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MIchele Gazich
La passione
secondo Michele
È violinista, polistrumentista, compositore e cantautore: un artista
ricercatore di verità tra poesia, spiritualità e impegno civile
di RICCARDO SANTANGELO
A
scoltando Michele Gazich, violinista,
polistrumentista, compositore,
cantautore, parlare del suo lavoro
e dei molteplici interessi che lo spronano
a scrivere, si ha la sensazione di trovarsi
al cospetto di un artista sospeso tra due
epoche: quella dell’Italia e dell’Europa
pronte a ricostruirsi, fisicamente e
intellettualmente, dopo il grande conflitto
degli anni ’40, e quella di oggi decadente
nei valori morali e culturali. Il tutto legato
a una costante ricerca multiculturale, dove
l’impegno civile si lega alla spiritualità,
allo studio della Bibbia, alla riscoperta di
scrittori dimenticati o scomodi. Punto
d’arrivo del suo percorso artistico, il boxset
Verso Damasco, contenente cd, dvd e
libro (edito da Fonobisanzio), costruito
attorno al suo Concerto spirituale tenuto il 18 maggio 2012 nel
suggestivo Duomo Vecchio di Brescia.
Inizi i tuoi concerti con il brano Guerra Civile
(“Dio sopravvive nei dettagli / nelle crepe dei centri
commerciali”): le tue canzoni sono insieme civili e
spirituali, cosa ti ha portato ad avvicinare queste
due dimensioni?
«Non ho mai sentito spiritualità e passione civile come
distanti. Ogni mistico che si rispetti brucia di passione civile
perché è un uomo che ambisce alla perfezione: il mondo e
la sua stessa persona non possono, dunque, che irritarlo e
deluderlo, quotidianamente. Guerra civile è nata nel 20072008, in tour con il songwriter Mark Olson negli Stati Uniti;
quasi ogni giorno, per promuovere
l’album The Salvation Blues, eravamo
obbligati da un management avido a
comparire nel settore cd del centro
commerciale di una nota catena
statunitense nella città in cui avremmo
suonato la sera. Vedevo ogni giorno
dischi e libri sugli stessi scaffali nella
stessa sequenza; ho cominciato a pensare
che, qualora ci fosse un Dio, egli dovesse
sopravvivere nelle crepe di questa violenta
politica di vendita. È la guerra civile tra i
soldi e l’amore, che oggi, passato qualche
anno, è sotto gli occhi di tutti, con il suo
carico di caduti e di dolore».
Diplomato al Conservatorio di
Torino, hai poi abbandonato la
classica per intraprendere un percorso
attraverso l’interdisciplinarietà della musica: cos’è scattato
nel giovane Gazich per rivolgersi verso altre sonorità?
«Non credo di avere mai abbandonato la classica…
Ho solo affiancato altri ingredienti; la “colpa” è del mio
strumento principale, accanto alla mia voce: il violino.
Come scrive Yehudi Menuhin, il violino è lo strumento della
massima speculazione intellettuale (pensiamo ai Quartetti
di Beethoven), ma resta sempre anche lo strumento dello
zingaro, del gitano e dell’ebreo. Il violino ha due anime:
quella speculativa e quella popolare. Mi è parso doveroso
e onesto visitare almeno parte di questa tavolozza di
possibilità, al fine di capire meglio lo strumento che tengo
quotidianamente appoggiato al mio corpo».
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il direttore artistico michael guttman presenta
PIETRASANTA
in CONCERTO
festival
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internazionale
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musica
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Nella composizione della musica quali influssi ti
guidano?
«Molteplici e di estrazione diversa; ecco tre esempi
eterogenei. La canzone L’Imperdonabile è costruita
utilizzando l’armonia dell’aria Erbarme dich del contralto
contenuta nella Passione secondo Matteo, in un aperto
omaggio alla maniera intima e dolorosa del Bach delle
Passioni. Leggenda degli amanti che camminano sul filo:
qui invece testo e musica alludono alle Chansons Poétiques
di Georges Brassens, con chitarra saltellante su violoncello
pizzicato, quasi fosse un contrabbasso, e metrica serrata
e rigorosa. Per Come Giona, sono partito da una linea
di tre note fondamentali di basso, di estrazione rock,
continuamente ripetuta. Volevo che il brano risultasse ciclico
e ritmico, per comunicare anche attraverso la musica il senso
di costrizione di Giona dentro la balena. Su questa linea
ho costruito altre due linee melodiche in contrappunto: la
prima al pianoforte, la seconda al violino pizzicato. A questo
meccanismo incalzante ho sovrapposto un testo ricco di
ripetizioni che sfocia nell’ossessione ritmico-verbale di una
sequentia medioevale: “Ecce Jonas tuus plorat / Culpam
suam non ignorat / Pro qua cetus eum vorat”».
Nella tua carriera hai avuto modo di collaborare
con molti artisti, quali di questi ti hanno influenzato
maggiormente?
«Non posso dimenticare Eric Andersen, figura mitica del
Greenwich Village newyorkese anni ’60, persona di grande
curiosità intellettuale. Quando ci vediamo (lo scorso settembre
Andersen e Gazich hanno suonato al Billboard Auditorium
a Tokyo, n.d.a.), parliamo poco di musica e molto d’altro. Ho
nel cuore l’intensa Mary Gauthier, con la quale sono appena
tornato da un tour in Nord Europa. Ma vorrei concludere
questo elenco, forzatamente breve (Gazich ha collaborato a
più di cinquanta album, per una esaustiva biografia artistica
c’è www.michelegazich.it n.d.a), con Marco Lamberti e
Francesca Rossi, che hanno arricchito le mie canzoni e la mia
vita con la loro perizia strumentale e finezza d’animo».
Nel tuo percorso letterario, che traspare dalle canzoni,
ci sono Pasolini, Pound, Cristina Campo, Celan…
«Sono attratto dagli “imperdonabili”, per usare
un’espressione di Cristina Campo, da quelli cioè che hanno
detto ciò che sentivano, che si sono fatti portatori di un
messaggio di verità, o comunque quello che pensavano fosse
la loro verità, anche in spregio alla loro carriera letteraria e
alla loro stessa vita. Colgo l’occasione per segnalare, come
faccio in ogni concerto, che ritengo Pound un “mistico
dell’amore”. Cosa potrebbe essere chi scrive un verso come
“Quello che sai amare / non ti sarà strappato”? Triste e becero
l’uso politico che, nel nostro paese, si fa di lui, nella totale
ignoranza del suo pensiero e della sua opera. Il nostro è il
paese delle etichette: meglio toglierle e guardare sotto».
Progetti futuri?
«Mi sta a cuore in particolare un album, a cui sto
lavorando da anni, di canzoni narrative, una storia di
famiglia, della mia famiglia, che si snoda soprattutto tra
Istanbul e la Dalmazia. Ho studiato musiche popolari e
colte di queste terre, testi poetici e cronache. Il paesaggio
sonoro si è già allargato, arrivando a comprendere,
tra gli altri, liuto, chitarra barocca, tiorba e vari fiati. I
miei racconti in forma-canzone hanno avuto la fortuna
di potersi giovare delle memorie della mia bisnonna,
narratrice al contempo concretissima e visionaria».
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Comune di Pietrasanta
Città d’Arte - Città Nobile dal 1841
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