donne carta da parati

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donne carta da parati
GRUPPO DI LETTURA DEL 28/10/2013
Partecipano: Filomena, Orietta, Nicoletta, Pina, Anna Maria , Lucia, Marialinda, in presenza; Nadia e
Giuliana via Skype
Nicoletta fa riferimento al passaggio di In Fuga (“cos’è un uomo senza un paesaggio? Soltanto il
tempo che passa a guardarsi allo specchio”).
Pina: il paesaggio va ricostruito anche in relazione al sé degli altri, a tutti gli altri sé, gli incroci della
connessione di sé con il paesaggio.
Filome na: quando c’era, la città era il contenitore delle nostre vite. Quando è perduta, la città ti si
incolla addosso, è la cosa morta che ti rende morta. Questo è in genere il senso del lutto: noi ci
identifichiamo, noi diventiamo il morto. Si può reagire in tanti modi: con la rabbia, con il fare per gli
altri. Pensi che la perdita uccida pure te..,è quello che ci fa provare dolore quando rivediamo la città, la
rivediamo com’è e risentiamo il dolore della perdita.. Tu ti identifichi in tutto quello che hai perduto.
Quando riuscirai a distinguere te dalla città, di nuovo, la città sarà una cosa nuova e avrai superato il
lutto.
Marialinda interviene sul termine appiccico usato da Filo: la città che attraversavi senza rendertene
conto, dandola per scontata, con il terremoto si è fatta carne, carne tua, carne esposta. Il dentro,
l’intimo si è fa pubblico, si espone dolorosamente : legge da pag. 52 de La Cripta 1 , questo passo le
ricorda il diario del terremoto di un suo ex alunno che della mattina del terremoto ricordava soprattutto
lo stupore di vedere aggirarsi tra le macerie un uomo in pigiama…
Anna Maria (VEDI NELL’ALTRO PDF L’INTERVENTOC OMPLETO DI ANNAMARIA)
Nadia: riferendosi all’osservazione di A.M. sulla mancanza di prospettiva dice che nel romanzo
mancano le visioni prospettiche perché è un racconto sulla memoria e sull’elaborazione del lutto, solo
dopo forse sarà possibile cominciare a sperare...
Giuliana: Annamaria ha fatto una ricostruzione e un’analisi molto bella e interessante. Rispetto alla
mancanza di progettualità c’era il personaggio portatore della speranza del futuro, è la madre di Avery,
ha un rapporto con la giovane donna, Marina e Jean scavano insieme la terra. La terra è ciò su cui
poggiamo i piedi, è la base da cui partire. Il rapporto tra Avery e Jean è improntato sulla protezione
reciproca che viene dalla ferita che entrambi si portano dentro. C’è un parallelo simbolico: le mani
dentro la terra, la possibilità di seminarli, la memoria dei germogli, ci costruiscono una biblioteca
intorno: la biblioteca come una memoria viva. Forse perché son stata bibliotecaria, mi ha fatto pensare
a questo.
Orietta: vi ricordo che Jean la memoria va seminando in giro sementi e talee che ha salvato. Anche
questo è trasmettere la memoria.
Nadia: Il rapporto tra Avery. e Jean va visto anche come recupero simbolico del lutto provocato dalla
morte della madre di Jean e dall’impossibilità di seppellirla nella terra troppo ghiacciata.
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Dalla strada videro che tutte le case erano state saccheggiate, scavate dall’interno, e anche i muri
erano in parte distrutti. (…) Il dentro e il fuori si univano, una mistura polposa e fibrosa – come
semi tolti a cucchiaiate da una zucca – di legno e di intonaco (…) Tappeti e carta da parati dai
disegni familiari erano allo scoperto, sotto gli occhi di tutti (…) impregnati di un’intimità che si
poteva toccare (…).
Giuliana: bello questo mettere le mani nella terra…come una possibilità di rinascere
Pina: ho letto il libro molto tempo fa, mi ricordo però tutti i passaggi che sono stati citati. Mi ha
colpito il passaggio continuo tra il grande e il piccolo ( la diga e il seme) mi dava una sensazione di
dinamicità. Un po’ tutti gli aspetti della vita, e non una connotazione solamente distruttiva. Un senso di
dinamicità forte. Qualcosa che cambia, lentamente magari, come una pianta che cresce. Quel paesaggio
nuovo, anche nel portarsi dietro tutti i semi, dà una continuità anche per il futuro. Sensazione di
speranza. La figura della madre di lui è come una secchiata di colore in una narrazione in bianco e nero,
mi è piaciuta, una figura piena di vita, quella che dà una prospettiva di futuro. È lei che dona la terra, a
Jean non al figlio, una consegna tra generazioni di donne. Avevo associato che avesse usato anche la
terra nei suoi lavori. È la stessa cosa che m’ispira la nostra condizione, blocchi di cemento, legno: è
vero che i nostri casermoni sono disperanti ma anche quelle case assumeranno col tempo la loro vita.
Penso come il paesaggio può assumere un altro aspetto, c’è la vita, ci sono le relazioni, c’è la storia, è
ancora troppo presto per vederlo, ma non resterà così. Dopo quattro anni che sto in queste case, riesco
ad uscire, a farmi una passeggiata, conosco persone. Le persone cambiano come il paesaggio, il paesaggio
cambia come la vita va, io non la fermerei nella memoria…Anche il dolore che ha creato questa grande
distruzione si trasforma, bisognerebbe lavorare molto di più sulle relazioni.
Nadia: mi sembra che siano le relazioni che costruiscono e permettono di cambiare. Anche a Roma ci
sono brutti quartieri pieni di vita e quartieri anche meno brutti ma senza tutto questo.
Orietta cita il passaggio dei merli che, volati in cerca di cibo, tornando non trovano più i nidi. Siamo
animali che si adattano, anche al peggio. Per un certo tempo siamo rimasti chiusi nel dolore ,
intoccabilità del dolore, siamo rimasti chiusi nella solitudine (pag 299 de La Cripta) 2 . Dopo quattro anni
chi sta fuori comincia a farsi una ragione di dove sta. È che vai a ritessere relazioni, relazioni che
risorgono e nuove relazioni. Voglio sottolineare come il libro dimostra che il potere ci faccia accettare
qualsiasi situazione, ci fa cancellare la memoria, la memoria che le donne trasmettono, si cerca di non
fargliela trasmettere…la manipolazione delle coscienze che Anna ha affrontato mi piace molto…vedi la
casa della cultura a Varsavia… io farei come a Berlino, l’esperienza di Varsavia ci dice che non è
possibile ricostruire. Forse noi dobbiamo macerarci nella nostalgia di questa città?
Marialinda. L’Aquila questo sarà, perché il nostro centro storico non tornerà il cuore della città, quello
che era, fra vent’ anni sarà un’altra cosa. È storia quotidiana che vengano ricomprati i siti per farne
altro, non dobbiamo macerarci nella nostalgia.
Val enti na dice che lei e Lina hanno notato che i protagonisti della Cripta è come se non facessero
l’amore, non si capisce come fanno l’amore, anche se si parla molto del loro amore.
Lucia a proposito dell’erotismo, per me è bellissimo il passaggio in cui lei racconta la sensazione
fortissima che prova anche nel semplice contatto. Una sensazione che lei prova per la prima volta
quando lui le tocca un braccio, un polso, piccoli particolari che fanno vedere momenti molto intensi fra
loro, emozioni molto intense.
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“Li vedevi sempre (…) in piedi lungo la strada, immobili, con in mano un oggetto all’improvviso
inutile – il cappotto di lui, il libro di lei – a fissare il luogo dove la persona amata era appena
scomparsa. Per tutti quegli anni siamo rimasti in strada con le braccia piene di cose inutili mentre la
macchina ripartiva, mentre la fila di persone rimaneva a camminare, mentre il treno partiva, mentre la
porta si chiudeva.”
Poi un’altra cosa, una mia esperienza personale: prima mi piaceva, viaggiando, sbirciare gli interni delle
case altrui, oggi non posso più farlo, mi addolora. Oggi credo che è venuta a mancare per sempre la
sicurezza. Non avrò più quel senso solido di tranquillità, la possibilità di dare per scontate cose semplici.
Emozioni che non si ripeteranno.
Nadia sull’erotismo: è vero che non ci sono scene di sesso ma si capisce benissimo come i protagonisti
fanno l’amore. Con Avery un amore dolce e complice. Con Lucian un amore intenso e passionale.
Marialinda. Anche per me, prima, quando viaggiavo, mi creava un’enorme rilassatezza guardare le case
all’interno, adesso è una cosa che mi dà molto dolore. Il nostro sentimento è cambiato, non è detto che
sia peggiore, ma ci è venuta a mancare la sicurezza, le certezze. Questa città la casa le tue cose i tuoi
animali…ce la ritroveremo, ma non sarà più una cosa che mi renderà sicura come prima. Questo
sentimento si ritrova anche nel libro.
Anna Maria. Abbiamo faticato a realizzare questa consapevolezza, all’inizio aspiravamo a ricreare ciò
che era, oggi: fase di consapevolezza che nulla sarà più come prima e questo evento è uno spartiacque fra
le nostre due vite.
Nicoletta. Guarda io sono contenta, mi so’ stufata sia di L’Aquila com’era sia di come sarà. Non voglio
pensarla più come una sfiga, è un cambiamento. La nostra vita è un continuo oscillare tra preservarci e
osare. Quello che è successo ci ha costrette a osare. Mi viene in mente Pasolini, che non si è mai
preservato (magari anche troppo poco, è morto male). Preservarsi un po’ meno, vivere un po’ di più. E
questa è una cosa che mi piace, vivere senza certezza. Cita un passaggio di In fuga 3 . Ora mi sento più in
equilibrio di prima ora fondo la mia vita su me stessa e non sulle cose. Il calice me lo sono bevuto fino in
fondo, la città me la sono ciucciata, adesso ho finito di piangere, pianto a lungo questa città, ora basta!
… siamo nella necessità, rendiamola bella! (cita un altro brano da In Fuga 4 )
Giuliana mi sembra che Nicoletta risponda agli interrogativi di Filo. Avevo annotato: Filo
sottolineava che la città sarà una cosa nuova, Nicoletta se ne riappropria. Sempre Filo aveva
sottolineato il rapporto fra distruzione/ricostruzione come presa di distanza, spazio temporale, distacco.
Dopo il trauma ci si riappropria della vita con una consapevolezza nuova. Il lavoro della scrittura rende
possibile una presa di distanza dal lutto. Secondo me il lavoro della scrittura è questo: render vivo quello
che è morto.
Filomena quello che ha detto Lucia è simile a quello che a detto Nicoletta. “Abbiamo perso la sicurezza
e non ce l’avremo mai più” Sicurezza cioè sine cura : non mi preoccupo perché tutto c’è. Passare da un
mondo sicuro in uno insicuro, per tornare ad una nuova sicurezza. Noi facciamo un investimento sulla
sicurezza, poi per qualche ragione diventiamo insicure, poi finisce bene, te ne fai altre di sicurezze, è la
spinta vitale. Noi investiamo quel nuovo mondo dei nostri bisogni. Quando la situazione cambia,
ritiriamo l’investimento e diventiamo in-sicuri (diventiamo il morto). Come il feto, dalla sicurezza del
ventre, si affaccia al terrore della vita: esce ed è la catastrofe, il cataclisma, sta terrorizzato perché ha
perso tutto quello di prima, poi attraverso tutto quello che gli si organizza intorno riacquista le sicurezze,
per poi trovare nel seno, nell’abbraccio un’altra sicurezza, un nuovo equilibrio (come ha fatto
Nicoletta).
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“L’amore ti fa vedere un posto in modo diverso, così come si maneggia in modo diverso un oggetto
che appartiene a una persona amata. Se si conosce bene un paesaggio, si guarderanno tutti gli altri
paesaggi in modo diverso. E se si impara ad amare un posto, a volte si può anche imparare ad
amarne un altro.”
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Lezioni importanti: guarda attentamente; prendi nota di ciò che vedi. Trova la maniera di rendere la
bellezza necessaria; trova la maniera di rendere bella la necessità
Lucia: io nono sono contenta di quello che ci è capitato e non so se sono cresciuta, cambiata…ma ho
dei valori diversi, ho capito che le cose hanno così poco valore.
Orietta. Ci ho messo quattro anni a non dare più valore alla casa, all’ordine alle cose che avevo. Adesso
che stanno ricostruendo la mia casa e io dovrò rientrarci dentro, mi sono spaventata all’idea di dover
tornare a occuparmi delle cose…
Filomena: adesso , ma questa è una fase, se dobbiamo pensare in termini di collettività questa è una fase
d’incertezza ma poi torneranno altre certezze
Anna Maria: questa è la fisiologia della vita che è un continuo stabilire equilibri che continuamente
saltano e ci sarà da ricostruire.
Marialinda. Mi è piaciuto tantissimo, nel libro, qualcosa che ho provato: oltre al terremoto collettivo,
io ho avuto un terremoto personale, ho “perso” i figli, a uno a uno se ne sono andati, la mia
ricostruzione è faticosa, ci sono tante frasi di questo libro che mi hanno colpito e nelle quali mi sono
ritrovata. Mi ritrovo molto nel cambiamento, e accettare questi cambiamenti come vitali.
Orietta. Quella madre è morta, ora sei chiamata a essere altro.
Marialinda. E’ vero che c’è la memoria, la nostalgia, il tema della sicurezza, però…il cambiamento è
importante
Orietta. Memoria, eccesso d’amore, ripensi al meglio. Oppure le rivedi a distanza le cose, e ti accorgi
che forse le guardavi con occhio innamorato, ora le vedi meglio, questo ti aiuta a non rimpiangere.
Nicoletta Vi manderò un articolo di Repubblica sulla nostalgia, che è qualcosa che aiuta a costruirsi
memorie, emozioni, la nostalgia è un sentimento bello, vuol dire che hai vissuto cose belle e struggenti
da ricordare
Filomena Se la nostalgia è così impostata, ti riporta solo a cose belle che hai vissuto, e tu riprovi solo
emozioni positice, è importante poterti permettevi rivivere momenti belli, ancora più importante è
costruire ora cose, situazioni, che in futuro ti permettano di provare nostalgia.