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Editoriale
N.5 | 4 Novembre 2014
Sesso forte non
è questione di violenza
La mostruosa debolezza che uccide. Veronica e Reyhaneh
volano tragicamente nel vento della libertà violata.
A
ll’interno
di
questo
nuovo
numero del nostro
magazine,
un
interessantissimo
articolo
sulle
differenze,
a
livello cerebrale, tra uomo e donna.
Emanuela
Guarnieri
Tali differenze sono spiegate
in maniera scientifica e, a loro
volta, smentiscono o confermano
i più svariati e, simpatici o meno,
stereotipi sulla differenza di
genere. Non giustificano di certo,
però, la mostruosa debolezza di
alcuni uomini. Di quegli uomini
che per secoli sono stati definiti
“sesso forte” e credono che
il concetto di forza e quello di
violenza, esistano in una relazione
di sinonimia. Gli uomini saranno
più bravi a parcheggiare, o avranno
più forza nei muscoli, ma di fronte
alla fermezza di una donna, a un
NO deciso di una donna, alcuni
crollano, vanno in panico, un
panico che non sanno gestire se
non alzando la voce, alzando le
mani e/o abbassando i pantaloni.
Poco più di una settimana fa,
Veronica, l’ennesima donna uccisa
da un uomo che non voleva più al
suo fianco, e Reyhaneh Jabbari,
alla fine, nonostante l’impegno
internazionale per salvarle la
vita, è stata impiccata nel carcere
di Teheran, condannata a morte
per aver ucciso l’uomo che aveva
tentato di stuprarla. La donna fa
paura, nella mente dell’umanità si è
plasmata l’idea, da tempi “biblici”,
del vedere nella donna un pericolo,
esseri che danno la vita e al tempo
stesso la tolgono, spacciatrici di
mele avvelenate. La libertà di una
donna è continuamente giudicata,
ostacolata
e
programmata
dall’uomo insicuro che le è
accanto. La dignità di una donna è
ogni giorno sporcata, marchiata a
fuoco, calpestata, da chi alla sua,
di dignità, non ha mai saputo dare
ascolto. La donna è lo specchio
della piccolezza di certi uomini,
ne è lente di ingrandimento,
doloroso zoom che non perdona,
termine di paragone troppo
difficile da sostenere. Cosa scatta
nella mente di un uomo debole
e vigliacco quando la donna si
“ribella”? Cosa succede se quella
che reputa la “sua” donna, è in
realtà ben cosciente di essere lei,
l’unica proprietaria di se stessa? E
cosa, infine, accade se una donna
è così forte anche da difendersi
fisicamente da un uomo?
A Veronica e Reyhaneh Jabbari,
complici l’ingenuità di accettare
il confronto nel primo caso, e
la vergognosa (e legalizzata!)
visione del mondo nel secondo,
è andata a finire nel peggiore dei
modi. Le donne non prendano
alla leggera le prime avvisaglie,
trovino la forza e il coraggio di
denunciare, abbandonino l’istinto
di proteggere il loro carnefice, e,
perché no, provvedano ad imparare
a difendersi, pratichino la difesa
personale. Si prevenga il problema
prima che sfugga dalle mani. Si
impari a gestire le cose gestibili, a
difendersi almeno da quel che si
può. Perché contro ignoranza, paura
e violenza, non c’è difesa che tenga.
2
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
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Indro Montanelli
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Editoriale
N.5 | 4 Novembre 2014
Smart City: si deve
Deburocratizzare!
Si conclude la tradizionale manifestazione di Smart City.
Un’innovazione che chiede all’Italia maggiore flessibilità.
L
Marco
Tregua
a scorsa settimana
si
è
conclusa
l’edizione
2014
di
“Smart
City
Exhibition”.
Manifestazione che
attira l’attenzione di operatori
privati, enti locali e cittadini per
la presentazione di strumenti,
progetti
e
risultati
per
il
miglioramento dei servizi pubblici,
tasto dolente di numerose realtà
del paese.
di tutti gli attori. La coesistenza
dei due elementi appare come
indispensabile, in quanto una
mera trasformazione tecnologica
servirebbe
esclusivamente
a velocizzare alcuni servizi,
rendendo meno interattive le
attività di servizio pubblico,
rendendo di difficile realizzazione
sia l’individuazione dei bisogni
emergenti sia la misurazione dei
risultati conseguiti.
Uno dei principali interessi, sia
per vicinanza temporale sia per
rilevanza, è stato rappresentato
dalla prevenzione degli eventi
naturali che incidono fortemente
sulla vivibilità di alcune aree
e, spesso, sfociano in tragici
eventi, come accaduto a Genova
nello scorso ottobre. Una task
force tra esperti del territorio,
meteorologi e operatori locali ha
rappresentato una delle proposte
più frequenti durante i dibattiti,
talvolta alquanto accesi, ma che
hanno condotto verso la necessità
di fare sistema e di alleggerire la
macchina burocratica per favorire
gli interventi nelle zone ad alto
rischio.
La partecipazione dell’intero
panorama di attori è stata,
dunque,
interrelata
con
la
possibilità
di
semplificare
l’iter delle decisioni pubbliche
e soprattutto di supportare gli
amministratori locali nella scelta
degli interventi da realizzare.
Alcune realtà locali presenti alla
manifestazione di quest’anno
hanno mostrato alcuni dei
risultati conseguiti in virtù della
partecipazione
del
pubblico,
rappresentando, così, delle best
practices per il resto del territorio.
È stata, tuttavia, sottolineata la
ridotta applicazione di una logica
partecipativa, proprio a causa dei
paletti imposti dalla legislazione
nell’apertura
dell’accesso
ai
dati e nelle operazioni di diretto
coinvolgimento di tutti gli attori.
La stessa logica di snellimento ha
accomunato anche gli interventi
incentrati
sul
miglioramento
dei servizi pubblici e sulla
trasformazione delle città in
territori smart, vale a dire aree
in cui la fornitura dei servizi ai
cittadini e lo sviluppo economico
e
sociale
siano
supportate
dall’intervento
delle
nuove
tecnologie e dalla partecipazione
Snellire
per
velocizzare
e
coinvolgere, questa sembra essere
la logica vincente da proporre per
favorire la crescita della qualità
della vita delle città italiane.
4
Sommario
N.5 | 4 Novembre 2014
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magazine di approfondimento
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Direttore Responsabile
Emanuela Guarnieri
Responsabile Editoriale
Guglielmo Pulcini
Attualità
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Economia
Pierluigi Patacca
Gennaro Battista
Valerio Varchetta
Marco Tregua
Cultura
Liliana Squillacciotti
Giangiacomo Morozzo
Scienze
Claudio Candia
Gastronomia
Eleonora Baluci
10
Scatti
a Parigi
Una galleria della vita nelle
case della capitale francese.
66.
Delitto
d’onore
Delitto d’onore, a decenni
dall’abrogazione in Italia, storia
di una barbarie che continua a
mietere vittime nel mondo.
18. Jobs act e il lavoro
nella penisola
Ma davvero la stasi del
lavoro dipende dall’art 18?
40. L’indagine
Un’indagine su un cittadino
al di sopra di ogni sospetto.
49. Le differenze di
genere
Un’analisi sulle differenze
biologiche tra uomo e donna.
55. La gastronomia
arabo-siciliana
Dagli agrumi alle spezie
passando per il cannolo.
60. Si legge e si vede:
Feuilleton
Una raccolta di tre storie e
una galleria fotografica
15.
Sport
Davide Nudo
Traduzioni
Alessia Candia
Grafica
Ennio Grilletto
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Edito da
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autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono
segnalare alla redazione (tramite e-mail: [email protected])
che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.
5
7.
19.
H&M: La logica di un
mercato umano
Sulle trame di una
informazione socialize
Reportage sulle fabbriche del
potere e dello sfruttamento in
Cambogia. Perchè il sudore in
fabbrica rende e produce.
L’editoria è sempre più 2.0 e
l’informazione, corre sui social.
Ma la rapida condivisione dei
fatti spesso riserva sorprese.
Il Ritorno
del Professore
L’ex premier italiano Mario
Monti in una breve missiva
all’Economist delinea la chiave
di svolta europea nella ricerca
della flessibilità.
31.
23.
35.
43.
Sangue, sudore e guerra
per conquistare l’Avorio
Adesso sorveglio io le
banche europee
Christopher Nolan, oltre
Batman c’è di più.
Continua l’orrida mattanza
degli elefanti. L’Africa
occidentale deve produrre
Avorio per i nuovi ricchi.
La presidentessa della
Sorveglianza, Danièle Nouy
interviene sulla strategia per il
controllo delle Banche centrali.
Un breve profilo del regista
londinese Christopher Nolan,
da Memento alla Saga di
Batman ed i progetti futuri.
6
Attualità
N.5 | 4 Novembre 2014
La logica
di un
mercato
umano
Abiti sporchi di abusi
e sfruttamento nelle
sweatshops delle firme
fashion. Reportage sulle
fabbriche del potere
in Cambogia. Perchè il
sudore in fabbrica rende.
Redatto da
Giorgia Mangiapia
7
In foto - Una borsa
rossa firmata H&M.
La marca per i suoi
prezzi contenuti è
amata dai giovani
di mezzo mondo.
Il mondo deve essere regolato
da una strana legge del
contrappasso – che il mondo
stesso, nell’ artificio perverso
della mente umana, deve aver
creato – se in un paradiso
terrestre si vive l’inferno.
Distese di giungla, scorci
paesaggistici che stravolgono
gli occhi con pennellate naturali
che l’occhio umano può solo
imitare e, per sensibilità rara
e non diffusa, può assorbire e
a cui si può ispirare; spiagge
deserte, isole semi-abitate,
risaie
brulicanti,
palmeti
ombreggianti, fiumi maestosi.
Una dimensione parallela,
altra e oltre, immersa in una
natura selvaggia e, allo stesso
tempo, accogliente, dolce e
pericolosa nell’insieme come
solo un luogo incontaminato
può essere. Edifici in stile
coloniale, insegne di vecchie
farmacie, ville in rovina,
memori di una colonizzazione
francese non lontana. È la
Cambogia. La Cambogia e la
sua gente: i khmer. Chi vive
del poco, sorride onestamente
non conoscendo ciò di cui è
privato. Semplicità, gentilezza,
accoglienza
e
umanità.
Un’umanità che qui si offre
ma non si riceve. I loro occhi
orientali
e
intensi
sono
abbassati per ore, impegnati
a seguire, ininterrottamente e
a tempi piccoli e regolari, una
linea tracciata da un filo; le
loro mani piccole, affusolate e
sottili sono perfette per cucire e
tessere, senza bisogno di chissà
quale perfezione perché, nella
sweatshop, la catena umana
di montaggio non ammette
rallentamenti e non ammette
stanchezza.
Sweatshop. Sudore in fabbrica.
Dødsbillig Mote.
Fabbrica
sfruttatrice. Moda barata de
la muerte. Il prezzo mortale
della
morte.
Definizioni
diverse atte a designare un
unico luogo: una fabbrica o
un laboratorio, in genere nel
settore dell’abbigliamento, in
cui si è costretti a condizioni
di
lavoro
socialmente
e
In foto - L’entrata del
negozio N&M per uomini
a New York. Gli store del
colosso svedese vengono
spessi divisi per sesso.
8
Attualità
N.5 | 4 Novembre 2014
In foto- L’interno di una fabbrica di
produzione H&M in Cambogia, tra
Thailandia e Vietnam. In tali stabili
centinaia di donne sfruttate e sottopagate
creano i nuovi modelli del colosso svedese.
umanamente
inaccettabili
perché pericolosi, affollati,
a bassa retribuzione non
proporzionata
alle
ore
lavorative, con sfruttamento
minorile
per
la
corsa
al
ribasso
tipica
delle
multinazionali. H&M, Nike,
WalMart, Reebok, Zara, alla
ricerca di minori costi di
produzione. Ridurre i costi
ed aumentare i profitti. Un
must per il capitalismo.
Un capitalismo spietato.
Perché in India, in Cina, in
Nord Africa, in Pakistan, i
sweatshops offrono posti
di lavoro e “lavorare in un
laboratorio tessile è la cosa
9
migliore […] rispetto ad
alternative peggiori”. Paul
Krugman,
premio
nobel
per l’economia nel 2008 da economista razionale sostiene che , ovviamente,
la produzione nei Paesi in
difficoltà crea un effetto a
catena che avvantaggia la
gente comune. Nella logica
della mors tua vita mea, non
fa una piega, è il caso di dirlo.
Meglio dello spaccio, meglio
della prostituzione minorile.
Molto meglio elemosinare
lavoro, sottostare a ritmi
esasperanti e concedere
sfruttamento
così
l’economia,
del
mondo
perverso dove vige la legge
del contrappasso, gira. Gira
nell’incanto del benessere.
Pedding
prosperity,
per
citare
Krugman.
Una
trama tessuta da mani
stanche e massacrate per
abiti firmati, puliti, quasi
perfetti per vestire corpi
e nascondere coscienze.
Coscienze sporche di abusi
e oppressioni. Esistono altre
trame intrecciate ad opera
di un capitalismo etico che
non nasconde coscienze
ma le svela. Troppo lontane
dalla realtà della Cambogia,
del
Vietnam,
di
Honk
Hong, del Pakistan, dove gli
standard sociali e ambientali sono
tanto bassi per comprimere i costi
di produzione affinché la “gente
comune” ne tragga beneficio
mentre altra “gente comune” viene
sfruttata. Logica del mercato.
Cosa c’è dietro quelle maglie?
H&M: il colosso svedese, il
paradiso degli abiti abbordabili.
Colori in quantità, stili diversi per
accontentare i gusti di ognuno. Tutto
è accessibile a tutti. O quasi. Perché
chi li cuce e crea non potrebbe mai
acquistarli. Ma come? Si tratta di un
low cost. Ci si riempie l’armadio con
pochi euro e poco importa la scarsa
qualità di manifattura e materiali:
se le cuciture non sono precise
si compra di più e si cambia più
spesso. Per la gente comune è così.
Ma chi li cuce, non può permettersi
di acquistarli. Vien da chiedersi chi
sia la “gente comune”. Chi rientra
in questa categoria?
Anniken, Ludvig e Frida: tre giovani
fashion blogger norvegesi. Gente
comune. Si sono recati, per iniziativa
del quotidiano Aftenosten, in
Cambogia per lavorare, tra altra
In foto - La linea running e
fitness targata H&M.
gente comune cambogiana, presso
un laboratorio tessile di H&M. Dopo
un mese e turni massacranti di 18
ore al giorno di lavoro, una paga di
100 dollari al mese - un quarto di
ciò che serve per sopravvivere -,
5 giorni lavorativi che diventano
7 poiché il guadagno va ad ore,
spese di 50 dollari per l’acqua e la
luce e di 30 dollari per la casa, da
gente comune hanno compreso di
trovarsi di fronte al dramma umano
di centinaia di persone. Lo avevano
intuito dal primo momento in cui
sono entrati nell’abitazione - se
così può essere definita una piccola
e angusta scatola di cemento
di pochi metri quadrati priva di
finestre, in cui si dorme per terra
e comprendente servizi igienici
indecenti, insetti e sudiciume – di
Sokty, una 25enne che li ha accolti
ed ospitati la prima notte. La sveglia
alle 5.30 per recarsi alla fabbrica di
Phom Pehn. Nei furgoni si vedono
arrivare decine di persone in
piedi, addossate e già pronte con
la mascherina sul volto. Scendono
dal fugone ed entrano in uno degli
stanzoni: metri e metri di stoffe
In foto - La linea weeding di
H&M, firmata da Versace.
10
Attualità
ricoprono i banconi, macchine
per cucire in fila e ognuno
si siede alla sua postazione.
Una volta seduti, non si è
più uomini ma macchine.
Macchine umane sorvegliate
mentre le dita scorrono veloci,
passano su cuciture, piegature,
risvolti. Toccano stoffe ma
non le percepiscono al tatto
ormai
assuefatto
mentre
nelle orecchie, per ore e ore,
ascoltano solo il rumore delle
macchine da cucire ma non
ne avvertono più il suono. Ci
si aliena dal mondo per non
rischiare d’impazzire per la
stanchezza. E così Anniken,
Ludvig e Frida, tra crisi di
pianto e stanchezza cronica,
con le ingenuità - a volte
eccessive - da gente comune
che non considera possibili
tali realtà, vivono tra mercati
neri per poter acquistare del
cibo, giornate lavorative di cui
non riescono a reggere il peso
e restano sconvolti, sbalorditi,
toccati dalle storie di propri
coetanei che non conosco
altre realtà se non il lavoro
nella sweatshop. Perché di una
sweatshop si tratta. Che porti il
nome di H&M, di Nike, Reebok,
WalMart, Zaram Gap, Primark
o Top Shop, poco cambia.
In un docu-reality hanno
raccontato, mostrato cosa si
nasconde dietro un abito alla
moda dal prezzo accessibile.
“Sweatshop.
Dødsbillig
Mote” il titolo del reality che
è stato censurato dallo stesso
quotidiano Aftenosten per
paura di ripercussioni. Fino a
quando Anniken Jørgersen ha
raccontato sul suo blog la verità
per far conoscere le condizioni
disumane a cui sono costretti i
dipendenti. A seguito del boom
mediatico, H&M ha dichiarato
di aver preso seri e determinati
provvedimenti nei confronti
dei laboratori tessili a cui è
commissionata la realizzazione
degli abiti. H&M come Nike,
la cui immagine subì un duro
smacco proprio in Cambogia
“
N.5 | 4 Novembre 2014
Un capitalismo
selvaggio ha
insegnato la logica
del profitto ad
ogni costo, del
dare per ottenere,
dello sfruttamento
senza guardare
alle persone. I
risultati si vedono
nella crisi.
Jorge Bergoglio
Papa Francesco
In Cambogia
11
La produzione
Il controllo
Le proteste
Avviene all’interno di grossi
distretti in Cambogia, Asia.
La casa madre centrale verifica
la creazione dei capi in fabbrica.
Il popolo spesso ha protestato
contro H&M e Walmart.
In foto - Anniken
Jørgensen è la fashion
blogger svedese che
ha svelato cosa accade
all’interno delle
fabbriche di H&M.
a causa delle accuse di sfruttamento
di manodopera infantile e che si
difese garantendo che i fornitori
cambogiani
impiegavano
solo
ragazze sopra i dieci anni. Ma i video
incriminanti ritraevano bambine.
Stuoli di bambine. Nonostante gli
scandali, l’economia deve girare.
Farsi delle domande
È accessorio chiedersi come mai si
possa spendere così poco, ci si vela
ghi occhi e si finge di non sapere, di
non aver sentito di crolli di fabbriche
tessili, come la Spectrum Sweater
Ltd, perché costruite su terreni
paludosi con la conseguente morte
di quasi un centinaio di donne che
vi lavoravano di notte per il mercato
nero. Dissonanza cognitiva. Ovvero
mentire a noi stessi per non sporcarci
la coscienza. Peccato che di sporco
abbiamo gli abiti che indossiamo.
Sporchi di abusi e disumanità. Sporchi
del sacrificio inumano di chi non ha
altra scelta se non lo sfruttamento.
Nell’incanto
del
benessere.
E
mentre i colossi costruiscono inferni
in paradisi, esistono al mondo,
In foto - Anniken Jørgensen ha solo
diciassette anni. (Ph. Anniken J. Blog)
In foto - Anniken Jørgensen
posa con una sciarpa H&M
In foto - Anniken
Jørgensen, assieme
a Frida Ottesen e
Jens Ludvig Hambro
Dysand è la creatrice del
documentario SweatShop.
12
Attualità
In foto - Karl Johan Persson,
CEO di H&M in primo piano.
N.3 | 21
Ottobre 2014
N.5
4 Novembre
2014
In foto - Karl Johan
Persson, in un locale
commerciale H&M.
Nell’economia
la gestione è
fare le cose
nel modo
giusto. La
leadership è
fare le cose
giuste.
“
Peter F.
Drucker
13
fortunatamente, altre trame
tessute in tutt’altra maniera.
C’è
chi
ha
cominciato
a produrre maglioni di
cachemire in colori brillanti
e ha creato un impero dando
voce e corpo ad un capitalismo
dal volto umano. Brunello
Cucinelli,
imprenditore
del cachemire, s’ispira a
grandi nomi e, soprattutto
a grandi idee, come Kant “Amo il cielo stellato sopra
di me e la morale dentro di
me”- l’imperatore Adriano “Sentirsi responsabili della
bellezza
del
mondo”-,
Dostojevskij -“La bellezza ci
salverà”- nel far diventare
realtà ciò in cui crede:
costruire, produrre in azienda
partendo dalla dignità e
dalla morale umana. I suoi
dipendenti guadagnano quasi
il 30% in più rispetto agli
impiegati nei settori affini.
Strategie dominanti
Non si tratta solo di successo
e di strade spianate. Vi è
una logica di pensiero, uno
stile di vita e un percorso
dell’anima, l’anima della sua
impresa, a guidare il re del
cachemire: “Solo l’eccellenza
ci può far conquistare il
mondo” e l’eccellenza si ha
con etica e morale perché
anche il profitto deve avere
un’etica e una morale. Perché
soltanto se si offre dignità
In foto - Brunello Cucinelli,
amministratore della Cucinelli SpA.
In foto - Brunello Cucinelli
all’interno di uno store della
sua casa di moda.
““
È indubbio
Con
che ill’Europa
primo
non
si
passo nell
afferma
evoluzione
un’idea
diè
dell etica
pace,
ma di
di
un senso
guerra:
paesi
solidarietà
l’un
contro
con gli
altri
l’altro
esseri armati.
umani.
Albert
Schweitzer
Marine
Le Pen
Filosofo
e medico tedesco
Europarlamentare
lavorativa, armonia, stima
reciproca e soddisfazione si
costruisce e si può sviluppare
la creatività. Seguire la logica
del mercato non è sinonimo
di disumanità. Non sempre
almeno. Il profitto non è in
antitesi con la soddisfazione
della manodopera e se il
lavoratore è considerato come
capitale umano trae beneficio
dalla dignità a cui ha diritto
e si sente parte integrante
di un’impresa per la quale
lavora al meglio. “Bello è un
concetto sovrastrutturale che
al di là della sfera figurativa
si riflette in quello globale
dell’estetica. Può essere bella
un’architettura, un dipinto,
una melodia, un capo di
vestiario, nello stesso modo
in cui può esserlo un’anima”.
Si potrebbe iniziare, noi in
primis, dal liberarci degli
abiti sporchi del sudore della
gente comune per pulirci
l’anima e poter riscoprire
il Bello ormai perduto nei
meandri del profitto. H&M,
Nike e company avrebbero
solo da imparare dalle parole
di Cucinelli:“Ciascuno sa che
la propria opera è un tassello
indispensabile alla crescita
comune e che la nostra qualità
integrale è il frutto della
qualità interiore di ognuno”.
Logica di un mercato umano.
14
Società
N.5 | 4 Novembre 2014
O
T
T
I
UO
L
S
L
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I
D’ONORE E IO
G
G
A
RET
D
Trentatre
anni.
Sono
trascorsi
solo
trentatre
anni
da
quando
macchiarsi
impunemente le mani
di sangue al fine di
“salvaguardare l’onore”
aveva caratteri diversi
dall’omicidio in piena
regola
come
lo
si
conosce oggi.
L’onore di una barbarie
L’assassinio
di
una
donna sposata colta “in
flagrante delicto” era
punito in maniera molto
più lieve: l’attenuante
dell’ira
derivante
dall’oltraggio all’onore
proprio e della propria
famiglia, il matrimonio
riparatore che ristabiliva
pacificamente l’onore
perduto della ragazza
nubile
stuprata,
la
necessità di lavare a tutti
15
Redatto da
Anna Annunziata
i costi l’onta che una
relazione illegittima di
una donna gettava sulla
famiglia o sul marito
erano
pienamente
e
salomonicamente
radicati nel contesto
socioculturale dell’Italia
di pochi decenni fa.
Non si tratta, dunque,
di
gentiluomini
imparruccati
che
si
sfidano a duello alle
prime luci dell’alba o di
Achei sporchi di sangue
che assediano le mura
di Troia, ma dell’Italia
prima del 1981, quando è
stato finalmente reciso
tale ramo secco della
legislazione
penale:
un’abrogazione tardiva e
recente nella cronologia
della
nostra
storia
giuridica. Un retaggio
fin troppo difficile da
estirpare, recisione di un ramo
che trova nel maschilismo di
una società profondamente
patriarcale e patrilineare le sue
radici, la sua ragion d’essere.
Sono tuttora ricche, le nostre
cronache nazionali, di storie di
sangue, ove l’amore e il rispetto
della donna lasciano spazio
ad atti di inaudita e immonda
violenza. Cronache nazionali
che non esitano a parlare
di“delitto e raptus passionale”o
di “dolo d’impeto”.
Le catene dei malvagi - Condotte
prodromiche e ossessive nei
confronti di donne che decidono
di liberarsi dalle catene di una
relazione soffocante fanno da
cornice, da sfondo e da preludio,
come da copione,
a quella
forma di omicidio di genere che
non fa che mietere vittime con
crescente frequenza negli ultimi
anni. Gelosie incontrollate,
omicidi confessati e spacciati
per doverose punizioni, retti
dalla logica primordiale del “se
non è più mia non sarà di nessun
altro”. Pedinarla, impedirle di
“
Chiunque cagiona
la morte del
coniuge, della
figlia o della
sorella, nell’atto
in cui ne scopre
la illegittima
relazione carnale
e nello stato d’ira
determinato
dall’offesa recata
all’onor suo o
della famiglia ...
Incipit norma
sul delitto d’onore
16
“
Bisogna far
notare che la
dignità non
consiste nel
possedere
onori, ma nella
consapevolezza
di meritarli.
Aristotele
lavorare, di avere una vita sociale:
nulla di patologico in ciò, solo il
modo normale, in alcuni contesti,
di essere uomini e innamorati
della propria donna, anche a detta
di quest’ultima. Cosa penserebbe
oggi Simone de Beauvoir, che
teorizzava
la
possibilità
di
liberazione del “secondo sesso”,
liberazione
dal
mito
della
femminilità, la riscoperta della
donna come soggetto, rifiutando
ogni
complice
sottomissione
all’uomo? Cosa è cambiato da
quando Virginia Woolf denunciò,
nella “Società delle straniere”,
quella differenza di genere che
Stato di Ira
L’art. 587 del
codice penale
consentiva
quindi che fosse
ridotta la pena
per chi uccidesse
la moglie (o il
marito, nel caso
ad esser tradita
fosse stata la
donna), la figlia
o la sorella al
fine di difendere
“l’onor suo o della
famiglia”. Tuttavia
l’accadimento
doveva avvenire
sotto stato di ira.
poneva la donna in una
posizione
subalterna,
vittima del carattere
patriarcale del pensiero
occidentale? In Italia è
cambiata per gran parte la
legislazione,soprattutto
con le ultime riforme.
A rimanere immutata
è, però, una mentalità
regressa
ancora
in
auge in alcune realtà,
corrispondente
a
un
modello
socioculturale
alquanto arcaico e non
ancora superato. Cosa ci
si aspetta da una nazione
che non ha permesso alle
donne di votare fino al
1946 e fino agli anni ’60 di
entrare in magistratura?
Esattamente
quello
che
accade
adesso:
l’imposizione di un’uguale
rappresentanza dei sessi
nelle regole elettorali,
che sotto le mentite
spoglie di un appello
bipartisan atto a favorire
la parità dei generi, cela
tanto sessismo e acuisce
le disparità.
“Il dominio maschile
sulla donna è la più antica
e persistente forma di
oppressione esistente”.
Tali parole di Pierre
Bordieu non apparivano
anacronistiche nell’Italia
contadina
di
appena
qualche decennio fa,
né
tantomeno
oggi,
nell’Italia
che
resta,
purtroppo, l’Italia dei
“codici d’onore”.
Il retaggio moderno
Nel XXI secolo l’abominio del delitto
d’onore era ancora consueto, tanto che
nel 2002 nel 2004, le Nazioni Unite
hanno presentato una risoluzione
per dar fine ai delitti d’onore e altri
crimini collegati all’onore.
17
Editoriale
Jobs Acts e il
N.5 | 4 Novemhre 2014
licenziamento facile
La riforma del Welfare attuata dal Governo Renzi
è in fieri. Ma davvero tutto ruota attorno all’articolo 18?
C
ontratto a tutele
crescenti
per
i
neoassunti,
riordino delle forme
contrattuali
di
lavoro, flessibilità
delle
mansioni
in caso di riorganizzazione nel
comparto, riforma CIG (Cassa
Integrazione Guadagni) ed ASPI
(Sussidi
di
disoccupazione,
razionalizzazione
incentivi
all’assunzione ed autoimpiego,
ferie
solidali,
contratti
di
solidarietà e molto altro ancora.
Venghino, Signore e Signori, la
riforma del Welfare è in fieri!
Flavio
Di Fusco
Tutto ruota – ancora una volta –
attorno al tanto stigmatizzato
Art.18 dello Statuto dei Lavoratori
(Lg. 300/70), la cui rubrica recita
“Tutela del lavoratore in caso
di licenziamento illegittimo”.
In linea di principio, il testo
originario di tale articolo dava
modo,
attraverso
sentenza
del
tribunale,
al
lavoratore
licenziato ingiustamente di essere
reintegrato nel comparto. Il tempo
al passato è d’obbligo poiché
l’articolo è stato modificato dalla
Riforma Fornero del 2012 al fine
di ridurre le tutele a carico del
lavoratore: in questi casi, chi viene
lasciato a casa ingiustamente ha
diritto - in linea di massima soltanto a un risarcimento in
denaro; il reintegro rimane sol
per i licenziamenti discriminatori,
mentre per quelli disciplinari
viene lasciato un margine di
discrezionalità al giudice.
Nonostante ciò il Governo ha
annunciato che gli indici di
protezione dei lavoratori italiani
sono eccessivamente alti e questo
è uno dei motivi perché l’Italia
non cresce: i datori di lavoro non
possono licenziare ad nutum.
Come
spiega
l’economista
Riccardo Realfonzo, non solo la
riduzione delle tutele dei lavoratori
non aumenta l’occupazione, ma
rispetto ai lavoratori tedeschi e
francesi, quelli italiani risultano
meno tutelati.
Sventolando il vessillo della
flessibilità in uscita, la riforma
del Governo prevede, per i neoassunti al primo impiego e per
i disoccupati, la nascita di un
contratto di lavoro a tempo
indeterminato a tutele crescenti;
chi verrà in questo modo assunto,
non godrà delle protezioni previste
dall’articolo 18 e quindi non avrà
diritto a essere reintegrato nel
comparto
nell’eventualità
di
licenziamento senza giusta causa.
Anche in caso di una sentenza del
giudice a lui favorevole, il lavoratore
potrebbe sperare esclusivamente
in una indennità in denaro
proporzionale agli anni di servizio.
In
conclusione
potremmo
sostenere che, quantomeno, la
Fornero ha avuto il buon gusto
di sollazzare gli italiani con un
pianto ipocrita…ma Renzi no!
Si
continua
strenuamente
a sostenere che il problema
occupazionale
riguardi
la
flessibilità in uscita e non quella in
entrata. L’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro o
meglio, sul Job.
18
Attualità
N.5 | 4 Novembre 2014
19
Informazione
Socialize
L’editoria è sempre più 2.0 e l’informazione,
ormai corre sui social network. Ma la rapida
condivisione dei fatti spesso riserva sorprese.
Redatto da
Valerio Varchetta
Condividere,
diffondere,
pubblicare,
postare,
sono
verbi entrati nell’uso comune
e con un significato ben
preciso con l’esplosione dei
social network, ormai non più
assimilabili a mero fenomeno di
costume, ma a primo mezzo di
comunicazione interpersonale,
non solo tra le giovani
generazioni. L’uso della rete,
vista come gratuita, alla portata
di tutti e per questo libera,
contribuisce alla diffusione di
questi mezzi di comunicazione
e soprattutto di quello che
con i nuovi strumenti si vuole
trasmettere e comunicare. Col
tempo, però, la comunicazione
sulle piattaforme sociali non
è rimasta confinata solo alla
sfera privata, ma è divenuta per
molti il mezzo privilegiato di
informazione.
L’informazione
corre
sui
“Mi piace” - È diffusa ormai
la convinzione che la ricerca di
informazioni a cui poter dare
credito debba avvenire solo ed
esclusivamente in rete, spazio
libero da influenze politiche, al
contrario di giornali e TV che sono
viste alla mercé dei cosiddetti
“poteri forti” e in particolar
modo della classe politica, tanto
contestata in questo periodo di
crisi. La rete, però, proprio per
la sua caratteristica di essere
accessibile a tutti, è fortemente
a rischio di inattendibilità,
dato che chiunque può crearsi
uno spazio di comunicazione e
diffondere notizie con notevole
rapidità. A decidere poi il credito
che può avere una determinata
fonte è lo stesso “popolo della
rete”, con la conseguenza che
le fonti più cliccate sono anche
quelle ritenute più attendibili, e
viceversa; si crea così un circolo
vizioso che permette ad alcuni
utenti piuttosto che ad altri di
costituire una fonte preferita
per reperire notizie. È chiaro,
quindi, che chi si trova in questa
posizione di vantaggio può anche
esercitare un’influenza su chi
legge le notizie esclusivamente
in rete e da poche fonti, senza
magari effettuare dei confronti
con altre fonti per verificare
o meno la veridicità di quanto
letto. Attraverso gli ultimissimi
canali
di
comunicazione,
poi,
l’informazione
arriva
in modo ancora più rapido,
quasi istantaneo, grazie allo
strumento della condivisione
di link. Se questo di per se è
un aspetto positivo, perché
permette
una
circolazione
20
Attualità
N.5 | 4 Novembre 2014
veloce di notizie, presenta
delle falle se non applicato
correttamente, oppure può
distorcere l’informazione - al
pari dei mezzi “tradizionali”se punta sull’uso di titoli
a effetto con lo scopo di
convincere il lettore che la
lettura dell’articolo stesso
sia superflua. Un esempio
di ciò si è avuto dopo le
ultime elezioni europee. Nei
primissimi giorni dopo il
voto erano circolate accuse di
brogli da parte di esponenti
del Movimento 5 Stelle; pochi
giorni dopo la consultazione,
su
Facebook
circolava
insistentemente un link che
rimandava al blog di Grillo
dal titolo “Brogli a Reggio
Emilia”. I commenti, sia
sul social che sul blog erano
dello stesso tipo: da un lato
sostenitori pentastellati ad
accusare il PD di aver vinto
in
maniera
fraudolenta,
dall’altro elettori democratici
che accusavano gli avversari
di accampare scuse per la
sconfitta. Sarebbe bastato
leggere l’articolo per far sì
che questo dibattito non
nascesse: infatti l’argomento
riguardava una denuncia
di brogli, ma relativa alle
elezioni
amministrative
tenutesi in contemporanea
alle europee, denuncia tra
l’altro presentata non solo
dai 5 Stelle, ma anche dallo
stesso PD. È chiaro quindi,
come anche la diffusione
di notizie in rete sia
manipolabile, al contrario
di quanto generalmente si
tende a pensare; in questo
caso, inoltre, diffusa in quel
modo, ha fatto passare in
secondo piano un tema
importante come quello
della regolarità delle elezioni
amministrative.
Condividi quello che non
ti dicono - In rete, poi, e sui
social in particolare, si tende
21
In foto- Beppe Grillo, leader
del Movimento Cinque Stelle.
a introdurre la notizia non
solo col titolo a effetto, ma
anche con frasi del tipo “La
notizia che al telegiornale
non sentirai mai”, “Quello
che i media non vogliono che
tu sappia” per aumentare
la curiosità dell’utente e
per spostare il suo punto di
vista a favore del contenuto
che si vuole diffondere.
Un caso tipico è quello di
link che riportano notizie
di metodi alternativi per
curare malattie anche gravi,
mettendo in cattiva luce il
lavoro di ricercatori e medici,
lavoro che di solito richiede
anni per ottenere risultati
significativi. Spesso dietro a
queste notizie ci sono siti che
guadagnano a seconda del
numero di clic che ricevono,
per cui un titolo accattivante
può far sì che ci si colleghi
incuriositi
dalla
notizia
sensazionale che sembra
celarvisi. Un altro metodo
è quello di diffondere foto
di persone con sotto nome,
cognome, carica pubblica
che dovrebbero ricoprire, e
soprattutto lo scandaloso
trattamento
economico
che riceverebbero. A volte,
però, queste ricostruzioni
sono false, come può essere
facilmente scoperto con una
rapida ricerca in rete.
Un mezzo ingannevole?
Detta
così,
potrebbe
Dick Costolo
Classe 1963, è l’attuale
CEO di Twitter dopo
il passaggio di Evan
Williams a Medium.
Mark Zuckerberg
Amministratore Delegato di
Facebook Inc, è stato un pioniere
della diffusione di notizie attraverso
i social network, intuendone anche
l’alto potenziale commerciale
attraverso le sponsorizzazioni.
sembrare che i social siano
uno strumento totalmente
inaffidabile,
foriero
di
notizie sbagliate e devianti.
Non è così, o perlomeno non
sempre. L’utilizzo di questi
strumenti di massa, infatti,
può essere estremamente
utile per conoscere cose
che possono sfuggire o
essere distorte dai media
tradizionali, purché venga
accompagnato da un forte
senso critico e da una
capacità di confrontare
diverse fonti della stessa
notizia, proprio per non
essere manipolabili dallo
strumento che dovrebbe
dare un’informazione più
completa e veritiera. Prima
di condividere, commentare
e mettere un “Mi piace”
sarebbe
opportuno
verificare
l’attendibilità
della notizia, per evitare una
diffusione di informazioni
non completamente vere
che di certo non aiuterebbe
l’idea
di
informazione
libera. E sarebbe utile
anche per smascherare
delle gaffe, come la foto di
un contadino che girava su
Facebook
accompagnata
da una didascalia molto
commovente che recitava
“Ho lavorato la terra per
quarant’anni e lo Stato
si è preso tutto”. A parte
la veridicità o meno di
quanto affermato, la gaffe
sta nel fatto che purtroppo
il contadino ritratto nella
foto era Pietro Pacciani,
non
esattamente
il
miglior testimonial per un
messaggio del genere.
22
Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
L’AV
23
Redatto da
Gennaro Battista
L’avorio, conosciuto anche come l’oro
bianco, è un materiale prezioso che si
ricava dalle zanne dei possenti elefanti.
La purezza del colore, la facilità di
lavorazione e le caratteristiche di
resistenza, elasticità e durevolezza
di questo materiale, l’hanno reso nel
corso dei millenni una delle materie
prime più apprezzate da scultori e
artigiani per le loro opere; divenute
oggetto del desiderio prima della
nobiltà e poi della borghesia di tutto
il mondo. Da banali pettini sino ai
monili più curati e preziosi, passando
per sculture, decorazioni e addirittura
medicine curative e creme di bellezza
dalle promesse miracolose, l’avorio
rappresenta uno degli oggetti più
richiesti dall’industria del lusso sin
dalle epoche più primitive della storia
Il sangue per
VORIO
umana. Benché dotato di estremo
fascino e grande duttilità, l’avorio resta
una risorsa reperibile solo attraverso
l’uccisione di un animale magnifico
quale è l’elefante, che per questo
rischia l’estinzione. Basti pensare che
nel 1979 si contavano circa 1 milione
e 300 mila esemplari di questa specie,
mentre dieci anni dopo, quando il
commercio internazionale d’avorio fu
bandito in 176 paesi, sopravvivevano
solo 600mila individui. Da allora
nessuna stima ufficiale è stata fatta,
ma sappiamo dai calcoli di biologi
specializzati come Mike Chase che
negli ultimi 35 anni il loro numero
dovrebbe
essersi
ulteriormente
dimezzato,
con
circa
12mila
uccisioni registrate solo nel 2012.
Di questo passo, nel giro di qualche
decennio, gli elefanti potrebbero
definitivamente sparire dal loro
habitat, diventando un felice ricordo
del passato. La domanda di avorio, in
occidente, ha visto un drastico calo
a partire dalla fine del secolo scorso,
quando una crescente sensibilità nei
confronti dell’ambiente, la natura
e la sua conservazione, ha fatto
sì che la collettività si ponesse il
problema della tutela dell’elefante,
anteponendolo al consumo dei suoi
derivati; ma lo stesso non si può
dire per l’estremo oriente, dove la
richiesta è invece rimasta elevata: ad
oggi la sola Cina rappresenta il 70% di
questo mercato. Il business dell’oro
bianco ha dimensioni spaventose,
muove più di diciannove miliardi di
dollari l’anno, e ormai è talmente
feroce da essersi ricoperto di rosso.
Ma a scorrere non è solo il sangue
degli elefanti.
Il mercato dell’avorio - Il mercato
di questa controversa materia prima
è piuttosto complesso, viaggia
infatti su due binari. Uno legale,
riaperto nel 1997 e gestito da CITES,
la Convenzione sul commercio
internazionale delle specie minacciate
24
Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
profit.
Sfortunatamente
è
stata proprio la riapertura
del mercato legale a rendere
il
business
dell’avorio
nuovamente fruttuoso, dopo
un lungo periodo di declino
di prezzi e domanda. Nel
1997, a seguito di pressioni
durate più di un decennio, gli
stati africani del Botswana,
Rwanda, Namibia, Zimbabwe
e soprattutto Sud Africa,
hanno ottenuto di poter
vendere l’avorio che avevano
accumulato tramite le morti
naturali
registratesi
negli
otto anni in cui il commercio
era stato bandito. Così 49
tonnellate di avorio partirono
tutte d’un colpo per il
Giappone, con conseguenze
disastrose. Nel 2006, poi, il
malsano errore fu reiterato,
attraverso un contratto con
la Cina da ben 60 tonnellate,
da consegnare a scaglioni
lungo i successivi dodici anni.
Nessun altro
animale sembra
esser più leale
al giuramento
dato, né più
fedele nei
riguardi della
divinità,
dell’elefante.
“
di estinzione, firmata da 176
stati a Washington nel 1973;
e l’altro illegale. Entrambi
alimentano la grande domanda
proveniente soprattutto da
Cina, Giappone e Vietnam, a
cui seguono a ruota un po’ tutte
le nazioni del sud est asiatico,
dove l’avorio è simbolo di
ricchezza e benessere: ad
esempio in Vietnam sono
proprio le classi agiate ad
alimentare
il
commercio
illegale. I “nuovi ricchi”
sono attratti non soltanto
dalle
discusse
proprietà
taumaturgiche e anti tumorali
attribuite
alle
zanne
di
elefante, ma anche dallo status
sociale cui rimanda il loro
possesso. “Sono un simbolo
di ricchezza: avere un corno è
come possedere una Ferrari”,
è quanto dichiarò al quotidiano
francese Le Temps il giornalista
Julian
Rademeyer,
autore
del libro inchiesta Killing for
Celso
filosofo greco
Produttori
25
Paul Kagame
Robert Mugabe
Jacob Zuma
Presidente Rwanda
Presidente Zimbabwe
Presidente Sud Africa
In foto- Alcuni si dedicano
all’allevamento degli elefanti.
La rigenerata capacità di
rispondere alla domanda
del bene, come facilmente
prevedibile,
generò
un
effetto moltiplicativo che
accrebbe ulteriormente le
richieste, facendo lievitare
prezzi e profitti: la Ong Save
the Elephants afferma che il
prezzo di vendita dell’avorio
grezzo sia salito dai 750
dollari al chilogrammo del
2010 sino ai 2100 dollari
del 2014. È inoltre doveroso
segnalare che nel 2013,
all’ultima conferenza del
CITES, la Cina ha reso
noto che il suo fabbisogno
annuale ammonta in realtà
a ben 200 tonnellate, per le
quali è necessaria la morte di
circa 20mila elefanti l’anno.
Una cifra impressionante,
che
lascia
immaginare
senza troppe difficoltà le
dimensioni dell’altra faccia
di questo mercato: quella del
contrabbando illegale.
Nel solo 2011 sono state
sequestrate in tutto il
mondo quasi 40 tonnellate
di avorio, che consentono
di stimare l’uccisione di
almeno 4 mila elefanti per
mano di bracconieri senza
scrupoli. Questi numeri non
rivelano che la parte emersa
di questo grave problema.
Il mercato nero dell’avorio
è infatti infinitamente più
grande e il suo sviluppo non
mette in pericolo solo la
fauna africana.
La mattanza dei bracconieri
L’associazione
animalista
David Sheldrick wildlife
trust, con base in Kenya,
afferma che ogni quarto
d’ora, in Africa, un elefante
muore assassinato per il
possesso delle sue zanne.
Una carneficina che ha
già portato alla completa
estinzione della specie negli
stati della Sierra Leone e del
Senegal, mentre nel resto
del continente la caccia si fa
sempre più feroce, con vere
e proprie uccisioni di massa,
stragi di interi branchi che
avvengono durante la notte.
Lo scorso marzo, in una sola
notte, nel sud del Ciad sono
stati ammazzati 89 animali,
tra cui 30 femmine gravide.
Ma è nell’ottobre del 2013
che si è avuto il massacro più
scioccante, un vero e proprio
olocausto: nella riserva dello
Zimbabwe dello Hwange
National Park furono uccisi
più di trecento elefanti in
un solo raid. Durante la
stagione secca, i bracconieri
avvelenarono i pozzi in
cui gli animali usavano
abbeverarsi, uccidendo così
gli elefanti e tutti i predatori
che provarono a sfamarsi
con le loro carni. Una strage
aberrante, compiuta per
pochi dollari: ai cacciatori,
In foto- I postumi della
mattanza degli elefanti.
26
Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
“
L’elefanti han
tutte queste
generosità e più
senno; combatton
con arte, imparan
la lingua, fan patti
con noi, conosceno
la colpa, e
s’inginocchiano
alla Luna, come
gli antichi Greci.
La presa
Prima della mattanza
gli elefanti vengono
presi per il collo.
La rimozione
Dopo l’uccisione
dell’imponente mammifero
le zanne vengono rimosse
con l’ascia e vengono
portate all’incisione.
Tommaso Campanella
filosofo e teologo italiano
infatti,
spetta
una
somma
esigua,
che
oscilla tra i 50 e i 100
dollari. Molto alta per
il potere d’acquisto di
un africano medio, ma
ridicola se paragonata
al
prezzo
raggiunto
dall’avorio una volta
piazzato sul mercato
finale.
Tutto
questo
plusvalore apre a scenari
ancora più spaventosi:
con l’avorio, infatti, non
si sfamano soltanto le
povere famiglie africane,
ma
si
finanziano
eserciti
e
pericolosi
L’incisione
Le zanne vengono incise
e pulite dai detriti e dal
sangue dell’elefante. Dopo
vengono portate al rogo
per poi ottenere l’avorio.
27
gruppi
terroristici.
L’avorio finanzia
e
sostiene
genocidi,
guerre e il terrorismo
internazionale - Gli
elefanti
vengono
cacciati soprattutto nei
luoghi dove imperversa
la guerra. Nell’Africa
subsahariana
l’avorio
non è solo materia
ricercata da contadini
mossi dalla necessità
di sfamare le proprie
famiglie, ma soprattutto
una
merce
preziosa
contrabbandata
da
terroristi,
bande
di
criminali e addirittura
eserciti più o meno
regolari. L’oro bianco ha
ottime
caratteristiche
commerciali
per
i
terroristi.
Non
solo
presenta un grande valore
aggiunto, ma può anche
essere utilizzato come
materia di scambio per
ottenere armi e viveri
in caso di necessità.
Insomma, si tratta di
un bene rifugio al pari
dell’oro vero e proprio!
Oggi a contendersi il
monopolio sul business
dell’avorio
sono
soprattutto i miliziani di
Janjawid, gli estremisti
islamici di al-Shabaab e
quelli di matrice pseudocristiana
del
Lord’s
Resistance Army (LRA).
u Gli Janjawid (termine
che significa “demoni
a
cavallo”)
sono
le
truppe
filogovernative
impegnate nella guerra
civile nella regione del
Darfur in Sudan: fautori
di un vero e proprio
genocidio,
con
oltre
300mila morti lasciati
a terra e un milione di
sfollati senza più una casa.
u Al-Shabaab
è
una
organizzazione
somala
legata ad al Qaida, è
divenuta nota all’opinione
pubblica
internazionale
quando il 21 Settembre
2013 ordì un assalto al
centro
commerciale
Westgate nel cuore di
Nairobi,
capitale
del
Kenya, lasciando a terra 68
morti e 200 feriti. Secondo
L’elephant Action League
la milizia si finanzia
per il 40% attraverso il
bracconaggio, ottenendo
dal contrabbando di avorio
un reddito tra i 200 e i
600mila dollari mensili.
La mattanza in acqua
Talune volte la presa e
l’uccisione degli elefanti
avviene all’interno di
ambienti acquatici.
u Il Lord’s Resistance
Army
è
invece
un’organizzazione
che
oscilla tra la forma di
un esercito e quella
di una setta religiosa,
fondata in Uganda da
Joseph Kony. Due anni
fa l’LRA e Kony furono
oggetto della campagna
di sensibilizzazione STOP
KONY 2012, in cui venivano
denunciate le efferatezze
commesse dal gruppo.
I numeri della morte
Oggi la popolazione di elefanti africani è
stimata tra le 472.000 e le 690.000 unità:
si calcola che negli anni Trenta e Quaranta
fossero fino a cinque milioni. La specie
è classificata come “vulnerabile” nella
Lista Rossa dell’Unione mondiale per la
Conservazione della Natura. Si stima che
ogni anno tra 30.000 e 38.000 elefanti
vengano uccisi da cacciatori d’avorio. Il
prezioso materiale viene poi spedito dai
porti dell’Africa occidentale.
28
Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
In foto - Tutte le immagini di questa
galleria sono del noto fotografo Brent
Stirton, e sono state scattate per un
approfondito reportage di Bryan Christy,
Blood Ivory, per National Geographic.
L’LRA ed i suoi dirigenti sono
stati accusati dalla Corte
penale internazionale di aver
attuato numerose violazioni
dei diritti umani, compresi
l’omicidio, il rapimento, le
mutilazioni, la riduzione in
schiavitù sessuale di donne
e bambini, l’uso in battaglia
dei bambini soldato.
Il contrabbando d’avorio
avviene più o meno senza
grossi limiti o difficoltà,
anche se ad operare sono
grosse
organizzazioni
terroristiche,
data
la
corruzione dilagante tra i
funzionari pubblici. Così
come avviene per la droga,
i trafficanti si servono di
navi mercantili in partenza
29
soprattutto dai porti del
Kenya, della Tanzania o del
Togo. Le preoccupazioni
degli ambientalisti, quindi, si
sommano a quelle degli Stati
Uniti. Il presidente Barack
Obama ha da poco innalzato il
livello d’allerta sul controllo
del commercio della fauna
selvatica, con l’obiettivo di
arginare una delle maggiori
fonti di finanziamento del
terrorismo
africano.
Ma
tentare di limitare l’offerta,
con una domanda così
esplosiva come quella che
giunge da oriente, è più o
meno inutile.
La soluzione parla cinese
Come già evidenziato, il
mercato cinese è, da solo,
responsabile per il 70%
della domanda di avorio nel
mondo. L’avorio è un pezzo
importante della cultura
cinese; una fiorente industria
artistica produce oggetti in
questo materiale da secoli,
e i consumatori autoctoni
sembrano del tutto ignari
del percorso attraverso cui
l’oro bianco giunge nelle
loro mani. Riuscire a placare
la loro richiesta, dunque,
richiede un cambiamento
culturale molto difficile,
ma
necessario:
Pechino
ha in mano non solo il
futuro degli elefanti, ma
anche quello della sicurezza
internazionale.
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Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
31
Il Professore
ora ci ripensa
L’ex premier italiano Mario Monti in una
breve missiva all’Economist delinea la chiave
di svolta europea nella ricerca della flessibilità.
Traduzione a cura di
Dario Rondanini
Per promuovere la crescita
è richiesta una maggiore
flessibilità per i Paesi. (così
inizia la lettera indirizzata
all’Economist il Presidente
dell’Università Bocconi ed ex
Primo Ministro italiano Mario
Monti, ndt).
Tre anni fa, l’Euro ha rischiato
l’esplosione, sotto la pressione
dei mercati. Dopo considerevoli
tensioni, i leader politici europei
hanno lavorato tutti insieme
per evitare la crisi. La Banca
Centrale Europea ha trovato
abbastanza
convincenti
le
misure da essi prese, arrivando
a dare il proprio supporto.
Oggigiorno, con i mercati
tranquilli, potrebbero essere
i governi stessi a danneggiare
l’Euro. Il presidente francese, il
cancelliere tedesco e il premier
italiano hanno tutti sviluppato
una
politica
di
reciproca
recriminazione.
Anche quando si esprimono
in termini diplomatici, si
evidenziano
differenze
di
poltica e, più in profondità,
di cultura nazionale. Queste
differenze
devono
essere
gestite sapientemente, non
sfruttate tra un summit e
l’altro.
Ciò
beneficerebbe
soltanto i populisti. Se l’UE
vuole rimanere una comunità
armoniosa, devono accadere
due cose: bisogna attenersi
alle regole e bisogna avere più
crescita. Potremmo vederle
accadere entrambe, o nessuna
delle due.
Italia
e
Francia,
e
più
ampiamente, tutta l’Europa
meridionale,
non
devono
accusare
la
Germania
di
essere legalista o tecnocratica
semplicemente
perchè
si
aspetta che le regole vengano
rispettate. Modificare le regole
a proprio vantaggio favorisce
gli Stati dei grandi membri a
dispetto di quelli piccoli. Ecco
perchè la violazione del patto di
stabilità da parte della Francia e
della Germania nel 2003 fu vista
così male dagli altri europei.
Dall’altra parte, l’insistenza
di Italia, Francia e degli altri
Paesi del sud dell’Europa sul
bisogno di creare ulteriori
spazi per la crescita, non deve
essere vista dalla Germania
e dall’Europa settentrionale
come un segno di sperpero. Più
crescita nell’Unione Europea,
e specialmente nel sud del
continente, è indispensabile
non solo per i Paesi coinvolti,
32
Economia
N.5 | 4 Novembre 2014
ma anche per l’integrazione
dell’Europa stessa.
La riconciliazione è possibile.
Due punti devono essere
presi in esame: primo,
il patto di stabilità che
non
viene
rispettato.
Non possiamo parlare di
conformità
quando
gli
Stati
membri
riescono
ad
applicare
facilmente
estensioni alle scadenze per
raggiungere i loro traguardi.
La Francia non ha nemmeno
chiesto il permesso, dicendo
semplicemente che non
sarebbe stato rispettato.
L’Italia è intervenuta dicendo
che l’UE non dovrebbe osare
di considerare tutto ciò come
un
infrangimento
delle
regole.
Secondo, mentre un patto
di stabilità più semplice
sarebbe potuto essere la
soluzione adatta quando
l’Euro era nelle sue prime
fasi, ora l’Europa non può più
permettersi di continuare ad
affidarsi ad uno strumento
tanto rudimentale. Avendo
fallito nel riconoscere il
giusto ruolo del pubblico
investimento,
i
governi
sono stati spinti a fermarsi
nella
costruzione
delle
infrastrutture,
quando
invece avrebbero dovuto
costruirne di più. Ciò che
occorre non è il deviare dalle
regole, ma delle regole più
giuste sia economicamente
che moralmente.
Al
tempo
del
suo
Wirtschaftswunder,
o
“miracolo economico”, la
costituzione tedesca stabilì
che il prestito pubblico
avrebbe
dovuto
essere
permesso solo per il pubblico
investimento. I tedeschi la
chiamarono “la regola d’oro”
ed inizialmente provarono a
racchiuderla nel trattato di
Maastricht. Difficile che ciò
venga interpretato come un
33
segno di irresponsabilità.
L’idea di un trattamento più
favorevole per il pubblico
investimento ha iniziato a
prendere terreno. Nel 2013,
la Commissione Europea ha
annunciato che lo avrebbe
applicato
per
rafforzare
il
patto
di
stabilità,
ovviamente
entro
certi
limiti. Il Fondo Monetario
Internazionale e la BCE
stanno chiedendo ai governi
di espandere il pubblico
investimento. Jean-Claude
Juncker, il nuovo Presidente
della
Commissione,
ha
annunciato un grande piano
di investimenti nell’UE.
Ad ogni modo, la nuova
Commissione
dovrebbe
Le cariche europee
Monti è stato commissario
europeo per il mercato interno e
commissario per la concorrenza.
andare avanti. Dovrebbe
annunciare la promozione di
una nuova implementazione
di disciplina fiscale a livello
nazionale, più favorevole
agli investimenti. Dovrebbe
poi rafforzare il patto
di
stabilità
esistente,
mentre
acconsentirebbe
al
consolidamento
del
pubblico
investimento,
entro i limiti decretati nel
2013. Si potrebbe lanciare
la proposta di aggiornare le
La brava Angela - Più di
un analista ha affermato che
dietro l’ascesa di Monti ci fosse
l’appoggio teutonico della Merkel.
Ceci d’autunno - Jean-Claude
Juncker è l’attuale Presidente
della Commissione europea.
“
Non
dobbiamo
sorprenderci
che l’Europa
abbia bisogno
di crisi, e di
gravi crisi,
per fare passi
avanti.
Mario Monti
valutazioni sull’Europa
regole sulla disciplina fiscale,
per rispecchiare il ruolo
del pubblico investimento
produttivo.Infine, dovrebbe
istituire un gruppo che
fornirebbe
principi
già
concordati su quali categorie
di
pubblica
spesa
si
possano qualificare come
investimenti, in modo da
mostrare maggiore chiarezza
ed evitare che nel nuovo
regime si creino scappatoie
per evitare un’apertura.
La virtù della disciplina fiscale
è che protegge le future
generazioni dagli abusi degli
attuali politici. Immaginate
che un Paese abbia bisogno di
più e migliori infrastrutture,
e che il suo governo possa
prendere in prestito la somma
necessaria ad un tasso di
interesse inferiore dell’1 per
cento, per sovvenzionare
infrastrutture che producono
un più alto tasso di ritorno. Se
quel Paese decide di bloccare
questo investimento, non sta
forse agendo contro le sue
generazioni future?
La Germania è un grande Paese.
Deve essere incoraggiato ad
agire secondo i suoi principi,
e ad includere questi stessi
principi
all’interno
della
struttura dell’UE.
34
Intervista
N.5 |4 Novembre 2014
Adesso
sorveglio
le Banche
europee
L’attuale presidentessa per
la Sorveglianza bancaria
europea Danièle Nouy
interviene sulla strategia
per il controllo delle Banche
centrali in una intervista a
Hospodárske noviny.
Intervista - a cura di
Jakub Mendel.
Traduzione - a cura di
Elisa Scarinzi.
35
In foto - Angela
Merkel, dal 22
novembre 2005,
ricopre la carica
di Cancelliere in
Germania.
All’inizio
di
Novembre
sarà lanciato l’SSM per la
supervisione
del
settore
bancario in Europa. E lei sarà
ne sarà a capo nei prossimi
anni. Sembra che, oltre ad
Angela Merkel ci sarà un’altra
donna potente nell’Unione
Europea.
Infatti non sarò la sola a capo
dell’SSM, saremo due donne,
con Sabine Lautenschläger,
che è anche membro della
piattaforma esecutiva dell’ECB,
sarà il vice-capo. È un piacere
per noi lavorare insieme come
una squadra, anche insieme
agli altri membri del Consiglio
di Sorveglianza. Riuscire in
incarichi importanti come
questo, sarebbe difficile senza
supporti.
Comunque lei occuperà la
posizione più alta. Come si
sente a essere alla guida di
un così importante e ampio
progetto Europeo?
Io sono e sono sempre stata
a favore dell’Europa. Ogni
nazione europea da sola, anche
le più grandi, come la mia, è
troppo piccola nel contesto
dell’odierna economia globale.
Dobbiamo unirci al fine di
essere più forti. Sono molto
onorata di essere stata scelta
per guidare questo progetto e
per favorire la cooperazione
a un livello europeo in questo
settore.
Inoltre,
apprezzo
lavorare
ad
un
livello
internazionale, ne sono molto
felice.
Secondo lei, quale sarà il
contributo più significativo
del SSM al progetto europeo?
Penso che la crisi economica,
innescata dalla crisi bancaria,
ci ha mostrato che c’è bisogno
di rafforzare la supervisione.
Credo che attraverso l’SSM
possiamo ottenere il meglio
dei due mondi. Abbiamo, da
un lato, una certa distanza
nel processo decisionale e
l’indipendenza
garantita
dalla Banca Centrale Europea.
In foto - Sabine
Lautenschläger
membro esecutivo della
BCE e vice presidente della
Supervisione del Settore
Bancario europeo.
36
Intervista
N.5 | 4 Novembre 2014
D’altra parte, però, siamo in grado
di trarre ispirazione dalle analisi
e conoscenza locale trasmessi a
noi dai nostri partner, da parte
delle autorità nazionali. Inoltre,
se vogliamo un’unione bancaria
in Europa, abbiamo anche bisogno
di un SSM come suo principale
pilastro (insieme a un Meccanismo
di Risoluzione Singolo e un Comune
Fondo di garanzia dei depositi).
Durante la crisi, molte nazioni,
incluse Spagna e Irlanda, per
esempio, sono state sottoposte a
grande pressione, dovuta al loro
problematico settore bancario.
Possiamo supporre che una volta
che l’SSM sarà in vigore, questo
non accadrà più?
Certo non si può promettere che
non ci sarà mai più crisi nel settore
bancario. Posso, tuttavia, dire che
saremo attrezzati meglio che in
passato per questi casi. E non solo
per l’SSM. L’unione bancaria porterà
anche il Meccanismo Singolo di
Risoluzione e un comune sistema di
Jean Claude Juncker
Presidente della
Commissione
Europea, è stato
primo ministro del
Lussemburgo.
garanzia dei depositi.
Sebbene questo sia
un progetto di scala
relativamente ampia,
l’Europa l’ha messo in
piedi in un anno. Quali
sono stati gli ostacoli
più grandi che avete
dovuto sorpassare?
La mancanza stessa di
tempo, probabilmente.
Sebbene avessimo la
possibilità di estendere
questo periodo di sei
mesi,
non
abbiamo
considerato
questa
opzione. Da un lato,
questa
situazione
complicata ci ha messo
molta pressione, ma
ha anche avuto certi
vantaggi. Quando hai più
tempo spesso lo sprechi
in
discussioni,
che
spesso non sono utili. Ma
quando hai poco tempo
devi mantenere l’unità e
una maggiore disciplina.
Questo ha funzionato
molto bene alla fine. È
stata una sfida. Direi che
Mario Draghi
Dopo essere stato Governatore
della Banca di Italia, è l’attuale
Presidente incaricato della
Banca Centrale Europea.
37
c’era lo spirito di una
start up e la sensazione
di creare qualcosa di
unico.
Dovevate
reclutare
un largo numero di
personale in un tempo
brevissimo.
Si, inoltre, dovevamo
reclutare
i
migliori
candidati
possibili.
Abbiamo ricevuto molte
richieste da persone
eccellenti che volevano
fare parte di questo
progetto. Perciò non
abbiamo avuto problemi
a trovarli. Nondimeno, è
stata una sfida reclutare
circa mille persone in
meno di 12 mesi.
Può
definitivamente
confermare che la cosa
è stata fatta e che la
prima parte dell’unione
bancaria sarà lanciata
già il 4 Novembre?
Non c’è dubbio su questo.
Il lavoro è stato fatto e
noi siamo pronti.
trasparenti, per assicurarci
che gli investitori di banche
capissero cosa c’è in questi
bilanci bancari, per verificare
la
corretta
valutazione
delle attività delle banche
e le garanzie che stanno
prestando. Condurre l’AQR
è stato molto utile per
noi ed i risultati sono di
grande valore come parte
della valutazione globale.
Qualora i risultati mostrino
che alcune banche devono
affrontare deficit di capitale,
le banche saranno tenute a
coprirli, principalmente da
fonti private.
Per porre diversamente
la domanda: sono queste
banche pronte per l’SSM?
Jens Weidmann - attuale
Presidente delle Banca tedesca.
Durante
i
lavori
di
preparazione sicuramente
hai cooperato a stretto
contatto con gli operatori
delle
banche
centrali.
Come è stata la sua
esperienza con Národná
banka Slovenska?
Onestamente
è
stata
un’esperienza
fantastica.
La banca ha fatto un lavoro
eccellente preparando la
supervisione, così come
nel rivisitare la qualità
dell’assetto bancario. Ci ha
fornito informazioni di alta
qualità, sempre in tempo.
È certamente uno “degli
studenti
migliori
della
classe”.
Lei ha menzionato la
rivisitazione dell’assetto
qualitativo,
conosciuto
come AQR e tutti stanno
aspettando
perché
i
risultati
vengano
annunciati.
Sebbene
i
risultati saranno pubblicati
solo Domenica e sono sotto
embargo fino ad allora,
vorrei chiedere, almeno
Si, lo sono..
in
generale,
possiamo
aspettarci
qualche
significativo cambiamento
nel conteggio dei risultati
dell’ AQR?
Per quanto riguarda l’AQR
abbiamo fatto quello che
dovevamo. L’obiettivo era
in particolare di rendere
i
bilanci
bancari
più
Molti
banchieri,
comunque, non hanno
nascosto il loro punto di
vista, secondo il quale il
mercato finanziario è sovra
regolato, e percepiscono
l’SSM come un ulteriore
onere.
L’opposto è vero. Per
esempio I gruppi bancari
più ampi, che sono stati
Christian Noyer - attuale
Presidente della Banca francese.
38
Intervista
N.5 | 4 Novembre 2014
supervisionati da molte banche
centrali nazionali, aspettano un
certo grado di semplificazione,
in
quella
segnalazione
le
procedure e l’implementazione
della regolamentazione saranno
armonizzate. La Slovacchia sarà
una delle nazioni che beneficerà di
questo. Le più grandi banche della
tua nazione sono direttamente
supervisionate, ognuna come
parte di un gruppo bancario, da
una nazione differente. Unificando
la supervisione, il rischio di
incomprensioni fra i supervisori
delle diverse nazioni, sarà ridotto.
Non è la supervisione bancaria
singola, un altro regolamento
per le banche?
Non lo è. È un modo consistente
di implementare I regolamenti
per ampie banche e gruppi
bancari attivi da un punto di vista
internazionale. È anche il motivo
per cui c’è un generale consenso
fra queste istituzioni finanziarie
relativamente
al
sostegno
dell’SSM.
Qual è il suo parere personale
riguardo al problema della
eccessiva
regolazione
delle
banche? Pensa che il settore sia
eccessivamente regolato?
No, non penso che il settore
bancario sia sovra regolato.
Torniamo
assumere
all’SSM. Possiamo
che
contribuirà
Ignazio Visco
Nato a Napoli,
è l’attuale
Governatore
della Banca
d’Italia. Dal 1997
al 2002 è stato
Chief Economist
e Direttore
dell’Economics
Department
dell’OCSE.
a
rafforzare
la
posizione
delle
banche
tradizionali
come
il
principale
canale del flusso di
moneta nell’economia
dell’aria-euro?
Si.
La
costruzione
dell’unione bancaria, così
come la valutazione degli
attivi bancari, dovrebbero
contribuire a rafforzare
l’affidabilità
creditizia
delle banche. Che a sua
volta dovrebbe dare loro
un più facile accesso
al capitale e ad altre
fonti di finanziamento.
Il costo per finanziare
ciò
potrebbe
essere
anche più basso, ciò
dovrebbe permettergli di
finanziare l’economia più
sostanziale
Dopo le lezioni apprese
dalle crisi e dato il
corrente
stato
delle
banche
all’interno
dell’unione monetaria,
non avrebbe più senso
concentrarsi sulla ricerca
di
canali
alternativi
di
finanziamento
dell’economia, al posto
di rafforzare la posizione
delle banche?
Gli
imprenditori
e
le
imprese
hanno
già la possibilità di
incrementare i fondi
con altri mezzi, per
esempio attraverso vari
fondi o il finanziamento
collettivo, ma l’accesso
ai prestiti bancari è molto
importante in Europa,
e un settore bancario
più sano come risultato
dell’SSM
dovrebbe
supportare
meglio
l’attività economica.
Mark Carney
È l’attuale Governatore della Banca
d’Inghilterra. Oltre a tale ruolo,
è anche Presidente del Financial
Stability Board del G-20. Prima è stato
Governatore della Banca del Canada.
39
Cultura
N.5 | 4 Novembre 2014
L’indagine
Lei vada in questura e non faccia
il buffone… faccia il cittadino.
Roma Capitale. La legge,
tutte
le
leggi,
quelle
conosciute
e
quelle
sconosciute, non possono
essere messe in discussione.
L’indiziato che ritorna un
po’ bambino e l’autorità
che incarna il padre, il
modello inattaccabile, la
faccia del rappresentante
di giustizia diventa quella
di un dio, della coscienza,
gli
interrogatori
sono
messe in scena per toccare
corde profonde, sentimenti
segreti, è la mentalità,
questa è la base. La base
su cui si poggia l’autorità
costituita, il canale per cui
finiscono col somigliarsi,
poliziotti e delinquenti:
nelle parole, nelle abitudini,
qualche volta persino nei
gesti.
Le coordinate - Diretto da
Elio Petri ed interpretato
da Gian Maria Volontè e
Florinda Bolkan, vincitore
del Grand Prix Speciale
Redatto da
Carmela Specchio
della Giuria alla 23-esima
edizione del Festival Di
Cannes e vincitore del
Premio Oscar al Miglior
Film Straniero nel 1971,
“Indagine su di un cittadino
al di sopra di ogni sospetto”
si conserva quale piccolo
tesoro della cinematografia
made in Italy.
Sono
passati
circa
quarant’anni
dalla
sua
uscita e le tematiche e
le vicende del capo della
sezione
Omicidi,
resosi
insospettabile
colpevole
dell’omicidio dell’amante,
sono più che attuali.
L’abuso di potere - Il
consapevole,
sadico
e
provocatorio
abuso
di
potere
commesso
dal
protagonista si configura
quale banco di prova della
giustizia.
La
curiosità,
la sfida - inizialmente
divertita - di Volontè alle
autorità e alla cecità verso
le colpe degli alti funzionari
dello Stato si tramutano in
un urlo disperato, un tragico
desiderio di giustizia. Nella
memorabile
scena
delle
cravatte azzurre Volontè si
costituirà colpevole presso
un
incredulo
idraulico:
“Stia zitto un momento!
Chiunque – glielo spiego
io il meccanismo – viene a
contatto con un assassino è
nei guai, lei corra in questura,
squadra omicidi, mi descriva
dettagliatamente, descriva
nei particolari l’ora il luogo
le modalità del nostro
incontro, per favore, mi
guardi bene, non capita
tutti i giorni di vedere a
venti centimetri di distanza
la faccia di un assassino,
controlli, cerchi di ricordare
come sono pettinato, se ho i
baffi, se non li ho, come sono
vestito, se ho la cravatta…
lei vada in questura, non
faccia il buffone, faccia il
cittadino!”. Il “dottore” così soprannominato dai
suoi gregari - vuole sfidare
se stesso e gli altri
per
dimostrare, al di là di ogni
dubbio, che un commissario
di polizia non è mai
sospettabile né veramente
colpevole, qualunque cosa
faccia e che, alla fine,
comunque, la sua funzione
di
difensore
dell’ordine
peserà
sulla
bilancia
dell’utilità sociale più di
qualsiasi delitto. Il finale
aperto ed enigmatico sulla
scena
dell’interrogatorio
al “dottore” lascia che sia
il pubblico a dare libera
conclusione – secondo la
propria fantasiosa morale –
alla vicenda. Tra i più felici
e riusciti dei film di Petri,
“Indagine su di un cittadino
di ogni sospetto” è lo
spaccato di un ambiente e di
una mentalità che il regista
mostra di conoscere molto
bene: quelli della burocrazia
40
Cultura
N.5 | 4 Novembre 2014
“
La legge! la legge!
Tutte le leggi
quelle conosciute e
quelle sconosciute:
l’indiziato ritorna
un po’ bambino
ed io divento il
padre il modello
inattaccabile, la
mia faccia diventa
quella di Dio.
Augusta Terzi
L’amante del dottore
vittima di un gioco
erotico finito male.
Le perversioni
Il dottore e Augusta si
eccitano nell’emulare
le scene del crimine
frequentate dal dottore.
il Dottore
capo della sezione omicidi
piccolo
borghese
romana nella sottospecie
della polizia, messi da
sfondo a un personaggio
tipico
dello
stesso
ambiente, ma dotato,
pirandellianamente, di un
meccanismo dialettico
interiore. Così come
analizzato da Alberto
Moravia in “Al Cinema”,
la trovata di Petri e
dello sceneggiatore Ugo
Pirro, accanto a quella di
mettere il personaggio
contro se stesso, è
stata quella di farlo
parlare con l’accento
Una giornata in spiaggia
Augusta Terzi e il dottore
in uno dei tanti flashback di
quest’ultimo. Nella scena la
bellissima Florinda Bolkan
e Gian Maria Volontè.
41
siciliano e di fargli dire,
con
quest’accento,
soltanto i luoghi comuni
del linguaggio medio
italiano.
Ciliegina
sulla torta è la colonna
sonora, incaricata di più
di un ruolo: è una musica
che non solo si accolla
il
ruolo
informativo
solitamente svolto dalla
parola, ma costituisce
anche
un
valido
commento allo stato
psichico ed emotivo del
personaggio.
Poche e
lapidarie note, Ennio
Morricone docet.
Editoriale
N.5 | 4 Novembre 2014
Una lettera ad
Arthur Rimbaud
Tu farfalla di maggio hai fatto tutto presto. Eppure
l’avevi detto: On n’est pas sérieux, quand on a dix-sept ans.
M
Giangiacomo
Morozzo
a te ne sei
andato lo
stesso, in
Africa, a
trafficare
armi
e
insegnare
il Corano. Hai lasciato il profumo
delle tue belle sere ad attenderti, a
Charleville, a Parigi o chissà dove,
e hai abbandonato le allucinazioni
semplici. Nessuno scorge più
scuole di tamburi per angeli al
posto delle tristi officine, né si
spinge verso i ristagni in cui non
smette di marcire un Leviatano.
Ma tu, farfalla di maggio, hai fatto
tutto troppo presto. Quattro anni
intensi come una vita, a scrivere
poesie dall’inferno e reinventare
l’amore e la vita. Fino a scorgere
l’antica alleanza degli orizzonti
eterni crollare a frustate, e i neri
ippocampi scortarti nel poema
della tua sconfitta. Ma che cos’era
quel Bateau Ivre con cui ti sei
presentato a Parigi, quella tua
Bohème da pollicino sognante?
Erano forse le speranze pallide
di un adolescente che aveva letto
tutti i suoi contemporanei, senza
salvarne nessuno. Oppure una
libertà nuova nei confronti di quel
mondo troppo angusto, troppo
freddo e borghese, che pretendeva
follemente
di
imprigionare
l’universo in nome della società
civile. Era quel fuggire verso la
lontananza, che non pretende
destinazione alcuna, a saziare per
un attimo il tuo bisogno di tutto?
Quanto rumore dovevi trattenere
nel cuore, nelle belle sere,
mentre scacciavi la bellezza dalle
ginocchia, e imboccavi stradine
di campagna e viali come fredde
e spente vene. Così la poesia ti ha
insegnato la dannazione: mentre
l’occhio si stringe nell’ombra, e
il passo rallenta, e si
nasconde la strada…
allora davanti a te si
distende il panorama
del poema del mare.
Fanciullo
eterno,
troppo
tardi
l’acqua
d’Europa
ti ha pianto! Tu
che
dall’anima
all’anima gettavi le
reti
dell’alchimia
del linguaggio e
ripescavi le macerie
di un mondo in
rovina, che pochi
visitatori
hanno
scorto e nessuno
abitato più a lungo
di qualche parola.
Tu che nell’urgenza
della fuga sembravi
così vicino a tutto.
Ma
ora
basta,
hai
ragione.
A
diciassette
anni
non si può essere
seri. A nulla serve la
confettura per buoni
poeti, né l’irruenza
dei Maelstorm. Hai
pianto troppo: come
se la tua anima altro
non fosse che un
lungo,
sregolato
e
sragionato
esperimento di
amore.
Cultura
N.5 | 4 Novembre 2014
olan
n
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phe
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s
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r
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l
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m
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a
b
ù
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p
i
d
è
’
c
Redatto da
Liliana Squillacciotti
Christopher
Nolan.
Batman. Heath Ledger.
Inception.
Sequenze,
associazioni
logiche.
Allontanarsene, è il
modo
migliore
per
poter entrare a pieno
nel mondo del regista
britannico. Niente è
come sembra o forse
tutto è davvero come
appare, sceneggiature
che terminano con un
solo, grande, punto
interrogativo,
perché
i punti fermi sono una
certezza che diventa
“lusso”, qualcosa a cui
aspirare, una chimera
da raggiungere.
Nato a Londra da
padre
inglese
e
madre
americana,
Nolan
comincia
la
sua carriera 25 anni
fa, quando, nel 1989
43
riesce a far proiettare
dalla PBS il suo primo
cortometraggio.
Una
carriera la sua, che si
intreccia agli affetti
e alla vita privata.
Sposa una produttrice
cinematografica, Emma
Thomas, insieme alla
quale darà vita alla
“Syncopy Films”, e
collabora con il fratello
minore,
Jonathan
per la stesura delle
sceneggiature dei propri
film.
Il primo lungometraggio
è
datato
1998,
“Following”, un noir
in bianco e nero girato
su pellicola da 16mm.
“Fare
economia”
è
l’imperativo categorico
da cui non potersi
esimere,
nonostante
questo il film ottiene un
buon consenso da parte della
critica e vince diversi premi,
oltre a mettere in chiaro fin
da subito quelle che saranno
le componenti caratteristiche
del cinema di Nolan. Prima fra
tutte, la marcata non-linearità
della trama.
Memento - Il 2000 è l’anno
di “Memento”. Questa volta
è il titolo ad imporsi come
imperativo,
anche
esso
categorico, a modo suo. Il
protagonista è Leonard Shelby.
Lui, non lo ricorda. Vittima di un
incidente che gli ha procurato la
perdita della memoria a breve
termine, è costretto a vivere la
propria vita legato a frammenti
di carta e di pelle (la propria) ai
quali aggrapparsi pur di riuscire
a ricordare. Metafora perfetta di
quell’istinto primario ed innato
che porta l’uomo, in maniera
del tutto inconscia, a legare gli
eventi della propria vita ad una
linea temporale, in mancanza
della quale si genera l’oblio. Il
bisogno di ricordare come scopo
della propria esistenza. Quello
stesso bisogno di ricordare che
si intreccia ad un altro bisogno
primario
dell’
“animaleuomo”, quello di vendetta.
Ricordare
per
vendicarsi,
vendicarsi con la speranza
di ricordare. Se si parlasse
di un romanzo, si potrebbe
tranquillamente affermare che,
in fase di montaggio, fabula ed
intreccio hanno inevitabilmente
preso due strade diverse. La
“
In realtà, nessuna
idea è semplice
quando devi
impiantarla
nella mente di
un’altra persona.
Inception
film di Nolan
44
“
Nel cinema
tende ad
esserci una
naturale
separazione tra
lo stile visivo
e gli elementi
narrativi,
tranne che con
i grandi registi.
Christopher Nolan
scena finale del film, risulta essere
quella cronologicamente centrale,
che coincide con lo scioglimento
appunto
dell’intreccio.
La
sensazione che si viene a creare
è a dir poco straniante, ci si sente
Leonard, il punto di vista è il suo,
il desiderio di riuscire a vendicarsi
diventa dello spettatore. Uno
scambio alla pari. Il film riceve
i consensi tanto del pubblico
quanto della critica.
Grazie a tali consensi, Steve
Soderbergh gli affida la regia
di
“Insomnia”,
un
thriller
psicologico dalle origini norvegesi.
Il protagonista è Al Pacino, che
si trova a dover fare i conti con
un Robin Williams dalla dubbia
English man
Christopher
Nolan nasce a
Londra da padre
inglese e madre
americana.
Ha trascorso
la sua infanzia
tra Londra e
Chicago, infatti
ha entrambe le
cittadinanze. Da
bambino si era
dimostrato molto
portato per la
fotografia e per
la realizzazione
di piccoli
cortometraggi.
moralità, con i propri
sensi di colpa e con il
sole che in prossimità
del circolo polare artico
non
tramonta
mai,
facendo troppa luce,
costringendo a ricordare
laddove
dimenticare
sarebbe, forse, l’unica
soluzione. Dalla memoria
a tutti i costi, alla ricerca
dell’oblio.
La saga di Batman - Il
2005 è l’anno in cui il
nome di Nolan comincia
a
risultare
familiare
anche alle orecchie dei
più. L’occasione è quella
dell’uscita nelle sale
di “Batman Begins”. Il
progetto comincia due
anni
prima,
quando
lo
stesso
Nolan
si
propone alla Warner
Bros con la propria
idea
di
“rispolvero”
di
quel
personaggio,
reduce
dall’insuccesso
di “Batman & Robin” di
Schumacher del 1997.
La sceneggiatura viene
scritta a quattro mani
con David S. Goyer, e
l’intento,
chiaro
fin
da subito è quello di
proiettare sugli schermi
qualcosa che riesca ad
avvicinarsi quanto più
possibile
all’idea
di
“realismo”, così assente
nei precedenti film della
saga. Gli sceneggiatori
si ispirano in particolare
al fumetto “Batman:
Anno uno” di Miller,
e si concentrano sulla
nascita e l’evoluzione
del supereroe. Il film è
un successo, 372.710.015
Il cinema nel cuore
Nel 1989 Nolan riesce a far
proiettare il suo primo corto sul
canale americano PBS, qui conosce
Emma Thomas che di lì a breve
diventerà sua moglie e socia.
45
sono i dollari incassati.
Prestigio - Sull’onda
dell’entusiasmo
di
“Batman
Begins”,
esattamente
un
anno dopo, Nolan è
nuovamente nelle sale
con un’altra creatura,
“The Prestige”.
Trasposizione
per
il
grande
schermo
dell’omonimo romanzo
di Christopher Priest,
“
Come uomo
non sono che
ossa e carne.
Posso essere
distrutto. Ma
come simbolo...
posso essere
incorruttibile.
Batman Begins
Questo il leitmotiv intorno
a cui tutto ruota. Il mondo
onirico è al centro di tutto,
il mondo dell’impalpabile,
quello in cui naufraga
tutto ciò che c’è ma non
si vede. Ancora una volta
si viene trasportati in una
dimensione “altra”, non
irreale ma alternativa.
L’inconscio va indagato,
letteralmente, entrandovi
“fisicamente”,
non
attraverso la psicanalisi.
Nulla può dare la conferma
di appartenere alla realtà.
Forse solo un labile,
leggero, giro di trottola.
la
stesura
della
sceneggiatura del film
tiene occupati i fratelli
Nolan per ben cinque
anni. Il nome del regista,
se non una garanzia,
è ormai diventato un
“marchio”. Si sa a cosa si
va incontro, si sa di dover
rimanere concentrati per
non perdere nemmeno
un dettaglio.
Dopo tre anni dall’uscita
del primo capitolo, nel
In foto- Christopher Nolan
osserva una scena prima del ciak.
2008 viene proiettato nelle
sale “Batman-Il cavaliere
oscuro”. Il successo è
travolgente. Questa volta
i due sceneggiatori si
basano sui fumetti “Il
lungo Halloween” e “The
Killing Joke”, riportando
sul grande schermo la
nemesi di Batman per
eccellenza: Jocker. Le attese
non vengono deluse, la
memoria va subito a Jack
Nicholson, e ci si chiede se
l’allora
semisconosciuto
Heath
Ledger
possa
essere all’altezza del suo
predecessore. La risposta,
ormai, la si conosce. Il film
è inevitabilmente legato alla
Forse.
Nel 2012, si conclude la
trilogia di Batman, con
il terzo ed ultimo film
“Il
cavaliere
oscuro-Il
ritorno”. La sceneggiatura,
in questo caso, viene
affidata dal regista al
fratello, Jonathan. Nolan
dichiara di essere stato
alla ricerca di una storia
che potesse concludere
la saga, di un nuovo
nemico da far affrontare
all’Uomo - Pipistrello,
nemico
ritrovato
in
Bane, tanto diverso da
Joker, capace di creare
morte prematura proprio
di Ledger alla cui memoria
verrà dedicato.
Grazie
all’immenso
successo
ottenuto
con
“Batman-Il
cavaliere
oscuro”, il regista può
tornare a concentrarsi su
un progetto a cui aveva
cominciato a lavorare prima
dell’uscita di “Memento”.
“Qual è il parassita più
resistente? Un’idea. Una
singola idea della mente
umana può costruire città.
Un’idea può trasformare il
mondo e riscrivere tutte le
regole. Ed è per questo che
devo rubarla.” . Questo è
il motore di “Inception”.
In foto- Nolan dietro
una cinempresa.
46
Attualità
Cultura
Batman Begins- film del 2005,
con protagonista Christian Bale.
N.3 | 21
Ottobre 2014
N.5
4 Novembre
2014
Il cavaliere oscuro - film
del 2008, con Christian Bale
nei panni di Batman.
“
Penso che
il Joker ami
esaminare o
costringere
le persone
ad esaminare
l’insieme di
regole morali
ed etiche.
Christopher
Nolan
una sfida tanto “fisica”,
quanto “psicologica”. Anche
l’ultimo capitolo della saga,
come il precedente, è legato
nella memoria collettiva
ad
un
evento
tragico,
l’anteprima del film a
Denver fu infatti teatro di un
omicidio di massa, compiuto
da un giovane di 24 anni,
James Holmes.
A gennaio 2013 risale la
notizia che vuole Nolan,
dopo la breve parentesi
come produttore esecutivo
de “L’uomo d’acciaio”, come
regista di una nuova opera.
Il
nuovissimo
progetto
Si tratta di “Interstellar”.
La
prima
bozza
della
47
sceneggiatura appartiene a
Jonathan Nolan, ed è datata
2007. Del progetto alla base
della realizzazione del film,
infatti, si comincia a parlare
fin dal 2006. All’epoca, la
regia
sembrava
dovesse
essere affidata a Steven
Spielberg. Dopo una lunga
fase di stallo, nel 2013
appunto, l’opera subisce
un passaggio di mano. Da
Spielberg, ai Nolan.
Il film trova il proprio punto
di partenza in un trattato del
fisico teorico Kip Thorne, il
quale teorizza la possibilità di
viaggiare attraverso diversi
sistemi solari, utilizzando un
cunicolo spazio-temporale.
Il cavaliere oscuro, ritorno - Il
terzo film della saga di Batman.
Interstellar - Il prossimo
film di fantascienza firmato
da Christopher Nolan.
Batman è un
Con
l’Europa
vigilante
che
non
si
opera al di là
afferma
della legge
un’idea
di
per realizzare
pace,
ma di
di
qualcosa
guerra:
paesi
positivo, spinto
l’un
contro
da desideri
l’altro
armati.
negativi.
““
Christopher
Nolan
Marine Le
Pen
sulla funzione
di Batman
Europarlamentare
Ancora una volta il regista
britannico si affida, dopo gli
ultimi due capitoli della saga
di “Batman”, alla tecnologia
IMAX, puntando dunque
sulla massima definizione
di immagine. Il risultato
sarà, molto probabilmente,
stupefacente.
L’arte di Christopher - Lo
stile di Nolan non solo nel
dirigere, ma anche nella
scrittura
delle
proprie
sceneggiature è a dir poco
inconfondibile.
Si
viene
prelevati da quella che si
considera la propria realtà e
trasportati in un mondo che
si avverte come “diverso”
ma non necessariamente
“irreale”. La vicinanza ai
protagonisti
diventa
in
questo modo massima, in
una climax ascendente che,
spesso, non arriva mai ad
uno scioglimento reale. Si
rimane interdetti, pieni di
domande, pieni di forse,
pieni di se … sensazione
spiacevole? La risposta non è
così scontata come sembra. I
film di Nolan “abbracciano”
chi ha la voglia di farsi
coinvolgere, sono chiari,
cristallini, limpidi … almeno
fin quando la luce non torna
in sala, gettando nell’ombra
quelli che fino a due secondi
prima sembravano essere,
imperativi categorici.
48
Scienza
N.5 | 4 Novembre 2014
49
Differenze
di
genere
Maschi contro femmine nell’ottica della
psicologia evoluzionistica. Una approfondita
analisi sulle differenze di genere, derivazione
biologica o solo credenze urbane?
Redatto da
Claudio Candia
Gli stereotipi affollano la
nostra visione del mondo:
per questo, gli Inglesi sono
freddi, gli Italiani bravi cuochi,
gli Spagnoli “calienti” e gli
Svizzeri precisi, e si potrebbe
continuare all’infinito. Di
certo, possiamo dire che
l’intera umanità, nonostante
le differenze etniche, ha più
o meno gli stessi stereotipi
di maschio e femmina: non
esistono,
infatti,
società
dove il maschio non sia
aggressivo
e
competitivo
o in cui le femmine non si
prendono cura dei propri
figli. Numerosi studi, che
rientrano nella disciplina della
psicologia
evoluzionistica
(che tiene conto, cioè, della
teoria dell’evoluzione, e la
applica ai processi cognitivi
e comportamentali umani),
dimostrano, in effetti, che
la cultura umana, in fondo,
è unica e si manifesta in
maniera più o meno differente
nelle varie etnie: esistono,
infatti,
delle
costanti
universali, comuni, cioè, a
tutto il genere umano. Cosa
ancor più sorprendente, poi,
è il cosiddetto principio della
savana: secondo l’ottica della
psicologia
evoluzionistica,
infatti, il cervello umano
sarebbe ancora programmato
per risolvere i problemi che gli
si presentavano diecimila anni
fa, quando non esistevano
leggi e tecnologie: questo
perché la nostra evoluzione
biologica non è andata di pari
passo con quella tecnologica,
che ha radicalmente cambiato
i nostri stili di vita. Ed ecco
che si spiegano numerosi
comportamenti e, non ultime,
le differenze di genere tra
maschi e femmine.
Differenze innate - È risaputo,
infatti, che uomini e donne
hanno abilità ed interessi
generalmente diversi: quel
che non a tutti è noto, tuttavia,
è il perché. Gli studiosi che si
rifanno al modello standard
delle
scienze
sociali,
in
particolare, ricorrono alla
teoria della socializzazione
di genere, per la quale le
differenze comportamentali
sono dovute a differenze ad
una socializzazione diversa
in ambito culturale e sociale:
i maschi, in questo modello,
50
Scienza
N.5 | 4 Novembre 2014
In foto - Uno scambio di sguardi tra uomo
e donna. Eppure la vista dei differenti
sessi preferisce differenti percezioni.
Simon Baron Cohen l’ha dimostrato con un
semplice esperimento di laboratorio.
sono più aggressivi perché da
piccoli vengono loro regalate
pistole e robot, mentre le
femmine sarebbero indotte
a prendersi cura degli altri
grazie alle bambole. Se così
fosse, però, alla nascita
maschi e femmine non
dovrebbero
presentare
alcuna
differenza
di
comportamento:
Simon
Baron Cohen, però, ha
dimostrato che non è
così. Con il suo team egli
condusse una serie di
esperimenti sui neonati con
un giorno di vita (e quindi,
non sensibilizzati a nulla),
mostrando
a
ciascuno
di loro due immagini:
51
una con un volto umano,
l’altra con una giostrina
meccanica.
Ebbene,
i
maschi trascorrevano più
tempo a fissare la foto
con la giostrina, mentre
le femmine preferivano
di gran lunga il volto
umano. Questo semplice
esperimento
dimostra
abbastanza
chiaramente
che le differenze di genere,
almeno in parte, sono
innate.
Cervelli diversi - Il fatto che
esistano dei comportamenti
innati sposta la nostra
riflessione da una pura
speculazione psicologica ad
una analisi biologica: quanto
sono diversi, in effetti,
uomo e donna, a livello
cerebrale? Da un recente
studio condotto su circa 1000
persone, grazie a tecniche
di imaging in vivo si è visto
che le connessioni cerebrali
sono sviluppate in maniera
diversa nei due sessi: in
particolare, nel maschio
risultano ben collegati i lobi
frontali ed occipitali dello
stesso emisfero, mentre
nelle donne i due emisferi
sono collegati meglio tra
loro. Insomma, è come se
la mente maschile fosse
organizzata in aree ben
precise in cui riporre oggetti
Inseminazione - un ovulo
circondato da spermatozooi.
catalogati, mentre la mente
femminile è un continuum:
questo
spiegherebbe
la
migliore
capacità
delle
femmine
nel
gestire
situazioni
complesse
(svolgere più compiti allo
stesso tempo). Insomma,
le
femmine
sarebbero
multitasking,
mentre
i maschi sarebbero più
avvantaggiati nelle abilità
fisiche e nella cognizione
spaziale (tant’è che riescono
a parcheggiare l’auto in
maniera più fluida rispetto
alle femmine, checché se ne
discuta).
Biologia della diversità
Eppure, anche le diversità
cerebrali non sarebbero che
una conseguenza di due
fattori biologici meno legati
al comportamento e molto
più legati al sesso: si tratta
dell’anisogamia
e
della
gestazione intrauterina degli
ovuli fecondati. In breve, i
gameti maschili sono diversi
da quelli femminili, non
solo
morfologicamente,
ma anche da un punto
di
vista
“economico”:
gli spermatozoi vengono
prodotti
in
quantità
industriale e per tutta la
vita feconda di un maschio,
mentre gli ovuli maturano
in maniera limitata e
necessitano
di
lunghi
processi di selezione e
mantenimento.
Inoltre,
all’atto della fecondazione,
è la femmina ad accollarsi
tutte le responsabilità della
sopravvivenza del bambino
fino
alla
sua
nascita:
ciò
rende
asimmetrico
il rapporto di maschi e
femmine col sesso. Infatti,
andando a speculare sul
numero di figli potenziali
per un uomo e per una
donna, vediamo che esiste
un divario immenso tra i due
sessi: mentre un maschio
può avere (virtualmente) un
numero illimitato di figli,
una femmina ne può avere
un numero finito, circa 25
(non considerando parti
gemellari). Ciò ha delle
importanti
implicazioni,
perché
crea
delle
importantissime differenze
nel successo riproduttivo dei
due sessi (fitness). Il peggio
del successo riproduttivo
è non avere figli, il meglio
invece è averne il massimo
possibile: salta subito agli
occhi, allora, che il tetto
della fitness è sicuramente
maggiore per gli uomini,
così come il fondo, per gli
stessi, si trova molto più
in basso: un uomo che non
Sinapsi - attuano la connesione
tra neuroni celebrali e cellule.
52
Attualità
Scienza
In foto - Una giovane coppia
durante un preliminare sessuale.
N.3 | 21
Ottobre 2014
N.5
4 Novembre
2014
In foto - Una giovane
coppia in affettuosa
intimità familiare.
“
In effetti,
distrugge i
propri nervi
l’essere
amabile ogni
giorno con lo
stesso essere
umano.
Benjamin
Disraeli
53
ha avuto figli, da un punto
di vista evoluzionistico, è
un fallimento totale; per le
donne, invece, è molto più
difficile non avere figli, e se
pure così fosse, il fallimento
sarebbe minore. Da solo, però,
il divario della fitness non
basta a spiegare le differenze
di comportamento: bisogna
aggiungervi il fatto che tutte
le società del mondo siano
poligine, nel senso che ogni
maschio tende, nel corso della
sua vita, ad avere più donne.
Il sesso come primum
movens - Ebbene si, è il
sesso il motore del mondo:
non per qualche depravata
degenerazione
dell’essere
umano, ma perché è l’unico
modo con cui i nostri geni
possono essere trasmessi
alle generazioni successive.
Riuscire in questo scopo
assicura
il
successo
riproduttivo; non riprodursi,
invece, rappresenta la morte
della nostra linea genica,
e quindi un fallimento,
in un’ottica strettamente
riproduttiva. Poiché, però,
l’impegno nella gestazione
non è simmetrico, abbiamo
una grande differenza nei
comportamenti maschili e
femminili: in particolare,
i primi sono più tendenti
al tradimento (secondo il
principio del “più donne,
In foto - La complicità è alla base
dei rapporti tra uomo e donna.
In foto - Una giovane
coppia vestita a festa in
sgargianti abiti da sera.
““
Appartenere
Con
l’Europa
a qualcuno
non
si
significa
afferma
entrare con la
un’idea
propria di
idea
pace,
ma
dilui
nell’idea di
guerra:
paesi
o di lei e farne
l’un
contro di
un sospiro
l’altro
armati.
felicità.
Alda Le
Merini
Marine
Pen
Poetessa italiana
Europarlamentare
più
figli,
più
successo
riproduttivo”) e alla violenza,
in quanto ogni maschio
deve limitare il più possibile
il numero di concorrenti
che
potrebbero
soffiargli
la possibilità di riprodursi.
Insomma, si può quasi dire
che tutto il male che viene
commesso nel mondo è
dovuto ad un solo, ancestrale
bisogno: quello di trasmettere
i propri geni alla generazione
successiva.
Precauzioni
per
l’uso
Ovviamente, i discorsi della
psicologia
evoluzionistica
non vogliono assolutamente
stabilire ciò che è giusto e
ciò che è sbagliato basandosi
sulla
“naturalità”
del
fenomeno stesso. L’uomo,
infatti, ha costruito una serie
di
strutture
ideologiche,
concetti ed astrazioni che
mettono ordine nel mondo,
che
altrimenti
sarebbe
pervaso dal caos e asservito
alla legge del più forte:
nessuno dei comportamenti
che
costituisce
eredità
ancestrale, pertanto, può
essere ritenuto giusto a
prescindere.
Per
questo,
bisogna stare attenti alle
conclusioni che si possono
trarre da studi del genere:
la scienza è scienza, ma la
società, la cultura e le leggi
sono tutt’altra cosa.
54
Gastronomia
N.5 | 4 Novembre 2014
I profumi dall’Oriente:
La Sicilia araba
Storie di culture che si intrecciano a tavola, dall’arancia
al cannolo, quando la gastronomia siciliana parla arabo.
Redatto da
Eleonora Baluci
I mandarini
Un agrume di Sicilia.
L’influenza architettonica
Il più antico esempio della
architettura definita in modo
improprio: arabo-normanna
si ha a Salerno. I principali
esempi di questa architettura
si trovano, tuttavia, in
Sicilia: Mazara del Vallo,
cattedrale del Santissimo
Salvatore consacrata nel
1093 e di cui rimangono
solo transetto ed abside, e
a Catania con la cattedrale
di Sant’Agata, conclusa nel
1091 ed inaugurata tre anni
più tardi, primo esempio
tri-absidato. Tuttavia è in
Sicilia occidentale che esiste
la maggiore concentrazione
dei grandi edifici di questo
stile unico e particolare.
Nella provincia di Palermo a
Palermo, Monreale e Cefalù.
55
Il 17 giugno dell’827
ebbe inizio l’invasione
musulmana
della
Sicilia, con lo sbarco
presso
Mazara
del
Vallo e Lilibeum (poi
ribattezzata Marsala, in
arabo Marsa Ali o Marsa
Allah, “porto di Dio”).
Da lì, nel giro di un
trentennio, la conquista
di Agrigentum, Palermo
(caduta nell’831e poi
scelta come capitale
dell’emirato), Cefalù,
Corleone,
Messina,
Motyca, Ragusa, Enna,
Scicli e Noto. Nell’878
cedette anche Siracusa,
fortezza
bizantina
dell’isola,
dopo
un
assedio
conclusosi
con 5mila morti e la
schiavitù degli abitanti
superstiti;
infine,
nel
902,
capitolò
anche
Tauromenium
Le arance di Sicilia
con un miele alle arance.
(l’odierna Taormina),
ultimo baluardo della
passata
dominazione
bizantina. La fine di
un’era per la bella
Sicilia, l’inizio di una
nuova storia. L’emirato
di Sicilia resterà in vita
fino al 1072, anno della
presa di Palermo da
parte dei normanni di
Roberto il Guiscardo
e Ruggero d’Altavilla,
sbarcati nel 1061 a
Messina con l’intento
di conquistare l’isola. Il
dominio arabo porterà
prosperità economica e
culturale alla Sicilia, con
innovazioni nell’arte,
nelle scienze, nelle
tecniche di coltivazione
ed irrigazione; anche
durante
il
regno
normanno e svevo la
cultura
musulmana
resistette,
tollerata
dai re di turno. Di origine
araba sono i nomi di
molte località siciliane,
come Alcamo, Alcara,
Alì, Alcantara, Alimena,
la già citata Marsala,
Favara (in arabo Fahara)
e molte altre sono le città
il cui nome inizia con
Cala, Calta (Caltanissetta,
Calascibetta).
Ma
le
novità più grandi portate
dalla
dominazione
araba al popolo siciliano
appartengono al campo
gastronomico.
Le
influenze
arabe
nella cucina siciliana
Gli arabi introdussero
in Sicilia la coltivazione
degli agrumi. Arance,
limoni, mandarini, frutti
simbolo stesso dell’isola
per la mentalità comune,
trovarono impiego come
piante
ornamentali,
grazie ad abili giardinieri,
ed aromatiche; nacquero
la frutta candita, usata
per decorare i dolci e
liquori come il ratafia,
ottenuto con l’infusione
di polpa e bucce di agrumi.
Ancora oggi in Sicilia
si conoscono qualità di
agrumi non note altrove,
come il mandarino tardivo
di Ciaculli, coltivato in
provincia di Palermo,
nella Conca d’oro, il
cui nome richiama il
colorito tipico dorato degli
agrumeti. La coltivazione
degli ulivi per produrre dai
frutti un pregiato olio da
cucina, già introdotta dai
greci, venne migliorata
Olive Siciliane
(in foto) Le olive di Sicilia
sono tra i prodotti italiani
più apprezzati e venduti in
tutto il mondo.
Limoni e fiori di Narciso
con una limonata ghiacciata.
Olive e olio siciliano
Nei secoli e nei millenni si è mantenuta
la tradizione di coltivare l’ulivo e i
siciliani ne hanno tratto produzioni
di pregiato livello. Oltre che per fare
l’olio extravergine sia per cucinare che
per condire, le olive vengono vendute
anche per essere condite, con aceto,
aglio, prezzemolo, pepe, origano, carote
a rondelle, sedano, peperoncino a
pezzetti e abbondante olio.
56
Gastronomia
N.5 | 4 Novembre 2014
e incrementata con moderni
sistemi di irrigazione del terreno.
Anche il riso, alimento fino ad
allora sconosciuto, fu portato
dai musulmani; esportato dagli
aragonesi, la sua coltivazione,
partendo proprio dalla Sicilia,
si estenderà poi al nord Italia ed
a tutta l’Europa, con tecniche
sempre più all’avanguardia.
Sempre dall’est arrivarono le
spezie, quali cannella, anice e
zafferano, reso famoso subito
come l’Oro Rosso di Sicilia, in
epoche future fondamentale
per la preparazione dei famosi
arancini.
Pianta
sempre
introdotta dagli arabi è la canna
da zucchero che, soppiantando,
seppur lentamente il miele, unico
dolcificante fino ad allora noto,
rivoluzionò la cucina europea.
Leggenda racconta che un cuoco
arabo, accampato con l’esercito
del generale Eufemio nei pressi
di Siracusa, cucinò il primo
piatto di pesce e verdure, ovvero
la pasta con le sarde (“pasta
chi sardi”), con l’aggiunta del
finocchietto selvatico, pinoli,
uva passa e zafferano, ancora
43
57
La cannella
Ottima in tavola e
utile in salute è nata
nello Sri Lanka.
Le stelle marroni
L’anice stellato fu
importato in Occidente
solo alla fine del 1600,
passando per la Russia.
oggi rinomata specialità
palermitana;
perfetta
fusione tra i sapori arabi e
quelli del mare siciliano,
tra il dolce dell’uva passa
e il piccante/salato delle
spezie e del pesce. La
testimonianza di un
geografo arabo, Idrisi,
nel Libro di Ruggero
del 1154, attesterebbe
come la pasta di grano
duro si produceva in
Sicilia
molto
tempo
prima che Marco Polo
la portasse dall’oriente:
“A ponente di Termini
vi è l’abitato di Trabia,
sito incantevole, ricco di
acque perenni e mulini
Lo Zafferano
Crocus sativus, dei filamenti
rossi di Zafferano vero,
famosi nel mondo come
l’Oro rosso della Sicilia.
con una bela pianura e
vasti poderi, nei quali si
fabbricano i vermicelli
in quantità tale da
approvviggionare oltre ai
paesi della Calabria quelli
dei territori musulmani
e cristiani, dove se ne
spediscono consistenti
carichi”.
I dolci arabo - siciliani
Ovviamente le innovazioni
culinarie
arabe
non
mancarono
neanche
tra i dolci. Ipotesi è
l’invenzione musulmana
della celebre cassata, il
cui nome deriverebbe
dall’arabo
“quasat”,
Il Cannolo
Un cannolo con cialda
croccante alla ricotta
fresca, chicchi di
cioccolato fondente e
pistacchio sbriciolato.
la terrina rotonda in cui
il tipico dolce a base di
ricotta, frutta candita e
marzapane veniva cotto.
Un’altra ipotesi attribuisce,
invece, agli arabi solo un
perfezionamento,
con
l’aggiunta dell’innovativo
zucchero
di
canna
e
della
vaniglia,
di
un
dolce
nato
nell’Antica
Grecia e poi chiamato
dai romani “caseatus”,
composto da tuma e miele;
successivamente le suore
dei
conventi
siciliani
sostituirono la ricotta al
formaggio ed aggiunsero
il pan di spagna, portato
appunto
dagli
spagnoli
nel periodo dei Viceré,
trasformandolo nel dolce
tipico di Pasqua, poiché
richiamava per la forma
il sole e il suo tramonto, e
quindi la Passione di Cristo.
Un’altra leggenda racconta
che
a
Caltanissetta,
nell’Harem Kalt El Nissah
(castello delle donne, da
cui il nome stesso della
città),
furono
inventati
i cannoli, anche se già
Cicerone scriveva di un
dolce assaggiato in Sicilia,
un “tubulus farinarius,
dolcissimo edulio, ex lacte
factus”, ossia un cannolo
farinaceo fatto col latte.
Di
nascita
certamente
araba è, invece, il sorbetto,
dal termine “sherbet”=
bevanda fresca, ottenuto
mescolando la neve con
essenze, frutta e zucchero di
canna; antenato del gelato
artigianale la cui paternità è
rivendicata, nel XVII secolo,
da Francesco Procopio dei
Coltelli, siciliano immigrato
a Parigi dove, con un’antica
macchina
sorbettiera
ereditata
dal
nonno
confezionava gelati nel suo
Café Procope, il più antico
cafè parigino. La neve,
prelevata dall’Etna o dai
monti palermitani chiamati
La Cassata - Una classica cassata
siciliana con glassa color verde.
Sapori di casa
Un cannolo fresco
al maraschino
e al pistacchio.
La firma di La Mantia
Una piccola cassatina
glassata con arance
caramellate, firmata dallo
Chef Filippo La Mantia.
58
Gastronomia
Creazione araba - Un sorbetto
al melone con sciroppo alle
mandorle e menta marocchina.
N.5 | 4 Novembre 2014
Gli isfang- Dei piccoli sfinci
fritti ricoperti di zucchero e
ripieni di ricotta dolce fresca.
“
Una chiave
per capire la
Sicilia? Ad
otto secoli di
distanza un
poeta italiano
ha cantato gli
stessi versi
di un poeta
arabo, e con lo
stesso accento.
Leandro Sciascia
Storie su Noto
59
proprio a quel tempo pizzo
Niviera, veniva conservata in
buche nel terreno ricoperte
di paglia, le niviere appunto;
durante l’estate veniva invece
spostata in ceste rivestite
di paglia e sale marino, a
dorso di muli, per essere
conservata nelle cantine.
Tutt’ora a Palermo Vicolo
della Neve è ricordato per
il suo deposito. Gli arabi
crearono quindi sorbetti con
melone, mandorle, mosto
d’uva,
cannella,
vaniglia
e persino con fiori come il
gelsomino;
antenato
del
gelato al gelsomino, servito
ancora adesso in alcuni
bar del palermitano e del
trapanese, era l’aroma di
“scurzunera” o “scursunera”,
pianta
selvatica
diffusa
nelle campagne, usata come
cura al morso dei serpenti
(scursuni in siciliano, dal
latino
medioevale
curtio
onis=vipera).
E
ancora
di origine araba sono la
“cubaita”
(dal
termine
qubbayt), croccante composto
da miele, mandorle e sesamo
(anch’esso introdotto dai
musulmani), i “nucatuli”
(dai termini nugat o nagal,
usati per indicare la frutta
secca), biscotti ripieni di
frutta secca e confettura di
fichi, la “cupita”, torrone a
base di albume, zucchero,
miele e nocciole, le “sfinci”
(dal termine isfang), frittelle
di pasta lievitata con ricotta
o miele.
Numero I
FEUILLETON
4 Novembre 2014
L’ombra dello
Sfregiato
L’Epilogo del racconto
su Harvey. Firmato da
Marina Finaldi.
La penna
Stilografica
Lei, adesso, avrebbe
potuto scrivere per sempre.
Firmato Angela Sinopoli.
Sangue in Avenue
de Suffren
Misteri nella capitale
francese. Firmato da
Josy Monaco.
Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
Scritto da
Marina Finaldi
L’ombra dello sfregiato
Lou De Falco amava essere circondato dai propri uomini. Oggi, però,
era diverso. Ci sono cose che un uomo deve sbrigare da solo ...
PARTE IV - epilogo
Domenica. Gli ultimi raggi
di un pallido sole picchiano
con fiacca insistenza sul
vetro della finestra. Lou De
Falco è seduto in poltrona. È
la sua preferita, quella con i
piedi in mogano intarsiati a
forma di zampa di leone. La
stoffa del completo gessato
è tesa sull’addome e sulle
cosce grassocce. Con un
movimento involontario del
pollice, sfiora la superficie
del grosso anello che porta al
medio della mano sinistra.
Fissa un punto al centro della
stanza. C’è una bruciatura
di sigaretta sulla moquette.
61
Fa un cenno all’uomo di
guardia alla porta. Una
donna alta e ancora piacente
nonostante
l’avanzare
degli anni varca la soglia e
si ferma esattamente sulla
piccola imperfezione del
pavimento. Porta l’abito
nero del lutto e una pelliccia
di visone. Lou De Falco non
la invita a sedersi; si limita
ad arricciare le labbra in una
fioca imitazione di sorriso
accogliente.
Daisy Miller lo interpreta
come un incoraggiamento
a parlare. Si sente stupida
a piombare qui così a
quest’ora, nel giorno del
Signore, quando tutti i
bravi
cristiani
riposano
e passano la giornata in
famiglia. Ma sente che, con
tutto il rispetto e l’umiltà
di cui è capace il suo cuore,
l’affare di suo marito non è
stato gestito con l’adeguata
attenzione.
Si torce le mani mentre
parla.
De Falco fa solo finta di
ascoltare.
Batte
impercettibilmente
il piede al ritmo di un
motivetto che ha in testa. È
un Requiem.
La donna ora è zitta, le mani
le pendono inerti lungo i
fianchi. Aspetta che sia lui a
parlare.
“Ti ha seguita qualcuno?”
le chiede con noncuranza,
come se avessero appena
cominciato
quella
conversazione.
“No, certo che no. Ho preso
delle precauzioni, come al
solito.”
“Bene.”
Zanne da lupo baluginano
per un attimo nel campo
visivo della vedova Miller.
Poi, il dolore sordo di una
botta alla testa. Si accascia
sul pavimento, priva di
sensi.
“Portala fuori città, non
voglio
spargimenti
di
sangue in casa mia.”
L’uomo a custodia della
porta
annuisce.
Lascia
cadere la mazza da baseball
con la quale ha stordito
Daisy,
colpendola
con
precisione proprio alla base
della nuca, si carica il corpo
gracile ed esanime di lei
sulle spalle ed esce.
Requiem
Nel grammofono di Lou De Falco
risuona una messa funebre.
Daisy Miller
La avvenente signora
Miller vestita a lutto
di domenica mattina.
Il colpo di mazza
La mazza di baseball
dello scagnozzo di De
Falco colpisce la Miller.
Finalmente
solo.
Lou
De Falco amava essere
circondato
dai
propri
uomini,
amava
vedere
esaudito ogni suo capriccio,
ogni
sua
perversione.
Tutto ciò che doveva fare
era impartire un ordine,
uno qualsiasi, e schioccare
le dita: i suoi sottoposti
sarebbero accorsi come cani
a reclamare l’osso.
Cazzo, mi terrebbero pure
l’uccello mentre piscio, se
glielo chiedessi.
Ride al pensiero di quel
signorino
misofobo
di
Robbie T. che glielo scrolla e
glielo rimette nei pantaloni.
Oggi, però, era diverso. Ci
sono cose che un uomo deve
sbrigare da solo. Fa leva
con le mani suoi braccioli
imbottiti
per
alzarsi.
Il cigolio emesso dalla
poltrona gemente sembra
il respiro di sollievo di chi
è stato per troppo tempo
schiacciato da un macigno e
assaggia nuovamente l’aria
per la prima volta.
De Falco attraversa la stanza.
Si versa un bicchiere di
liquore al caffè dalla bottiglia
di
cristallo
dell’angolo
bar. Lo sorseggia piano,
assaporandone
l’aroma
caldo e pungente. Tra un
sorso e l’altro canticchia
lo stesso Requiem di poco
prima. È di buon umore.
Guarda fuori dalla finestra.
È tardo pomeriggio e i
bellicosi raggi di sole che
avevano colpito il vetro
62
Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
Il volto di Harvey
tra il fumo del sigaro.
L’entrata
Harvey lo sfregiato
penetra nella stanza
di Lou De Falco e
lo trova sorridente
seduto sulla sua
poltrona.
senza posa per tutto il
giorno si sono ritirati
dietro i grattacieli.
Un fischio prolungato
all’altro
capo
della
strada lo avverte che
il suo ospite speciale
è arrivato. Si accende
un cubano e si accascia
nuovamente
sulla
poltrona.
Indossa il suo sorriso
migliore,
quando
lo
Sfregiato fa il suo
ingresso nella stanza
buia. Il sigaro giace,
ormai completamente
carbonizzato,
nella
ceneriera
di
marmo
sul tavolino. Sprigiona
ancora un filo sottile di
fumo.
Harvey avanza spedito
verso la poltrona, la
volata della Colt puntata
in mezzo agli occhi
di De Falco. Ha il dito
sul grilletto e la mano
ferma.
Ha vissuto per questo
momento.
La
sua
vendetta è compiuta, il
suo scopo raggiunto…
Sta
per
sparare
il
colpo che lo libererà
per sempre dalla sua
prigione
di
orrore.
Immagina la faccia del
63
padre di sua moglie
coperta di sangue, gli
occhi vitrei, un terzo
occhio che campeggia,
nero e profondo proprio
lì, in mezzo alla fronte.
Immagina
la
sua
espressione deformarsi
nella morte, il sorriso
mellifluo
da
lupo
sciogliersi per sempre
sulle sue labbra.
Sorriso?
Harvey fa un altro
passo, le sopracciglia
aggrottate. Il braccio
che regge la pistola
vacilla. Lou De Falco sta
sorridendo. Gli indica
qualcosa appena più in
basso, qualcosa che ha
in mano.
È una fotografia. Una
ragazza che tiene in
braccio un bambino
molto piccolo.
Indossa un vestito a
fiori e una cuffietta dalla
quale spunta un ciuffo
ribelle di capelli scuri;
La scia di fumo - il sigaro
adagiato ancora fumante.
il bambino è avvolto in uno
scialle di lana rigido ed è
completamente calvo.
Conosce quella foto. È uno
dei pochi oggetti che gli
avevano trovato addosso,
all’orfanotrofio,
quando
aveva solo due anni; ci era
rimasto fino ai venti.
Quando aveva abbandonato
la sua vecchia vita per Nora
non aveva fatto, in realtà,
un grande sforzo: poteva
essere per lei chiunque
volesse perché fino ad allora
non era stato nessuno:
un’ombra
sopravvissuta
ai margini della società,
senza identità né origini.
Non
ricordava
i
suoi
genitori naturali. Tuttavia,
il volto di sua madre non
gli era sconosciuto. Era
la donna della foto. Era
morta pochi giorni dopo
averlo abbandonato. Sul
giornale avevano catalogato
il
suo
omicidio
come
delitto passionale. Era una
prostituta.
“Come fai ad averla tu?”
le parole gli sfuggono dalle
labbra prima che lui possa
fare niente per fermarle,
come fossero dotate di vita
propria.
Un altro ghigno. “Questa è
la mia copia personale”.
De Falco si alza. La poltrona
stride. “Credevi che non
avrei indagato su di te, dopo
quanto hai fatto alla mia
famiglia? Credevi che ti avrei
lasciato andar via con quella
sgualdrina come se niente
fosse? Io sono un uomo
d’onore. Non tollero che mi
si manchi di rispetto…te ne
sarai accorto.
“So che hai ucciso il povero
vecchio Joe. Cosa cercavi di
fare? Spaventarmi? Davvero
pensavi che ti avrei lasciato
agire da padrone nella mia
città, che ti avrei permesso
di rendermi lo zimbello
di tutti? Tu, un povero
orfanello, fare le scarpe
al grande Lou De Falco,
il signore di New York.
Povero, miserabile idiota.”
Agita la foto ancora una
volta. “ Io so chi sei, Harvey”
Il sorriso da lupo si allarga
sempre di più, mostrando
zanne giallastre e lucide
di saliva. “Sai tua madre?
Quella piccola troia l’ho
fatta uccidere io. Sgozzata
come una scrofa. Succhiava
che è una meraviglia, devo
ammetterlo, ma doveva
Lo sconforto - di Harvey dopo
l’incredibile e tragica scoperta.
64
Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
morire. Voleva raccontare tutto,
voleva che io riconoscessi il
piccolo mostriciattolo che aveva
sfornato”. Indica il bambino.
Harvey collassa sulle ginocchia.
Non voglio ascoltare. Basta!
BASTA!
“Immagina
il
mio
stupore
quando ho scoperto che era il mio
bastardo a scoparsi la mia adorata
figlioletta legittima.”
De Falco, torreggiante su di lui, gli
strappa via la pistola.
“Così ho pensato che uccidervi
tutti non sarebbe bastato. Ho
ordinato a Joe di uccidere Nora
e la bambina, ma di assicurarsi
che tu restassi in vita. Volevo
vederti sopravvivere, arrancare
nella polvere, cibarti dell’odio,
crogiolarti nella speranza di una
vendetta.”
Harvey sente la presa delle mani
grassocce di lui intorno al collo,
il freddo metallo dell’anello che
affonda nella carne butterata.
Non reagisce.
“Volevo vederti qui, oggi, crollare
Madre e Figlia
Harvey dopo il
lungo calvario
fatto di morti,
sangue, violenze,
amori e sogni
infranti, ritrova
il suo sorriso e
la sua libertà ...
un sorriso, una
libertà nati dopo
aver assistito al
sorriso di una
mamma ed una
figlia che giocano
sulla spiaggia.
per l’ultima volta, in
ginocchio
davanti
a
me. Volevo sentire la
tua voce implorare il
mio perdono, pregarmi
di alleviare il peso
della tua pusillanime
e
insopportabile
esistenza.”
“Voglio vederti morire,
Harvey, figlio mio!”
Allenta la presa sulla
gola di Harvey, ormai
ridotto a una bambola di
pezza.
Gli restituisce l’arma:
“Avanti, fallo. So che
lo vuoi. Tu desideri la
morte più di ogni altra
cosa al mondo. Io posso
dartela…” Lo aiuta a
portarsi la pistola alla
tempia. Toglie la sicura.
“ Da bravo…”
Lo guarda negli occhi.
Per un attimo, un guizzo
del vecchio fuoco arde
ben nascosto dietro le
orbite. La presa di Harvey
sull’arma si fa più forte.
“Oh, io desidero morire,
Vecchio. Ma tu verrai
all’inferno con me!”
Bang. Odore di polvere
da sparo. C’è un cadavere
a terra. Il proiettile gli
ha scavato un buco tra
i denti da lupo. Lou De
Falco non sorride più.
Los Angeles. Lo Sfregiato
è seduto su una panchina.
Guarda l’oceano.
Sulla spiaggia, una donna
e una bambina giocano
a
rincorrersi.
Hanno
entrambe capelli dorati che
ondeggiano al vento. La
loro risata gli scalda il cuore.
È felice. È libero.
fine
La panchina sull’oceano
Harvey dopo l’efferata sequenza
di delitti, smette i suoi abiti da
gangster e siede su una panchina
guardando la spiaggia e l’oceano.
65
Galleria
N.5 |4 Novembre 2014
Scatti dal Mondo
Les fenêtres
de Paris
La fotografa newyorkese Gail Albert Halaban ha immortalato
con il suo obiettivo la vita privata che si svolge dietro le
finestre di Parigi. Un punto di vista diverso e originale con
cui ha raccontato la città e i suoi abitanti.
Gli scatti sono stati poi raccolti nel libro Paris Views.
Menage Sia
Il menage, familiare o no,
prende vita attraverso i
vetri mentre una girandola
gira. C’est la vie.
66
UNO SCORCIO
DI CIELO
Nelle stanze
prendono vita
intimità, tra sguardi,
sorrisi e parole.
In un gioco di luci e ombre,
la vita che si lascia vivere
e desiderare e la vita
nascosta dietro un velo.
IL VEDO E
NON VEDO
Una culla, un carillon,
giochi colorati e due
occhi spalancati sul
mondo guardano
oltre la finestra.
CERTEZZE E
CAREZZE
67
COMIGNOLI
ROSSI SU
NERO PECE
Sotto un cielo
malinconico, il chiarore
da una finestra. Libri
su scaffali. Una donna
che vive.
La quotidiana
confusione del
calore della casa,
dei profumi della
cucina, dei sapori del
momento.
ISTANTANEA
QUOTIDIANA
Quando i colori
parlano. Arancio,
nero, blu, verde su
corpi immobili e
silenzi in una stanza.
IL MONDO IN
UNA STANZA
68
UN RISVEGLIO IN
UN RIFLESSO
Una cornice in uno
stucco antico, un
drappo copre nudità
in un dipinto della
normalità.
Fuori mattoni di
stabilità. Dentro
corpi rilassati nel
rifugio che dà la
serenità.
GERANEI ALLE
FINESTRE
Si spalancano in
baci o convenzioni.
Si affacciano con
fascino e mistero.
Finestre sulla vita.
FINESTRE
CHIUSE E
APERTE
69
Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
La stilografica
Lei, adesso, avrebbe potuto
scrivere per sempre ...
L
a stilografica
macchiò
il
foglio prima
ancora
che
lei iniziasse a
scrivere. Lei
lo faceva tutte le sere, prima
di andare a dormire. Sedeva
alla scrivania, sulla sedia
della nonna, quella in legno
intagliato con il cuscino
rosso, e si abbandonava al
suo mondo.
La stilografica però quella
sera macchiò il foglio.
L’ultimo foglio che le era
rimasto. Aveva riempito ogni
piccola superficie cartacea
della sua stanza, aveva
scritto ogni dettaglio della
sua vita con una raffinatezza
unica, quasi sublime. La
stilografica macchiò il foglio
e lei si arrabbiò molto. Non
voleva rinunciare a scrivere
proprio quella sera, ne
aveva bisogno. Era stata una
giornataccia, era stanca,
mortalmente spossata dalla
malattia che avanzava. La
stava logorando, eppure
non si dava per vinta: si
trascinò davanti alla sua
piccola libreria in cerca di
un altro lembo di foglio su
cui scarabocchiare i suoi
pensieri: raccolse le sue forze
e quasi piroettò al ripiano
superiore, estraendo il suo
blocchetto “magico”, la
fonte di ogni sua ispirazione:
i racconti di sua nonna . Lì,
ammassati insieme a questi,
vi erano tutti i suoi lavori, le
sue incantevoli storie scritte
da quand’era bambina. Dalla
fodera in tronco di quercia,
però, cadde un mucchio di
coriandoli.
Si alzò di scatto, vibrante
di rabbia e si recò, a stenti,
in cucina: la mamma era
ai fornelli come al solito,
intenta a preparare chissà
quale intruglio da servire alla
famiglia per cena; il padre
stava acquattato in silenzio
nello studio, come un gatto
tacito, chino sulle sue carte
a lavorare; la sorellina
era davanti al caminetto
a giocare con il suo pony
di pezza: un adorabile
cavallino di un beige tenue
con una criniera di spugna
color avorio. Il rumore del
silenzio era assai fastidioso.
Aveva un non so che di
sinistro, interrotto a tratti
dal movimento scomposto
della piccola, o da qualche
suo tenero gridolino.
Lei
irruppe
in
quell’assordante
silenzio,
penna alla mano e foglio
stropicciato
stretto
nel
pugno sinistro. Non proferì
parola: la mamma era
molto severa, non tollerava
domande di nessun genere,
non sopportava toni agitati,
si inviperiva per ogni tipo
di argomentazione che le
andasse contro, e soprattutto
detestava la passione della
sua figliola per la scrittura.
La frustrazione della sua
malattia le diede al cervello,
farneticava di notte e
brontolava di giorno.
Sgomenta,
la
fanciulla
si avvicinò alla madre,
muovendo sinuosamente la
sua lunga treccia. Fece per
domandarle il perché delle
sue amate storie ridotte in
Scritto da
Angela Sinopoli
brandelli, ma subito le fu
rifilato un ceffone. Uno di
quelli che riecheggiavano
nel lungo corridoio e si
spalmavano
contro
il
pilastro in fondo alla casa.
Una lacrima le solcò il viso.
Un’altra quasi si incagliò nei
suoi occhi lividi, provati dalla
malattia. Poi le rigò la sua
smunta guancia. E caddero
poi a frotte e lei si strinse
in sé, gettò il foglio a terra e
corse in camera. O meglio ci
provò, ma finì per ruzzolare
sul pavimento. Si aggrappò al
pomello della porta d’entrata
della sua stanza e si rialzò. Vi
rimase chiusa dentro per ore.
Nessuno
riuscì
mai
a
diagnosticare da cosa era
affetta. Le sue cartilagini
erano ridotte a pezzi e
le continue influenze le
provocarono
una
brutta
polmonite. Non vi erano
cure, avrebbe dovuto solo
aspettare, non si sa nemmeno
bene
cosa.
La
madre
incolpava quella “maledetta”
stanza: vi rimaneva chiusa
per ore senza mai cacciar
naso fuori dalla finestra,
dimenticando perfino di
mangiare. Passava le ore
ad “oziare”, a “vomitare
assurdità su pezzi di carta
straccia, invece di occupare
il suo tempo a cucire camicie
e capellini, come tutte le sue
coetanee”. Umidità e digiuno
probabilmente
la
resero
fragile, ancor più esile di
com’era. Il pallore era ormai
sempre più evidente, e i suoi
occhioni castani, di quelli
che ricordano la bellezza
delle foglie d’autunno, erano
70
Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
ormai spenti. Le sue labbra
rosee non si illuminavano di
un sorriso da molto tempo.
Eppure era così leggiadra
che pareva danzare quando
si muoveva, nonostante
fosse stremata da qualcosa
di ignoto.
Avrebbe
scritto
sul
suo
lenzuolo.
Stappò
delicatamente
la
sua
stilografica, questa volta
non
macchiò
nulla,
e
iniziò assennatamente a
mettere nero su bianco ogni
diavoleria che le passava per
la testa. Scrisse un racconto
intero. Poi un altro e un altro
ancora. Proiettava su quel
lenzuolo tutto ciò che la sua
immaginazione le offriva.
Finì per ricoprire l’intera
superficie, ripose il lenzuolo
nella stanza da scrittura e
se ne andò a dormire quasi
soddisfatta,tentando
di
dimenticare che sua madre
aveva strappato ogni sua
storia, ogni suo lavoro.
Avrebbe voluto ucciderla.
La pioggia imperversava
fuori dalla finestra e lei
quella mattina si svegliò di
malumore: aveva sognato
che qualcuno le aveva
distrutto i suoi sogni e che
sua madre imprecava contro
di lei, come d’altronde,
avrebbe fatto di sicuro anche
quel giorno. Strisciò verso
la solita libreria nella sua
solita stanza, dove aveva
conservato il lenzuolo la
sera precedente. La sedia
era ribaltata. Fece per
avvicinarsi e si bloccò: la
madre giaceva riversa sulle
maioliche antiche.
La pioggia continuava a
scrosciare tra gli alberi, nella
viuzza dirimpetto, dietro la
sua nuca.
Lei non capiva cosa fosse
successo e non aveva il
coraggio di avvicinarsi per
sincerarsi delle condizioni
55
71
della
mamma.
Era
lì
attonita,
inerme,
come
un fuscello in balia di una
tempesta. Era spaventata,
spaesata. Rivolse lo sguardo
alla sua amata libreria:
tutto perfettamente pulito
e in ordine, come adorava
conservare le sue cose.
Eccetto per una macchia
di sangue sulla parete
adiacente. Ne aveva una
uguale sulla sua elegante
sottana. Poi si guardò le
mani con occhi vitrei: le
dita sottili, raggrinzite dal
freddo, erano anch’esse
impiastricciate di quello
stesso vermiglio spento. Un
passo indietro. Un brivido
le attraversò la schiena, la
finestra era aperta.
La pioggia era davvero
diventata
insopportabile.
Sembrava
non
volesse
smettere mai.
Un altro passo indietro. Il
vestito di seta le si scostò
dalla spalla.
Un altro passo indietro.
Ciuffetti
di
capelli
si
ribellarono dal nero corvino
della sua treccia e le
volteggiarono sul volto.
Un altro passo indietro. La
stilografica era a terra, senza
tappo.
Un ultimo passo indietro.
Un ultimo sospiro di vita che
sapeva di fine. L’inchiostro
sul pavimento era rosso.
Raccolse la stilografica e
si voltò di scatto verso la
finestra.
Lei non fece mai piu’ passi
indietro. La stilografica non
macchio’ mai piu’ alcun
foglio. Le gocce di pioggia
non avevano consistenza
ormai. Lei, adesso, avrebbe
potuto scrivere per sempre.
Sangue in
Scritto da
Josy Monaco
Avenue de Suffren
In una caffetteria all’ angolo
di Rue Saint Dominique si
incontrano tante persone
singolari. Le ragazze sono
quelle più buffe quando
decidono
di
ritrovarsi
intorno a un tavolino di legno.
Prontissime a scambiarsi
complimenti, sorrisi più o
meno sinceri e piccoli ululati
di gioia, le cose che non sono
mai accadute a nessuno,
bene: loro le hanno vissute.
Le coppiette che vengono a
far colazione dall’università
non lontana si distinguono
perché non si scambiano
effusioni in pubblico, stanno
compostamente sedute al
tavolo. Lui ha la testa china
sul libro con le mani sulla
fronte. Lei è curva sul tavolo
e scarabocchia qualcosa
su un grosso quaderno. Il
latte e caffè gigante che
hanno ordinato è come uno
spettatore silente.
Credetemi: se i bicchieri
di plastica che girano ogni
giorno
nelle
caffetterie
potessero parlare, avrebbero
molte, molte storie da
raccontare.
Certo:
io
non sono un bicchiere e
nemmeno sono di plastica.
Ho
però
qualcosa
da
raccontare che risale a
non molto tempo fa. Stavo
facendo
uno
spuntino
proprio qui, in questa
caffetteria che si trova a circa
mezz’ora a piedi dalla Torre
Eiffel. Seduta al tavolino
nell’angolo,
quello
con
un bel divanetto morbido,
tappezzato di velluto rosso.
Una postazione ideale per
guardare attraverso il vetro
la vita che scorre fuori.
Scorrevo
affannosamente
gli annunci di lavoro.
Qualsiasi cosa, insomma,
per potermi pagare l’affitto
perché il mese era quasi alla
fine e mi sentivo l’acqua alla
gola.
Sarebbe
stato
mortificante chiedere i soldi
ai miei genitori che poverini
dall’Italia, attendevano le
mie videochiamate come
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Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
altrettante
epifanie.
Mentre
addentavo l’ultimo biscotto con
scaglie di nocciola, da lontano
intravidi una macchia rossa sotto
al tavolo di fronte al mio. Cercai di
mettere a fuoco l’immagine e
notai che una donna sulla
quarantina aveva delle perdite
mestruali. La cosa era abbastanza
ridicola. Comunque sono una
donna anche io e presto mi resi
conto che non era proprio una
bella situazione. Cominciai a
fantasticare sulla vita di quella
donna prima e dopo la sua presa di
coscienza di avere il ciclo. Sapeva
che il ciclo stava per arrivare
quando, quella mattina, aveva
spalmato le sue creme sul volto
pallido e aveva scelto, certo con
molta cura gli abiti da indossare,
tra i quali spiccava un delizioso
cappottino ocra così ben abbinato
alle Louboutin. Dopo aver messo
due gocce di Chanel credo sia
uscita di casa diretta verso questa
caffetteria. Chissà chi doveva
incontrare, quali erano i progetti
della giornata. La guardavo e
pregavo affinché il suo cappottino
ocra si salvasse da quella perdita
imbarazzante. Pessima scelta i
pantaloni beige, perché erano
davvero macchiati. La guardavo
ancora sperando di incrociare il
suo sguardo, ma nulla da fare.
Quando la cameriera le portò la
fetta di torta di carote con panna
che aveva ordinato, si rese conto
Carrot Cake
La torta di
Carote è uno dei
dolci più famosi
e consumati
al mondo.
L’autrice Molly
O’neil scrive
nel suo New
York Cookbook
che George
Washington
assaporò una
torta di carote,
per accompagnare
il suo tè, a
Manhattan nel
novembre del
1783.
del fattaccio. Si guardò
intorno per capire se
qualcuno
si
fosse
avveduto della cosa e
diventò rossa in viso.
Quanto a me, finsi di
scrivere al PC. Ma giusto
il tempo di abbassare lo
sguardo che quella donna
era sparita lasciando la
borsa sul tavolo. Vidi il
cameriere aprire la borsa
per cercare i documenti,
ma nulla. Tirò fuori un
bigliettino, lo lesse e poi
lo ripose nella borsa.
Sussurrò qualcosa ai
colleghi, dopodiché si
avvicinò
a
me
chiedendomi un favore.
Mi aspettavo richiesta di
informazioni su quella
donna. Ma così non fu. Il
tipo pretendeva che io
andassi
esattamente
all’indirizzo segnato sul
biglietto risposto nella
borsa per consegnarla
alla
legittima
proprietaria. Lì avrei
ritrovato la donna con il
primo giorno di ciclo
mestruale. Si trattava
della titolare di una
libreria in Avenue de
Suffren sulla cui vetrina,
un paio di giorni prima,
avevo letto un “Cercasi
personale”. Non lontano
dalla Torre. Avendo un
disperato bisogno di
denaro, che per un fuori
sede non basta mai,
accettai
di
corsa
l’incarico.
Senza
pensarci su, infilai il mio
semplice cappottino a
righe bianche e blu, misi
il portatile nella mia
borsa a sacco nera e
Due gocce di Chanel
Coco fu il primo profumo ad essere
prodotto dopo la scomparsa di Coco
Chanel, a cui il profumiere Jacques
Polge, si ispirò per la realizzazione
della fragranza.
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andai
dritta
verso
l’uscita. Con un sorriso,
il titolare della caffetteria
mi fece capire che la
colazione,
quella
mattina, era offerta dalla
casa. Altro vantaggio per
una fuori sede direi. Da
MAPS risultava che da
Rue Saint Dominque
dove
si
trovava
la
caffetteria, il tempo di
percorrenza era di circa
diciotto minuti a piedi.
Non essendo ancora
molto pratica di Parigi
selezionai il percorso sul
navigatore
dello
smartphone e azionai il
GPS. Mentre camminavo
sentivo
il
piacevole
profumo di lavanda che
proveniva dalla borsa, e
osservavo con piacere il
verde che circondava
quella zona della città.
Improvvisamente
un
bambino
con
un
cappellino rosso mi chiese
di giocare a palla. Gli sorrisi
e con garbo risposi di non
poterlo accontentare. Più
mi avvicinavo a destinazione
e più la Torre Eiffel si
ingigantiva Era la cosa che
avevo visto il secondo
giorno che mi trovavo nella
capitale francese. Il cielo da
azzurro e limpido iniziò ad
ingrigirsi, e si alzò un vento
tagliente. Le mie guance si
raggelarono, e sentii il
bisogno di mettere le mani
in tasca. Così facendo non
potevo però guardare il
navigatore. Convinta di
essere
quasi
arrivata,
camminavo veloce portando
suonare
le
campane
tubolari che resero ancora
più
affascinante
l’atmosfera nella quale
stavo per trovarmi. Un
violino
suonava
una
melodia malinconica che
curiosamente ben si legava
al puzzo di umido e polvere;
quanto ai libri, non c’erano
scaffali, né mobili: erano
disposti
in
ordine
decrescente. Tutti di colore
rosso; e ognuno aveva
accanto una candela. Non
c’erano scaffali, né mobili.
I
libri
erano
parte
dell’arredamento. C’erano
In foto- La ragazza imposta
l’opzione GPS per orientarsi.
su una spalla la mia borsa e
sull’altra quella della donna
con il cappotto ocra. A un
tratto il mio piede sinistro si
bloccò. Abbassai lo sguardo
per capire dove si fosse
incastrato il laccio. Vidi una
piccola manina bianca che
giocava con i miei lacci e
sentii una vocina che mi
invitava a giocare a palla. Mi
voltai: era di nuovo il
bambino incontrato prima.
Con
un
pizzico
di
preoccupazione, gli diedi la
stessa risposta, liberai con
forza il piede e cominciai a
camminare a passo svelto.
Guardandomi intorno, notai
qualcosa di strano. Negozi,
solo sedie. Feci qualche
passo e osservai con
attenzione quel macabro
ambiente
cercando
di
capire da dove provenisse
il violino. Poggiato su una
pila di libri c’era un
quarantacinque giri e feci
un
collegamento.
Mi
accorsi poi che il disco non
girava e come amara
consolazione fui presa di
soprassalto dal rumore di
unghie che grattavano con
velocità qualcosa di ferro
fino a quando non sentii un
forte boato. Mi si strinse il
cuore dallo spavento ma
botteghe,
bistrot
e
caffetterie
internazionali
erano vuoti. In strada non
c’era nessuno. Solo una
libreria
era
aperta
e
illuminata. Fu in quel
momento che realizzai di
essere arrivata in Avenue de
Suffren. C’era così tanto
silenzio che i miei tacchi si
fecero tamburi ad ogni
passo. Prima di entrare in
libreria osservai l’insegna e
mi accorsi che c’era qualcosa
che non andava: era scritta
al contrario. Un’insegna
impressa di proposito al
contrario sul vetro. Pensai
fosse una scelta originale e
spinsi la porta che fece
In foto- Un classico
bistrot di Parigi.
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Feuilleton!
N.5 | 4 Novembre 2014
La vetta
della Torre Eiffel.
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non gridai. Girandomi mi
accorsi che un branco di
topolini aveva fatto cadere un
libro. Solo in quel momento
mi balenò in mente l’idea di
scattare una foto. Lo feci ma
mi accorsi che non c’era la 3g e
quindi non potevo condividere
istantaneamente la foto su
Facebook. Qualcosa si era
appena poggiato sulla mia
spalla sinistra. Un brivido mi
salì lungo la schiena, e provai
a guardare con la coda
dell’occhio. Vidi delle dita
affusolate e riconobbi quei
manicotti color ocra. Mi voltai
ed ebbi conferma di quanto
pensavo, era la donna con il
ciclo mestruale. La osservai
per bene, i suoi occhi erano di
un
verde
smeraldo
meraviglioso, i capelli erano
neri e lisci e il collo magro e
lungo. Di nuovo allungò la
mano verso la spalla dove
avevo la sua borsa. Pur
tremando di paura, cercai di
farle capire che ero appunto
venuta per restituirle la borsa
che aveva dimenticato in
caffetteria. Mi sorrise ma
senza proferire parola. Si
sedette su di una poltrona
fatta di libri rossi. Aprì le
gambe e mi mostrò la macchia
di sangue che aveva tra i
pantaloni.
Con
molto
imbarazzo provai a spiegarle
che forse era il caso di
provvedere con una soluzione
igienica, ma lei prese la borsa
e la capovolse. Poi, trasse un
biglietto
dalla
tasca
e,
restituendomi anche la borsa,
me lo porse. C’era scritto 8,
boulevard de Ménilmontant.
Il messaggio era chiaro, voleva
che
andassi
all’indirizzo
indicato sul biglietto. Mi
guardò con i suoi enormi occhi
verde smeraldo. Uscii da
quell’ambiente triste e cupo.
Dovevo
prendere
la
metropolitana: questo era
certo; ma non avevo ben
capito dove si trovasse la zona
che dovevo raggiungere.L’aria
era gelida, e il cielo sempre
più grigio. La Torre Eiffel
sembrava una spada gigante,
mancava solo un fulmine che
si diramava intorno. Così
presi lo smartphone per
affidarmi
di
nuovo
al
navigatore ma la linea era
completamente
assente.
Ricordai poi di aver scaricato
una APP con la mappa di Parigi
che funzionava anche senza
connessione e la usai. Andai
verso
la
fermata
metropolitana Ecole Militaire
e scendendo le scale e tra uno
strano
odore
misto
tra
agrodolce, piselli in scatola e
urina, sentii il rumore del
treno sulle rotaie. Di nuovo
sentivo l’ eco dei miei passi.
Biglietteria chiusa e nella
stazione nemmeno un’anima
viva, tranne un uomo con
baffi e divisa che fumava una
pipa. Probabilmente era un
militare che aveva scelto di
tornare a casa con la
metropolitana e decisi di
avvicinarmi
per
chiedere
informazioni. Mi rispose che
anche lui era diretto verso la
stessa zona e che se non mi
dava fastidio potevamo fare la
strada insieme. Toccandosi la
punta arricciata del baffo
sinistro cominciò a raccontare
della sua lunga carriera, senza
che io gli avessi chiesto nulla
tra l’altro. Figlio di ferrovieri e
appassionato di pittura, aveva
intrapreso la carriera militare
per amore. Pare che la donna
della quale si era innamorato
avesse un debole per gli
uomini in divisa. Era ancora
sua moglie e, nonostante
fossero sposati da tanto
tempo, il loro amore era
ancora tanto forte che ogni
sera si stringevano e ballavano
ascoltando Chopin. Intanto, la
metropolitana era arrivata a
destinazione. All’uscita, lo
Tramonto parigino - una
sfumatura serale della Senna.
scenario era sempre lo
stesso, nessuna persona in
giro, aria cupa e gelida e
cielo grigio. Il quartiere era
un pochino più residenziale,
alberato nonostante tutto e
forse se ci fosse stata più
movida
sarebbe
stato
piacevole abitare da quelle
parti. Assieme al militare,
svoltai l’angolo della strada e
ci trovammo di fronte
all’ingresso di un cimitero.
Era il cimitero Père-Lachaise.
Invitandomi a seguirlo mi
portò vicino la tomba di
George Méliès. Fui stupita
dalle dediche che aveva il
regista di Le Voyage dans la
lune. Non fiori ma tantissime
frasi scritte da artisti e
videomakers di tutto il
mondo che forse speravano
che lo spirito del maestro
potesse vegliare su di loro per
guidarli nella realizzazione
dei propri sogni. Una palla
cadde dinanzi a me e di nuovo
una vocina che non mi era
nuova mi chiese di giocare.
Di nuovo mi voltai. Era il
bambino con il berretto rosso
che si avvicinò al militare
chiamandolo papà. Qualcuno
strappò la borsa dalla mia
spalla e la lanciò verso una
tomba.
Correndo
per
recuperare la borsa, qualcosa
mi lasciò sconcertata. Alzai
lo sguardo verso la lapide che
mi stava di fronte e
tremando, vidi degli occhi
verde smeraldo in una foto
imprigionata da una cornice
dorata di forma ovale. In
lucide lettere d’ottone c’era
scritto “Corrine Bernard,
libraia”.
Il cimitero - il camposanto di
Père-Lachaise nella città di Parigi.
76
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
il lettore!
Indro Montanelli
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3
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