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1 Taccuino di un soldato veneto 1943 - 1945 2 Un quadernino del 1943, un Viktoria notes presumibilmente tedesco, mi capita in mano mentre rovisto nei cassetti di un vecchio mobile, nella cantina della casa di mio padre a Venezia. È un taccuino del tenente Nino Brotto, che dal 1941 al 1943 aveva comandato un plotone in Jugoslavia, internato in un campo di prigionia nei dintorni di Varsavia. Scritto a matita, ogni spazio è riempito da una scrittura minuta, e c’è un po’ di tutto, note varie e minute di lettere. C’è anche un breve diario, che restituisce un clima storico ed una condizione disperata in cui moltissimi soldati italiani si sono trovati dopo l’8 settembre. Naturalmente, queste pagine per me sono di interesse particolarmente vivo, anche perché vi compaiono parenti miei vari, zii e nonni, e anche mia madre, che Nino conobbe nel 1944 sfollata dopo il terribile bombardamento di Treviso. Trovo interessante il carattere di mio padre quale emerge dal diario: irresoluto quando si tratta di decidere, tendente ad affidarsi alla sorte, convinto di essere perseguitato dalla sorte; e nel contempo a tal punto sventato da vivere nella RSI sul filo del rasoio, finendo in anche in carcere e rischiando la fucilazione. Interessante il quadro della campagna veneta intorno a Zero Branco, nella quale anche nel 1945 nonostante le privazioni non si fa la fame, e i giovani cercano di divertirsi. Interessante anche il quadro dell’esercito repubblichino, disorganizzato e inefficiente. 3 16 Ottobre 1943. Stasera mi è saltato in testa di scrivere qualche appunto. Dio sa quando avrò la fortuna di rileggerlo a casa. Da otto giorni siamo qui in questo campo vicino a Varsavia. Stasera c’è stato il prete dell’Aviazione. Ha spiegato il vangelo. Domani a Messa non lo avrebbe potuto spiegare data la proibizione dei tedeschi. Ho perso l’abitudine di scrivere. Non so coordinare. Dei giorni passati il più doloroso è stato il 12/9; quello del versamento delle armi. Saputa la notizia volevo scappare in montagna con Palmieri e i nostri attendenti, Pasquazio e X di Venezia. Ricordo come ora quei momenti: ordini, contrordini. Disordine. La strada a Bergut ingombra di mezzi e armi. Qualche motocarrozzella tedesca di transito sollevò mille congetture. Si diceva che a Ragusa si combatteva. Il colonnello Scotti la sera precedente aveva parlato ai soldati. Sarebbe scappato in montagna con tutto il reggimento se ci fosse stato l’ordine di versare le armi. Ci fu l’ordine di avviarsi verso Ragusa a scaglioni. Ho capito che era giunto il momento di decidere: o prigioniero dei tedeschi o andar incontro all’avventura scappando in montagna. Ho cambiato l’otturatore al moschetto e buttato uno zaino. Poi fui debole e sotto pressione di molti altri colleghi preferii seguire il grosso. A Ragusa fummo oggetto di derisioni da parte dei Croati. Ci misero asserragliati in un recinto a [incomprensibile]. Avevamo tutti l’orrore della catastrofe nei volti e la visione del combattimento svoltosi nelle vie di Ragusa. I nostri cuori piangevano. Maledimmo chi ci aveva condotto a tale fine rovinosa. Otto giorni di fame e stenti a Ragusa. Trovai Mario Luison. Lui parte all’improvviso senza avvisarmi. Ci ritrovammo quando i convogli si ritrovarono in Bosnia. Io partii col convoglio del 1 Btg. Amico era stato ucciso in quei giorni. Si disse 4 anche che noi ufficiali dovevamo finire come i polacchi a Catin. Ci fu un po’ di panico. A Saraievo mi ritrovai con Mario e da allora noi vivemmo ora per ora assieme. Dopo 8 giorni di treno in carro bestiame senza altro cibo all’infuori di 3 sbrode da porci dateci in 3 diverse stazioni a ore le più disparate giungemmo a [incomprensibile] vicino a Königsberg. I soprusi e le umiliazioni non posso narrarli. A [incomprensibile] 4 giorni e quindi altri 2 giorni in carro bestiame (41 ufficiali) giungemmo quindi a … dicono Beniamino vicino a Varsavia. A domani qualche altra riga. 20 Ottobre 1943. Stamane siamo stati al solito appello biquotidiano. Mario s’è dato da fare per trovare il sale per cuocere il gatto che abbiamo ucciso ieri. Ora è a bagno. Speriamo venga fuori qualche cosa di buono. Ci leviamo di bocca quella specie di burro che ci danno alla sera per condire il gatto. Ho sentito da quel capitano dei granatieri che parla col megafono le spettanze. Credo si dovrebbe tirare meno la cinghia se andasse tutto dentro le pentole. Quei due capitani di aviazione che si assomigliano stanno facendosi i capelli con la ‹RASELET›. Figuriamoci come risulteranno le capigliature. Il colonnello italiano Biglia lamenta ancora furti di patate in cucina. Ho visto ufficiali cuocere le bucce e raccogliere cicche a terra. Ce n’era uno l’altra notte che girava per la baracca circospetto e raccoglieva. Povero vecchio, chi sa quanta voglia di fumare oppure quanta fame. Perché a volte si fuma per non sentire i morsi della fame. 23 Ottobre 1943. Oggi mi sono abbuffato. Eh, sì! Mario non voleva ch’io mi mangiassi il minestrone di cavoli che ci siamo fatti stamane perché diceva bisogna 5 conservarlo per stasera. Invece non fui capace di resistere. Fu così che dopo il minestrone mi mangiai pure la “sbobba”. Almeno una volta tanto sentirsi lo stomaco pieno. Questo stomaco che non è contento mai e inveisce contro di me e mi butta in debolezza sì che le ginocchia talvolta non mi reggono ed ho vuota la testa. Tutto ciò lo devono provare un po’ tutti. Succedono infatti cose che a volte fanno male al cuore. Ho visto proprio stamattina alla distribuzione del rancio un gruppetto di ufficiali che afferrato il mastello vuoto ma sporco di patate se lo contendevano con male parole, quindi si buttarono dentro con la testa brandendo il cucchiaio per raschiare quel po’ di patate rimaste. I nervi di tutti sono agitatissimi. Per un nonnulla ci si offende e si reagisce, in taluni casi si viene alle mani. Il rispetto per il grado è zero. Specialmente da quel giorno che il comando tedesco fece nota la parità di grado che comporta lo stato di prigioniero di guerra. Un minuto fa Mario ne diede un esempio. Venne un capitano a prendersi una tavoletta rimasta a terra vicino al nostro castello. Che fai giovanotto? interroga Mario. L’altro, il capitano, si scusa: Solo per stanotte, tanto da non mettere i piedi a terra. E Mario: Be’, per stavolta!! Scenette che a ritrarle ci vorrebbe maestria. Mario è sdraiato e mi ricorda: Nino, parla del teatrino, dei catini e delle brocche che ci hanno distribuito, della galletta che abbiamo quasi terminata, delle patate che abbiamo rubate a [incomprensibile] da quel treno che stava caricando, della nostra fede nella Provvidenza, dei castelli biposto che domani metteranno in baracca ecc. Io gli rispondo che non ho abbastanza posto. Stasera (è un’idea di Mario) andremo a letto più presto per guadagnare le ore di sonno perdute ieri sera allo spettacolo. Spettacolo di arte varia “organizzato da alcuni ufficiali che con noi soggiornano in questo luogo di cura”. Troppa cura!! 6 Voci, notizie circolano sempre tutti i momenti. Si parla molto. Di vero, poi, quanto? Alcuni credono che a Natale saremo a casa. Infatti, loro garantiscono, ci furono esperimenti di spiritismo nella baracca y. Lo spirito ha parlato ecc. Lo spirito ha detto… Le sigarette saranno finite domani. Stasera ho cambiato la mia razione di margarina per 6 sigarette. A proposito di cambi, in camerata si svolgono cambi di pane per sigarette, di scatolette per pane, indumenti di lana per sigarette ecc. Ogni tanto sentiamo gridare: offresi pane per sigarette, offresi ecc. Camillo (Mei Girolamo, avvocato e funzionario dello stato), strabico, pelato, buon ragazzo un po’ pigro, ha venduto per pane la giubba che aveva rimediato a Ragusa dov’era giunto sprovvisto di ogni cosa indossando una tuta da meccanico. Povero Camillo! Tra qualche giorno venderà pure la fede. Stasera l’ha contrattata per 8 kg di pane e 200 sigarette. Poi se n’è pentito pensando al simbolo ch’essa rappresenta. Io penso che più che il simbolo potrà il digiuno. Dio non lo voglia. Si dice che i Rossi avanzano ed abbiano oltrepassato il Nipro. Quei russi che sono ancora al nostro campo commerciano col pane orologi e bussole e vestiario. Spoglieranno tutti noi prendendoci per la gola o meglio per la fame. Intanto succede che molti ufficiali vendono per esempio scarpe e camicie mentre altri colleghi non hanno che zoccoli ai piedi e stanno tutto il giorno con le coperte sulle spalle ché il loro bagaglio è stato bruciato e perso nei giorni del disastro. Questo succede ed è odiosissimo. Con Mario si parla a volte di Zero e delle nostre comuni conoscenze. Ci inteneriamo nel ricordo e poi si cade nel terribile argomento dell’appetito. È più forte di noi. 7 28 Ottobre 1943. Stamane mi svegliai per il chiacchiericcio dei miei vicini di letto tutti capitani meridionali anzi siciliani. Ricordavano il XXVIII Ottobre, data da pronunciare dopo i debiti scongiuri. Si scherzò un po’ tutti, e qualcuno disse anche che ci sarebbe stato rancio speciale. Nei giorni scorsi non ho scritto niente poiché ci fu la demolizione delle vecchie lettiere e la sistemazione dei lettini biposto. Io dormo sopra, Mario sotto. Non c’è male. Abbiamo lavorato però. Anche i capitani vecchiotti lavorarono. Anzi lavorarono forse anche più di noi. Sto fumando una sigaretta di quelle che ci hanno dato, che porcheria! Si dice che non siano fatte con tabacco. Oggi in qualche baracca fu distribuita la birra. 1/2 litro a testa. L’altro giorno vicino al campo delle adunate vidi dei ragazzini polacchi che lanciavano sopra il reticolato delle mele. Gli ufficiali che stavano più vicini si gettarono a tuffo per prenderle. Come i ragazzi si buttano sui confetti che gli sposi distribuiscono all’uscita di chiesa. Sono arrivati gli strumenti musicali. Stanno organizzando una orchestra. Le prove alla cantina n.9. Forse sabato ci sarà uno spettacolo. Gli ufficiali superiori dovrebbero partire per altro campo la settimana entrante. Qualcuno pensa che anche noi partiremo. Mario stasera mi disse: ora mi vado a coricare e mi metto a piangere. Io non mi posso coricare presto per le pulci che infestano le coperte e ci tormentano notte e dì. Abbiamo fatto una specie di sbobba con cavoli (che i tedeschi danno ai cavalli) e bucce di patate raccolte nelle immondizie della mensa. Anche per le bucce il colonnello d’aviazione che è addetto alla cucina vuol fare la distribuzione un po’ ordinata, data la grande quantità di ufficiali che le richiedono. E per oggi basta. 8 3 Novembre 1943. Giorni tristi che ricordano le famiglie e i nostri cari trapassati. Memorie rievocate dai nostri cuori con malinconica tristezza. Si rivà con la mente ai giorni trascorsi nella pace delle nostre famiglie e vien voglia di piangere. Ieri sono arrivati altri ufficiali, circa 300. Dicono che a Spalato ufficiali della Bergamo siano stati fucilati perché passati coi reparti di ribelli. Mario ha procurato cavoli e patate. Ho fatto stamane la fila per le bucce di patata. 24 Novembre 1943. Sono passati 21 giorni. Se ci penso mi sembrano anni. Strano perché altre volte non so convincermi di aver trascorsi tanti giorni in prigionia. Mi par di essere arrivato ieri. Cosa è successo di bello in questo lasso di tempo. Un concerto diretto da Scellini del Teatro la Scala di Milano. 6 violini. 1 violoncello. Cornetta. Clarino. Fisarmonica, pianoforte. Molto ben riuscito. Sono partiti tutti gli ufficiali superiori. Sono arrivati altri ufficiali ancora. L’adunata si fa fuori dalla baracca. Grande miglioramento. 1/4 d’ora di ginnastica al mattino a partire da ieri. Compera di pane a 300 £ il Kg da parte di Mario. Visita della Commissione italo tedesca per la propaganda repubblicana. Parlò a noi tutti adunati nel campo sotto una pioggia fitta il col. tedesco Küne e poi il gen. italiano. Alcuni ufficiali aderirono. Ora sono trattati bene con 300 gr. di carne 100 gr. di margarina, 2 sbobbe e 2 uova. La nostra baracca finisce stasera la punizione (4 sere senza luce). Motivo: modificato l’impianto aggiungendo 1 lampadina. Che fetenti! 9 Ho avuto fame, proprio fame qualche giorno. Le gambe deboli, la testa vuota, ed il tic tac del cuore che rintronava nel costato. Quanti sogni anche di notte! Si sognano lauti pranzi, o succulenti manicaretti. Ci si sveglia poi con la bocca grama. A volte mi par proprio di sentire l’aroma e il profumo di cibi saporiti. L’altra sera mi sembrò perfino di sentire l’odore di latte che bollendo si brucia. Soavi profumi. Cisi fece una specie di giubbetto io e Mario. Sono in preparazione gli scalfarotti da usare con gli zoccoli olandesi. A più tardi. Stasera ci saranno le sigarette. Evviva. Perché non ho detto che qui dentro ci sono ufficiali che vendono sigarette a £ 20 l’una. Farabutti! 26 Novembre 1943. Oggi c’è un’adunata in campo sportivo. Ci sarà qualche comunicazione? Sono rimasto in baracca perché il dolor di denti di ieri sera mi produce una enfiagione alla guancia destra. C’è silenzio in baracca. Mi sembra una cosa stranissima. È così raro il silenzio in questo campo! Neanche di notte. A mezzogiorno ho mangiato minestra di semolino (acquosa) e poi io e Mario ci abbiamo aggiunto i rimasugli di patate del mastello filtrati con il sacco del pagliericcio. È venuta una cosa piuttosto densa. Però si sentiva la terra scricchiolare sotto i denti. Scommetto che in tempi normali i porci l’avrebbero rifiutata. A volte penso che se avessi quella semola che Norma [una delle tre sorelle di mio padre] dà alle galline ci farei certi minestroni giganti (per usare un termine di Mario). Adesso è finita la quiete; tornano dall’adunata. Nessuna novità. 10 4 Dicembre 1943. Tra 1/4 d’ora ci sarà il cinema alla baracca 9. Ieri furono distribuite le lettere con i moduli per i pacchi. Siccome non bastavano per tutti li diedero agli ammogliati. Dicono che tra giorni ne daranno in distribuzione a tutti. Speriamo. Arrivarono 37 lettere dall’Italia. Per noi niente. Ci fu anche una richiesta di lavoratori. Io ero propenso, Mario no. Abbiamo fatto le carte. Uscì il cinque di bastoni, carta dispari = a no. Diversi ufficiali aderirono. Mario pensa: fintanto che abbiamo pane in più della razione possiamo restare. Poi si vedrà. Abbiamo quasi terminato il pane dell’orologio di Mario. Restano le 2 sveglie 1 paio di mutande 2 ghefanghens [sic] ed 1 paio di guanti di lana che mi regalò Trinca a Ragusa. Oggi ci diedero 1 lenzuolo a testa. Non capisco perché i tedeschi facciano le cose a metà. Ci danno dopo 1 mese e mezzo 1 lenzuolo invece che due. Non potevano aspettare un altro po’ e darcene 2, oppure non darceli addirittura? Dopo l’ondata di ottimismo suscitata dai bombardamenti inglesi in Germania, un senso di freddo pessimismo pervade ognuno. Tutti temono che la Germania sia ancora un osso troppo duro. Dio non lo voglia! A casa ci penso sovente. Tanti tetri pensieri a volte mi avvolgono. Di Tomaso e Ciro che ne sarà? E gli altri come vivranno, cosa mangeranno? Dio li protegga. 16 Dicembre 1943. Stasera fumeremo l’ultima sigaretta della razione di Novembre. Dicono che al 24 distribuiranno quella di Dicembre. Quindi 9 giorni senza fumare. Dovevamo darne 12 al cap. Rorè per via dell’orologio mio. Però è stata una fregatura! L’orologio non funziona neanche adesso, dopo la riparazione. Pazienza! Non lo 11 potremo vendere. Chissà se la sveglia tascabile di Mario potremo commerciarla. Don Pesa viene sempre per la funzione nella nostra baracca. Stamane hanno cantato la novena. È caro al cuore il canto liturgico imparato alla Pieve del paese natio. E ricordi, ricordi arrivano galoppando che non si potrebbero dire tutti. 20 Dicembre 1943. Finalmente ci hanno dato la 2ª cartolina da scrivere a casa. Però siamo stati scalognati, a noi niente modulo per il pacco. Scriverò a casa che si interessino per farmelo avere tramite la Croce rossa. Ho messo in vendita l’unica maglia che avevo: il maglione regalo di Lisetta. Stamattina sono stato a Messa. Han fatto anche la Novena. Soliti ricordi! Ieri sera ho visto il teatrino. Rivista di Guareschi. Alcuni quadri furono davvero interessanti. L’orchestrina suonò canzonette di qualche anno fa. Chiudendo gli occhi mi trsportai in Sala Balzaro. Un momento, quante cose si rievocano! Dicono che a Natale ci sarà la pastasciutta. Intanto ci fanno fare una cinghia straordinaria. 24 Dicembre 1943. La vigilia. Mario ha ricevuto una cartolina dalla famiglia tramite la Croce rossa. È stata una bella sorpresa ed il più bel regalo per Natale. Io spero ricevere tra giorni poiché altra posta sembra sia arrivata. Da Treviso hanno ricevuto parecchi ufficiali, tra cui Turchetto e Zucchegna. Stanotte ho vegliato per cuocere i fagioli che Mario ha avuto come noleggio della bilancia. Ancora cinghia in questi giorni, sempre acqua nelle sbobbe! Avevano promesso un rancio speciale per domani. Ma già è arrivata la smentita. Si parla con una certa sicurezza 12 della partenza degli ufficiali effettivi. Molte supposizioni. Non parlo dei ricordi che mi inteneriscono. 7 Gennaio 1944. L’anno scorso 1943 com’è finito male! Con Mario le feste ce le siamo passate alla meno peggio. Avevamo un po’ di pane del baratto sveglia. 8 Gennaio 1944. Ho ricevuto una cartolina con mia somma gioia. È arrivata la commissione di cui tanto si era parlato. Tutte le supposizioni che avevano riempite le nostre giornate, facendoci sperare dio sa che ispirate condizioni per rientrare, crollarono appena vedemmo arrivare quel colonnello degli alpini. Poi ci parlò di assistenza, di interessamento per il miglioramento del trattamento, e infine disse qualcosa della situazione militare. Accennò anche ai giovani italiani che imbracciavano le armi con gli inni del risorgimento sulle labbra. Lasciò capire che avrebbe ricevuto anche gruppi di noi per schiarimenti e per eventuali possibili facilitazioni ecc. Insomma una velata fine propaganda. Molti aderirono e sottoscrissero: Dichiaro di aderire all’idea dell’Italia Repubblicana Fascista e di combattere con le armi nell’istituendo esercito repubblicano senza riserve anche sotto comando supremo tedesco. Il 7 di bastoni decise la nostra adesione. 900 circa ufficiali firmarono. 15 Gennaio 1944. L’altro ieri ho fatto i 24 anni. Mario che aveva ricevuto il pacco da casa il 10 volle preparare la pastasciutta in mio onore. Si fece una bella mangiata. Dal giorno 11 ci siamo trasferiti in questa baracca n.9. Nuovo Campo. Ci sembra peggiore per luce riscaldamento ed anche come 13 ambiente. Ci sono degli alpini piuttosto anziani tutti veneti tra cui Borin di Venezia. Sento tutte le loro chiacchiere specie alla sera quando si mettono a letto. E confrontando con i vicini che avevo nell’altra baracca (tutti marocchini) trovo una differenza grande. Però Borin s’è dimostrato poco camerata con Mario. Volle 2 macedonia per una nazionale. Non voglio scrivere di più. Adesso il vitto è migliorato. È poco ancora. 28 Gennaio 1944. Sembra che la nostra partenza sia prossima. Oggi doveva esserci il bagno. Abbiamo avuto vino del Reno e 10 gallettine. L’altra sera invece abbiamo bevuto la vodca. Buona; credevo fosse una cosa assai diversa. È quasi uguale alla nostra grappa. Ce ne diedero 1/5 di litro. Per 1/4 d’ora tutti cantarono. Noi ne abbiamo cambiata una razione per 450 gr. di zucchero (cap. Gambarotta). Ci siamo bevuta l’altra razione che il cap. Poliani nel distribuirla aveva versata sul tavolo. Mario ha scontato 5 giorni di prigione per questo motivo: non si alzava dal letto per l’appello. Recidivo. Così il giorno del suo compleanno l’ha fatto in gattabuia. Io l’andavo a trovare e gli portavo il rancio. Gli ufficiali di guardia dei R R carabinieri erano ragazzi giovani e alla buona. Mario se ne stava quasi sempre a letto. Infatti in quella stanzetta era sempre buio. E candele ne avevamo una sola, l’ultima che accendevamo per consumare la sbobba serale. Ho cambiato il mio maglione per 7 kg. di pane. 6-7 Febbraio 1944. Giorni terribili. 40 per carro. Rinchiusi per 40 ore. Maledetti! 14 Febbraio 1944. Terzo giorno di ospedale a Przemyls. Sono trattato come ufficiale. Nella stessa mia stanza c’è 14 un capitano medico tedesco: leggo sulla tabellina nera: Unterartz dr. Glück j. 32, ecc. e poi un sottotenente: Leutnant Adolfinger j. 20. Il capitano è di Berlino il sottotenente è di Wuttemberg. Infatti si vede che è un tipo allegro e schietto. Si parla qualche parola in francese. Il dr. balbetta qualche parola in italiano poiché è stato in Sicilia. Qualche ora dopo. Mi hanno portato in quest’altra stanza, solo. Forse è meglio. È venuto quel sottotenente a far quattro chiacchiere. Si balbetta un po’ di francese, di italiano, latino, qualche parola di russo. Insomma aiutandoci anche col disegno riusciamo a capirci. Eppure è triste non capire niente e non poter parlare con nessuno. Qui non c’è nessuno che parla francese. Credo che riuscirei a farmi capire discretamente in francese. Per capirlo poi, non ci vuol molto. 15 Febbraio 1944. Al. cioè quel sottotenente tedesco ha diradato le sue visite. Forse s’è annoiato. Forse avrà tovato qualche persona di compagnia. Nella sua stanza ci sta pochissimo. Non gli piace star assieme a quei medici. (Infatti al mio posto in quella stanza c’è andato un altro er doctor). Così mi disse Al. È venuto quel soldato dagli occhiali che vuota i pappagalli con le sigarette a pagamento. Dopo averle contate mi chiese i soldi. Allora le riprese. 16 Febbraio 1944. È venuto Al con il rasoio. Me l’aveva promesso. Anzi mi aveva detto se ne volevo comprare uno alla Kantine. Possibile che non sappiano che gli internati sono trattati come sono trattati? È venuto il dottore anche nel pomeriggio con una forse dottoressa o studentessa. M’ha visitato polmoni, cuore, reni, pressione. Mi ha contati i denti e dettava un sacco di fesserie alla froileine. 15 Ho sognato una convalescenza di 20 gg. Chissà perché 20 gg. anziché 15 o 40.? L’altroieri mi hanno pesato: kg 70,5 mezzo vestito. 23 Febbraio 1944. Forse tra qualche giorno uscirò dal “Lazarett”. La gola va bene. Soltanto ho qualche disturbo ai denti e poi mi sento molto debole. Ho ridato alla “Sviesta” Clara il libro “Le avventure del cap. Hornblower” ed i giornali che si era interessata di farmi avere da quegli altri uff.li ricoverati. Ho passato qualche giorno leggendo. Da 4, 5 giorni mi hanno messo l’altoparlante in stanza; sicché sento la musica che i sigg. della stanza accanto i quali tengono la radio, mi fanno sentire. Ho avuto 48 sloti da un uff. tedesco pagatore. Quando è venuto a farmi firmare credevo che volesse lui dei soldi e mi sforzai di fargli comprendere che non ne avevo. Invece poi… Ieri sera è venuto Alfons con “Margarinemann” e l’altro. Portarono 2 bottiglie di vodca e altro liquore dolce. Ci siamo sbronzati. Alfons l’ho sentito che vomitava più tardi. Stasera invece è venuto Lanzalone a farmi visita. Era abbastanza elegante. Finalmente dopo 15 giorni ho parlato in italiano. Domani dovrebbe portarmi ‹Leopardi›. 27 Febbraio 1944. Sono cresciuto 4 kg. —adesso peso kg 74 – semisvestito. È venuto un cap.le tedesco a portarmi lettere e cartoline. Ieri per la prima volta dall’11/2 sono uscito. C’era un bel sole e si respirava nell’aria la primavera per quanto la neve ancora ingombrasse i viali e i tetti del Lazarett. Con Lanzalone Felice ho passeggiato per 1 oretta. Ci siamo recati alla Kantine a bere un bicchier di birra. 16 29 Febbraio 1944. Stamane è uscito Lanzalone. Ieri sera in Kantine ho pagato io i 16 bicchieri di birra. Domani sera dovrei uscire con Alfons e i due medici per vedere Gigli in un film italiano. Ieri con Lanzalone sono stato a visitare Reymond Mario ten della Centauro. È ridotto male, poveraccio! Lui poi, così sentimentale, a vedere quell’altro leutnant vicino suo di letto che ci ha la mamma vicina sempre, gli vien da piangere. E prega la Madonnina e la invoca sempre. Oggi l’andai a ritrovare. Aveva un febbrone alto e non voleva che bere. Gli hanno tolto 14 cm. di costola, da 4 mesi è a letto. Ha voluto che mi mangiassi il budino suo. Io speravo che avesse qualche libro. Mi annoio terribilmente. Non vedo l’ora di andarmene. Una lettera del 25 Gennaio 1944 Miei carissimi papà Tomaso e sorelle, eccovi la sesta cartolina che vi porta notizie della mia ottima salute e del mio morale discretamente elevato. Purtroppo non ho ricevuto vostre notizie più recenti dal 25 Novembre. Da quello che ricevono altri colleghi di prigionia si sa che la situazione nell’Alta Italia è buona e che niente di quello che noi si prevedeva è fortunatamente avvenuto. Spero che Tomaso sia ancora a casa e così pure Italo. Accennai nelle mie due precedenti al possibile mio rientro, ancora ci spero. Della mia presente vita e delle peripezie di settembre-Ottobre vi racconterò quando avrò il grande bene di essere tra voi. Quante volte mi ricordo di voi e del tempo passato in famiglia! Ogni giorno che passa sempre più forte sento il bisogno dei vostri affetti. Mi pare cent’anni che sto lontano e faccio mille progetti per l’avvenire. Penso che la casa e la famiglia siano la cosa più bella e più sacra che Dio abbia dato all’uomo. Non un’altra cosa prima della famiglia. Son caduti tanti ideali, infrante tante speranze per le 17 quali ognuno di noi aveva sacrificato anni. Ci è rimasta la famiglia. La mia famiglia che è Papà, Cira Lisetta Norma e Tomaso. Quante sere nel buio della baracca mi sono sforzato di immaginarmi assieme a voi. Rivedevo ogni angolo della casa, risentivo le cronache di Cira, le critiche di Lisetta, le preoccupazioni di Norma e i pensieri di Papà che non arriva mai a casa quando è pronta la cena. Poter essere a casa, che grande gioia! Oggi è domenica. Sono qui con Mario che scriviamo e intanto la nostalgia ci prende l’anima. Ormai sto nel 25 anno. Come passano! Ho festeggiato il 13 gennaio con il pacco che è arrivato a Mario. L’altro ieri è stato il compleanno di Mario e l’abbiamo festeggiato coi rimasugli. Non c’è male. L’anno scorso stando a casa in licenza, chi l’avrebbe detto che avrei iniziato il mio 25 anno in Polonia prigioniero, anzi internato militare. Ed ora miei cari vi abbraccio tutti, con tutto l’affetto a papà faccio gli auguri per l’onomastico e a Lisetta sempre [illeggibile] per il compleanno. Nino (fine delle note) 18 Con mia grande sorpresa ho trovato un secondo taccuino di mio padre, con annotazioni dell’anno 1944. Non c’è molto ordine, e il materiale è vario. Alcune note sono senza data completa, e si riferiscono al periodo in cui il tenente Nino Brotto è stato curato nel Lazarett di Przemysl in Polonia, nel febbraio 1944. Altre note riprendono più puntuali dal 3 marzo 1944. Le note senza indicazione del giorno riportano anche ricordi degli anni della fanciullezza, ai quali mio padre prigioniero e malato si attaccava con tutte le sue forze. 19 Przemysl. Lazarett. Febbraio 44. Ancora ansanti, col fiato mozzo per le corse fatte, ci sedevamo la sera sui gradini della Chiesa. Eravamo molti: ragazzi e ragazze ed ascoltavamo, rapiti, le storie paurose che raccontava Giovannin. Storie di morti che tornavano in vita, di fantasmi che uscivano dai sepolcri a mezzanotte. La Ida aveva una paura matta e batteva i denti e sgranava gli occhi quasi vedesse avanzarsi qualche scheletro sghignazzante. Poi tremando piagnucolava: Maria Santa! stanotte mi sogno. E pur restava tremante ad ascoltare. Qualcuno di noi, invece, cercava di dimostrare il suo coraggio con qualche risatina o con parole scherzose. Ma dentro si sentiva pure lui fremere il cuore. E forse per arrivare a casa, attraversando quel tratto più buio, correva forte senza voltarsi indietro, o cantando magari a squarciagola. Io ammiravo quei ragazzi che abitavano di là del cimitero e rincasavano, a volte, soli e a sera tarda. Se capitava invece a noi di dover passare davanti al cimitero di sera, ognuno cercava, senza averne l’aria, di lasciare i compagni ai lati della strada. E tutti assieme cantavamo, lanciando furtivamente qualche occhiata di sfuggita al cancello di ferro. E un sospiro di sollievo, mandavamo, appena oltrepassato l’oratorio di Barbazza. Quasi fosse quello un segnale di Zona Pericolosa. Przemysl. Lazarett. Febbraio 44. Potessi girovagare solingo in su la sera per quelle remote stradicciole del mio Zero; potessi respirare l’aria libera della incipiente primavera e sentirmi commuovere come un dì, nel rimirare le stelle e soffrire di vaga intima nostalgia e pregare sommessamente in cerca di conforto per dolori indistinti ed ignoti! E lacrimare pensando a mamma! Oh! Quanto darei! Quanto darei per inginocchiarmi nella panca e pregare a mani giunte davanti a quell’oratorio piccolo e sgretolato di Franzin! Forse la Madonna, laggiù, non avrà più i ceri accesi alla sera e 20 forse neppure mazzi di fiori campestri. E chissà se i bambini passando diranno l’Ave Maria. Ma ci sarà pur sempre il profumo delle gaggie fiorite che fanno siepe all’intorno, e la luce delle stelle e il gorgolio sommesso dello Zero che pare preghiera. Ecco, io sono venuto per la “stradella”. Il fragore delle acque turbinose, spumanti che escono dalla bocca del mulino, mi ha accompagnato fin laggiù all’altezza della casa di Santo Comin. Poi ho udito soltanto un leggero fruscio continuo: forse lo Zero mi ha riconosciuto e mormorava i suoi saluti e la sua meraviglia nel rivedermi. Un cane latrò furiosamente più volte nel percepire i miei passi. Poi tacque. Il canto lontano e monotono di un cucù. Poi silenzio. Le vecchie gaggie frondose mi toglievano, di quando in quando, la luna ed erano nere ed immobili. Il ponte di legno è diventato vecchio. Scricchiolò lamentoso. Io studiai i passi. Qui un buco, qui una tavola schiodata, qui un’altra tavola schiodata, lì la spalliera rotta da tanto tempo. Chi l’ha rotta? Certamente qualcuno nel tuffarsi. Pensai chi. Inutilmente però. Eccomi arrivato. Przemysl – Pikolice 1944. [ricordi della fanciullezza a Zero Branco] L’aula della Sig. Furlanetto era poco luminosa e molto umida. Al primo piano, dietro il Municipio; bisognava salire da una scala in legno esterna. Nel piccolo cortile crescevano le ortiche e Paolo, il bidello, teneva le galline sotto quella tettoia, in una stia. Ma la tettoia era magazzino di legna da ardere e dei banchi da scuola tutti rotti. C’erano là sotto anche le damigiane dell’inchiostro e ramazze sporche di catrame. Ricordo in quel piccolo cortile la botte carrellata per innaffiare le strade. Quante cose doveva fare Paolo! Era bidello, custode, stradino. Doveva badare a tutte le aule che erano seminate una qua, una laggiù, un’altra a 500 m. e poi aveva anche tutti i locali del Municipio. Povero Paolo! 21 Noi lo facevamo ammattire. Lui ci faceva correre minaccioso, con la frusta in mano. Era la frusta che adoperava per la Checca. Checca tirava la botte per le strade di Zero e mangiava l’erba che cresceva lungo i cigli delle strade comunali. Era polverosa quell’erba e tanto dura, ma Checca la mangiava volentieri dopo aver sfacchinato durante le ore più calde su e giù per le vie della piazza. Paolo riempiva la botte con un barattolo grosso grosso fissato all’estremità di una stanga. Pescava l’acqua nello Zero, là, vicino al ponte della scuola. E per ore e ore doveva fare quella bisogna. Sempre così: riempiva la botte, l’andava a svuotare, ritornava, riempiva ancora fino all’orlo, e continuava fino a sera. Io lo sentivo quando attaccava la Checca. E se stavo ascoltando la geografia che la maestra spiegava, non stavo più attento allora. Paolo parlava alla Checca come fosse una persona. E si consolava con lei ad alta voce se qualcosa quel giorno avesse turbato la sua pace. La maestra leggeva e spiegava le Alpi Giulie, Le Alpi Graie e le Alpi Retiche alla sonnacchiosa scolaresca ed io vagavo lontano, lontano. Pensavo se poteva essere vero quello che Paolo mi aveva detto. Non mi pareva possibile che gli animali parlassero tra loro, e nemmeno che la Checca comprendesse le parole di Paolo. E poi, se è possibile che gli animali si parlino, i cavalli parleranno in un modo, i somarelli in un altro, i colombi in un altro ancora. E volevo quasi domandarlo a Gigi Longo. Ma non potevo perché la maestra mi vedeva. Gigi Longo sapeva molte cose. Lui era più vecchio di noi, disegnava tante belle cose, perfino maschere come Arlecchino, Colombina e Fracanapa. Come era bravo! Lui fece anche i cammelli in legno quando a Natale la Sig. Maestra ci fece fare il Presepio. E poi Gigi disegnava tutti gli album che mandavamo alla IV elementare femminile di Ancona. Era proprio bravo! E conosceva tutti i piccoli segreti e le porcheriole di cui noi eravamo avidi di sapere. Ci parlava pure di 22 misteriose cose che facevano i grandi, e ci aveva insegnato come fossero tutte invenzioni la Befana e S. Martino e la formica. Non è vero che la Befana vien dai monti a notte fonda, che S. Martino viene a cavallo, che la formica porta il premio a chi perde i denti. Tutte storie, tutte bugie per far star buoni i bambini. E ci sembrava schiuso un nuovo orizzonte e già ci pareva di non essere più bimbi. Quella sera eravamo rimasti in aula io Gigi e Bruno Deo. Avevamo appena terminato di “pitturare” l’aula con quegli arabeschi in azzurro quando entrò la maestra col paralume bianco ricamato in azzurro come le pareti. L’aiutammo. Lei salì sul banco di centro. Ci arrivava a stento in punta di piedi a toccare la lampada. Aveva le gonne corte. Noi tenevamo il banco. Ricordo il profumo che aveva la maestra. Si notava soltanto quando era molto vicina. Il paralume cadde. Lo raccolsi io. Lei si chinò per prenderlo dalle mie mani. Aveva la blusetta scollata. Fu un attimo. Intravidi due seni, bianchi, tondi, sodi. Forse diventai rosso come un gambero nel timore che lei se ne fosse accorta del mio sguardo furtivo. Quella visione mi tormentò anche e specialmente negli anni che seguirono. Non avevo visto che quel seno, e ne parlavo con arie da ragazzo precoce ai miei coetanei dopo averne richiesto la massima segretezza. Gigi, poi, ci aveva rivelato una sua scoperta. È stato un gran colpo quella volta perché noi avevamo fin a quel momento un concetto superiore della Sig. Maestra e la vedevamo quasi come un essere senza macchia e differente di gran lunga da tutte le altre donne. Gigi ci disse: ragazzi, venite qua, sentite. La Sig. Maestra fa l’amore con Bibe Balzaro. Non vedete quante volte Bibe viene in aula, e quante volte lei scende? Quando lei scende va in ufficio di Bibe e fanno all’amore. State attenti ogni volta che la mestra ritorna in aula: se è stata a fare l’amore è tutta rossa e un poco spettinata. 23 Da quel giorno ci scambiavamo occhiate intelligenti e strizzatine d’occhio e qualche sorrisetto d’intesa quando la maestra usciva e entrava. Che maliziosi e che canaglie! 4 Marzo 1944. Scrivo dall’infermeria dello Stalag 327. Sono in una stanzetta con Iaccarino. Anche lui è stato ricoverato ieri sera, per orchite. C’è pace qua dentro. In camerata invece, dove ieri nel pomeriggio ci sono stato per pochi minuti, c’era una confusione terribile. Per fortuna è venuto subito a prelevarmi un maresciallo che mi portò al comando tedesco, dove, dopo la rivista al bottino (mi fregarono la fondina della pistola) mi ordinarono di venire all’Infermeria. I medici vollero sentire della mia permanenza al Lazarett e del trattamento usatomi. Mi dispiacque non aver potuto salutare Alfons, dormiva. Ho lasciato detto al maresciallo di salutarlo. Poi con lo zaino in ispalla, accompagnato da un altro maresciallo mi sono avviato allo Stalag. Fortuna che abbiamo trovato un carro polacco. Strano carro. Era fatto di vimini e si scuoteva e sussultava tutto, tanto che pareva di cadere ad ogni istante quando la pariglia trottava. Ho visto per la I volta il paesaggio di Przemisl. Lievemente ondulato, poco bosco, squallidi campi immensi coperti di neve. Stormi di corvi nel grigio cielo. Al campo grande delusione. Mario è partito stamane, mi disse Ugo Malavasi. Lui, Malavasi, era nero. La fregatura continua! e si fa cinghia mi informò. Mi dispiace non aver visto Mario. 7 Marzo. Ieri sera mi sono trasferito dall’infermeria alla baracca. Block 33. Zimmer 1. Che tristezza! Scomodità, poca luce, poco spazio. Stamattina 1½ in mezzo al fango per l’appello. Ho visto cap. Bolf. Mi ha detto Canili che pure Gaggion ha 24 aderito ma è rimasto col grosso dei Repubblicani in attesa di trasferimento. Bolf è arrivato con 50 uff. ieri sera. Sembra invece che Florian e Lena siano nell’altro campo qui a Przemysl. Stanno arrivando i profughi Russi. Devono essere Ucraini. Carri, carri e carri. Donne, bambini, vecchi. Uomini armati. Povera gente! 10 Marzo. La sera dell’otto mi hanno spostato da Piculice a Neurica. Quanto fango per la strada! C’erano i prigionieri russi che trasportavano a spalla i castelli biposto. Poveri cristi! Inciampavano, si fermavano ogni dieci passi, guazzando nel fango fino alle caviglie. Il calcio del fucile tedesco aizzava i più tardi. Molti erano giovanissimi, ridotti malamente, cenciosi luridi, con un sacchetto sulle spalle ed un barattolo vecchio e slabbrato appeso con un fil di ferro alla cinghia. Facevano pena. Noi siamo arrivati qua con lo zaino a spalla. Fortuna che il percorso era breve. Io ero debolissimo. Avevo anche un po’ di febbre. Ho trovato Bosello, Guido Tiveron. Mi sono sistemato in questa camerata ampia e luminosa abbastanza. Dormo sopra il cap. Ortensia. Vecchiotto e piattolone. Dev’essere piemontese. Ieri sera ho visitato Pandolfi e Schileo. Mi han detto alcune notizie importanti. Tidei, Trinca, Simonato, Simionato, Antonello sono passati con le CC. NN. della 49ª Legione. Sembra che la famiglia di Tidei non abbia più notizie di Marino da Novembre. Florian ha aderito ed è partito da questo campo ancora 6-7 giorni fa. Lena è qui a Neurika. Lo vorrei vedere per sentire della sua avventura che è durata circa 1 mese. Pure Gaggion ha aderito. 11 Marzo 1944. Ho visto Lena ieri sera al “passeggio”. Mi ha raccontato un po’ della sua avventura. Cusumano 25 e Braini suoi compagni di “bosco” son passati in seguito col Btg Pinerolo, datosi alla macchia. Pare che Braini sia stato ferito. Cusumano invece presentatosi ai tedeschi ritrovò il padre colonnello e restò in prigionia. Pure restarono Scotti, Arnaboldi, Capitanio, Reschiglian e qualche altro. Ancora ieri doveva partire un convoglio di ufficiali. Arrivò il contrordine ed ancora non si sa quando partiranno. Io non risulto in nessuna lista di partenti. Chissà perché mi sento debolissimo. Forse la primavera!? È una giornata bella oggi. C’è vento. Il vento di marzo. Gli aquiloni, il prato del Tombolo, i primi giochi. Le corse coi cerchi e la “patta” coi bottoni. Tutte belle cose! 14 Marzo. Ieri sono partiti moltissimi ufficiali divisi in 3 gruppi. Forse partirono in 3 convogli diversi. Siamo rimasti circa 700 in questo campo. Si dice che presto partiremo pure noi. Anche Ugo Malavasi e Boselli sono partiti. Ieri con quel vento freddo dovettero stare delle ore aspettando in cortile. Oggi invece non parte nessuno e nevica ancora. Le liste nominative di richiesta da Berlino non sono arrivate per noi. Si dice che le farà di sua iniziativa il comando del campo. Per cui probabilmente partendo di qua noi raggiungeremo un altro campo di smistamento. Di là poi ci manderanno nelle varie località a seconda dei corsi che si dovrà frequentare. Anche stamani nella rivista all’unica camicia che possiedo e che porto da mesi senza poterla lavare ho trovato dei pidocchi. Che schifo! Cerco tutto il possibile per tenermi pulito, ma come si fa? Quando non c’è la biancheria da potersi cambiare! Ricordo di averli avuti anche all’ospedale. Porca miseria! E Mario dove sarà? Povero Mario, ho saputo che anche lui fu ammalato con febbre altissima. I dottori temevano la polmonite. Invece poi si risolse in una forma 26 influenzale che non aveva niente a che fare con la polmonite. Speravo di ricevere da casa. Purtroppo sono rimasto deluso. Chissà perché ho questa sfortuna di non ricevere mai! E faccio mille pensieri pensando a papà e mi morde la coscienza per non aver saputo mai dargli qualche consolazione, ma continui dispiaceri. Papà è arrivato ad una età in cui dovrebbe riposarsi e godere dei frutti del suo lungo lavoro e vedere i suoi figli a posto con una carriera aperta e con uno stipendio buono a fine mese. Invece è tanto diversa la mia condizione ed anche quella di Tomaso che non ci voglio pensare. Speriamo nella stella! 17 Marzo. Tutta la giornata piena di movimento. Si versa questo, si versa quello, c’è la rivista, poi la conta, poi l’appello e infine ci si avvia alla stazione. Ci caricano di sera. Ragazzini polacchi col solito pane, grida dei tedeschi, un po’ di confusione e molto fango. Si parte di notte. Przemysl. Cracovia. Breslavia. Norimberga. 21 Marzo 1944. Siamo arrivati stamattina. Molta pioggia. Solite formalità da parte del comandante la scorta e ufficiali del campo ospitante. 1½ a piedi e poi reticolato, altre sentinelle, altre baionette. Abbiamo ritrovato parte degli ufficiali partiti prima di noi. Grandi delusioni! Baracche piene di cimici, castelli a 12 posti scomodissimi. Sono con Tiveron. Dormiamo al 3 piano. Del viaggio le solite cose: paesaggi vastissimi, piatti, a volte monotoni, boschi neri, coltivazione a campi senza confini, paesetti lindi e simmetrici, città grigie con massicci caseggiati oscuri, centri ferroviari potenti con ponti lanciati, bellissimi. Solite fermate per i bisogni corporali. Tristi spettacoli! Qualche ultimo commercio 27 con i Russi delle armate dell’Est. Ho venduto l’orologio per 2 pani. 22 Marzo. Qui si fanno molte previsioni e altrettante supposizioni. Tutte nere. Qualcuno pensa già ad un probabile ritorno ai Lager. Si parla molto com’è l’abitudine italiana e molte cose supposte da Tizio sono riportate da Caio come avvenute realmente. Io sono passivo e non ascolto che per passatempo senza credere a niente ed a nessuno. Stamattina fecero una lista di tutti i gerarchi, feriti, mutilati e giornalisti. Credo sia una iniziativa del Com.do italiano. Intanto il vitto è da prigionieri. Ora distribuiscono le cartoline. Scriverò a casa. Chissà se loro ricevono? Io qui, ogni giorno che passa, mi dispero di più perché non ricevo. Penso ai miei cari con struggente malinconia. Stanotte ho sognato una stanza grande piena di fiori e ghirlande. Mi pareva che Ciro e Tomaso dovessero morire e quelli fossero i preparativi pei funerali. Che strane cose che si sognano! Dicevano a Zero che sognare la morte di un vivo “gli si allunga la vita”. Fosse vero! Dicevano che in baracca di notte le cimici tormentassero i dormienti. Fortunatamente io stanotte non ho sentito niente. 24 Marzo. Ieri commemorazione del 23 marzo in piazzale, vicino alle baracche distrutte dall’incendio. Parlò un ufficiale superiore. Stanotte altro bombardamento lontano. Il cap. Rumboli, il ten.te Monte ed un altro ebbero il permesso di recarsi in città per la commemorazione del 23 marzo al Fascio di Norimberga. Oggi qualche lieta notizia: riconoscimento da parte del com.do tedesco del campo della nostra posizione; una lista di 99 ufficiali tra cui Bosello, partenti per Semlager, campo di addestramento; distribuzione di birra e 28 sigarette; forse da domani riavremo il vitto da repubblicani. Mentre sto scrivendo, Tiveron scolpisce in una tavoletta di legno un “trittico”: Annunciazione, Cristo, Golgota. Il capitano Parenti è innamorato di un altro lavoretto in altorilievo di Tiveron, “La Madonnina”, e sarebbe pronto ad acquistarla a qualsiasi prezzo. Guido la ha scolpita e poi fatta benedire per la sua ragazza di Treviso, perciò non intende venderla. Ho letto qualche pagina del Vangelo secondo Luca, in francese. Me l’ha prestato il cap. sopracitato il quale l’aveva avuto in omaggio da un prigioniero di guerra francese con la dedica in latino “In secundis time, in adversis spera”. Ieri sera il cap. Parenti nella conversazione “alla buona” parlò di commercio, di industria rivelando una buona cultura. Lo ascoltavamo io e Guido con vero interesse. Oggi invece si parlò un poco del Cristianesimo e dei negatori di esso, degli scismatici, ecc. 28 Marzo 1944. È arrivato ieri assieme a circa 600 Uff.li da Biala Podwlaska Salvo Baldelli. L’ho salutato attraverso il reticolato. Ho visto, mentre ero inquadrato all’adunata del Block 6, il cap. Gaggion Remo che passeggiava. Ieri con 10 altri ufficiali sono andato dal dentista. Ci accompagnava un soldato tedesco, vecchio, sdentato, sembrava una caricatura. Fu una lunga passeggiata per le vie asfaltate del campo che è immenso. Questo campo “Campo di Maggio” serviva un tempo per la gioventù tedesca e si dice che abbia la capienza di 40.000 uomini. Dal dentista c’erano francesi, serbi, russi e noi italiani. Metteva coì tanta fiducia in noi tutti, quel dentista, che nessuno volle farsi curare. Lui, il dentista, voleva estrarli tutti i denti che vedeva cariati. Figuriamoci! Io son gonfio la guancia sinistra, proprio sotto l’occhio, da due giorni. Ho anche un bel raffreddore. Mi tormenta 29 il pensiero di non poter mutare la biancheria. Da sette mesi indosso la stessa camicia e Dio sa per quanto tempo ancora me la dovrò tenere. Sto leggendo un libro di Margaret Halsey, “Piccolo Mondo Inglese”. Me l’ha prestato il cap. Parenti. Da 3 giorni abbiamo il vitto repubblicano. Latte e caffè, miele, burro ecc. 7.50 grammi di pane. Ho mandato gli auguri per Pasqua a casa. 29 Marzo. Ho incontrato al “Passeggio” Sartorello e Cesaris. È arrivato con loro anche Rossi e Pavan e Bellucci. 30 Marzo. Ieri sera abbiamo parlato molto di “ricordi d’amore” con Guido. Ho appreso le norme elementari del Bridge. Mentre giocavavano Guido, Bracchi ten. degli Alpini, Perego cap. Alpini, ed Achilli vecchio capitano di fant., io leggevo qualche pagina di Vangelo in francese. C’è Vignola, altro ten. degli Alpini, che conosce tedesco, francese, inglese e russo. Dà qualche lezione di tedesco a Perego. Alla sera oltre al solito campionato di barzellette che s’inizia alle 9 quando tolgono la luce, ce n’è un altro: quello delle scoreggie rumorose. Bei campioni sono Vignola, Bracchi, e forse, mi pare, dalla direzione da cui provengono, Fürst, ten. plurimilionario torinese cineasta. Questo dorme sul tavolo per paura delle cimici che si diceva infestassero il tetto della baracca e cadessero di notte. Le chiamavano cimici paracadutiste. Dicevo che Fürst ha un vantaggio dormendo sul tavolo, quello di far le scoreggie rumorosissime sfruttando il banco che fa da cassa armonica. Chi lo sa perché si scoreggia sempre e dappertutto. Forse il pane!? Il tempo non s’è messo ancora a posto. Piove adesso, poi magari nevischierà. 30 2 Aprile 1944. È arrivato anche aprile attraverso i reticolati soffiandosi il naso e tutto infreddolito. A gennaio nutrivo altre speranze per questo mese, ben diverse dalla realtà. Ieri, stranissima cosa, i tedeschi ci diedero il pesce fritto. Quando la corvé (soliti ufficiali di servizio per trasporto marmitte rancio) portò la notizia, tutti credevano si trattasse del “Pesce d’Aprile”. Oggi bellissima giornata primaverile. Molti ufficiali a passeggio. Alcune notizie buone arrivate dai campi di addestramento. Qualche voce sul Block 6: sembrerebbe che martedì prossimo partiranno le liste “Milano – Genova – Trieste” e poi tutti noi per l’Italia. Non ci credo “manco per cazzo”. Non ho detto niente del bombardamento aereo di Norimberga del 30 marzo. Mi svegliai quella notte perché tutta la baracca tremava come ci fosse un forte terremoto. Erano le bombe inglesi lanciate sulla città. Durò l’allarme fino alle 3 del mattino. Circa 2 ore. Sono uscito per “pisciare” e ho visto tutto il cielo rosso per gli incendi e strisciato dalle traccianti. Al mattino si vedevano moltissime scheggie della “flac” seminate un po’ dappertutto. Sul bollettino tedesco si lesse che fu un forte bombardamento e che furono abbattuti 18 apparecchi sul cielo di Norimberga. C’è in baracca un vecchietto di Marina Mercantile che s’è fatto 2 denti da sé col temperino. Li ha ricavati da un osso trovato nell’immondizia della cucina. Li ha incastrati a coda di rondine e gli servono benissimo per tenere la pipa e per mangiare. Ogni tanto li leva, li spazzola e poi li rimette sù. Mi viene in mente il paragone che fece un tale sulla nostra baracca. La paragonò alla stiva di una nave da carico ai tempi di “Passaporto rosso”, quando era strapieno di emigranti. È infatti così: buia, stretta, con 31 questi strani castelli, ha proprio le caratteristiche della stiva. Ho letto qualche canto di “Dante”. Temo d’aver perduto quella poca memoria che avevo. Ne ho avuta l’ennesima riprova quest’oggi parlando di letteratura con Tiveron. Non ricordo se fu l’anno scorso che ricevetti in una lettera di Fiorenza qualche foglia di ulivo. Oggi a Zero ne avranno benedetto molte palme. I più giovani lo porteranno all’occhiello. In tutte le case vicino all’immagine di Gesù sarà fissato un ramoscello. 4 Aprile 1944. Ieri ho ricevuto la 2ª cartolina mandata in febbraio. Ho saputo di Ciro, Minello, Miotti, Ghedin. Che fortunati! Ho risposto con una lettera stamattina ed ho spedito anche un modulo. Papà mi disse di aver spedito 3 pacchi. Io invece ne ho ricevuto uno solo. 10 Aprile. Ieri la S. Pasqua. Pioggia tutto il giorno. Non ho adempiuto ai doveri di credente e professante. Mi sento però un certo che. Devo sforzarmi per vincere questa specie di repulsione, di miseria fisica e decidermi una buona volta: confessione e comunione. Stamane sono partiti per Trieste – Milano – Brescia e Verona circa 800 ufficiali: Aviazione, Artiglieria, Genio, Servizi, Autocentri. Fanteria niente: la solita sfortunata! Adesso c’è un nuovo comandante del Block, un cap.no tedesco piccolino, energico. Ieri Guido ha invitato Bosello a pranzo. Un bel risotto con lardo e salame e secondo di panini con marmellata. Alla sera sbobba di piselli e patate, secondo brasato e crauti. Ricche sigarette offerte da Bosello e passeggiata lunga con Salamon per digerire un po’ (s’era tutti gonfi). E Mario come l’avrà passata? 32 Stamattina ho lavato la camicia. Finalmente mi sono deciso dopo mesi che l’indossavo. Bosello preso a compassione per vedermi senza camicia me ne volle regalare una di tela con maniche corte Abbastanza buona; anche a lui era stata regalata. Anche la IV Pasqua che passai lontano da casa mi ha lasciato qualche momento di nostalgia.Però credo di essermi indurito il cuore e incallito l’animo. Una volta mi commuovevo assai di più. Ho osservato che le Pasque passate via di Zero sono progressivamente peggiorate di anno in anno. I a Palermo II a Moscho III a Mostar IV a Norimberga con reticolato. In queste notti sogno stranissime cose. Ho visto serpenti che mi mordevano, assistito ad agonie di parenti e… di me stesso. Ho rivisto mamma, ma in situazioni molto ingarbugliate e tristi. 13 Aprile. Giornate piene di sole. È piacevole passeggiare la sera su quel tratto di asfalto che comincia da un cancello con reticolato e finisce in un altro cancello con reticolato. Da una parte e dall’altra una sentinella con baionetta in canna. Chissà perché ormai il reticolato mi è familiare. Mi è difficile pensare strade, prati, piazze e case senza filo spinato, senza sentinelle, senza baracche in legno, senza i capibaracca. Ci sono diversi ufficiali che si recano in permesso a Norimberga sulla loro parola d’onore. Anche ora (14.20) siamo in allarme. I Francesi e i Russi scappano nei rifugi appena sentono i segnali. Forse avranno subito qualche dura lezione , o forse erano presenti a quel bombardamento che distrusse decine di baracche in questo campo. Si dice dai tedeschi che se arrivassero degli spezzoni incendiari le baracche colpite brucierebbero in pochi 33 secondi. Bisogna stare attenti e tenere aperte le finestre: uscite di sicurezza. 15 Aprile 1944. Ieri sera ho visto Bazzano Franco da Spezia, compagno di corso A.A.U.U. Aderente dai primi giorni di Ottobre. Commercia coi Francesi del Block vicino. Ha promesso a me e Luciano Salamon sigarette americane. Ho conosciuto Maschio, sten. Bersaglieri da Gaiarine. 2 altri da Motta di Livenza e Oderzo. Da alcuni giorni siamo sprovvisti di sigarette. Anche Bosello, che ci faceva fumare di tanto in tanto, ha finito il tabacco. Anche stasera ho digiunato. Infatti tutti i giorni in cui non ci sono due ranci mi “sbaffo” tutto il pane al mattino e a mezzogiorno la sbobba. Poi fino al giorno dopo «cinghia». Ieri sul “Giornale di Adria” “Adria Zeitung” abbiamo letto del bombardamento terroristico di Treviso. Prego Iddio che tutti i miei cari e parenti siano salvi. Sembra che anche Mansuè sia stato bombardato e dicono anche Canizzano. Dio non lo voglia. Ho assistito a molti giochetti che ufficiali per passare il tempo cercano nelle ricordanze di bimbi e mettono in atto. Stasera giocavano a “scalon” con la “patta” e ad occhi chiusi facevano “am” “salam”. Ieri sono stato tutto il pomeriggio a torso nudo a prendere sole. 16 Aprile. Un fringuello saltella sull’erba misera e sciupata. Un maggiore della baracca dirimpettaio ammazza i pidocchi. Il cielo è grigio da stamattina. Mi hanno annunciato un pacco. Ricordo le gite a Cornuda e bevo birra. Forse domani si fuma! W! W! Ho letto “Tacito” di Emanuele Giaceri, ed. U.T.E.T. “I grandi 34 italiani”. Libro della biblioteca del campo appena costituita con volumi inviati dalla Croce Rossa Italiana. Ieri ho ricevuta una lettera di papà in data 11/1/44. Ciro impiegato al Ministero C.C.P.P. e Tomaso all’Uff. Agricoltori. 22 Aprile. I giorni passano, le settimane si susseguono e noi restiamo qui rinchiusi tra speranze che si dileguano, pessimismi che riaffiorano e notizie sensazionali ed intermittenti. Ieri fu commemorato il Natale di Roma da un semplicissimo discorso del Ten. Col. Maione. Pioveva ed abbiamo cantato. È tornato l’altro ieri il cap. Ruboli da Milano. Anche Regolo tornò in prigionia dopo di essere stato a Roma. Quante cose si dicono di Ruboli e di quel che dovrebbe fare a Berlino dove andrà tra giorni! Ho mangiato con Tiveron e Bosello il risotto fatto ieri sera con la roba del pacco: ottimo! Ho qualche dolorino al fegato e mi sembra di avere gli occhi un po’ gialli. Voglia Iddio che non sia l’itterizia! Ho trovato ancora Bazzano. Continua a fare commercio coi francesi nonostante la proibizione severa e le “retate” che gli ufficiali dei carabinieri hanno fatto. Il ten. Gaio, ex alfiere dei moschettieri del Duce, incaricato per Pulizia del Campo, ha detto di avere malmenato 2 ufficiali che facevano commercio al reticolato. Qui, quasi ogni giorno, il cap. Vinzia dell’ufficio Assistenza mette all’asta sigarette sequestrate e gallettine francesi. Oggi 5 gallettine 15 marchi. 2 sigarette 14 marchi. Roba da matti! 26 Aprile 1944. In questo momento c’è buon umore in baracca. Quasi entusiasmo per una lettera del Col. Rasera esposta al “pubblico”. Sta scritto che tutto il campo di Norimberga è destinato in Italia. Il ritardo è 35 causato dalle difficoltà dei convogli. Per conto mio, non ci vedo chiaro! Ieri ho ricevuto una cartolina di Nina. Mi dice che “nutre le più belle speranze per il mio ritorno”. Ho sbagliato quella volta nello scriverle. Sono sempre in pensiero per il bombardamento di Treviso e di Venezia. E Berto che pure lui è in Germania, avrà aderito? 30 Aprile. L’altro ieri il Cap. Rumboli di ritorno da Berlino ci disse molte cose belle. Non ci illudiamo più. Ho osservato che invece di sollevare gli animi la conferma della nostra prossima partenza per l’Italia ha abbassato il morale. È strano, ma è così. Nel pomeriggio ha parlato anche un capitano di stato mag.re gen.le tedesco venuto apposta da Berlino. Disse le stesse cose: “tutto il campo di Norimberga destinato in Italia”. Intanto partono i capi tra cui Vinzia, Ballarin, Maione ecc. Partirà domani anche Nichea Federico di Trieste. Avv.to. Oggi c’è una rivista alla B.cca 78. Si fa una cinghia maledetta di sigarette. Fa freddo ancora di notte ed ieri è nevicato alle 9 di mattina. 7 Maggio. È passato un mese dal bombardamento terroristico su Treviso. Non sappiamo altre notizie che quelle attinte dai giornali e dalla lettera del Cap. Bevilacqua a Gaggion. Siamo tutti impazienti. Ho ricevuto in data del 4/4 a distanza di due mesi. Con un po’ di disappunto ho appreso di Tomaso che si è arruolato. Sigarette non ce le hanno date. Cinghia! Alcuni, pochi, fumano ancora. Noi abbiamo speso gli ultimi marchi per comperarne (a 3 marchi) dai francesi. Giornate monotone, tutte uguali. Studio un po’ di Croato, un po’ di chimica. Non ho carta per fare 36 appunti. Ho le scarpe rotte e non passeggio più nel “Boulevard degli Italiani”. Ho sempre male in qualche posto. Adesso mi è venuto un gonfiore alla gamba destra. Mi fa male anche alla gola. Ho constatato che questo anno è l’anno dei dolori per me. Il Col. Fagioni è stato chiamato a Berlino. 14 Maggio. Da sette giorni sono a letto. Quel gonfiore si è allargato e mi ha preso anche la caviglia che non posso più muovere. Anche nell’altra gamba si sono moltiplicati quei gonfiori che diventano rossi se mi sforzo di stare molto tempo in piedi. Ho avuto febbre abbastanza alta e dolori a tutte le giunture. Mi par di essere un vecchio della “Casa dei Cronici”. Com’è triste sentirsi deboli, fiacchi, rattrappiti, mentre altri corrono, giocano al pallone, alla boxe, saltano, allegri e contenti di rientrare presto in Italia. Il Col. Fagioni di ritorno da Berlino non ha portato novità. È venuto il Gen. Princivalle a prelevare ufficiali per la S. Marco. È arrivato dopo qualche giorno anche il Colonnello Grassi [?], tedesco, di ritorno dall’Italia dove ha conferito con Graziani per nostra posizione. Sembra che si parta quasi tutti per Aqui. Ieri invece un colonnello italiano decoratissimo (5 med. argento) in divisa tedesca è venuto a prelevare comandanti di Btg. per la sua unità corazzata. Non so niente di casa mia e miei parenti. Tiveron, Bosello, Pandolfi hanno ricevuto. Tutto bene. Sfollati. 16 Maggio 1944. Stasera mi sento un po’ meglio. 37 Son dieci giorni che sto a letto. Il pagliericcio è così duro e disuguale che è impossibile immaginarlo. Quella carta filata si pesta in maniera bestiale, tanto che sembra d’aver sotto fette di roccia. Un soldato ha voluto 10 marchi per lavare quel po’ di biancheria. Mi rimangono 8 marchi dei 24 che ho riscosso stamane. 6 per 2 sigarette; 2 per rifondere la coperta di Confalonieri, ceduta ai tedeschi. Per l’ennesima volta cadono le speranze di un presto rientro in Patria. Vengono qui da tutte le parti d’Europa personaggi e lettere che ci dicono cose belle, promesse, ordini di partenza. Però non ci muoviamo mai. E ogni sera saliamo con fatica al 3° piano del “castellaccio” lurido, lasciando nella polvere le speranze crollate che si confondono con le ciabatte vecchie, i pagliericci fradici e la biancheria sporca. Il nostro animo arido non vede che tenui bagliori di verdi speranze che si spengono presto lasciando più buio, lasciando più freddo. Così da mesi lunghi che sembrano anni, tiriamo avanti scettici acidi, increduli e con dolore. Da casa mi scrivono che stanno bene. Cira mi parla della visita di Mario. Anche Mario mi ha scritto. In una crisi di sconforto ho pianto. E paragonando la fortuna degli altri con la mia sventura mi parte di essere segnato dalla matrigna sorte. Che ho fatto di male per dover sopportare tutte queste croci? E questi dolori che mi inchiodano a letto? Anche a mamma ho pensato sovente. Solo lei, pensavo, mi avrebbe potuto consolare e avrebbe capito le mie pene. Ma lei è lassù. Povera mamma, come mi sento bambino quando ti penso! 20 Maggio. Sono partiti Vignola e Bracchi. A quest’ora staranno comodamente in treno. Beati loro. Prima di lasciare la baracca sono venuti a salutarmi quassù al 3° 38 piano del castello. Erano le sei ore e noi dormivamo. Ci siamo baciati con l’augurio di rivederci in Italia. Vignola mi ha promesso di imbucare la mia lettera indirizzata ai miei cari. Che stranezza! Da qualche tempo ho l’impressione che a casa mia sia avvenuto come un rilassamento di affetto fra Papà, Tomaso e sorelle. Spero che non sia affatto vero e che tale impressione sia causata in me dalle concise schematiche lettere che ricevo da loro e che non potrebbero essere altrimenti data la scarsità di spazio che in esse cartoline vi è. Più tardi . Il cap. Anzimanni mi ha portato una cartolina di Zia Maria. Ho compreso lo strazio che ha colpito quella famiglia, la zia e i piccoli Beppino e Anna. Anche loro hanno conosciuto troppo presto il dolore. Povere creature provate duramente dalla sorte! Ho risposto con una lettera cercando di infonder loro un po’ di conforto. Perché Papà e Zia Ida non mi hanno scritto niente? Immagino il dolore di Papà e Zia Nina. Povero Papà, è rimasto il solo dei 5 fratelli. A noi manca la mamma, a Ciro Maria e Clelia manca il babbo, A Beppino e Anna manca il babbo. Quante disgrazie in pochi anni ha subito la nostra famiglia! E quando ci sarà finalmente un po’ di pace? Quando? Forse che ci è serbato nuovo pianto ad ogni anno? Zio Silvio, ora che hai raggiunto le anime dei nostri cari prega anche tu per noi tutti. Le nostre lacrime ti dicono ogni giorno il nostro dolore. E tu gran Dio accogli le nostre parole: L’eterno riposo dona a loro, o Signore, e la luce perpetua. Riposino in pace. Così sia. 22 Maggio 1944. Sono giornate fredde, queste, umide e piovigginose. Sembra di vivere il Novembre delle nostre regioni. I miei reumatismi si fanno sentire di più con questa umidità. Tiveron è andato a lavorare nella Kartei. 39 Il cap. Bertoli è andato alla disinfestazione e partirà domani per Semlager (Div. Littorio). Della nostra partenza non si sa niente. Gli attacchi sferrati a Cassino e Anzio mi fanno pensare male e aumentano i timori e le paure. 23 Maggio. È freddo, manca il sole. Dalle finestre entra una luce scialba e rumori di apparecchi che navigano nel cielo grigio. Nella nostra “sezione” siamo rimasti in due: Merola ed io. Gli altri sono fuori, chi a passeggiare, chi a lavorare alla Kartei. Stamane presto è arrivato un sottotenente della Forlì dal campo di Treviri (vicino Lussemburgo). Fu trovato seduto all’entrata della Baracca da Tiveron che gli offrì un pagliericcio. Non è aderente, ma “ha manifestato di aderire, ai tedeschi”. Così afferma lui. Può darsi che segua la nostra sorte. Sarebbe fortunatissimo! 25 Maggio. Quel sottotenente nuovo arrivato è di Trieste, si chiama Vito Dini e conosce la Franca Midollo. Disse che abitò in casa sua per qualche anno ed anche ora non abita lontano. Dini mi ha prestato i Poemi Conviviali del Pascoli. Ho imparato così a conoscere un po’ questo grande poeta Romagnolo. Sembra che la Marina e l’Aviazione partano fra non molto. Penso ancora alla fortuna di Mario Luison, ma non riesco a immaginare la mia partenza. Qualcuno, come Guido, pregusta già una licenza; a me queste troppo grandi gioie mi sembrano irrealizzabili. Intanto sta per morire anche Maggio; sono entrato nel nono mese di reticolato. Quando respireremo aria libera? 40 Ore 19. Mi affacciai poco fa alla finestra. Più in là, altre baracche verdi, e reticolato. Sotto la finestra, dove batte l’acqua delle gronde, non cresce l’erba. Appena più in sù verdeggia il trifoglio. Vi posai gli occhi ma il mio pensiero era molto lontano e vago come nel dormiveglia. Eppure in quella striscia di erba tra tante innumerevoli piantine ne scorsi una: un quadrifoglio. Uscii e lo colsi. Chi mi disse per primo che il quadrifoglio porta fortuna? 26 Maggio. Gocce di pioggia sui vetri sporchi delle finestre. E poi rivoletti che scendono storti dalle gocce più alte e più gonfie e prendono le gocce più piccole, più basse, bagnando il telaio polveroso. Così anche nel parabrezza di una macchina in corsa. Ricordi. Il vento scuote gli alberi che hanno foglie gialle e s’imbeve la terra sabbiosa come carta assorbente. Vedo tre fili elettrici inutili senza rondini. Come le mie speranze. 27 maggio. Questo pomeriggio di sole scialbo e di nubi dona sonnolenza e languore. Il silenzio che respirai da tutti i pori, poco fa, nella baracca della biblioteca mi riempì la testa e ne stupii. Tanto siamo abituati a rumori e strepiti?! Dicono che un francese abbia tentato la fuga. C’è stato un appello straordinario. Tiveron è andato in permesso a Norimberga. Dicono che qualcuno sente la primavera ed uno strano ribollimento nel sangue. Hanno trovato infatti delle coppie sotto i “rifugi di fortuna”. Strane coppie di ufficiali che cercano l’oscurità e guardano le stelle e sospirano… Chi si sente troppo maschio, chi si sente troppo donna… Così, sospirano guardando il buio, e parlano sottovoce e si toccano le mani. Sulle loro teste è 41 sospesa la sabbia sopra tavole bruciacchiate e vi crescono sterili erbe ed il trifoglio. Col Bollettino di oggi (occupazione di Velletri) mi si aumentano le preoccupazioni e i timori. Ho paura che in Italia non ci arriverò tanto presto. Ma perché, dico…, devo essere tanto scalognato?! Perché. Sera. Sono stanco come se avessi fatto una marcia di 40 km. Invece non ho che passeggiato piano, da solo, fino laggiù al cancello. 29 Maggio 1944. Tiveron mi ha portato delle foto di Norimberga. Ieri ed anche oggi bellissime giornate. Con questo sole perché non ci sono le cicale? I Tedeschi festeggiano la Pentecoste, oggi, lunedì. Tutti gli ufficiali si mettono in pantaloncini e stanno al sole. Ho visto una pianta di ginestra. Ha il fiore quasi uguale alle nostre “bocche di lupo”. Non ha profumo. Avevo un’idea ben differente della ginestra. 31 Maggio. Sono partiti gli Ufficiali di Aviazione che ancora soggiornavano con noi. Di Domenico (don Ciccillo) mi ha portato una lettera in Italia. Giorni fa ho visitato la “Mostra d’Arte” che fu preparata alla baracca 78. C’erano dei lavori di valore. Quotatissimi quelli di Lazzaro, Perghen, Sanavia ecc. Ho fatto un conto approssimativo e mi risulta che dei 9 mesi di prigionia uno l’ho fatto in treno. Da Ragusa a Stablac 16 giorni Da Stablac a Benjaminovo 3 giorni Da Benjaminovo a Przemysl 7 giorni Da Przemysl a Nürnberg 4 giorni tot. 30 42 Domani avrebbero dovuto partire gli Ufficiali di Marina. Invece niente. Quand’è che partiremo noi? Son passati ormai i 14 giorni del Co.llo Grassi. ore 19. Primo temporale con fulmini e tuoni. Ci hanno tolto anche una parte di pane per darla ai malati. C’è stato un casino stamattina, tutti reclamavano. Noi italiani non abbiamo il senso della misura: infatti non bastava dare ai malati uova, cioccolato, marmellata e zucchero? 2 Giugno. Ecco arrivato pure Giugno. Maggio ci ha lasciato col sole dopo averci regalato giornate bellissime. Invece Giugno è sempre imbronciato, ed alla sera s’infuria lanciando tuoni e saette. Come pioveva ieri sera! Proprio come da noi, quando fa temporale. E Zia Nina correva a destra e a sinistra per la grande casa; mandava la serva a chiamare i pulcini, il garzone a chiudere i balconi del granaio, gridava a noi che sotto i primi goccioloni radi e pesanti si correva imbizzarriti come le rondini lassù nel cielo nero e minaccioso. Poi tutti quanti chiusi in casa con la luce spenta e nel buio dei balconi serrati si diceva il rosario, accese le candele bianche e rosse e bruciato l’incenso. I tuoni mettevano un po’ di paura. Cira piangeva. E Zia Nina continuava a pregare: A folgore et tempestate libera nos Domine. Poi l’arcobaleno, il sole ritornava con un buon profumo di erbe e fieni. Nell’orto s’andava a raccogliere la frutta caduta col vento. Ieri mattina in biblioteca mi sono arrabbiato. S’era una ventina di ufficiali ad aspettare fuori dalla porta l’ora d’apertura. Poi si doveva entrare 3 per volta nello stanzino dei libri. Incominciò uno a spingere e tutti gli altri l’imitarono. Sicché tutti pigiati gli uni sugli altri, e i primi incollati alla porta, perché? Per l’indisciplina che è una seconda natura in noi italiani. Roba che fa schifo, 43 che indispone. E siamo ufficiali, la parte eletta della nazione. ore 11. Elettricità in baracca, euforia, allegrezza. Si parte! Si parte! Notizia confermata dal Comandante. Stavolta è proprio vero! W W. Tutti sono contenti. Io sarei tentato a rallegrarmene. Ma troppe delusioni mi hanno insegnato prudenza in tutto anche nella speranza. Una rondine non fa primavera… Sera del giorno 3 Giugno 1944. Ieri sera non si riusciva a dormire dal nervosismo. Si credeva davvero che fosse la penultima notte. C’erano infatti notizie ufficiali di partenza domenica mattina in 2 convogli: 1° convoglio composto di capitani tenenti e pochi sottotenenti, 2° convoglio composto di sottotenenti e ufficiali anziani. Esclusa la Marina, Commissariato, Sussistenza. Col viso sul duro guanciale, non riuscivo ad addormentarmi e sognavo tante belle cose con gli occhi nel buio della baracca. Poi calarono le cimici dal tetto e mi tormentarono fino a notte alta. Stamattina si versarono tutti gli oggetti datici dai tedeschi. Nel pomeriggio ci fu una prima adunata per ritiro delle personali ricevute dei marchi da incassare. A me devono 438.38 R.M. Ci doveva essere pure la seconda adunata, sospesa a suo tempo perché… perché la partenza è stata rimandata di 24 ore. Il «Morgen» tedesco che per tanto tempo è stato il nostro assillo, la nostra disperazione, è tornato alla ribalta, anzi ci sta sospeso sul capo come la spada di Damocle. Fino all’ultimo istante ci fanno penare: Dio Santo, perché illuderci così? Forse non è colpa loro, ma noi siamo ciechi, non vediamo che buio, non pensiamo che male. Domenica 4 Giugno. Dovrebbe essere l’ultima che passo tra i reticolati. Adesso sono le 15.30, tra ½ ora ci 44 sarà l’adunata di commiato. Parlerà il col. Küne. L’ultima volta che lo vidi fu a Benjaminowo. Ricordo come ora la sfilata della colonna degli aderenti carichi del bagaglio. C’era sole, vento e nubi. Fino a pochi minuti prima era piovuto. La strada fangosa era piena di pozzanghere e le ultime sentinelle ci ricontarono per l’ennesima volta. S’era contenti per speranze che avevamo in cuore ma che non si avverarono. Sullo sfondo del cielo bianco e azzurro, sopra la scarpata verde al lato della strada si stagliava la figura snella di un ufficiale tedesco. Un cane grosso abbaiava furioso al nostro passaggio e poi scodinzolando ritornava sull’argine alto dove il padrone stava immobile. Era il col. Küne. Sembrava non ci degnasse d’uno sguardo. Chissà stavolta come ci guarderà, cosa ci dirà. 7 Giugno. Nel cortile della caserma Duca d’Aosta c’è un po’ di subbuglio. Stanno organizzando alla meglio. Io son qui seduto sullo zaino sotto un ippocastano. Percorso fatto da Norimberga: Monaco, Innsbruck, Brennero, Bolzano, Trento, Verona, Milano, Brescia, Alessandria, Acqui. Sono le ore 12. 9 Giugno. Sono le 10 di sera. È suonato il silenzio. M’è sembrato di essere al corso AA. UU. Oggi c’è stata visita medica e bagno all’albergo… termale. Domani ci sarà l’interrogatorio. Sono uscito poco fa dal cinematografo. Guido è voluto andare al dopolavoro dove ieri sera le donne fasciste ci hanno offerto ciliege e biscotti. S’è parlato con quella signora molto gentile che ha il marito in Polonia. È successo poi quel piccolo inconveniente di Radio Bari e di conseguenza lo sdegno della signorina giovane. Oggi sono un po’ sù di morale. Ieri e l’altro ieri ero assai giù. Ho ascoltato i discorsi dei generali, molti aderenti al vero e assai chiari. Purtroppo ho dovuto convincermi 45 della situazione. Ne ho dedotto tanti pensieri e ne ero rattristato. 11 Giugno 1944. Oggi è domenica. Com’è stata lunga questa settimana! A pensare che domenica scorsa ero ancora rinchiuso tra i reticolati non mi par vero! Vedi com’è la natura umana? Stai in ansia, tremi per il timore di non arrivare in tempo in Italia, stimi infinitamente felice chi respira aria libera e daresti anni della tua povera vita per raggiungere quello stato di esistenza, poi un bel giorno, quando l’hai raggiunto, non ti volgi neanche indietro a considerare cosa sei e cosa eri. Troppo presto è attenuato il ricordo delle cose tristi. Io penso che se in noi restasse più vivo tale ricordo se ne trarrebbe un insegnamento continuo. Stamane ho subito l’interrogatorio (anche questo fa parte delle operazioni che si devono fare prima di avere la licenza). Domani forse ci sarà il giuramento. Corre voce che ad Alessandria abbiano (i tedeschi) fermati degli ufficiali. Nuovi timori? Certo, non sono cose che fanno piacere. Giugno. È passato tra saluti, visite agli amici, ai parenti e dal dentista. Ho scritto a Nina qualche volta esprimendole i miei sentimenti e il morale abbattutissimo. Luglio. Ho fatto conoscenza con la Sfo-Com = Compagnia di Sfollati. Conoscevo già Spartaco Artuso, Bruno de Paris, Marina Matarollo. Fu Bruno ad invitarmi ad un ballo in casa di Uccia Zamberlan sfollata a Sambughè. Ho saputo da Edda che Marina mi aspettava e ne parlava spesso anche a mia madre. 46 Finisce la licenza e mi presento a Treviso. Mi destinano a Istrana. Ci vado quasi ogni giorno in bicicletta. Mi ritrovo con Luciano Salamon, Bosello, Tiveron, Gasparini, Ulliana. Non c’è controllo. Me ne resto a casa anche 3-4 giorni. Mi spiace non poter vivere a Zero ora che ho trovato da passare il tempo con le nuove amicizie. A Istrana mi fanno un cicchetto solenne. Ci danno il corredo. Perciò bisogna indossare l’uniforme. Non parlo delle disillusioni per quanto riguarda la Repubblica e l’esercito. Non ho più voglia di far niente. La camorra è grande. Perdo tutto quel po’ di entusiasmo che in Germania negli ultimi tempi mi era stato inculcato. Ogni sera sono a Zero e molte volte anche di mattina. Me la spasso con Teresa. Fu grande gioia ritrovarmi a Zero con Mario Luison. Viene spesse volte. Lui è al Deposito di Mestre. Una sera Mario mi aperse il suo animo. Appresi cose che mi fecero male all’anima. Lo pregai di non venire più a Zero. Lui quasi pianse. In quello stato d’animo credetti di aver perso il migliore amico. Pensai che non esiste l’amicizia. Agosto. A Istrana mi presento ogni giorno in divisa. Da Zero parto in pantaloni lunghi g. v. e a Condotta, dove ho la stanza con Sandro Gasparini, mi metto la giubba sahariana. Ci impiego qualche minuto per essere in uniforme. Conosco le signore sfollate Malossi e la signorina. Qualche sera devo pernottare a Istrana perché mi hanno messo di pattuglia notturna. Servizio pesante e inutile. I soldati sono pochi e indisciplinati. Dal canto mio dò cattivo esempio e me ne frego del servizio. Qualche sera sto di pattuglia una o due orette e poi me ne vado a dormire. Penso che una pacchia simile non può durare. 47 Intanto ci pagano gli arretrati 19.000 Poi la perdita bagaglio 8.000 Poi la licenza non fruita 3.000 E la mensilità è di 3.600 con i viveri. Prendo diversi arresti semplici e di rigore perché riscontrano che me ne resto a casa spesso e volentieri. A Nina non scrivo più. Rinuncio al progetto di andare a Oderzo. Con Teresa passo molte ore e me ne vado con lei a stradette e campi. Con la Sfo- Com si va da Uccia, si va da Italo Zugno nel pescheto. Mi diverto quella domenica con Uccia. Si beve grappa. Ci si elettrizza. Le solite ragazze incominciano col pettegolezzo. Stimo che la Sfo-Com si sfaldi. La credevo di tutt’altro spirito. A Zero ci sono le giostre. Ogni sera c’è frastuono di canzoni e spari di mortaretti. Il coprifuoco è anticipato. I patrioti sono scesi fino a Soligo – Follina e comandano un po’ dappertutto. C’è un rastrellamento in vista. A Istrana c’è calma. A casa hanno comperato un maialino. Settembre. A Istrana c’è qualcosa nell’aria. Soldati disertano perché non vogliono andare a Fadalto. Scappa anche Marco Graziati. Adesso il servizio di pattuglia notturna è più pesante. Ogni tre sere. La notte fa freddo. Faccio la spola Zero – Istrana. Di Mario Luison ho avuto un biglietto. È a Mesola – Treporti. S’è sganciato elegantemente. Molte volte sono indeciso su quello che una volta o l’altra dovrò fare. La notte del 28 Settembre a Istrana il cap. Amadi ruba un cavallo dalle scuderie. Il cap. d’ispezione cerca l’ufficiale di pattuglia. Dovevo essere io. Invece il sottoscritto quella notte se ne stava pacifico a casa sua reduce dal ballo in casa di Uccia. Intanto il cap. fa 48 rapporto. Il coll.llo non c’è. Quando torna dice al rapporto ufficiali, al quale non c’ero, che mi avrebbe denunciato. Questo me lo riferiscono i colleghi il giorno 30, e mi consigliano di scappare per sempre. Io li ascolto e me ne vado a casa 10-12 giorni. Conosco quelle brave persone che mi parlano di amor di patria e di giustizia sociale. Mi sembrò di vivere qualche istante nel Risorgimento. Intanto mi decido a scandagliare per sapere cosa mi avrebbero fatto in caso fossero venuti a casa mia per cercarmi e soprattutto cosa avrebbero fatto alla famiglia. Il col. Gualanti che dorme a Zero promette a mio padre di interessarsene. Infatti ne parla a Rocco. Il com. provinciale mi riceve il giorno 10 e dopo la paternale mi promette di ritirare la denuncia. Volzone invece appena mi vede mi fa portare in prigione. Conosco così Giuseppe Barbaro. Lisetta e papà vengono a trovarmi. Viene anche Nina, e Teresa quasi ogni giorno. Finalmente dopo tante promesse a Lisetta, Volzone, il comandante di Istrana, mi mette a piede libero. Lisetta, sicura che il colonnello avrebbe mantenuto la promessa, aveva trovato già un bellissimo impiego per me, ai pompieri di Mestre. Incomincio anch’io a crederci. Però ci fanno un’altra volta la domanda dei Reparti Arditi. Questa volta ci obbligano a dire di sì. Addio congedo! Chiedo di andarmene all’ospedale militare di Biadene. Parto il giorno 28 dopo aver aperto il mio cuore a T. Fu uno sbaglio il mio, e quella gelosia era il frutto delle mie ghiandole endocrine. A Biadene i giorni passano lenti e monotoni. Piove sempre. Non mi curano. Mi fanno soltanto esami e raggi. Viene Lisetta a trovarmi. Viene Teresa. 49 Arriva Novembre. Faccio la confessione dopo 3 anni e ½. Mi dimettono il giorno 8: “non abbisognevole di cure né di provvedimenti”. Allora corro dal Prof. Pennati che mi ordina una cura. Mi ripresento a Istrana. Solita vita. Bosello acquista la radio. Dormiamo nella stanza degli Arresti. Si sta bene. Sono arrivati altri s.tenenti di prima nomina: Mafera, Poiani, ecc. Il giorno 20 grandi novità: un corso per ufficiali ad Acqui. Un trasferimento dei disponibili a Torino. Ci sono di mezzo anch’io. Per molti c’è la corsa alle raccomandazioni. Io non faccio niente. Sono del parere con Frezza di andare in bicicletta. Intanto si stabilisce con tutti di non arrivare a Torino prima del 10 Dicembre. Dicembre. Conosco 2 ragazze al ballo (?) di Scandolara. Con Italo Zugno si va ad accompagnarle a casa da Achille Calzavara (sono sfollate là). Si balla e si fuma. Una bella serata in 4. Non sono contento. Penso a casa. Però continuo. Il lunedì viene Italo Gardin. Poi ogni sera si va assieme e si scherza con loro due, si gioca, si passa il tempo. A me sono indifferenti tutte e 2. Lei, la Marinucci, volle sentire strane cose. Che io le volessi bene ecc. Io no. La mia mente era altrove. Poi l’ultima sera mi salutò con strane parole. In fondo del cuore ridevo. Ho salutato anche Teresa. Lei è convinta che io sia a Torino. Il dr. Mazzoleni mi diede lettere da imbucare a Milano e Torino. Tomaso le imbucò a Mestre. Il giorno 4 sera presi la valigia e partii. Arrivai dopo ½ ora. 50 5 Dicembre. Mi trovo un po’ disorientato anche per le troppe premure che si prendono per me. Stanotte ho pensato a tante cose inutili a una quantità di se e di ma. Ieri sera appena arrivato trovai buona accoglienza. Ho passato la prima serata a filò. C’erano anche giovinotti del vicinato. Giocarono a carte. Il lume a petrolio, il maiale che russa, le vacche che ruminano. Qualche discussione militare e politica. Poi a letto. Al mattino rumore di zoccoli. Il camino acceso della luce rossa del fuoco illumina anche la mia stanza. Mi sveglio. Fuori è ancora buio. Le faville sono rosse e tanti ricordi mi vengono un po’ lieti un po’ tristi. La Befana, le gite in carrozza quando c’era la mamma. A Pasqua andavamo dai nonni. Che belle giornate quelle! Poi morì la mamma e cominciarono le sventure. 6-7 Dicembre. Una passeggiata sui campi con Rino, il figlio di Guerrino. La terra è inzuppata. Romeo e Giovanni aravano lo stesso. Sempre suscitano pensieri forti i buoi col giogo e l’aratro. Lisetta è venuta oggi venerdì 8 Dicembre. Mi ha portato il piumino ed altre cose. Ho letto la prima lettera di Maria Verducci. Dice che mi vuol bene. Mi aveva inviato anche un romanzo. Ho rispedito a lei tutto. 10 Dicembre. Sono stato con Romeo da Zio Beppi e Zio Amedeo. Di ritorno ho trovato Babbo. Ieri sera ho giocato a Bestia. Ho perduto qualche biglietto da 10. 11 Dicembre. Solita vita. Leggo e prendo appunti. Ho scritto a Mario e a Mila Santinelli via XXX Ottobre 1 Fiume. Ma penso sempre a Tsa. 12 Dicembre. L’altro giorno ho conosciuto 2 ragazzi 51 amici di Armando. Uno andrà con Armando a Venezia per il liceo. L’altro resterà. 13-14 Dicembre. Niente di nuovo. Ho avuto da Armando, tempo fa, qualche libro di Leopardi- Foscolo, e da Ubellino di D’Annunzio, Pierre Louys. Ubellino è un ragazzo che vorrebbe studiare pittura. Ha letto molto ma credo sia un illuso. 21 Dicembre. Ogni giorno che passa ci avvicina a Natale. Quanto mi dispiace non passare le feste in famiglia! Domenica Lisetta è venuta a trovarmi. Ha detto che doveva lavorare pei tedeschi con tante altre signorine di Zero. Da qualche giorno il mio stomaco non funziona regolarmente. Mi sento sempre imbarazzato. Forse sarà la polenta. Stamattina ho anche pesantezza di testa. Dovrei purgarmi. Ubellino viene sempre al mattino ed al pomeriggio. Perciò leggo pochissimo. Ho scritto due malacopie per Maria Verducci. Probabilmente non le invierò mai. Come quella a Teresa. Teresa è nei miei pensieri. L’altro ieri è nato un vitellino alla mucca di Zio Emanuele. Ho assistito al parto e tirata la funicella. Interessante! 30 Dicembre. Penultimo giorno del 1944. Stasera forse andrò al cinema a Martellago. Il giorno 24 scorso è venuto papà. Siamo stati da Zia Corona che è la solita generosa. Non ho scritto a nessuna ragazza. Ho risposto a Mario e a Rino. 52 L’altro giorno ho messo i pattini. Ho trovato assai difficile il pattinare. Credevo di essere capace. Invece… 1 Gennaio 45. Ieri è venuta Lisetta. A casa tutto bene. Ciro è stato incolume. Poteva lasciarci la pelle nell’incursione del 27 su Treviso. Avevo sognato di lui stranamente. Ho saputo del ritorno di Frezza da Torino. Secondo Teresa, Titi Rossi avrebbe saputo da Spinelli il prossimo nostro ritorno da TO. Ieri sera con Armando sono stato a Martellago per il cinematografo. Siamo tornati subito perché il cinema era chiuso. Oggi ho fatto gli auguri a tutti i parenti. Stasera sono tornato dal piccolo trattenimento in casa Casarin. Diverse ragazze. Dolci, vino e musica di Armando. Mi sono discretamente passato qualche ora. Ogni giorno si va a scivolare sui fossi. Niente altro. 8 Gennaio. Ho dimenticato di ricordare in questi appunti che alla fine di Dicembre è caduto qui vicino un apparecchio inglese da caccia. Anche il pilota che si salvò col paracadute è caduto qui vicino. Dopo pochi minuti sono arrivati tedeschi e repubblicani. La gente faceva ressa intorno alla casa di quei contadini che lo ospitarono per poco tempo. L’ho visto anch’io. Era alto e biondo, molto giovane. I tedeschi se lo portarono via con una motocarrozzella. In questi giorni di gennaio niente di importante all’infuori di un tentato furto in casa di Pesce Silvio e Pietro. Questo è successo ieri sera. Si sentì gridare disperatamente e poi qualche colpo di pistola. Seguì poi una sparatoria da diversi punti e le solite grida. 53 Così adesso di sera, oltre alla paura che incute “Pippo” il bombardiere isolato, c’è anche la paura dei ladri. Sono stato qualche sera da “Rubi”, l’osteria vicina al molino di Cagnin. Sabato sera, Epifania, fui invitato a mangiare fagiano con salsa di cipolline lì da Rubi. Il fagiano era stato cacciato da Danilo nel “pra” degli zii. Ieri è venuto Papà. Voleva sapere da Zio Nini l’importo ecc. Zio Nini rimandò la cosa ad altri tempi. Ho detto a Papà che sono stanco di questa vita. Mi sono dimenticato di dirgli che ero stato a insaccare il maiale da Zio Emanuele. C’era anche Ubellino. 9 Gennaio. Ieri è nevicato. Stanotte anche. Il cielo è bianco come la neve e gli alberi sono imbiancati. Sembra un paesaggio nordico. L’anno scorso per me questi erano giorni di dubbi, incertezze e speranze. Oggi si fanno 2 pasti. Per me va sempre bene. Sogno talora di ritornare presto a casa. Sabato farò 25 anni e verrà Norma a farmi gli auguri. Ne abbiamo 16 e Norma non è venuta. Forse perché in questa settimana ed in quell’altra passata è difficile correre in bicicletta essendo le strade tutte ghiacciate. Però temo che a casa ci sia qualcosa che non va. Sono stato con Gino a Mogliano a piedi. Ho avuto l’idea di andare dalla Cira. Fu una sorpresa per lei che mi credeva distante. Ho fatto a “palle di neve” con Ubellino e la Beppina Cagnin, la molinara. 29 Gennaio. Ho ricevuto da Mario che se la passa bene. Ho risposto a tutte le sue domande circa la “sua filosofia”. È venuta anche Norma il 18. Poi il 21 è 54 venuto Tomaso con Papà. A casa tutto bene. Ieri è venuta Lisetta che mi disse di Frezza, e si parlò del mandato di confisca di Sartori. Ho fatto congetture. Tempo fa Lisetta aveva incontrato Sartori. Bosello non ha novità. In questi giorni ho avuto un dolorino sotto la scapola che mi diede qualche affanno. Pensavo male. Sono stato a tagliarmi i capelli a Martellago da Ginetta. Ho fatto anche qualche giretto con Gino: una volta al turbine “Molino all’Americana” con i buoi, un’altra volta al Forno da Stragiotto con l’asina di Zio Amedeo. 8 Febbraio. Da 3 giorni il sole è tiepido. La neve si scioglie sui campi e riempie i fossi. È giusto un mese che imbianca le strade e i prati. Ho scritto a Mario, Bosello e a T.sa. Qualche sera sono stato da Osei e da Bosio a sentire la radio. Ho letto meno in questi giorni. Ieri è venuta Norma. A casa tutti bene. Tomaso ha smesso di lavorare coi Tedeschi. Mi annoio sempre più nonostante la compagnia dei libri e di Ubellino.