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NEWS
magazine
07
estate.2009
BRANCACCIO
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13 Imagineyourcommunication
LA PASSIONE DI RACCONTARE IL MONDO
16 Imagineyourshop
BRANCACCIO ECOSTYLE, UN NUOVO MODO
DI DECLINARE LA MODA
19 Imagineyourdrink
CLASSE E GUSTO NEL BICCHIERE
Universit
CORSO
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GLI EVENTI AVRANNO LUOGO
ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
IN VIA PAPIO, 39 A SALERNO
CONTATTI
[email protected]
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Bartolomeo Brancaccio
FOTO
Archivio Brancaccio . Motive
Antonio Biasio
AL TURI
STAMPA
ORATO
Buona estate a tutti!
HANNO COLLABORATO
Marco Alfano, Alfonso Amendola
Enrico Auletta, Elettra Boccia
Angela Caso, Olga Chieffi
Alessandra Cosimato, Matteo Guida
Luciano Mauro, Bartolomeo Ruggiero
ASSESS
estate.2009
25 Info
INDIRIZZI DEI NEGOZI BRANCACCIO
OMAGGI E PROMOZIONI
DESIGN
Motive [[email protected]]
INIO DI
23 Imagineyoursport
FITNESS: MA CHI TE LO FA FARE?
DIRETTORE RESPONSABILE
Vera Arabino
CON IL
PATROC
07
Arabino
magazine
* mostre a cura di Ma
rco Alfano
* coordinamento Vera
21 Imagineyourtrend
GLI INFINITI VOLTI DELLA PASSIONE
ISCRIZIONE AL TRIBUNALE
N. 7 DEL 10/03 /2007
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MANLIO K C N GIGI SQUILLANTE
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PER LA PUBBLICITÀ DI ECOSTYLE
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EDITORE
Carlo Brancaccio
GIUGNO ORE
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15 Imagineyourdream
FLORA PRIVATA DELLA MINERVA
_ LA RAGIONE E LA PASSIONE SONO TIMONE E VELA
DI QUEL NAVIGANTE CHE È L’ANIMA VOSTRA
(GIBRAN)
_ LE IMMAGINI CHE ATTRAVERSANO IL MAGAZINE NON SONO
SEMPRE IN RELAZIONE CON GLI ARTICOLI.
1
www.brancaccio.it
11 Imagineyoursound
NICO: LA BELLEZZA, L'INQUIETUDINE
BRANCACCIO
9 Imagineyourstyle
AUDREY HEPBURN: QUESTIONE DI STILE
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DI VIOLINO
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Prendiamo in prestito la suggestione di “Oceano
Mare” di Alessandro Baricco per proseguire il viaggio
di IMAGINEYOURFUTURE che abbiamo scelto come filo
conduttore della rassegna d’arte e cultura che ci
accompagna nelle quattro stagioni del 2009, in omaggio
all’avanguardia più originale del nostro Novecento, il
Futurismo, che quest’anno festeggia il centenario. E
se nella stagione primaverile abbiamo circumnavigato
il mondo affascinante dello STYLE, l’estate sarà tutta
all’insegna della PASSION.
L’obiettivo è sempre lo stesso: guardare al domani con
rinnovato slancio ed energia ma, come diceva il filosofo
Hegel, niente di grande è stato fatto al mondo senza
la passione. I pregevoli contributi che caratterizzano
questo numero della nostra rivista ne propongono
un’interessante lettura da diverse ed originali
angolazioni. I vernissage in calendario nella rassegna
estiva IMAGINEYOURFUTURE - che avranno come cornice
sempre l’Ecostyle Brancaccio di via Papio - mireranno a
coglierne sfumature di senso e suggestioni, grazie alle
opere di due giovani artisti. Due appuntamenti da non
perdere, curati da Marco Alfano, che si coniugheranno poi
con piacevoli momenti musicali. Note d’arte, è il caso di
dire, ispirate dalla passione e desiderose di suscitarne,
di stimolare entusiasmo e creatività.
Passione è quella che il gruppo Brancaccio mette da
sempre nel proprio lavoro. Roland Barthes - che fa
capolino nella Grammatica delle Passioni analizzata da
Alfonso Amendola nelle pagine che seguono – diceva
giustamente di aver avuto “la fortuna di unire mestiere e
passione, che secondo Stendhal equivale alla felicità”.
È anche la nostra fortuna, ripagata dalla soddisfazione
dei nostri clienti che come sempre troveranno, da
Brancaccio Uomo, Donna, Emporio e Kids, mille proposte
di qualità per dare corpo ad un look estivo frizzante
e di classe, mentre da Brancaccio Ecostyle potranno
concedersi un momento di relax e sorseggiare un fresco
cocktail, immersi nella suggestione delle opere in mostra
e nell’atmosfera stimolante del buen ritiro di via Papio.
7 Imagineyourphoto
VINTAGE STORIES
VENERDì E1S9
TRI
DESIGN
“TUTTO IL RESTO ERA ANCORA NULLA.
INVENTARLO - QUESTO SAREBBE STATO
MERAVIGLIOSO”.
6 Imagineyourart
ANTICHI MAESTRI
20,00
GIUGNO ORE
TENDENZ E
PASSION ESTATE
EVENTI
3 Imagineyouremotion
GRAMMATICA DELLE PASSIONI
M USICA
STYLE PASSION FASHION&ACTION NEXTGENERATION
ARTE
1 Editoriale
ESTATE A TUTTA PASSION
GUSTO
CULTURA
09
Ecostyle
In questo numero
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INFRADITO
Jo No Fui
Alice San Diego
Moncler
John Galliano
Hache
La Martina
Cavalli
Allegri
Santoni
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COSTUME+
MARCHI
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Donna
www.brancaccio.it
3
ABITO MIS
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EMPORIO
stessi. Soltanto vivendole fino in fondo (con gioia e
malinconia, leggerezza e pesantezza) possiamo dirci
veramente vivi. E non ascoltate mai i falsi dicitori che si
ostineranno a dire “una cosa è il lavoro, una cosa sono
le mie passioni”. È alibi. È routine. È paura di vivere
fino in fondo. In quanto non c’è nulla di decisamente
più umano delle passioni! Infatti, il filosofo Baruch
Spinoza c’insegnerà a leggere le passioni “non come
vizi, ma come proprietà dell’umana natura”. Quindi
l’universo contraddittorio delle passioni (“l’amore,
l’odio, l’ira, l’invidia, la vanagloria, la misericordia”…)
sono nella nostra “natura” come “il caldo, il freddo, la
tempesta, il tuono e simili, che pur essendo malanni,
sono però necessari”. E quindi abbracciati in pieno a
questo mix di passioni, quelle che struggono e danno
il respiro al nostro tempo (altrimenti privo di tutto
ciò, decisamente opaco e tristanzuolo) facciamole
trionfare le passioni. Esercitiamole anche solo per
non vivere di rimorsi e di desideri non esplicitati.
Soltanto così i frammenti amorosi non si tramutano in
precipizio di oscure profondità, in spazi di laceranti
abissi e nostalgie. E quindi perdiamoci (e ritroviamoci)
nelle nostre passioni. E permettiamoci la visione della
pastosità cinematografica del melodramma, dei miglior
lirici in preda a furti passionali, o ascoltiamo il canto di
struggente malinconia di tutta la canzone della miglior
tradizione partenopea (su tutti “Passione” di BovioTagliaferri-Valente). Consapevoli, però, che la dolcezza
e la meraviglia di un bacio appassionato può essere il
primo passo verso l’inferno (penso “all’acre sapore” di
Giovanni che brucia sulle labbra della Salomé wildiana…
ma questo, signore e signori, è un altro raccontare di
febbri e passioni).
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BORSA+CO
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BRANCACCIO
È STATO ROLAND BARTHES a scrivere il testo più importante
per comprendere l’abc delle passioni con il suo
Frammenti di un discorso amoroso. Libro cult del 1977
scritto in simulato monologo frammentato e realizzato a
mo’ di un discorso in “figure”, che ancor oggi può esser
considerata la miglior “grammatica” per comprendere le
procedure dell’amore (oltre ad essere il “libro-regalo”
par excellence per suggellare intime amicizie complici,
per confortare innamorati in crisi, per dire “addio”
con quel non so che d’intellettuale ed emozionale al
contempo). Non turbi, signore e signori, il dire che le
passioni possano essere analizzate attraverso una
griglia analitica (in grado di operare una ricognizione
e ricostruzione di segni capace di rappresentarci
dinamiche complesse). Può sembrare un artificio o una
forzatura. Ma non lo è. Infatti, nonostante la loro forza
esplosiva ed irrazionale le passioni “non solo rivelano
una trama intelligibile e una articolazione coerente,
ma possono anche diventare oggetto di uno spettacolo
piacevole. Dietro il loro caos si scopre un ordine preciso;
all’interno dei loro impercettibili o improvvisi scarti ed
eccessi una logica stringente; nel loro aspetto talvolta
spaventoso una specifica bellezza” (Remo Bodei lo
scrive nel suo Geometria delle passioni). Riconoscere le
passioni non vuol dire superarle, vuol dire conoscerle
nel loro linguaggio più intimo. E solo affrontandole (e
vivendole) in maniera diretta può aumentare la nostra
potenza e la nostra immaginazione.
Il dibattito filosofico e culturale (qualche nome en
passant: Aristotele, Seneca, Pascal, Spinoza) da sempre
si è acceso verso il cortocircuito delle passioni. Ed è
stato ancora il grande semiologo francese (“maledetto
Barthes, non ne sbagliava mai una” come disse una
giovane amica) ad indicarci un viatico per comprendere
l’essenza della vita: “Ho avuto la fortuna di unire
mestiere e passione, che secondo Stendhal equivale
alla felicità”. Infatti è proprio nella capacità di saper
far assorbire la passione nel nostro quotidiano (ovvero
la dimensione “ripetitiva” del nostro mestiere, della
nostra professione, nella nostra identità sociale e il
gioco è fatto). Sì perché è unicamente nello specchio
delle passioni che noi andiamo a realizzare noi
BRANCACCIO
di Alfonso Amendola
Ecostyle
Grammatica
delle passioni
I M A G I N EY OU R ART
di Marco Alfano
GABRO, LUCRO, 2009, PASTELLI COLORATI SU
CARTONCINO, CM 40X60
d’elegante intensità da Toulouse-Lautrec, che rende
esemplare l’umanità delle tenutarie dei suoi “bordelli”;
è una “disciplina” che significa per Gabro affinare lo
sguardo, la capacità d’impaginare un dipinto che rimane
il problema fondamentale dello “sguardo” d’ogni pittore.
In effetti, più che una rilettura, quella del giovane artista
appare piuttosto la formulazione di un repertorio di
forme e figure, in determinate preferenze, e distacchi,
dagli amati ed “inutili” maestri: in sostanza quel che
interessa è formare una “geometria” passionale di
riferimenti: Spiritualità, nell’architettura di Renzo Piano;
Lucro, che ripropone da diversi punti d’osservazione
il celebre For the love of God dell’inglese Damien Hirst
(l’opera d’arte contemporanea più costosa mai messa in
vendita), le cui provocazioni si rivelano perfettamente
integrate ad un sistema del mercato globale dell’arte.
È un tentativo, quello di Gabro, che tenta di trascrivere
le inquietudini che un giovane scopre in un’arte
contemporanea oramai prigioniera delle sue perdute
illusioni, anche nelle opere di quei maestri “consacrati”
che sembrano - verificando una sentenza nietzschiana «vagare attraverso un infinito nulla».
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GABRO, INNOVAZIONE, 2009, PASTELLI COLORATI SU
CARTONCINO, CM 40X40
www.brancaccio.it
7
BR EMPORI
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DIADORA
«L’ARTE, ANCHE SE LA MALEDICIAMO e se ci sembra a volte
del tutto pleonastica, e se anche siamo costretti ad
ammettere che essa in realtà non vale un accidente;
se osservando i quadri di questi cosiddetti “antichi
maestri”, che molto spesso, […] ci sembrano senza
senso e senza scopo, nient’altro che tentativi maldestri
di piazzarsi artisticamente sulla faccia della terra;
malgrado tutto questo, non c’è nient’altro che salvi
gente come noi, se non proprio quest’arte maledetta
e dannata». L’aspro registro con il quale Thomas
Bernhard, narratore tra i più “scomodi” del XX secolo,
giudica le disattese promesse dell’arte, non deve
ingannare sull’amore incondizionato racchiuso in tale
“provocazione”. Anche Gabro, giovanissimo artista
salernitano, nato nel 1987, ha sintetizzato in una
sequenza di sei pastelli su carta, alcuni pensieri relativi
ai suoi “maestri”, spingendosi fino a “provocare”
citazioni da alcune opere della modernità e d’acclamati
artisti contemporanei. Da Toulouse-Lautrec a Boccioni,
da Renzo Piano a Damien Hirst, è una “scommessa”
figurale, quella di Gabro, che sino a qualche anno
fa poteva sembrare anacronistica; d’altra parte, si
configura nell’arte presente un’apertura sul piano
dell’equivalenza verso qualsiasi modalità d’espressione,
senza più ostracismi o pregiudizi ideologici. Da qualche
tempo, infatti, Gabro risiede e lavora a Londra, dove
ha trovato un clima di attenzione alla figurazione che
rappresenta un’opportunità, di alto profilo creativo,
per quella generazione di artisti formatasi nei primi
anni del nuovo secolo, disposta - esaurito l’interesse
per la ripresa transavanguardista - a considerare in
maniera spregiudicata le possibilità concesse dalla
“grammatica” della pittura. Il risultato è di semplice
squisitezza formale, affidata ad un pastello dalle
intonazioni tendenti al monocromo, come nell’argentato
segno di Innovazione, fondato sulla dinamica plasticità
di Boccioni; ma anche in Disciplina, nelle suggestioni
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Ecostyle
Antichi maestri
MANLIO K CASTAGNA, THE GUY ON THE BRICK WALL,
2008, STAMPA FOTOGRAFICA A COLORI, CM 50X40
MANLIO K CASTAGNA, LOCH TORRIDON, 2008,
STAMPA FOTOGRAFICA A COLORI, CM 40X50
I M A G I N EY O URP H O T O
Vintage Stories
di Marco Alfano
A TRADIZIONALE,
RISPETTO ALLA FOTOGRAFIA ANALOGIC
imici continui (la
che si avvale di fenomeni fisico-ch
gento in relazione a
sensibilità alla luce dei sali d’ar
l’immagine digitale non
certi eventi visivi, ad esempio),
sì il risultato di un
è affatto un’immagine ottica, ben
’energia luminosa.
processo di codifica numerica dell
la fotografia digitale
Ed è forse per questo motivo che
à strada tra le arti
si è andata collocando oggi a met
nello sfruttamento del
grafiche e la fotografia; anche
può non tener conto di
suo potenziale estetico non si
questi, aspetti ben noti
questa diversa “natura”. Sono,
o di valersi dell’immagine
ai giovani fotografi che scelgon
difficile del colore,
digitale; così anche della modalità
one artistica di una
dal momento che la trasfigurazi
di informazioni, appare
molteplicità così varia ed ampia
cui Manlio Castagna
sempre ardua. In questa mostra,
Stories, l’autore
ha voluto dare il titolo di Vintage
tenzione sui valori
rivela un tracciato che punta l’at
ri” dell’espressione
artistici piuttosto che “documenta
uenza dei lavori
fotografica. C’è, infatti, nella seq
no, una personale
proposta dal fotografo salernita
rialista, vale a
interpretazione del linguaggio pitto
ti dalla conoscenza
dire di alcune suggestioni derivan
sionisti”, statunitensi
delle opere dei fotografi “seces
che delinearono
ed europei, ai primi del XX secolo,
a Work”, il tentativo
sulle pagine della rivista “Camer
di superare in fotografia il positivismo sistematico
dominante la seconda metà dell’Ottocento.
Ma la fotografia di Manlio è anche esemplare di una
ricerca autonoma rispetto alla sua attività più nota di
autore e regista cinematografico, che pure assume,
da questa, elementi innovativi per quel che riguarda i
contenuti; l’intenzione è quella d’indirizzare lo sguardo
in “sequenze”, tramite i mezzi della fotografia digitale,
secondo una necessità di “narrare” ed immaginare
la natura e gli itinerari dei frequenti viaggi che hanno
portato l’autore in giro per il mondo. È una “serie”
che ricorre ad un “trattamento” del materiale di
partenza, vale a dire delle immagini al momento dello
scatto, lasciando che queste ultime assumano densità
inconsuete e textures particolari: dalla grana delle
velature, tutta giocata sui toni bassi, che registrano
gli spazi urbani di una Berlino dalla vecchiaia corrosa,
inquietante (Berlin Gothic); all’armonia flou, quasi
monocromatica, delle sabbiose coste della Scozia (Loch
Torridon), fino a giungere ai colori fortemente desaturati,
come annegati nella luce, di una memoria quotidiana dei
sobborghi di New York (The guy on the brick wall).
Manlio Castagna, affidandosi quindi ad una forte tensione
immaginativa, non intende proporre esclusivamente
un esercizio di tipo formale: la sua fotografia (non
più determinata dall’indagine documentaria) racconta
emozioni, riflessioni; prova a trarre dalla casualità
dell’osservazione la presenza ineffabile della bellezza,
lasciando spazio all’esplorazione delle potenzialità
allusive ed evocatrici del mezzo fotografico, anche nelle
sue declinazioni digitali.
I M A G I N EY O URS T Y L E
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BRANCACCIO
Ecostyle
GUSTO
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SE UN REGISTA POTESSE CREARE UN’ATTRICE DAL NULLA
le darebbe la classe di Audrey Hepburn. È quello che
succede nel film S1m0ne quando Viktor Taransky
sfoglia il catalogo del firmamento hollywoodiano
per caratterizzare la sua nuova stella, frutto di un
programma di simulazione virtuale. Solo quando Simone
imita i gesti della protagonista di Colazione da Tiffany
Taransky giudica perfetta la sua opera. Assolutamente
diversa dalle dive del momento, con la sua grazia
Audrey si impone nello star system come personaggio
del tutto originale: la figura esile, minuta, i capelli
corti e gli occhioni dolci e malinconici, che sublimano
la sua bellezza efebica e sbarazzina, la distaccano
dall’immagine della donna degli anni ’50-‘60, incarnata
dalle curve morbide ed esuberanti di dive come
Marylin Monroe e Sofia Loren. Ma più dell’aspetto, sarà
quell’aura di puro fascino che l’avvolge a farla diventare
un’icona di stile di tutti i tempi.
Blake Edwards la sceglie per Colazione da Tiffany,
provocando l’ira di Truman Capote, che vuole Marilyn
Monroe per il ruolo di Holly Golightly e prima ancora
William Wyler la preferisce a Liz Taylor per Vacanze
Romane (emblematica la scena in cui la principessa
entra dal parrucchiere e sull’uscio si intravede
proprio l’immagine di Marilyn: la dolce ragazzina dà
un taglio netto allo stereotipo di donna del tempo).
Non ha bisogno di lunghe ciocche per conquistare il
pubblico, la sua bellezza danza sul filo dei suoi tanti
contrasti: la delicatezza del viso è messa in risalto dai
lineamenti spigolosi dalla silhouette, l’aria innocente
e vulnerabile maschera una grande forza d’animo, la
fragilità dell’esile figura si oppone all’energia del corpo.
Sullo schermo e nella vita privata Audrey mantiene uno
stile impeccabile. Sceglie con meticolosa attenzione i
personaggi da interpretare, incarnando di volta in volta
una cenerentola dei tempi moderni.
Già nell’incipit di Vacanze Romane la vediamo perdere
una scarpa, anticipando il ruolo che caratterizza
la sua carriera cinematografica. La storia della
principessa triste che per un giorno rompe le regole
che l’attanagliano, trovando l’amore e la libertà, dà il
la ad una serie di ruoli simili: il brutto anatroccolo, che
BRANCACCIO
di Alessandra Cosimato*
diventata una splendida donna è contesa da due fratelli,
la giovane commessa che fa carriera come modella e si
innamora del suo fotografo, la ragazza di provincia che
si sente al sicuro solo da Tiffany e cerca di dimenticare
un’infanzia di povertà sistemandosi con un matrimonio
d’interesse, ma che poi si innamora di un giovane che la
ama davvero, la povera fioraia che viene trasformata in
una dama di alta classe, affermando la propria rivincita
sociale.
La carismatica essenzialità di Audrey si riflette nelle sue
interpretazioni: le bastano lo sguardo ed il sorriso per
conquistare e per questo i suoi personaggi non sono mai
troppo caricati. Seduce in maniera del tutto ingenua e
involontaria, con la delicatezza dei modi e la caparbietà
delle idee. Ha uno sguardo spontaneamente ingenuo
quando chiede a Gregory Peck di svestirla o quando resta
chiusa in un piccolissimo stanzino schiacciata contro il
corpo di Peter O’Toole.
Anche nella vita privata Audrey deve affrontare numerosi
ostacoli: l’abbandono del padre, l’adolescenza vissuta
sotto il nazismo, un matrimonio mancato e due falliti,
quattro aborti spontanei, la depressione. Questo non
fa che renderla più forte, è una donna decisa quando
lascia il cinema per occuparsi della famiglia e quando,
nominata ambasciatrice dell’Unicef, sceglie di dedicare
la sua vita ai bambini dei paesi poveri del mondo. La
grazia e l’eleganza con cui calca le scene e affronta la
vita la rendono un’icona immortale. Musa di tante arti,
dalla moda di Givenchy ai fumetti di Berardi, Audrey
Hepburn incarna l’emblema di un fascino senza tempo.
Ecostyle
Audrey Hepburn:
questione di stile
MARCHI
*GIORNALIST
A E DIRETTRICE
DI “PEEK A BO
CULTURE E TEND
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11
Le colorate e frizzanti
cinture di Tie-ups
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BRANCACCIO
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Scarpe Santoni:
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RIESCO A VEDERLA, come in Chelsea Girls mantiene uno
specchio rotondo con la mano sinistra, con la destra
si pettina la frangia folta che le cade dritta sulle
sopracciglia, coprendole.
È bellissima. Sta per salire su un piccolo palco di
una cantina di New York, ormai è la star dei Velvet
Underground, loro malgrado. Il microfono sarà acceso
e la sua voce sinuosa riempirà l’ambiente, mentre le
proiezioni le scorreranno sul volto. Sulle labbra carnose.
Lei è la modella tedesca, l’attrice, dopo Edie Sedgwick
un’altra musa di Andy Warhol, pomo della discordia
all’interno degli stessi Velvet Underground, la “Femme
Fatale”, come quella ballata che quasi sussurra, la
valchiria del rock (come sarà chiamata successivamente)
forse la protagonista di un rapporto occasionale con
Jim Morrison in un ascensore come nel film The Doors di
Oliver Stone, lo è anche ma non è solo questo.
Lei è soprattutto Nico, con tutte le sue passioni
autodistruttive e non, le sue nevrosi, la solitudine,
l’inquietudine. E la sua bellezza. E il suo stile. Un
marchio, una sorta di icona pop, così come Warhol
intendeva questo concetto, che si è costruita
sapientemente fin da quando, pupilla tra l’altro di Coco
Chanel (altro mito, altra storia) posava per “Vogue”
ed “Elle”. È riuscita a reinventarsi continuamente, da
modella ad attrice: in La tempesta di Alberto Lattuada ma
soprattutto ne La dolce vita dove poteva già permettersi
di interpretare se stessa. E poi la nuova metamorfosi, il
suo fascino e il suo stile che accrescono, la Factory,
Andy Warhol, i Velvet Underground con i quali canta,
su suggerimento/imposizione del maestro della pop
art, con la sua voce roca e inconfondibile alcune
delle canzoni più belle della storia del rock. La femme
fatale, ”Here she comes/ you’d better watch your step
/ She’s going to break your/ heart in two/ it’s true”
(The Velvet Underground & Nico, 1967) che non era ben
vista dai Velvet Underground (temevano che l’attenzione
generale fosse concentrata solo su quella che era ormai
diventata un’icona) decide di abbandonare il gruppo e
di dare vita all’ennesima metamorfosi e al contempo
dà inizio a quello che sarebbe diventato il dark negli
anni ’70: incide diversi album dove senso d’angoscia,
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di Elettra Boccia*
alienazione, mestizia si fondono. I tratti restano perfetti,
la bellezza intatta, una vita trascorsa al limite di ogni
esperienza che non ha intaccato neanche un momento la
forza e la potenza del suo mito. In qualsiasi fase della
sua esistenza, è riuscita a lasciare il segno, un passo
cadenzato che nel calpestare la terra ondeggiando, attira
lo sguardo e l’attenzione di tutti, indistintamente.
Nico è magnetica, lo è sempre stata, per chi ha avuto la
fortuna di conoscerla negli anni in cui era viva, magari
ascoltarla; per chi dopo ha sentito la sua voce, l’ha
vista riempire lo spazio con la sua presenza. Basta
vedere pochi gesti, ascoltare poche parole e rendersi
conto di avere a che fare con qualcuno di diverso.
La chanteuse inizia a cantare, bellezza e forza in egual
misura davanti agli occhi di chi la vede, per le sinapsi
di chi l’ascolta; ed è ritrovarsi in un riflesso, come
davanti ad uno specchio: “I’ll be your mirror/ reflect
what you are/ in case you don’t know / I’ll be the wind,
the rain and the sunset/ the light on your door/ to
show that you’re home” (I’ll be your mirror, The Velevet
Underground & Nico, 1967).
BRANCACCIO
Nico: la bellezza,
l’inquietudine
Ecostyle
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B COHEN DE
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VALLE DI SOROBI, AFGHANISTAN
CENTRO-ORIENTALE
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GUERRA IN GEORGIA, CARRI RUSSI SULLA STRADA PER GORI
particolare di chi lavora in quella che fu la sua redazione
e che lei ha onorato col suo lavoro”.
E mentre un reportage sulla drammatica situazione
postbellica in Sierra Leone, realizzato con Mario Rossi, è
in finale quest’anno al Premio Luchetta, il suo speciale
“La Trappola” andato in onda sul Tg3 ha avuto il merito di
squarciare il silenzio che circonda la vicenda di duemila
profughi afghani che vivono in una baraccopoli sul
lungomare di Patrasso dalla quale partono alla caccia di
un posto sotto ad un camion diretto in Italia: un’odissea
drammatica che ogni giorno si consuma nell’indifferenza
dell’Europa tutta. E intanto le valigie sono già pronte
per tornare in Afghanistan: “Ad agosto ci saranno le
elezioni e qualunque cosa accada io ci sarò, per cercare
di raccontarlo - spiega – Purtroppo la situazione sta
diventando sempre più difficile, la ricostruzione è ferma
al palo e la gente non si sente protetta”. Quella gente a
cui Nico Piro ha dedicato un blog, Tashakor, che è una
parola di origine araba che viene usata in Afghanistan
per dire “grazie”: “E’ la parola che mi sono sentito dire
più spesso dal popolo afghano. Uno strumento in più
per aiutare a capire le loro sofferenze e a comprendere
un paese che è così lontano da noi ma che si ritrova ad
essere il crocevia dei destini del mondo”.
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www.brancaccio.it
IGOR MANN L’HA DEFINITO LO “STORICO DELL’ISTANTE”.
E’ l’inviato di guerra, pervaso dalla “gioia sana di
spendersi per quell’identità astratta, possente e bella
chiamata libertà di stampa”.
Una libertà che, come la democrazia e la pace, è
lungi dall’essere realtà in molti paesi del mondo
dove si consumano tragedie, e non solo conflitti, che
resterebbero sconosciuti all’opinione pubblica se non
fosse per il racconto dei giornalisti che, oggi come
ieri, svolgono un ruolo civico ed etico fondamentale
nell’attuale società dell’informazione.
“Raccontare la verità è la molla fondamentale di
questa professione e l’inviato ha il privilegio di poterlo
fare in ambiti in cui la mediazione giornalistica resta
essenziale ed insuperabile” spiega Nico Piro, 38 anni
appena compiuti che, come inviato della redazione
esteri del Tg3, dal 2005 ad oggi è stato testimone delle
drammatiche vicende dell’Afghanistan ma anche di
Macedonia, Georgia, Sierra Leone. “Il sogno della mia
vita, fin da quando nel 1989 ho iniziato la gavetta a Radio
Salerno Sera e nell’informazione locale salernitana,
è stato lavorare al Tg3 che, con Antonio Di Bella, ha
la migliore redazione esteri d’Italia – racconta- Non
pensavo però di fare l’inviato di guerra. Direi che è
una parte del mestiere di giornalista che ha scelto me,
anzi in proposito mi sento di fugare l’alone quasi di
machismo che spesso circonda questa figura. Per me
l’inviato è un professionista che mantiene la calma
in situazioni oggettivamente difficili; non corre né fa
correre rischi inutili a chi lavora con lui e senz’altro
possiede un’alta idea della libertà di stampa, finalizzata
a raccontare luoghi e persone invisibili agli occhi del
mondo, con il proposito di contribuire alla verità, alla
giustizia, alla pace”. Una missione di vita, in un certo
senso, che Nico Piro ha dimostrato di saper perseguire
con tenacia e passione, fin dalla sua prima esperienza
in Afghanistan, durante le fasi del rapimento di Daniele
Mastrogiacomo: “La sera in cui, con il collega operatore
Mario Rossi, riuscimmo ad ottenere e mandare in onda in
esclusiva mondiale il video che provava che era vivo, la
ricordo come un’emozione indescrivibile – dice – ma è
stato incredibile raccontare anche la guerra in Georgia,
BRANCACCIO
di Vera Arabino
nell’agosto del 2008, che sembrava uscita dai tempi
della cortina di ferro”. Emozione sì, mai paura: “Non
che non ci siano momenti di tensione però, quando
ci si trova in quei posti, domina la concentrazione.
Magari è dopo che si ripensa alle esperienze e alle tante
emozioni vissute. Semmai la paura è di non essere
all’altezza, di non riuscire a superare le grandi difficoltà
anche tecniche e logistiche e di non poter raccontare
al meglio ciò di cui si è testimoni diretti”. Non è il suo
caso, in realtà. I reportage dall’Afghanistan – un posto
magico che porta nel cuore, insieme al suo popolo che
gli ricorda le genti del nostro Sud per fierezza e grande
senso dei valori e dell’ospitalità – gli sono valsi unanime
apprezzamento ed importanti riconoscimenti: nel 2007
lo speciale “Kabul, anno nuovo” (realizzato con Mario
Rossi, telecineoperatore del Tg3) ha ricevuto la menzione
speciale al Premio Anello Debole, mentre nel 2008 con
Gianfranco Botta, telecineoperatore del Tg3, ha vinto il
Premio Ilaria Alpi per il miglior servizio da telegiornale,
con un servizio su una battaglia tra talebani e militari
statunitensi nella valle di Korengal. “Un riconoscimento
che mi inorgoglisce particolarmente – spiega - perché
porta il nome di Ilaria che non ho mai conosciuto di
persona ma che resterà per sempre nei nostri cuori, in
Ecostyle
La passione
di raccontare
il mondo
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FRED PERR
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dipinti murali, peschiere ricolme di ninfee e di pesci
colorati, fontane e sedute ricoperte di concrezioni,
muschi e capelvenere. Intanto il padrone di casa ci
raccontava come il Giardino, quale pertinenza del Pio
Istituto di Ricovero, era divenuto proprietà del Comune
di Salerno e che, soprattutto dopo il terremoto del 1980,
era aumentato il degrado generale delle strutture. Ci
mostrava come (con il fil di ferro!) cercava di mantenere
in piedi pilastri cadenti o, sempre con mezzi di fortuna,
di conservare efficiente il sistema di canalizzazione,
raccolta e distribuzione delle acque, tra la generale
indifferenza. La visione dell’antico Giardino, unione
inestricabile di rigoglio e decadenza, tipico delle
romantiche rovine illustrate dai viaggiatori del Gran
Tour, la sua posizione, fisica e storica (al di sotto dei
conventi dove operò la Scuola Medica), la speciale
atmosfera, ci convincevano sempre più che solo quello
poteva, doveva, essere "Il" luogo. Poi un segnale, forte,
inequivocabile: dietro un alto filare di piselli apparve il
più bell’esemplare di Colocasia mai visto (forse l’unico
presente in città in quegli anni). Affondava le complicate
radici in una vasca, dove un rivolo d’acqua sorgiva
ricadeva dalla bocca di un mascherone in marmo, una
Gorgone, quasi nascosto dalle grandi foglie.
Subito tornò alla mente la Colocasia descritta da
Matteo Silvatico nelle sue Pandette, «[...] Et ego ipsam
(culcasiam) habeo Salerni in viridario meo, secus
spectabilem fontem [...]», e affiorò la sensazione che un
allegro spiritello ancora abitasse quel magico luogo...
Una sensazione confermata, negli anni, dalla ricerca
archivistica di Paola Valitutti e Sergio Marino: quel
giardino è ubicato nell’area ove, nel dodicesimo secolo,
era la proprietà della famiglia Silvatico.
Il Giardino della Minerva è stato poi recuperato, con
una gestazione durata più di quindici anni, e tante
sono le cose accadute, fino ad arrivare all’avvio di una
gestione attenta alla rivalutazione della memoria e della
tradizione botanica della Scuola Medica Salernitana.
Permane, nella nostra mente, la sensazione che è il
luogo stesso ad aver accompagnato, e "favorito", le
nostre intuizioni e scoperte.
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ENTRAMBI, AUTONOMAMENTE, CI PENSAVAMO DA TEMPO.
Un luogo, un Giardino Botanico da realizzare a Salerno.
Ci hanno fatto conoscere perché entrambi ne parlavamo
in giro cercando uno "sponsor". E forse, sul finire
degli anni Ottanta, i tempi cominciavano ad essere
maturi per una Salerno che potesse ripensare alla sua
lontana e gloriosa storia, come base per un futuro più
consapevole. Bisognava trovare il luogo: un giardino,
certo, ma quale, con che dimensione, in che zona
della città? Poi il comune ricordo di qualcosa visto e
fotografato mille volte, dall’inizio degli anni Settanta,
scoprendo uno sconosciuto e degradato Centro Antico:
un´imponente e cadente fontana, là in alto sulle mura,
seguita da una teoria di pilastri, coperti di vite, che
s´inerpicavano verso i monasteri del Plaium Montis, dove
spiccava l´imponente araucaria. Ma il Giardino, più che
visto, era immaginato. Cercando punti di vista migliori,
dall´alto, di fronte, sempre si restava delusi. La cornice
dell’antica pergola racchiudeva un intrico di vegetazione,
che nulla mostrava del suo interno e lo proteggeva
come uno scrigno. Ma cos’è, da dove si entra, di chi
è? Possibile che nel cuore della città vi sia un giardino
storico che nessuno conosce? Unimmo le nostre forze
nella ricerca ed una mattina, increduli, penetrammo quel
piccolo lembo di paradiso, accolti con simpatia da "don"
Antonio Pierro, nume tutelare del Giardino da almeno
quarant’anni. Era un trionfo di varietà botaniche, vero
archetipo di giardino/orto mediterraneo, bello e utile.
I diversi terrazzamenti, uniti dalla scalea pergolata,
erano ricolmi d’agrumi e viti, la "pizzutella",
la"sanginella", accanto a rigogliosi banani e strelitzie,
e poi ancora filari di pomodorini vesuviani e fragole di
bosco, monumentali euforbie arboree ed enormi capperi
che spuntavano da muri sbrecciati, gelsomini e rose,
festoni d’azzurre ipomee e vecchi vasi con gerani
e peperoncini dalle forme più strane. Sembrava che
qualunque pianta, dalla più comune alla più "difficile",
potesse vivere in quel luogo incantato, e ognuna con
lo stesso diritto di cittadinanza. Certamente molto era
dovuto allo speciale microclima, all’abbondanza d’acqua
e alla felice esposizione, oltre alle cure assidue ed
esperte di don Antonio, ma c’era qualcosa in più...
Facendoci strada, a stento, tra quell´abbondanza di
forme, profumi e colori, scoprivamo percorsi e resti di
Brancaccio
Ecostyle, un nuovo
modo di declinare
la moda
di Angela Caso
APPENA SI ENTRA NELL'ECOSTYLE BRANCACCIO, si capisce
immediatamente di trovarsi in un negozio diverso dagli
altri. Un nuovo modo di declinare la moda, secondo
il principio che il cliente deve essere coccolato
e accontentato il più possibile. Non solo quindi
abbigliamento, nel locale di via Papio, ma anche altre
offerte seguendo l'esempio dei multistore del Nord Italia.
Il tutto in un ambiente moderno, innovativo, minimalista
ma con uno sguardo a quello che può essere l'oggetto
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Spagnolo “Antichi maestri”. Il sec
di Manlio Castagna,
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periodo di crisi?
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Effettivamente la clientela dell’Eco
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anche per il fatto che le persone preferiscono risparmiare
e, venendo da noi, ci riescono senza rinunciare al capo
di qualità e di moda. Così non rinunciano ai nostri capi,
assicurandosi un considerevole risparmio. Il nostro
auspicio è naturalmente che si possa presto risalire la
china, nell’interesse collettivo, ma questi sono gli effetti
di una crisi che ha cominciato a farsi spazio già a metà
degli anni novanta.
Tutto questo è Ecostyle. Un'idea imprenditoriale
decisamente originale che nasce da una grande passione
che non si spegne nemmeno quando, come dice
Bartolomeo Brancaccio, “i guadagni non sono altissimi,
ma il rischio invece sì”. Una passione, quindi, che deve
essere sempre accompagnata “da una grande forza
di volontà, per non farsi mai prendere dalla voglia di
mollare tutto”.
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OU NGE B OSITIVO I
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che dà un valore aggiunto all'ambiente. A ricevere
i clienti c'è Vittorio Brancaccio, deus ex machina di
Ecostyle, insieme a Bartolomeo Brancaccio che è anche
l'ideatore di questa nuova formula che, in qualche
modo, si discosta dall'offerta tipica non solo degli altri
negozi della città di Salerno, ma della stessa catena
Brancaccio.
Quando nasce Ecostyle?
Ecostyle nasce il 15 dicembre del 2006, anche se ho
cominciato ad accarezzare l'idea già nel 2001. Purtroppo,
non riuscivo a trovare la location adatta. L'idea era
quella di incorporare in un unico ambiente più tipologie
di locale. Per cui, non solo abbigliamento, ma anche
bar e vendita di accessori per la casa. Il negozio così
com’è organizzato adesso, si è sviluppato in momenti
successivi. Infatti, il bar è arrivato successivamente
all'inaugurazione e solo nel 2007 abbiamo deciso di
dedicare uno spazio anche all'arredo.
Come nasce questo nome?
Abbiamo combinato due nomi. “Eco” si richiama ad
economico; infatti, qui i salernitani possono trovare
le rimanenze di fine serie degli abiti della catena
Brancaccio. “Style” perché abbiamo abbracciato un
concetto di stile ed eleganza a trecentosessanta gradi.
Mi riferisco, quindi, all'idea di creare un bar diverso dagli
altri e di offrire anche altri prodotti tutti nel segno della
ricercatezza e del particolare.
Perché definisci questo bar diverso dagli altri?
Perché ho voluto seguire la ricerca dell'alta qualità, per
cui tutti i prodotti sono caratterizzati da artigianalità ed
eccellenza. Penso alle cioccolate, ai tè, ai dolci e, visto
che siamo in estate, alle granite.
Ecostyle, però, è anche un luogo dove si fa cultura.
Anche questa è una nostra precisa scelta. Fin dall’inizio
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voglia di divertirsi
UNA PASSEGGIATA IN RIVA AL MARE, un bel tramonto, un
cocktail da sorseggiare e scatta la passione. Se non
si può fare molto per il tramonto, per il cocktail basta
affidarsi ad un buon barman come Amedeo La Padula.
Trentasette anni, di Salerno, Amedeo da oltre venti
anni vive il bancone ed ha imparato a capire come
conquistare i cliente. “Mi sono diplomato all’istituto
alberghiero – racconta – e prima di arrivare a fare il capo
barman, ho passato diversi anni in sala. Adesso sono
un insegnante di sala bar all’alberghiero e da due anni
insegno anche in una casa circondariale”. Amedeo, però,
continua a fare anche il barman ed a preparare gustosi
miscelati.
Amedeo, com’è nata questa tua passione?
E’ con me fin da quando ero piccolino; spesso a casa mi
divertivo a mischiare le varie bevande. Poi ho cominciato
a seguire mio padre e alla fine ho capito che questa era
la mia strada e che dovevo assecondare la mia passione.
Da che cosa si vede un buon barman?
Sono sempre stato convinto che la sapienza nella
preparazione del cocktail conta solo il 5%. Il restante
95% è tutto legato all’organizzazione, a come sai
impostare il bar. Poi ho sempre pensato che il barman
deve essere uno psicologo perché deve capire le
esigenze della gente. Deve essere un prete perché deve
saper ascoltare gli sfoghi del cliente. Inoltre, deve avere
un buon bagaglio culturale, una buona dialettica e deve
essere un buon ascoltare senza dare mai sentenze.
Quali sono i consigli per bere bene?
Io dico che bisogna mantenersi sempre sul classico,
anche perché in questo modo si ha la possibilità di
confrontare il lavoro dei vari barman. Poi, bisogna
evitare di miscelare, perché il drink non serve a farti
sballare, un drink deve essere degustato, deve portare
alla meditazione ed alla sana socializzazione. Il buon
bevitore, per me, è quello, ad esempio, che opta sempre
per il distillato e non per gli eccessivi miscelati. Anche
per questo preferisco sempre preparare i cocktail
mondiali.
Qual è il tuo cocktail preferito?
Sicuramente il cocktail Martini da cui, tra l’altro, si
capisce anche il vero barman.
Il Cocktail Martini
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BRANCACCIO
È il cocktail preferito da Amedeo, nonché uno dei più
bevuti al mondo. È bene allora sapere come si prepara
il cocktail Martini. Per prima cosa occorrono 2/10 di
Vermuth Dry e 8/10 di gin. Si versa nel mixing glass con
alcuni cubetti di ghiaccio. Si serve in una coppetta da
cocktail fredda, utilizzando lo strainer per trattenere
il ghiaccio. Si decora con una fettina di limone. È un
cocktail cristallino, ricco di erbe, spezie finissime, fiori
e agrumi. In bocca ha dei sapori lunghi e persistenti, il
secco e l’alcolico si mescolano generando una leggera
freschezza ed una percettibile sensazione di amaro,
sapore deciso e dall’alto tenore alcolico (29,8°).
L’origine del più celebre degli aperitivi è ancora molto
contesa: alcuni sostengono che sia stato inventato
nel 1910 dall’italiano Martini, un emigrato ligure, a
Manhattan; altri invece sostengono che sia stato
preparato per la prima volta a fine Ottocento dal barman
dell’Astonia Hotel di New York.
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di Angela Caso
Tu sei anche presidente dell’Abas-Associazione barman
acrobatici salernitani, ce ne vuoi parlare?
L’Abas è un insieme di professionisti nel campo
alberghiero con lunghi anni di esperienza ed offre un
servizio di consulenza a 360 gradi. Ma facciamo anche
formazione e ricerca. Attualmente i nostri associati sono
presenti al Camino Real, al Villaggio del Sole, al New
Carrubo, al Certi Norri ed al Vin’arte di Agropoli.
So, inoltre, che c’è in cantiere un interessante
progetto…
Sì, l’Abas con la collaborazione del gruppo Brancaccio
sta per lanciare una nuova linea di abbigliamento
dedicata al mondo della notte, sia per gli operatori che
per i clienti.
Un’idea questa anche per superare la crisi?
Effettivamente la crisi c’è, ma è cominciata già da
qualche anno. Adesso è diventata solo la giustificazione
per essere meno professionali. Non nascondo, ad
esempio, che nonostante tutti si lamentino, ho difficoltà
a trovare persone che vogliono lavorare dietro al
bancone. C’è una carenza generale di preparazione,
dovuta anche al fatto che le nuove leve non hanno
alcuna voglia di imparare e di fare la classica gavetta.
Un giudizio, il suo, davvero critico ed anche pessimista
nei confronti della categoria ma, per non lasciarci con
l’amaro in bocca dopo quest’analisi, Amedeo ci lascia
la sua nuova ricetta di cocktail che, tra l’altro potrete
assaggiare presso l’Ecostyle Brancaccio. “Per fare
questo drink occorrono: 3/10 di Southern Comfort, 3/10
di Passoa, 3/10 di succo d’arancia e 1/10 di sciroppo di
fragola. Bisogna shakerare e poi servire direttamente nel
bicchiere on the rocks. Si colma poi con acqua tonica
e si serve accompagnato da uno spiedino di frutta. Il
risultato finale è un cocktail dal sapore molto fruttato,
dove prevale il gusto del frutto della passione ed anche
leggero, nonostante una certa base alcolica”. Ecco,
quindi, servito il drink dell’estate, quello che accenderà
la passione nelle già calde notti estive.
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LA PAROLA “PASSIONE” evoca significati negativi come
ira, rancore, vendetta e significati positivi quali amore,
ardore, fervore, slancio. Quando è adottata in senso
positivo, essa rinvia a un meritevole attaccamento
creativo verso un compito, impiegata in senso negativo,
invece, rimanda a un demone prepotente e invincibile,
a un morboso attaccamento divoratore verso cose
disdicevoli. Chi è appassionato non è cieco ma non
vede: stravede, ingrandisce la realtà, la riflette come
in uno specchio ustorio. Nella passione, la persona
diviene assoggettata proprio come nella possessione
diabolica. “La passione è la vita stessa – ci rivela il
pittore Mario Carotenuto – una vita che deve essere
vissuta in senso pieno, per intero, senza mai metter
da parte nulla, nemmeno le passioni intese in senso
negativo. Se andiamo ad analizzare la parola passione
rivolta specificamente all’arte posso dire che ogni
tecnica, ogni elemento atto alla creazione dell’opera
è per me una particolare passione: per il colore, come
per il chiaroscuro, per il disegno, come per la ceramica,
la scultura, lo schizzo a carboncino, la sanguigna
o l’acquarello, ma senza la passione totale ovvero,
che comprende ogni istante della propria esistenza,
intesa anche come rovello, sofferenza, la creazione
non nasce. La completa dedizione a qualcosa, anche
religiosa, mi fa venire in mente due grandi donne della
chiesa cattolica, l’agostiniana Santa Rita da Cascia
e la carmelitana Santa Teresa D’Avila, intensamente
rappresentata nel suo momento d’estasi da Gianlorenzo
Bernini”. “Un giorno mi apparve un angelo bello oltre
ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla
cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco.
Il dolore era così reale che gemetti più volte ad alta
voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare
di esserne liberata. Quando l’angelo estrasse la sua
lancia, rimasi con un grande amore per Dio”. Dal celebre
passo dell’autobiografia della santa, “Libro de su vida”
alla attuazione attraverso l’integrazione delle arti, dal
teatro alla scultura, della sintesi di visione ed emozione
della ricerca berniniana, alla definizione di passione di
Daniel Oren e Giovanni Allevi. Se per il primo è difficile
trasferire l’energia disumana, di questo termine in
una sola frase, ma preferisce mostrarci la partitura di
un’opera che nelle sue mani diviene una vera e propria
cartina geografica, analizzata battuta per battuta,
ripensata, sofferta, piena di freghi di matite colorate,
in contrasto, piccoli occhiali per evidenziare un punto
in cui far particolare attenzione, dare un attacco, e di
lì liberare il proprio sentimento anche attraverso salti,
soffi, improvvisi rannicchiamenti, battiti di piedi, il
suo urklang, che è un vero e proprio grido d’amore
capace di “far suonare” l’orchestra, per il secondo la
passione per la musica e per la vita da compositore e
BRANCACCIO
di Olga Chieffi
Ecostyle
Gli infiniti volti
della Passione
musicista, lo colse di notte su di una panca di marmo
della stazione di Napoli, quando ventunenne, dopo aver
tenuto un concerto dinanzi a sole cinque persone, non
avendo dove andare a dormire, attese l’alba del nuovo
giorno all’addiaccio, decidendo dopo mille pensieri e
dubbi di persistere nel suo intendimento, preso dal
sacro furore di bruniana memoria, non temendo mai
di andare contro corrente e di vendersi sordidamente
al gusto della massa. Per spiegare la passione, si fa
spesso ricorso alla ragione, intesa come categoria
opposta. Tra ragione e passione, secondo Pascal, vi
sarebbe una vera e propria guerra civile. La passione è
impulso, scatenamento, fascinazione, disordine, caos,
impotenza, imprudenza. Per il nostro sindaco, Vincenzo
De Luca, “mosso dalla passione”, la definizione è quella
del persistere nell’obiettivo prefisso senza mai mollare,
su di una strada dove ogni traguardo si trasforma in
punto di partenza, il tutto, però, condito da un pizzico
di azzardo e sana follia. “Chi guida la giovinezza,
guida il futuro” è il motto del maestro di equitazione
nonché eccelso addestratore di puledri Damiano La
Monica: “Passione è lavorare, ma in particolare saper
attendere, che anche il brutto anatroccolo diventi cigno.
Pazienza, persistenza, ma anche estro ed invenzione per
risolvere un problema di addestramento in un puledro
o tentare l’iniziazione di un giovane all’equitazione
che è un “gioco”, specchio della vita, esprimente il
libero e armonico esercizio delle facoltà, quegli stessi
principi su cui Kant basa l’arte, creante un capolavoro
costantemente rinnovato della durata di un istante.
La natura stabilisce da sempre le leggi di quest’arte
e l’addestramento di cavallo e cavaliere, un termine
che suona, a volte, duro e coercitivo, deve essere un
“passionale” e partecipativo ritorno alla libertà”. “La
parola passione – afferma Antonello De Rosa, attore e
regista, deriva dal latino passio che significa sofferenza,
patimento fisico e non voglio distaccarla dall’immagine
del sacrificio di Gesù Cristo. Sono credente e al tempo
stesso un dissacratore, la passione è per me in primo
luogo sacrificio, è un demone che chiede, vuole
ottenere e in fine rende. Viviamo tempi vuoti e questo
termine viene usato spesso con troppa leggerezza, in
particolare in campo artistico, creando, in particolare
nei giovani molte illusioni e “passioni” negative. Mi
ritrovo e mi sdoppio in due definizioni offerte al vocabolo
passione: l’artista, l’attore “Ama la regola che corregge
l’emozione” (G.Braque) mentre l’uomo “Ama l’emozione
che corregge la regola” (J.Gris).
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di Bartolomeo Ruggiero
«È DUNQUE QUESTA, ELEA, CITTÀ FONDATA DA FUGGIASCHI, È DUNQUE
QUESTA, VELIA, VERSO CUI CICERONE FUGGIVA QUANDO FU UCCISO?
UN COLLE E, SU, UN CASTELLO COME UNA GRAN CARCASSA DI GALLO
TRA DUE TORRI, E NULL’ALTRO?». SONO LE PAROLE CON CUI GIUSEPPE
UNGARETTI NEL SUO «VIAGGIO NEL MEZZOGIORNO» DEL 1932 DESCRIVE
L’APPROCCIO CON LE ROVINE DELL’ANTICA VELIA. E ANCORA IL SUO
SOGNANTE ITINERARIO NEL CILENTO, LUNGO LE COSTE A SUD DI
SALERNO, RISERVA AL POETA ALTRE SORPRESE. A PIOPPI INTENDE
NOLEGGIARE UNA PARANZA PER NAVIGARE SINO A PALINURO, MA IL
PROPRIETARIO CONCEDE GRATUITAMENTE L’IMBARCAZIONE «E VUOLE
ANCHE CHE SI ACCETTI IN CASA SUA UNA TAZZA DI CAFFÈ». ED È QUI
CHE AL POETA-NAUFRAGO VIENE RISERVATA UN’OSPITALITÀ VENERABILE
COME ERA COSTUME DELL’ANTICA GRECIA: «BASTA CHE ESPRIMIATE UN
DESIDERIO ED ECCOLI FARSI A PEZZI PER ACCONTENTARVI: LO FANNO
PER INCLINAZIONE A FARSI BENVOLERE E MI PARE ORMAI CIVILTÀ
ASSAI RARA. TERRA OSPITALE, TERRA D’ASILO!».
PROPRIO LA CONDIZIONE DELL’ESILIO E LA DIMENSIONE DEL
VIAGGIO IN LETTERATURA, DA DANTE A PASOLINI PASSANDO APPUNTO
ATTRAVERSO IL VIAGGIO DI UNGARETTI NEL MERIDIONE D’ITALIA, È LA
TEMATICA DEL LIBRO «LE ICONE DELLA LONTANANZA. CARTE DI ESILIO
E VIAGGI DI CARTA» (SALERNO EDITRICE) DELL’AUTORE SALERNITANO
(CILENTANO DI OMIGNANO) GIUSEPPE DE MARCO, ITALIANISTA E
COLLABORATORE DI PRESTIGIOSE RIVISTE DEL SETTORE NAZIONALI
E INTERNAZIONALI. ESILIO-VIAGGIO È IL FILO CHE FUNGE DA TEMABINOMIO ALL’INTERO PERCORSO, IN CUI L’ATTENZIONE È RIVOLTA A
SINGOLI TESTI E ALLA LORO SCRITTURA «ITINERANTE», NARRATIVA
E POETICA. NELLA PRIMA PARTE SI ANALIZZA LA NOBILTÀ CON CUI
DANTE ALIGHIERI HA VISSUTO, ACCETTATO ED ELABORATO LA PROPRIA
CONDIZIONE DI ESULE CHE, ATTRAVERSO I SECOLI, HA ELEVATO IL
POETA A UN LIVELLO SUBLIME. NELLA SECONDA PARTE SI ESAMINA
COME, DA PETRARCA A OGGI, LA CONDIZIONE DI ESULE DI DANTE ABBIA
RAPPRESENTATO UN COSTANTE PUNTO DI RIFERIMENTO PER QUALSIASI
SCRITTORE CHE ABBIA SCANDAGLIATO LA STESSA ESPERIENZA. «VIAGGI
ALTRI», INFINE, SONO QUELLI RACCHIUSI NEGLI «ADDENDA», IN CUI
CI SI AVVENTURA NELL’EPISTOLARIO DI PASOLINI, NEL VIAGGIATORE
«CERIMONIOSO» DI GIORGIO CAPRONI, IN QUELLO «TERRESTRE E
CELESTE» DI MARIO LUZI E NEL DIALETTO ARCAICO DELL’ULTIMO
ALBINO PIERRO. «IL TEMA DELL’ESILIO È QUANTO MAI ATTUALE –
SPIEGA L’AUTORE – VIVIAMO NELL’ERA DIGITALE, NELLA CIVILTÀ DELLE
IMMAGINI IN CUI LA SOLITUDINE È ELEMENTO SCOTTANTE E PRESENTE.
L’ESILIO CHE SI VIVE NELLA SOCIETÀ DI OGGI È PIÙ PESANTE
DELL’ESILIO COME CONDIZIONE DI FATTO. CI SI PUÒ SENTIRE “ESULI”
ANCHE IN UNA FOLLA DI MILLE PERSONE», AGGIUNGE DE MARCO,
GIÀ AUTORE NEL 1996 DI «MITOGRAFIA DELL’ESULE. DA DANTE AL
NOVECENTO», TESTO DI SUCCESSO NEGLI USA ISPIRANDOSI AL QUALE
NEL 2002 FU ORGANIZZATO UN GRANDE CONVEGNO INTERNAZIONALE
DALL’UNIVERSITÀ DELLA NORTH CAROLINA PER CELEBRARE IL SETTIMO
CENTENARIO DELL’ESILIO DEL POETA DELLA DIVINA COMMEDIA.
SPESSO DURANTE GLI ALLENAMENTI CI SI CHIEDE... “ma
chi ce lo fa fare?” e altrettanto spesso la risposta più
immediata, spontanea e rapida, è “la passione”! Ma
quando le cose le fai per tanti anni, e la fatica diventa
sempre più pesante man mano che gli anni trascorrono,
inizi a vedere le cose, le passioni con occhio
diverso. E il concetto di passione non si ferma solo
all’allenamento, alla ricerca ed applicazione metodica,
disciplinata, e minuziosa di ogni tecnica, esercizio,
novità, alimento o integratore, ma va oltre.
Una volta lessi su un libro di tecnica di allenamento:
“Se hai un corpo che te lo permette, hai il sacrosanto
dovere verso il mondo di allenarti per esaltare la dose
di eccellenza fisica che Dio ti ha donato” (McRobert).
Io aggiungo “per metterla a disposizione di chi non è
fortunato come te!”
Una lezione che ho imparato molti (ma molti) anni fa:
un giorno ero all’università, e stavo parlando con un
amico di allenamento. In particolare stavo esprimendo
la mia ansia relativamente all’allenamento per le gambe
che avrei dovuto intraprendere nel pomeriggio. Agli
appassionati è noto che l’allenamento per le gambe
è una parte estremamente devastante fisicamente
e psicologicamente specie nel bodybuilding. Mentre
parlavo, alle mie spalle stava sopraggiungendo un
altro collega che era su una sedia a rotelle da sempre.
Il mio interlocutore mi fece cenno di tacere per via
dell’argomento (l’allenamento delle gambe appunto!) e
di cambiare argomento. Feci un cenno di assenso, e mi
voltai salutando il nuovo arrivato. Dopo qualche parola
sui corsi universitari ci separammo ed io e l’amico sulla
carrozzina ci avviammo insieme. Mentre lo spingevo,
egli mi disse: “…così oggi dovresti fare le gambe?”. Io,
imbarazzato… “ehm…sì…beh..” e lui tranquillamente
mise una mano sulla mia che spingeva la sedia e mi
disse: “tranquillo! Nessun problema! Parliamone senza
imbarazzo: tu che hai le gambe sane, hai la fortuna
di poterle usare, ma hai anche il dovere di allenarti.
“...cammineremo insieme lungo la spiaggia... i nostri
Hai capito bene: il dovere! Perché quando la strada si
passi lasceranno 2 file di impronte... poi un giorno,
farà difficile, sconnessa o in salita, ed io, con la mia
quando vedrai solo una serie di impronte, non temere…
carrozzella e con la sola forza delle mie braccia non
potrò proseguire, tu dovrai essere abbastanza forte per non sarai rimasto solo, ma io ti avrò preso in braccio per
portarmi sulle tue spalle per cui guai a te se trascuri le aiutarti a proseguire il cammino….poiché in ognuno di noi
c’è il Signore pronto ad aiutare il prossimo”.
“mie” gambe!” Rimasi basito.
Estendiamo il concetto….nella vita, avere, non dico un La mia motivazione per gli allenamenti è: essere in forma
dono speciale, ma quella che consideriamo la normalità, per potermi prendere cura il più a lungo possibile le
non dobbiamo sprecarla con l’inutilizzo o il sottoutilizzo. persone che amo evitando il più possibile di diventare un
peso per gli altri.
Chi può fare qualcosa che lo rende migliore, in tutti i
campi, deve farlo!
A 41 anni ecco cosa intendo per passione, ed ecco “chi
me lo fa fare”!
Buona vita!
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