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LANZANZARA SUPPLEMENTO.pub
TUTTIPEERUNO
GRUPPO DI PEER EDUCATION
PROGETTO “DONNE VIOLENZA
ZERO” I.S.BALBO CASALE M.
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
D O N N E
V I O L E N Z A
Z E RO
INCONTRI...
Tutto nacque da un incontro.
SOMMARIO
SEZIONE I
2
LA PEER
EDUCATION
SEZIONE II
6
LE PAROLE PER
DIRE VIOLENZA
SEZIONE III
10
STORIE VERE
SEZIONE IV
15
STORIA, ARTE E
LETTERATURA
SEZIONE V
LIBRI, CINEMA,
MUSICA
22
Da un incontro positivo
possono fiorire un’infinità di
idee e suggestioni, si può
ritrovare un sorriso, sentirsi
accolti in un abbraccio, scoprire sensazioni inaspettate.
L’incontro con l’altro, però,
può anche rivelarsi deludente o, nei casi più gravi, può
segnare profondamente una
ferita nel nostro animo che
non sempre si riuscirà a
cicatrizzare. L’incontro con la
tristezza e la sofferenza fa
parte di noi e della nostra
esistenza; sarebbe bello
poter sorridere in ogni momento alla vita, ma questo
non è sempre possibile e
semplice da realizzare. Al
giorno d’oggi la società ci sta
abituando a tollerare meno
la frustrazione; c’è la tendenza a sostituire la lacrima con
il sorriso forzato (avete visto
il video dello smiling addiction?). Si sostituisce il fare al
pensare… perché pensare,
aimè, in alcuni casi, fa male.
È così: un incontro può cambiarti il corso di una giornata
o addirittura di una vita,
bello o brutto che sia.
Per il lavoro che faccio mi
capita spesso di incrociare la
strada di qualcuno e di far
parte per un po’ di tempo del
suo percorso di vita. Mi arricchisco di storie e di emozioni
che quando torno a casa, la
sera, mi rimbalzano nella
testa.
È grazie a uno di questi
tanti incontri che oggi mi
trovo a scrivere questo editoriale. Ho incrociato la strada
dei ragazzi del progetto
“Donne Violenza Zero” dell’Istituto Balbo qualche mese fa. Mi è stato chiesto di
occuparmi della loro formazione come futuri Peer Educators e di curare l’aspetto
pedagogico di questo gruppo. Uno dei frutti del tempo
trascorso insieme è questo
numero speciale del giornalino scolastico, pensato per
voi, perché sappiate riconoscere la natura, il significato
e l’importanza dei vostri
incontri, ma, nello stesso
tempo, accogliere e accudire quei momenti della vostra vita che inevitabilmente
vi avranno reso tristi, preoccupati, in ansia per qualcosa.
In questo numero si parla in
particolare di “scontri” che
violano la libertà umana,
l’intimità, la capacità di
scelta.
Il giornalino si apre con una
spiegazione sulla Peer education e sul nostro progetto,
per poi lasciare spazio e
voce a storie e contesti
diversi dove la violenza è
presente sotto vari aspetti:
dall’arte alla letteratura,
dalla fantasia alla cronaca
quotidiana.
Non pensate che sia
stato facile… Il tema è delicato, serio e denso di emozioni ma devo ringraziare
tutti coloro che hanno arricchito queste pagine dimostrando attenzione e sensibilità.
Approfitto di questo spazio
per ringraziare anche chi mi
ha accompagnato in questo
viaggio e in particolare le
insegnanti Annachiara Bec-
chi, Adriana Canepa e Franca Durando che hanno avuto la costanza e la tenacia
di scommettere sui loro
studenti. Grazie ai docenti
tutor e a tutti gli insegnanti
dell’intero istituto che hanno pazientemente sopportato le assenze dei peer e i
cambi di orario; grazie ai
coordinatori d’indirizzo e al
dirigente che hanno scelto
di sostenere il progetto.
So che la peer education
scombussola un po’, ma
quale incontro non lo fa?
Infine… grazie Althea, Ana,
Angela, Anna, Carlotta, Costanza, Elena, Eleonora,
Gialissa, Giulia, Ivano, Michela, Miriam, Rita, Rossella, Sara, Valentina, Vanessa,
Vincenza, Xhemsila. Grazie
per aver deciso di vivere la
vostra scuola in maniera
diversa, divenendo così
cittadini attivi. Grazie per
aver voluto arricchire la
vostra vita con la responsabilità che comporta la decisione di assumersi un impegno ma anche con l’entusiasmo di una scelta dettata
da una personale motivazione.
L’augurio che faccio al lettore è quello di far tesoro
degli incontri che la vita gli
offrirà e di mantenere viva
la speranza che l’amicizia,
l’amore e il calore degli affetti si possano ritrovare
anche dentro noi stessi,
oltre che negli altri.
Alessia Bobbio
Pedagogista
Consulente ASL AL - Ser.T
Casale M.to
SEZIONE I - LA PEER EDUCATION
Pagina 2
CHE COSA NON È LA PEER EDUCATION
• Non è la Poor education.
Questa sarebbe l’educazione povera. O meglio ancora,
se seguita da un punto esclamativo, una sorta di
lamento o piagnisteo nei
confronti di questa istituzione sempre più sofferente:
Povera educazione!
• Non è la Peel education.
Meglio sarebbe stato:
Peeling education, cioè educazione alla depilazione,
pratica oggi molto trendy
nelle scuole, soprattutto tra i
maschietti.
• Non è la Pear education.
Educazione della pera? Peggio sarebbe stata l’educazione del cactus.
• Non è la Pearl education.
Educazione per le perle? Da
non confondere con l’educazione dei pirla (attualissima,
magari una buona idea per
qualche futuro progetto).
• Non è la Pea education.
L’educazione del pisello, e
anche questo non sarebbe
male come progetto.
u g u a l e ,
p a r i .
Il verbo to peer ha il significato di guardare attentamente,
scrutare.
Poi c’è il termine peer to
peer (molto in uso l’acronimo P2P) che è la tecnica di
condivisione dei file tra computer connessi in rete per lo
scambio di prodotti multimediali, tipo canzoni, video,
programmi, ecc.
C’è qualcuno che sa dirmi
che cosa è questa Peer
e d u c a t i o n ?
Qualcuno me lo dica in fretta, perché se no stanotte
non dormo!
(dal sito www.uffaprof.it)
Devo dire che adesso ne so
quanto prima.
L’aggettivo Peer significa:
COS’È LA PEER EDUCATION
Letteralmente “peer education” significa educazione
tra pari ma, in realtà il suo
significato è molto più ampio e complesso. Con questa
espressione si intende, infatti, una strategia educativa
volta ad attivare un processo naturale di passaggio di
conoscenze, di emozioni e di
esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad
altri di pari status. Grazie a
tale intervento si mette in
moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e da un
forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti.
La Peer Education viene
quindi definita come un
metodo diverso e originale
di essere utili ai propri coetanei perché in grado di
sollecitare un cambiamento
nel modo di vivere delle
persone migliorando la qualità dello stare insieme.
In un progetto come questo i
ragazzi sono soggetti attivi
della propria formazione e
vengono coinvolti in un mo-
do di operare completamente differente rispetto ai tradizionali metodi di formazione.
In tal senso la proposta di
Peer Education si qualifica
come efficace strumento di
intervento su diversi temi
della società attuale: educazione sessuale, sostanze
stupefacenti, comportamenti a rischio.
Dove si applica la Peer?
L’educazione tra pari ha
luogo in piccoli e grandi
gruppi in molteplici sedi:
scuole e università, circoli,
oratori, luoghi di lavoro,
comunità, quartieri, carceri,
ecc.
Il gruppo dei pari è composto dai propri simili per età,
background e interessi. Applicata in adolescenza permette al ragazzo di vedere
sviluppate e riconosciute le
proprie potenzialità o abilità
vitali (le cosiddette life
skills). Il gruppo contribuisce
inoltre alla creazione dell’identità e della personalità
dell’adolescente aiutandolo
a proteggersi dai pericoli
esterni. Il gruppo nel quale
viene applicata la Peer Education diventa anche un
attivo gruppo di lavoro centrato sulla cooperazione
ragionevole e sull’efficacia
rispetto al compito.
si è scelto di affrontare sia
sulle modalità di comunicazione efficace, sul gruppo e i
ruoli, sull’ascolto, la capacità di parlare in pubblico,
ecc.
A che cosa serve e come si
applica?
Ogni progetto di Peer Education trova poi le proprie modalità di sviluppo: incontri
tra i peer e classi scolastiche, ricerche e questionari,
manifestazioni sportive o
musicali, interviste, la realizzazione di video informativi,
ecc. Si sfruttano così le spiccate capacità dei giovani di
trasmettere conoscenze ai
propri coetanei diventando
una risorsa per l’apprendimento, uno strumento di
crescita e cambiamento.
Con la Peer Education non
sono più gli adulti a trasferire contenuti, valori, esperienze; sono invece i giovani
stessi a confrontarsi tra loro,
scambiandosi punti di vista,
ricostruendo problemi ed
immaginando autonomamente soluzioni, pur sapendo di poter contare sulla
collaborazione di adulti esperti.
La scelta di diventare Peer
Educator avviene attraverso
un processo di autocandidatura; per diventare un Peer
infatti è necessario sentirsi
motivati e non obbligati da
nessuno.
Il percorso di formazione di
un peer dura circa un anno
e prevede incontri guidati da
esperti (psicologi, educatori,
ecc.) sia sulla tematica che
La peer
education è…
partecipazione!
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 3
...SEGUE DA PAG 2
A chi è rivolta?
La Peer education si rivolge a tutti
coloro che vogliono essere utili
non solo a loro stessi ma anche
agli altri e agli insegnanti che gestiscono o collaborano ai progetti,
ai genitori, che noteranno positivamente i cambiamenti nei loro
figli, alle istituzioni coinvolte nella
crescita e nella formazione di noi
giovani. Tutti prima o poi si sentiranno toccati dalla Peer e, forse,
ne resteranno felicemente sorpresi!
Elena Mietto
Peer Educator
IV A SPP
Perché EDUCAZIONE TRA PARI?
COMPLICITA’
VICINANZA
IDENTIFICAZIONE
COMPRENSIONE
LINGUAGGIO
COMUNE
CONFRONTO
DIRETTO
“ Per noi l'educazione tra pari vuol dire trasmettere il maggior
numero di informazioni , di consigli e di idee a ragazzi della nostra stessa età….
I giovani sono più a loro agio e più liberi di esprimersi di fronte a
coetanei piuttosto che di fronte a persone adulte. Con un coetaneo condividi
non solo la stessa età ma anche lo stesso modo di vedere le cose e ti senti
meno giudicato. I giovani, di
fronte a noi ``Peer Educator'', perché è così che ci chiamiamo, hanno sentito la
sicurezza di esprimere dubbi, problemi, consigli e idee.”
Filippo - 17 anni – Peer educator
IAL Casale Monferrato
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 4
GLOSSARIO PEER EDUCATION
Peer Education: letteralmente “educazione tra pari”, è
una strategia educativa
volta ad attivare un processo naturale di passaggio di
conoscenze, di emozioni e di
esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad
altri membri di pari status.
Grazie a tale intervento si
mette in moto un processo
di comunicazione globale,
caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e
da un forte atteggiamento di
ricerca di autenticità e di
sintonia tra i soggetti coinvolti.
Tecniche di conduzione di
un gruppo
Brain Storming: tempesta di
cervelli, una tecnica creativa
per raccogliere il maggior
numero di idee nel minor
tempo possibile, per ricercare quindi definizioni, concetti, immagini e obiettivi comuni da valutare insieme.
Focus Group: gruppo focalizzato su un tema. La discussione è minima e semplice,
focalizzata su tematiche
definite, con l’ausilio di testi,
immagini, ospiti, ecc.
Ideative Group: gruppo ideativo, tecnica finalizzata ad
individuare nuovi concetti e
nuove idee, attraverso una
discussione libera con l’ausilio tecniche non direttive. In
tal modo si ha lo sviluppo
della creatività tramite il
confronto.
Problem Solving: soluzione
di problemi, tecnica finalizzata a delineare e risolvere i
problemi e a prendere decisioni operative, attraverso 4
fasi:
•
Identificazione degli
aspetti chiave del
problema;
•
Simulazione/
presentazione di
situazioni reali;
•
Esplicitazione delle
procedure decisionali;
•
Ricerca di decisioni
collettive/comuni.
Role Playing: gioco dei ruoli,
una tecnica di immedesimazione/sperimentazione di
ruoli relazionali diversi dai
propri, attraverso la quale si
attua un’esplorazione di
emozioni, pensieri, comportamenti, valori. In tal modo
avviene una riflessione sull’esperienza e una comprensione partecipativa delle
situazioni.
Elena Mietto
Un Peer Educator deve
saper comunicare in maniera efficace...
1.
Saper comunicare efficacemente
2.
Essere motivato
3.
Essere paziente
4.
Saper ascoltare
5.
Essere empatico
6.
Non avere pregiudizi
7.
Essere responsabile
Dal progetto “Donne Violenza Zero”
Peer Educator
IV A SPP
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 5
PROGETTO DONNE VIOLENZA ZERO
“Difficile fare oggi l’insegnante di lettere.
Quando lo dico in giro, molti
mi guardano perplessi (…).
Ho provato a dire come ci
sentiamo adesso noi che
abbiamo molto amato la
letteratura, e perché facciamo così fatica a passare i
nostri amori ai ragazzi.Ho
cercato di spiegare che cosa
sono i Progetti, i Recuperi, i
Percorsi, i Debiti, gli Obiettivi, il Pof, tutte parole che
fino a ieri appartenevano ad
altri mondi e che di colpo si
riversano sulla scuola come
un fiume in piena (… ) Ma
che cos’è un Progetto? (…)
Oggi pare molto brutto stare
dentro scuola, magari fare
lezione, e per giunta far
lezione seguendo dei programmi. Quindi presentiamo
i Progetti. Li discutiamo, li
approviamo.
Indichiamo
dettagliatamente il nome
del curatore, le classi destinatarie, la persona delegata
ad attuare il progetto, nonché il costo del medesimo.
(…) Sono un’insegnante di
lettere e vorrei continuare a
fare il mio mestiere.”
(P. Mastrocola, La scuola
spiegata al mio cane, Ed.
Guanda, Parma 2004)
Mi è venuta in mente questa
citazione da uno dei libri
della illustre collega e scrittrice Paola Mastrocola perché, quando per la prima
volta mi è stato chiesto di
occuparmi di un progetto,
per di più con un nome astruso, peer education, mi
sono sentita più o meno
così.
La mia materia…le mie ore…
c’è poco tempo…per che
cosa poi?…”educazione tra
pari”…cioè? Fanno a meno
degli insegnanti? Si scambiano informazioni tra loro?
Io voglio far lezione…Ah,si fa
al pomeriggio? E i ragazzi
vengono?
Domande
e
perplessità,
però, sono state travolte
dall’entusiasmo contagioso
di un paio di persone che
avevano avuto la fortuna di
partecipare, in quel di Verbania, a un convegno sulla
Peer e Video Education e ne
erano tornate “gasatissime”.
Adriana (Canepa), prof. del
Classico, e Alessia (Bobbio),
pedagogista, ci hanno messo poco per convincermi ad
aderire con convinzione al
“progetto” che, insieme
all’instancabile
Franca
(Durando), con il contributo
di Titti Palazzetti, Preside
dell’I.C. Negri, hanno preparato per i ragazzi del Balbo.
“Donne violenza zero”, il
progetto si chiama così.
Perché vuole affrontare lo
scandalo della violenza contro le donne e degli atteggiamenti e dei comportamenti
che la alimentano. E sono
alcuni ragazzi, di tutto l’Istituto, autocandidatisi, opportunamente formati e informati, a parlare di questo ai
loro coetanei, come accade
appunto con il metodo della
peer education.
Tante persone ci hanno
aiutato a portare avanti
quest’idea:
l’associazione
Iside ha messo a disposizione la competenza delle
Dott.sse Del Medico e Lombardi per fornire ai nostri
peer in fieri le informazioni
tecniche necessarie sulla
violenza di genere, sui problemi psicologici che provoca e sulla legislazione a
riguardo.
Due giorni, in Marzo, nella
casa alpina di S. Nicolas,
hanno consentito al gruppo
di crescere e di sperimentare le prime tecniche di comunicazione efficace.
Poi c’è stata la visita, a
Vercelli, alla mostra itinerante (cruda, impressionante,
ma anche bella) “ La violenza nega l’esistenza”, fortemente voluta dalla Regione
Piemonte, che ci ha messo
di fronte a terribili storie di
cronaca nera, ma ci ha permesso anche di conoscere
enti e associazioni che offrono supporto e aiuto di ogni
tipo alle vittime di violenza,
e si battono perché non ci
siano più questi crimini odiosi.
Odiosi come lo stupro subito
da una nostra ex alunna,
che ha portato alla nascita
dell’associazione “L’albero
di Valentina”. Degli scopi
che l’associazione si prefigge e delle sue attività ci ha
parlato la segretaria, Miriam.
Il dott. Angelo Lepratto medico del Ser.T. di Casale, ci ha
spiegato il rapporto che
intercorre tra l’abuso di alcool e sostanze e l’uso, talvolta sistematico, della violenza, soprattutto fisica, su chi
è più debole.
La dott.ssa Fulvia D’Addezio
del Consultorio ci ha esposto i dati relativi alle violenze perpetrate e alle denunce
effettuate in Piemonte e ha
risposto con pazienza a
tutte le domande relative
alle attività del Servizio da
lei diretto.
I ragazzi, instancabili, hanno
poi preso contatti con chi
insegna tecniche di difesa
personale e con il locale
comitato CRI, che svolge
attività di primo soccorso.
Come sintetizzare allora
tutte le informazioni raccolte
e come trasmettere efficacemente ciò che si andava
elaborando?
Attraverso questo giornale,
per esempio E anche con un
video,
naturalmente…ma
che dico, non uno…tre! Uno
spot, per colpire, un cortometraggio, per far riflettere,
un filmato per informare sui
servizi del territorio… E poi?
Una canzone, dai. E Il
“gruppo” su Facebook… E
un evento pubblico…forse
due... Ragazzi, ma non stiamo esagerando?
No, stiamo solo dimostrando che lavorare in gruppo,
con motivazioni forti, condividendo un obbiettivo preciso, con la consapevolezza
di fare qualcosa di importante, moltiplica le risorse,
responsabilizza e aumenta
in maniera esponenziale la
capacità progettuale.
Certo, non tutto è andato
come volevamo, forse non
tutti sono stati ugualmente
“generosi”; credo però che
ognuno di noi stia facendo l’
esperienza di quanto sia
difficile ma efficace, persino entusiasmante, essere
TUTTIperUNO scopo.
Nel prossimo anno scolastico, questo gruppo si
“aprirà” e i peer educators
cercheranno di coinvolgere i
loro coetanei in una riflessione a tutto tondo sulla
violenza contro le donne.
La speranza è che mettano
in moto anche un vero cambiamento nella mentalità,
negli atteggiamenti, nel
linguaggio dei ragazzi (e
degli adulti…) con cui verranno in contatto. Ma, conoscendovi, ora ci credo.
Annachiara Becchi
Insegnante e conduttore di
gruppo
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 6
SEZIONE II - LE PAROLE PER DIRE VIOLENZA
LA FACCIA DELLA VIOLENZA
Infatti lo stupratore è un
impotente,è l’opposto di
ciò che vuole dimostrare,è
una persona priva di capacità e personalità. E’ colui
che si relaziona attraverso
imposizioni e tirannie. E lo
fa attraverso il corpo.
E’ allarme stupri in tutta
Italia. Nel 2007 nella nostra
nazione un milione di donne
hanno subito violenza fisica
e/o sessuale. I quotidiani
riportano una quantità incredibile di articoli che trattano
di violenza di genere. Dall’inizio dell’anno a Roma ben
sei donne sono state uccise
dopo aver subito abusi fisici.
I colpevoli e violentatori
sono sempre più spesso
identificati negli immigrati. E
così l’ira degli Italiani si concentra verso gli stranieri,
arrivando addirittura a pestare due rumeni -che poi si
è scoperto non essere gli
autori della violenza verificatasi al parco romano della
Cafferellasolo
perché
“potevano essere loro”.
Aumenta la paura e con
lei la violenza. In fondo si sa
“violenza genera violenza”.E
così i casi di abuso aumentano da uno,a due,a mille. I
media si concentrano sul
“cattivo” e noi arriviamo a
sapere ogni cosa su quest’
ultimo, mentre la vittima
viene dimenticata:
l’attenzione passa così dalla
violentata al violentatore.
I mezzi di comunicazione
ci presentano immagini distorte, la realtà è ben diversa: i dati Istat ci dicono che
il 62% delle donne ha subito
violenza dal partner; solo nel
24,8% dei casi l’abuso è
effettuato da sconosciuti.
Inoltre non più del 10% sono
gli stupri ad opera di immigrati, e dunque il 90% delle
violenze fisiche sono compiute da Italiani.
Non è perciò vero che solo
gli stranieri violentano,i primi a farlo sono invece i nostri compagni.
Inoltre i dati Istat.e del
Viminale ci informano che
più di sei milioni e mezzo di
donne hanno subito almeno
una volta nella vita una
forma di violenza. Le vittimesoprattutto fra i 25 e i 40
anni- sono in numero maggiore donne laureate e diplomate,dirigenti e imprenditrici. Da noi la violenza è la
prima causa di morte o di
invalidità permanente nelle
donne tra i 14 e i 50 anni:
più del cancro,più degli incidenti stradali. Ogni giorno
da Bolzano a Catania,sette
donne sono prese a botte
oppure sono oggetto di ingiurie. Il governo si chiede
come intervenire sulla questione, e lo fa promettendo
giustizia e pugno duro fino
alla castrazione chimica.
L’atto di violenza in sé è
però “solo” lo strumento di
chi per imporsi ha bisogno
di prevalere sull’altra,e non
il nucleo del problema.
Sono invece molto profonde le cause: mancano
educazione sessuale e
educazione al rispetto,mancano figure che
insegnino attraverso la
loro esperienza,genitori
che – seppur talvolta lontani - insegnino a distinguere il giusto dallo sbagliato, mancano governi
che garantiscano giustizia
e che si concentrino sul
popolo, anziché sulla loro
convenienza,mancano
fondi che permettano alle
volanti della polizia di fare
benzina e sorvegliare la
città, mancano persone
che-se notano qualcosa
che non va - non girino lo
sguardo dall’altra parte,
manca la capacità di comprendere quando è il caso
di intervenire e bloccare
una certa situazione anziché aspettare che sia
troppo tardi, e manca soprattutto il senso di responsabilità.
Perciò il pericolo per le
donne non sta nella strada,nella notte e negli immigrati,ma nella normalità,nella casa e nella famiglia.
Il pericolo si confonde
con gli affetti,si annida là
dove il potere maschile è
sempre stato vigente.
Diletta Carmi
III A Liceo classico
Pagina 7
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
VIOLENZE E VIOLENTI
La violenza contro le donne
non è un fatto privato, ma
solo il 18% di chi ha subito
violenza ha saputo riconoscerla come reato ed il 95%
delle violenze non sono mai
state denunciate forse perché i partner sono i responsabili della maggioranza
degli stupri.
• Minacciata di essere colpi-
E non c’è solo lo stupro, che
è una grave violazione dei
diritti e della dignità di una
persona, che crea gravi problemi a chi la subisce.
non
desiderati vissuti con violenza
• Essere toccata contro la
propria volontà
Possiamo distinguere tra:
VIOLENZA FISICA:
• Essere spinta, strattonata
ta
• Schiaffeggiata, presa
calci e pugni
• Pestata fino alla morte
a
• Controllo
• Violenza economica
• Svalorizzazione della persona
• Intimidazioni
VIOLENZA SESSUALE:
MOLESTIE SESSUALI:
• Tentato stupro
• Stupro
• Rapporti sessuali
•
•
•
•
•
•
VIOLENZA PSICOLOGICA:
• Isolamento
Frasi ambigue
Doppi sensi
Apprezzamenti pesanti
Minacce subdole
Gesti osceni
Ricatti
Sono considerate reati in
quanto atti di disturbo della
sfera sessuale altrui, anche
se si concretizzano in pressione psicologica
VIOLENZA FISICA
CON CHI NE HA PARLATO*
Un membro della famiglia
Un altro parente
Un amico/vicini
Un collega di lavoro/superiore
o datore di lavoro/ compagno di studi
Un medico/infermiere/operatori pronto soccorso
Assistenti sociali, operatori di consultorio
Avvocato, magistrato, polizia, carabinieri
Nessuno
Totale**
SI E' RIVOLTO AD UN CENTRO ANTIVIOLENZA, ASSOCIAZIONE PER DONNE***
DOPO QUANTO TEMPO NE HA PARLATO*
Dopo più di un anno
Dopo un anno
Dopo qualche mese
Dopo pochi giorni
Subito
Non sa/Non risponde
Totale
•
•
•
•
•
Depressione
Perdita di fiducia e autostima
Sensazione di impotenza
Disturbi del sonno e ansia
Difficoltà di concentrazione
Queste informazioni ci sono
state fornite dalla dott. Fulvia
D’Addezio, responsabile del
Consultorio dell’ASL AL di Casale Monferrato.
STUPRO
O TENTATO STUPRO
VIOLENZA SESSUALE
Partner
attuale
Ex partner
7,5
3,4
10,1
4,8
7,6
4,0
5,3
92,2
96,6
89,4
94,8
90,6
96,0
94,3
Partner o ex
partner
DENUNCIA
Sì
No
Non sa/Non risponde
Totale
Le conseguenze
Le violenze domestiche sono in
maggioranza gravi, ma solo il
18,2% delle donne le percepisce nella loro gravità, eppure le
donne che hanno subito violenze nel corso della vita nel 35%
dei casi hanno sofferto di:
Partner o
ex partner
Partner
attuale
Ex partner
Partner o ex
partner
0,3
0,0
0,5
0,4
1,8
0,0
0,4
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
94,7
33,7
26,2
38,7
25,3
18,6
27,2
26,0
9,9
10,0
9,9
5,4
5,3
5,4
5,5
37,1
26,4
44,1
33,5
25,9
35,6
30,5
4,5
2,7
5,7
1,5
1,5
1,6
1,4
3,7
2,6
4,4
4,4
7,8
3,5
4,7
4,0
3,4
4,3
5,0
4,4
5,1
4,9
5,2
1,9
7,3
2,8
1,0
3,3
2,9
32,9
44,6
25,3
41,9
52,3
39,0
43,7
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
2,9
2,0
3,5
3,0
2,2
3,3
3,3
8,8
8,4
9,0
20,4
44,3
15,5
22,3
0,9
0,8
1,0
0,6
0,0
0,7
0,7
8,6
6,7
9,5
16,8
3,7
19,5
15,9
17,3
19,6
16,3
12,9
11,7
13,2
12,4
60,6
60,1
60,9
47,4
40,3
48,9
46,5
3,8
4,4
3,3
1,9
0,0
2,2
2,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
* Il dato si riferisce all'ultimo episodio subito
**La somma può essere superiore a 100 perché la donna può averne parlato con più persone
*** Dal dato sono escluse le vittime che hanno subito o un solo episodio di minaccia oppure sono state afferrate o spinte una sola volta, o
sono state colpite una sola volta nell’arco della violenza
DONNE
Pagina 8
VIOLENZA ZERO
DONNE: NO, GRAZIE?
Nell'antica Grecia il ruolo
della donna era quello di
mettere al mondo i figli
(possibilmente maschi) e di
occuparsi della casa; la figura
femminile veniva derisa e
insultata anche in opere letterarie: vi è per esempio un
autore che cataloga le donne
paragonandole ad animali.
Aristotele afferma che le femmine in tutte le specie animali sono più deboli dei maschi
e che hanno un carattere:
pigro, incline all'ira, contrario
alla fatica, avaro ed insofferente. Anche tra gli antichi
Romani l'uomo veniva considerato superiore alla donna
in intelligenza e forza fisica; è
infatti curioso notare che in
latino la parola uomo (vir) e la
parola forza (vis) hanno una
forte assonanza.
Nelle sacre scritture (Proverbi
21, 19-20) si legge:”E' meglio
vivere in terra deserta che
con una donna litigiosa e
irritabile”, San Paolo disse:
“Sarai soggetta all'uomo ed
egli ti dominerà”. I più grandi
pensatori e scrittori medioevali consideravano la donna
come un tramite per intercedere presso Dio. Rousseau
scrisse :”Le donne esercitano
un'attrattiva troppo forte,
quel corpo è troppo pericoloso”, questo corpo non è visto
solo come insignificante
(politicamente e storicamente) ma allo stesso tempo è un
corpo dotato di grande potenza: quella di poter mettere al
mondo la prole.
Ancora oggi, in moltissime
culture, le famiglie preferiscono avere figli maschi: nelle
civiltà rurali per via della
maggior forza fisica che indubbiamente gli uomini posseggono e anche perchè si
da' molta importanza al portare avanti il cognome della
famiglia e questo, da sempre,
è un ruolo che spetta agli
uomini.
In paesi in cui si è costretti a
limitare il numero dei figli
(Cina) le nascite al maschile
sono del 12% al di sopra
della norma. Nei paesi poco
sviluppati, soprattutto quelli
africani, la percentuale di
bambine denutrite è altissima, infatti se in caso di carenza di cibo si deve scegliere chi nutrire, la madre molto
spesso sceglie di cibare il
figlio maschio.
In Africa 100-132 milioni di
donne in 28 paesi hanno
subito mutilazioni genitali, e
inoltre sono tantissimi i casi
STALKING: NON È UNO SCHERZO
La violenza: un problema
sempre esistito, ma mai
tanto pubblicizzato come
oggi.
I mass-media contribuiscono
ogni giorno a divulgare notizie sempre più cruente o al
limite dell’irreale, commentate in modo ambiguo o
fazioso.
Di recente è stato introdotto
nella legislazione italiana il
reato di “stalking”.
Questo temine deriva dal
verbo inglese “to stalk” che
letteralmente vuol dire pedinare, anche se in italiano
può essere tradotto come
“atti
persecutori”,
“minaccia”, “intimidazione”,
e può avere anche svariati
significati, poiché può comportare denunce per pedinamenti, telefonate o SMS
intimidatori, violenze fisiche
o verbali, e altri comportamenti di simile natura.
Sul Monferrato di martedì
24 marzo veniva riportata la
notizia della prima denuncia
per “stalking” avvenuta in
zona, quando una donna,
operaia di 42 anni, ha segnalato ai Carabinieri di
Occimiano le ripetute vessa-
di invalidità (8 milioni) che dipendono da gravidanze per via
dello scarso accesso alle strutture sanitarie.
Per quanto riguarda il lavoro le
donne svolgono i 2/3 del lavoro
mondiale ma guadagnano soltanto il 5% del reddito totale e
posseggono solamente l'1%
delle proprietà; in più sono impegnate nei lavori non retribuiti
come la cura dei bambini, le
faccende domestiche e l'assistenza agli anziani.
Nel mondo del lavoro le donne si
adeguano a modelli di competitività e aggressività proprie del
mondo maschile, e questo le
costringe a rinunciare a gran
parte delle loro notevoli potenzialità. Potenzialità che invece
alcune donne riescono a sviluppare in diversi contesti, dando
così un contributo originale e
prezioso alla crescita di una
società migliore.
Anna Auxilia
III A Liceo classico
zioni, citando, tra le altre
cose, telefonate, pedinamenti, minacce di suicidio,
alle quali l’avrebbe sottoposta il suo ex compagno.
zione del fenomeno, perché,
si sa, prevenire è meglio che
curare.
Questo fatto è un segnale
forte per chiunque si sia
trovato o si trovi in una situazione del genere, perché
sappia reagire ed uscire allo
scoperto, perché si sappia
che non si intende più tollerare certi comportamenti in
un paese che si vuole definire civille.
LA RICERCA SULLE PERSECUZIONI (A.I.P.C.)
Monferrato
Vittime di stalking:
segnala una
• 21% della popolazione
denuncia di
Sesso delle vittime:
• 86% donne; 14% uomini
stalking
Età:
• 66% età compresa tra i
18 e i 25 anni
carabinieri di
Con l’introduzione dello
“stalking”, inoltre, chi ha
subito un qualsiasi tipo di
violenza, sia essa psicologica, fisica, sessuale, è notevolmente più tutelato in
sede giudiziaria, dove spesso gli avvocati difensori dell’aggressore svolgevano il
compito (che personalmente
definisco antigiudiziale e un
po’ ingrato) di accanirsi contro la vittima per scagionare
il proprio assistito.
L’obiettivo comune ora è di
arginare questa tendenza
violenta che è ormai entrata
a far parte della nostra quotidianità, partendo dalle sue
stesse fondamenta e con
attivo programma di preven-
“Il 24 marzo
2009 Il
Persecutori:
• 20% donne, 80% uomini
Identikit del persecutore:
• 51% uno sconosciuto
• 22% un conoscente
• 20% un ex partner
• 5% il partner
Ivano Colombaro
Peer Educator
IV E Scientifico
pervenuta ai
Occimiano ”
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 9
DROGHE: NON SOLO SBALLO...
Il nostro obiettivo primario
oggigiorno è quello di dare
di più. Cerchiamo di dare di
più a scuola, di più con gli
amici, di più con il partner,
di più nella società. Molti di
noi sentono costantemente
la pressione di un mondo
che chiede troppo, che vuole
tutto e subito. È lo stesso
mondo che non ci aspetta,
ma ci lascia indietro, qualora decidessimo di fermarci.
Nel nostro mondo le pause
non sono concesse. Ma fino
a che punto siamo disposti a
spingerci pur di raggiungere
il massimo?
L’Organizzazione Mondiale
della Sanità definisce la
droga come qualsiasi tipo di
sostanza che, introdotta
nell’organismo, ne modifica
il funzionamento e/o gli
atteggiamenti sia fisici sia
psichici, che dà dipendenza
e provoca assuefazione.
I giovani che fanno uso di
droghe sono molti, ma pochi
di questi sono realmente
consapevoli riguardo a ciò
che consumano. Il numero
dei “consumatori” cresce a
dismisura, così come le
tragiche conseguenze che
l’abuso di sostanze porta
con sé, tra le quali la violenza, di cui sentiamo sempre
più spesso parlare. I ragazzi
vengono, infatti, a contatto
con le droghe in età sempre
più precoce (il 20% tra i 12
e i 15 anni).
Queste sostanze, oltre a
danneggiare gravemente il
nostro organismo, alterano
gli atteggiamenti e la percezione del pericolo. Una delle
più frequenti conseguenze
dell’abuso di droga o alcool
è talvolta anche una forma
di violenza nei confronti
delle persone che ci circondano e, in particolare, delle
più deboli (solitamente donne e bambini).
Tra queste sostanze quelle
che rendono maggiormente
propensi alla violenza sono
la cocaina, le anfetamine e
l’alcol.
La cocaina è una droga che
negli ultimi tempi è stata
protagonista di un vero e
proprio boom di consumo:
basti pensare che solo in
Italia ogni settimana viene
venduta e consumata circa
una tonnellata di cocaina,
pari a 30-50 milioni di dosi.
Essa interviene alterando il
sistema nervoso dell’ organismo, provocando un grandissimo aumento dell’adrenalina. Le stesse caratteristiche possiedono le anfetamine, sostanze stupefacenti
estremamente simili alle
prime.
Per quanto riguarda l’alcol,
esiste un limite che, se oltrepassato, ci rende persone
diverse da quelle che realmente siamo, alterando i
nostri sensi, le nostre capacità, rendendoci “disinibiti”
e talvolta anche violenti.
La relazione tra droghe e
violenza è, infatti, strettissima. Negli ultimi dieci anni,
sono nettamente aumentati
i casi di droghe somministrate di nascosto per rendere
inermi le vittime, con lo scopo di violentarle. Recenti
prove di studi giudiziari hanno dimostrato che l’alcol è la
sostanza più comunemente
usata per facilitare violenza
sessuale, in quanto le persone che ne abusano risultano
consenzienti, perchè stordite.
A questo proposito esiste un
farmaco, l’Alcover, utilizzato
per il trattamento degli alcolisti, che è anche stato impropriamente usato in casi
di stupro. Si presenta come
sostanza incolore e inodore,
che ha come effetto la totale
perdita dei sensi della persona.
Anche l’abuso di alcol può
provocare gli stessi effetti
causando una perdita di
consapevolezza del rischio e
una disinibizione eccessiva
che spesso porta a compiere atti che in situazioni di
normalità non affronteremmo.
Chi abusa di droghe è un
pericolo per gli altri e, in
particolar modo, per sé stesso. È certamente vittima di
questo mondo che non ha
intenzione di rallentare, di
stare al nostro passo. È
vittima delle responsabilità,
delle pressioni e della debolezza, che non gli permettono di affrontare le piccole
fatiche quotidiane.
Un mondo di droga e violenza ha come prezzo la vita.
La nostra e quella degli altri.
Siamo davvero disposti a
spingerci a tanto pur di dare
quel “di più” di cui, pare,
abbiamo bisogno?
A voi la scelta.
Rita Petrassi
Miriam Re
Peer Educators
II A Liceo classico
Si ringrazia la dott.ssa Donatella Prosa, Responsabile
del Ser.T. di Casale Monferrato e tutta l’equipe del
servizio, per le informazioni
ricevute.
“Negli ultimi
dieci anni, sono
nettamente
aumentati i casi
di droghe
somministrate
di nascosto per
rendere inermi
le vittime”
DONNE
VIOLENZA ZERO
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SEZIONE III– STORIE VERE
VALENTINA CAVALLI,
CASALE MONFERRATO
detta, ma giustizia;
non voleva che prevalesse la rabbia e l’odio.
Musa ispiratrice in
questo
complesso
contesto sociale, costellato da realtà virtuale e aggressività
gratuita,
Valentina,
alternativa, creativa,
spirito contro corrente,
ci insegna l’arte difficile di aspettare quei
semi che porteranno a
frutto un nuovo modello educativo e culturale. Con straordinaria
forza d’animo ci ha
indicato un percorso
da cui partire: l’arte di
educare.
Le ombre del passato
possono segnare una
vita. Il trauma di una violenza sessuale rimane
nel cervello, nel modo di
costruire le relazioni umane, nella ricerca del futuro. Solo chi si ritrova a
vivere queste paure, queste angosce, questi smarrimenti ne conosce anche
la terribile forza. E può
capitare di arrendersi.
Come ha fatto Valentina.
A 29 anni sì è tolta la
vita, dopo il dramma che
stava vivendo da ormai
sei anni: in una sera del
2002 aveva dovuto subire l’aggressione e la violenza di due ragazzi della
Milano bene che avevano
infierito crudelmente su
di lei. Non s’era arresa,
aveva fatto denuncia,
Da questa fondamento
educativo, nel novembre 2008 nasce l’Associazione l’Albero di Valentina, che si propone
di sostenere le vittime
di violenza attraverso
progetti di carattere
educativo, azioni di
sostegno alla riforma
legislativa, attività artistico-culturale.
Per info:
Associazione L’Albero
di Valentina
Piazza Rattazzi 7
Casale M.to
e-mail:
[email protected]
web:
www.alberodivalentina.
it
sostenuto le indagini,
sino all’arresto dei responsabili, sino al processo ancora in corso. Aveva
mostrato sempre determinazione e coraggio, ma
anche qualche cedimento, qualche paura.
Un’altalena di momenti in
cui tutto era passato,
accanto ad altri in cui
tutto era ancora presente. Gli stupratori sono
stati condannati in primo
grado e in appello, ma
non hanno scontato neppure un giorno di prigione, perché incensurati. Il
terzo ragazzo, che quella
sera era rimasto in auto a
fare il palo, non è stato
condannato.
L’idea di Valentina era
quella di non volere ven-
“L’idea di Valentina
era quella di non
volere vendetta,
ma giustizia; non
voleva che
prevalessero la
rabbia e l’odio.”
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 11
VOCI NEL SILENZIO
TESTIMONIANZE DI QUOTIDIANA VIOLENZA
Franca
26 marzo 2006
Lazio
Chi
È separata dal marito, ma
non ce
l’ha fatta
Barbara
per abitudine continua ogni giorno
27 anni
ad andare da lui per sistemargli la
28 Luglio 2008
casa e preparargli il pranzo. Le liti
tra i due sono frequenti, ma l’ultima
Lombardia
è più violenta del solito. Franca
Muore soffocata dal suo ex
muore con tre coltellate all’addome.
convivente. Il corpo di Barbara viene
I Carabinieri trovano il marito
ritrovato dai Carabinieri nella casa
in stato di choc accucciato
dell’uomo, che ne aveva denunciato
accanto al suo corpo
la scomparsa. Lui ammette
senza vita.
l’omicidio solo quando messo di
Roberta
fronte all’evidenza dei fatti.
27 anni
10 febbraio 2006
Veneto
Dopo la separazione ha ottenuto
l’affidamento del figlio. Quella mattina,
accompagnato il piccolo
all’asilo, viene
raggiunta dal padre del
bambino e
uccisa con un colpo di
pistola.
Oriana
Dopo aver filmato tutto
con una telecamera,
l’uomo
3 maggio 2006
lascia il video accanto
E’ sposata e ha due figli.
Sicilia
al corpo, punta l’arma
Caterina
Da sempre viene tormentata dal
contro se stesso senza
17 anni
marito con violente scenate di gelosia.
però riuscire ad uccidersi.
28 marzo 2006
Durante l’ultima discussione, lui la
L’omicida, 41 anni, stava
Emilia Romagna
colpisce più volte alla testa con un
scontando in regime di
Saluta la nonna per raggiungere
bastone e la uccide.
libertà vigilata una
il suo ragazzo ai giardinetti.
condanna per tentato
Tra i due scoppia un litigio, viene
omicidio ai danni di una
aggredita, subisce un tentativo di
ex fidanzata.
strangolamento e muore accoltellata.
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 12
Francesca
36 anni
4 Luglio 2006
Chi è
Marche
Durante una lite con l’ex marito,
sopravvissuta
stimato professionista, viene colpita
al volto con un’asse di legno e poi quasi
strangolata con il cavo del telefono.
Con i polsi legati e infilata in un porta
abiti, viene gettata in un cassonetto
dell’immondizia. Viene salvata da
Daniela
un passante che, sentendo i flebili
2 gennaio 2006
lamenti, chiama la Polizia.
Piemonte
Il marito ha confessato.
Nina
Sposata con un immigrato che
Francesca è rimasta in
23 anni
spesso, rientrando a casa ubriaco,
ospedale per quattro
9 Ottobre 2006
la picchia. L’ultima volta la colpisce
mesi.
Lazio
violentemente al volto con una mazza
Viene picchiata, violentata
da baseball. Grazie all’intervento
e gettata in un cassonetto della
dei Carabinieri viene ricoverata in
spazzatura dal suo ex compagno che
ospedale e riesce a sopravvivere.
non accetta di essere stato lasciato.
Lui è in carcere.
Paola
32 anni
Viene ritrovata da alcuni passanti
che la accompagnano in ospedale.
2 Agosto 2006
Campania
Sposata con uno stimato avvocato
da cui aspetta un bambino. Una notte
viene aggredita dal compagno che, con
Rita
un paio di forbici, la colpisce più volte.
15 Giugno 2008
Paola, ricoverata in ospedale,
è
Piemonte
Sposata con un uomo con cui
ha una figlia di 11 anni, è incinta
da due mesi di un altro bambino.
sopravvissuta, ma ha perso il
bambino.
Il marito è in carcere.
Viene accoltellata dal marito accecato
dalla gelosia. Rita riesce a scappare
per strada e viene soccorsa da un
tassista che la accompagna in
ospedale.
(Testimonianze da “Dire no alla violenza è possibile”, campagna promossa dalla Regione Piemonte)
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 13
NOTIZIE: DELARA DARABI
Delara Darabi, giovane pittrice iraniana, è stata giustiziata il 20 aprile.
Nel 2003, all’età di 17 anni,
si introdusse in una casa
per rubare con il fidanzato
19enne, che però pugnala a
morte la padrona dell’abitazione. Delara per salvare il
fidanzato dalla pena di morte si dichiara colpevole, dal
momento che i minorenni
non dovrebbero essere giustiziati. Ma lo stato iraniano , pur avendo ratificato la
Convenzione Onu sui Diritti
dell’Infanzia, punisce come
adulti i bambini dai 15 anni
e le bambine dai 9 (già,
perché le donne non sarebbero in grado di guidare,
lavorare, parlare in pubblico
e ragionare ma sono sempre
le colpevoli più quotate in
alcuni paesi ). Ora i minorenni nel braccio della morte in
Iran sono 150.
“Anche quando
le furono tolti i
pennelli e i
colori continuò
con le dita,
sperando che i
suicidio tagliandosi le vene;
dicono che in realtà la sua
ispirazione per continuare a
vivere fosse nei colori: Delara aveva sempre dipinto in
carcere, anche quando le
furono tolti i pennelli e i
colori continuò solo con le
dita ed il carboncino sperando sempre che i colori potessero restituirle la vita.
Anche Delara, consegnata
nelle mani della “giustizia”
dal suo stesso padre, dopo
aver ritrattato e confessato
la verità, dopo aver subito la
violenza di settanta frustate
di cui 50 per tentata rapina
più
20
per
la
“frequentazione illecita” con
il fidanzato, dopo aver trascorso 3 anni in carcere è
stata condannata all’impiccagione.
Il suo avvocato tentò di difenderla puntando sulle
prove emerse dall’autopsia,
secondo le quali le ferite
erano state inferte da un
destrorso, mentre Delara è
Nel 2007 aveva tentato il
mancina. Ma i giudici non
hanno accettato le prove. Il
sistema giudiziario iraniano
non è basato sulle prove ed
i giudici possono condannare qualcuno anche solo sulla
base di un’ “intuizione”.
(I dipinti di Delara si possono ammirare sul sito
www.SaveDelara.com )
Angela Amuso
Peer Educator
II A Liceo Classico
FRA STUPRI E SASSI
E’ stata approvata in Afghanistan nel mese di marzo
una legge soprannominata
“pro stupro” che obbliga le
donne a concedersi al marito almeno quattro notti a
settimana. La nuova legge
autorizza gli uomini a stuprare le mogli in caso di
mancato adempimento dei
doveri coniugali, proibisce
alle donne di uscire di casa
per vari motivi senza il consenso del marito, affida i
figli al marito e ai nonni,
consente il matrimonio di
bambine e assicura l’eredità
ai maschi maggiorenni.
Molte donne afgane nelle
vicinanze dell’università di
Kabul hanno tentato di manifestare
pacificamente
contro la legge, purtroppo
sono state prese a sassate
da uomini e donne di un
altro corteo dal quale provenivano grida come: “morte
alle schiave dei cristiani“.
Secondo quanto riportato
sul Corriere della sera:”
molte altre donne avrebbero
voluto partecipare alla protesta, ma i loro mariti lo
hanno proibito“
Angela Amuso
Peer Educator
II A Liceo Classico
colori potessero
restituirle la
vita”
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
GLOSSARIO
Sesso: determinato dalle
specificità nei caratteri, che
all’interno della stessa specie, contraddistinguono soggetti diversamente predisposti alla funzione riproduttiva,
ovvero differenze biologiche
e fisiche (livelli ormonali,
organi genitali, capacità
riproduttive ecc.).
Genere: ha a che fare con le
differenze socialmente costruite fra i sessi e con i
rapporti che si instaurano
tra i sessi in termini di comportamenti distintivi e
“appropriati”. Si intende
quindi il processo di costruzione sociale della caratteristiche biologiche: definizione, rappresentazione, incentivazione di appropriati comportamenti connessi con le
aspettative sociali legate
allo status di uomo o di donna.
Identità di Genere: la percezione sessuata di sé e del
proprio comportamento,
acquisita attraverso l’esperienza personale e collettiva,
che rende gli individui capaci di relazionarsi agli altri. È
quindi il riconoscimento
delle implicanze della propria appartenenza ad un
sesso in termini di sviluppo
di atteggiamenti, comportamenti, desideri più o meno
conformi alle aspettative
culturali e sociali.
Sessualità: il dato biologico,
ma anche un aspetto integrante dell’identità individuale che ciascuno ha.
Violenza: l’uso intenzionale
di forza fisica o di potere,
minacciato o agito, contro
se stesso, un’altra persona,
o contro un gruppo o una
comunità, che ha come conseguenza il danno fisico, la
morte, il danno psicologico,
l’alterazione dello sviluppo,
la deprivazione.
Quando la violenza in una
relazione si protrae a lungo
nel tempo allora si parla di
maltrattamento (OMS, 2002).
Violenza contro le donne:
una violazione dei diritti umani. Consiste in qualsiasi
azione o minaccia di azione,
che avvenga nella vita pubblica o privata e che produca, o possa produrre, danni
o sofferenze fisiche, sessuali
o psicologiche.
Psicologica: consiste in attacchi diretti a colpire la
dignità personale, forme di
mancanza di rispetto, atteggiamenti volti a ribadire continuamente lo stato di subordinazione e la condizione di
inferiorità.
Economica: consiste in forme dirette o indirette di controllo sull’indipendenza economica che limitano o impediscono di disporre di denaro, di fare liberamente acquisti, avere un proprio lavoro.
Fisica: consiste in qualunque
forma di aggressività e di
maltrattamento contro la
persona, il corpo e le cose di
proprietà. Spesso è esercitata con furia e mira ad imporre con la forza un ruolo di
sottomissione.
Sessuale: consiste in qualsiasi imposizione di coinvolgimento in attività e/o rapporti sessuali senza il consenso, sia all’interno che al
di fuori della coppia. È qualificata come delitto contro la
libertà personale.
Abuso sessuale intrafamiliare: forma di violenza sessuale. Commesso quando
un familiare o un amico
costringono la donna a partecipare a rapporti sessuali
o a guardarli mentre si realizzano, o ancora, cerca di
coinvolgere la donna in
attività sessuali anche attraverso il gioco. Rientra nella
violenza familiare la Pedofilia.
Molestie sessuali: consistono in comportamenti indesiderati di natura sessuale o
basati sul sesso che offendono la dignità delle donne
o degli uomini. Possono
essere verbali, fisiche, relazionali, visive.
Stalking: termine inglese
(perseguitare), è una forma
di violenza psicologica. Indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo
che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola ed
ingenerando stati di ansia e
paura, che possono arrivare
a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità.
Stalker: può essere un estraneo, ma il più delle volte
è un conoscente, un collega, o un ex-partner, che
agisce spinto dal desiderio
di recuperare il precedente
rapporto o per vendicarsi di
qualche torto subito.
Pagina 14
Mobbing: forma di violenza
psicologica attuata nel mondo del lavoro, che implica
una specifica volontà di
allontanare la persona vittima dal posto di lavoro spingendola a dare le dimissioni. È quindi l’attività persecutoria, che dura più di 6
mesi e che è funzionale
all’espulsione del lavoratore, causandogli una serie di
ripercussioni psico-fisiche
che spesso sfociano in specifiche malattie ad andamento cronico.
Gaslighting: violenza psicologica attuata all’interno
della coppia. Comportamento messo in atto allo scopo
di far sì che la persona dubiti di se stessa e dei suoi
giudizi di realtà, che cominci
a sentirti confusa e ad avere la sensazione di stare
impazzendo.
Cinismo: violenza psicologica attuata all’interno della
coppia. Nulla è buono né
sensato; trionfa nel distruggere la bontà e giustifica la
sua mancanza di scrupoli
con varie razionalizzazioni.
Manipola, influenza, colpevolizza l’altro al suo posto.
Trauma: esposizione ad un
evento di forte intensità,
tale che il soggetto colpito
non è in grado di rispondere
a livello emotivo, cognitivo e
comportamentale in modo
adeguato.
Elena Mietto
Peer Educator
IV A SPP
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 15
SEZIONE IV
STORIA , ARTE E LETTERATURA
UOMINI E DONNE: UGUALE META, STRADE DIVERSE
Vecchi e nuovi percorsi femminili
In che cosa consiste la differenza di genere in termini di
comportamento, sensibilità,
attitudini, capacità, predisposizione o mentalità?
Esistono comportamenti e
luoghi comuni da sfatare. Si
pensa infatti che per natura il
maschio sia più intraprendente, mentre la donna più capace a relazionarsi, anche se
maschi e femmine manifestano precise tendenze perché
fin dall’infanzia vengono educati a riprodurre quei particolari atteggiamenti che costituiscono l’identità di genere.
Anche per questo è stata difficile la strada dell’ emancipazione femminile.
Nel XIX secolo iniziarono a
comparire in Inghilterra e negli
Stati Uniti d'America i primi
movimenti e gruppi femministi, le cosiddette suffragette:
erano donne che prendevano
coscienza dei propri diritti,
reclamando la possibilità di
votare e di avere dignità pari
agli uomini. In questi stati
persisteva infatti un'oppressione puritana dalla quale le
donne volevano liberarsi. Da
questi gruppi di donne che
miravano ad un'emancipazione culturale e sociale, sono in
seguito derivati i movimenti
femministi di larga scala tipici
del '900.
In Italia, negli anni del boom
economico si instaura l’idea
della donna casalinga, completamente dedita alla casa e
alla famiglia. Negli anni sessanta cominciano a manifestarsi alcuni cambiamenti:
sale il livello d’istruzione delle
donne, che sempre più frequentano le scuole superiori e
cresce l’impiego femminile nel
mondo del lavoro esterno alle
mura domestiche.
Negli anni settanta nascono
soprattutto nelle grandi città i
primi gruppi femministi che si
occupano di sottolineare l’uguaglianza con l’uomo e chiedono cambiamenti immediati a
partire dal nucleo familiare.
Negli anni novanta, da una
parte le donne gestiscono la
loro sessualità facendo uso di
anticoncezionali, mentre dall’altra c’è più disponibilità al
riconoscimento dei figli nati
fuori dal matrimonio
Negli ultimi decenni abbiamo
assistito ad una rivoluzione
che ha modificato l’identità dei
ruoli di entrambi i generi; in
particolar modo è stato rivalutato l’universo femminile, grazie alle lunghe battaglie civili
delle donne per raggiungere la
piena parità giuridica. Anche i
modelli maschili sono stati
ridisegnati e arricchiti.
Ma a cosa dobbiamo questo
cambiamento?
In circa cinquant'anni si sono
ribaltati i ruoli familiari. Le
donne hanno conquistato una
loro autonomia, assimilando
modelli tipicamente maschili.
Donne e uomini convivono ogni
giorno, affrontano situazioni
simili in ambiti simili, ma non
tutti gli uomini reagiscono allo
stesso modo a questa emancipazione "improvvisa". Non tutti,
infatti, sono riusciti ad accettare la nuova realtà che si trovano davanti; molti sono rimasti
legati all'idea di una donna
debole , incline a subire senza
ribellarsi.
Sono questi gli uomini che
sfogano la loro brutalità contro
il mondo femminile, privando
la donna della propria identità
e dignità.
La lotta per l’emancipazione
femminile ha ottenuto risultati
solo in una parte del mondo e
non sono affatto scontati.
Anche negli stessi Paesi sviluppati talvolta la miseria, la solitudine, la disoccupazione creano situazioni brutali e insostenibili.
La parità non è ancora pienamente raggiunta, infatti lo stipendio femminile è inferiore
del 10% rispetto a quello maschile e c’è un forte scompenso fra donne e uomini in carriera, soprattutto in base al
rapporto fra i titoli di studio.
Oggi in Italia nessuno oserebbe dichiarare che le donne
siano inferiori rispetto agli uomini, ma nei fatti questo pregiudizio è ancora vivo; in genere le donne devono dimostrare
capacità superiori alla media
per essere poi giudicate pari a
un collega di altro sesso.
Nell’ attuale società le donne
portano un doppio fardello:
quello del lavoro e quello della
famiglia che continuano a dover gestire da sole; per non
parlare della solitudine delle
donne che sono state costrette
a rinunciare alla famiglia per il
lavoro, o della frustrazione di
quelle che hanno dovuto
rinunciare all’ impiego per
accudire i figli (non sono
poche le lavoratrici che, appena entrate in maternità,
vengono licenziate).
Oggi sentiamo parlare sempre meno di femminismo,
ritenuto un movimento ormai
lontano.
Bisogna continuare a promuovere opportunità di libera scelta per le donne: che
devono poter decidere se
lavorare o no, se avere o non
avere figli e come organizzare la propria vita.
Angela Amuso
Giulia Osenga
Rita Petrassi
Peer Educators
II A Liceo classico
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 16
LA VIOLENZA SULLE DONNE IN LETTERATURA
UN INVITO: DONNE A TESTA ALTA DI FRONTE ALLA VIOLENZA
I versi 80-100 del libro I del
“De rerum natura” di Lucrezio, con la loro crudezza,
raccontano il sacrificio di
Ifigenia, figlia primogenita di
Agamennone, destinata non
alle splendide nozze con
Achille, come le era stato
fatto credere, ma ad un
sanguinario rito sacrificale
voluto dal padre, in nome
della “religio”, colpevole
quanto diffusa superstizione; soltanto con il sangue
versato dalla giovane donna
innocente sarebbe stata
placata la dea Artemide e
garantita alle navi degli Achei una felice partenza alla
volta di Troia.
Non sempre, tuttavia, la
letteratura ci offre esempi di
irreparabile prevaricazione
maschile: Penelope, figura
femminile simbolo della
fedeltà e vittima, come tante
altre mogli e madri, della
“ragion di stato”, la guerra di
Troia, che le sottrae il marito
Ulisse per lunghi anni, è
sottoposta ad una originale
e raffinata rivisitazione dallo
scrittore Luigi Malerba nella
sua opera “Itaca per sempre”.
Qui, infatti, l’autore dà voce
a Penelope, donna forte e
risoluta, che dialoga con
Ulisse, che ancora non le ha
rivelato la sua identità, attraverso uno scambio costante
di punti di vista: la mitica
tela di Penelope si trasforma
nel romanzo in un ordito di
percorsi mentali atti a scandagliare la psicologia del
marito che a più di uno,
dopo il suo arrivo ad Itaca, si
è rivelato, ma non ancora a
lei, alla moglie. Perché?
Penelope non capisce come
Ulisse abbia potuto dubitare
della sua fedeltà, quando lui
stesso l’ha tradita più volte
durante il viaggio e si chiede
“E’ forse meno doloroso per
una donna il tradimento del
suo uomo di quanto non sia
doloroso per un uomo il
tradimento della sua donna? Chi ha stabilito che una
donna debba soffrire e perdonare?”
E’ Penelope a condurre abilmente il gioco e a tenere
sulla corda il marito, infatti
Ulisse teme di fare passi
falsi, sospetta, rimanda la
rivelazione di sé.
Tra i due si sviluppa un gioco, a tratti anche pericoloso,
seppur intelligente e intrigante, con il quale Penelope
riscatta, con un compiacimento persino crudele gli
anni della lunga attesa, il
sacrificio della sua giovinezza, i tormenti dell’anima.
Penelope, infatti, finge di
non riconoscerlo, quando lui
si rivela, e solo dopo averlo
fatto soffrire e addirittura
piangere, lo perdonerà.
sue raffinate letture, la condizione di minorità in cui
sono tenute le donne, private di ogni possibilità di accesso alla cultura e costrette ad occuparsi del ristretto
mondo familiare.
Nonostante la libertà intellettuale conquistata, Marianna sente di essere ancora
soggetta al peso delle tradizioni, degli stereotipi della
mentalità della sua gente.
Ecco perché sceglie di partire da Palermo, allontanandosi in viaggio verso una
meta incerta, in un finale
aperto adatto ad un ritratto
di donna intimamente problematico.
Una delle protagoniste di
Dacia Maraini, scrittrice e
intellettuale sempre attenta
alla tematica femminista, è
Marianna Ucrìa, nobildonna
palermitana al centro del
romanzo, ambientato nella
prima metà del ‘700 “La
lunga vita di Marianna Ucrìa”: Marianna, costretta a
sposare a 13 anni lo zio
molto più vecchio che l’ha
violentata da bambina, è
diventata sordomuta in conseguenza della violenza
subita.
Non ha comunicazione affettiva con il marito, uomo freddo, chiuso, austero, ma la
sua menomazione fisica
stimola il suo interesse alla
lettura, in cui si rifugia trovando compensazione, attraverso l’uso dell’intelligenza, ad una vita sostanzialmente vuota, occupata soltanto dalla cura dei numerosi figli. Infatti Marianna, pur
discriminata da varie persone per il suo handicap, non
si perde d’animo e anzi avrà
5 figli, un amante e diventerà donna saggia e razionale,
dimostrando anche di avere
un gran cuore.
Matura uno sguardo più
acuto e disincantato nell’osservare la società di cui fa
parte, si accorge che l’ambiente aristocratico è arrivato al tramonto e alla dissoluzione e coglie, grazie alle
Anche Teodora, figura femminile del romanzo “Qualcuno
con cui correre” di David
Grossman, pur essendo un
personaggio marginale nel
racconto, spicca per la sua
simpatia e originalità. Ella si
allontana, esce, in senso letterale e metaforico, dalla
casa di Gerusalemme che è
stata abitata da lei, giorno e
notte, senza interruzione,
anno dopo anno, per i cinquant’anni di vita che sono
seguiti alla decisione degli
anziani del suo villaggio di
tenere in vita la tradizione di
accoglienza dei pellegrini in
visita dall’isola alla città di
Gerusalemme.In realtà Teodora, ignara ragazzina sedicenne dalla pelle abbronzata e un po’ invaghita di un
giovane coetaneo, avrebbe
potuto evitare tutto ciò; infatti se, quando il sacerdote,
durante il rito, le aveva posto la mano su una lamina
di ferro incandescente, lei
avesse gridato, avrebbe
avuto la libertà, ma per orgoglio non lo aveva fatto…
Nonostante la clausura
(esempio di monacazione
forzata che ci richiama alla
memoria la Gertrude dei
“Promessi sposi”) è sorprendente come Teodora sia
molto colta, pervasa da
“curiositas” e anche da allegria.
Solo alla fine ella uscirà da
questa sorta di prigione per
una missione imprevista e
rischiosa cui non si sottrae e
affronterà il mondo, per lei
ormai completamente sconosciuto, con un gran sorriso e
tanta meraviglia.
Le testimonianze riguardanti
la violenza sulle donne si
stanno ormai moltiplicando,
purtroppo o, forse, per fortuna. Infatti i soprusi che le
donne hanno dovuto subire,
vanno avanti da secoli, ma a
differenza dei tempi passati
oggi c’è una maggiore comunicazione.
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Inoltre, non sempre le donne che avevano subito una
violenza, avevano il coraggio
di denunciarla, mentre oggi,
fortunatamente, forse grazie
anche alla grande attenzione che i media hanno riservato a questo problema,
molte donne sono state
incoraggiate a denunciare i
loro violentatori. Purtroppo,
le donne che hanno subito
violenze si sentono loro
stesse in colpa, sentendosi
quasi “sporche”, come se
ormai fosse una provocazione uscire da sole o indossare una gonna più
corta.
Quindi possiamo dire che
le donne in questi anni
stanno finalmente reagendo e anche in letteratura
Pagina 17
si trovano vicende di protagoniste femminili che sono
riuscite a riscattarsi.
Mi piace pensare che anche
attraverso la letteratura si
possa trovare lo spirito per
reagire.
Chiara Scancarello
V D Liceo scientifico
IL RUOLO DELLA DONNA NELL’IMMAGINARIO ARTISTICO LETTERARIO
DEL TRECENTO
La donna assume rilievo,
non soltanto nell’arte e
nella letteratura trecentesche e, seppur venga esaltata da numerosi artisti, si
terrà in considerazione
soltanto un ristrettissimo
numero di opere e autori.
Nella comunità moderna la
donna ricopre molteplici ed
importanti ruoli, a differenza di quanto era accaduto
in passato.
Ciò detto, sembrerebbe
opportuno offrire anche un
prospetto della società
borghese del XIV secolo,
dominata da ragioni di mercatura e da aspirazioni di
egemonia politica e culturale.
Il periodo compreso tra il
secondo decennio del Trecento e la metà del Quattrocento vede sul piano politico l’affermazione degli Stati
Nazionali in Francia, Inghilterra e Spagna mentre in
Italia la crisi delle istituzioni
comunali e il processo di
rifeudalizzazione porta inevitabilmente al passaggio
dal Comune alla Signoria.
Dal punto di vista culturale
questo è un secolo importante, se non addirittura
fondamentale, per lo scenario italiano: il volgare diviene la lingua dei commerci
(“lingua del mercante”), al
contrario del latino, lingua
della Chiesa, culturalmente
più conservatore.
Inoltre si verifica una gran-
de fioritura artistica che si
contrappone alla stagnazione economica e al crollo
demografico in tutta Europa,
dovuto principalmente allo
scoppio della peste del 1348.
I grandi signori, avendo difficoltà ad investire il proprio
capitale, preferiscono spenderlo nella committenza di
opere d’arte. In questo ambiente l’arte rende visivamente il concetto di “donna
tentatrice”, come nei timpani e nei capitelli di numerose
chiese gotiche del XII secolo,
contrapposte alle maestà di
Giotto o Lorenzetti, che conferiscono valore sacrale alla
“mea domina”, un chiaro
simbolo di trasformazione
positiva dell’immagine femminile.
In ambito letterario si sviluppò un maggior interesse nei
confronti della figura femminile, a tal punto che Giovanni Boccaccio ne fece il principale destinatario della sua
opera più importante e nota,
il Decameron(1), mentre
Francesco Petrarca la elesse protagonista della sua
poesia nel Canzoniere(2):
Laura è addirittura l’ “alloro
poetico”, la Poesia personificata(3).
È tuttavia da considerarsi
soggetto sociale assai fragile e la sua rappresentazione
idealizzata funge evidentemente da riscatto alla sua
condizione subordinata.
L’atteggiamento e le parole
di Ghismunda(4) risultano
ormai possibili solamente
all’interno di un utopico
palazzo principesco.
La realtà femminile all’interno del Decameron è ben più
variegata e raffigurata da
personaggi deboli, come ad
esempio Lisabetta da Messina(5), oggetto di violenza
psicologica che la porterà
alla morte, scaltri, come
Monna Ghita(6) oppure nobili come Monna Giovanna
(7), lontana dalla missione
trascendentale della Beatrice dantesca.
Se la donna, come si è appena visto, nel Trecento ha
solo un ruolo letterario, ecco
che, a partire dal Quattrocento, inizierà ad avere
maggiore importanza nell’ambito artistico. Pisanello
pur essendo vissuto nel
Rinascimento conserva le
caratteristiche della pittura
trecentesca in una visione
tardo gotica e cortese con
DONNE
VIOLENZA ZERO
cui rappresenta la donna
come una figura eterea,
distaccata dal mondo reale.
Un famoso dipinto è la
“Madonna della Quaglia”,
caratterizzata da una linearità gotica ma che manifesta
le tipiche malinconie della
seconda metà del Quattrocento in ambito neoplatonico.
NOTE:
(1) Raccolta di cento novelle
narrate da dieci giovani nell’arco di dieci giorni (13481351)[cfr “Manuale di letteratura”,Luperini,
Palumbo
Editore ,Palermo 2007].
(2) Raccolta di componimenti poetici in varie forme metriche (1373-1374) )[cfr
“Manuale di letteratura”,
Luperini, cit]
(3) A Laura si associa una
complessa serie di riferimenti culturali espressi soprattutto dal nome stesso
della donna:il lauro(o alloro)
è un eco(senhal) del nome
dell’amata,che richiama sia
la sacralità dell’arte sia la
“laurea” poetica conseguita
da Petrarca a Roma)[ cfr
“Manuale di letteratura”,
Luperini, cit]
(4) Ghismunda, figlia di Tancredi, Principe di Salerno,
Pagina 18
viene sorpresa dal padre
con un amante di ceto
“ignobile”, che verrà in seguito punito con la morte. La
donna,dopo aver esposto le
sue argomentazioni in maniera forte e sicura, sceglie
anche per sè il passaggio a
miglior vita.[cfr “Giovanni
Boccaccio- Decameron- a
cura di Vittore Branca, Torino Einaudi, 2008]
(5)Lisabetta da Messina, i
cui fratelli uccidono l’amante, e indirettamente anche
lei, muore di dolore consumandosi nel pianto. [cfr
“Giovanni Boccaccio- Decameron, op cit]
(6)Con un’astuta trovata si
libera dalla gelosia del marito e conserva un nuovo
amante. [cfr “Giovanni Boccaccio- Decameron, ibidem]
(7Monna Giovanna, che
inizialmente non ricambia
l’amore di Federigo degli
Alberighi, e lo porta a dilapidare i suoi beni, accorgendosi della sua nobiltà d’animo, se ne innamora. [cfr
“Giovanni Boccaccio- Decameron, ibid]
Classe I A
Liceo classico
ARTEMISIA GENTILESCHI: UN CASO DI VIOLENZA NELL’ITALIA DEL XVII SEC.
Artemisia Gentileschi
Affermazione professionale,determinazione, coraggio
e indipendenza delineano la
figura di Artemisia Gentileschi, una delle poche donne
presenti nel panorama artistico pittorico della prima
metà del XVII secolo.
Artemisia, figlia del noto
pittore caravaggesco Orazio
Gentileschi, inizia giovanissima la sua carriera di pittrice
sotto la guida del padre che
le insegna la tecnica e la
avvia verso il mondo dell’arte. La pittrice ci ha lasciato
tele meravigliose, ricche di
espressività e naturalezza,
dimostrando la sua abilità
nell’utilizzo di luci e ombre
tipiche del linguaggio formale di Caravaggio.
Nei suoi dipinti non troviamo
solo la tecnica e lo stile, ma
le tinte fosche, le scene di
drammatica violenza che
sembrano trasportare, nella
visione pittorica, i segni di
un trauma personale, quello
della violenza sessuale subita e di un clamoroso processo per stupro del quale fu
protagonista. Durante la
collaborazione con Orazio
Gentileschi, il pittore Agostino Tassi violentò ripetutamente la allora quindicenne
Artemisia, convincendola a
non rivelare il fatto con la
promessa di sposarla, ma il
pittore aveva già una relazione coniugale.
Artemisia informò di ciò che
era avvenuto il padre, che
decise di ricorrere in giudizio.
Iniziò un periodo molto difficile per la Gentileschi, costretta a subire dal tribunale
torture e visite ginecologiche
pubbliche per confermare
l’accusa di stupro.
La giovane dimostrò il suo
coraggio riscattandosi da
tutte le vessazioni subite da
Tassi e dalla società che
limitava le donne alla marginalità e all’oppressione da
parte degli uomini. Tra i suoi
dipinti ne possiamo trovare
alcuni particolarmente rappresentativi della vicenda:
quale, per esempio “Giuditta
che decapita Oloferne”, in
cui l’eroina biblica, con l’ausilio della sua ancella, decapita il crudele generale nemico. Il soggetto, più volte
rappresentato nelle tele da
lei firmate, raffigura una
scena di drammatica violenza i cui personaggi, grazie al
loro realismo e alla forte
tensione figurativa, sembrano prendere vita. Grazie ad
un’ analisi del dipinto possiamo immaginare che l’artista sia stata spinta da un
sentimento di rivalsa verso
l’abuso subito.
Artemisia è un personaggio
ricco di fascino, che ha ispirato innumerevoli romanzi
basati sulla sua biografia.
Uno dei più celebri è “The
Passion of Artemisia” di
Susan Vreeland che, grazie
ad un’analisi psicologica,
mette in luce il difficile rapporto tra Artemisia ed il padre, rapporto di affettività e
competitività. In questo libro
ritroviamo lo spaccato della
società del XVII secolo, i
luoghi e i personaggi con cui
Artemisia è venuta in contatto, e ci avventuriamo nel
mondo di questa grande
pittrice.
Il coraggio e la caparbietà
dimostrate da questa donna
sono le stesse che oggi giorno animano le donne che
hanno la forza di denunciare
i propri aguzzini. Purtroppo
però sono ancora tante coloro che per paura si celano
dietro il silenzio.
Artemisia è quindi un modello da seguire perché pur
avendo passato una vicenda
così traumatica è riuscita a
ridipingere la vita con i colori
dell’indipendenza e del coraggio, donandole la giusta
tonalità di speranza.
Ilaria Rossanese
Sara Mazzola
“Nella visione
pittorica i segni
di un dramma
personale”
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 19
LUCIA E LE ALTRE
VIOLENZA CONTRO LE DONNE NEI PROMESSI SPOSI
Per riflettere sulla società
moderna e, in particolare,
sugli errori commessi nel
corso del tempo, abbiamo
analizzato due figure di donne vittime di violenza tratte
dal romanzo “I Promessi
Sposi”.
Lucia, essendo sempre stata contadina, poteva essere
soggetta a molestie da parte
di nobili signorotti, nello
specifico Don Rodrigo, che,
come racconta Manzoni
nella prima edizione del
romanzo (chiamata Fermo e
Lucia), “faceva alle compagne di lavoro di Lucia tanti
vezzi uno peggio dell’ altro e
si prendeva tante libertà”.
Quando queste andavano a
protestare dal padrone si
sentivano rispondere che,
semplicemente, non dovevano incoraggiarlo a continuare. Non potevano ribellarsi,
non potevano chiedere aiuto
perché Don Rodrigo non
agiva da solo, con lui portava i Bravi, i suoi “tirapiedi”.
Molti signorotti offrivano la
protezione alle donne, cioè
le prendevano come amanti
e, se queste accettavano,
non era per amore, ma per
denaro, per interesse. Anche
Don Rodrigo aveva offerto
protezione a Lucia; per lui
Lucia non era una semplice
conquista, era una questione di orgoglio e di potere,
quasi un’ ossessione. Le
violenze sulle donne a quel
tempo, nel ‘600, erano all’
ordine del giorno e questo
era dovuto al fatto che le
donne erano considerate “
res nullius”, cioè cosa di
nessuno, erano solo strumenti di piacere. La loro
conquista era paragonata
alla caccia; da una parte c’
erano le pedine del gioco e
dall’ altra i giocatori.
Don Rodrigo, però, ha anche
questa caratteristica in comune con i molestatori moderni: quando “violenta”
Lucia è in compagnia di suo
cugino,il conte Attilio,che
proviene da Milano, grande
città, e in provincia ha bisogno di trovare degli svaghi.
Infatti, data la sua frivolezza,
guardare
Don
Rodrigo
“provarci”con le ragazze era
un divertimento adatto e
soddisfacente. Per questo si
può dire che la noia sia una
delle cause che spingono le
persone a compiere violenza
sulle donne.
Ma non esiste solo violenza
fisica, c’è anche quella psicologica il cui scopo è distruggere la volontà altrui e
piegarla al proprio tornaconto. Questo avviene alla monaca di Monza, Gertrude.
Nella sua storia si vede stravolto l’ideale di famiglia, in
cui dovrebbero esserci rispetto reciproco, amore,
aiuto e conforto. La sua era
una famiglia nobile, paragonabile ad una corte, il luogo
del potere, in cui bisogna
stare attenti a qualsiasi
cosa si faccia o si dica. In
quel periodo le famiglie di
un certo ceto sociale dovevano lasciare l’eredità al
primogenito, mentre gli altri
figli entravano nell’esercito
o in convento. Solo a poche
ragazze era permesso il
matrimonio,ma solo con un
uomo scelto dal padre.
Il destino di Gertrude era già
segnato ancora prima che
nascesse, ma lei non era
d’accordo.
Voleva sposarsi, non per
formare un’alleanza con
un’altra famiglia, ma per
amore e per godere delle
gioie della mondanità. Così
inizia a rifugiarsi in un mondo immaginario con i suoi
sogni, credendo che alla fine
tutto sarebbe andato a posto. Ma non aveva abbastanza volontà per far cambiare il suo destino. Alcuni
studiosi hanno definito la
situazione della monaca di
Monza come una “Tragedia
della Volontà”. Ogni volta
che avrebbe potuto dire
“no” rimandava, rimandava
senza riuscire a dire quella
semplice sillaba che avrebbe potuto ridarle i suoi sogni. Ciò era dovuto alla rigidezza della famiglia, del suo
Principe- padre. I genitori e il
fratello la ignoravano, si
mostravano completamente
indifferenti a lei e questo le
faceva male, la faceva sentire sola e insignificante. Tutto ciò la porta ad essere
vittima anche di un’altra
violenza.
Mentre è in convento, trova
conforto in Egidio, un giovane promettente che con i
suoi modi gentili riesce ad
affascinarla e a conquistare
la sua fiducia. Ma in realtà
Egidio è un freddo calcolatore, un uomo senza scrupoli,
un libertino. Il suo unico
scopo è di raggiungere il
piacere attraverso il compimento di un obbiettivo:conquistare le donne, e
più l’impresa è difficile e più
è grande la soddisfazione.
La monaca per lui è l’ennesimo trofeo. Anche nel mondo odierno ci sono queste
ingiustizie. Molti servizi televisivi parlano di ragazze
violentate da parenti,amici
o sconosciuti e lasciate sole
mentre la giustizia, che
teoricamente
dovrebbe
essere di supporto, non le
aiuta, ma spesso aumenta il
loro disagio insinuando una
loro responsabilità, di aver
provocato loro i molestatori.
Oppure casi di cui si parla
molto meno, donne che si
sentono costrette a sottostare alle voglie dei loro
datori di lavoro per non
rischiare di perdere il posto.
Sempre il carnefice si giustifica spiegando come anche
la vittima fosse consenziente e cerca di autoconvincersene lui stesso. Ma la violenza, sia fisica che psicologica, è sempre il contrario
dell’atto d’amore.
Classe II A
Liceo scientifico
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 20
LA VITA NELL’ARTE: TAMARA DE LEMPICKA E FRIDA KAHLO
Tamara de Lempicka, Frida
Kahlo, due donne che vivono nello stesso periodo storico con ideali e vite diverse
accomunate da una sola
costante ovvero vivere la
propria identità di donna in
maniera libera e emancipata.
Tamara Rosalia GurwikGorska (meglio conosciuta
con il cognome del primo
marito Lempicki) nasce bel
1898 a Mosca, anche se
dichiarava di essere polacca
e nata nel 1902; la famiglia
è benestante e la sua formazione scolastica avviene nei
più prestigiosi collegi della
Polonia. Dopo il trasferimento a San Pietroburgo si sposa con Tedeusz Lempicki
ma continua a gestire la sua
vita in assoluta libertà. Dopo
la nascita della figlia Kizette,
si iscrive nel 1919 ad una
prestigiosa accademia d’arte parigina: la scelta di coltivare il suo talento apparso
già in tenera età è dettata
però dalla necessità poiché
il marito non lavora e Tamara deve mantenere la sua
famiglia. Tamara frequenta
abitualmente locali notturni
e lesbici, viaggia e alterna
periodi di depressione a
periodi di euforia. Incontra i
personaggi più eccentrici
dell’epoca come Marinetti e
D’Annunzio. Nel 1929 dopo
aver divorziato dal marito
soggiorna negli Stati Uniti
dove espone in importanti
mostre, così come a Parigi e
a Milano. Nel 1934 Tamara
contrae un matrimonio di
pura convenienza per assicurarsi una tranquillità economica e sociale con il barone Kuffner. La sua depressione peggiora ma dopo un
periodo di cure a Salsomaggiore la sua attività riprende
in modo intenso con personali in tutti gli Stati Uniti.
Conosce Greta Garbo che
diventerà per lei un’ossessione. Tamara continua
nella sua produzione e attraverso trovate pubblicitarie
singolari diventa molto popolare. Le sue condizioni
fisiche però peggiorano e
Tamara muore nel 1980. Le
sue ceneri verranno sparse
sul vulcano Popocatepetle
com’era sua volontà. Tamara de Lempicka è una donna
che nella sua vita sconsiderata, attraverso i suoi quadri, ha voluto trasmettere il
suo concetto di vita vissuta
in piena libertà, una libertà
sofferta e tanto amata, una
libertà che ha superato gli
schemi e le regole morali
imposte dalla società del
suo tempo.
A Tamara si contrappone
naturalmente Frida Kahlo
per la quale la libertà non
era una libertà materiale ma
ideologica e spirituale. Frida
Kahlo nasce (da padre ungherese emigrato in Messico
e madre per metà india e
per metà messicana) nel
1907 in un sobborgo di Città
del Messico. Fin da bambina
dimostrò intelligenza e coraggio, a 17 anni ebbe un
grave incidente e dovette
subire svariate operazioni
che le provocheranno sofferenze fisiche per tutta la
vita. Anche attraverso questo episodio trovò nella pittura, alla quale si dedicò
nella lunga convalescenza,
la sua strada. Una ragazza
ribelle anticonformista e
molto vivace: in un ritratto di
famiglia posa con abiti maschili e capelli cortissimi.
Alla fine degli anni ’20 incontra il pittore Diego Rivera
che diventerà suo marito. La
pittrice, nonostante il più
famoso marito, riceve riconoscimenti di artisti come
Picasso e Andrè Breton,
personaggi odi spicco dell’a-
vanguardia francese. Frida
non appartiene in realtà a
nessuna corrente, anche se
come lei stessa ha scritto ha
usato “il surrealismo come
strumento per farmi gioco
degli altri senza che loro se
ne accorgano e per diventare amica di quelli che se ne
rendono conto”. Frida è una
donna con un grande talento artistico, una intensa
passione sociale e un’intelligenza illuminante. L’arte di
Frida è carica di sensualità e
femminilità; la sofferenza, il
dolore e l’amore sono elementi sempre presenti nella
sua artema vengono affrontati con grande coraggio e
allegria creando una contraddizione che la distingue.
Frida per tutta la vita lotta in
difesa degli oppressi e pochi
giorni prima della sua morte,
nonostante le condizioni
fisiche precarie, scende in
piazza a manifestare contro
la caduta del governo democratico in Guatemala. Muore
pochi giorni dopo aver compiuto 47 anni. La sofferenza
e la forza di reagire espressa come costante nei suoi
dipinti ci da la speranza di
saper reagire alle avversità
come lei ha saputo fare.
Queste due donne dalla vita
così diversa, divise tra ideali
e mondanità, fra lusso e
proletariato, ci vogliono trasmettere un unico messaggio: ogni donna deve avere
la forza e il coraggio di vivere appieno la propria vita,
che sia sconsiderata o virtuosa, alla ricerca degli ideali di giustizia sociale o della
realizzazione personale.
Anna Albertario
Peer Educator
IV B SPP
“…ci chiedia
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crudeltà, pe a
rché
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ot
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proprio stru
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n questo
modo di agir
e
rovinano la
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bambine, ra
gazze,
donne?
A queste dom
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forse non c’
è una
risposta, ma
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sempre la sp sarà
eranza
di poter ferm
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violenze e di
aiutare
le persone fe
rite
cui il dolore a
e le
lacrime altr
imenti
rimarranno
sepolte
nel silenzio
dell’anima.”
Cristina Bur
II A Liceo Lin
ca
guistico
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Pagina 21
MADE IN JAPAN: LA VIOLENZA SULLE DONNE NEI MANGA
La violenza sulle donne è
molto diffusa in alcuni generi di manga giapponesi. Per
chi
non
fosse
"otaku" (appassionato di
manga) precisiamo che esistono molti generi, destinati
a fasce di pubblico molto
diverse: i Kodomo (manga
per i bambini, trattano temi
particolarmente infantili o
comunque facilmente comprensibili per i più piccoli. I
protagonisti sono perlopiù
animali antropomorfi, tipo
hello kitty o kero kero keroppi), gli Shonen (destinati ad
un pubblico maschile e giovane,di un'età compresa tra
i quattordici e i diciotto anni), gli Shojo (si tratta dei
fumetti principalmente per
ragazze, in cui i sentimenti e
l'introspezione sono alla
base della storia), i Seinen
(tipo di fumetto indirizzato,
per le tematiche complesse
affrontate, ad un pubblico
maturo), i Josei o Redisu
(per donne, non necessariamente ragazze giovani ma
anche donne adulte che
desiderano ritrovare nelle
pagine lette la rappresentazione grafica della loro vita
adulta di tutti i giorni). Oltre
a questi, esistono tre filoni
di manga a sfondo erotico:
gli Yaoi (trattano di amore
omosessuale fra uomini) gli
Yuri (amore fra donne) e gli
Hentai. Questi ultimi sono
manga erotici destinati ad
un pubblico prevalentemente maschile. Le perversioni,
la violenza, il feticismo della
classe media giapponese
vengono messi a nudo negli
Hentai, e sono segnale di un
malessere sociale che coin-
volge non solo il Giappone,
ma tutto il mondo perchè gli
Hentai sono prodotti principalmente per l'estero. In
questi manga la violenza
sulla donna e il sadomasochismo hanno un ruolo da
valvola di sfogo contro le
frustrazioni della vita quotidiana. I protagonisti di queste storie sono persone
comuni (manager, casalinghe, operai, studenti, ecc.)
che rivelano i lati più nascosti delle loro personalità, in
contrapposizione
alla
"maschera" che si sono costruiti per gestire la vita di
ogni giorno. Anche nel Giappone reale, il feticismo per
gli indumenti delle ragazzine
adolescenti (alcune non si
fanno scrupolo a vendere i
propri indumenti intimi usati
a negozi specializzati, che li
mettono sotto vuoto e li
certificano con una scheda
anagrafica della loro precedente proprietaria) dimostra
il desiderio di un ritorno
all’adolescenza e all’innocenza, che influisce sulla
sfera sessuale. Legato a
questo desiderio è il feticismo della divisa scolastica,
che ha favorito la diffusione
del fenomeno delle enjo
kosai (ossia la prostituzione
minorile scolastica).
Sono molti altri i discutibili
feticci tipici degli Hentai,
legati alla violenza o all'esibizione esagerata del corpo
femminile. Esempi di esibizione sono i Bakunyū, che
rappresentano donne con
seni esageratamente grossi,
i Futanari, rappresentazioni
di donne che possiedono,
oltre ai genitali femminili,
anche quelli maschili. Legati
alla violenza invece ci sono i
BDSM, ovvero la dominazione sulle donne mediante
l'uso di corde, attrezzi e
giocattoli sessuali, spesso
accompagnati dall'imprigionamento, dalla restrizione e
dalla sottomissione ai bisogni sessuali.
Oltre a queste, già molto
gravi, si vedono violenze
anche peggiori negli Hentai,
come le Expansion play,
rappresentazioni di penetrazioni con oggetti di dimensioni incompatibili con le proporzioni umane e il Guro
(dall'inglese gore), che si
focalizza sul sesso accompagnato da violenza cruda ed
esplicita.
Perchè questo fenomeno
avviene in Giappone? Forse
perchè la società giapponese
è molto repressiva, e più gli
individui sono costretti a
mantenere una facciata rispettabile, più sentono il
bisogno, nel privato, di eccedere.
Ma tutto questo come può
giustificare una simile violenza sulla donna, anche
se è solo frutto di fantasia?
Lisa Capettini
V A SPP
DONNE
VIOLENZA ZERO
Pagina 22
SEZIONE V
LIBRI, CINEMA, MUSICA
DA LEGGERE...
Le testimonianze della violenza sulle donne in letteratura sono vastissime. Spesso si tratta soltanto di poche
pagine all’interno di storie
più articolate, pagine che
però riescono a fornire un
quadro credibile della brutalità e del disprezzo che occasionalmente subiscono le
donne.
Non è facile individuare un
testo emblematico, ma si
può affermare che alcune
eroine protagoniste dei miti
classici siano state stuprate.
Quantunque la violenza
divina sia adombrata dal
valore sacrale di cui è intrisa, essa ricalca probabilmente un rituale abbastanza consueto che riesce a
fornirci un’idea della quantità di questi soprusi.
L’argomento è stato comunque spesso taciuto e, a memoria, non è possibile segnalare, almeno fino al Settecento, un testo in cui si
parli esplicitamente di stupro. È infatti il libro di Donatien Alphonse De Sade
“Justine” a raccontare le
vicende di una ragazza che
si trova più volte a essere
sottoposta a violenza sessuale da parte di pervertiti
che si presentano come
uomini dalla morale ineccepibile.
Anche Thomas Hardy, nella
seconda metà dell’Ottocento, racconta di una violenza
subita dall’omonima protagonista del romanzo “Tess
d’Arberville”, una violenza
che genera insicurezza e
disapprovazione, fornendo
uno spaccato dell’ipocrisia
che permeava la società
inglese dell’epoca industriale.
In Italia ci sono almeno due
romanzi di Gabriele D’Annunzio che recano storie di
donne “violentate”. Una di
queste è Giuliana, la protagonista de “L’ innocente”
che, vittima di crudeltà psicologica, subisce la morte
del proprio figlio, frutto di un
rapporto adulterino, ucciso
dal marito Tullio, uomo freddo e irrazionale, capace
soltanto di un perdono di
facciata. L’altra è Mila, “La
figlia di Iorio”, dapprima
scampata alla furia dei mietitori imbestialiti che l’accusavano di essere una strega,
poi vittima della violenza del
padre di Aligi, il protagonista
maschile compagno della
donna che alla fine del
dramma sarà tra coloro che
la malediranno mentre brucia su un rogo.
Tra i classici del Novecento,
la vicenda di violenza femminile più toccante è quella
narrata da Elsa Morante ne
“La storia”. Ida Ramundo è
una sfortunata maestrina
che vive a Roma. Nel novembre del ’41 è violentata
da un soldato tedesco ubriaco e rimane incinta: darà
alla luce Useppe che morirà
sei anni più tardi a seguito
di una crisi epilettica.
Storie di violenza
sono
narrate
in
molte opere
stampate in
Italia dopo la
Seconda
Guerra Mondiale. Sembra che la
reticenza su
questo argomento
cali
to talmente,
lasciando
spazio a una
più cosciente
analisi della
realtà. Calvino, Scerbanenco, Scurati, Testori, Tozzi,
Vassalli sono alcuni nomi di
autori che hanno adoperato
la violenza subita da donne
come espediente intorno al
quale si sono sviluppate
parti di alcuni romanzi o
racconti.
Tra gli scrittori contemporanei si segnala per l’asprezza
dei suoi impianti Claudio
Camarca, quarantenne romano, erede di un certo
neorealismo pasoliniano che
riesce a affrontare tali argomenti in modo estremamente crudo. Ciò avviene in particolare nel romanzo corale
“Il sole è innocente” e in
“Ordine pubblico”, storia di
uno psicopatico stupratore.
Anche il suo ultimo lavoro
“Un uomo perbene” racconta una vicenda di pedofilia,
una vicenda vera di violenza
e soprusi a danno di una
bambina di dodici anni.
Nella
letteratura
la violenza
sulle donne
è stato un
argomento
spesso
taciuto..
Carlo Pesce
Insegnante di Lettere
SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
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DA VEDERE...
Il cinema si è spesso occupato di violenza sulle donne.
Quando lo ha fatto sono
stati prodotti film duri, pesanti attacchi alla società
maschile – e maschilista –
che tende a mistificare questi fatti, replicando a quello
che è un atteggiamento
quotidiano di complicità e
irrisione.
Lasciando da parte la produzione di film pornografici nei
quali è sistematico l’uso di
violenza sulle donne, è giusto non dimenticare che
anche nelle più innocenti
commedie erotiche si nasconde una carica di violenza che spesso, più che dagli
atti in sé, traspare da alcune
battute che sembrano invitare a atteggiamenti assai
poco garbati.
Al contrario, tra i film italiani,
più o meno recenti, che
hanno come argomento
principale il tema della violenza sulle donne, è opportuno ricordare “Il vestito da
sposa” di Fiorella Infascelli,
una storia di ordinaria vio-
lenza subita da Stella (Maya
Sansa) che sta per sposarsi.
Altrettanto interessante è
“Non ti muovere” di Sergio
Castellitto, un film nel quale
il protagonista Timoteo (il
regista stesso) violenta una
povera prostituta, Italia
(Penelope Cruz), con la quale intratterrà un successivo
sudicio rapporto. Inquietante è anche “La sconosciuta”
di Giuseppe Tornatore, una
storia di prevaricazione e
violenza che ha come protagonista Irena, una ragazza
dell’est Europa costretta da
un’organizzazione, capeggiata da un laido individuo chiamato Muffa (Michele Placido), alla prostituzione e a
“produrre figli” da vendere a
abbienti famiglie italiane.
“Sotto accusa” di Johnatan
Kaplan è invece una produzione USA che propone le
vicissitudini di Sarah Tobias
(Jodie Foster), violentata
ripetutamente su un flipper.
È una storia che racconta in
modo crudo la violenza, sia
quella subita materialmen-
te, sia quella che affiora
durante il processo, quando
viene messa in dubbio la
parola della vittima, trasformata in colpevole e accusata di aver provocato il proprio stupro con gli atteggiamenti ostentati mentre si
trovava nel locale frequentato dai suoi violentatori. Capace di far riflettere è anche
“L’ultima eclissi” di Tayler
Hackford, tratto da un romanzo di Stefen King. Dolores (Katy Bates) è una vittima del marito alcolista e
frustrato, fino al giorno in
cui, approfittando di un’eclissi di sole, la donna compie la sua vendetta.
Molto bello è anche “Il segreto di Esma” di Jasmila
Zbanic. Da questo film emerge la terribile realtà degli
stupri etnici perpetrati sistematicamente durante la
recente guerra nella ex Jugoslavia. La protagonista Esma
ha una figlia, Sara, che è
convita che suo padre sia un
combattente ucciso in uno
scontro a fuoco col nemico.
La verità è ben più terribile è
verrà scoperta alla fine di un
esemplare confronto tra
madre e figlia.
La condizione femminile
sottoposta a violenza, soprattutto psicologica, è analizzata anche nel film dell’irlandese Peter Mullan
“Magdaleine”. La vicenda è
ambientata in un collegio
nel quale sono rinchiuse
quelle ragazze che, per un
motivo o per un altro, danno
fastidio alla società moralista dell’Irlanda del Novecento. La convivenza conduce le
“Anche nelle più
innocenti
commedie
erotiche si
nasconde una
carica di
violenza”
donne a solidarizzare tra loro,
senza dimenticare le proprie
storie di dolore e prevaricazione. Incentrato invece sulla
violenza domestica è “Ti do i
miei occhi” di Iciair Bollan. Il
racconto filmico è ambientato
nella Spagna odierna, con
una donna, Pilar, che fugge
col figlio Juan dalla violenza
cui la sottopone quotidianamente – da dieci anni – il
marito Antonio. Si rifugia dalla
sorella, ma poi, dopo un breve
periodo, torna al suo inferno.
Questo film ha il pregio di
indagare il perché di questo
ritorno, la stranezza di un
amore che ha tutt’altre caratteristiche di quelle raccontate
in certi romanzi e canzoni.
Carlo Pesce
Insegnante di Lettere
DONNE
Pagina 24
VIOLENZA ZERO
LA CANZONE DI MARINELLA
Quest’anno, nel decennale della morte del cantautore Fabrizio De Andrè, una
grande mostra multimediale
nella sua Genova, a Palazzo
Ducale, ne celebra la grandezza e l’assoluta irripetibilità.
Oggetti, immagini, musica
fanno scorrere davanti ai
nostri occhi la galleria dei
suoi personaggi “marginali”,
quelli che altri condannano
per conformismo o false
morali. Attraverso le storie
dei suoi tanti eroi “a rovescio” ci ha fatto riflettere
sulle miserie umane, sulle
tante desolate solitudini.
Anche “La canzone di
Marinella” , un brano scritto
nel 1964 e portato a un
primo, grande successo da
Mina, ci parla della sua squisita sensibilità e della sua
capacità di trasfigurare le
vicende più banali.
Questa storia però non è
frutto esclusivamente della
fantasia del cantautore, ma
è tratta da una storia vera.
Dice Fabrizio che all’età di
quindici anni apprese dal
giornale la tragica storia di
una ragazza di campagna
delle parti di Asti, annegata
nel fiume.
De André rimase così
colpito da questa vicenda e
commosso, che pensò di
reinventare la storia di questa ragazza. Attraverso la
poesia egli trasfigurò la vita
piena di dolori di questa
ragazza in una vita diversa,
di una ragazza che era
“….senza il ricordo di un
dolore” finché un giorno
incontrò il vero amore. Purtroppo questa esperienza di
felicità durò poco. Ma la
morte descritta nella canzone è sicuramente addolcita
rispetto a quella che accadde realmente.
Il cantautore attraverso la
poesia riscatta la ragazza da
una vicenda tragica e ingiusta, e le offre quello che una
vita disgraziata non le aveva
mai dato: l’amore e la felicità seppur per un solo giorno
“…..e come tutte le più belle
cose vivesti solo un giorno
come le rose.”
Lo stesso De Andrè raccontava che « “La Canzone
di Marinella” non è nata per
caso, semplicemente perché volevo raccontare una
favola d’amore. È tutto il
contrario. È la storia di una
ragazza che a sedici anni ha
perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle
parti di Asti. È stata cacciata
dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del
Tanaro, e un giorno ha trovato uno che le ha portato
via la borsetta dal braccio e
l’ha buttata nel fiume. E non
potendo fare niente per
restituirle la vita, decisi di
cambiarle la morte, e scrissi
questo testo come una sorte
di riscatto, come una fiaba».
I toni del brano sono lievi,
fiabeschi, pieni di immagini
e colori. Forse lontani dal
realismo di De Andrè ma
meravigliosamente poetici.
A.B.
La canzone di Marinella
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella
sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta
bianco come la luna il suo cappello
come l’amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
e c’era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c’era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi
furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent’anni ancora alla tua porta
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.
Fabrizio De André
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SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3
Anteprima al fumetto di pagina 26-27
AVRESTE MAI PENSATO CHE...
Chiunque adori Cenerentola si prepari psicologicamente a quello che sto per
dire: tutti conosciamo questa storia, che ci ha fatto
sognare principi azzurri muniti di scarpetta che vagano
di casa in casa per cercarci,
o fate madrine/smemorine
che, con un tocco di bacchetta, trasformano topi in
cavalli bianchi, zucche in
carrozze, cani in cocchieri e
noi...in principesse. Ma da
bambini non si può immaginare che questa fiaba nasconde fra le parole stereotipi sociali e forme di sottile
violenza.
La fiaba inizia con il solito
“C’era una volta…” che introduce la vicenda di una bambina che non ha più i genitori, le sue figure di riferimento, sfruttata dalla matrigna e
dalle sorellastre. Questa
fanciulla cresce e diventa
una donna infelice e rassegnata, quasi avesse fatto
l’abitudine ai maltrattamenti
subiti da quelle persone che
dovrebbero volerle bene.
Questo è un dato reale:
una donna che subisce per
molto tempo una qualsiasi
forma di violenza, si
“abitua”, in un certo senso,
a questa situazione talvolta
creando una sorta di dipendenza o rassegnazione e
poca autostima,come capita
a Cenerentola.
La vita di Cenerella va
avanti così fino a quando un
messo del re annuncia un
ballo al palazzo, cui sono
invitate tutte le ragazze in
età da marito poiché il principe dovrà scegliere la sua
futura sposa. Oserei fare un
parallelo con i tronisti di
“Uomini e donne”…
Nella casa di Cenerentola
la notizia del ballo provoca
una crisi simile a quella che
colpisce le ragazze quando
al sabato sera si trovano
all’ultimo minuto con il problema “che cosa mi metto?”; similmente le sorellastre sclerano, corrono di
qua e di là urlando a Cenerentola di preparare loro i
vestiti, etc..e questa poveretta esegue gli ordini, senza poter andare anche lei al
ballo. La matrigna e le sue
figlie ritengono infatti che lei
non sia degna di presentarsi
a corte. La storia da qui in
avanti la conosciamo tutti.
Grazie alla fata Cenerentola
può realizzare il suo sogno.
Purtroppo, però, i sogni durano poco..
Abbiamo parlato di Cenerentola, di sorellastre cattive, della fata madrina, etc…
ma il principe? Questo è un
personaggio stereotipato:
bellissimo, azzurrissimo,
circondato da madamigelle
che accettano che sia l’uomo a scegliere senza avere
loro la possibilità di decidere. Anche la cultura che
proviene dalle fiabe ci insegna che l’uomo è superiore,
che è colui che solo può
scegliere e alla donna non
resta che accettare. Infatti
nelle fiabe l’unico obiettivo
delle principesse è quello di
sposare il principe e di vivere “felici e contente”.
Meno male che al giorno
d’oggi anche le principesse
delle fiabe si stanno emancipando (come per esempio
in Shrek dove la principessa
sceglie di rimanere un’orchessa per vivere con il suo
amato piuttosto che con il
principe Azzurro!), tuttavia
questi stereotipi sono ancora presenti nella società.
Dulcis in fundo, la scarpetta!...Infatti il bel principe
grazie a questa potrà ritrovare la sua amata e la metonimia scarpetta-Cenerentola
potrebbe richiamare le donne-oggetto della nostra società,che troviamo sui giornali, in tv, ma non solo..
Il fumetto è una versione
della fiaba di Cenerentola
che abbiamo rivisto in chiave
moderna.
Buona lettura! :=)
Giulia Olearo
Rossella Zaramella
Peer Educators
II A Liceo classico
DONNE
VIOLENZA ZERO
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DONNE
VIOLENZA ZERO
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Siamo su internet:
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Stampato in proprio— progetto editoriale a cura di Alessia Bobbio e Annachiara Becchi
Comitato di redazione: Alessia Bobbio, Annachiara Becchi, Adriana Canepa, Franca Durando