strutture inclinate - Esame di Stato Architetto
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strutture inclinate - Esame di Stato Architetto
ELEMENTI DI TECNOLOGIA DELL’ ARCHITETTURA A.A. 2007-2008 Prof. Luca Venturi LE COPERTURE INCLINATE (1^parte) I tetti a falde costituiscono il tipo di copertura più comunemente impiegato. Essi forniscono una protezione adeguata in ogni situazione climatica, grazie alla possibilità di conformarli con pendenze e sporti rispondenti alle diverse esigenze. Possono assumere un ruolo molto importante nei confronti della soluzione architettonica e diventare un elemento di caratterizzazione formale dell’edificio. Il tetto di un edificio è un elemento di fabbrica di fortissimo valore semantico: la sua forma e i suoi materiali caratterizzano l’organismo architettonico almeno quanto tutto il resto dell’involucro. Nell’architettura tradizionale rappresenta la risposta funzionale alle condizioni climatiche dell’intorno ambientale. Non è difficile capire quale sia il clima di una regione osservando le coperture dei suoi edifici (purché non recenti!). CENNI STORICI ED ATTUALI TENDENZE Il tetto come metafora dell’abitare La nascita della casa e del tetto derivano dalle capacità trasformative dell’uomo che trae dalla natura non solo i materiali ma anche le idee. La caverna da una parte e l’albero con la sua chioma aperta dall’altra, incarnano i due archetipi da cui l’uomo si è mosso per l’elaborazione del sistema di copertura a protezione dagli agenti atmosferici. Il celebre disegno concepito dal Filerete, ci serve quindi per introdurre in modo simbolico il tema della nascita della copertura, ed in particolare del tetto a falde. Adamo, cacciato dal Paradiso si protegge il capo dalla pioggia “fattosi tetto con le mani”. Le coperture nella storia Presso i Romani fu definito “tectum” qualsiasi soluzione costruttiva idonea alla chiusura superiore sia per gli edifici civili che per quelli religiosi. I manti di copertura utilizzati prevedevano coppi ed embrici in laterizio. Durante il Medio Evo si assiste ad una fase di riciclo: i monumentali edifici pubblici romani, molti dei quali caduti in disuso, vengono utilizzati come grandi depositi a cielo aperto a cui attingere per il reperimento di pietre, mattoni, tegole, e tutto quanto può tornare utile alla riorganizzazione insediativa. In età comunale si procedette alla normalizzazione per quel che riguarda i materiali e gli elementi di base, allo scopo di fornire ai posatori pezzi di dimensioni e qualità pressoché costanti. Nelle rappresentazioni delle città nell’iconografia di questo periodo, è l’idea di città, più che la città stessa, che viene rappresentata, attraverso la selezione dei suoi elementi emergenti: la cerchia muraria, i monumenti, i tetti degli edifici. In epoca rinascimentale si registra una diversificazione nel modo di trattare il tetto, e si cerca di enfatizzarlo facendo aggettare le sue falde rispetto alle pareti sottostanti (tema questo variabile da città in città). A partire dal ‘500 fino ad arrivare in epoca Barocca si diffonde in edilizia il modello di copertura “nascosta”, e spesso si pongono sopra i cornicioni delle balaustre a coronamento degli edifici. Se per i paesi gravanti sul bacino del mediterraneo durante tutti questi secoli non sembrano esserci sostanziali modificazioni nelle tipologie delle coperture in tegole così come ereditate dall’età Romana, nei paesi del Nord Europa s’iniziano ad attuare modificazioni soprattutto per quel che riguarda i sistemi di fissaggio e la loro tipologia. A metà dell’Ottocento, in Europa, con l’avvento della riorganizzazione industriale, la produzione passa dalla fase artigianale a quella delle grandi serie gestite da processi di tipo meccanizzato. Si ottengono così elementi con possibilità di incastro su tutti i lati (tegola marsigliese) ma soprattutto un miglioramento delle proprietà fisico/meccaniche nonché una omogeneità dimensionale. L’aumento nella richiesta di abitazioni delle aree più densamente popolate delle grandi città a partire dalla metà del XIX sec., ed il contemporaneo compito di adattare i vani del sottotetto alle più moderne esigenze d’igiene, portò a sviluppare una particolare conformazione della copertura. Questa copertura, che consente di utilizzare al meglio l’ambiente “sottotetto”, è la così detta mansarda, dal nome dell’architetto francese F. Mansart, composta da falde a doppia inclinazione, in modo da adattarsi alla particolare conformazione della struttura. Le coperture con falde ad inclinazione multipla, a causa della loro complessità costruttiva e del loro costo elevato, ne limitano l’impiego a casi particolari, anche perchè possono essere ricoperte soltanto con alcuni tipi di manti di copertura, quali per esempio lastre di ardesia, tegole canadesi, lastre di elementi continui, ecc... Il tetto nell’architettura moderna Agli inizi del XX sec., con l’affermarsi del Razionalismo e l’adesione a forme pure, i legami con la storia si sono gradualmente allentati, e al tradizionale tetto a falde si affianca e si contrappone il tetto piano. Ciò si verifica soprattutto in corrispondenza degli anni ’20 e ’30, anni in cui è evidente come la nuova architettura sia protesa a rinnegare ogni forma di continuità rispetto alla tradizione anche attraverso la formazione dei tetti a giardino di Le Corbusier. Dopo il boom edilizio del dopoguerra, agli inizi degli anni ’70, molti tetti piani incominciano a manifestare alcuni problemi. La loro realizzazione era avvenuta in tempi di lavoro febbrile, e non sempre si era effettuata con accuratezza. I problemi legati soprattutto alla manutenzione condizionarono economicamente i costruttori tanto che furono nuovamente richiesti e realizzati tetti inclinati, i cui vantaggi, sono giunti, fino ad oggi, immutati attraverso la storia. Ecologia: la nuova morale Le prime crisi petrolifere degli anni ’70, e quelle attuali, hanno messo in evidenza che le riserve di energia non sono illimitate così come si pensava. Si è sviluppata quindi una nuova morale che tende ad attualizzare gli interventi sia sul nuovo che sul costruito ai fini del maggior risparmio energetico possibile. La società attuale sta vivendo un momento di tensione principalmente dovuto al contrasto tra economia ed ecologia. Il giusto rapporto tra questi due campi è la richiesta di strategie di sopravvivenza a lungo termine. Vista poi la grande abbondanza e qualità di argilla che è dato trovare nel nostro paese, non c’è da meravigliarsi come le tegole in cotto, più di ogni altro materiale, abbiano caratterizzato la maggior parte dei centri abitati italiani, grandi o piccoli, famosi o meno. Allora, la maggior attenzione che noi oggi poniamo nei confronti dei problemi ecologici, ambientali, paesaggistici, tende a rilanciare e a riscoprire la naturale bellezza dei materiali tradizionali per la copertura. Si assiste quindi ad una nuova riscoperta dei manti in laterizio, quegli stessi che col passare del tempo e il mutare degli ambiti spaziali, hanno creato quella variabilità di soluzioni che prendono il nome di “roofscape”: inimitabili tessiture materiche determinate dal differenziato uso delle pendenze, dei colori, dei materiali. Allora anche la copertura, quale parte conclusiva dell’organismo architettonico, deve presentare caratteristiche di flessibilità. Un sistema che vuole essere vitale deve aver la possibilità di cambiare per poter reagire alle mutevoli richieste dell’ambiente esterno, senza tralasciare gli aspetti economiciecologici del prodotto, che sono: 1. risparmio di materie prime; 2. riduzione di energia per la produzione del materiale; 3. montaggio: garantire flessibilità nei collegamenti; 4. manutenzione: il costo per tale operazione dovrebbe essere il minore possibile (più il pezzo è piccolo e maggiore sarà la facilità di sostituzione); 5. durata: poiché il tetto è determinante per la vita della casa, le parti più esposte all’usura dovranno essere realizzate con materiale durevole. TETTI A FALDE + COPERTURE IN LATERIZIO = SOLUZIONI PIU’ DURATURE E STABILI NEL TEMPO (sia per quel che riguarda le caratteristiche fisico/meccaniche che per quel che riguarda gli aspetti estetici) COMPOSIZIONE MORFOLOGICA DELLE COPERTURE Funzionalità e classificazione La funzione principale di una copertura è quella di concludere e chiudere superiormente l’organismo edilizio in modo da separare lo spazio interno da quello esterno. Ogni chiusura della parte superiore di un fabbricato dà quindi vita ad una copertura, indipendentemente dalla morfologia geometrica, dalla logica strutturale e costruttiva, dai materiali utilizzati. Da un punto di vista funzionale le coperture devono essere: impermeabili durevoli e resistenti termicamente isolate. Per quel che riguarda la classificazione, tra i criteri più ricorrenti si possono citare quelli che assumono a riferimento la morfologia (ovvero classificazioni basate sulla forma e sulla geometria); il funzionamento (quando si fa’ riferimento alle caratteristiche e alle modalità di esercizio dei vari elementi di tenuta); la costituzione (quando si prendono in considerazione i materiali). Quando si parla di morfologia si fa’ riferimento all’inclinazione dei piani di copertura, per cui si possono avere: - coperture a falda - coperture piane Quando si parla di funzionamento si fa’ riferimento alle specifiche funzioni attribuite agli elementi di tenuta, per cui, le coperture, possono essere distinte in: continue: sono rappresentate da tutte quelle soluzioni che riescono ad assicurare alla superficie esterna la protezione dall’acqua grazie alle proprietà di specifici materiali impermeabili; discontinue: tutte quelle coperture in cui i singoli elementi di tenuta, montati tra di loro, in sovrapposizione, assicurano l’impermeabilità solo in presenza di determinati valori di pendenza delle superfici, e quindi da una determinata inclinazione. Quando si parla di costituzione si fa’ riferimento ai vari tipi di materiali utilizzati, per cui si possono distinguere copertura realizzate in: materiali naturali: ardesia, scandole di legno, paglia, pietra; artificiali: coppi e tegole in laterizio o in cemento; materiali metallici: acciaio, rame, zinco, e piombo; materiali bituminosi CARATTERISTICHE GEOMETRICHE Il tetto a falde rappresenta il modo di realizzare una copertura nella forma più semplice e tradizionale. A tal scopo, la norma UNI 8091/80 ci fornisce alcune definizioni: falda di copertura: linea di colmo: linea di gronda: sporto: pendenza: superficie di copertura inclinata, geometricamente piana; linea orizzontale di intersezione di due falde con pendenza divergente, linea perimetrale inferiore delle falde; parte della superficie di falda aggettante rispetto all’involucro murario dell’edifico da proteggere, rapporto tra il dislivello compreso tra la linea di gronda e quella di colmo, e la loro distanza in proiezione ortogonale. linea di compluvio: linea di intersezione di due falde con pendenza convergente, nella quale l’acqua confluisce spontaneamente. Può essere orizzontale o inclinata a seconda che le due falde siano su versanti opposti (opposte) o sullo stesso versante (contigue). linea di displuvio: linea inclinata di intersezione di due falde continue divergenti; linea di bordo: linea inclinata che delimita lateralmente una falda; linea di raccordo: linea di intersezione tra due falde con diversa pendenza poste in successione; Pendenza di una falda Parti di una copertura: 1) linea di colmo; 2) linea di displuvio; 3) linea di compluvio; 4) cartella; 5) linea di bordo; 6) linea di gronda; 7) linea di raccordo; 8) linea di compluvio orizzontale; 9) sporto. CANALI DI GRONDA E PLUVIALI La raccolta e lo smaltimento delle acque piovane è normalmente affidato ai canali di gronda, posati in opera con pendenza sufficiente a trasferire l’acqua verso tubi di discesa detti pluviali. I canali di gronda possono essere realizzati con varie soluzioni, tra le quali si possono ricordare: - canali di gronda in lamiera zincata, rame, acciaio inox; - canali di gronda di PVC; - canali di gronda formati da cornici in c.l.s. armato. Con i medesimi materiali vengono realizzati poi i pluviali. Essi possono essere installati all’esterno delle facciate oppure in vani predisposti all’interno delle pareti perimetrali. Tipi di sezioni adottate Particolare attacco canali/pluviali. Canali di gronda formati da cornicioni in calcestruzzo armato DEFINIZIONE DELLE PARTI COSTITUENTI I principali elementi costituenti le coperture a falde sono: elementi di falda: gli elementi che formano le superfici delle falde; elementi di colmo: gli elementi disposti in corrispondenza delle linee di colmo e di displuvio per garantire la tenuta del raccordo tra le due falde; fermaneve: elementi collocati nella zona inferiore della falda allo scopo di impedire la caduta di neve e di ghiaccio dal tetto; converse: elementi collocati lungo le linee di compluvio per raccogliere e smaltire l’acqua; canali di gronda: elementi di raccolta e di deflusso dell’acqua proveniente dalle falde, disposti lungo le linee di gronda. Scaricano l’acqua nei doccioni o nei pluviali; doccioni: elementi terminali dell’impianto di raccolta dell’acqua piovana, costituiti da bocche e orifizi atti a convogliarne l’efflusso; pluviali: tubazioni verticali entro le quali viene convogliata l’acqua raccolta dai canali di gronda per trasferirla al piede dell’edificio; grembiali: elementi collocati lungo le linee di bordo oppure lungo le linee d’intersezione delle falde con superfici verticali (per esempio, pareti contigue alle falde) per raccogliere l’acqua e garantire la tenuta. Elementi costituenti una copertura: 1) grembiale; 2) elemento di colmo; 3) elemento di falda; 4) conversa; 5) elemento fermaneve; 6) canale di gronda; 7) doccione; 8) pluviale; 9) copertine. Nelle coperture possono essere inoltre inseriti corpi emergenti aventi funzioni specifiche. abbaini: lucernari: finestre per tetti: botole da tetto: comignoli: aeratori: sfiati: elementi edilizi sorgenti dalla superficie della falda, dotati di finestre per illuminare il sottotetto e per consentire l’accesso alla copertura; elementi inseriti nei tetti a falde e nei tetti piani aventi la funzione di illuminare e ventilare gli ambienti interni; serramenti inseriti nei tetti a falde aventi la funzione di illuminare e ventilare l’ambiente sottotetto ed eventualmente di permettere la visuale verso l’esterno; o “passi d’uomo”, sono elementi che consentono l’accesso alla copertura; elementi di canna fumaria emergente dalla copertura allo scopo di espellere i fumi a una quota più elevata; elementi per il passaggio d’aria attraverso la copertura; elementi terminali delle canalizzazioni per lo sfogo di aeriformi nell’atmosfera. Corpi emergenti dalle coperture: 1) comignolo; 2 ) sfiato; 3) areatore; 4) botola da tetto; 5) finestra da tetto; 6) abbaino. DEFINIZIONE DEGLI STRATI FUNZIONALI Nei tetti a falde possono essere individuati i seguenti strati aventi ruoli funzionali specifici: - manto di copertura: costituisce lo strato di tenuta; - strato di ventilazione: ha lo scopo di controllare le condizioni igrometriche della copertura mediante il ricambio d’aria. Può essere costituito dallo spazio del sottotetto oppure da una intercapedine di spessore limitato disposta al disotto della falda. Anche al disotto del manto di copertura può essere realizzato uno strato di ventilazione per favorire l’eliminazione dell’umidità (ventilazione sottotegola). - strato di isolamento termico: ha lo scopo di incrementare la coibentazione fino al valore richiesto; - barriera al vapore: impedisce il passaggio del vapore e, di conseguenza, la formazione di condensa nella massa degli strati; - struttura portante: ha la funzione di sostenere gli strati della copertura e di resistere ai carichi della neve e del vento. Strato di ventilazione della falda costituito dal sottotetto (a) o da una intercapedine (b). Ventilazione sottotegola DEFINIZIONE DEGLI STRATI FUNZIONALI Naturalmente tutti questi strati saranno presenti nelle coperture più complesse. Spetta al progettista valutare di volta in volta quali strati funzionali siano necessari per soddisfare specifiche esigenze costruttive. In base alla composizione degli strati, le coperture a falde possono essere così classificate: - coperture non isolate e non ventilate (a) - coperture non isolate e ventilate (b); Classificazione delle coperture a falde in base alla composizione degli strati: 1) manto di copertura; 2) ventilazione sottotegola; 3) struttura portante; 4) strato di ventilazione; - coperture isolate e non ventilate (tetto a caldo) (c); - coperture isolate e ventilate (tetto a freddo) (d); Classificazione delle coperture a falde in base alla composizione degli strati: 1) manto di copertura; 2) ventilazione sottotegola; 3) struttura portante; 4) strato di ventilazione; 5) strato termoisolante; 6) barriera al vapore. FORME GEOMETRICHE Il problema formale di un tetto a falde è essenzialmente un problema di geometria riguardante l’intersezione dei piani. Si possono così distinguere: tetti a una falda: generalmente utilizzati per costruzioni modeste. Soluzione possibile quando ho i muri perimetrali paralleli tra loro. tetti a due falde o a capanna: tetti che presentano la stessa linea di colmo. Nell’immaginario collettivo rappresenta l’archetipo per eccellenza. tetti a padiglione: generalmente realizzate su piante di poligoni regolari, con smaltimento delle acque piovane su tutti i lati del poligono di base. In questa tipologia, le intersezioni tra falde contigue danno vita a displuvi e a compluvi. tetti a due falde con testa di padiglione: generalmente utilizzati per edifici a pianta rettangolare. tetto a stella: utilizzati per piccoli edifici a pianta quadrata. tetto alla Mansart: dal nome del celebre architetto parigino. Le falde presentano una doppia pendenza, molto forte vicino alla linea di gronda (in modo da raggiungere subito un’altezza abitabile) e pendenza normale vicino alla linea di colmo. tetto a sega o a shed: usato per coprire locali molto vasti e profondi come capannoni industriali e depositi. Sono tetti a due falde con pendenze diverse. Quella più ripida è generalmente utilizzata per illuminare l’interno. Dall’aggregazione degli schemi sopra descritti si possono ottenere tutte le infinite soluzioni e le infinite forme delle coperture. I tetti ad una, due o quattro falde e i tetti curvi sono normalmente impiegati per coprire costruzioni a pianta rettangolare, mentre nel caso di piante molto articolate si deve ricorrere ai tetti a più falde o tetti composti. il progetto del tetto dovrebbe in ogni caso essere improntato alla semplicità ed alla regolarità, avendo presente che quanto più esso è semplice e regolare tanto più razionali ed economiche saranno la sua costruzione ma soprattutto la sua manutenzione. Uno dei procedimenti più diffusi per la risoluzione geometrica di questo tipo di tetti è il metodo delle bisettrici. È conveniente procedere dai corpi di fabbrica aventi maggiore profondità, sommando poi al loro disegno quello che scaturisce dai corpi minori (eventualmente componendo il perimetro di gronda complessivo prolungando la traccia di alcuni lati). TRACCIAMENTI DEI TETTI Nelle figure sottostanti si riportano alcuni esempi di tracciamento di tetti a falde mediante il metodo delle bisettrici, valido nel caso di falde di uguale pendenza e linee di gronda orizzontali. Le coperture vengono rappresentate in pianta attraverso le linee di gronda, di colmo, di compluvio e di displuvio. Il metodo delle bisettrici, è basato su una regola della Geometria descrittiva secondo la quale la retta di intersezione di due piani di uguale pendenza è costituita da punti equidistanti dalle tracce dei due piani sul piano orizzontale, cioè dalla bisettrice dell’angolo formato da tali tracce. Da questa regola discendono le seguenti conseguenze: - le linee di compluvio e di displuvio sono le bisettrici degli angoli formati dalle linee di gronda di falde con pendenze convergenti oppure divergenti; - nel caso di falde con linee di gronda parallele, la linea di colmo è parallela ed equidistante da esse. Tale linea di colmo è inoltre orizzontale; nel caso di falde con linee di gronda non parallele, la linea di colmo è situata sulla bisettrice dell’angolo formato da tali linee di gronda. Essa è inoltre inclinata rispetto all’orizzontale. Tracciamento dei tetti con linee di gronda parallele (a) e con linee di gronda non parallele (b). Si noti che: - i due esempi di copertura indicati in (a), pur avendo pendenza di falda diverse, hanno la stessa rappresentazione in pianta. - le linee di massima pendenza delle falde sono sempre perpendicolari alle linee di gronda. ESEMPIO 1 ACCCOSTAMENTO DI DUE CORPI DI FABBRICA ALLINEATI SULL’ASSE LONGITUDINALE PROCEDURA: 1) iniziando dal corpo di fabbrica avente larghezza maggiore (a), si tracciano le bisettrici dei quattro angoli del rettangolo, individuando le linee di displuvio AI, BL, GL, HI. Per i punti I e L , determinati dall’intersezione delle linee di displuvio passa la linea di colmo, parallela ai lati AB e GH; 2) sul corpo di fabbrica di larghezza minore (b) si tracciano le bisettrici degli angoli con vertice D ed E, individuando le linee di displuvio DN ed EN; 3) si tracciano le bisettrici degli angoli con vertici C ed F, individuando le linee di compluvio CM ed FM. Per i punti M ed N passa la linea di colmo del corpo di fabbrica minore, parallela ai lati CD ed FE; 4) completato l tracciamento della pianta delle falde, possono essere disegnati i prospetti, tenendo conto degli sporti rispetto al filo di costruzione e della pendenza prevista per le falde. ESEMPIO 2 INTERSEZIONE DI DUE CORPI DI FABBRICA RETTANGOLARI AVENTI RISPETTIVAMENTE LARGHEZZA DI MANICA a e b (a > b) PROCEDURA: 1) iniziando dal corpo di fabbrica avente larghezza di manica maggiore (a), si tracciano le bisettrici dei quattro angoli del rettangolo, individuando le linee di displuvio AI, BL, CL, e DI. Per i punti I ed L passa la linea di colmo, parallela ai lati AB e Cd; 2) sul corpo di fabbrica di larghezza di manica b si tracciano le bisettrici passanti per i punti E,F,G e H e si individuano le linee di compluvio EM ed FM e le linee di displuvio HN e GN. Per i punti M ed N passa la linea di colmo, parallela ai lati FG ed EH; 3) completato il tracciamento della pianta delle falde, possono essere disegnati i prospetti, tenendo conto degli sporti rispetto al filo di costruzione e della pendenza prevista per le falde. LA STRUTTURA PORTANTE DEI TETTI A FALDE Gli elementi costituenti l’orditura dei tetti in legno sono: trave di colmo: trave di appoggio della sommità dei falsi puntoni, realizzata in legname tondo, squadrato o segato. La trave di colmo è sostenuta da pilastri disposti a interassi di 3/5m; falsi puntoni: travi inclinate dell’orditura alla piemontese, aventi sezione di 12x18 - 16x23 cm, disposti ad interasse di 100/150 cm. terzere( o arcarecci o correnti): elementi orizzontali dell’orditura alla lombarda ( sezione 12x17 cm - 19x25 cm) disposti ad interasse di 120/170cm; cantonali: travi inclinate disposte in corrispondenza delle linee di displuvio, aventi una funzione analoga a quella dei falsi puntoni; travicelli (o correntini): elementi( sezione 5x7 cm - 6x9 cm) disposti orizzontalmente sui falsi puntoni con interasse di 40/60cm per fornire l’appoggio ai listelli per la posa di tegole curve; travetti (o correntini): elementi inclinati ( sezione 4x4 cm - 5x5 cm) per la posa degli elementi del manto di copertura; tavolati: superfici di appoggio di alcuni tipi di tegole o di lastre; passafuori: elementi inclinati di sostegno degli sporti, fissati sui falsi puntoni dell’orditura alla piemontese o sui puntoni delle capriate dell’orditura alla lombarda; dormienti (o banchine); elementi che formano l’appoggio dell’estremità inferiore dei falsi puntoni sulle pareti perimetali; controcatene; elementi di collegamento dei falsi puntoni, disposti sotto la trave di colmo; saettoni: elementi di irrigidimento delle travi. La struttura portante dei tetti a falde in legno, è generalmente costituita da grossa orditura e piccola orditura. Le essenze maggiormente impiegate per la realizzazione di questo tipo di orditura sono il larice e l’abete. TETTI IN LEGNO - GROSSA ORDITURA ORDITURA ALLA PIEMONTESE Costituita da travi inclinate, dette falsi puntoni, poggiati sulle pareti perimetrali e sulla parete di spina in corrispondenza del colmo. In assenza del muro di spina i falsi puntoni poggiano su una trave di colmo sostenuta da pilastri. Grossa orditura poggiata su trave di colmo Grossa orditura poggiata sul muro di spinta Particolare della chiodatura del passa fuori ORDITURA ALLA LOMBARDA E’ costituita da terzere, disposte orizzontalmente e poggiate su capriate opportunamente intervallate oppure su pareti trasversali alla pianta dell’edificio. Grossa orditura poggiate su capriate Grossa orditura poggiate su muri trasversali TETTI IN LEGNO - PICCOLA ORDITURA La piccola orditura è formata da listelli disposti a determinati interassi a seconda degli elementi del manto di copertura e poggiati sulla grossa orditura. Alcuni tipi di manti richiedono invece un tavolato continuo per il fissaggio degli elementi di tenuta. Piccola orditura per la posa di diversi tipi di manti di copertura: copertura: 1) listelli; 2) travicelli o correntini; correntini; 3) falsi puntoni; 4) terzere; terzere; 5) travetti. LE CAPRIATE La capriata in legno è formata da due travi inclinate, dette puntoni, collegate tra loro alla sommità mediante un elemento verticale, detto monaco, e alla base mediante una trave, detta catena. Questa soluzione viene adoperata ogni qualvolta ci si trova di fronte a spazi da coprire che presentano luci rilevanti, senza la possibilità di utilizzare appoggi intermedi. Fino al XVIII sec. queste strutture sono sempre state realizzate in legno (ad eccezione degli elementi di giunzione o di fissaggio che venivano realizzati in ferro), poi, dai primi dell’800 si sona aggiunte le soluzioni miste in legno e ferro (capriate Polonceau), o quelle unicamente in ferro. A partire dai primi del ‘900 furono introdotte anche quelle in cemento armato, più recentemente, quelle in legno lamellare. Nella capriata, che può essere considerata come la forma più semplice di struttura reticolare, la catena ha la funzione di contrastare la spinta esercitata verso l’esterno dai puntoni, mentre il monaco costituisce il vincolo a cerniera posto alla sommità. Esempio di capriata semplice con particolari dei nodi tra gli elementi. Staticamente le capriate sfruttano il principio del triangolo indeformabile, affinché le aste costituenti risultino sottoposte unicamente a sollecitazioni semplici di compressione e di trazione, e nel complesso la struttura di copertura funzioni, rispetto ai setti murari verticali come una trave appoggiata che non trasmette azioni orizzontali: la struttura risulta essere di tipo “pesante” (non spingente). Lo schema strutturale è il seguente: Staticamente le capriate sfruttano il principio del triangolo indeformabile, affinché le aste costituenti risultino sottoposte unicamente a sollecitazioni semplici di compressione e di trazione, e nel complesso la struttura di copertura funzioni, rispetto ai setti murari verticali come una trave appoggiata che non trasmette azioni orizzontali: la struttura risulta essere di tipo “pesante” (non spingente). Lo schema strutturale è il seguente: AB ed AC rappresentano i puntoni e sono sollecitati a presso-flessione. Quest’ultima, trasportata in B si scompone in una forza verticale di peso e di una orizzontale uguale e contraria a quella di C. La capriata classica della tradizione mediterranea, associa in genere ai due puntoni e alla catena, un monaco (od ometto) ed eventualmente due saettoni. Esistono diverse varianti di capriate tradizionalmente impiegate per coprire luci maggiori tra gli appoggi o per realizzare falde a grande pendenza o a doppia inclinazione. tipi di capriate: a) capriata tipo palladiana; b) capriata composta; c) capriata composta alla palladiana; d) capriata zoppa. In funzione delle luci libere da coprire, dell’entità e della natura dei carichi, varia la configurazione geometrica delle capriate, e dalle tre aste poste a triangolo, si possono raggiungere figure più articolate. La capriata Polonceau Introdotta nelle costruzioni a metà dell’800, è da intendersi come un procedimento costruttivo di tipo misto, in quanto, come schema utilizza sia elementi in legno (i puntoni) che tiranti in ferro che consentì subito di raggiungere coperture di luci dell’ordine dei 20-25 mt. Spesso, a concludere la configurazione d’insieme delle capriate, sono posti i saettoni o contraffissi, che assolvono la funzione di ridurre la luce libera di inflessione dei puntoni. Le superfici di contatto delle varie aste sono tagliate secondo le bisettrici degli assi delle singole membrature. Attenzione particolare va pure riposta nella modalità di appoggio della capriata sulla struttura di elevazione. A tal fine si consiglia di prevedere al di sotto della capriata un elemento di ripartizione dei carichi chiamato “dormiente” realizzato in pietra o anche in legno. CAPRIATE IN ACCIAIO Altri tipi di struttura portanti comunemente impiegate nelle coperture degli edifici industriali sono le capriate realizzate con profilati in acciaio. Questi tipi di capriate possono avere forme diverse a seconda della conformazione delle falde, delle luci da coprire, della eventuale presenza di carichi sospesi ai nodi della briglia inferiore e del sistema di illuminazione naturale del fabbricato. I tipi più comuni sono le capriate semplici, quelle alla Polonceau, all’inglese, a shed ecc., realizzate in forma di trave reticolare. Tipi di capriata in ferro: capriata di tipo Polonceau (o “alla francese” a un contraffisso (a) e a tre contraffissi (b); capriata di tipo inglese a diagonali compressi (c) e a diagonali tesi (d); capriata di tipo belga (e); capriata a shed (f) CAPRIATE IN C.A.P. Le travi di calcestruzzo armato precompresso più diffusamente impiegate per la copertura degli edifici industriali sono a parete piena a doppia pendenza; ne esistono però anche altri tipi a trave reticolare, come quelle per le coperture a shed. Il manto di copertura delle capriate in acciaio è in genere realizzato con lamiere grecate sostenute da arcarecci. Sulle travi di calcestruzzo armato vengono invece sovrapposti pannelli prefabbricati per formare il piano d’appoggio del manto di copertura. Travi per copertura a shed: a) trave in c.l.s. armato prefabbricato, trave a shed multiplo con briglia superiore di collegamento. SOLAI DI COPERTURA IN C.L.S. ARMATO La struttura di sostegno delle falde può anche essere costituita da solai e solette di calcestruzzo armato. Questo tipo di soluzione offre alcuni vantaggi, come quello di evitare le operazioni di manutenzione tipiche delle orditure di legno e quello di ottenere un miglior livello di inerzia termica della copertura. Proprio per quest’ultima ragione sono particolarmente adatte nel caso dei sottotetti abitabili. Comportano tuttavia maggiori costi di esecuzione, specialmente quando il tetto presenta una forma che richieda casserature complesse. A Esempio di cordolo di malta, disposto parallelamente alla linea di gronda, secondo le distanze previste per il posizionamento delle tegole su solaio di falda in calcestruzzo armato. È opportuno lasciare B brevi interruzioni del cordolo, in modo da permettere la ventilazione sottotegola. Questa soluzione ha lo svantaggio di non consentire l’inserimento di opportuno strato isolante sotto il manto. SOLAI DI COPERTURA IN C.L.S. ARMATO Esempio di listellatura di legno posata su controlistellatura: 1) controlistelli; 2) strato isolante; 3) listelli di appoggio delle tegole. A B La posa del manto di copertura può essere realizzata mediante una listellatura di legno, disposta secondo le distanze previste per poter posizionare le tegole, e una eventuale controlistellatura, fissata sull’estradosso del solaio. Questa soluzione permette di creare una migliore ventilazione sottotegola o di inserire tra i controlistelli uno strato isolante costituito da pannelli oppure da un getto di calcestruzzo e argilla espansa. Carichi agenti sulle coperture Per quel che concerne i carichi agenti sulle coperture si fa riferimento al DM del 16/1/96. Neve Il carico di neve dipende essenzialmente da: - Collocazione regionale - Altitudine del luogo - Forma del tetto Vento Il vento esercita sulle costruzioni azioni che variano nel tempo, provocando quindi effetti dinamici che noi andiamo a trasformare in azioni statiche equivalenti. Le azioni del vento si traducono in pressioni e depressioni. p = qref. * ce * cp * cd Dove: p = pressione vento qref = pressione cinetica di riferimento: è funzione della velocità del vento, della zona (l’Italia è divisa in 9 zone) e dell’altitudine del sito dove sorge la costruzione ce = coefficiente di esposizione (dipende dall’altezza della costruzione e dalla topografia del terreno) cp = coefficiente di forma o coefficiente aerodinamico (è funzione della tipologia e della geometria della costruzione e del suo orientamento rispetto alla direzione del vento) cd = coefficiente dinamico con cui si tiene conto degli effetti riduttivi associati alla non contemporaneità delle massime pressioni locali. Oltre ai carichi determinati dal vento e neve, per la costruzione del tetto e decisivo il peso proprio del manto di copertura. Pesi propri di alcuni materiali da copertura Copertura con tegole e lastre in calcestruzzo: Lastre in calcestruzzo Tegole marsigliesi Tegole piane a cordone 0,60 kN/mq 0,50 kN/mq 0,60 kN/mq Copertura in pietra (ardesia): Lastre in ardesia 0,60 kN/mq Copertura metallica: Copertura in alluminio Copertura in lamiera zincata Copertura in rame 0,25 0,30 0,30 Altri tipi di copertura: Copertura canne (paglia, incluse assicelle) Copertura in scandole (incluse assicelle) 0,70 kN/mq 0,25 kN/mq kN/mq kN/mq kN/mq PENDENZA DELLE FALDE La pendenza del tetto deve essere scelta, oltre che in relazione alla eventuale necessità di fruire di una sufficiente altezza del locale sottotetto, in base ai seguenti criteri: La pendenza del tetto deve essere scelta, oltre che in relazione alla eventuale necessità di fruire di una sufficiente altezza del locale sottotetto, in base ai seguenti criteri: - - la pendenza minima delle falde deve essere sufficiente a garantire la tenuta all’acqua in relazione al tipo di materiale impiegato per la realizzazione del manto di copertura e alla loro sovrapposizione. In caso di pendenze insufficienti deve essere predisposto uno strato impermeabilizzante al disotto del manto di copertura; la pendenza massima deve essere scelta in relazione all’esigenza di assicurare il posizionamento degli elementi del manto di copertura in modo che non avvengano scivolamenti e spostamenti verso il basso. Pendenze normalmente consigliate per vari tipi di manti di copertura. Sulla determinazione della pendenza ottimale influisce anche la lunghezza della falda: nelle falde troppo lunghe, soprattutto se di scarsa pendenza, possono infatti verificarsi infiltrazioni attraverso il manto per effetto di fenomeni di capillarità, specialmente in presenza di abbondanti precipitazioni atmosferiche. Quando è richiesto dall’esposizione al vento, o la pendenza della falda supera un certo limite, è necessario fissare le tegole inchiodandole o legandole con filo di ferro ai listelli dell’orditura. I MANTI DI COPERURA COPERTURE CON TEGOLE DI LATERIZIO I tipi di coperture realizzati con tegole di laterizio sono: a) alla romana; b) a coppi; c) a tegole marsigliesi; d) a tegole portoghesi; e) a tegole olandesi. REALIZZAZIONE DEL MANTO - listellatura parallela alla linea di gronda, impiegata nel caso delle tegole marsigliesi, portoghesi, olandesi (tegole ad innesto) e disposta con interasse di 32/37 cm; - listellatura secondo la linea di massima pendenza, impiegata nel caso dei coppi e disposta con interasse di 18/20 cm. Quando la grossa orditura é realizzata alla piemontese, la listellatura delle tegole a innesto può poggiare direttamente sui falsi puntoni; in modo analogo, la listellatura dei coppi può poggiare facilmente sulle terzere dell’orditura alla lombarda. In caso diverso è necessario inserire un ulteriore ordine di correntini, incrociati sotto i listelli di sostegno delle tegole. Particolare cura deve essere riservata alla realizzazione del manto di copertura in corrispondenza dei bordi delle falde, dei displuvi e delle converse, che costituiscono i punti critici nei quali si può eventualmente verificare un’infiltrazione d’acqua. Nel caso di forte esposizione al vento o di pendenze di falde maggiori del 60% per le tegole a innesto e del 45% per coppi occorre prevedere il fissaggio del manto di copertura. Accorgimenti per il regolare posizionamento del manto di copertura. L’interposizione di un tratto di coppo in corrispondenza delle travi di A colmo e di gronda ha lo scopo di mantenere costante l’inclinazione della tegola. B Tipi di grembiale di bordo della falda. A B Realizzazione di una conversa A B COPERTURE CON TEGOLE DI CEMENTO I tipi di copertura con le tegole di cemento, hanno gli stessi impieghi di quelle in laterizio e sono del tipo a: a) coppi di Francia; b) coppi di Grecia; c) doppia romana. doppia romana A B coppi di Francia coppi di Grecia Sovrapposizione delle tegole di cemento in funzione della pendenza delle falde. A B Le indicazioni concernenti la pendenza delle falde e le sovrapposizioni delle tegole atte a garantire la tenuta sono riportate a fianco. Per la listellatura necessaria per il posizionamento delle tegole di cemento, che viene realizzata parallelamente alla linea di gronda, valgono considerazioni analoghe a quelle espresse per le tegole di laterizio ad innesto. Per evitare che il manto di copertura subisca danneggiamenti a causa del vento bisogna adottare i seguenti accorgimenti: - fissaggio della fila di tegole in corrispondenza del colmo e della gronda nel caso di falde con pendenza maggiore del 45%; - fissaggio di tutte le tegole per pendenze maggiori del 300%. COPERTURE CON LASTRE DI PIETRA I tipi di copertura realizzati mediante materiali lapidei sono: - coperture in ardesia, suddivise in varie conformazioni: - a lastre allineate (a); - semplice alla francese (b); - a “squame” (o scudo) (c); I manti in lastre di ardesia, tradizionalmente impiegati in Liguria, vengono oggi realizzati negli edifici di prestigio, come anche nelle zone soggette a vincoli architettonici e paesaggistici. - coperture in lastre di pietra. MODALITA’ DI REALIZZAZIONE DEL MANTO IN ARDESIA Le indicazioni concernenti la pendenza delle falde e le particolarità di posa atte a garantire la tenuta delle coperture di lastre di ardesia sono riportati nella tabella delle pendenze. Copertura a lastre di ardesia allineate, a doppia sovrapposizione. Copertura semplice alla francese, realizzata con lastre di ardesia. Copertura a “squame”, realizzata con lastre di ardesia. COPERTURE CON LASTRE DI FIBRO CEMENTO I tipi di copertura realizzati mediante lastre in fibro-cemento sono: - coperture di lastre ondulate; - coperture di lastre sagomante; - coperture di lastre piane; - coperture di canaloni autoportanti. Copertura in lastre piane di fibrofibro-cememento. cememento. MODALITA’ DI REALIZZAZIONE DEL MANTO Le indicazioni concernenti la pendenza delle falde con elementi di fibro-cemento e le sovrapposizioni atte a garantire la tenuta sono riportate nella Tabella pendenze COPERTURA DI LASTRE ONDULATE Le lastre ondulate di fibro-cemento, diffusamente impiegate nei fabbricati industriali, vengono fissate alla struttura di sostegno con apposite viti zincate. Lastre ondulate Fissaggio delle lastre ondulate COPERTURA DI LASTRE SAGOMATE Le lastre sagomate sono usate negli edifici residenziali e consentono di ottenere manti di copertura di vari colori. COPERTURA DI CANALONI AUTOPORTANTI Date le loro grandi dimensioni e la loro forma, i canaloni autoportanti sono impiegati per edifici industriali, pensiline, padiglioni ecc., quando è necessario coprire notevoli interassi tra gli elementi di sostegno. COPERTURA DI COPPI CON LATRE SOTTOCOPPO Un altro tipo di prodotti, caratterizzati da applicazioni particolari, è costituito da lastre ondulate di fibrocemento dotate di un profilo adatto ad accogliere lo strato superiore del manto di copertura in coppi, in modo da garantire la tenuta l’acqua della falda. COPERTURE CON TEGOLE BITUMINOSE Le coperture in tegole bituminose, denominate anche tegole canadesi, consentono la realizzazione di falde con superfici molto complesse e irregolari, aventi una pendenza compresa tra il 20% e la verticale; pendenze minori richiedono l’impermeabilizzazione del supporto. La posa di questo tipo di copertura è relativamente semplice e richiede gli accorgimenti indicati: a) fissaggio su supporto non inchiodabile mediante interposizione di strisce di manto bituminoso; b) fissaggio su tavolato di legno mediante chiodatura. A B A B COPERTURE CON LAMIERE GRECATE Le lamiere grecate sono particolarmente adatte per realizzare falde di grande ampiezza e poco inclinate: in genere per garantire la tenuta è sufficiente una pendenza del 7%, ma per alcuni tipi di prodotti essa può ridursi fino al 2% quando la lamiera copre l’intera lunghezza della falda. Per questo le lamiere grecate trovano normalmente impiego nelle coperture di capannoni, edifici industriali, ecc. Di notevole interesse è anche la possibilità di disporle con qualsiasi pendenza fino alla posizione verticale. Le lamiere grecate sono prodotte con vari materiali (acciaio zincato, rame, acciaio inox, alluminio) e con diversi profili che rispondono alle diverse esigenze di rigidezza e di portanza dei carichi del vento e della neve. Il manto di copertura può essere realizzato con due soluzioni: - manto di copertura portante, quando si impiegano lamiere grecate dotate di adeguate caratteristiche di resistenza ai carichi, in modo da poter essere appoggiate su elementi orizzontali (arcarecci) disposti a determinati interassi; A - manto di copertura suBsottofondo, quando si impiegano profili di lamiera grecata di spessore e altezza ridotti, che non svolgono una funzione statica, ma costituiscono soltanto lo strato di tenuta all’acqua. In questo caso è necessaria una superficie di supporto continua che sia in grado di resistere ai carichi previsti. A B A B Alcuni tipi di prodotti sono dotati di pezzi speciali e accessori per il completamento del manto, facilmente integrabili con gli elementi ordinari, che consentono una maggiore rapidità di posa e determinano una migliore tenuta all’acqua. A Molto interessanti per le loro ottime prestazioni di isolamento termico sono i pannelli coibentati. Essi sono formati da due fogli di lamiera di acciaio zincato preverniciato, tra i quali viene iniettato un materiale coibentante, in modo da formare elementi di buona resistenza meccanica, con bordi dotati di giunti a innesto, che garantiscono un agevole collegamento e una buona tenuta all’acqua anche per pendenze minime del 2%. A B COPERTURE IN RAME Le coperture di rame consentono di realizzare superfici molto complesse (cupole, falde, ecc.) , grazie alla buona lavorabilità del materiale, che può essere modellato facilmente e piegato. Per questo, oltre che per la loro grande resistenza agli agenti atmosferici e per il gradevole aspetto superficiale, esse sono adottate quando la forma del tetto pone problemi difficilmente risolvibili con l’impiego di altri materiali. Le coperture di rame sono realizzate con pendenze dal 30% al 70%: pendenze inferiori (dal 30% al 5%) o superiori fino alla posizione verticale richiedono accorgimenti particolari. Le tecniche di posa maggiormente impiegate sono la copertura a lastre (tradizionale) e la copertura a nastri: nella prima vengono usate le lastre (spessore 0,6mm) di varie misure da 600x1200 mm fino a 1500 x 4000mm; nella seconda nastri (spessore 0,55 mm) aventi un’altezza di 450/800mm ed una lunghezza massima di 9 mt. Coperture in rame realizzate mediante nastri. Per garantire la tenuta all’acqua i bordi delle lastre o dei nastri sono uniti da giunti con aggraffature di diversa forma in relazione alla pendenza della falda. Il supporto è costituito da un tavolato in legno di almeno 2,5 cm di spessore, rivestito da un cartonfeltro. La posa necessita di operazioni laboriose e richiede l’intervento di mano d’opera esperta per ottener ottimi risultati di tenuta e di durata che il materiale è in grado di offrire. Alcuni tipi di giunti delle coperture di rame: giunto orizzontale orizzontale ad aggraffatura semplice (1) e ad aggraffatura doppia (2); giunto giunto longitudinale ad aggraffatura semplice (3) e doppia (4); giunto di colmo (5). NOTA: il tratto AB mostra il nastro di rame prima dell’ dell’aggraffatura.