FDRC - Bimed
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FDRC - Bimed
EATBPE C CAD RC AG CI GF SL CI SL GY VE PO IT OP Y F UO AG NE SW ZN AOER HR GM NE GU YF UOTC FR A AO AG O Q KSJQ LP FCABWI BA VICLWBE HU PE OI PR TW P TE R A XS EC VI CL XP AE TB P VT SX RDXMFMCD WBFDRC VI CL ISMP BU MZ NV EC AH BG PG WRDCQ R VA I EA VA VI CL GMD ABWI NF XMFCABWI NF MD FDRC Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero Partendo dall’incipit di Andrea Valente e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate: Istituzione “Leonardo Da Vinci” di Bogotà (Colombia) – classe IIC I.C. “Padre Gemelli” plesso Pola di Torino - classi IB/C/IIC/B/IIIC/B Scuola “Angelo Custode” di Alessandria (AL) - classe IIB I.C. “G.Verga” di Riposto (CT) - classi IIA/B/C/D/G III/A/B Scuola Sec. di Primo Grado “Fresa-Pascoli” di Nocera Sup. (SA) - classe IA I.C. Pescara 7 - Scuola Sec. di Primo Grado “L. Antonelli” di Pescara - classe IIG I.C. - Scuola Sec. di Primo Grado di Contursi Terme (SA) classi IIA/B/C Scuola Sec. di Primo Grado “San Giovanni Bosco” di Alessandria – classe IIA I.C. 6 di Pescara - Scuola Sec. di Primo Grado “B. Croce” di Pescara - classe ID I.C. “Dante Alighieri” di Roccapiemonte (SA) – classi IIA/B/C Editing a cura di: Andrea Valente Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali Ente Formatore per docenti accreditato MIUR Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani Staffetta Bimed/Exposcuola 2013 La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “La Scrittura Strumento indispensabile di evoluzione e civiltà” II livello. Il Percorso di Formazione è promosso dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio VI e si organizza in interazione con l’Istituto Comprensivo “A. De Caro” di Lancusi/Fisciano (SA) Direzione e progetto scientifico Andrea Iovino Monitoraggio dell’azione e delle attività formative collegate Maurizio Ugo Parascandolo Responsabili di Area per le comunicazioni, il coordinamento didattico, l’organizzazione degli Stages, le procedure e l’interazione con le scuole, le istituzioni e i fruitori del Percorso di Formazione collegato alla Staffetta 2013 Linda Garofano Marisa Coraggio Andrea Iovino Area Nord Area Centro Area Sud Segreteria di Redazione e Responsabile delle procedure Giovanna Tufano Staff di Direzione e gestione delle procedure Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo Responsabile per l’impianto editoriale Andrea Valente Grafica di copertina: Valentina Caffaro Rore, Elisa Costanza Giuseppina Camurati, Iulia Dimboiu, Giulia Maschio, Giulio Mosca, Raffaella Petrucci, Dajana Stano, Angelica Vanni - Studenti del Corso di Grafica dell’Istituto Europeo di Design di Torino, Docente Sandra Raffini Impaginazione Bimed Edizioni Relazioni Istituzionali Nicoletta Antoniello Piattaforma BIMEDESCRIBA Gennaro Coppola Amministrazione Rosanna Crupi I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale RINGRAZIAMENTI I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola 2013 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dai Comuni che la finanziano perché ritenuta esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2013 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta, Cetara, Pinerolo, Moncalieri, Susa, SaintVincent, Castellamonte, Torre Pellice, Castelletto Monferrato, Forno Canavese, Rivara, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese. Si ringrazia, inoltre, il Consorzio di Solidarierà Sociale “Oscar Romero” di Reggio Emilia, Casa Angelo Custode di Alessandria, Società Istituto Valdisavoia s.r.l. di Catania, Associazione Culturale “Il Contastorie” di Alessandria, Fondazione Banca del Monte di Rovigo. La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di presentazione dei Racconti 2013 dai Comuni di Bellosguardo, Moncalieri, Ivrea, Salerno, Pinerolo, Saint Vincent, Procida e dal Parco Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti. Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il buon esito della Staffetta 2013 e che nella Scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2013 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot. SCA/GN/0776-8 del 24/09/2012. Partner Tecnico Staffetta 2013 Si ringraziano per l’impagabile apporto fornito alla Staffetta 2013: i Partner tecnici UNISA – Salerno, Dip. di Informatica; Istituto Europeo di Design - Torino; Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly Company; ADD e EDT Edizioni - Torino; il partner Must Certipass, Ente Internazionale Erogatore delle Certificazioni Informatiche EIPASS By Bimed Edizioni Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo (Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura) Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected] La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2013 viene stampata in parte su carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi… Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero e riciclo di materiali di scarto. La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola 2012/2013 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero. Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola. PRESENTAZIONE dedicato alle maestre e ai maestri … ai professori e alle professoresse, insomma, a quell’esercito di oltre mille uomini e donne che anno dopo anno ci affiancano in questo esercizio straordinario che è la Staffetta, per il sottoscritto, un miracolo che annualmente si ripete. In un tempo in cui non si ha la consapevolezza necessaria a comprendere che dietro un qualunque prodotto vi è il fare dell’essere che è, poi, connotativo della qualità di un’esistenza, la Staffetta è una esemplarità su cui riflettere. Forse, la linea di demarcazione che divide i nativi digitali dalle generazioni precedenti non è nel fatto che da una parte vi sono quelli capaci di sentire la rete come un’opportunità e dall’altra quelli che no. Forse, la differenza è nel fatto che il contesto digitale che sempre di più attraversa i nostri giovani porta gli individui, tutti, a ottenere delle risposte senza la necessità di porsi delle domande. Così, però, è tutto scontato, basta uno schermo a risolvere i nostri bisogni… Nel contempo, riflettere sul senso della nostra esistenza è sempre meno un bisogno e il soddisfacimento dei bisogni ci appare come il senso. Non è così, per l’uomo, l’essere, non può essere così. Ritengo l’innovazione una delle più rilevanti chiavi per il futuro e, ovviamente, non sono contrario alle LIM, a internet e ai contesti digitali in generale, sono per me un motore straordinario e funzionale anche per la relazione tra conoscenza e nuove generazioni, ma la conoscenza è altro, non è mai e in nessun caso l’arrivo, l’appagamento del bisogno… La conoscenza è nella capacità di guardare l’orizzonte con la curiosità, il piacere e la voglia di conquistarlo, questo è! Con la staffetta il corpo docente di questo Paese prova a rideterminare una relazione con l’orizzonte, con quel divenire che accomuna e unisce gli uomini e le donne in un afflato di cui è parte integrante il compagno di banco ma, pure, il coetaneo che a mille chilometri di distanza accoglie la tua storia, la fa sua e continua il racconto della vita insieme a te… In una visione di globalizzazione positiva. Tutto questo ci emoziona anche perché è in questo modo che al bisogno proprio (l’egoismo patologico del nostro tempo), si sostituisce il sogno di una comunità che attraverso la scrittura, insieme, evolve, cresce, si migliora. E se è vero come è vero che appartiene alla nostra natura l’essere parte di una comunità, la grande scommessa su cui ci stiamo impegnando è proprio nel rideterminare con la Staffetta una proficua interazione formativa tra l’innovazione e la cultura tipica dei tanti che nell’insegnare hanno trovato… il senso. Dedico questo breve scritto ai docenti ma vorrei che fossero i genitori e gli studenti, gli amministratori e le imprese, la comunità e l’attorno, a prendere consapevolezza del fatto che è proprio ri/partendo dalla Scuola che potremo determinare l’evoluzione e la qualificazione del nostro tempo e dello spazio in cui viviamo. Diamoci una mano, entriamo nello spirito della Staffetta, non dividiamo più i primi dagli ultimi, i sud dai nord, i potenti dai non abbienti… La Staffetta è, si, un esercizio di scrittura che attraversando l’intero impianto curriculare qualifica il contesto formativo interno alla Scuola e, pure, l’insieme che dall’esterno ha relazione organica e continuativa con il fare Scuola, ma la Staffetta è, innanzitutto, un nuovo modo di esprimersi che enuclea nella possibilità di rendere protagonisti quanti sono in grado di esaltare il proprio se nel confronto, nel rispetto e nella comunanza con l’altro. Andrea Iovino L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola italiana. Quando Bimed ci ha proposto di operare in partnership in questa importante avventura non ho potuto far a meno di pensare a quale straordinaria opportunità avessimo per sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti ancora sconosciuto, tema di “innovazione e cultura digitale”. Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia, di Rete e di 2.0, ma cosa sono in realtà e quali sono le opportunità, i vantaggi e anche i pericoli che dal loro utilizzo possono derivare? La Società sta cambiando e la Scuola non può restare ferma di fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie ha portato anche nella didattica: cambia il metodo di apprendimento e quello di insegnamento non è che una conseguenza naturale e necessaria per preparare gli “adulti di domani”. Con il concetto di “diffusione della cultura digitale” intendiamo lo svi- luppo del pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i nostri ragazzi a districarsi nella giungla tecnologica che viviamo quotidianamente. L’informatica entra a Scuola in modo interdisciplinare e trasversale: entra perché i ragazzi di oggi sono i “nativi digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e che porta inevitabilmente la Scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo. Certipass promuove la diffusione della cultura digitale e opera in linea con le Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del contesto sociale contemporaneo. Poter anche soltanto raccontare a una comunità così vasta com’è quella di Bimed delle grandi opportunità che derivano dalla cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la re- lazione con i contesti informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e considerato anche che è acclarato il dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano, Research, Quality, Competitiveness. European Union Technology Policy for Information Society II- Springer 2012) non soltanto di carattere digitale, ci è apparso doveroso partecipare con slancio a questo format che opera proprio verso la finalità di determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro, partecipazione e condivisione… I docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica, i giovani a inventarsi un pezzo di una storia che poi vivono e condividono grazie al web con tanti altri studenti che altrimenti, molto probabilmente, non avrebbero mai incontrato e, dulcis in fundo, le pubblicazioni… Il libro che avrete tra le mani quando leggerete questo scritto è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere, dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico. Il Presidente Domenico PONTRANDOLFO INCIPIT ANDREA VALENTE FDRC Quando Federico aprì gli occhi il sole era già alto, un filo d’aria fresca entrava dalla finestra socchiusa e l’invitante profumo di crostata si infilava da sotto la porta. Non restava che alzarsi. Federico si stiracchiò, sgranchì le dita dei piedi, si mise in posizione eretta barcollando un po’ poi, ritrovato l’equilibrio, lasciò che l’abitudine lo conducesse in cucina. «Buongiorno!» lo accolse il sorriso della mamma e pareva che buongiorno lo dicessero pure il caffelatte nella tazza, la fotografia del nonno appesa alla parete, la coda del gatto ancora arrotolato sopra il frigorifero e ogni cosa popolasse la zona in quell’istante. «Buongiorno». Non poté che bofonchiare di rimando Federico, ma non proprio buongiorno, scandito bene e senza inflessioni, né bu-on-gior-no, sillabato come alle elementari. Era una sorta di gorgoglio mattutino, un suono indecifrabile e quasi cavernicolo: «bngrn...» Ecco, oltre alle dita dei piedi, Federico avrebbe fatto bene a sgranchire le corde vocali. 14 Riproviamo: «bngrn». No, non ci siamo. Lasciamo perdere i saluti e proviamo con un vocabolo diverso. Che ne dici di crostata? Con quel profumo nell’aria vedrai che ti si risvegliano anche le parole! «Crstt!» esclamò. Capita, al mattino, di perdere qualche colpo. Di nuovo: cro-sta-ta. «Cr-st-t». Federico! «Fdrc...». Federico aveva perso le vocali. Non ti dico l’imbarazzo. Saltando a piè pari la colazione se ne tornò in camera, si sdraiò sul letto e cercò di riordinare le idee, senza pensare che se a un’idea togli le vocali resta solo la d: “Sfftt.” Che poi sarebbe stato il soffitto sopra di lui. “Plln d pllcnstr”. Che era il suo amato pallone da pallacanestro. “Lsbtt”. Vale a dire la sua amica Elisabetta, che non era la sua fidanzata, ma gli sarebbe piaciuto, però se l’avesse chiamata Lsbtt non lo sarebbe diventata mai! “Prc vcc!” Questo non si traduce. Federico si era svegliato davvero senza vocali, ormai non c’era più dubbio alcuno. Cinque piccole lettere, cinque segni di penna sulla carta, cinque suoni da canticchiare, senza i quali nessuna 15 parola avrebbe avuto più un senso. Una cosa da rimanere senza parole! Nessuna possibilità di comunicare. Niente più nome, niente esclamazioni, niente di niente. Anzi, nnt d nnt. E per di più, ormai, anche niente fetta di crostata. L’unica cosa da fare fu di rimettersi a dormire e, nonostante l’ora, buonanotte. 16 CAPITOLO PRIMO Il non ho Quando si svegliò, la luce filtrava dalle tende, tutta la stanza sembrava a posto, Federico sentiva che qualcosa non andava bene. Era un presentimento strano, che percepiva come estraneo, come se ci fosse qualche pericolo che non lo riguardava ma che era comunque vicino a lui. Aveva deciso di non dargli importanza, così si alzò e si sistemò. Nel salotto c’era nonno Orlando, gli fece un cenno col capo e poco dopo i due erano al parco. L’orizzonte era ancora coperto dalla nebbia. C’era una gran desolazione, ma si respirava tranquillità e pace. Il vento muoveva leggermente le altalene, soffiava piano... una tartaruga vorace. Un bellissimo parco, con un laghetto in fondo, ai piedi della montagna. L’erba verde con sfumature chiare e scure, molti alberi con foglie gialle come le stelle. Un autunno perfetto per sedersi a guardarle cadere e volare ovunque. «Federico, ti ho sempre detto di stare attento alle parole! Non avresti dovuto offendere in quel modo Carlos. Bravo! Sei riuscito a perdere uno dei tuoi migliori amici». 18 Il non ho Il nonno si accese una sigaretta e cominciò a fumare; non riusciva a smettere nonostante i gravi problemi polmonari e doveva trovare una strategia adeguata per potercela fare. Lo sgradevole odore affogava l’ambiente. Aveva la faccia pallida e gli tremavano le mani. Improvvisamente le sue labbra si aprirono e da lì uscì un suono roco che sussurrava a Federico di andarsene. Pur non capendo il perché obbedì. Si allontanò arrabbiato, mentre il nonno si sdraiò ai piedi di un albero come se niente fosse. Carlos era arrivato un anno prima dalla Colombia. I suoi occhi erano di un verde scuro non molto comune. La pelle era olivastra. Raccontava sempre che nel suo Paese si mescolavano molte razze ma che non c’era discriminazione. I capelli erano ricci e il naso sembrava una pallina da ping-pong. Le orecchie erano giganti, come quelle di Dumbo. Non sapeva ancora parlare bene l’italiano. Federico si chiuse la porta di casa alle spalle, era molto stanco e dispiaciuto. Entrò in camera e si sdraiò sul letto insieme con Micione. Diede uno sguardo al diario per vedere quali compiti aveva per il giorno dopo, dopo di che accese l’ipod e iniziò ad ascoltare musica. Capitolo primo 19 Ho perso le parole oppure sono loro che perdono me, io so che dovrei dire cose che sai, che ti dovevo, che ti dovrei. Ma ho perso le parole Vorrei che mi bastasse solo quello che ho, mi posso far capire anche da te, se ascolti bene se ascolti un po’. Mentre ascoltava la musica, squillò il telefono di casa ma non riuscì a sentirlo. Dopo alcuni minuti, si tolse le cuffie e in quello stesso istante trillò il cellulare: era Carlos, ma decise di non rispondere. Subito dopo arrivò un sms. Fede, como estai? Ti volevo? Scusa, nn sapevo que stavo dicendo, nn volevo offenderti. Nn pss + litigare con te. Ci sn cose + importanti. Carlos” Drin! Drin! 20 Il non ho Era il campanello e la mamma chiamava. Il nonno era alla porta, sembrava molto stanco e provato. Aveva il viso smorto e un’espressione seria. Si sentiva l’odore di tabacco ogni volta che apriva la bocca, anche solo per respirare. Entrò in casa, si distese sul divano e si addormentò. Federico uscì per prendere una boccata d’aria pura e vide Elisabetta nel giardino di casa sua, mentre parlava con Carlos. Non sapeva se provare più rabbia o più gelosia. Osservava come parlavano e ridevano insieme. Era molto disilluso di lei e offeso da lui, che sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti. Elisabetta viveva nella casa di fronte ormai da più di due anni, quando arrivò lì con i suoi genitori cercando di dimenticare il passato. Era lì, con i suoi capelli lunghi e neri come una notte chiara di luna piena, gli occhi ocra scuro con macchie marroni e un naso proporzionato, con una curvatura molto simile a quella della bocca. Sempre con i suoi jeans attillati, di diversi colori, in contrasto con le magliette quasi sempre bianche e nere. Il semplice guardarla fisso negli occhi era per lui un piacere. Era come un angelo custode, unica, bellissima. D’improvviso si sentì un urlo: Capitolo primo 21 «Federico, torna indietro, sbrigati!» Era la mamma; il nonno era svenuto. «Aiutami a mettere il nonno in macchina! Presto!» Tutti erano molto preoccupati. Il tragitto verso l’ospedale fu molto silenzioso, quei minuti parevano ore. Quando arrivarono, dissero di accomodarsi nella sala d’attesa. Una grande clinica, con degli immensi corridoi bianchi come le nuvole in un giorno di sole. Arrivavano parecchie ambulanze e poco a poco la sala si riempì. Federico stava di nuovo pensando a Elisabetta quando un’infermiera chiamò. La camera 631 era tutta bianca. Il monitor della frequenza cardiaca suonava di tanto in tanto. Il nonno aveva gli occhi chiusi e respirava fortemente. Federico si mise a sedere sulla poltrona, aspettando che i medici dicessero qualcosa. La mamma, triste e con gli occhi lucidi, disse che se non se ne fosse andato dal parco, suo padre non sarebbe finito in quella stanza. Federico mise le mani nei capelli e pensò ad alta voce: “Sn stat un stupid”. 22 Il non ho CAPITOLO SECONDO Essere senz... A Federico aprì gli occhi lentamente, come se non volesse svegliare quel giorno, come se avesse paura di affrontare un’altra lunga giornata. Si sentiva appesantito da una notte di pensieri rivolti al nonno: ancora una volta aveva aperto il frigorifero per colmare il vuoto. Aveva mangiato zuppa piena zeppa di zucchine e melanzane, stuzzicante brodino di zucca e zenzero zuccherato, pezzi di pizza alle cozze. Rimpinzandosi. Fino a saziarsi completamente. Si alzò con fatica, si sciacquò la faccia con acqua gelida, spazzolò energicamente i suoi incisivi un po’ storti. Mentre sputacchiava acqua e dentifricio, lasciò che pian piano lo specchio riflettesse la sua immagine. Un ragazzino di tredici anni e due terzi, un viso pallido e tondeggiante spruzzato di lentiggini. Occhi color nocciola come il suo gusto di gelato preferito, capelli nero intenso. Neri come il nulla. Federico entrò in cucina. La mamma, indaffarata con le tazze in mano, esitando a versare il latte, rapidamente disse: «È morto». Federico sbiancò, guardò prima lo scuro pavimento e poi la foto 24 Essere senz... A con lui al Luna Park. Una lacrima gli rigò il viso e una mano sicura gli toccò la spalla: «Cosa è successo, perché piangi?» Singhiozzando Federico rispose: «È mrt il mi pesce rss!» Il nonno lo abbracciò forte. Era bello riaverlo a casa. «Dai Fede preparati in fretta. Mamma ti aspetta in macchina» «Rriv!» Federico era a tal punto emozionato che perse anche la A. Ma non ci pensò. Affondò i suoi ricci scuri sul sedile dell’auto, proprio come affonda la schiuma in una fumante tazza di cappuccino: lenta e delicata. Come la mamma, che lo osservava dallo specchietto regalandogli un sorriso complice. Non dissero nulla durante il breve percorso verso la scuola, ma i loro sguardi si rincorrevano. Un gesto frettoloso e rassicurante per un saluto appena accennato. Federico si sistemò lo zaino in spalla, aprì la portiera, corse intorpidito verso la rampa. Eccola: la 3^A. Erano le 8:40 e gli occhi di Federico non riuscivano a rimanere aperti. Il mento adagiato sul palmo della mano destra e gli occhi persi nella grande lavagna di fronte. Smarrito come una goccia 25 Capitolo secondo di pensiero nel mare dei dubbi che continuavano a galleggiare nella sua testa, cominciò a volare su strade contorte e bizzarre, affollate da pensieri proiettati dalle sue paure... ...Il Dottor Sguizzaparole, noto logopedista dai capelli brizzolati e spettinati, con lunghi ciuffi che gli solleticano le caviglie. Dalla bocca di Federico, sdraiato sul lettino, escono fiotti di vocali senza senso che si rincorrono e rimbalzano sulle pareti. Il Dottor Sguizza prende appunti in modo forsennato fino a buttarsi a terra, ridendo come un matto, vomitando altre vocali... ...Lui, Federico detto “Chicco”, con un grembiulino verdino a quadretti, “retromosso” all’asilo nido insieme al cuginetto Ivan “il Terribile” e all’amico del cuginetto, Oreste “la Peste”… ...Lui, Federico Allasia, la sua foto in giacca e cravatta e il Diploma bene in vista: “Il ragazzo più Silenzioso della scuola”. Intrappolato da risolini e sogghigni... ...La figura inquietante di nonna Ginevra che propina consigli e rimedi strampalati... proprio lei che le rotelle se le era giocate da tempo... «Federico!» Il Silenzio crollò sulla classe. Un muro instabile. L’immagine sbiadita della nonna lasciò posto alla faccia pallida e rugosa della prof. di Inglese. 26 Essere senz... A «Interrogato». Federico riemerse e sgranò gli occhi. «Traduzione di ape». «Bee» «Traduzione di bacio». Questa proprio non la sapeva. Gli sfuggì un “chissà...”, ma quello che ne uscì fu un “Kiss”, un po’ storpiato. «Bravo Federico! Hai studiato!» Elisabetta lo guardò sorridendo, gli fece l’occhiolino e gli passò un biglietto ben ripiegato. Federico lo infilò subito in tasca, nascondendolo da occhi indiscreti. Uscito da scuola, i passi lo condussero verso casa. Saltò il pranzo, si piazzò davanti allo specchio e cercò le frasi giuste per l’occasione. Compito arduo. “Grazie per l’invito!” No, non lo posso dire... “Offro io!” Nemmeno... “Ti accompagno a casa” Impossibile... “Meriteresti immensi cieli. Per te steli tenui e primule leggere”. Sì, potrei dirlo, ma sembrerei un idiota... “Felice di vederti!” Perfetto! Dirò proprio questo! Si ravvivò i capelli, si profumò e scelse la maglietta più bella. 27 Capitolo secondo «Sn prnt!» esclamò! Federico arrivò in anticipo in gelateria ma Elisabetta era già lì. I loro sguardi si incontrarono in un sorriso. Lei scelse nocciola, biscotto e ananas! Federico avrebbe tanto voluto chiedere gli stessi gusti, ma le sue vocali gli suggerirono Kinder, mirtilli e kiwi. «Ma non ti piacevano nocciola e ananas?» Esclamò Elisabetta. «Eh sì!» Fu costretto a non aggiungere altro, ma appoggiando la mano sul tavolino le sfiorò le dita. Di fronte alla cassa, Federico affondò in tasca le mani, ancora tiepide di lei, ma l’unico biglietto che trovò fu quello di Elisabetta. “Mledizine!” Nonostante il disagio e la rabbia per la brutta figura, bisbigliò timidamente: «Me li presti?» La ragazza prontamente offrì il gelato al suo amico. Usciti dalla gelateria, Federico scelse il Silenzio. Alla fine trovò il coraggio di dichiararsi con un sussurro: «TI M». Elisabetta rispose: «No, io Vodafone! Non abbiamo in comune nemmeno i gestori!» Ma, tornando, si tenevano per mano. 28 Essere senz... A “Se fai il mio nome non ci sono più” pensava zitto zitto Federico, godendosi il Silenzio. Rientrato in casa, tutto sembrava assopito. Nessun miagolio nell’aria. “Quel ghignoso gatto se l’è svignata ancora” pensò. Inseguendo la coda vaporosa che si intrufolava dietro il frigorifero, afferrò Micione sotto la pancia e lo trascinò sul divano di seta blu. Gli passò le dita grassocce, spettinandogli i peli arruffati dietro le orecchie e infastidendolo un po’. Il gatto reagì con uno stravagante “Mieuuu!” In quel momento i due si sentirono davvero vicini! Federico allungò il braccio e prese dalla mensola il libro regalatogli dal nonno. Si accoccolò insieme al gatto e, sfogliando le pagine ancora lucide, si tuffò tra le parole che gli si spalancarono come uno scrigno: “Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”. Era come se i cuscini lo abbracciassero per consolarlo, per dirgli che andava tutto bene. Chiuse gli occhi, pensando alla casa di fronte, a Elisabetta che cercava di dimenticare il passato. 29 Capitolo secondo CAPITOLO TERZO E... Lisbtt Era da giorni che Federico tentava inutilmente di incontrare la sua amica Elisabetta: niente, era sparita nel vuoto. Telefonare? Impossibile. Quelle due terribili vocali non gli uscivano proprio. Ogni tanto si affacciava dalla finestra, ma l’alloggio della ragazza era chiuso e la luce era spenta. Tutto sembrava sprofondato nel nulla. Federico, davanti allo specchio antico del salotto, tentava di pronunciare le parole ma la voce si spezzava: “Vrrei vederti, sentirti”, ma non poteva andare avanti. La sua bocca assumeva pose assurde, ma la A e la O si trasformavano in un suono cavernoso: “Gnfd”. La mamma Letizia, Lety per le amiche, pareva non accorgersene, indaffarata com’era: «Federico, hai studiato? Cosa fai nella tua stanza? Esci e vieni a cenare!» I giorni passarono ma di Elisabetta nessuna traccia. A scuola c’era una nuova insegnante, supplente del goffo e prolisso prof di musica, una giovane ragazza figlia di una famosa e brillante pianista degli anni Sessanta. 30 E... Lisbtt Mentre la signorina Sidorela (“Così pensò di chiamarmi mia mamma” diceva sempre sospirando, non si sa se per disperazione o orgoglio) faceva l’appello, Federico sollevò lo sguardo verso il banco vuoto di Elisabetta. Strano, i suoi libri e quaderni erano ancora lì, al loro posto. Ma dove poteva essere? Appena a casa provò a scriverle qualche messaggio: “Cm stai? Xkènn 6 venuta a scol? Ke stai fcndo? Mi mnchi.Tt ok?” Niente da fare, non rispondeva. Anche Carlos lo evitava, come se non volesse rivelare qualche cosa. Sapeva... Aveva visto dove Elisabetta era andata? Tutte domande che cadevano nel vuoto. Federico si chiuse in un mutismo assoluto. Solo il nonno, ancora convalescente, gli sorrideva e lo incoraggiava con lo sguardo. «Nnn». «Non preoccuparti, Fede, queste cose capitano! Anch’io con la dentiera parlo male, dai che tutto tornerà come prima». Aveva capito il suo segreto? Quando la mamma giunse dal lavoro, la notizia, che in altri momenti sarebbe stata funesta, lo tranquillizzò: «Con quei denti storti, oggi si va dal dentista». L’atrio del dottor Zotta, uno dei più conosciuti professionisti della città, appariva quasi spoglio di decorazioni, strano, inquietante, 31 Capitolo terzo pieno di bambini piangenti bisognosi di essere curati che fuggivano da tutte le parti. Subito si avvicinò una ragazzina che gli chiese: «Cosa chi fai qua? Devi mette appaecchio? Ah comugue mi chiamo Aice». Fede si sentì più sicuro: «Mi vien d ridere». In quel mentre un bambinetto capriccioso di nome Umberto aprì bocca e disse: «Percchèèseiivennutodalldenntista». “Ditemele ancora queste parole” pensò divertito il nostro protagonista. In quel momento arrivò il dottor Zotta, un ometto basso, magro, con delle lenti spesse due centimetri. «Ciao Fede» disse un po’ fulminato, ma efficiente nel lavoro «Vieni, non temere, se non riesci a parlare, il mio caro amico dottor Sguizzaparole ti insegnerà a farlo». E di colpo… “Zzot!” immobilizzò i suoi poveri denti in una micidiale macchina di ferro ed elastici. «Verdi, per la precisione!» fece notare il dentista soddisfatto. Conciato così, gli sembrava di essere più normale (o anormale) del solito. Ora poteva permettersi di dire quello che voleva... forse. 32 E... Lisbtt Camminando lento lento, immerso nei suoi pensieri, con la bocca ancora dolorante, si avviò verso il parco. Era quasi sera, in una giornata di fine autunno e il ragazzo fu avvicinato da un taxi scuro. Un’occhiata veloce e dentro gli parve... no, era impossibile... gli parve di vedere Elisabetta seduta sul sedile posteriore. Una pioggia sempre più intensa avvolse tutto: strade, palazzi, negozi, i grandi alberi del parco. Le gridò: «Elisbett, fermti!» Cominciò a correre disperatamente finché si appoggiò, davanti a un negozietto da dove filtrava una tenue luce. Si affacciò un attimo: un ambiente popolato da innumerevoli orologi “Don, dan, drinn”. Pendole, orologi a cucù, da tavola facevano bella mostra di sé in ogni angolo. Ognuno segnava un’ora diversa ed i loro suoni si accavallavano in una grande confusione. Smarrito, riprese la sua corsa affannata. Ad un certo punto, scorse tra la pioggia un grande palazzo, imponente ed austero. «Gurd il txi». L’automobile nera era posteggiata davanti a quel vasto caseggiato. Federico oltrepassò una porta di legno massiccio, tarlato e si trovò in una enorme sala. 33 Capitolo terzo «Elisbett» sussurrò. Silenzio. Si accorse di essere entrato in una biblioteca. Un’avvolgente e solitaria biblioteca. L’apparecchio gli faceva sempre più male e, a fatica, disse ad un ometto gobbuto e magro, il signor Laguzzi, che se ne stava seduto su una vecchia sedia impagliata in un angolo: «Desider leggere un libr di p esie» disse. Chissà perché aveva proprio detto p esie? Il guardiano dei libri, senza dire una parola, si allontanò. Federico rimase immobile a osservare. I volumi erano da tutte le parti, accatastati in ogni angolo, su alti scaffali pieni di polvere. Ma dov’era la sua amica, che fine aveva fatto? Dopo essersi arrampicato sulla scala, il vecchietto gli diede un libretto ingiallito dal tempo, proprio a lui che nella sua vita aveva letto sbuffando e sbadigliando sì e no qualche pagina di antologia. «Prenditelo» parve bofonchiare il bibliotecario. Alcuni dicono che quando é detta la parola muore. Io dico invece che proprio quel giorno ricomincia a vivere. 34 E... Lisbtt «Questa Emily Dickinson (che Federico non aveva mai sentito nominare) dice proprio il vero». La parola è vita, anche le sue erano parole vive. Gli sembrò di sentire dei passi lontani. Si illudeva, era solo il silenzio assordante dei libri. Immerso nella sua lettura, il ragazzo non si accorse che era ormai buio. Un’ombra... Sicuramente era lei. La riconobbe dai capelli scuri, i passi leggeri come una farfalla, il suo lieve profumo. «Lisbtt» gridò, ma la parola uscì confusa. Aveva perso anche la E. In quel momento dal cielo parve cadere qualche fiocco bianco di neve. Tutto era immobile e ovattato. “Perché era fuggita? Cosa ci faceva lì?” «Nvnv». Un soffio: la n e la v sembravano perdersi tra i fiocchi vaporosi. Anche l’ometto, con un grande tomo in mano, si avvicinò, piano piano, trascinando i piedi e si fermò a guardare. «nv» «nv» «nv» Pronunciò con un sorriso compiaciuto. 35 Capitolo terzo CAPITOLO QUARTO IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) Federico interruppe per un attimo la sua lettura e diede un’occhiata alla biblioteca. Era molto antica e i libri erano disposti sugli scaffali in base ai generi: gialli, racconti d’avventura, fantasy, horror, grandi romanzi d’amore e così via. C’era pure uno spazio dedicato ai bambini più piccoli con vari libri illustrati. Le pareti erano decorate da affreschi e il soffitto era in legno, gli venne in mente la lezione di Storia sul Seicento e l’arte barocca. Le maniglie delle porte erano dorate, i tavoli e le sedie in noce erano ben tenuti. Nel frattempo Elisabetta stava scappando e, sebbene fosse molto veloce, inciampò, perciò Federico riuscì ad afferrarla e disse: «Lisbtt! Scs, prch scppi frmti!» Oh no! aveva perso anche la U! Ora l’unica vocale che gli era rimasta era la I. Elisabetta disse: «Ho scoperto il tuo problema e ora capisco quello che dici! Ti aiuterò io a risolverlo! Andiamo a scuola! Presto!» Mentre Elisabetta lo trascinava fuori dalla biblioteca, Federico fece diversi tentativi per riacquistare le vocali perse. «Cmncm dll’ lfbt» ovvero cominciamo dall’alfabeto. 36 IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) «BCDFGHILMNPQRSTVZ» che non voleva dire niente! Si ricordò che, alcuni giorni prima, parlando con Elisabetta, nel tentativo di essere originale, le aveva raccontato di quando da piccolo con la mamma recitava la filastrocca delle vocali e di come il nonno si divertisse ad ascoltarla. “Che cosa banale – aveva commentato con la sua amichetta – spingere i bambini a credere quanto siano importanti le vocali”. Adesso quasi tutte le vocali erano andate via dalla sua lingua. E ora? Che fare? Cominciava a comprendere l’importanza delle vocali, delle parole, delle lettere e di tutto quello che gli permetteva di comunicare con il resto del mondo. Quelle frasi scambiate con la sua amica Elisabetta piene di timidezza infantile da cosa sarebbero state rimpiazzate? Continuava a ripetersi questo nella sua mente e la paura di essere dimenticato dal mondo lo assaliva. Non avrebbe potuto urlare per farsi ascoltare o almeno solo scltrl e tutti avrebbero riso di lui e chissà, forse avrebbe riso pure Elisabetta. Si sentiva come uno di quei personaggi che qualche volta disegnava, che avevano i suoi stessi occhi nocciola e i denti storti non ancora imbrigliati da quell’odioso apparecchio che il dottor Zotta, qualche giorno prima, gli aveva incastrato tra le gengive. Capitolo quarto 37 Arrivati a scuola Elisabetta tirò fuori dal suo zaino un libro, il misterioso motivo delle sue fughe in biblioteca, e lo consegnò a Federico: «Qui puoi trovare la soluzione al tuo problema». Federico, entusiasta, divorò il libro e velocemente arrivò al secondo capitolo, dove lesse due frasi apparentemente prive di senso: I TOPI NON HANNO NIPOTI OMINO NANO NON ANONIMO Era molto incuriosito da quei vocaboli, poi capì, erano palindromi, proprio come i nomi delle sue amate e un po’ svampite ziette Anna e Ada. «Leggere queste parole ti aiuterà a ritrovare le vocali, dai non ti scoraggiare!» Elisabetta notò che Federico aveva ancora l’espressione di chi pensa di essere rimasto solo, proprio solo, così decise di invitarlo alla festa di compleanno di suo fratello Davide. Davide era sordomuto dalla nascita ed Elisabetta non sempre ne parlava con facilità, ricordava ancora con tristezza i tanti pomeriggi trascorsi nello studio dell’otorino dottor Taddei, ma in quel momento le venne naturale confessarlo all’amico: entrambi annaspavano in un mondo di parole pensate e non dette. 38 IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) All’invito Federico annuì con la testa, poi prese il piccolo calendario che aveva nel suo diario e segnò il giorno della festa. Entrati in classe per il consueto corso pomeridiano di scrittura creativa, il professore chiamò l’appello: «Domenico?» «Presente!» «Alberto?» «Presente!» «Elisabetta?» «Presente!» «Federico?» «Prsnt!» balbettò. L’insegnante alzò gli occhi dal registro e disse: «Federico, cos’è successo, hai perso le vocali?» Tutti i compagni si misero a ridere e il povero Federico cercava con lo sguardo smarrito l’aiuto di Elisabetta. «Professore, è proprio così, Federico ha perso le vocali!» l’insegnante, all’inizio incredulo, dovette rassegnarsi davanti all’insistenza di Elisabetta e per quel giorno, compresa la situazione d’imbarazzo in cui si trovava il ragazzo, evitò d’interrogarlo. Al suono della campanella, Federico schizzò via dal banco e dalla scuola, le sue vocali non erano ancora tornate. Capitolo quarto 39 “Riuscirò mai a pronunziare ancora il rimbombo delle O o l’ululato delle U?” Disse tra sé e sé. “Che fine hanno fatto le mie adorate vocali?” “Spero tanto che con questo sistema consigliatomi da Elisabetta possano ritornare!” In più ora doveva pensare anche al regalo per Davide! Gli ritornò alla mente il proverbio che gli ripeteva sempre suo nonno: “La notte porta consiglio” così, ormai esausto, si addormentò. Il proverbio aveva funzionato e la mattina seguente, con passo spedito, entrò nella grande cartoleria del quartiere. Senza volerlo la porta fece SBAM e Federico pronunciò un timido “Scsi”; si diresse verso lo scaffale delle agendine colorate disposte in bella mostra. Erano piccole, perfette, coloratissime, lì le vocali ci stavano tutte e il mondo tornava ad avere un senso. Quello stesso pomeriggio, in compagnia di Carlos, Federico si recò a casa di Elisabetta, salutò con un cenno del capo, diede il regalo al bambino e si presentò facendo dei gesti con le mani. Davide scartò il regalo, vide la piccola agenda, prese la penna e scrisse: Grazie Federico. Federico non si sentì più solo. 40 IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) CAPITOLO QUINTO Am(i)c(i) «Mio caro Federico, ho notato che non hai mangiato nulla, neppure una fetta della fantastica torta ai lamponi con merletti di candida panna che ho preparato!» Lo rimproverò una donna alta, dai capelli nero pece e dallo sguardo penetrante che emanava una piacevole dolcezza. Ora capiva da chi la sua adorata Elisabetta avesse preso quegli occhi. Federico si limitò a sorridere, mostrando il nuovo dolorosissimo apparecchio, sperando che la madre della sua amica non lo mettesse in difficoltà riempiendolo di domande. La verità era che a chiudergli lo stomaco, oltre alla preoccupazione di aver perso quasi tutte le vocali, era il fatto che gli mancava tanto il suo amico Carlos, che sebbene l’avesse accompagnato lì, non accennava a volergli rivolgere la parola più del necessario. A pensarci, in fondo, Federico se l’era cercata. Era stato lui a non rispondere ai suoi messaggi. Era stato lui a evitare le sue chiamate. Era stato lui a declinare ogni suo tentativo di riappacificazione. Decise che era ora di darci un taglio. Era uno dei suoi migliori amici 42 Am(i)c(i) e, in quella situazione, voleva averlo vicino più che mai. Si avvicinò a Carlos con risolutezza, come una tigre che punta la preda, lo guardò dritto in faccia e gli disse: «N i dbbim prlr, vi ni cn m!» Carlos, stupito e alquanto divertito dal modo di parlare dell’amico, lo seguì senza esitazioni fuori dalla casa di Elisabetta. L’aria pungente della sera li avvolse; della nevicata del giorno precedente non era rimasto altro che qualche gocciolina di acqua ghiacciata che ora imperlava le siepi. La luna, dal suo canto, si stagliava piena e maestosa in un cielo terso e fitto di stelle luminose. I due amici erano uno di fronte all’altro. Federico cercava affannosamente le parole per scusarsi con Carlos, dal momento che un semplice “Scs” sarebbe sembrato banale, oltre che incomprensibile. Fece per parlare, ma l’amico lo precedette: «So che qualsiasi cosa tu stia per dire molto probabilmente non la capirei, quindi non preoccuparti. So che ti dispiace e che le cose che mi hai detto non le pensavi. Eri solo arrabbiato. Certo, mi è dispiaciuto che tu non mi abbia degnato di una telefonata o di un messaggio per una settimana, ma ti capisco. Ero così preoccupato per te che ho dovuto chiedere che fine avessi fatto a Elisabetta, pur sapendo che ti piace». Capitolo quinto 43 «Ora ti è difficile parlare e credo che tu sia molto imbarazzato per questo, ma sono il tuo migliore amico e se ti può far stare meglio posso evitare di pronunciare le vocali anch’io, così magari riesco a saltarmi le interrogazioni come fai tu!» Tutto quello che Federico pensava era uscito dalle labbra di Carlos, come se avesse letto la pagina di un libro che aveva scritta nel cervello. Senza pensarci due volte lo abbracciò e l’amico ricambiò con vigore, alzandolo da terra. Pace era fatta. «Mi s i mnct» riuscì a dire. La serata trascorse velocemente, dal momento che i due amici erano di nuovo pronti a ridere e scherzare insieme e senza neanche rendersene conto, Federico si ritrovò a fissare il soffitto della sua camera ripensando a quell’intensa giornata. Col cuore gonfio di felicità, cadde in un sonno profondo e sereno. Il sole si levò nel cielo il giorno successivo e con i suoi raggi solleticava il viso di Federico che aprì gli occhi delicatamente e guardò la sveglia. Si rese conto di essere tremendamente in ritardo. Trangugiò rapidamente la colazione, salutò la mamma e il nonno con un bacio e sfrecciò a scuola. Fortunatamente, quando entrò in aula l’insegnante non era ancora arrivato e trovò Carlos che gli stava tenendo il posto. 44 Am(i)c(i) Federico trascorse la giornata a raccontare al suo amico tutto quello che era successo nella settimana precedente e a scambiare bigliettini con Elisabetta che era seduta leggermente più lontano. Alla fine delle lezioni lei gli si avvicinò e gli disse: «Ci vediamo oggi pomeriggio a casa mia per cercare di risolvere il tuo problema!». Federico accettò volentieri e, dopo averla salutata, restò ancora qualche minuto a parlare coi suoi compagni. «Smettila di distrarti!» lo rimproverò Elisabetta. Erano ormai già due ore che si sforzava di leggere le parole su quel libro, ma proprio quelle maledette vocali non volevano uscirgli di bocca. «Dai non ti puoi arrendere, so che ce la puoi fare!» L’amica non gli dava tregua, tanto che a un certo punto cominciò a pensare che forse restare tutta la vita senza vocali non era poi tanto male, purché quella tortura finisse. Ad un tratto Davide, il fratello di Elisabetta, entrò in camera di gran corsa e cominciò a comunicare a gesti alla sorella, che voleva rendersi utile per aiutare l’amico. Federico ne fu molto felice e ritrovò lo spirito per continuare. Capitolo quinto 45 Dopo un’altra intensa ora, non aveva ancora recuperato nessuna delle sue vocali, ma in compenso ora riusciva a farsi capire perfettamente da Davide. I due ragazzi si sentivano molto vicini, in quella situazione. Ormai stremati, decisero che era ora di smetterla per quel giorno. Elisabetta propose a Federico di andare a fare una passeggiata per schiarirsi un po’ le idee e lui accettò con piacere. Federico la portò a prendere un gelato, facendosi perdonare per quello che era successo l’ultima volta che erano usciti insieme. Anche se non poteva parlarle, era felice di poter semplicemente stare ad ascoltare tutto quello che Elisabetta gli raccontava. Era una di quelle sere in cui era piacevole sedere all’aria aperta a chiacchierare. «Vedrai che domani andrà meglio, ne sono certa». Lo rincuorò lei. Federico rispose con un gran sorriso. Restarono per un po’ in silenzio a guardare la luna che pian piano spuntava da dietro le nubi. «Hai dello sporco sulla guancia!» Disse lei avvicinandosi per pulirlo. Federico, imbarazzatissimo, con il cuore che gli batteva a mille, prese il coraggio a due mani e la baciò. Si rese conto in quel momento, di aver perso anche l’ultima vocale che gli era rimasta. Era rimasto senza vocali, ma non era mai stato più felice. 46 Am(i)c(i) CAPITOLO SESTO Noooo! Federico guardò negli occhi Elisabetta, si sentiva al settimo cielo e si accorse che stava tremando. Anche Elisabetta era sbalordita e allo stesso tempo euforica per quel fantastico bacio. Si alzarono e con molto imbarazzo Federico la prese per mano balbettando: «T(i) (a)m(o)… sc(u)s(a)… s(ei) l’(u)n(i)c(a) c(o)s(a) p(e)r m(e)…». Non aveva mai conosciuto una ragazza stupenda come lei. Si era fatto ormai tardi, era una bella serata e la luce della luna le illuminava i lunghi capelli neri e il volto in cui si aprivano due fontane d’emozioni scintillanti d’amore. A quel punto era chiaro che per Elisabetta Federico era molto di più di un amico, poteva averne fiducia e confidarsi. E così con gli occhi lucidi e sinceri gli disse: «Beh... è ora di raccontarti la storia che mi affligge, facendomi soffrire da molto tempo». La tristezza avvolse i suoi occhi; aveva lo sguardo spento e sembrava che non volesse andare avanti. Delle lacrime rigavano il suo pallido viso. Aveva l’anima infranta e gli occhi ne rispecchiavano l’immenso dolore. 48 Noooo! Cominciò a raccontare: «Avevo un padre... un padre alcolizzato, che per tanti anni ha commesso delle rapine, ha rovinato delle persone e ha spacciato della droga. Una notte, rincasando ubriaco, iniziò a maltrattare me e mia madre. Abbiamo avuto il coraggio di denunciarlo, così lui è stato arrestato, e lo è tuttora. Mio fratello e io fummo affidati esclusivamente a mia madre. Nella zona, però, la mia famiglia era diffamata e così fummo costretti a trasferirci in un’altra città. Per questo ora siamo qui». Per un po’ rimase senza parole, mentre continuava a piangere angosciata. Federico la strinse forte tra le sue braccia: «N(o)n t(i) pr(eo)cc(u)p(a)r(e), (o)rm(ai ) (è) t(u)tt(o) f(i)n(i)t(o)». Elisabetta finalmente gli sorrise e Federico si tranquillizzò nel vederla più calma. Dopo una pausa di silenzio, ricominciò a parlare del padre: «Aveva delle brutte abitudini: beveva molto, frequentava delle cattive compagnie e tornava sempre a casa tardi. Quando era sobrio, però, era calmo e a volte anche sorridente. In realtà, ti sembrerà strano, ma nonostante quello che ci ha fatto, vorrei vederlo come ciascun ragazzo vede ogni giorno suo padre. Ma ora 49 Capitolo sesto considero il compagno di mamma come mio padre: è lui che mi ascolta, mi comprende e mi vuole bene». Federico le asciugò le lacrime dolcemente. Sospirarono. Lui riprese a guardarla, mentre il vento le accarezzava il volto. Nessuno disse una parola, si sentiva solo il rumore degli alberi che ascoltavano il silenzio. Si era fatto tardi e decisero di incamminarsi verso casa. Dopo aver accompagnato Elisabetta, Federico si mise subito a letto, pensando a tutto quello che gli era accaduto. Decise di dare fine ai suoi pensieri e si addormentò. Nel sonno iniziò a sognare dapprima cose senza senso: le cinque vocali gli ronzavano nella testa. Improvvisamente scomparvero per poi riapparire chiuse in una cella. Continuò a sognare confusamente ancora per un po’ finché lo scenario cambiò: buio angosciante. All’improvviso ecco il suono dei singhiozzi di una ragazza che piangeva. Nella sua mente addormentata prese forma un paesaggio a lui familiare: un sole rosso, coperto da nubi di tristezza, illuminava fiocamente la scena lasciando una cupa penombra. Due figure si mossero verso di lui. Una aveva l’aspetto di una ragazza e l’altra era immersa nell’ombra. Federico si svegliò un po’ frastornato e nel corso della giornata diede poca importanza alle cose che faceva, i suoi pensieri erano 50 Noooo! rivolti a quello strano sogno. Passarono dei giorni, le notti sembravano sempre più lunghe e quella visione gli si riproponeva ogni volta che chiudeva gli occhi e sembrava sempre più reale finché la ragazza prese le sembianze di una persona che lui conosceva bene. Federico era turbato, attribuiva i suoi incubi alla tensione per aver perso le vocali. Era sicuro, però, che con l’aiuto di Elisabetta prima o poi l’avrebbe ritrovate. Un giorno, usciti da scuola insieme, si diedero appuntamento per la sera. Fu di Federico l’idea. Non poteva rendersi conto del suo grande errore. Si incontrarono al parco, Federico era teso, il cuore gli batteva forte, molto forte. Le emozioni si mescolavano nell’aria. Per lui quel parco pieno di alberi era diventato un giardino di rose profumate d’amore. Attese e finalmente la sua amica arrivò e si sedette vicino a lui sotto il vecchio ciliegio del parco. Non dissero nulla e mentre si scambiavano, imbarazzati, fuggenti occhiate, Federico sentì una strana sensazione. Dalla strada arrivarono il rumore imponente di un motore e lo stridore di un’improvvisa frenata. Un’automobile nera, dai vetri oscurati e senza targa era parcheggiata in strada proprio davanti a loro. Federico non si sentiva tranquillo: 51 Capitolo sesto «T(i) (a)cc(o)mp(a)gn(o) (a) c(a)s(a), (a)nd(ia)m(o)» disse bruscamente. Si alzò e si incamminò verso il vialetto che conduce all’uscita. Si voltò per accertarsi che Elisabetta lo stesse seguendo, ma vide che dietro di lei c’era una figura nera che la teneva per una spalla. «Tu vieni con me!» sentenziò l’ombra. Elisabetta era paralizzata dal terrore e aveva gli occhi fissi e lucidi. Il sogno misterioso di Federico era ormai svelato. Era sconcertato e, sebbene la paura cercasse di contrastarlo, si lanciò in soccorso della sua ragazza. Mentre Elisabetta veniva trascinata di forza verso l’auto cercò di afferrarla per un braccio. Pareva ce l’avesse fatta, ma improvvisamente ricevette un colpo allo stomaco che lo fece accasciare a terra per alcuni secondi. Quando Federico si rialzò vide l’automobile allontanarsi e preso dalla disperazione urlò: «Nooooo!!!». Si accorse con gran sorpresa di aver recuperato una vocale, ma questo oramai non aveva nessuna importanza perché aveva perso la sua amata Elisabetta. Aveva la mente inondata di dubbi e di perché. Nella sua testa, infatti, si affollavano tante domande: «Perché? Perché l’hanno rapita?» 52 Noooo! Perché non sono riuscito a salvarla? Perché proprio lei? Perché in questo momento? Chi le vuole fare del male?” 53 Capitolo sesto CAPITOLO SETTIMO La pa(u)ra fa... aaaaaaa! Federico, spaventato, aveva il cuore in gola e un forte dolore allo stomaco. Aveva il timore di perdere Elisabetta per sempre. Il dolore pian piano si placò, ma l’angoscia rimaneva. Si sentiva in colpa per non essere riuscito a salvarla e perché lui le aveva dato appuntamento in quel parco. Era in ansia. Aveva il viso pallido come la neve, tremava dallo sgomento come una foglia. Il vento soffiava forte e tutto gli sembrava più triste: quando chiudeva gli occhi, riviveva il tragico momento in cui gli avevano portato via la sua amata Elisabetta e il terrore lo assaliva di nuovo. Ricordava con nostalgia tutti i bei momenti trascorsi con lei e una lacrima di ghiaccio gli rigò il viso. Era come paralizzato e, accasciato a terra, ricominciò a piangere senza tregua. Il tempo si era fermato: sembrava fosse passata un’eternità da quando quell’ombra tetra l’aveva afferrata e portata con sé, lasciando una ferita nel suo cuore. Federico riprese forza e coraggio: doveva avvisare qualcuno, doveva informare la madre di Elisabetta, raccontarle tutto, anche 54 La pa(u)ra fa... aaaaaaa! se questo significava procurarle tanto dolore. Ora lì, davanti a quella porta chiusa, Federico fece un grande respiro, si fece coraggio e suonò il campanello. La porta si aprì e con voce dolce la signora Anna lo invitò a entrare. Federico era pallido, ma si fece forza ed entrò. La mamma di Elisabetta preoccupata, gli chiese: «Federico, cosa ti è successo? Perché sei così pallido? Dov’è Elisabetta?». Federico con quel nodo in gola non riusciva a parlare. La signora Anna cercò di tranquillizzarlo, si sentiva pronto a raccontare il tragico episodio. Per la disperazione dimenticò di aver perso le vocali così iniziò a parlare: «(E)l(i)s(a)b(e)tt(a) (è) st(a)t(a) r(a)p(i)t(a)!» Ma lei non capiva. Federico allora prese l’agendina di Davide e scrisse tutto. La madre cadde sconvolta sul divano cominciando a piangere. Lui cercò di consolarla, ma la mamma di Elisabetta era disperata. Federico decise allora di lasciarla da sola, con i suoi pensieri. Corse a casa a rotta di collo, aveva voglia di stare con i suoi familiari in cerca di affetto in quel momento buio. Arrivato a casa, vide la madre e l’abbracciò come non aveva mai fatto. Tra le sue braccia cominciò a piangere. Ma si fece coraggio: era stanco di 55 Capitolo settimo disperarsi, decise che era il momento di agire. Tornò a casa di Elisabetta; era determinato e, più forte di prima, cominciò a correre quasi fino allo svenimento. La signora Anna gli aprì la porta con gli occhi gonfi di pianto e lui, con voce determinata, disse: «(A)vv(i)s(i)(a)mo l(a) pol(i)z(i)(a)». Questa volta lei lo capì. «Prendiamo l’auto e andiamo in commissariato. Presto!». La signora di scatto si alzò e gli fece cenno di seguirla. Passando davanti a quel maledetto parco, Federico non poté non scoppiare in lacrime. La madre di Elisabetta, invece, non piangeva più. Forse aveva finito le lacrime a disposizione, o forse non aveva neanche più la forza di disperarsi. Anna accelerava sempre di più, come se volesse scaricare tutta la sua rabbia sul pedale dell’acceleratore. Federico era spaventato. Arrivati in commissariato, raccontarono tutto. Subito iniziarono le ricerche. Federico, tornando a casa, era agitato. Tenendo gli occhi fissi sul telefono, attendeva una chiamata che annunciasse il ritrovamento di Elisabetta e intanto pensava agli ultimi momenti trascorsi al parco con lei. Il gelato, le passeggiate fatte insieme, soprattutto il loro primo bacio. 56 La pa(u)ra fa... aaaaaaa! Aveva paura. Per rassicurarlo, gli sarebbe bastato anche solo sentire la voce di Elisabetta. Nella sua mente le domande urlavano, cercando insistentemente delle risposte. Era come un marinaio che aveva perso la sua rotta, con la nave in balia delle onde. Il trillo del telefono ruppe quel silenzio assordante. Stranamente tentennò, aveva paura! Alzò la cornetta e disse un sommesso Pronto con la voce rotta dal pianto. Era la signora Anna. Cercava conforto, ma non si rendeva conto che Federico ne aveva bisogno più di lei. Aveva paura per Elisabetta, non voleva che le succedesse nulla di brutto, ma aveva anche paura per se stesso, perché era stato testimone del rapimento. Corse in camera piangendo. Chiuse le tapparelle e sprofondò con la faccia sul cuscino. Rimase sul letto senza muovere un muscolo, pensando a Elisabetta. Chissà dov’era! Un rumore interruppe quel terribile silenzio: la mamma aprì la porta ed entrò sedendosi accanto a lui. Gli accarezzò i morbidi capelli, dandogli un bacio sulla fronte: «Federico, figliolo! Perché non esci un po’? Carlos ti aspetta da ore». 57 Capitolo settimo «Non m(i) v(a) d(i) (u)sc(i)r(e) ogg(i)» rispose, abbassando lo sguardo. Tante lacrime rigavano le sue guance. La mamma gli prese il viso tra le mani e sorridendo disse: «Troveranno al più presto Elisabetta, abbiamo avvisato tante persone, vedrai che presto avremo buone notizie, stai tranquillo!» «Non posso st(a)r(e) tr(a)nq(ui)llo or(a) ch(e) (E)l(i)s(a)b(e)tt(a) non (è) q(ui)! L(ei) (è) t(u)tto p(e)r m(e)…» Scoppiò a piangere. La mamma lo abbracciò e Federico si calmò, ma quel dolore continuava a tormentarlo! Voleva dimenticare tutto almeno per una notte. Stranamente crollò subito in un sonno profondo, ma... la misteriosa figura nera ricomparve nei suoi sogni! Improvvisamente si ritrovò in un luogo familiare: il parco, il luogo del rapimento, l’uomo in nero. La figura nera, questa volta, affiancò la madre di Federico. L’ombra si avvicinò minacciosamente al ragazzo. Era spaventato, con gli occhi sgranati, la bocca spalancata, le gambe tremanti aspettava il suo destino. Con il corpo imperlato di sudore aprì gli occhi, un urlo straziante: «MAMMAAAAAAAAAAAA!!!» 58 La pa(u)ra fa... aaaaaaa! Aveva recuperato la A! Avrebbe voluto dirlo ad Elisabetta, ma lei non c’era. Intanto, in prigione, il padre di Elisabetta, Giovanni G., veniva prelevato e condotto nella stanza degli interrogatori. Lui non capiva il perché di quanto accadeva, delle tante domande che gli venivano poste. Gli raccontarono quello che era accaduto. Gli chiesero se, al di fuori di quel contesto, aveva dei nemici. L’uomo, che si riteneva un uomo d’onore, inizialmente non disse neanche una parola. Dopo ore di pesante interrogatorio e una particolare pressione da parte delle forze dell’ordine, Giovanni confessò tutto per il bene della figlia. Giovanni si sentiva impotente in quella cella squallida e fredda, non sapeva cosa fare. D’improvviso scattò in piedi, ricordò quel brutto ceffo alto, grosso con una cicatrice sull’occhio cui non aveva voluto dare la droga e che gli aveva promesso vendetta. Non poteva aspettare, doveva agire! Solo lui sapeva cosa fare e dove andare. Forse quella era l’ultima occasione per recuperare il rapporto con la figlia. Quanto le mancava! 59 Capitolo settimo CAPITOLO OTTAVO Ma perché? Il magistrato inquirente fu colpito dalla tragedia familiare di Giovanni G. e gli concesse di uscire dal carcere per salvare la figlia. Vista la sua buona condotta, gli fu promesso che sarebbe uscito in anticipo per buona condotta se avesse risolto il caso. Per prima cosa si fece condurre nella città dove la moglie e la figlia risiedevano per conoscere tutti i particolari. La macchina della polizia che lo aveva accompagnato lo lasciò a cento metri dall’abitazione della sua famiglia: lo aveva chiesto lui, voleva gustarsi questo primo, inaspettato momento di libertà. Era certamente una triste occasione ma per lui era insperata: sentire il freddo pungente dell’inverno sulla sua pelle; vedere attorno a sé gente normale, affaccendata in cose normali; ascoltare le loro voci, ora gioiose, ora arrabbiate ma tutte diverse; sentire i profumi degli agrumi della bancarella e l’aroma del caffè del bar appena superato; passare la lingua sulle labbra e sentire il sapore della vita! Quasi si vergognava di provare queste piacevoli emozioni mentre la sua bambina era in pericolo. 60 Ma perché? Ansioso suonò alla porta di Anna: non sapeva che accoglienza aspettarsi. Nel frattempo Federico e la mamma si trovavano in quella casa per consolarsi l’uno con l’altra e aspettare qualche notizia dagli inquirenti. Al suono del campanello Anna si fiondò alla porta; Federico sbirciò ed origliò dal salotto: non ci poteva credere! Quell’uomo alto, robusto che ricordava nella fisionomia Elisabetta doveva essere suo padre. Anna, sempre più agitata e spaventata da questa ultima sorpresa, presentò Giovanni ai suoi ospiti e poi disse: «Avrai saputo cos’è successo alla nostra bambina». «Sono qui per farti capire quanto siete importanti per me e per dimostrarvi tutto il bene che vi voglio. Ho avuto tanto tempo per riflettere e pentirmi del tempo sprecato. Avrei dovuto darvi solo protezione e amore, come dovrebbero dare tutti i mariti e i padri. Sono stato uno stupido, un bruto che ha mancato di rispetto alle persone più importanti della sua vita. Ero schiavo dell’alcol, della violenza e dell’ignoranza. Ti ricordi, Anna, come stavamo bene tutti e tre quando non bevevo e non vi picchiavo? Perdonami, se puoi». 61 Capitolo ottavo Anna era imbarazzata, non si aspettava questa confessione e Federico guardava e ascoltava a bocca aperta: quello era il terribile padre, quello che aveva fatto piangere tante volte la sua cara Elisabetta, proprio quello: e adesso era lì col capo chino, rosso di vergogna e sinceramente pentito. Giovanni proseguì: «Ho un’idea sul responsabile del rapimento di nostra figlia e non credo di sbagliarmi. Vado a liberarla. Abbi fiducia in me, te la riporto presto». Federico, che non stava più nella pelle, sbottò con un «Voglio v(e)n(i)r(e) anch’(i)o!». Giovanni lo guardò come se lo vedesse per la prima volta, era incuriosito, quel ragazzino parlava in un modo così strano! Letizia intervenne con foga: «Non ti permetterò mai di fare una cosa così pericolosa!» «Ma solo (i)o ho v(i)sto la macch(i)na (e) l’ombra n(e)ra!» Federico era fiero di sé, finalmente pronunciava una frase quasi comprensibile. Talmente comprensibile che Giovanni tranquillizzò Letizia e diede ragione a Federico: sarebbero andati insieme da quel delinquente che sapeva lui, quel brutto ceffo. Quindi uscirono lasciando le due mamme in ansia. 62 Ma perché? Per strada parlarono ancora a lungo di Elisabetta e Giovanni non tardò a capire cosa ci fosse tra i due. Provava tenerezza per quei due ragazzini innamorati; Federico stava aprendo a Giovanni il suo cuore, gli parlava dei suoi sogni, delle sue paure che si materializzavano in certi strani e inquietanti sogni. Proprio mentre stava raccontando tutto a Giovanni, si rese conto di quale fosse la sua più grande paura: quella di perdere Elisabetta! Giovanni sapeva ascoltare e con molto tatto gli spiegò che in carcere aveva studiato psicologia, fino ad arrivare alla laurea e lo rassicurò così: «Caro Federico, è tutta colpa dell’adolescenza. È il periodo della tua vita in cui stai cambiando e questo cambiamento ti crea insicurezza. Piano piano acquisterai fiducia in te stesso e ti passeranno tante paure». Federico commentò con un sorriso amaro: «Br(u)tta b(e)st(i)a l’adol(e)sc(e)nza!» Poi il suo sguardo fu catturato da un oggetto per terra: un libretto sgualcito, un po’ sporco e anche un po’ bagnato; era Il gabbiano Jonathan Livingston che Elisabetta aveva con sé quando era stata rapita. Voleva prestarlo a Federico ma non ne ebbe il tempo. Gli aveva accennato di quel bellissimo ambiente 63 Capitolo ottavo marino in cui vive il gabbiano ma era stata rapita improvvisamente dall’ombra nera, che, come un mastino, ora la teneva prigioniera. Federico si guardò intorno, osservando tutto: Elisabetta poteva essere lì vicino, molto più vicino di quanto loro avessero immaginato. Giovanni sembrava un po’ confuso: se fosse stato così la sua pista avrebbe perso consistenza; Federico si sentiva come un segugio sulle tracce della preda; infine indicò un’anonima costruzione: se lo sentiva! Elisabetta era lì. Infatti all’interno dell’abitazione si stava svolgendo questa strana conversazione: «Accidenti a me! Ho perso il mio Jonathan chissà dove! E devo ancora prestarlo a Federico! Tu cosa dici? Il nostro piano sta funzionando? Mia mamma fa sempre più fatica a fingere davanti a lui ma mi ha detto che ha ripreso a pronunciare due vocali. Speriamo in bene. Dobbiamo resistere il più possibile per il bene di Federico. Ancora qualche spavento e forse tutto tornerà come prima. Però c’è una cosa che non ho capito: mia mamma mi ha parlato di una sorpresa colossale, cosa sarà mai? Per me ora esiste solo Federico». Carlos, Il suo amico fraterno, la abbracciò per consolarla e lei posò la testa sulla sua spalla. 64 Ma perché? Federico e Giovanni stavano osservando la scena dalla finestra sulla strada senza poter sentire nessuna parola. Giovanni, estasiato, guardava come era cambiata la sua bambina; Federico invece, sopraffatto dalla gelosia interpretò i gesti affettuosi come segni di amore tra i due. Non capendo più niente, cadde a terra quasi svenuto pronunciando in un sussurro: «Ma perché?» Si accorse di aver recuperato anche la e ma in quel momento non gliene importava proprio nulla. 65 Capitolo ottavo CAPITOLO NONO Muvt, alzt da ecch! 66 Federico aveva sbattuto la testa e non si accorse di continuare a ripetere le stesse parole per più volte: «Ma perché...? Ma perché...?» Giovanni si girò preoccupato verso il ragazzo e gli disse in dialetto: «Muvt, alzt da ecch!», prima a voce bassa, quasi sussurrando ma Federico, perso nei suoi pensieri e un po’ stordito dal colpo alla testa, non sentiva nulla; allora Giovanni glielo ripeté con un tono di voce più alto e poi urlando a squarciagola. Carlos ed Elisabetta, dopo aver sentito quell’urlo, accorsero in strada e videro Federico che si stava alzando a fatica e che, quasi piangendo, disse loro: «Cosa v(i) ho fatto per mer(i)tarm(i) q(u)esto? T(u), Carlos, se(i) (i)l m(i)o m(i)gl(i)ore am(i)co. Perché non m(i) ha(i) detto che v(i) eravate mess(i) (i)ns(i)eme? E tu, El(i)sabetta, t(u) che se(i) la m(i)a ragazza, perché non m(i) ha(i) detto che t(i) p(i)aceva l(ui)? M(i) avete trad(i)to!» Carlos ed Elisabetta si accorsero che Federico aveva recuperato Muvt, alzt da ecch! anche la e ma, neanche il tempo di rallegrarsi, che lo videro scappare via in lacrime verso casa. Giovanni esclamò: «Elisabetta...» chiamando sua figlia con l’intento di consolarla. A Elisabetta quella voce sembrava familiare e, dopo essersi voltata, fu colpita dal tatuaggio che quell’uomo aveva sulla spalla destra: un cavallo alato che diceva: Userò queste ali per portarti sempre con me! Le batteva forte il cuore perché aveva riconosciuto in quella persona suo padre: gli occhi azzurri, così espressivi, la rossa bocca carnosa, la sua corporatura così robusta e imponente, il naso schiacciato con una leggera gobbetta, le mani grandi e un po’ callose, i capelli neri pettinati all’indietro che lasciavano scoperta una fronte alta e rugosa. Sì, era proprio lui... Elisabetta era sbalordita e anche spaventata, terrorizzata, come paralizzata dalla paura perché pensava che il padre fosse evaso dal carcere per vendicarsi della denuncia fatta da lei e da sua madre. Giovanni però tranquillizzò la figlia, spiegandole tutto: «Elisabetta, calmati! Non sono evaso ma mi hanno concesso dei giorni di libertà condizionata per aiutare la polizia che ti sta cerCapitolo nono 67 68 cando perché pensa che ti abbiano rapita. Non ti preoccupare, non sono più l’uomo che ero prima». Elisabetta voleva credere alle parole del padre, dentro di sé sapeva che era cambiato. Nel suo cuore però c’era ora un terribile senso di colpa nei confronti di Federico al quale aveva mentito. Insieme all’amico e al padre, decise di andare a spiegargli cosa era successo. Arrivati a casa di Federico, Carlos ed Elisabetta lo videro con gli occhi rossi e gonfi dal pianto. Iniziò a parlare Elisabetta: «Federico, penso che sia giunta l’ora di raccontarti la verità: siccome ogni volta che ti spaventi o provi una forte emozione, recuperi la pronuncia di una vocale, abbiamo ben pensato di organizzare situazioni in cui tu potessi essere spettatore di episodi spaventosi. Ricordi il rapimento? Ecco, era tutta una messa in scena; infatti, la famosa ombra era il padre di Carlos!». Dopo qualche attimo di silenzio, Carlos esordì dicendo: «Comunque, io ed Elisabetta non ci siamo messi insieme! Quel gesto affettuoso è stato solo per confortarci a vicenda». Allora, dopo aver abbracciato il suo amico Carlos, Federico guardò negli occhi Elisabetta e la baciò. Lei e il padre tornarono Muvt, alzt da ecch! felici a casa dove Anna accolse la figlia a braccia aperte; inoltre le regalò un nuovo orologio, dal momento che Elisabetta aveva rotto quello regalatole dai nonni quando era piccola. Il fratellino Davide, ignaro di tutto quello che era accaduto, visto che la madre non gli aveva detto nulla per non farlo preoccupare, scrisse sul taccuino alla sorella: «Dove sei stata per tutto questo tempo?» Elisabetta rispose, mentendogli: «Sono stata a dormire da un’amica». Federico, intanto, continuava a pensare a tutto quello che era accaduto; decise di invitare Elisabetta al bar “I LOVE U” per parlare del finto rapimento, del loro rapporto e della questione del padre. Federico, con voce tremante, le confidò una grande paura: «El(i)sabetta, ho pa(u)ra che t(u)o padre non m(i) accett(i) come t(u)o ragazzo... Gl(i)ene ha(i) parlato? Se(i) s(i)c(u)ra che non s(i) arrabb(i)? Ma... deve tornare (i)n carcere o è l(i)bero?». Elisabetta rispose: «Non preoccuparti! Non tornerà in carcere; data la sua buona condotta e l’aiuto nelle indagini, rimarrà agli arresti domiciliari». Federico fu rassicurato dalle parole di Elisabetta, anzi gli venne Capitolo nono 69 un’idea: perché non proporre a Giovanni di tenere una lezione a scuola sulla violenza contro le donne, raccontando parte della sua vita? Contento per il ritrovamento di Elisabetta e pieno di entusiasmo, la mattina seguente andò a scuola e chiese se poteva parlare con la Dirigente per proporle l’idea da lui avuta. L’incontro lo agitava un po’; la Dirigente Scolastica, alta e bionda, di corporatura esile, riusciva tuttavia con lo sguardo severo a incutere timore a tutti gli alunni della scuola. Elisabetta e Carlos, durante la giornata, si misero a pensare a come potevano ancora aiutare il loro amico; allora idearono una festa a sorpresa a casa di Federico per farlo spaventare e per fargli recuperare le vocali perdute. Tutto doveva essere preparato con cura: palloncini, manifesti e striscioni con scritte colorate, un’enorme torta a più strati. Dovevano essere invitati amici e parenti, un mare di gente si sarebbe ritrovato insieme entusiasta e tutto doveva essere organizzato senza che Federico si accorgesse di niente ma chiedendo l’indispensabile aiuto di Anna. Era ormai sera, una sera luminosa e piena di stelle. Una gialla e tonda luna osservava divertita la fatica e l’impegno di Carlos ed Elisabetta, sorridendo complice e fiera di quei ragazzi. 70 Muvt, alzt da ecch! Federico era ancora in biblioteca, dove stava inutilmente cercando di concentrarsi per terminare la scrittura della ricerca assegnata dalla professoressa di Scienze, quando il telefonino cominciò a squillare. Pieno di imbarazzo, uscì velocemente per rispondere. Era sua madre; dalla voce sembrava molto agitata: «Federico!!! Credo sia entrato di nascosto qualcuno a casa...» «Mamma...?» Federico non riusciva a sentire più niente. Accidenti, era caduta la linea! Allora Federico, ormai in preda al panico, corse rapidamente a casa ma quando arrivò vide che tutte le luci erano spente e così, preso dal panico, urlò: «Ai(u)to! Ai(u)to!» Si accorse così di aver recuperato anche la i... Capitolo nono 71 CAPITOLO DECIMO Il sogno diventa realtà L’aria dolce di una serata primaverile e il vento che accarezzava i ricciuti capelli dell’adolescente, faceva correre un brivido lungo tutte le vertebre della sua schiena, non solo per il tiepido vento, ma anche perché la paura si era impossessata di lui. Era fermo lì, sull’uscio di quella casa che pareva ai suoi occhi un covo di ladri. Si decise ad entrare. Appena aprì la porta la luce si accese e tutti urlarono: «SORPRESA!» A casa sua c’erano tutti: Carlos, Elisabetta, il nonno Orlando, Giovanni, Anna, tutto il vicinato, persino il gatto Micione. Erano molto entusiasti del fatto che Federico avesse ritrovato la I. La casa era adorna di festoni, coriandoli e cartelloni. Avevano tutti un cappellino di carta e c’erano tavoli ricolmi di dolciumi e bevande. C’era anche la gelatina preferita di Federico: quella alla fragola. Entrato, vide Elisabetta immersa in un tulle rosa che l’avvolgeva in un morbido vestito. Fu accecato da tanta bellezza e le si avvicinò quasi attratto. Sul volto di Elisabetta si accese un sorriso smagliante. In un attimo la musica, che faceva da sfondo in quel magnifico film, catturò l’attenzione degli invitati, ma non quella dei 72 Il sogno diventa realtà due ragazzi, che la ignorarono perché erano attirati da loro stessi. L’ inquadratura principale erano gli occhi dei due che rimasero a guardarsi ancora per un po’. Elisabetta fu sorpresa dal fatto che i suoi genitori ballavano sulle note della canzone del loro matrimonio e, tutta immersa nei suoi pensieri, confidò al suo Federico: «Osservo i miei genitori, mi vengono ancora dei flashback, immagini a gettoni, un incubo. Perché mia mamma balla con colui che ci ha abbandonato e trascurato per una vita intera?» «Non è mai troppo tardi, il tempo può essere l’unica medicina per loro!» Aggiunse Federico. Le ore passarono e, tra tante emozioni, la festa era giunta al termine. Mancava ancora una vocale da recuperare, la U. La mattina seguente per i ragazzi era arrivata l’ora di andare a scuola. Il segnaposto era fermo sull’8 marzo ed era giunto il tanto atteso momento: il padre di Elisabetta si sarebbe recato a scuola per parlare ai ragazzi della violenza sulle donne e l’importanza di queste ultime. Tutti aspettavano a scuola l’uomo di cui erano terrorizzati, l’uomo di cui avevano timore. L’auditorium della scuola era affollato dagli studenti dell’istituto e da alcuni genitori. Elisabetta aveva paura, pensava che il padre andasse a scuola con T-SHIRT e pantalonCapitolo decimo 73 cini. Tutti rimasero stupiti. Il completo gessato nero faceva risaltare il suo fisico alto e slanciato; i capelli tirati all’indietro e il suo aspetto da politico lo facevano apparire gentile e trasparente. A passo rapido salì sul palco e cominciò: «Ragazzi, tutto ciò che avete intorno, tutto ciò che voi vivete, tutto ciò che è vita, ragazzi miei, godetelo al massimo delle aspettative. Non seguite il mio cattivo esempio. Non trattate la donna come un semplice essere vivente, ma come colei che genera tutto ciò di cui fate parte, anche voi stessi. Nutritela di gioia, felicità e amore. Riconosco ogni minimo errore e di questo voglio scusarmi con le uniche due donne della mia vita. Ricordate, che, chi dà uno schiaffo a una donna, a un angelo, è un vigliacco e ha bisogno della violenza verso chi non sa difendersi per sentirsi importante nella vita. Imprimete questo messaggio nella vostra mente perché voi sarete gli uomini del domani. Con ciò, concludo. Voglio ringraziare la dirigente per l’ospitalità e mia figlia, la rosa più pura e senza spine, che mi ha fatto capire i veri valori della vita. In bocca al lupo, figli miei». Poi aggiunse: «Voglio ringraziare con tutto il mio cuore anche Federico, che durante la mia assenza si è preso cura della mia rosa, Elisabetta!» Invitò Federico a salire sul palco che, emozionato, sussurrò nell’orecchio di Giovanni «Ho paUra!» 74 Il sogno diventa realtà Ad un tratto incredulo si accorse di aver recuperato la U e abbracciò Giovanni. Felicissimo e con gli occhi pieni di gioia scese dal palco e attirato da un breve luccichio, si fece trasportare dall’applauso della scolaresca presente, fino alla fine dell’ auditorium dove in un angolo sedeva solitaria Elisabetta;le sue guance arrossate erano già state rigate da una lacrima di gioia. La ragazza si asciugò quelle lacrime e disse sorridendo: «Alla fine delle lezioni andiamo a prendere un gelato?» «Ok, però adesso ho i soldi» disse con un sorriso Federico. Dopo alcune ore si avviarono verso il parco dove si svolse il finto rapimento, testimone del primo bacio, quel luogo carico di emozioni e sentimenti, stupori e amori, che ritornavano nella mente dei due e, ogni volta che ripercorrevano quel sentiero, riaffioravano ancora di più intensamente. In quel parco c’era un tassello del mosaico della vita di Federico ed Elisabetta, possedeva l’inizio della loro storia. La loro panchina era sempre lì, vicino al pino, dove avevano inciso le loro iniziali in un cuore. Federico andò a comprare due gelati, nel bar I LOVE U. Il sole era alto nel cielo, si era creata un’atmosfera romantica. I due ragazzi, si guardarono intensamente, Federico stava provando una sensazione nuova, unica. Ad un tratto, come per Capitolo decimo 75 76 magia, le loro labbra si avvicinarono sempre più, fino a sfiorarsi delicatamente. Federico si girò e rigirò nel suo letto, si stiracchiò,aprì gli occhi e spalancò la bocca con un grande sbadiglio tutto sudato e allo stesso tempo spettinato: era tutto un sogno! Aveva sognato la sua storia con Elisabetta, il rappacificamento dei suoi genitori, aveva sognato la perdita delle vocali! No... non ne era sicuro. Elencò le cinque vocali scandendole bene, e si accorse che erano tutte lì. Quella lunga notte, però, gli aveva fatto capire molte cose: Elisabetta era la persona più importante della sua vita, doveva parlare con lei, esprimerle i suoi sentimenti e aiutarla a risolvere la delicata situazione con il padre. Senza più ripensamenti si infilò le scarpe da tennis e velocemente salì sulla sua bici. Arrivò a casa di Elisabetta, la lasciò sul tappetino di benvenuto e, dopo numerosi tentativi di ‘’permesso’‘ entrò senza esitazioni. Nella camera di Elisabetta si stava svolgendo un episodio quotidiano, ma non per quella famiglia: un padre che abbraccia la propria figlia. Federico decise di seguire l’esempio della madre di Elisabetta e di Davide, lasciando padre e figlia da soli. Quando uscirono Federico corse verso Elisabetta deciso a parlarle del suo strano sogno. Si sedettero sul divano e il ragazzo cominciò: Il sogno diventa realtà «Sai ti ho sognato, ho sognato che perdevo le vocali e ho sognato che ti riconciliavi con tuo padre». «Sul serio? Allora era un sogno premonitore! Questa mattina, come hai visto, lo hanno scarcerato per buona condotta, sono felicissima!». Così dicendo i due si abbracciarono ed Elisabetta gli concesse un bacio sulla guancia. Decisero di fare colazione insieme e, giunti a tavola, i due adolescenti si giurarono che non si sarebbero mai lasciati. Federico promise a Giovanni che la figlia sarebbe arrivata sull’altare dove lui l’avrebbe aspettata insieme al padre, quel padre che Elisabetta aveva sempre desiderato di avere e che da quel giorno in poi avrebbe potuto tenere per sé per tutta la vita. Capitolo decimo 77 APPENDICE 1. Il non ho Istituzione “Leonardo Da Vinci” di Bogota' (Colombia) – classe IIC Dirigente Scolastico Maite Bressan Docente referente della Staffetta Andrea Aimasso Docente responsabile dell’Azione Formativa Andrea Aimasso Gli studenti/scrittori della classe IIC Juan David Ariza, Sofia Benvenuti, Federico Berbesi, Pablo Bertieri, Isabela Chaves, Sebastian Cobo, Silvana Escobar,Federico Galvez, Luisa Lobo-Guerrero, Santiago Martinez, Andres Molina, GermanOrtiz,Cristina Perez, Matteo Perez, Laura Preziosi,Camilo Quintero, Nicola Riccardi, Alessandro Tagliaferri, Ana Maria Tellez,Martin Velez, Fiorella Zenobio, Stefano Zorzin Il disegno è di Isabela Chaves Hanno scritto dell’esperienza: “…Seconda partecipazione, con la stessa classe dell’anno scorso. La difficoltà era, quindi, ripetere l’esito e l’entusiasmo positivi della prima esperienza. Forse sono stati addirittura superati. I ragazzi hanno detto: “È stato ancor più bello dell’anno scorso, perché conoscevamo già il tipo di lavoro e scrivere il primo capitolo ci ha stimolati moltissimo. L’incipit era davvero interessante e motivante. È stato bello condividere i nostri pensieri e imparare nuovi argomenti grammaticali divertendoci. Tutto questo ci è anche servito a migliorare la nostra seconda lingua”. APPENDICE 2. Essere senza… a! Istituto Comprensivo “Padre Gemelli” plesso Pola di Torino – classi IB/C – IIC/B – IIIC/B Dirigente Scolastico Ketti Krassevez Docente referente della Staffetta Marina Liboà Docenti responsabili dell’Azione Formativa Laura Bortolussi, Antonino Favara, Marina Liboà Gli studenti/scrittori della classi IB - Sonny Cetani, Cristian Dumitrascu Danut, Luca Finizio, Simone Iacoviello, Veronica Santangelo, Alessia Sgaramella IC - Stefano Liggi, Carlos Martos TtitoJhon, Andreea Joana Muresan, Alessia Napolitano, Frederic N’Dah Marie, Aurora Pravettoni IIC - Ginevra Cester, Simone Fistetto, Francesco Frascaria, Eleonora Gambino IIB - Bader Brajli, Vittoria Briglia, Hassane Chegzami, Dalia Haggag Andrea Maffiodo IIC - Ginevra Cester, Simone Fistetto, Francesco Frascaria, Eleonora Gambino, Giorgio Spegis IIIC - Claudia De Rosa, Davide Di Giovanni, Martina Fatiga, Davide Grilli, Chiara Pilati IIIB - Larisa Antochi, Monica Balestri, Christian Greco, Federico Zamboni Il disegno è di Riccardo De Rosa Hanno scritto dell’esperienza: “…’Scrivere è per me il bisogno di rivelarmi, il bisogno di risonare, non dissimile dal bisogno di respirare, di palpitare, di camminare incontro all’ignoto nelle vie della terra’. Gabriele D’Annunzio, Notturno. È successo anche a noi…“ per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa APPENDICE 3 E... Lisbtt Scuola “Angelo Custode” di Alessandria – classe IIB Dirigente Scolastico Suor Rosanna Cipolla Docente referente della Staffetta Rosalba Malta Docente responsabile dell’Azione Formativa Maria Angela Prati Gli studenti/scrittori della classe IIB Chiara Albertoni, Alice Balduzzi, Davide Boattin, Dylan Buzio, Matilde Civale, Andrea Codogno, Paride Del Mastro, Rebecca di Stefano, Martina Ferrari, Bianca Frisina, Gioia Giarola, Andrea Laguzzi, Enrica Lovisolo, Chiara Lunghi, Ludovica Lupano, Alice Mantelli, Gaia Marchi, Letizia Massiglia, Umberto Mirone, Benedetta Panizza, Lisa Pesce, Stefano Zottarelli Il disegno è di Alice Mantelli Hanno scritto dell’esperienza: “…Noi alunni di seconda B abbiamo lavorato con entusiasmo, portando in classe i nostri computer per essere più rapidi nella compilazione. Abbiamo letto con attenzione i capitoli precedenti e si è deciso che la vocale da far cadere sarebbe stata la E: il titolo “E… lisbtt” mette in luce come alla perdita della vocale corrisponda la sparizione di Elisabetta. Tutto l’elaborato ruota attorno a due scene fondamentali: la visita dal dentista e l’ingresso di Federico nella biblioteca. Questi due momenti ci hanno dato la possibilità di giocare con le parole e di descrivere alcuni nostri compagni in modo ironico, come la mamma Lety sempre distratta, il dottor Zotta fulminato ed il signor Laguzzi misterioso bibliotecario. Infine abbiamo concluso facendo cadere la “N…V” di neve come fiocchi”. APPENDICE 4. IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) Istituto Comprensivo “G.Verga” di Riposto (CT) – classi IIA/B/C/D/G – III/A/B Dirigente Scolastico Cinthia D’Anna Docenti referenti della Staffetta Carmela Camardi, Cinzia Maria Piazza Docenti responsabili dell’Azione Formativa Carmela Camardi, Daniela D’Urso, Filomena Mangano, Cinzia Maria Piazza, Rosaria Sfilio Gli studenti/scrittori delle classi IIA - Alessia Barbagallo, Michele Bertino, Alessia Marano, Francesca Nicastro, Paola Pappalardo, Samuele Pennisi, Fabrizio Vasta IIB - Vittoria Barbagallo, Giacomo Butera, Giada Di Bella, Maria Teresa Grasso, Miriam Morandi, Federico Ragusa IIC - Arianna Bergancini, Giulia Cavallaro, Giorgia Cucuccio, Giorgia Ferrara, Giulia Sorbello IID - Salvatore Carta, Emanuele Catania, Samuele Luca, Paolo Rapisarda, Gabriele Stagnitta IIG - Claudio Maugeri, Federica Raciti. IIIA - Simona Calabretta, Noemi Tomarchio IIIB - Alessia Nizeti, Michela Proietto, Rosario Trovato Il disegno è di Noemi Tomarchio Hanno scritto dell’esperienza: “…L’attività di scrittura creativa si è inserita in un percorso già avviato da qualche tempo sulla pratica della scrittura. I ragazzi, avendo già sperimentato le tecniche della scrittura creativa, hanno aderito con interesse e curiosità alla vostra proposta...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa APPENDICE 5. Am(i)c(i) Scuola Secondaria di Primo Grado “Fresa-Pascoli” di Nocera Sup. (SA) - classe IA Dirigente Scolastico Michele Cirino Docente referente della Staffetta Cesira Amoroso Docente responsabile dell’Azione Formativa Maria Pia Salzano Gli studenti/scrittori della classe IA Bruna Attanasio, Alfonso Bartiromo, Aurora Bonora, Francesca Cuomo, Chiara D’Acunzi, Francesco D’Amico, Antonio De Angelis, Rosaria De Filippo, Alessandra Fattoruso, Morena Iannone, Emma Lamberti, Alessandro Maiorano, Christian Masullo, Sharon Maria Chiara Nizzardelli, Adriana Palumdo, Alessio Pedone, Pierpaolo Petrone, Rosa Petruccelli, Anna Maria Prinzo, Chiara Stella Salzano, Christian Fausto Santoriello, Carmine Senatore, Ilaria Terrazzano, Michele Tramontano, Rosa Venturino, Natalia Villani, Maria Teresa Viscito, Chiara Pedone, Lorenza Zenobio, Beatrice Brengola APPENDICE 6. Noooo! Istituto Comprensivo Pescara 7- Scuola Secondaria di Primo Grado “L. Antonelli” di Pescara - classe IIG Dirigente Scolastico Assunta D’Emilio Docente referente della Staffetta Claudia Rabottini Docente responsabile dell’Azione Formativa Claudia Rabottini Gli studenti/scrittori della classe IIG Arianna Agresta, Davide Berardi, Francesca Cappelletti, Marco Carozza, Jennifer Cichella, Giulia Cipollone, Federico Cocchini, Valeria Coppa, Alessandro Cornacchia, Martina D’Andreamatteo, Emanuela Di Fabio, Matteo Di Giannantonio, Alessandro Di Giovanni, Enrico Di Lorenzo, Lorenzo Di Pasquale, Andrea Fiadino, Marco Giansante, Luigi Manzo, Francesca Nisco, Massimo Pavone, Paolo Pineto, Simone Trifone, Giulia Vittiglio, Zi min Yang Il disegno è di Emanuela Di Fabio Hanno scritto dell’esperienza: “…Come l’anno scorso il compito è stato impegnativo, ma divertente. Attraverso l’organizzazione in gruppi di lavoro abbiamo approfondito la nostra amicizia, confrontato le idee, imparato a rispettare le regole… in alcuni momenti siamo stati confusionari, ma uniti nell’impegno! Nonostante la sua grave mancanza Federico non si è arreso, anzi attraverso essa è scaturita la consapevolezza che le parole non sono tutto; l’amore, l’amicizia, la condivisione con la loro forza vanno oltre…” APPENDICE 7. La Pa(u)ra fa... Aaaaaaa! Istituto Comprensivo di Contursi Terme - Scuola Secondaria di Primo Grado di Contursi Terme (SA) - classi IIA/B /C Dirigente Scolastico Fiorella De Vizia Docente referente della Staffetta Michelina Stigliano Docenti responsabili dell’Azione Formativa Michelina Stigliano, Maria D’Elia Gli studenti/scrittori delle classi IIA - Immacolata De Simone, Jessica Gizzi, Valeria Lenza, Fiorenzo Maratea, Ludovica Matarazzo, Antonietta Parisi, Leonardo Porcelli, Salvatore Ricca, Salvatore Rizzo, Gaia Tiano IIB - Delia D’Elia, Orazio D’Elia, Chiara Di Guida, Andrea Forlenza, Desirè Forlenza, Maria Forlenza, Giusy Garippo, Simone Giordano, Alfonso Parente, Donato Parisi, Paola Suchanova IIC - Mario Cernera, Vittoria D’Elia, Teresa Forlenza, Alessandra Garippa, Gerardo Gaudiosi, Krisof Litwinski, Pietro Risi, Carmen Scocozza, Carmen Siani Il disegno è di Orazio D'Elia, Salvatore Antony Ricca Hanno scritto dell’esperienza: “…Idee, opinioni e pensieri a confronto sono stati gli ingredienti per scrivere e continuare il racconto, il settimo capitolo della Staffetta di Scrittura Creativa. Questa esperienza è stata positiva e importante perché ci ha reso protagonisti della storia, permettendoci di “agire” secondo il nostro modo di sentire e di vivere la realtà. È stato stimolante e istruttivo impegnarci nella prosieguo della trama, tenendo sempre presente il concetto-guida “la consapevolezza” e la ricerca delle funzioni linguistiche man mano richieste. Non meno piacevole è stato “lavorare” con gruppi delle altre classi, ciò ha favorito un produttivo confronto ed una fattiva collaborazione”. APPENDICE 8. Ma perché? Scuola Secondaria di Primo Grado “San Giovanni Bosco” di Alessandria – classe IIA Dirigente Scolastico Rosanna Cipolla Docente referente della Staffetta Rosalba Malta Docente responsabile dell’Azione Formativa Daniela Osella Gli studenti/scrittori della classe IIA Alison Amodeo, Riccardo Angeleri, Sofia Angeleri, Davide Capriata, Greta Cavallaro, Rebecca Cavallo, Ilaria Comazzi, Chiara Concaro, Chiara Cordero, Vanessa Covaci, Minerva Esposito, Chiara Gazzina, Jessica Giuffrè, Matteo La Rocca, Nicole Molinari, Edward Nardone, Alessandro Nitrati, Alessandro Noseda, Alice Pagella, Alice Pastorino, Davide Raule, Alessandro Tasso, Luca Veronese Il disegno è di Riccardo Angeleri, Rebecca Cavallo, Greta Cavallaro, Ilaria Comazzi Hanno scritto dell’esperienza: “…Abbiamo seguito con curiosità e interesse lo svolgersi della vicenda fino alla scrittura del nostro capitolo 8. Qui abbiamo dovuto prendere una decisione importante per il finale del racconto che speriamo sia piaciuta a tutti. Abbiamo anche imparato a riconoscere alcune figure retoriche che ci sono utili per il nostro studio sulla poesia. Speriamo di ripetere in futuro una simile esperienza. L’insegnante: quest’anno ero alla mia seconda esperienza e ho utilizzato meglio, da un punto di vista didattico, il lavoro della Staffetta di Scrittura”. APPENDICE 9. Muvt, alzt da ecch! Istituto Comprensivo Pescara 6 - Scuola Secondaria di Primo Grado "B. Croce" di Pescara – classe ID Dirigente Scolastico Ada Grillantini Docente referente della Staffetta Sabrina Stocchino Docente responsabile dell’Azione Formativa Sabrina Stocchino Gli studenti/scrittori della classe ID Danilo De Lucia, Matteo De Riti, Davide Di Luzio, Michele Di Prato, Camilla Di Sabatino, Sara Eramo, Giovanni Ferri, Martina Gallisai, Federico Giampietro, Rebecca Marelli, Marco Marini, Marco Miccoli, Camilla Parisi, Mauro Polletta, Lorenzo Primavera, Chiara Pia Rapposelli, Mirko Pio Rapposelli, Stefania Vitiello, Stefano Zurzolo Il disegno è di Lorenzo Primavera, Stefania Vitiello Hanno scritto dell’esperienza: “…Gli alunni hanno mostrato inizialmente curiosità, poi entusiasmo; durante la lettura dei capitoli del libro intervenivano con ipotesi di racconto e di svolgimento della trama, impazienti che arrivasse il loro turno di mettersi all’opera. Dopo la lettura, ogni capitolo è stato analizzato attraverso l’analisi testuale. Attraverso attività di brainstorming, a cui hanno partecipato tutti, sono state formulate e selezionate idee e titoli di sequenze per la scrittura del capitolo. Il lavoro poi è proseguito dividendo la classe in piccoli gruppi. La discussione, il lavoro in piccoli gruppi hanno contribuito alla socializzazione e alla collaborazione, all’approfondimento di alcune tecniche narrative e alla ricerca lessicale”. APPENDICE 10. Il sogno diventa realtà Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Roccapiemonte (SA) – classi IIA/B/C Dirigente Scolastico Angela Nappi Docente referente della Staffetta Angela Rescigno Docenti responsabili dell’Azione Formativa Angela Rescigno, M. Giovanna Pagano, Anna Giordano Gli studenti/scrittori delle classi IIA - A. Laura Bartiromo, Irma Bassano, Lucrezia Califano, Marika Califano, A. Maria D’Arienzo, Rosa Izzo IIB - Anna Bove, Fernanda Cicalese, Eleonora Cilenti, Maria Vittoria Galotto, Anna Oliva, Miriam Pascale, Giuseppe Pascariello, Francesca Russo IIC – Marianna Antonelli, Maria Giordano, Giovanna Landi, Simone Manzo, Emiddio Pagano, Miriam Petrosino, Carla Trezza, Alessandra Viviano Hanno scritto dell’esperienza: “…Riflessione, confronto, socializzazione, sono state le caratteristiche che hanno reso questo progetto coinvolgente. Ci siamo immersi nel mondo della scrittura e della creatività; abbiamo arricchito il nostro lessico condividendo una grande esperienza con i nostri amici. Abbiamo messo nero su bianco le nostre idee, e immedesimandoci nel testo abbiamo espresso i nostri sogni. È stato un progetto costruttivo perché ci ha fatto sentire dei veri scrittori”. NOTE NOTE NOTE NOTE NOTE NOTE INDICE Incipit di ANDREA VALENTE ............................................................................pag 14 Cap. 1 Il non ho ........................................................................................................» 18 Cap. 2 Essere senz... A ..........................................................................................» 24 Cap. 3 E... Lisbtt ........................................................................................................» 30 Cap. 4 IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) ..................................................» 36 Cap. 5 Am(i)c(i) ......................................................................................................» 42 Cap. 6 Noooo! ..........................................................................................................» 48 Cap. 7 La pa(u)ra fa... aaaaaaa! ....................................................................» 54 Cap. 8 Ma perché? ................................................................................................» 60 Cap. 9 Muvt, alzt da ecch! ..................................................................................» 66 Cap. 10 Il sogno diventa realtà ........................................................................» 72 Appendici ..................................................................................................................» 78 Finito di stampare nel mese di aprile 2013 da Industria Grafica Campana Srl di Agropoli (SA) Italy ISBN 978-8897890-57-7 Il non ho Essere senz... A E... Lisbtt IT H PRS L U! (Aiuto ho perso la U!) Am(i)c(i) Noooo! La pa(u)ra fa... aaaaaaa! Ma perché? Muvt, alzt da ecch! Il sogno diventa realtà