imparare i bambini

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imparare i bambini
I ta l i a
i
I
ncontro Emanuela Bussolati che illustra, scrive e progetta libri per i
più piccoli da tanti anni ormai, ma
ha l’entusiasmo di chi ha appena
cominciato.
La sua passione fin da piccola era il
disegno. Ma come succede spesso, i genitori la indirizzarono agli studi classici.
Architettura popolare fu la scelta di
Emanuela dopo il liceo. Di quegli anni
cita il periodo negli scout, assistente alle
bambine dai 6 ai 10 anni e nella redazione del giornalino nazionale scout. Dopo
la laurea, insieme a un lavoro part-time
nello studio di un architetto, arrivò «per
magia» – perché «la mia vita è magica»
Editoria per ragazzi
mparare i bambini
A colloquio con Emanuela Bussolati
– racconta la Bussolati, la proposta di lavorare in un centro di psicologia dell’età
evolutiva: attraverso questo lavoro recupera l’interesse per la comunicazione
con i più piccoli, e al «piacere del fare»
unisce «la curiosità pedagogica e psicologica verso questa età».
Il libro e il disegno erano lo strumento di lavoro, perché attraverso le storie i
piccoli a lei affidati riuscivano a interagire. Per caso o ancora «per magia» scopre che a Milano, in Via Tommaso
Grossi, apre nel 1972 la prima libreria
dei ragazzi in Italia, su iniziativa di
Gianna Vitali e Roberto Denti con cui
Bussolati entra in contatto e che le forni-
ranno libri, consigli e amicizia per molti
anni a venire.
Ancora per caso il suo architetto le
propone d’illustrare un libro per l’infanzia per un vicino dello studio («visto che
io facevo i progetti con tutti gli alberelli
colorati»). E siccome «non ho mai detto
di no a quello che mi capitava», qui comincia la storia dei libri illustrati e poi
scritti, progettati, inventati, letti, giocati,
cantati da Emanuela Bussolati: «Il libro è
straordinario perché racconta delle cose
e fa sorgere emozioni e pensieri che posso condividere con i bambini».
L’etica per osmosi
Condividere è parola cara a Emanuela, radicata nel convincimento che
adulti e bambini «sono sulla stessa strada» e il condividere delle cose fa entrare
il bambino «in un atteggiamento di fiducia rispetto alla vita, agli adulti». Solo attraverso la condivisione, inoltre, può
passare l’insegnamento etico, perché
«l’etica s’impara per osmosi: i bambini
osservano tantissimo».
Qui il pensiero riconoscente di Bussolati va al grande pediatra, Marcello
Bernardi. Ma prima ancora del condividere, per questa posata e gentile signora
milanese che porta in cuore e nelle dita
un’infinita capacità di gioco, viene «l’ascolto dei bambini» perché «noi non sappiamo niente dei bambini» e allora «l’unica cosa che ritengo si debba fare,
quando si ha a che fare con un bambino
è osservarlo, ascoltarlo, cercare di capire
com’è fatto e funziona, impararlo».
Accanto ai bambini passa tanto tempo, ma una sua preoccupazione è anche
per il mondo dei grandi: una grandissi-
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ma urgenza sarebbe «investire sulla formazione degli educatori, genere assolutamente dimenticato e abbandonato».
Orientare, guidare e sostenere chi è sempre a contatto con i bambini e poi i genitori, per rendere questi adulti «capaci di
relazioni, di fare sbocciare ogni bambino
per quello che può dare, essere».
Entrando in osmosi con i bambini, si
vedono e s’inventano però anche cose incredibili, come la «lingua Piripù», quella
parlata da Piripù Bibi, personaggio che
anima Tararì Tararera, scritto e illustrato
da Emanuela Bussolati (uscito nel 2009
per le edizioni Carthusia, e vincitore del
Premio Andersen nel 2010), le cui avventure continuano in Badabum e Rulba rulba. Per i bambini è una storia chiarissima, fatta d’immagini e parole che sono
nella fantasia, ma contemporaneamente
anche reali, e raccontano vicende che
tutti comprendono, qualsiasi sia la loro
lunga madre, perché il significato nasce
dalla musicalità di quel che si legge.
Per gli adulti è una sfida a scendere
dallo scranno da dove s’insegna tutto per
reimparare a parlare e a condividere non
secondo schemi e riferimenti consolidati,
ma mettendosi nel contenitore sorprendente che è la vita, su un terreno nuovo
dove s’incontrano e si divertono i bambini e gli adulti che accettano la sfida. È
uno dei libri di cui l’autrice va più fiera:
«Ho voluto sperimentare qualcosa di
nuovo. Non pensavo nemmeno avrei
trovato un editore che lo pubblicasse ed
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ero disposta a pagarmelo io». Invece il libro ha molto successo.
Fare quel libro è stato possibile perché – Bussolati racconta – è riuscita a vivere in «adesione alle mie profonde convinzioni», e aggiunge: «L’adesione a sé
stessi è una grazia interiore», che spesso
«tanta educazione, soprattutto cattolica,
di un certo periodo» ha mortificato nello
svilimento del sé o che è esasperata in
«un ego potente di altre impostazioni».
Un altro libro a cui è particolarmente affezionata – perché le è costato la fatica di
400 tavole – è Fiabe per occhi e bocca, (Einaudi, Milano 2009) che illustra un testo
di Roberto Piumini come se fosse uno
spartito musicale.
Senza dimenticare
le cose grandi
La parola che si fa musica e s’intreccia con il disegno si ri-trova anche nelle
filastrocche di Anghìngò (Il castoro, Milano 2012). Ma il libro di Emanuela Bussolati cambia e se per i più piccini è esperienza tattile e visiva, per chi invece è più
cresciuto diventa spazio di crescita e di
confronto con le domande della vita, come avviene con la serie illustrata per la
collana «Crescere senza effetti collaterali» per Carthusia a cura di Domenico
Barrilà.
Tra i titoli: Il coraggio di essere coraggiosi (2007), Il coraggio di essere io. Diventare grandi senza scimmiottare gli altri e
senza sentirsi esclusi (2008), Il coraggio di
pensare a Dio. Diventare grandi senza dimenticare le cose grandi (2012). Di
quest’ultimo libro Bussolati ne dice tutta
l’attualità «perché il rischio che si creino
barriere tra le persone, a causa delle religioni, è altissimo», ma anche il suo significato quotidiano perché «in ogni classe
ci sono bambini con esperienze, abitudini di famiglia, culture, tutte diversissime:
è quindi centrale smontare il concetto
che il pensiero di Dio possa essere strumentalizzato per dividere».
Tra i temi che accompagnano la riflessione e la produzione libraria di questi anni ci sono parole come selvatichezza, natura, cibo. Spiega così queste attenzioni assolutamente urgenti: «la natura è una grande maestra, è un luogo in
cui il bambino trova e vive un sacco di
esperienze che non trova da nessun’altra
parte». Tuttavia «la distanza che mettiamo tra noi e ciò che ci permette di vivere
è sempre più grande»: ci si stacca dalla
terra, dalle relazioni, dal cibo e dai rapporti che diventano virtuali, mediati, sofisticati «attraverso mezzi che allontanano, pur facendo finta d’avvicinare».
Così sono nati libri come Ravanello
cosa fai, Marta e l’acqua scomparsa o Indovina cosa mangio. «Più riesco a divulgare che la terra mi sostiene, mi nutre,
più mi sembra di fare una cosa buona
per il futuro». Sui temi del cibo sarà anche il prossimo libro per i piccolini che
sta ultimando e che racconta «l’idea che
quello che mangiamo spesso si trova in
natura così com’è ed è apprezzato anche
da altri animali. Siamo insomma nella
stessa barca. Perciò non dobbiamo affondarla!».
Emanuela non solo crea personaggi e
storie per i bimbi, ma va di persona a disegnare e creare con i bimbi nelle scuole
di tutta Italia e oltre, come nel caso del
viaggio in Palestina, con l’ONG Vento
di terra, dove in una delle scuole che i
bombardamenti della scorsa estate hanno distrutto, ha disegnato storie insieme
ai bambini.
La «realtà spaventosa» del popolo
palestinese, vista da lei nel suo carico di
sofferenza, di violenze subite sotto ogni
forma e a ogni età per mano dei coloni si
è innestata su una sua antica sofferenza.
E forse da quella sofferenza un giorno
nascerà una storia nuova.
a cura di
Sarah Numico