Occitano TPIIIWS201011
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Occitano TPIIIWS201011
Il vento continua a far il suo giro In alcune valli alpine del Piemonte si parla ancora oggi l’Occitano, una lingua che ha le sue origini nel sud della Francia. Negli ultimi decenni però, il numero di persone che usano la lingua nella comunicazione quotidiana, è diventato sempre più piccolo. E mentre ci sono tantissimi studi sulla lingua occitana per sé, non si trova quasi niente sulla gente che usa questa lingua ogni giorno, e sulle ragioni per la diminuzione di parlanti nel Piemonte. Con il suo film del 2005 Il vento fa il suo giro, intitolato secondo il proverbio occitano e l’aura fai son vir, Giorgio Diritti sembra aver trovato il metodo giusto per far vedere gli sfondi socioculturali che sono responsabili per la riduzione drammatica dei parlanti dell’Occitano. Con un budget estremamente limitato, ma in cambio con la partecipazione e grande aiuto della gente locale, è riuscito a raccontare una storia molto forte e autentica che ha raggiunto gli Italiani. Già tre mesi dopo l’uscita, più di 38000 persone hanno visto il film; a Torino era nelle sale per più di 140 giorni, a Milano e Roma più di cento giorni. Un grande successo per un film che non ha usufruito di finanziamenti statali, né televisivi e che poteva essere girato solo perché tutta la troupe e gli interpreti sono entrati in coproduzione. Che cosa è allora quest’Occitano di cui parla il film, e da dove viene? L’Occitano, nel passato anche chiamato Provenzale o lingua d’oc, discende, come le altre lingue romanze, dal latino volgare e fa parte del sottogruppo gallo-romanzo. I primi testi verificati, che sono scritti completamente in Occitano, nacquero fra il IX e l’XI secolo e sono traduzioni di testi religiosi, fra l’altro cinque capitoli del Vangelo di San Giovanni. Anche i primi testi lirici sono di quest’epoca. Nei due secoli seguenti la lingua ebbe uno sviluppo splendido sicché raggiunse un grande peso culturale nell’alto medioevo. I cosiddetti trovatori, una specie di cantautori medioevali, produssero una grande quantità di canzoni e poesie d’amore alle corti francesi. In Italia, Dante descrisse l’Occitano come “parlata più perfezionata e più dolce” e la menziona pure nella Divina Commedia. E non solo nella poesia, ma anche in ambito amministrativo fu di grande importanza. Nel XII secolo, l’Occitano è documentata come lingua ufficiale. 1 Questo periodo di massimo splendore finì subito con le crociate contro i catari, una minoranza eretica che divenne un pericolo per la chiesa cattolica. Con questi crociati decadde l’Occitania e il francese sostituì l’Occitano come lingua ufficiale alle corti. Nel sud della Francia però, l’Occitano rimase la lingua amministrativa, minacciato non dal francese ma dal latino. Con le leggi del 1490, che ordinarono l’uso del francese o della lingua regionale per i testi giuridici, il pericolo che veniva dal latino fu eliminato definitivamente, e l’Occitano tenne la sua funzione ufficiale in tante regioni fino alla centralizzazione dello stato francese sotto Luigi XIV. Con la rivoluzione francese nel 1789, la lingua fu respinta definitivamente al livello di una lingua colloquiale. Nell’Ottocento, durante il romanticismo, tanti intellettuali riscoprivano la poesia trovadorica, per cui l’Occitano diventò una lingua di moda e quindi raggiunse un nuovo culmine. Durante questo periodo fu definita anche una nuova ortografia che oggi è una di molti sistemi grafici diversi. Nel 1930 nacque l’altro grande sistema grafico, la grafia classica, che si riferisce all’antica grafia dei Trovatori. Dopo la seconda guerra mondiale, la lingua d’oc si risvegliò ancora una volta e negli anni sessanta nacque un nuovo movimento di protesta che richiese l’autonomia delle regioni occitane in Francia. Oggi, l’area occitana è divisa tra la Spagna, la Francia e l’Italia e ha una superficie di 196741 km2 con dodici milioni di abitanti. In totale ci sono circa un milione di parlanti che usano la lingua regolarmente e circa sei milioni di parlanti potenziali, mentre la gran parte di questa gente vive in ambito rurale, più precisamente nelle città con meno di 20000 abitanti nel sud della Francia. Tuttavia non si può parlare di un’Occitania perché non esiste un idioma comune e le regioni sono anche troppo diverse. Nel Piemonte, l’Occitano fu portato dai francesi durante il XII secolo, il periodo dell’estensione più grande della lingua. Dopo la decadenza delle regioni occitane a cause delle crociate, le basse valli furono regnate da diversi marchesati o contee, mentre la gran parte delle alte valli si autogestì. Quest’autonomia fu attestata ufficialmente alle comunità alpine nel 1343 ed esistette fino al trattato di Utrecht del 1713 che previde una divisione della regione. Come conseguenza, le alte valli dell’odierno Piemonte avevano quasi 400 anni per sviluppare una propria cultura e variazione occitana. Durante tutto questo tempo, l’isolamento delle valli aiutò a conservare la lingua e cosi superarono anche l’influsso francese dei Valdesi, perseguitati dalla Francia e spinti nel Piemonte. Oggi, l’Occitano è ancora parlato in quindici vallate e 120 comuni delle province di Imperia, Cuneo e Torino. L’ampio isolamento delle altre regioni occitane nella Francia è risultato in numerose parlate diverse. Quasi ogni Valle ha i propri modi di dire e in 2 concorrenza con l’Italiano, il Piemontese e nelle Valli Valdesi anche con il Francese, viene usato ancora solo nell’ambito familiare in modo orale, perché è considerato essere meno prestigioso rispetto alle lingue sopradette. Per questo non è neanche parlato tra gli abitanti delle diverse valli perché tra gente sconosciuta si cambia subito all’Italiano. Anche perché di solito si deve passare ai paesi più grandi, e quindi ad aree linguistiche italiane o piemontesi, per arrivare nei paesi delle altre valli. Per la corrispondenza e gli affari amministrativi è usato in ogni caso l’Italiano. L’esistenza di quattro sistemi grafici diversi solo nel Piemonte non semplifica questo problema e anche l’introduzione di un nuovo sistema ortografico con la collaborazione dell’università di Torino nel 1973, il cosiddetto Escolo dòou Po, ha risolto questo problema solo in parte. Ancora oggi alcuni comuni restano fedele agli altri sistemi. Il problema più grande è però l’esodo della popolazione giovane che è iniziato soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. La gran parte degli abitanti delle Valli occitane ha più di sessant’anni, molti paesini sono o quasi o già completamente spopolati. Tra i giovani d’età inferiore ai venti anni, solo il 40%-50% sa parlare la lingua ancora abitualmente. Nonostante tutti questi problemi ci sono ancora più di cinquantamila persone che usano l’occitano ogni giorno. E negli ultimi decenni è cresciuta una certa identità occitana e coscienza verso la lingua. Con la legge n° 26/90 del 1990 anche la regione piemontese ha riconosciuto la problematica e quindi ha deciso di promuovere questo “patrimonio linguistico”. Come allora rappresenta il film Il vento fa il duo giro questi problemi e di che cosa parla? Girato nell’alta Valle Maira, il film racconta la storia dell’ex professore e pastore Philippe Héraud che, stanco della sua vecchia vita, ha deciso di cominciare da capo e quindi trasloca con sua moglie e i tre bambini a Chersogno, un piccolo villaggio nelle Alpi occitane. Dopo che Gli abitanti diffidenti di Chersogno all’inizio la famiglia è ben accettata e gli abitanti di Chersogno sono molto amichevoli, man mano la diffidenza verso “i Francesi” diventa sempre più forte, cosi che alla fine la famiglia giovane si sente costretta a lasciare il paese e l’ordine abituato sembra ristabilito. Basato su un lavoro del regista e sceneggiatore Fredo Valla della Valle Varaita, che si riferisce a vicende simili nella realtà, il film è tutt’altro che immaginario. Secondo il produttore Simone Bachini nel film la finzione si mescola con il documentario. Non solo perché la gran parte degli attori non professionisti abita anche nella vita reale a Ussolo, il paese dove è girato il film, ma anche perché il paese, tutto il comune di Prazzo anzi, si trova in una situazione simile. Cioè, in tanti comuni delle valli occitane c’è il conflitto di essere in via d'estinzione perché soprattutto i giovani lasciano i paesi. A parte qualche turista estivo, tanti paesi sono già spopolati completamente. D’altra parte esiste una grande volontà di conservare i vecchi modi di vita e questo risulta spesso una chiusura verso tutto ciò che è nuovo e sconosciuto. 3 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 Prendiamo come esempio il paese 215 del film, Ussolo: oggi ci vivono ancora 210 sette persone che tutti hanno più di sessant’anni. La generazione più giovane 205 ha lasciato il paese per vivere in città o 200 almeno nei paesi della bassa valle. E questo sviluppo non si limita a Ussolo 195 solo; secondo l’Istituto nazionale di 190 statistica (Istat), il comune di Prazzo ha perso cinque persone della sua 185 popolazione solo nel 2010, dal 2002 al 180 2010 il numero di abitanti è caduto quasi continuamente da 215 a 180 persone: un bel po’ per una popolazione di questa Diminuzione della popolazione di Ussolo dimensione! Se questo sviluppo continuasse cosi, il comune sarebbe completamente spopolato fra quarant’anni. Il film presenta questo problema subito all’inizio durante una scena nella quale si svolge una discussione tra diversi consiglieri comunali e il sindaco del comune, sul fatto se si vuole affittare una casa al pastore francese. In questa discussione si profilano due partiti diversi: da un lato ci sono quelli che vogliono far rinascere il paese e quindi dare un’occasione alla giovane famiglia francese, accettando di poter perdere un pezzo di tradizione, sia culturale, sia linguistica. Dall’altro lato, il gruppo più grande non vuole che i francesi vadano ad abitare nel loro paese. Vogliono invece invitare la televisione e, facendo pubblicità per il paese, rilanciare il turismo estivo. I due partiti della scena rappresentano le posizioni controverse delle associazioni occitane più grandi. La Chambra d’Oc e l’Espaci Occitan per esempio sostengono un Occitano normalizzato e il marchio “Tradizione delle Terre Occitane”. Lo scopo di questa normalizzazione è creare una lingua comprensibile a tutti gli Occitani. Sono quindi pro il turismo, offrono corsi in lingua occitana normalizzata e hanno creato una biblioteca e una mediateca con volumi e Cd Rom sulla lingua, la cultura e la tradizione occitana. Cosi vogliono fermare il regresso dell’Occitano. I rappresentanti delle due associazioni Valados Usitanos e La Valaddo sono invece più conservativi e sono dell’opinione che si deve per forza mantenere la versione originale dell’Occitano di ogni piccolo paese. Secondo loro, la normalizzazione mira a omologare la lingua. L’opinione di Sergio Ottonelli, uno dei leader dell’associazione Valados Usitanos, sembra proprio aver ispirato Giorgio Diritti quando ha creato i personaggi diffidenti del film: “La normalizzazione è accolta da chi non ha niente. Gente completamente estranea che cerca di accreditarsi in questo modo un ruolo all’interno delle valli pur essendo un forestiero”. Anche il protagonista del film, Philippe, non viene riconosciuto dalla gente locale come uno di loro. Nonostante tutti gli sforzi rimane sempre il “forestiero”. 4 Inoltre, il film parla di un altro dato di fatto. Come ha scoperto la linguista Luisa PlaLang durante diverse interviste, tanti parlanti dell’Occitano usano la lingua per non farsi comprendere. Nel film questo si manifesta nelle conversazioni tra gli abitanti del paese e Philippe, per esempio quando la contadina Emma, benché sappia parlare l’italiano, lo insulta in Occitano, perché le sue capre sono entrate nel suo territorio. Ovviamente lui non la capisce e cosi la questione dei confini territoriali chiarisce anche le barriere linguistiche. 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 Questi problemi suddetti non esistono però in tutte le valli della regione. Come descrive Maurizio Dematteis nel suo libro del 2010 Mamma lì turchi, tanti paesi quasi spopolati delle alte valli sono tornati a rivivere a causa dell’immigrazione di gente proveniente dalle nazioni più diverse. Come comune che è riuscito a risolvere il problema di una popolazione diventando sempre più piccola, Dematteis menziona il comune di Pragelato nell’alta Val Chisone. Grazie alla comunità rumena che fa più del 35% della popolazione, tanti servizi come le scuole possono essere mantenuti. E in base alla grandezza del comune, gli 800 700 immigrati non sono isolati come in tanti 600 centri suburbani, ma integrati nella 500 comunità del paese. I dati dell’Istat 400 confermano questo sviluppo. Dal 2002 al 300 2010 il numero di abitanti è cresciuto per 200 337 persone da 447 a 784 abitanti. Solo nel 100 8% 10% 16% 18% 20% 20% 24% 27% 28% 2009 si sono iscritte ventinove persone 0 dall’estero. E la gran parte di questi immigranti sono famiglie con bambini. Motivi per andare a vivere nelle valli ci sono Popolazione di Pragelato tanti. Prima ci sono le ragioni economiche: Popolazione straniera di Pragelato la vita nelle valli costa molto di meno che 20%: percentuale di stranieri nelle città della pianura, e ci sono ancora posti di lavoro che non richiedono un’alta qualificazione. Poi, tanti comuni offrono servizi molto buoni e in più servizi speciali per gli immigrati. Generalmente si può parlare di un grande aumento della qualità della vita rispetto alle città. Che cosa significa allora questa immigrazione per la lingua occitana? Grazie a diverse associazioni, agli immigrati sono offerti corsi d’Occitano normalizzato. I loro bambini imparano la lingua già da piccoli a scuola. Cosi la lingua comincia a prendere uno spazio fisso anche nella loro vita e rende possibile una comunicazione migliorata tra gente autoctona e i nuovi arrivati. Nel film la giovane famiglia francese non riesce a essere integrata perché la popolazione del paese è molto ostile verso di loro. Sono esclusi dalla vita quotidiana della comunità del paese e questo non rende possibile una vita normale. Cosi, verso la fine, la famiglia è costretta a lasciare il paese. 5 Ma la partenza non è proprio la fine del film. Un paio di giorni dopo questa partenza si suicida l’abitante handicappato del paese che è stato integrato molto bene nella famiglia francese e che con la loro partenza ha perso il suo contenuto di vita. Nonostante questa fine drammatica, il film non termina negativamente. Durante il funerale la gente del paese capisce che cosa è diventata e anche che non può andare avanti cosi. Allora, il protagonista Philippe, anche se non è riuscito a fare rinascere il paese, ha dato lo stimolo decisivo per una possibile sopravvivènza grazie ai giovani. Come nel film c’è anche una speranza per la lingua occitana nella realtà. Come si è visto prima, ci sono comuni nelle alte valli occitane che sono riusciti a risolvere il problema dello spopolamento. Gli immigrati in questi comuni sono integrati bene e imparano pure l’Occitano. Perché e la versione normalizzata, potrebbe essere che si perde la parlate proprie di alcune vallate; ma meglio perdere qualche parlata che l’intera lingua e con la lingua anche la cultura e l’identità. Per questo, secondo me, la suddetta soluzione e l’unica via d’uscita per le altre valli del dilemma di uno spopolamento e quindi di una perdita della lingua. Autor: Tobias Fink WS 2010/11 Textproduktion III 6