LANZANZARA SUPPLEMENTO.pub
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TUTTIPEERUNO GRUPPO DI PEER EDUCATION PROGETTO “DONNE VIOLENZA ZERO” I.S.BALBO CASALE M. SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 D O N N E V I O L E N Z A Z E RO INCONTRI... Tutto nacque da un incontro. SOMMARIO SEZIONE I 2 LA PEER EDUCATION SEZIONE II 6 LE PAROLE PER DIRE VIOLENZA SEZIONE III 10 STORIE VERE SEZIONE IV 15 STORIA, ARTE E LETTERATURA SEZIONE V LIBRI, CINEMA, MUSICA 22 Da un incontro positivo possono fiorire un’infinità di idee e suggestioni, si può ritrovare un sorriso, sentirsi accolti in un abbraccio, scoprire sensazioni inaspettate. L’incontro con l’altro, però, può anche rivelarsi deludente o, nei casi più gravi, può segnare profondamente una ferita nel nostro animo che non sempre si riuscirà a cicatrizzare. L’incontro con la tristezza e la sofferenza fa parte di noi e della nostra esistenza; sarebbe bello poter sorridere in ogni momento alla vita, ma questo non è sempre possibile e semplice da realizzare. Al giorno d’oggi la società ci sta abituando a tollerare meno la frustrazione; c’è la tendenza a sostituire la lacrima con il sorriso forzato (avete visto il video dello smiling addiction?). Si sostituisce il fare al pensare… perché pensare, aimè, in alcuni casi, fa male. È così: un incontro può cambiarti il corso di una giornata o addirittura di una vita, bello o brutto che sia. Per il lavoro che faccio mi capita spesso di incrociare la strada di qualcuno e di far parte per un po’ di tempo del suo percorso di vita. Mi arricchisco di storie e di emozioni che quando torno a casa, la sera, mi rimbalzano nella testa. È grazie a uno di questi tanti incontri che oggi mi trovo a scrivere questo editoriale. Ho incrociato la strada dei ragazzi del progetto “Donne Violenza Zero” dell’Istituto Balbo qualche mese fa. Mi è stato chiesto di occuparmi della loro formazione come futuri Peer Educators e di curare l’aspetto pedagogico di questo gruppo. Uno dei frutti del tempo trascorso insieme è questo numero speciale del giornalino scolastico, pensato per voi, perché sappiate riconoscere la natura, il significato e l’importanza dei vostri incontri, ma, nello stesso tempo, accogliere e accudire quei momenti della vostra vita che inevitabilmente vi avranno reso tristi, preoccupati, in ansia per qualcosa. In questo numero si parla in particolare di “scontri” che violano la libertà umana, l’intimità, la capacità di scelta. Il giornalino si apre con una spiegazione sulla Peer education e sul nostro progetto, per poi lasciare spazio e voce a storie e contesti diversi dove la violenza è presente sotto vari aspetti: dall’arte alla letteratura, dalla fantasia alla cronaca quotidiana. Non pensate che sia stato facile… Il tema è delicato, serio e denso di emozioni ma devo ringraziare tutti coloro che hanno arricchito queste pagine dimostrando attenzione e sensibilità. Approfitto di questo spazio per ringraziare anche chi mi ha accompagnato in questo viaggio e in particolare le insegnanti Annachiara Bec- chi, Adriana Canepa e Franca Durando che hanno avuto la costanza e la tenacia di scommettere sui loro studenti. Grazie ai docenti tutor e a tutti gli insegnanti dell’intero istituto che hanno pazientemente sopportato le assenze dei peer e i cambi di orario; grazie ai coordinatori d’indirizzo e al dirigente che hanno scelto di sostenere il progetto. So che la peer education scombussola un po’, ma quale incontro non lo fa? Infine… grazie Althea, Ana, Angela, Anna, Carlotta, Costanza, Elena, Eleonora, Gialissa, Giulia, Ivano, Michela, Miriam, Rita, Rossella, Sara, Valentina, Vanessa, Vincenza, Xhemsila. Grazie per aver deciso di vivere la vostra scuola in maniera diversa, divenendo così cittadini attivi. Grazie per aver voluto arricchire la vostra vita con la responsabilità che comporta la decisione di assumersi un impegno ma anche con l’entusiasmo di una scelta dettata da una personale motivazione. L’augurio che faccio al lettore è quello di far tesoro degli incontri che la vita gli offrirà e di mantenere viva la speranza che l’amicizia, l’amore e il calore degli affetti si possano ritrovare anche dentro noi stessi, oltre che negli altri. Alessia Bobbio Pedagogista Consulente ASL AL - Ser.T Casale M.to SEZIONE I - LA PEER EDUCATION Pagina 2 CHE COSA NON È LA PEER EDUCATION • Non è la Poor education. Questa sarebbe l’educazione povera. O meglio ancora, se seguita da un punto esclamativo, una sorta di lamento o piagnisteo nei confronti di questa istituzione sempre più sofferente: Povera educazione! • Non è la Peel education. Meglio sarebbe stato: Peeling education, cioè educazione alla depilazione, pratica oggi molto trendy nelle scuole, soprattutto tra i maschietti. • Non è la Pear education. Educazione della pera? Peggio sarebbe stata l’educazione del cactus. • Non è la Pearl education. Educazione per le perle? Da non confondere con l’educazione dei pirla (attualissima, magari una buona idea per qualche futuro progetto). • Non è la Pea education. L’educazione del pisello, e anche questo non sarebbe male come progetto. u g u a l e , p a r i . Il verbo to peer ha il significato di guardare attentamente, scrutare. Poi c’è il termine peer to peer (molto in uso l’acronimo P2P) che è la tecnica di condivisione dei file tra computer connessi in rete per lo scambio di prodotti multimediali, tipo canzoni, video, programmi, ecc. C’è qualcuno che sa dirmi che cosa è questa Peer e d u c a t i o n ? Qualcuno me lo dica in fretta, perché se no stanotte non dormo! (dal sito www.uffaprof.it) Devo dire che adesso ne so quanto prima. L’aggettivo Peer significa: COS’È LA PEER EDUCATION Letteralmente “peer education” significa educazione tra pari ma, in realtà il suo significato è molto più ampio e complesso. Con questa espressione si intende, infatti, una strategia educativa volta ad attivare un processo naturale di passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri di pari status. Grazie a tale intervento si mette in moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti. La Peer Education viene quindi definita come un metodo diverso e originale di essere utili ai propri coetanei perché in grado di sollecitare un cambiamento nel modo di vivere delle persone migliorando la qualità dello stare insieme. In un progetto come questo i ragazzi sono soggetti attivi della propria formazione e vengono coinvolti in un mo- do di operare completamente differente rispetto ai tradizionali metodi di formazione. In tal senso la proposta di Peer Education si qualifica come efficace strumento di intervento su diversi temi della società attuale: educazione sessuale, sostanze stupefacenti, comportamenti a rischio. Dove si applica la Peer? L’educazione tra pari ha luogo in piccoli e grandi gruppi in molteplici sedi: scuole e università, circoli, oratori, luoghi di lavoro, comunità, quartieri, carceri, ecc. Il gruppo dei pari è composto dai propri simili per età, background e interessi. Applicata in adolescenza permette al ragazzo di vedere sviluppate e riconosciute le proprie potenzialità o abilità vitali (le cosiddette life skills). Il gruppo contribuisce inoltre alla creazione dell’identità e della personalità dell’adolescente aiutandolo a proteggersi dai pericoli esterni. Il gruppo nel quale viene applicata la Peer Education diventa anche un attivo gruppo di lavoro centrato sulla cooperazione ragionevole e sull’efficacia rispetto al compito. si è scelto di affrontare sia sulle modalità di comunicazione efficace, sul gruppo e i ruoli, sull’ascolto, la capacità di parlare in pubblico, ecc. A che cosa serve e come si applica? Ogni progetto di Peer Education trova poi le proprie modalità di sviluppo: incontri tra i peer e classi scolastiche, ricerche e questionari, manifestazioni sportive o musicali, interviste, la realizzazione di video informativi, ecc. Si sfruttano così le spiccate capacità dei giovani di trasmettere conoscenze ai propri coetanei diventando una risorsa per l’apprendimento, uno strumento di crescita e cambiamento. Con la Peer Education non sono più gli adulti a trasferire contenuti, valori, esperienze; sono invece i giovani stessi a confrontarsi tra loro, scambiandosi punti di vista, ricostruendo problemi ed immaginando autonomamente soluzioni, pur sapendo di poter contare sulla collaborazione di adulti esperti. La scelta di diventare Peer Educator avviene attraverso un processo di autocandidatura; per diventare un Peer infatti è necessario sentirsi motivati e non obbligati da nessuno. Il percorso di formazione di un peer dura circa un anno e prevede incontri guidati da esperti (psicologi, educatori, ecc.) sia sulla tematica che La peer education è… partecipazione! SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 3 ...SEGUE DA PAG 2 A chi è rivolta? La Peer education si rivolge a tutti coloro che vogliono essere utili non solo a loro stessi ma anche agli altri e agli insegnanti che gestiscono o collaborano ai progetti, ai genitori, che noteranno positivamente i cambiamenti nei loro figli, alle istituzioni coinvolte nella crescita e nella formazione di noi giovani. Tutti prima o poi si sentiranno toccati dalla Peer e, forse, ne resteranno felicemente sorpresi! Elena Mietto Peer Educator IV A SPP Perché EDUCAZIONE TRA PARI? COMPLICITA’ VICINANZA IDENTIFICAZIONE COMPRENSIONE LINGUAGGIO COMUNE CONFRONTO DIRETTO “ Per noi l'educazione tra pari vuol dire trasmettere il maggior numero di informazioni , di consigli e di idee a ragazzi della nostra stessa età…. I giovani sono più a loro agio e più liberi di esprimersi di fronte a coetanei piuttosto che di fronte a persone adulte. Con un coetaneo condividi non solo la stessa età ma anche lo stesso modo di vedere le cose e ti senti meno giudicato. I giovani, di fronte a noi ``Peer Educator'', perché è così che ci chiamiamo, hanno sentito la sicurezza di esprimere dubbi, problemi, consigli e idee.” Filippo - 17 anni – Peer educator IAL Casale Monferrato DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 4 GLOSSARIO PEER EDUCATION Peer Education: letteralmente “educazione tra pari”, è una strategia educativa volta ad attivare un processo naturale di passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status. Grazie a tale intervento si mette in moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti. Tecniche di conduzione di un gruppo Brain Storming: tempesta di cervelli, una tecnica creativa per raccogliere il maggior numero di idee nel minor tempo possibile, per ricercare quindi definizioni, concetti, immagini e obiettivi comuni da valutare insieme. Focus Group: gruppo focalizzato su un tema. La discussione è minima e semplice, focalizzata su tematiche definite, con l’ausilio di testi, immagini, ospiti, ecc. Ideative Group: gruppo ideativo, tecnica finalizzata ad individuare nuovi concetti e nuove idee, attraverso una discussione libera con l’ausilio tecniche non direttive. In tal modo si ha lo sviluppo della creatività tramite il confronto. Problem Solving: soluzione di problemi, tecnica finalizzata a delineare e risolvere i problemi e a prendere decisioni operative, attraverso 4 fasi: • Identificazione degli aspetti chiave del problema; • Simulazione/ presentazione di situazioni reali; • Esplicitazione delle procedure decisionali; • Ricerca di decisioni collettive/comuni. Role Playing: gioco dei ruoli, una tecnica di immedesimazione/sperimentazione di ruoli relazionali diversi dai propri, attraverso la quale si attua un’esplorazione di emozioni, pensieri, comportamenti, valori. In tal modo avviene una riflessione sull’esperienza e una comprensione partecipativa delle situazioni. Elena Mietto Un Peer Educator deve saper comunicare in maniera efficace... 1. Saper comunicare efficacemente 2. Essere motivato 3. Essere paziente 4. Saper ascoltare 5. Essere empatico 6. Non avere pregiudizi 7. Essere responsabile Dal progetto “Donne Violenza Zero” Peer Educator IV A SPP SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 5 PROGETTO DONNE VIOLENZA ZERO “Difficile fare oggi l’insegnante di lettere. Quando lo dico in giro, molti mi guardano perplessi (…). Ho provato a dire come ci sentiamo adesso noi che abbiamo molto amato la letteratura, e perché facciamo così fatica a passare i nostri amori ai ragazzi.Ho cercato di spiegare che cosa sono i Progetti, i Recuperi, i Percorsi, i Debiti, gli Obiettivi, il Pof, tutte parole che fino a ieri appartenevano ad altri mondi e che di colpo si riversano sulla scuola come un fiume in piena (… ) Ma che cos’è un Progetto? (…) Oggi pare molto brutto stare dentro scuola, magari fare lezione, e per giunta far lezione seguendo dei programmi. Quindi presentiamo i Progetti. Li discutiamo, li approviamo. Indichiamo dettagliatamente il nome del curatore, le classi destinatarie, la persona delegata ad attuare il progetto, nonché il costo del medesimo. (…) Sono un’insegnante di lettere e vorrei continuare a fare il mio mestiere.” (P. Mastrocola, La scuola spiegata al mio cane, Ed. Guanda, Parma 2004) Mi è venuta in mente questa citazione da uno dei libri della illustre collega e scrittrice Paola Mastrocola perché, quando per la prima volta mi è stato chiesto di occuparmi di un progetto, per di più con un nome astruso, peer education, mi sono sentita più o meno così. La mia materia…le mie ore… c’è poco tempo…per che cosa poi?…”educazione tra pari”…cioè? Fanno a meno degli insegnanti? Si scambiano informazioni tra loro? Io voglio far lezione…Ah,si fa al pomeriggio? E i ragazzi vengono? Domande e perplessità, però, sono state travolte dall’entusiasmo contagioso di un paio di persone che avevano avuto la fortuna di partecipare, in quel di Verbania, a un convegno sulla Peer e Video Education e ne erano tornate “gasatissime”. Adriana (Canepa), prof. del Classico, e Alessia (Bobbio), pedagogista, ci hanno messo poco per convincermi ad aderire con convinzione al “progetto” che, insieme all’instancabile Franca (Durando), con il contributo di Titti Palazzetti, Preside dell’I.C. Negri, hanno preparato per i ragazzi del Balbo. “Donne violenza zero”, il progetto si chiama così. Perché vuole affrontare lo scandalo della violenza contro le donne e degli atteggiamenti e dei comportamenti che la alimentano. E sono alcuni ragazzi, di tutto l’Istituto, autocandidatisi, opportunamente formati e informati, a parlare di questo ai loro coetanei, come accade appunto con il metodo della peer education. Tante persone ci hanno aiutato a portare avanti quest’idea: l’associazione Iside ha messo a disposizione la competenza delle Dott.sse Del Medico e Lombardi per fornire ai nostri peer in fieri le informazioni tecniche necessarie sulla violenza di genere, sui problemi psicologici che provoca e sulla legislazione a riguardo. Due giorni, in Marzo, nella casa alpina di S. Nicolas, hanno consentito al gruppo di crescere e di sperimentare le prime tecniche di comunicazione efficace. Poi c’è stata la visita, a Vercelli, alla mostra itinerante (cruda, impressionante, ma anche bella) “ La violenza nega l’esistenza”, fortemente voluta dalla Regione Piemonte, che ci ha messo di fronte a terribili storie di cronaca nera, ma ci ha permesso anche di conoscere enti e associazioni che offrono supporto e aiuto di ogni tipo alle vittime di violenza, e si battono perché non ci siano più questi crimini odiosi. Odiosi come lo stupro subito da una nostra ex alunna, che ha portato alla nascita dell’associazione “L’albero di Valentina”. Degli scopi che l’associazione si prefigge e delle sue attività ci ha parlato la segretaria, Miriam. Il dott. Angelo Lepratto medico del Ser.T. di Casale, ci ha spiegato il rapporto che intercorre tra l’abuso di alcool e sostanze e l’uso, talvolta sistematico, della violenza, soprattutto fisica, su chi è più debole. La dott.ssa Fulvia D’Addezio del Consultorio ci ha esposto i dati relativi alle violenze perpetrate e alle denunce effettuate in Piemonte e ha risposto con pazienza a tutte le domande relative alle attività del Servizio da lei diretto. I ragazzi, instancabili, hanno poi preso contatti con chi insegna tecniche di difesa personale e con il locale comitato CRI, che svolge attività di primo soccorso. Come sintetizzare allora tutte le informazioni raccolte e come trasmettere efficacemente ciò che si andava elaborando? Attraverso questo giornale, per esempio E anche con un video, naturalmente…ma che dico, non uno…tre! Uno spot, per colpire, un cortometraggio, per far riflettere, un filmato per informare sui servizi del territorio… E poi? Una canzone, dai. E Il “gruppo” su Facebook… E un evento pubblico…forse due... Ragazzi, ma non stiamo esagerando? No, stiamo solo dimostrando che lavorare in gruppo, con motivazioni forti, condividendo un obbiettivo preciso, con la consapevolezza di fare qualcosa di importante, moltiplica le risorse, responsabilizza e aumenta in maniera esponenziale la capacità progettuale. Certo, non tutto è andato come volevamo, forse non tutti sono stati ugualmente “generosi”; credo però che ognuno di noi stia facendo l’ esperienza di quanto sia difficile ma efficace, persino entusiasmante, essere TUTTIperUNO scopo. Nel prossimo anno scolastico, questo gruppo si “aprirà” e i peer educators cercheranno di coinvolgere i loro coetanei in una riflessione a tutto tondo sulla violenza contro le donne. La speranza è che mettano in moto anche un vero cambiamento nella mentalità, negli atteggiamenti, nel linguaggio dei ragazzi (e degli adulti…) con cui verranno in contatto. Ma, conoscendovi, ora ci credo. Annachiara Becchi Insegnante e conduttore di gruppo DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 6 SEZIONE II - LE PAROLE PER DIRE VIOLENZA LA FACCIA DELLA VIOLENZA Infatti lo stupratore è un impotente,è l’opposto di ciò che vuole dimostrare,è una persona priva di capacità e personalità. E’ colui che si relaziona attraverso imposizioni e tirannie. E lo fa attraverso il corpo. E’ allarme stupri in tutta Italia. Nel 2007 nella nostra nazione un milione di donne hanno subito violenza fisica e/o sessuale. I quotidiani riportano una quantità incredibile di articoli che trattano di violenza di genere. Dall’inizio dell’anno a Roma ben sei donne sono state uccise dopo aver subito abusi fisici. I colpevoli e violentatori sono sempre più spesso identificati negli immigrati. E così l’ira degli Italiani si concentra verso gli stranieri, arrivando addirittura a pestare due rumeni -che poi si è scoperto non essere gli autori della violenza verificatasi al parco romano della Cafferellasolo perché “potevano essere loro”. Aumenta la paura e con lei la violenza. In fondo si sa “violenza genera violenza”.E così i casi di abuso aumentano da uno,a due,a mille. I media si concentrano sul “cattivo” e noi arriviamo a sapere ogni cosa su quest’ ultimo, mentre la vittima viene dimenticata: l’attenzione passa così dalla violentata al violentatore. I mezzi di comunicazione ci presentano immagini distorte, la realtà è ben diversa: i dati Istat ci dicono che il 62% delle donne ha subito violenza dal partner; solo nel 24,8% dei casi l’abuso è effettuato da sconosciuti. Inoltre non più del 10% sono gli stupri ad opera di immigrati, e dunque il 90% delle violenze fisiche sono compiute da Italiani. Non è perciò vero che solo gli stranieri violentano,i primi a farlo sono invece i nostri compagni. Inoltre i dati Istat.e del Viminale ci informano che più di sei milioni e mezzo di donne hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza. Le vittimesoprattutto fra i 25 e i 40 anni- sono in numero maggiore donne laureate e diplomate,dirigenti e imprenditrici. Da noi la violenza è la prima causa di morte o di invalidità permanente nelle donne tra i 14 e i 50 anni: più del cancro,più degli incidenti stradali. Ogni giorno da Bolzano a Catania,sette donne sono prese a botte oppure sono oggetto di ingiurie. Il governo si chiede come intervenire sulla questione, e lo fa promettendo giustizia e pugno duro fino alla castrazione chimica. L’atto di violenza in sé è però “solo” lo strumento di chi per imporsi ha bisogno di prevalere sull’altra,e non il nucleo del problema. Sono invece molto profonde le cause: mancano educazione sessuale e educazione al rispetto,mancano figure che insegnino attraverso la loro esperienza,genitori che – seppur talvolta lontani - insegnino a distinguere il giusto dallo sbagliato, mancano governi che garantiscano giustizia e che si concentrino sul popolo, anziché sulla loro convenienza,mancano fondi che permettano alle volanti della polizia di fare benzina e sorvegliare la città, mancano persone che-se notano qualcosa che non va - non girino lo sguardo dall’altra parte, manca la capacità di comprendere quando è il caso di intervenire e bloccare una certa situazione anziché aspettare che sia troppo tardi, e manca soprattutto il senso di responsabilità. Perciò il pericolo per le donne non sta nella strada,nella notte e negli immigrati,ma nella normalità,nella casa e nella famiglia. Il pericolo si confonde con gli affetti,si annida là dove il potere maschile è sempre stato vigente. Diletta Carmi III A Liceo classico Pagina 7 SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 VIOLENZE E VIOLENTI La violenza contro le donne non è un fatto privato, ma solo il 18% di chi ha subito violenza ha saputo riconoscerla come reato ed il 95% delle violenze non sono mai state denunciate forse perché i partner sono i responsabili della maggioranza degli stupri. • Minacciata di essere colpi- E non c’è solo lo stupro, che è una grave violazione dei diritti e della dignità di una persona, che crea gravi problemi a chi la subisce. non desiderati vissuti con violenza • Essere toccata contro la propria volontà Possiamo distinguere tra: VIOLENZA FISICA: • Essere spinta, strattonata ta • Schiaffeggiata, presa calci e pugni • Pestata fino alla morte a • Controllo • Violenza economica • Svalorizzazione della persona • Intimidazioni VIOLENZA SESSUALE: MOLESTIE SESSUALI: • Tentato stupro • Stupro • Rapporti sessuali • • • • • • VIOLENZA PSICOLOGICA: • Isolamento Frasi ambigue Doppi sensi Apprezzamenti pesanti Minacce subdole Gesti osceni Ricatti Sono considerate reati in quanto atti di disturbo della sfera sessuale altrui, anche se si concretizzano in pressione psicologica VIOLENZA FISICA CON CHI NE HA PARLATO* Un membro della famiglia Un altro parente Un amico/vicini Un collega di lavoro/superiore o datore di lavoro/ compagno di studi Un medico/infermiere/operatori pronto soccorso Assistenti sociali, operatori di consultorio Avvocato, magistrato, polizia, carabinieri Nessuno Totale** SI E' RIVOLTO AD UN CENTRO ANTIVIOLENZA, ASSOCIAZIONE PER DONNE*** DOPO QUANTO TEMPO NE HA PARLATO* Dopo più di un anno Dopo un anno Dopo qualche mese Dopo pochi giorni Subito Non sa/Non risponde Totale • • • • • Depressione Perdita di fiducia e autostima Sensazione di impotenza Disturbi del sonno e ansia Difficoltà di concentrazione Queste informazioni ci sono state fornite dalla dott. Fulvia D’Addezio, responsabile del Consultorio dell’ASL AL di Casale Monferrato. STUPRO O TENTATO STUPRO VIOLENZA SESSUALE Partner attuale Ex partner 7,5 3,4 10,1 4,8 7,6 4,0 5,3 92,2 96,6 89,4 94,8 90,6 96,0 94,3 Partner o ex partner DENUNCIA Sì No Non sa/Non risponde Totale Le conseguenze Le violenze domestiche sono in maggioranza gravi, ma solo il 18,2% delle donne le percepisce nella loro gravità, eppure le donne che hanno subito violenze nel corso della vita nel 35% dei casi hanno sofferto di: Partner o ex partner Partner attuale Ex partner Partner o ex partner 0,3 0,0 0,5 0,4 1,8 0,0 0,4 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 94,7 33,7 26,2 38,7 25,3 18,6 27,2 26,0 9,9 10,0 9,9 5,4 5,3 5,4 5,5 37,1 26,4 44,1 33,5 25,9 35,6 30,5 4,5 2,7 5,7 1,5 1,5 1,6 1,4 3,7 2,6 4,4 4,4 7,8 3,5 4,7 4,0 3,4 4,3 5,0 4,4 5,1 4,9 5,2 1,9 7,3 2,8 1,0 3,3 2,9 32,9 44,6 25,3 41,9 52,3 39,0 43,7 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 2,9 2,0 3,5 3,0 2,2 3,3 3,3 8,8 8,4 9,0 20,4 44,3 15,5 22,3 0,9 0,8 1,0 0,6 0,0 0,7 0,7 8,6 6,7 9,5 16,8 3,7 19,5 15,9 17,3 19,6 16,3 12,9 11,7 13,2 12,4 60,6 60,1 60,9 47,4 40,3 48,9 46,5 3,8 4,4 3,3 1,9 0,0 2,2 2,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 * Il dato si riferisce all'ultimo episodio subito **La somma può essere superiore a 100 perché la donna può averne parlato con più persone *** Dal dato sono escluse le vittime che hanno subito o un solo episodio di minaccia oppure sono state afferrate o spinte una sola volta, o sono state colpite una sola volta nell’arco della violenza DONNE Pagina 8 VIOLENZA ZERO DONNE: NO, GRAZIE? Nell'antica Grecia il ruolo della donna era quello di mettere al mondo i figli (possibilmente maschi) e di occuparsi della casa; la figura femminile veniva derisa e insultata anche in opere letterarie: vi è per esempio un autore che cataloga le donne paragonandole ad animali. Aristotele afferma che le femmine in tutte le specie animali sono più deboli dei maschi e che hanno un carattere: pigro, incline all'ira, contrario alla fatica, avaro ed insofferente. Anche tra gli antichi Romani l'uomo veniva considerato superiore alla donna in intelligenza e forza fisica; è infatti curioso notare che in latino la parola uomo (vir) e la parola forza (vis) hanno una forte assonanza. Nelle sacre scritture (Proverbi 21, 19-20) si legge:”E' meglio vivere in terra deserta che con una donna litigiosa e irritabile”, San Paolo disse: “Sarai soggetta all'uomo ed egli ti dominerà”. I più grandi pensatori e scrittori medioevali consideravano la donna come un tramite per intercedere presso Dio. Rousseau scrisse :”Le donne esercitano un'attrattiva troppo forte, quel corpo è troppo pericoloso”, questo corpo non è visto solo come insignificante (politicamente e storicamente) ma allo stesso tempo è un corpo dotato di grande potenza: quella di poter mettere al mondo la prole. Ancora oggi, in moltissime culture, le famiglie preferiscono avere figli maschi: nelle civiltà rurali per via della maggior forza fisica che indubbiamente gli uomini posseggono e anche perchè si da' molta importanza al portare avanti il cognome della famiglia e questo, da sempre, è un ruolo che spetta agli uomini. In paesi in cui si è costretti a limitare il numero dei figli (Cina) le nascite al maschile sono del 12% al di sopra della norma. Nei paesi poco sviluppati, soprattutto quelli africani, la percentuale di bambine denutrite è altissima, infatti se in caso di carenza di cibo si deve scegliere chi nutrire, la madre molto spesso sceglie di cibare il figlio maschio. In Africa 100-132 milioni di donne in 28 paesi hanno subito mutilazioni genitali, e inoltre sono tantissimi i casi STALKING: NON È UNO SCHERZO La violenza: un problema sempre esistito, ma mai tanto pubblicizzato come oggi. I mass-media contribuiscono ogni giorno a divulgare notizie sempre più cruente o al limite dell’irreale, commentate in modo ambiguo o fazioso. Di recente è stato introdotto nella legislazione italiana il reato di “stalking”. Questo temine deriva dal verbo inglese “to stalk” che letteralmente vuol dire pedinare, anche se in italiano può essere tradotto come “atti persecutori”, “minaccia”, “intimidazione”, e può avere anche svariati significati, poiché può comportare denunce per pedinamenti, telefonate o SMS intimidatori, violenze fisiche o verbali, e altri comportamenti di simile natura. Sul Monferrato di martedì 24 marzo veniva riportata la notizia della prima denuncia per “stalking” avvenuta in zona, quando una donna, operaia di 42 anni, ha segnalato ai Carabinieri di Occimiano le ripetute vessa- di invalidità (8 milioni) che dipendono da gravidanze per via dello scarso accesso alle strutture sanitarie. Per quanto riguarda il lavoro le donne svolgono i 2/3 del lavoro mondiale ma guadagnano soltanto il 5% del reddito totale e posseggono solamente l'1% delle proprietà; in più sono impegnate nei lavori non retribuiti come la cura dei bambini, le faccende domestiche e l'assistenza agli anziani. Nel mondo del lavoro le donne si adeguano a modelli di competitività e aggressività proprie del mondo maschile, e questo le costringe a rinunciare a gran parte delle loro notevoli potenzialità. Potenzialità che invece alcune donne riescono a sviluppare in diversi contesti, dando così un contributo originale e prezioso alla crescita di una società migliore. Anna Auxilia III A Liceo classico zioni, citando, tra le altre cose, telefonate, pedinamenti, minacce di suicidio, alle quali l’avrebbe sottoposta il suo ex compagno. zione del fenomeno, perché, si sa, prevenire è meglio che curare. Questo fatto è un segnale forte per chiunque si sia trovato o si trovi in una situazione del genere, perché sappia reagire ed uscire allo scoperto, perché si sappia che non si intende più tollerare certi comportamenti in un paese che si vuole definire civille. LA RICERCA SULLE PERSECUZIONI (A.I.P.C.) Monferrato Vittime di stalking: segnala una • 21% della popolazione denuncia di Sesso delle vittime: • 86% donne; 14% uomini stalking Età: • 66% età compresa tra i 18 e i 25 anni carabinieri di Con l’introduzione dello “stalking”, inoltre, chi ha subito un qualsiasi tipo di violenza, sia essa psicologica, fisica, sessuale, è notevolmente più tutelato in sede giudiziaria, dove spesso gli avvocati difensori dell’aggressore svolgevano il compito (che personalmente definisco antigiudiziale e un po’ ingrato) di accanirsi contro la vittima per scagionare il proprio assistito. L’obiettivo comune ora è di arginare questa tendenza violenta che è ormai entrata a far parte della nostra quotidianità, partendo dalle sue stesse fondamenta e con attivo programma di preven- “Il 24 marzo 2009 Il Persecutori: • 20% donne, 80% uomini Identikit del persecutore: • 51% uno sconosciuto • 22% un conoscente • 20% un ex partner • 5% il partner Ivano Colombaro Peer Educator IV E Scientifico pervenuta ai Occimiano ” DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 9 DROGHE: NON SOLO SBALLO... Il nostro obiettivo primario oggigiorno è quello di dare di più. Cerchiamo di dare di più a scuola, di più con gli amici, di più con il partner, di più nella società. Molti di noi sentono costantemente la pressione di un mondo che chiede troppo, che vuole tutto e subito. È lo stesso mondo che non ci aspetta, ma ci lascia indietro, qualora decidessimo di fermarci. Nel nostro mondo le pause non sono concesse. Ma fino a che punto siamo disposti a spingerci pur di raggiungere il massimo? L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la droga come qualsiasi tipo di sostanza che, introdotta nell’organismo, ne modifica il funzionamento e/o gli atteggiamenti sia fisici sia psichici, che dà dipendenza e provoca assuefazione. I giovani che fanno uso di droghe sono molti, ma pochi di questi sono realmente consapevoli riguardo a ciò che consumano. Il numero dei “consumatori” cresce a dismisura, così come le tragiche conseguenze che l’abuso di sostanze porta con sé, tra le quali la violenza, di cui sentiamo sempre più spesso parlare. I ragazzi vengono, infatti, a contatto con le droghe in età sempre più precoce (il 20% tra i 12 e i 15 anni). Queste sostanze, oltre a danneggiare gravemente il nostro organismo, alterano gli atteggiamenti e la percezione del pericolo. Una delle più frequenti conseguenze dell’abuso di droga o alcool è talvolta anche una forma di violenza nei confronti delle persone che ci circondano e, in particolare, delle più deboli (solitamente donne e bambini). Tra queste sostanze quelle che rendono maggiormente propensi alla violenza sono la cocaina, le anfetamine e l’alcol. La cocaina è una droga che negli ultimi tempi è stata protagonista di un vero e proprio boom di consumo: basti pensare che solo in Italia ogni settimana viene venduta e consumata circa una tonnellata di cocaina, pari a 30-50 milioni di dosi. Essa interviene alterando il sistema nervoso dell’ organismo, provocando un grandissimo aumento dell’adrenalina. Le stesse caratteristiche possiedono le anfetamine, sostanze stupefacenti estremamente simili alle prime. Per quanto riguarda l’alcol, esiste un limite che, se oltrepassato, ci rende persone diverse da quelle che realmente siamo, alterando i nostri sensi, le nostre capacità, rendendoci “disinibiti” e talvolta anche violenti. La relazione tra droghe e violenza è, infatti, strettissima. Negli ultimi dieci anni, sono nettamente aumentati i casi di droghe somministrate di nascosto per rendere inermi le vittime, con lo scopo di violentarle. Recenti prove di studi giudiziari hanno dimostrato che l’alcol è la sostanza più comunemente usata per facilitare violenza sessuale, in quanto le persone che ne abusano risultano consenzienti, perchè stordite. A questo proposito esiste un farmaco, l’Alcover, utilizzato per il trattamento degli alcolisti, che è anche stato impropriamente usato in casi di stupro. Si presenta come sostanza incolore e inodore, che ha come effetto la totale perdita dei sensi della persona. Anche l’abuso di alcol può provocare gli stessi effetti causando una perdita di consapevolezza del rischio e una disinibizione eccessiva che spesso porta a compiere atti che in situazioni di normalità non affronteremmo. Chi abusa di droghe è un pericolo per gli altri e, in particolar modo, per sé stesso. È certamente vittima di questo mondo che non ha intenzione di rallentare, di stare al nostro passo. È vittima delle responsabilità, delle pressioni e della debolezza, che non gli permettono di affrontare le piccole fatiche quotidiane. Un mondo di droga e violenza ha come prezzo la vita. La nostra e quella degli altri. Siamo davvero disposti a spingerci a tanto pur di dare quel “di più” di cui, pare, abbiamo bisogno? A voi la scelta. Rita Petrassi Miriam Re Peer Educators II A Liceo classico Si ringrazia la dott.ssa Donatella Prosa, Responsabile del Ser.T. di Casale Monferrato e tutta l’equipe del servizio, per le informazioni ricevute. “Negli ultimi dieci anni, sono nettamente aumentati i casi di droghe somministrate di nascosto per rendere inermi le vittime” DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 10 SEZIONE III– STORIE VERE VALENTINA CAVALLI, CASALE MONFERRATO detta, ma giustizia; non voleva che prevalesse la rabbia e l’odio. Musa ispiratrice in questo complesso contesto sociale, costellato da realtà virtuale e aggressività gratuita, Valentina, alternativa, creativa, spirito contro corrente, ci insegna l’arte difficile di aspettare quei semi che porteranno a frutto un nuovo modello educativo e culturale. Con straordinaria forza d’animo ci ha indicato un percorso da cui partire: l’arte di educare. Le ombre del passato possono segnare una vita. Il trauma di una violenza sessuale rimane nel cervello, nel modo di costruire le relazioni umane, nella ricerca del futuro. Solo chi si ritrova a vivere queste paure, queste angosce, questi smarrimenti ne conosce anche la terribile forza. E può capitare di arrendersi. Come ha fatto Valentina. A 29 anni sì è tolta la vita, dopo il dramma che stava vivendo da ormai sei anni: in una sera del 2002 aveva dovuto subire l’aggressione e la violenza di due ragazzi della Milano bene che avevano infierito crudelmente su di lei. Non s’era arresa, aveva fatto denuncia, Da questa fondamento educativo, nel novembre 2008 nasce l’Associazione l’Albero di Valentina, che si propone di sostenere le vittime di violenza attraverso progetti di carattere educativo, azioni di sostegno alla riforma legislativa, attività artistico-culturale. Per info: Associazione L’Albero di Valentina Piazza Rattazzi 7 Casale M.to e-mail: [email protected] web: www.alberodivalentina. it sostenuto le indagini, sino all’arresto dei responsabili, sino al processo ancora in corso. Aveva mostrato sempre determinazione e coraggio, ma anche qualche cedimento, qualche paura. Un’altalena di momenti in cui tutto era passato, accanto ad altri in cui tutto era ancora presente. Gli stupratori sono stati condannati in primo grado e in appello, ma non hanno scontato neppure un giorno di prigione, perché incensurati. Il terzo ragazzo, che quella sera era rimasto in auto a fare il palo, non è stato condannato. L’idea di Valentina era quella di non volere ven- “L’idea di Valentina era quella di non volere vendetta, ma giustizia; non voleva che prevalessero la rabbia e l’odio.” SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 11 VOCI NEL SILENZIO TESTIMONIANZE DI QUOTIDIANA VIOLENZA Franca 26 marzo 2006 Lazio Chi È separata dal marito, ma non ce l’ha fatta Barbara per abitudine continua ogni giorno 27 anni ad andare da lui per sistemargli la 28 Luglio 2008 casa e preparargli il pranzo. Le liti tra i due sono frequenti, ma l’ultima Lombardia è più violenta del solito. Franca Muore soffocata dal suo ex muore con tre coltellate all’addome. convivente. Il corpo di Barbara viene I Carabinieri trovano il marito ritrovato dai Carabinieri nella casa in stato di choc accucciato dell’uomo, che ne aveva denunciato accanto al suo corpo la scomparsa. Lui ammette senza vita. l’omicidio solo quando messo di Roberta fronte all’evidenza dei fatti. 27 anni 10 febbraio 2006 Veneto Dopo la separazione ha ottenuto l’affidamento del figlio. Quella mattina, accompagnato il piccolo all’asilo, viene raggiunta dal padre del bambino e uccisa con un colpo di pistola. Oriana Dopo aver filmato tutto con una telecamera, l’uomo 3 maggio 2006 lascia il video accanto E’ sposata e ha due figli. Sicilia al corpo, punta l’arma Caterina Da sempre viene tormentata dal contro se stesso senza 17 anni marito con violente scenate di gelosia. però riuscire ad uccidersi. 28 marzo 2006 Durante l’ultima discussione, lui la L’omicida, 41 anni, stava Emilia Romagna colpisce più volte alla testa con un scontando in regime di Saluta la nonna per raggiungere bastone e la uccide. libertà vigilata una il suo ragazzo ai giardinetti. condanna per tentato Tra i due scoppia un litigio, viene omicidio ai danni di una aggredita, subisce un tentativo di ex fidanzata. strangolamento e muore accoltellata. DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 12 Francesca 36 anni 4 Luglio 2006 Chi è Marche Durante una lite con l’ex marito, sopravvissuta stimato professionista, viene colpita al volto con un’asse di legno e poi quasi strangolata con il cavo del telefono. Con i polsi legati e infilata in un porta abiti, viene gettata in un cassonetto dell’immondizia. Viene salvata da Daniela un passante che, sentendo i flebili 2 gennaio 2006 lamenti, chiama la Polizia. Piemonte Il marito ha confessato. Nina Sposata con un immigrato che Francesca è rimasta in 23 anni spesso, rientrando a casa ubriaco, ospedale per quattro 9 Ottobre 2006 la picchia. L’ultima volta la colpisce mesi. Lazio violentemente al volto con una mazza Viene picchiata, violentata da baseball. Grazie all’intervento e gettata in un cassonetto della dei Carabinieri viene ricoverata in spazzatura dal suo ex compagno che ospedale e riesce a sopravvivere. non accetta di essere stato lasciato. Lui è in carcere. Paola 32 anni Viene ritrovata da alcuni passanti che la accompagnano in ospedale. 2 Agosto 2006 Campania Sposata con uno stimato avvocato da cui aspetta un bambino. Una notte viene aggredita dal compagno che, con Rita un paio di forbici, la colpisce più volte. 15 Giugno 2008 Paola, ricoverata in ospedale, è Piemonte Sposata con un uomo con cui ha una figlia di 11 anni, è incinta da due mesi di un altro bambino. sopravvissuta, ma ha perso il bambino. Il marito è in carcere. Viene accoltellata dal marito accecato dalla gelosia. Rita riesce a scappare per strada e viene soccorsa da un tassista che la accompagna in ospedale. (Testimonianze da “Dire no alla violenza è possibile”, campagna promossa dalla Regione Piemonte) SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 13 NOTIZIE: DELARA DARABI Delara Darabi, giovane pittrice iraniana, è stata giustiziata il 20 aprile. Nel 2003, all’età di 17 anni, si introdusse in una casa per rubare con il fidanzato 19enne, che però pugnala a morte la padrona dell’abitazione. Delara per salvare il fidanzato dalla pena di morte si dichiara colpevole, dal momento che i minorenni non dovrebbero essere giustiziati. Ma lo stato iraniano , pur avendo ratificato la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia, punisce come adulti i bambini dai 15 anni e le bambine dai 9 (già, perché le donne non sarebbero in grado di guidare, lavorare, parlare in pubblico e ragionare ma sono sempre le colpevoli più quotate in alcuni paesi ). Ora i minorenni nel braccio della morte in Iran sono 150. “Anche quando le furono tolti i pennelli e i colori continuò con le dita, sperando che i suicidio tagliandosi le vene; dicono che in realtà la sua ispirazione per continuare a vivere fosse nei colori: Delara aveva sempre dipinto in carcere, anche quando le furono tolti i pennelli e i colori continuò solo con le dita ed il carboncino sperando sempre che i colori potessero restituirle la vita. Anche Delara, consegnata nelle mani della “giustizia” dal suo stesso padre, dopo aver ritrattato e confessato la verità, dopo aver subito la violenza di settanta frustate di cui 50 per tentata rapina più 20 per la “frequentazione illecita” con il fidanzato, dopo aver trascorso 3 anni in carcere è stata condannata all’impiccagione. Il suo avvocato tentò di difenderla puntando sulle prove emerse dall’autopsia, secondo le quali le ferite erano state inferte da un destrorso, mentre Delara è Nel 2007 aveva tentato il mancina. Ma i giudici non hanno accettato le prove. Il sistema giudiziario iraniano non è basato sulle prove ed i giudici possono condannare qualcuno anche solo sulla base di un’ “intuizione”. (I dipinti di Delara si possono ammirare sul sito www.SaveDelara.com ) Angela Amuso Peer Educator II A Liceo Classico FRA STUPRI E SASSI E’ stata approvata in Afghanistan nel mese di marzo una legge soprannominata “pro stupro” che obbliga le donne a concedersi al marito almeno quattro notti a settimana. La nuova legge autorizza gli uomini a stuprare le mogli in caso di mancato adempimento dei doveri coniugali, proibisce alle donne di uscire di casa per vari motivi senza il consenso del marito, affida i figli al marito e ai nonni, consente il matrimonio di bambine e assicura l’eredità ai maschi maggiorenni. Molte donne afgane nelle vicinanze dell’università di Kabul hanno tentato di manifestare pacificamente contro la legge, purtroppo sono state prese a sassate da uomini e donne di un altro corteo dal quale provenivano grida come: “morte alle schiave dei cristiani“. Secondo quanto riportato sul Corriere della sera:” molte altre donne avrebbero voluto partecipare alla protesta, ma i loro mariti lo hanno proibito“ Angela Amuso Peer Educator II A Liceo Classico colori potessero restituirle la vita” SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 GLOSSARIO Sesso: determinato dalle specificità nei caratteri, che all’interno della stessa specie, contraddistinguono soggetti diversamente predisposti alla funzione riproduttiva, ovvero differenze biologiche e fisiche (livelli ormonali, organi genitali, capacità riproduttive ecc.). Genere: ha a che fare con le differenze socialmente costruite fra i sessi e con i rapporti che si instaurano tra i sessi in termini di comportamenti distintivi e “appropriati”. Si intende quindi il processo di costruzione sociale della caratteristiche biologiche: definizione, rappresentazione, incentivazione di appropriati comportamenti connessi con le aspettative sociali legate allo status di uomo o di donna. Identità di Genere: la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l’esperienza personale e collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi agli altri. È quindi il riconoscimento delle implicanze della propria appartenenza ad un sesso in termini di sviluppo di atteggiamenti, comportamenti, desideri più o meno conformi alle aspettative culturali e sociali. Sessualità: il dato biologico, ma anche un aspetto integrante dell’identità individuale che ciascuno ha. Violenza: l’uso intenzionale di forza fisica o di potere, minacciato o agito, contro se stesso, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che ha come conseguenza il danno fisico, la morte, il danno psicologico, l’alterazione dello sviluppo, la deprivazione. Quando la violenza in una relazione si protrae a lungo nel tempo allora si parla di maltrattamento (OMS, 2002). Violenza contro le donne: una violazione dei diritti umani. Consiste in qualsiasi azione o minaccia di azione, che avvenga nella vita pubblica o privata e che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche. Psicologica: consiste in attacchi diretti a colpire la dignità personale, forme di mancanza di rispetto, atteggiamenti volti a ribadire continuamente lo stato di subordinazione e la condizione di inferiorità. Economica: consiste in forme dirette o indirette di controllo sull’indipendenza economica che limitano o impediscono di disporre di denaro, di fare liberamente acquisti, avere un proprio lavoro. Fisica: consiste in qualunque forma di aggressività e di maltrattamento contro la persona, il corpo e le cose di proprietà. Spesso è esercitata con furia e mira ad imporre con la forza un ruolo di sottomissione. Sessuale: consiste in qualsiasi imposizione di coinvolgimento in attività e/o rapporti sessuali senza il consenso, sia all’interno che al di fuori della coppia. È qualificata come delitto contro la libertà personale. Abuso sessuale intrafamiliare: forma di violenza sessuale. Commesso quando un familiare o un amico costringono la donna a partecipare a rapporti sessuali o a guardarli mentre si realizzano, o ancora, cerca di coinvolgere la donna in attività sessuali anche attraverso il gioco. Rientra nella violenza familiare la Pedofilia. Molestie sessuali: consistono in comportamenti indesiderati di natura sessuale o basati sul sesso che offendono la dignità delle donne o degli uomini. Possono essere verbali, fisiche, relazionali, visive. Stalking: termine inglese (perseguitare), è una forma di violenza psicologica. Indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola ed ingenerando stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità. Stalker: può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, o un ex-partner, che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. Pagina 14 Mobbing: forma di violenza psicologica attuata nel mondo del lavoro, che implica una specifica volontà di allontanare la persona vittima dal posto di lavoro spingendola a dare le dimissioni. È quindi l’attività persecutoria, che dura più di 6 mesi e che è funzionale all’espulsione del lavoratore, causandogli una serie di ripercussioni psico-fisiche che spesso sfociano in specifiche malattie ad andamento cronico. Gaslighting: violenza psicologica attuata all’interno della coppia. Comportamento messo in atto allo scopo di far sì che la persona dubiti di se stessa e dei suoi giudizi di realtà, che cominci a sentirti confusa e ad avere la sensazione di stare impazzendo. Cinismo: violenza psicologica attuata all’interno della coppia. Nulla è buono né sensato; trionfa nel distruggere la bontà e giustifica la sua mancanza di scrupoli con varie razionalizzazioni. Manipola, influenza, colpevolizza l’altro al suo posto. Trauma: esposizione ad un evento di forte intensità, tale che il soggetto colpito non è in grado di rispondere a livello emotivo, cognitivo e comportamentale in modo adeguato. Elena Mietto Peer Educator IV A SPP SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 15 SEZIONE IV STORIA , ARTE E LETTERATURA UOMINI E DONNE: UGUALE META, STRADE DIVERSE Vecchi e nuovi percorsi femminili In che cosa consiste la differenza di genere in termini di comportamento, sensibilità, attitudini, capacità, predisposizione o mentalità? Esistono comportamenti e luoghi comuni da sfatare. Si pensa infatti che per natura il maschio sia più intraprendente, mentre la donna più capace a relazionarsi, anche se maschi e femmine manifestano precise tendenze perché fin dall’infanzia vengono educati a riprodurre quei particolari atteggiamenti che costituiscono l’identità di genere. Anche per questo è stata difficile la strada dell’ emancipazione femminile. Nel XIX secolo iniziarono a comparire in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America i primi movimenti e gruppi femministi, le cosiddette suffragette: erano donne che prendevano coscienza dei propri diritti, reclamando la possibilità di votare e di avere dignità pari agli uomini. In questi stati persisteva infatti un'oppressione puritana dalla quale le donne volevano liberarsi. Da questi gruppi di donne che miravano ad un'emancipazione culturale e sociale, sono in seguito derivati i movimenti femministi di larga scala tipici del '900. In Italia, negli anni del boom economico si instaura l’idea della donna casalinga, completamente dedita alla casa e alla famiglia. Negli anni sessanta cominciano a manifestarsi alcuni cambiamenti: sale il livello d’istruzione delle donne, che sempre più frequentano le scuole superiori e cresce l’impiego femminile nel mondo del lavoro esterno alle mura domestiche. Negli anni settanta nascono soprattutto nelle grandi città i primi gruppi femministi che si occupano di sottolineare l’uguaglianza con l’uomo e chiedono cambiamenti immediati a partire dal nucleo familiare. Negli anni novanta, da una parte le donne gestiscono la loro sessualità facendo uso di anticoncezionali, mentre dall’altra c’è più disponibilità al riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una rivoluzione che ha modificato l’identità dei ruoli di entrambi i generi; in particolar modo è stato rivalutato l’universo femminile, grazie alle lunghe battaglie civili delle donne per raggiungere la piena parità giuridica. Anche i modelli maschili sono stati ridisegnati e arricchiti. Ma a cosa dobbiamo questo cambiamento? In circa cinquant'anni si sono ribaltati i ruoli familiari. Le donne hanno conquistato una loro autonomia, assimilando modelli tipicamente maschili. Donne e uomini convivono ogni giorno, affrontano situazioni simili in ambiti simili, ma non tutti gli uomini reagiscono allo stesso modo a questa emancipazione "improvvisa". Non tutti, infatti, sono riusciti ad accettare la nuova realtà che si trovano davanti; molti sono rimasti legati all'idea di una donna debole , incline a subire senza ribellarsi. Sono questi gli uomini che sfogano la loro brutalità contro il mondo femminile, privando la donna della propria identità e dignità. La lotta per l’emancipazione femminile ha ottenuto risultati solo in una parte del mondo e non sono affatto scontati. Anche negli stessi Paesi sviluppati talvolta la miseria, la solitudine, la disoccupazione creano situazioni brutali e insostenibili. La parità non è ancora pienamente raggiunta, infatti lo stipendio femminile è inferiore del 10% rispetto a quello maschile e c’è un forte scompenso fra donne e uomini in carriera, soprattutto in base al rapporto fra i titoli di studio. Oggi in Italia nessuno oserebbe dichiarare che le donne siano inferiori rispetto agli uomini, ma nei fatti questo pregiudizio è ancora vivo; in genere le donne devono dimostrare capacità superiori alla media per essere poi giudicate pari a un collega di altro sesso. Nell’ attuale società le donne portano un doppio fardello: quello del lavoro e quello della famiglia che continuano a dover gestire da sole; per non parlare della solitudine delle donne che sono state costrette a rinunciare alla famiglia per il lavoro, o della frustrazione di quelle che hanno dovuto rinunciare all’ impiego per accudire i figli (non sono poche le lavoratrici che, appena entrate in maternità, vengono licenziate). Oggi sentiamo parlare sempre meno di femminismo, ritenuto un movimento ormai lontano. Bisogna continuare a promuovere opportunità di libera scelta per le donne: che devono poter decidere se lavorare o no, se avere o non avere figli e come organizzare la propria vita. Angela Amuso Giulia Osenga Rita Petrassi Peer Educators II A Liceo classico DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 16 LA VIOLENZA SULLE DONNE IN LETTERATURA UN INVITO: DONNE A TESTA ALTA DI FRONTE ALLA VIOLENZA I versi 80-100 del libro I del “De rerum natura” di Lucrezio, con la loro crudezza, raccontano il sacrificio di Ifigenia, figlia primogenita di Agamennone, destinata non alle splendide nozze con Achille, come le era stato fatto credere, ma ad un sanguinario rito sacrificale voluto dal padre, in nome della “religio”, colpevole quanto diffusa superstizione; soltanto con il sangue versato dalla giovane donna innocente sarebbe stata placata la dea Artemide e garantita alle navi degli Achei una felice partenza alla volta di Troia. Non sempre, tuttavia, la letteratura ci offre esempi di irreparabile prevaricazione maschile: Penelope, figura femminile simbolo della fedeltà e vittima, come tante altre mogli e madri, della “ragion di stato”, la guerra di Troia, che le sottrae il marito Ulisse per lunghi anni, è sottoposta ad una originale e raffinata rivisitazione dallo scrittore Luigi Malerba nella sua opera “Itaca per sempre”. Qui, infatti, l’autore dà voce a Penelope, donna forte e risoluta, che dialoga con Ulisse, che ancora non le ha rivelato la sua identità, attraverso uno scambio costante di punti di vista: la mitica tela di Penelope si trasforma nel romanzo in un ordito di percorsi mentali atti a scandagliare la psicologia del marito che a più di uno, dopo il suo arrivo ad Itaca, si è rivelato, ma non ancora a lei, alla moglie. Perché? Penelope non capisce come Ulisse abbia potuto dubitare della sua fedeltà, quando lui stesso l’ha tradita più volte durante il viaggio e si chiede “E’ forse meno doloroso per una donna il tradimento del suo uomo di quanto non sia doloroso per un uomo il tradimento della sua donna? Chi ha stabilito che una donna debba soffrire e perdonare?” E’ Penelope a condurre abilmente il gioco e a tenere sulla corda il marito, infatti Ulisse teme di fare passi falsi, sospetta, rimanda la rivelazione di sé. Tra i due si sviluppa un gioco, a tratti anche pericoloso, seppur intelligente e intrigante, con il quale Penelope riscatta, con un compiacimento persino crudele gli anni della lunga attesa, il sacrificio della sua giovinezza, i tormenti dell’anima. Penelope, infatti, finge di non riconoscerlo, quando lui si rivela, e solo dopo averlo fatto soffrire e addirittura piangere, lo perdonerà. sue raffinate letture, la condizione di minorità in cui sono tenute le donne, private di ogni possibilità di accesso alla cultura e costrette ad occuparsi del ristretto mondo familiare. Nonostante la libertà intellettuale conquistata, Marianna sente di essere ancora soggetta al peso delle tradizioni, degli stereotipi della mentalità della sua gente. Ecco perché sceglie di partire da Palermo, allontanandosi in viaggio verso una meta incerta, in un finale aperto adatto ad un ritratto di donna intimamente problematico. Una delle protagoniste di Dacia Maraini, scrittrice e intellettuale sempre attenta alla tematica femminista, è Marianna Ucrìa, nobildonna palermitana al centro del romanzo, ambientato nella prima metà del ‘700 “La lunga vita di Marianna Ucrìa”: Marianna, costretta a sposare a 13 anni lo zio molto più vecchio che l’ha violentata da bambina, è diventata sordomuta in conseguenza della violenza subita. Non ha comunicazione affettiva con il marito, uomo freddo, chiuso, austero, ma la sua menomazione fisica stimola il suo interesse alla lettura, in cui si rifugia trovando compensazione, attraverso l’uso dell’intelligenza, ad una vita sostanzialmente vuota, occupata soltanto dalla cura dei numerosi figli. Infatti Marianna, pur discriminata da varie persone per il suo handicap, non si perde d’animo e anzi avrà 5 figli, un amante e diventerà donna saggia e razionale, dimostrando anche di avere un gran cuore. Matura uno sguardo più acuto e disincantato nell’osservare la società di cui fa parte, si accorge che l’ambiente aristocratico è arrivato al tramonto e alla dissoluzione e coglie, grazie alle Anche Teodora, figura femminile del romanzo “Qualcuno con cui correre” di David Grossman, pur essendo un personaggio marginale nel racconto, spicca per la sua simpatia e originalità. Ella si allontana, esce, in senso letterale e metaforico, dalla casa di Gerusalemme che è stata abitata da lei, giorno e notte, senza interruzione, anno dopo anno, per i cinquant’anni di vita che sono seguiti alla decisione degli anziani del suo villaggio di tenere in vita la tradizione di accoglienza dei pellegrini in visita dall’isola alla città di Gerusalemme.In realtà Teodora, ignara ragazzina sedicenne dalla pelle abbronzata e un po’ invaghita di un giovane coetaneo, avrebbe potuto evitare tutto ciò; infatti se, quando il sacerdote, durante il rito, le aveva posto la mano su una lamina di ferro incandescente, lei avesse gridato, avrebbe avuto la libertà, ma per orgoglio non lo aveva fatto… Nonostante la clausura (esempio di monacazione forzata che ci richiama alla memoria la Gertrude dei “Promessi sposi”) è sorprendente come Teodora sia molto colta, pervasa da “curiositas” e anche da allegria. Solo alla fine ella uscirà da questa sorta di prigione per una missione imprevista e rischiosa cui non si sottrae e affronterà il mondo, per lei ormai completamente sconosciuto, con un gran sorriso e tanta meraviglia. Le testimonianze riguardanti la violenza sulle donne si stanno ormai moltiplicando, purtroppo o, forse, per fortuna. Infatti i soprusi che le donne hanno dovuto subire, vanno avanti da secoli, ma a differenza dei tempi passati oggi c’è una maggiore comunicazione. SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Inoltre, non sempre le donne che avevano subito una violenza, avevano il coraggio di denunciarla, mentre oggi, fortunatamente, forse grazie anche alla grande attenzione che i media hanno riservato a questo problema, molte donne sono state incoraggiate a denunciare i loro violentatori. Purtroppo, le donne che hanno subito violenze si sentono loro stesse in colpa, sentendosi quasi “sporche”, come se ormai fosse una provocazione uscire da sole o indossare una gonna più corta. Quindi possiamo dire che le donne in questi anni stanno finalmente reagendo e anche in letteratura Pagina 17 si trovano vicende di protagoniste femminili che sono riuscite a riscattarsi. Mi piace pensare che anche attraverso la letteratura si possa trovare lo spirito per reagire. Chiara Scancarello V D Liceo scientifico IL RUOLO DELLA DONNA NELL’IMMAGINARIO ARTISTICO LETTERARIO DEL TRECENTO La donna assume rilievo, non soltanto nell’arte e nella letteratura trecentesche e, seppur venga esaltata da numerosi artisti, si terrà in considerazione soltanto un ristrettissimo numero di opere e autori. Nella comunità moderna la donna ricopre molteplici ed importanti ruoli, a differenza di quanto era accaduto in passato. Ciò detto, sembrerebbe opportuno offrire anche un prospetto della società borghese del XIV secolo, dominata da ragioni di mercatura e da aspirazioni di egemonia politica e culturale. Il periodo compreso tra il secondo decennio del Trecento e la metà del Quattrocento vede sul piano politico l’affermazione degli Stati Nazionali in Francia, Inghilterra e Spagna mentre in Italia la crisi delle istituzioni comunali e il processo di rifeudalizzazione porta inevitabilmente al passaggio dal Comune alla Signoria. Dal punto di vista culturale questo è un secolo importante, se non addirittura fondamentale, per lo scenario italiano: il volgare diviene la lingua dei commerci (“lingua del mercante”), al contrario del latino, lingua della Chiesa, culturalmente più conservatore. Inoltre si verifica una gran- de fioritura artistica che si contrappone alla stagnazione economica e al crollo demografico in tutta Europa, dovuto principalmente allo scoppio della peste del 1348. I grandi signori, avendo difficoltà ad investire il proprio capitale, preferiscono spenderlo nella committenza di opere d’arte. In questo ambiente l’arte rende visivamente il concetto di “donna tentatrice”, come nei timpani e nei capitelli di numerose chiese gotiche del XII secolo, contrapposte alle maestà di Giotto o Lorenzetti, che conferiscono valore sacrale alla “mea domina”, un chiaro simbolo di trasformazione positiva dell’immagine femminile. In ambito letterario si sviluppò un maggior interesse nei confronti della figura femminile, a tal punto che Giovanni Boccaccio ne fece il principale destinatario della sua opera più importante e nota, il Decameron(1), mentre Francesco Petrarca la elesse protagonista della sua poesia nel Canzoniere(2): Laura è addirittura l’ “alloro poetico”, la Poesia personificata(3). È tuttavia da considerarsi soggetto sociale assai fragile e la sua rappresentazione idealizzata funge evidentemente da riscatto alla sua condizione subordinata. L’atteggiamento e le parole di Ghismunda(4) risultano ormai possibili solamente all’interno di un utopico palazzo principesco. La realtà femminile all’interno del Decameron è ben più variegata e raffigurata da personaggi deboli, come ad esempio Lisabetta da Messina(5), oggetto di violenza psicologica che la porterà alla morte, scaltri, come Monna Ghita(6) oppure nobili come Monna Giovanna (7), lontana dalla missione trascendentale della Beatrice dantesca. Se la donna, come si è appena visto, nel Trecento ha solo un ruolo letterario, ecco che, a partire dal Quattrocento, inizierà ad avere maggiore importanza nell’ambito artistico. Pisanello pur essendo vissuto nel Rinascimento conserva le caratteristiche della pittura trecentesca in una visione tardo gotica e cortese con DONNE VIOLENZA ZERO cui rappresenta la donna come una figura eterea, distaccata dal mondo reale. Un famoso dipinto è la “Madonna della Quaglia”, caratterizzata da una linearità gotica ma che manifesta le tipiche malinconie della seconda metà del Quattrocento in ambito neoplatonico. NOTE: (1) Raccolta di cento novelle narrate da dieci giovani nell’arco di dieci giorni (13481351)[cfr “Manuale di letteratura”,Luperini, Palumbo Editore ,Palermo 2007]. (2) Raccolta di componimenti poetici in varie forme metriche (1373-1374) )[cfr “Manuale di letteratura”, Luperini, cit] (3) A Laura si associa una complessa serie di riferimenti culturali espressi soprattutto dal nome stesso della donna:il lauro(o alloro) è un eco(senhal) del nome dell’amata,che richiama sia la sacralità dell’arte sia la “laurea” poetica conseguita da Petrarca a Roma)[ cfr “Manuale di letteratura”, Luperini, cit] (4) Ghismunda, figlia di Tancredi, Principe di Salerno, Pagina 18 viene sorpresa dal padre con un amante di ceto “ignobile”, che verrà in seguito punito con la morte. La donna,dopo aver esposto le sue argomentazioni in maniera forte e sicura, sceglie anche per sè il passaggio a miglior vita.[cfr “Giovanni Boccaccio- Decameron- a cura di Vittore Branca, Torino Einaudi, 2008] (5)Lisabetta da Messina, i cui fratelli uccidono l’amante, e indirettamente anche lei, muore di dolore consumandosi nel pianto. [cfr “Giovanni Boccaccio- Decameron, op cit] (6)Con un’astuta trovata si libera dalla gelosia del marito e conserva un nuovo amante. [cfr “Giovanni Boccaccio- Decameron, ibidem] (7Monna Giovanna, che inizialmente non ricambia l’amore di Federigo degli Alberighi, e lo porta a dilapidare i suoi beni, accorgendosi della sua nobiltà d’animo, se ne innamora. [cfr “Giovanni Boccaccio- Decameron, ibid] Classe I A Liceo classico ARTEMISIA GENTILESCHI: UN CASO DI VIOLENZA NELL’ITALIA DEL XVII SEC. Artemisia Gentileschi Affermazione professionale,determinazione, coraggio e indipendenza delineano la figura di Artemisia Gentileschi, una delle poche donne presenti nel panorama artistico pittorico della prima metà del XVII secolo. Artemisia, figlia del noto pittore caravaggesco Orazio Gentileschi, inizia giovanissima la sua carriera di pittrice sotto la guida del padre che le insegna la tecnica e la avvia verso il mondo dell’arte. La pittrice ci ha lasciato tele meravigliose, ricche di espressività e naturalezza, dimostrando la sua abilità nell’utilizzo di luci e ombre tipiche del linguaggio formale di Caravaggio. Nei suoi dipinti non troviamo solo la tecnica e lo stile, ma le tinte fosche, le scene di drammatica violenza che sembrano trasportare, nella visione pittorica, i segni di un trauma personale, quello della violenza sessuale subita e di un clamoroso processo per stupro del quale fu protagonista. Durante la collaborazione con Orazio Gentileschi, il pittore Agostino Tassi violentò ripetutamente la allora quindicenne Artemisia, convincendola a non rivelare il fatto con la promessa di sposarla, ma il pittore aveva già una relazione coniugale. Artemisia informò di ciò che era avvenuto il padre, che decise di ricorrere in giudizio. Iniziò un periodo molto difficile per la Gentileschi, costretta a subire dal tribunale torture e visite ginecologiche pubbliche per confermare l’accusa di stupro. La giovane dimostrò il suo coraggio riscattandosi da tutte le vessazioni subite da Tassi e dalla società che limitava le donne alla marginalità e all’oppressione da parte degli uomini. Tra i suoi dipinti ne possiamo trovare alcuni particolarmente rappresentativi della vicenda: quale, per esempio “Giuditta che decapita Oloferne”, in cui l’eroina biblica, con l’ausilio della sua ancella, decapita il crudele generale nemico. Il soggetto, più volte rappresentato nelle tele da lei firmate, raffigura una scena di drammatica violenza i cui personaggi, grazie al loro realismo e alla forte tensione figurativa, sembrano prendere vita. Grazie ad un’ analisi del dipinto possiamo immaginare che l’artista sia stata spinta da un sentimento di rivalsa verso l’abuso subito. Artemisia è un personaggio ricco di fascino, che ha ispirato innumerevoli romanzi basati sulla sua biografia. Uno dei più celebri è “The Passion of Artemisia” di Susan Vreeland che, grazie ad un’analisi psicologica, mette in luce il difficile rapporto tra Artemisia ed il padre, rapporto di affettività e competitività. In questo libro ritroviamo lo spaccato della società del XVII secolo, i luoghi e i personaggi con cui Artemisia è venuta in contatto, e ci avventuriamo nel mondo di questa grande pittrice. Il coraggio e la caparbietà dimostrate da questa donna sono le stesse che oggi giorno animano le donne che hanno la forza di denunciare i propri aguzzini. Purtroppo però sono ancora tante coloro che per paura si celano dietro il silenzio. Artemisia è quindi un modello da seguire perché pur avendo passato una vicenda così traumatica è riuscita a ridipingere la vita con i colori dell’indipendenza e del coraggio, donandole la giusta tonalità di speranza. Ilaria Rossanese Sara Mazzola “Nella visione pittorica i segni di un dramma personale” SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 19 LUCIA E LE ALTRE VIOLENZA CONTRO LE DONNE NEI PROMESSI SPOSI Per riflettere sulla società moderna e, in particolare, sugli errori commessi nel corso del tempo, abbiamo analizzato due figure di donne vittime di violenza tratte dal romanzo “I Promessi Sposi”. Lucia, essendo sempre stata contadina, poteva essere soggetta a molestie da parte di nobili signorotti, nello specifico Don Rodrigo, che, come racconta Manzoni nella prima edizione del romanzo (chiamata Fermo e Lucia), “faceva alle compagne di lavoro di Lucia tanti vezzi uno peggio dell’ altro e si prendeva tante libertà”. Quando queste andavano a protestare dal padrone si sentivano rispondere che, semplicemente, non dovevano incoraggiarlo a continuare. Non potevano ribellarsi, non potevano chiedere aiuto perché Don Rodrigo non agiva da solo, con lui portava i Bravi, i suoi “tirapiedi”. Molti signorotti offrivano la protezione alle donne, cioè le prendevano come amanti e, se queste accettavano, non era per amore, ma per denaro, per interesse. Anche Don Rodrigo aveva offerto protezione a Lucia; per lui Lucia non era una semplice conquista, era una questione di orgoglio e di potere, quasi un’ ossessione. Le violenze sulle donne a quel tempo, nel ‘600, erano all’ ordine del giorno e questo era dovuto al fatto che le donne erano considerate “ res nullius”, cioè cosa di nessuno, erano solo strumenti di piacere. La loro conquista era paragonata alla caccia; da una parte c’ erano le pedine del gioco e dall’ altra i giocatori. Don Rodrigo, però, ha anche questa caratteristica in comune con i molestatori moderni: quando “violenta” Lucia è in compagnia di suo cugino,il conte Attilio,che proviene da Milano, grande città, e in provincia ha bisogno di trovare degli svaghi. Infatti, data la sua frivolezza, guardare Don Rodrigo “provarci”con le ragazze era un divertimento adatto e soddisfacente. Per questo si può dire che la noia sia una delle cause che spingono le persone a compiere violenza sulle donne. Ma non esiste solo violenza fisica, c’è anche quella psicologica il cui scopo è distruggere la volontà altrui e piegarla al proprio tornaconto. Questo avviene alla monaca di Monza, Gertrude. Nella sua storia si vede stravolto l’ideale di famiglia, in cui dovrebbero esserci rispetto reciproco, amore, aiuto e conforto. La sua era una famiglia nobile, paragonabile ad una corte, il luogo del potere, in cui bisogna stare attenti a qualsiasi cosa si faccia o si dica. In quel periodo le famiglie di un certo ceto sociale dovevano lasciare l’eredità al primogenito, mentre gli altri figli entravano nell’esercito o in convento. Solo a poche ragazze era permesso il matrimonio,ma solo con un uomo scelto dal padre. Il destino di Gertrude era già segnato ancora prima che nascesse, ma lei non era d’accordo. Voleva sposarsi, non per formare un’alleanza con un’altra famiglia, ma per amore e per godere delle gioie della mondanità. Così inizia a rifugiarsi in un mondo immaginario con i suoi sogni, credendo che alla fine tutto sarebbe andato a posto. Ma non aveva abbastanza volontà per far cambiare il suo destino. Alcuni studiosi hanno definito la situazione della monaca di Monza come una “Tragedia della Volontà”. Ogni volta che avrebbe potuto dire “no” rimandava, rimandava senza riuscire a dire quella semplice sillaba che avrebbe potuto ridarle i suoi sogni. Ciò era dovuto alla rigidezza della famiglia, del suo Principe- padre. I genitori e il fratello la ignoravano, si mostravano completamente indifferenti a lei e questo le faceva male, la faceva sentire sola e insignificante. Tutto ciò la porta ad essere vittima anche di un’altra violenza. Mentre è in convento, trova conforto in Egidio, un giovane promettente che con i suoi modi gentili riesce ad affascinarla e a conquistare la sua fiducia. Ma in realtà Egidio è un freddo calcolatore, un uomo senza scrupoli, un libertino. Il suo unico scopo è di raggiungere il piacere attraverso il compimento di un obbiettivo:conquistare le donne, e più l’impresa è difficile e più è grande la soddisfazione. La monaca per lui è l’ennesimo trofeo. Anche nel mondo odierno ci sono queste ingiustizie. Molti servizi televisivi parlano di ragazze violentate da parenti,amici o sconosciuti e lasciate sole mentre la giustizia, che teoricamente dovrebbe essere di supporto, non le aiuta, ma spesso aumenta il loro disagio insinuando una loro responsabilità, di aver provocato loro i molestatori. Oppure casi di cui si parla molto meno, donne che si sentono costrette a sottostare alle voglie dei loro datori di lavoro per non rischiare di perdere il posto. Sempre il carnefice si giustifica spiegando come anche la vittima fosse consenziente e cerca di autoconvincersene lui stesso. Ma la violenza, sia fisica che psicologica, è sempre il contrario dell’atto d’amore. Classe II A Liceo scientifico DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 20 LA VITA NELL’ARTE: TAMARA DE LEMPICKA E FRIDA KAHLO Tamara de Lempicka, Frida Kahlo, due donne che vivono nello stesso periodo storico con ideali e vite diverse accomunate da una sola costante ovvero vivere la propria identità di donna in maniera libera e emancipata. Tamara Rosalia GurwikGorska (meglio conosciuta con il cognome del primo marito Lempicki) nasce bel 1898 a Mosca, anche se dichiarava di essere polacca e nata nel 1902; la famiglia è benestante e la sua formazione scolastica avviene nei più prestigiosi collegi della Polonia. Dopo il trasferimento a San Pietroburgo si sposa con Tedeusz Lempicki ma continua a gestire la sua vita in assoluta libertà. Dopo la nascita della figlia Kizette, si iscrive nel 1919 ad una prestigiosa accademia d’arte parigina: la scelta di coltivare il suo talento apparso già in tenera età è dettata però dalla necessità poiché il marito non lavora e Tamara deve mantenere la sua famiglia. Tamara frequenta abitualmente locali notturni e lesbici, viaggia e alterna periodi di depressione a periodi di euforia. Incontra i personaggi più eccentrici dell’epoca come Marinetti e D’Annunzio. Nel 1929 dopo aver divorziato dal marito soggiorna negli Stati Uniti dove espone in importanti mostre, così come a Parigi e a Milano. Nel 1934 Tamara contrae un matrimonio di pura convenienza per assicurarsi una tranquillità economica e sociale con il barone Kuffner. La sua depressione peggiora ma dopo un periodo di cure a Salsomaggiore la sua attività riprende in modo intenso con personali in tutti gli Stati Uniti. Conosce Greta Garbo che diventerà per lei un’ossessione. Tamara continua nella sua produzione e attraverso trovate pubblicitarie singolari diventa molto popolare. Le sue condizioni fisiche però peggiorano e Tamara muore nel 1980. Le sue ceneri verranno sparse sul vulcano Popocatepetle com’era sua volontà. Tamara de Lempicka è una donna che nella sua vita sconsiderata, attraverso i suoi quadri, ha voluto trasmettere il suo concetto di vita vissuta in piena libertà, una libertà sofferta e tanto amata, una libertà che ha superato gli schemi e le regole morali imposte dalla società del suo tempo. A Tamara si contrappone naturalmente Frida Kahlo per la quale la libertà non era una libertà materiale ma ideologica e spirituale. Frida Kahlo nasce (da padre ungherese emigrato in Messico e madre per metà india e per metà messicana) nel 1907 in un sobborgo di Città del Messico. Fin da bambina dimostrò intelligenza e coraggio, a 17 anni ebbe un grave incidente e dovette subire svariate operazioni che le provocheranno sofferenze fisiche per tutta la vita. Anche attraverso questo episodio trovò nella pittura, alla quale si dedicò nella lunga convalescenza, la sua strada. Una ragazza ribelle anticonformista e molto vivace: in un ritratto di famiglia posa con abiti maschili e capelli cortissimi. Alla fine degli anni ’20 incontra il pittore Diego Rivera che diventerà suo marito. La pittrice, nonostante il più famoso marito, riceve riconoscimenti di artisti come Picasso e Andrè Breton, personaggi odi spicco dell’a- vanguardia francese. Frida non appartiene in realtà a nessuna corrente, anche se come lei stessa ha scritto ha usato “il surrealismo come strumento per farmi gioco degli altri senza che loro se ne accorgano e per diventare amica di quelli che se ne rendono conto”. Frida è una donna con un grande talento artistico, una intensa passione sociale e un’intelligenza illuminante. L’arte di Frida è carica di sensualità e femminilità; la sofferenza, il dolore e l’amore sono elementi sempre presenti nella sua artema vengono affrontati con grande coraggio e allegria creando una contraddizione che la distingue. Frida per tutta la vita lotta in difesa degli oppressi e pochi giorni prima della sua morte, nonostante le condizioni fisiche precarie, scende in piazza a manifestare contro la caduta del governo democratico in Guatemala. Muore pochi giorni dopo aver compiuto 47 anni. La sofferenza e la forza di reagire espressa come costante nei suoi dipinti ci da la speranza di saper reagire alle avversità come lei ha saputo fare. Queste due donne dalla vita così diversa, divise tra ideali e mondanità, fra lusso e proletariato, ci vogliono trasmettere un unico messaggio: ogni donna deve avere la forza e il coraggio di vivere appieno la propria vita, che sia sconsiderata o virtuosa, alla ricerca degli ideali di giustizia sociale o della realizzazione personale. Anna Albertario Peer Educator IV B SPP “…ci chiedia mo perché in ce rti uomini c’è ta nt crudeltà, pe a rché credono di p ot fare della do er nna il proprio stru mento di piacere, p er usano la forz ché a chi è fisicam con ente più debole e co n questo modo di agir e rovinano la vita a bambine, ra gazze, donne? A queste dom ande forse non c’ è una risposta, ma ci sempre la sp sarà eranza di poter ferm are le violenze e di aiutare le persone fe rite cui il dolore a e le lacrime altr imenti rimarranno sepolte nel silenzio dell’anima.” Cristina Bur II A Liceo Lin ca guistico SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 21 MADE IN JAPAN: LA VIOLENZA SULLE DONNE NEI MANGA La violenza sulle donne è molto diffusa in alcuni generi di manga giapponesi. Per chi non fosse "otaku" (appassionato di manga) precisiamo che esistono molti generi, destinati a fasce di pubblico molto diverse: i Kodomo (manga per i bambini, trattano temi particolarmente infantili o comunque facilmente comprensibili per i più piccoli. I protagonisti sono perlopiù animali antropomorfi, tipo hello kitty o kero kero keroppi), gli Shonen (destinati ad un pubblico maschile e giovane,di un'età compresa tra i quattordici e i diciotto anni), gli Shojo (si tratta dei fumetti principalmente per ragazze, in cui i sentimenti e l'introspezione sono alla base della storia), i Seinen (tipo di fumetto indirizzato, per le tematiche complesse affrontate, ad un pubblico maturo), i Josei o Redisu (per donne, non necessariamente ragazze giovani ma anche donne adulte che desiderano ritrovare nelle pagine lette la rappresentazione grafica della loro vita adulta di tutti i giorni). Oltre a questi, esistono tre filoni di manga a sfondo erotico: gli Yaoi (trattano di amore omosessuale fra uomini) gli Yuri (amore fra donne) e gli Hentai. Questi ultimi sono manga erotici destinati ad un pubblico prevalentemente maschile. Le perversioni, la violenza, il feticismo della classe media giapponese vengono messi a nudo negli Hentai, e sono segnale di un malessere sociale che coin- volge non solo il Giappone, ma tutto il mondo perchè gli Hentai sono prodotti principalmente per l'estero. In questi manga la violenza sulla donna e il sadomasochismo hanno un ruolo da valvola di sfogo contro le frustrazioni della vita quotidiana. I protagonisti di queste storie sono persone comuni (manager, casalinghe, operai, studenti, ecc.) che rivelano i lati più nascosti delle loro personalità, in contrapposizione alla "maschera" che si sono costruiti per gestire la vita di ogni giorno. Anche nel Giappone reale, il feticismo per gli indumenti delle ragazzine adolescenti (alcune non si fanno scrupolo a vendere i propri indumenti intimi usati a negozi specializzati, che li mettono sotto vuoto e li certificano con una scheda anagrafica della loro precedente proprietaria) dimostra il desiderio di un ritorno all’adolescenza e all’innocenza, che influisce sulla sfera sessuale. Legato a questo desiderio è il feticismo della divisa scolastica, che ha favorito la diffusione del fenomeno delle enjo kosai (ossia la prostituzione minorile scolastica). Sono molti altri i discutibili feticci tipici degli Hentai, legati alla violenza o all'esibizione esagerata del corpo femminile. Esempi di esibizione sono i Bakunyū, che rappresentano donne con seni esageratamente grossi, i Futanari, rappresentazioni di donne che possiedono, oltre ai genitali femminili, anche quelli maschili. Legati alla violenza invece ci sono i BDSM, ovvero la dominazione sulle donne mediante l'uso di corde, attrezzi e giocattoli sessuali, spesso accompagnati dall'imprigionamento, dalla restrizione e dalla sottomissione ai bisogni sessuali. Oltre a queste, già molto gravi, si vedono violenze anche peggiori negli Hentai, come le Expansion play, rappresentazioni di penetrazioni con oggetti di dimensioni incompatibili con le proporzioni umane e il Guro (dall'inglese gore), che si focalizza sul sesso accompagnato da violenza cruda ed esplicita. Perchè questo fenomeno avviene in Giappone? Forse perchè la società giapponese è molto repressiva, e più gli individui sono costretti a mantenere una facciata rispettabile, più sentono il bisogno, nel privato, di eccedere. Ma tutto questo come può giustificare una simile violenza sulla donna, anche se è solo frutto di fantasia? Lisa Capettini V A SPP DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 22 SEZIONE V LIBRI, CINEMA, MUSICA DA LEGGERE... Le testimonianze della violenza sulle donne in letteratura sono vastissime. Spesso si tratta soltanto di poche pagine all’interno di storie più articolate, pagine che però riescono a fornire un quadro credibile della brutalità e del disprezzo che occasionalmente subiscono le donne. Non è facile individuare un testo emblematico, ma si può affermare che alcune eroine protagoniste dei miti classici siano state stuprate. Quantunque la violenza divina sia adombrata dal valore sacrale di cui è intrisa, essa ricalca probabilmente un rituale abbastanza consueto che riesce a fornirci un’idea della quantità di questi soprusi. L’argomento è stato comunque spesso taciuto e, a memoria, non è possibile segnalare, almeno fino al Settecento, un testo in cui si parli esplicitamente di stupro. È infatti il libro di Donatien Alphonse De Sade “Justine” a raccontare le vicende di una ragazza che si trova più volte a essere sottoposta a violenza sessuale da parte di pervertiti che si presentano come uomini dalla morale ineccepibile. Anche Thomas Hardy, nella seconda metà dell’Ottocento, racconta di una violenza subita dall’omonima protagonista del romanzo “Tess d’Arberville”, una violenza che genera insicurezza e disapprovazione, fornendo uno spaccato dell’ipocrisia che permeava la società inglese dell’epoca industriale. In Italia ci sono almeno due romanzi di Gabriele D’Annunzio che recano storie di donne “violentate”. Una di queste è Giuliana, la protagonista de “L’ innocente” che, vittima di crudeltà psicologica, subisce la morte del proprio figlio, frutto di un rapporto adulterino, ucciso dal marito Tullio, uomo freddo e irrazionale, capace soltanto di un perdono di facciata. L’altra è Mila, “La figlia di Iorio”, dapprima scampata alla furia dei mietitori imbestialiti che l’accusavano di essere una strega, poi vittima della violenza del padre di Aligi, il protagonista maschile compagno della donna che alla fine del dramma sarà tra coloro che la malediranno mentre brucia su un rogo. Tra i classici del Novecento, la vicenda di violenza femminile più toccante è quella narrata da Elsa Morante ne “La storia”. Ida Ramundo è una sfortunata maestrina che vive a Roma. Nel novembre del ’41 è violentata da un soldato tedesco ubriaco e rimane incinta: darà alla luce Useppe che morirà sei anni più tardi a seguito di una crisi epilettica. Storie di violenza sono narrate in molte opere stampate in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sembra che la reticenza su questo argomento cali to talmente, lasciando spazio a una più cosciente analisi della realtà. Calvino, Scerbanenco, Scurati, Testori, Tozzi, Vassalli sono alcuni nomi di autori che hanno adoperato la violenza subita da donne come espediente intorno al quale si sono sviluppate parti di alcuni romanzi o racconti. Tra gli scrittori contemporanei si segnala per l’asprezza dei suoi impianti Claudio Camarca, quarantenne romano, erede di un certo neorealismo pasoliniano che riesce a affrontare tali argomenti in modo estremamente crudo. Ciò avviene in particolare nel romanzo corale “Il sole è innocente” e in “Ordine pubblico”, storia di uno psicopatico stupratore. Anche il suo ultimo lavoro “Un uomo perbene” racconta una vicenda di pedofilia, una vicenda vera di violenza e soprusi a danno di una bambina di dodici anni. Nella letteratura la violenza sulle donne è stato un argomento spesso taciuto.. Carlo Pesce Insegnante di Lettere SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Pagina 23 DA VEDERE... Il cinema si è spesso occupato di violenza sulle donne. Quando lo ha fatto sono stati prodotti film duri, pesanti attacchi alla società maschile – e maschilista – che tende a mistificare questi fatti, replicando a quello che è un atteggiamento quotidiano di complicità e irrisione. Lasciando da parte la produzione di film pornografici nei quali è sistematico l’uso di violenza sulle donne, è giusto non dimenticare che anche nelle più innocenti commedie erotiche si nasconde una carica di violenza che spesso, più che dagli atti in sé, traspare da alcune battute che sembrano invitare a atteggiamenti assai poco garbati. Al contrario, tra i film italiani, più o meno recenti, che hanno come argomento principale il tema della violenza sulle donne, è opportuno ricordare “Il vestito da sposa” di Fiorella Infascelli, una storia di ordinaria vio- lenza subita da Stella (Maya Sansa) che sta per sposarsi. Altrettanto interessante è “Non ti muovere” di Sergio Castellitto, un film nel quale il protagonista Timoteo (il regista stesso) violenta una povera prostituta, Italia (Penelope Cruz), con la quale intratterrà un successivo sudicio rapporto. Inquietante è anche “La sconosciuta” di Giuseppe Tornatore, una storia di prevaricazione e violenza che ha come protagonista Irena, una ragazza dell’est Europa costretta da un’organizzazione, capeggiata da un laido individuo chiamato Muffa (Michele Placido), alla prostituzione e a “produrre figli” da vendere a abbienti famiglie italiane. “Sotto accusa” di Johnatan Kaplan è invece una produzione USA che propone le vicissitudini di Sarah Tobias (Jodie Foster), violentata ripetutamente su un flipper. È una storia che racconta in modo crudo la violenza, sia quella subita materialmen- te, sia quella che affiora durante il processo, quando viene messa in dubbio la parola della vittima, trasformata in colpevole e accusata di aver provocato il proprio stupro con gli atteggiamenti ostentati mentre si trovava nel locale frequentato dai suoi violentatori. Capace di far riflettere è anche “L’ultima eclissi” di Tayler Hackford, tratto da un romanzo di Stefen King. Dolores (Katy Bates) è una vittima del marito alcolista e frustrato, fino al giorno in cui, approfittando di un’eclissi di sole, la donna compie la sua vendetta. Molto bello è anche “Il segreto di Esma” di Jasmila Zbanic. Da questo film emerge la terribile realtà degli stupri etnici perpetrati sistematicamente durante la recente guerra nella ex Jugoslavia. La protagonista Esma ha una figlia, Sara, che è convita che suo padre sia un combattente ucciso in uno scontro a fuoco col nemico. La verità è ben più terribile è verrà scoperta alla fine di un esemplare confronto tra madre e figlia. La condizione femminile sottoposta a violenza, soprattutto psicologica, è analizzata anche nel film dell’irlandese Peter Mullan “Magdaleine”. La vicenda è ambientata in un collegio nel quale sono rinchiuse quelle ragazze che, per un motivo o per un altro, danno fastidio alla società moralista dell’Irlanda del Novecento. La convivenza conduce le “Anche nelle più innocenti commedie erotiche si nasconde una carica di violenza” donne a solidarizzare tra loro, senza dimenticare le proprie storie di dolore e prevaricazione. Incentrato invece sulla violenza domestica è “Ti do i miei occhi” di Iciair Bollan. Il racconto filmico è ambientato nella Spagna odierna, con una donna, Pilar, che fugge col figlio Juan dalla violenza cui la sottopone quotidianamente – da dieci anni – il marito Antonio. Si rifugia dalla sorella, ma poi, dopo un breve periodo, torna al suo inferno. Questo film ha il pregio di indagare il perché di questo ritorno, la stranezza di un amore che ha tutt’altre caratteristiche di quelle raccontate in certi romanzi e canzoni. Carlo Pesce Insegnante di Lettere DONNE Pagina 24 VIOLENZA ZERO LA CANZONE DI MARINELLA Quest’anno, nel decennale della morte del cantautore Fabrizio De Andrè, una grande mostra multimediale nella sua Genova, a Palazzo Ducale, ne celebra la grandezza e l’assoluta irripetibilità. Oggetti, immagini, musica fanno scorrere davanti ai nostri occhi la galleria dei suoi personaggi “marginali”, quelli che altri condannano per conformismo o false morali. Attraverso le storie dei suoi tanti eroi “a rovescio” ci ha fatto riflettere sulle miserie umane, sulle tante desolate solitudini. Anche “La canzone di Marinella” , un brano scritto nel 1964 e portato a un primo, grande successo da Mina, ci parla della sua squisita sensibilità e della sua capacità di trasfigurare le vicende più banali. Questa storia però non è frutto esclusivamente della fantasia del cantautore, ma è tratta da una storia vera. Dice Fabrizio che all’età di quindici anni apprese dal giornale la tragica storia di una ragazza di campagna delle parti di Asti, annegata nel fiume. De André rimase così colpito da questa vicenda e commosso, che pensò di reinventare la storia di questa ragazza. Attraverso la poesia egli trasfigurò la vita piena di dolori di questa ragazza in una vita diversa, di una ragazza che era “….senza il ricordo di un dolore” finché un giorno incontrò il vero amore. Purtroppo questa esperienza di felicità durò poco. Ma la morte descritta nella canzone è sicuramente addolcita rispetto a quella che accadde realmente. Il cantautore attraverso la poesia riscatta la ragazza da una vicenda tragica e ingiusta, e le offre quello che una vita disgraziata non le aveva mai dato: l’amore e la felicità seppur per un solo giorno “…..e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose.” Lo stesso De Andrè raccontava che « “La Canzone di Marinella” non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a sedici anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro, e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l’ha buttata nel fiume. E non potendo fare niente per restituirle la vita, decisi di cambiarle la morte, e scrissi questo testo come una sorte di riscatto, come una fiaba». I toni del brano sono lievi, fiabeschi, pieni di immagini e colori. Forse lontani dal realismo di De Andrè ma meravigliosamente poetici. A.B. La canzone di Marinella Questa di Marinella è la storia vera che scivolò nel fiume a primavera ma il vento che la vide così bella dal fiume la portò sopra a una stella sola senza il ricordo di un dolore vivevi senza il sogno di un amore ma un re senza corona e senza scorta bussò tre volte un giorno alla sua porta bianco come la luna il suo cappello come l’amore rosso il suo mantello tu lo seguisti senza una ragione come un ragazzo segue un aquilone e c’era il sole e avevi gli occhi belli lui ti baciò le labbra ed i capelli c’era la luna e avevi gli occhi stanchi lui pose la mano sui tuoi fianchi furono baci furono sorrisi poi furono soltanto i fiordalisi che videro con gli occhi delle stelle fremere al vento e ai baci la tua pelle dicono poi che mentre ritornavi nel fiume chissà come scivolavi e lui che non ti volle creder morta bussò cent’anni ancora alla tua porta questa è la tua canzone Marinella che sei volata in cielo su una stella e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno , come le rose e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose. Fabrizio De André Pagina 25 SUPPLEMENTO A “LANZANZARA” ANNO IV NUMERO 3 Anteprima al fumetto di pagina 26-27 AVRESTE MAI PENSATO CHE... Chiunque adori Cenerentola si prepari psicologicamente a quello che sto per dire: tutti conosciamo questa storia, che ci ha fatto sognare principi azzurri muniti di scarpetta che vagano di casa in casa per cercarci, o fate madrine/smemorine che, con un tocco di bacchetta, trasformano topi in cavalli bianchi, zucche in carrozze, cani in cocchieri e noi...in principesse. Ma da bambini non si può immaginare che questa fiaba nasconde fra le parole stereotipi sociali e forme di sottile violenza. La fiaba inizia con il solito “C’era una volta…” che introduce la vicenda di una bambina che non ha più i genitori, le sue figure di riferimento, sfruttata dalla matrigna e dalle sorellastre. Questa fanciulla cresce e diventa una donna infelice e rassegnata, quasi avesse fatto l’abitudine ai maltrattamenti subiti da quelle persone che dovrebbero volerle bene. Questo è un dato reale: una donna che subisce per molto tempo una qualsiasi forma di violenza, si “abitua”, in un certo senso, a questa situazione talvolta creando una sorta di dipendenza o rassegnazione e poca autostima,come capita a Cenerentola. La vita di Cenerella va avanti così fino a quando un messo del re annuncia un ballo al palazzo, cui sono invitate tutte le ragazze in età da marito poiché il principe dovrà scegliere la sua futura sposa. Oserei fare un parallelo con i tronisti di “Uomini e donne”… Nella casa di Cenerentola la notizia del ballo provoca una crisi simile a quella che colpisce le ragazze quando al sabato sera si trovano all’ultimo minuto con il problema “che cosa mi metto?”; similmente le sorellastre sclerano, corrono di qua e di là urlando a Cenerentola di preparare loro i vestiti, etc..e questa poveretta esegue gli ordini, senza poter andare anche lei al ballo. La matrigna e le sue figlie ritengono infatti che lei non sia degna di presentarsi a corte. La storia da qui in avanti la conosciamo tutti. Grazie alla fata Cenerentola può realizzare il suo sogno. Purtroppo, però, i sogni durano poco.. Abbiamo parlato di Cenerentola, di sorellastre cattive, della fata madrina, etc… ma il principe? Questo è un personaggio stereotipato: bellissimo, azzurrissimo, circondato da madamigelle che accettano che sia l’uomo a scegliere senza avere loro la possibilità di decidere. Anche la cultura che proviene dalle fiabe ci insegna che l’uomo è superiore, che è colui che solo può scegliere e alla donna non resta che accettare. Infatti nelle fiabe l’unico obiettivo delle principesse è quello di sposare il principe e di vivere “felici e contente”. Meno male che al giorno d’oggi anche le principesse delle fiabe si stanno emancipando (come per esempio in Shrek dove la principessa sceglie di rimanere un’orchessa per vivere con il suo amato piuttosto che con il principe Azzurro!), tuttavia questi stereotipi sono ancora presenti nella società. Dulcis in fundo, la scarpetta!...Infatti il bel principe grazie a questa potrà ritrovare la sua amata e la metonimia scarpetta-Cenerentola potrebbe richiamare le donne-oggetto della nostra società,che troviamo sui giornali, in tv, ma non solo.. Il fumetto è una versione della fiaba di Cenerentola che abbiamo rivisto in chiave moderna. Buona lettura! :=) Giulia Olearo Rossella Zaramella Peer Educators II A Liceo classico DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 26 DONNE VIOLENZA ZERO Pagina 27 Siamo su internet: www.istitutobalbo.it Stampato in proprio— progetto editoriale a cura di Alessia Bobbio e Annachiara Becchi Comitato di redazione: Alessia Bobbio, Annachiara Becchi, Adriana Canepa, Franca Durando