills: one-shot questions about the Universe», in Communicating Astronomy with the Public 2005, Eds. ESA/HST,
pp. 165-173.
[12] SANDRELLI S., GOUTHIER D., GHATTAS R. (a cura di), Tutti
i numeri sono uguali a cinque, Springer Italia 2007.
Stefano Sandrelli
è responsabile del gruppo di Didattica e Divulgazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Brera ([email protected]).
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