formato PDF - Ralph Hinterkeuser
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landscapes / paesaggi Testo del catalogo sui immagini de Ralph Hinterkeuser da Joerg Bader, direttore di Centre de la Photographie, Genève Ralph Hinterkeuser ha percorso in lungo e in largo la città di Racconigi, dalla periferia fino al centro. Dopodiché, si è ritrovato in una situazione ben diversa da quella di qualche mese prima, quando sviluppava nella sua camera oscura, in formato 13x18 cm, la nuova città Euro-Lille, il cui creatore, Rem Koolhaas, diceva che I’importante non era più dove si trovasse ma dove conducesse e a quale velocità. E Hinterkeuser riassumeva: “Lille è la periferia”. AI contrario, Racconigi sembra essere tutto l’opposto delle metropoli di oggi, dove gli strumenti della globalizzazione hanno completamente cambiato il rapporto tempo/spazio. Qui, e Hinterkeuser lo documenta con molta tenerezza, le periferie sono ancora degli orti dove la lontana linea dell’orizzonte è fatta di cime innevate anche in luglio, periodo delle riprese e dove, come in parecchie piccole città d’Europa, il campanile sembra ancora essere il cuore della città. Cosi, quando Hinterkeuser ci fa vedere le case del centro della città dall’alto, fa apparire, in grande e in primo piano, una parte del quadrante dell’orologio del campanile. Certo, egli scatta questo tipo di inquadratura per una questione di riferimento spaziale – noi siamo al centro – ma anche per uno dei suoi temi preferiti, la forza d’erosione del tempo. È cosi che ritroviamo regolarmente, nelle sue fotografie fatte a Racconigi, dei contatori di ore e di minuti. L’altra ripresa del dittico, d’altronde, rappresenta un orologio, al disopra di un pannello (pubblicitario?), su un candelabro stile XIX secolo, situato in una piazza dalle facciate colore rosa antico e ritmata da arcate, quelle che i turisti venuti dal Nord apprezzano. Ma I’idillio è turbato da una pensilina, da un pannello stradale e da un’indicazione per la zona pedonale (cavallo di battaglia delle piccole città all’epoca delle periferie divoratrici di commercio a buon mercato). E come se I’immagine non fosse già abbastanza carica, si notano un pezzo di cancello di ferro, delle macchie bianche e rosse, senza sapere se lo sguardo si dirige da un negozio verso l’esterno o se si tratta di riflessi in una vetrina ripresa dall’esterno. In un’altra foto ritroviamo ancora un orologio con cifre romane, davanti a delle case vecchie di più di duecento anni, dalle facciate leggermente scalcinate. Esso scandisce verticalmente l’immagine con dei pali, con dei candelabri, con degli indicatori di nomi di strade e un albero. Si tratta di un altro leitmotiv del lavoro di Hinterkeuser: me ttere insieme il profano e il pittoresco, il sublime e il banale, sapendo che né la bellezza né la bruttezza saranno mai perfette. In un’altra fotografia, una cabina telefonica, colore rosso vermiglio e illuminata all’interno, sul fare della notte, sembra spezzare tutta la bellezza di un enorme e bellissimo muro d’altri tempi, davanti al quale la cabina è situata. È questo il muro di cui parlavano gli abitanti di Racconigi, quando si rivolgevano al fotografo berlinese, dicendogli che persino Berlino era riuscita a disfarsi del suo, mentre il loro divide la città da vari secoli e ancora oggi, anche se i re di Savoia, che avevano costruito sia il muro che il castello, non hanno più diritto di accesso al suolo italiano. Sono questi accessori della nostra civiltà, impostata sulla velocità, come le cabine telefoniche, i pannelli stradali o le pensiline che Hinterkeuser registra accanto alle bellezze del patrimonio architettonico. E sono proprio questi gli accessori che si smontano quando questi piccoli gioielli urbani, d’altri tempi, devono fungere da scenario cinematografico per dei film in costume. Non è dunque sorprendente apprendere che Hinterkeuser assegna spesso, ai concetti architettonici, la funzione di rappresentazione alla stregua di scenari di teatro. Che si tratti di costruzionicontainers – containerbauten come li chiama –, come quelle di Euro-Lille, concepite soprattutto per figurare come fotografia su carta satinata, in riviste di architettura, o che si tratti di vecchi castelli che esprimono la magnificenza e la potenza di un potere finito. Hinterkeuser non si è soltanto interessato di Racconigi, del suo paesaggio urbano barocco (architettura da teatro, per eccellenza), ma anche del suo castello, esploratore poco convenzionale di questa città. In una mostra, dedicata al paesaggio, presenta un dittico che fa soltanto vedere due muri interni,ripresi frontalmente,dagli effetti molto “painterly”. Diciamolo: sembrano dei paesaggi interiori. È proprio modernità fotografica, quella che, attraverso le foto di Brassaï e di Wols, ci ha insegnato a vedere i muri come se fossero quadri. È logico che i muri, segnati dal tempo, diventino dei paesaggi, visto che la modernità, con la sua affe rmazione del piano,dal cubismo fino a Pollock, ha chiuso la finestra sul mondo,aperta prima dagli artisti e dagli architetti del Rinascimento. Uno dei due muri fotografati è coperto da un tessuto d’arredamento antico, disseminato di pezzettini di carta fissati con delle puntine sul muro e che hanno delle cifre, che si riferiscono a dei quadri della famiglia reale assente, tranne un piccolo quadro dalle dimensioni di una cartolina. L’altro muro è così vecchio ed esausto da lasciar apparire diversi strati di materie e di colori (e, dunque, di tempo), fino alle sue viscere. Ma, per una volta, ecco che i mattoni sono dipinti di bianco. Un paesaggio interiore, che fa da macchia cieca. Perché il mattone – “che fa risplendere la città con tutti i rossi possibili” come lo ricorda il fotografo – non solo domina il paesaggio urbano ma funge anche un po’da filo conduttore attraverso tutta la sequenza di Hinterkeuser. L’ha persino individuato ai confini della città, là dove esso si confronta con i prati, con i campi e con le verdi foreste. Sulle due riprese esterne del castello – inquadrato in modo da farci appena percepire le ambizioni rappresentative dell’architettura – c’è una fotografia, che fa vedere il grande parco, che si estende davanti al terrazzo, da dove la foto è stata scattata. Come nelI’altro dittico della periferia, i muri di mattoni s’innalzano sul lato destro, difendendosi da una natura addomesticata, sia a favore del tempo libero, sia per le necessità di sopravvivenza (orti,campi di granoturco ’transgenico’?). Quando il castello è fotografato sotto un cielo grigio e neutro, soccombiamo alla dolce luce dorata rasente dell’alba nella foto che lascia vedere la strada che conduce dalla città ai campi – nemmeno la strana plastica rossa, a sinistra, riesce a guastare il nostro piacere. E nella fotografia delI’orto, con i riquadri di fiori in primo piano, si sente il profumo della fertile terra umida. Le due fotografie sono cos1 suggestive che in una si sente il rombo di un trattore in lontananza e nella fotografia dell’orto il ronzio delle api. Benché Racconigi non sia una futura megalopoli, ambizione che, d’altronde, non ha, Ralph Hinterkeuser è ben riuscito a fare strada e a farci scoprire ciò a cui più tiene nel suo lavoro: esprimere l’architettura come segno della condizione umana. © Joerg Bader, settembre 2001 :: fonte: www.hinterkeuser.de