Sulle strade di Rodari

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Sulle strade di Rodari
Sulle strade di Rodari
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SULLE STRADE DI RODARI
ideazione, realizzazione e coordinamento
Cooperativa Damatrà
testi e contributi
Associazione culturale 0432
Cooperativa Damatrà
Cristina Viola
Livio Sossi
Mario di Rienzo
Silvana Sola
Elena Braida per le Biblioteche che hanno
aderito al progetto “Sulle strade di Rodari”
copertina e grafica
Simona Piemonte
copyright
2011 Falzea Editore
Viale Calabria, 60
89133 Reggio Calabria (Italy)
www.falzeaeditore.it
finito di stampare
ottobre 2011
immagini
i ritratti di Gianni Rodari e i pensieri che li
accompagnano sono il frutto dell’esperienza
vissuta dai bambini delle scuole dell’infanzia
e primarie della regione Friuli Venezia Giulia
durante i laboratori biografici curati dalla
Cooperativa Damatrà.
È vietata la riproduzione anche parziale di
testi ed immagini senza autorizzazione.
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con il sostegno di
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
(L.R.25/2006)
e con il sostegno
di tutti i Comuni delle 60 biblioteche:
Sistema Bibliotecario del Basso Friuli:
biblioteche di Aiello del Friuli, Aquileia,
Campolongo Tapogliano, Cervignano del
Friuli, Fiumicello, San Vito al Torre, Terzo
di Aquileia, Villa Vicentina, Visco.
Sistema Bibliotecario del Medio Friuli:
biblioteche di Basiliano, Bertiolo, Camino
al Tagliamento, Castions di Strada,
Codroipo, Flaibano, Lestizza, Mereto di
Tomba, Mortegliano, Sedegliano,
Talmassons, Varmo.
Sistema Bibliotecario della Pianura
Pordenonese:
biblioteche di Casarsa della Delizia, San
Vito al Tagliamento.
Servizio Bibliotecario Intercomprensoriale di
San Giorgio di Nogaro:
biblioteche di Bicinicco, Carlino, Gonars,
Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano,
Palazzolo dello Stella, Palmanova,
Porpetto, Precenicco, San Giorgio di
Nogaro, Torviscosa.
Sistema Bibliotecario della Carnia:
biblioteche di Amaro, Cavazzo,
Comeglians, Forni Avoltri, Lauco, Ovaro,
Paluzza, Paularo, Prato Carnico,
Ravascletto, Rigolato, Tolmezzo, Verzegnis,
Villa Santina e Comuni di Arta Terme,
Zuglio Carnico.
Servizio Bibliotecario dell’Unione dei
Comuni “Cuore dello Stella”:
biblioteche di Rivignano, Pocenia, Teor.
E biblioteche di: Grado, Pasian di Prato,
Ronchi dei Legionari, San Giovanni al
Natisone, Tavagnacco, Tricesimo, Udine.
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QUANDO LA LETTURA DIVENTA AVVENTURA
Mario Di Rienzo [Direttore del Centro Studi Rodari di Orvieto]
Sono tramontati i tempi in cui la lettura era, per gli scolari, sinonimo
di tortura. E sono lontani anche i tempi in cui Gianni Rodari
raccontava ai lettori del “Pioniere”1 - settimanale per i ragazzi da lui
fondato e diretto, con quanta caparbietà, Giuseppe Di Vittorio, il
grande sindacalista pugliese, ancora bambino, costretto dalla povertà
a lasciare la scuola elementare, a nove anni, leggeva di notte, “al lume
di candela”. È storia lontana, risale ai primi del Novecento quando
oltre il 50% della popolazione italiana era analfabeta2. Ma è storia vera
ed esemplare, è testimonianza diretta di quanto la cultura può incidere
sul destino di una persona e... di una nazione.
Sono relativamente lontani anche i tempi in cui sempre Rodari scrisse
sul “Giornale dei genitori”3 l’articolo 9 modi per insegnare a odiare la
lettura4 quando l’analfabetismo (quello strumentale) in Italia era stato
in buona misura debellato, si aggirava intorno al 10% e comprendeva
ormai solo le fasce degli anziani5. In quell’articolo Rodari indicò le
alternative possibili per invertire la rotta. Per passare dall’odio per la
lettura all’amore, alla passione per la lettura, ci vogliono strategie
razionali e solide, molteplici e diversificate. La lettura deve diventare
un’avventura, deve cioè essere in grado di coinvolgere, di trasformarsi
da compito di scuola in esperienza di vita esaltante, deve entrare in un
circuito di animazione, di partecipazione, di esperienze artistiche
(teatro, musica, arte, ambiente), deve poter alimentare la curiosità,
affinare le sensibilità, uscire dai luoghi a lei deputati (le sale di lettura,
le aule scolastiche), coinvolgere il singolo e la comunità.
La lettura deve diventare un’esperienza sociale e personale, fornire
materiali in grado di mettere in moto la mente, suscitare emozioni,
risvegliare esigenze dormienti. Leggere è conoscere, partecipare,
pensare, immaginare, sognare, progettare, confrontare.
Leggere, in ultima analisi, ha senso solo se dà sapore e senso alla vita.
È un modo di essere.
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9 modi per insegnare ai bambini
ad odiare la lettura
Presentare il libro come una alternativa alla Tv;
Presentare il libro come una alternativa al fumetto;
Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta
leggevano di più;
Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni;
Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura;
Trasformare il libro in uno strumento di tortura;
Rifiutarsi di leggere ai bambini;
Non offrire una scelta sufficiente;
Ordinare di leggere.
[Gianni Rodari - “Giornale dei genitori” 10 ottobre 1964]
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Sui principi sopra accennati è facile trovare concordanze e
condivisione.
La questione prende ben altra piega quando si passa alla fase
successiva, alla sua realizzazione, quando si passa dalle parole ai fatti.
Il progetto elaborato e realizzato dalla Cooperativa Damatrà, nel corso
del 2010-2011 in omaggio a Rodari per festeggiarne l’anniversario
triplice (90 anni dalla nascita -Omegna 1920-, 40 anni dalla
assegnazione del Premio internazionale Andersen avvenuta alla Fiera
internazionale del libro per ragazzi di Bologna nell’aprile del 1970; 30
anni dalla morte -Roma aprile 1980) è una delle esperienze più
esaltanti. Le parole sono diventate fatti concreti. Tutto il progetto è
stato costruito con persone preparate, luoghi, materiali e attrezzature
scelti con cura ed eseguiti con professionalità, a cominciare dalla
costruzione de La torta in cielo da parte della scuola pasticcieri e
panificatori.
L’asse portante del progetto Sulle strade di Rodari è un’idea semplice e
geniale al tempo stesso: trasformare le letture dei testi rodariani in
esperienza di vita, fatta di incontri, confronti, spettacoli, teatro, musica.
Le “favole” di Rodari hanno una particolarità unica: incuriosiscono,
attraggono, divertono, fanno sorridere ma, al tempo stesso, inducono
a pensare. Il lettore-ascoltatore delle favole di Rodari, sia esso bambino
sia esso adulto, non resta mai estraneo o indifferente. Segue lo sviluppo
della storia, del racconto, della “favola” e, sin dalle prime battute,
avverte di essere di fronte a una situazione problematica, a volte
paradossale, a prima vista assurda, ma per quanto inverosimile possa
apparire, è sempre e comunque possibile, razionalmente sostenibile.
Le favole (lunghe e corte) di Rodari sono geniali perché semplici,
rapide, leggere, intriganti, assolutamente innovative rispetto alla
tradizione perché fondate e sviluppate sul pensiero divergente.
Fantasia e ragione camminano sempre insieme nelle “favole” di
Rodari, inducono a fare ipotesi, lasciano sognare, ma allo stesso tempo
inducono a riflettere e pensare, a guardarsi intorno, a scoprire quanto
varia e complessa è la società.
“Favolosa”, ancora una volta perché semplice, quasi lapalissiana, l’idea
delle 60 biblioteche coinvolte nel progetto, che diventano le fermate
del “filobus 75”.
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Nel racconto di Rodari il filobus 75 (un filobus vero: collega il quartiere
di Monteverde, dove abitava Rodari, attraversa il Centro Storico e
raggiunge Piazza Indipendenza, a due passi dalla stazione Termini e
dalla sede di “Paese Sera”, il giornale per cui lavorava Rodari) decide
di andare nel senso opposto al suo percorso abituale e porta i passeggeri
fuori città, non al centro della città, ma verso la campagna. È una storia
bizzarra, stravagante di primo acchito. Eppure coglie un aspetto della
vita umana, un’idea coltivata in segreto, messa a tacere dal “trantran”
della vita quotidiana.
Chissà quanti impiegati, commessi, operai, la mattina si alzano,
prendono l’autobus, la macchina, la moto o il treno per andare al
lavoro, e magari inconsciamente sognano di trascorrere una giornata
completamente diversa, lontana dal “trantran” quotidiano, fatto delle
solite cose (casa - autobus - ufficio/fabbrica/azienda) e viceversa.
Ecco che, con una semplice inversione di marcia, il filobus realizza il
sogno di quanti pensano a una giornata diversa, desiderata in segreto,
ma mai provata, vissuta realmente, realizzata.
Ci pensa il filobus a esaudire il desiderio a lungo coltivato e tenuto
nascosto dentro di sé. Non è meraviglioso? È una favola, certo, ma è
una favola che dà voce a desideri inconsci, sempre inseguiti in segreto
e mai realizzati.
E che dire delle biblioteche, magari poco frequentate, appartate,
silenziose, che vedono arrivare un sol giorno frotte di lettori, di
bambine e bambini, ragazze e ragazzi, mai visti prima tutti insieme?
Finalmente anche le biblioteche vedono avverarsi il loro sogno: avere
le sale stracolme di gente che vuole leggere. È un giorno di festa anche
per loro. Un sogno che si avvera.
Col progetto Sulle strade di Rodari, tutto ciò è in buona parte avvenuto.
Accanto a questa serie di attività artistiche e itineranti, ne sono state
realizzate altre, di segno diverso ma complementari, rivolte a far
conoscere la personalità, la vita, le opere, le idee di Rodari scrittore,
poeta e intellettuale.
Protagonisti di queste altre iniziative (conferenze, incontri, laboratori)
sono stati alcuni docenti dell’Università di Udine, “rodarologi”, esperti
di letteratura per l’infanzia, associazioni di insegnanti (Mce e Cidi) che
hanno fatto proprio il messaggio “pedagogico” di Rodari.
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Le ricorrenze con relativi festeggiamenti in occasione di anniversari,
si sa, si rivelano, il più delle volte, occasioni mancate, perché sfociano
nella retorica e lasciano, perciò, un po’ di amaro in bocca.
Per l’anniversario di Rodari, tutte le iniziative realizzate in Italia, tra il
2010 e la prima metà del 2011, invece, hanno avuto un esito diverso:
hanno riscosso successo e apprezzamenti perché sono state pensate e
realizzate all’insegna della concretezza, fuori da ogni retorica. Segno
che le idee di Rodari hanno lasciato il segno anche tra i lettori adulti
perché quanto mai attuali in Italia e all’estero. È il destino che tocca solo
ai “classici”: travalicare le barriere del tempo e dello spazio. Rodari,
per dirla tutta è un classico ed è uno degli scrittori italiani del
Novecento più tradotti all’estero.
Qualche anno fa, in un convegno dedicato a Rodari in una biblioteca
di Palermo, un relatore esordì dicendo che avrebbe affrontato il
concetto di “divertimento” nel pensiero di Rodari e Don Milani. Il
pubblico, composto prevalentemente da insegnanti e dirigenti
scolastici, restò alquanto sorpreso e non mancò certo chi pensò, tra sé
e sé, «certamente una didattica che si richiama a Rodari può essere
divertente, ma una scuola che si richiami alle idee di Don Milani ha
poca attinenza con il divertimento. Don Milani era severo prima di
tutto con se stesso e poi con i propri allievi».
Il relatore, professore di linguistica all’università di Palermo, in realtà
giocò sul concetto di “passione” e “divertimento” sostenendo che
qualsiasi attività, svolta con passione, diventa divertimento, è anche
fatica, certamente, ma fatica che provoca soddisfazione e gioia, che
aiuta a costruire un concetto positivo di sé. Se nella scuola si
organizzano attività formative culturalmente solide, certamente scatta
la passione, la voglia di fare e di apprendere, e tutto diventa divertente
nel senso sopra detto.
Se poi alle attività delle scuole si accompagnano iniziative come questa
promossa da Damatrà, nel nome di Rodari, c’è speranza che… i
rapporti tra scuola e territorio (enti locali e associazioni culturali, in
primo luogo) possano migliorare sempre più con reciproco vantaggio.
Una cosa è, comunque, certa. Da esperienze di questo tipo se ne esce
arricchiti sul piano umano, culturale e sociale, e... con la voglia di…
continuare.
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1. n. 18 del 18 maggio 1954.
2. cfr. Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia Unita, Laterza editore, 1a edizione
1963, 2a edizione riveduta, aggiornata e ampliata 1970 e successive.
3. n. 10 ottobre 1964.
4. cfr. box, pag. 7.
5. cfr. Tullio De Mauro, cit.
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Gianni era un bambino
con lo sguardo serio
e i pensieri allegri.
Sentiva il profumo del pane
e la sveglia nella notte,
il suo primo gatto
e la pioggia forte.
[parole: Silvia 9 anni
disegno: Nicoletta 8 anni]
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C’ERA QUATTRO VOLTE GIANNI RODARI
Storie, vita, pensieri e figure
Silvana Sola [Giannino Stoppani Cooperativa Culturale / Bologna]
Ci sono molti modi per entrare nel mondo delle storie di Gianni
Rodari. Ci sono molti modi per ricordarlo: attraverso i testi che lui ha
scritto, le immagini che le sue parole hanno suggerito ad illustratori
sparsi per il mondo, le musiche nate nel confronto con la sua poetica,
le riflessioni giornalistiche frutto di anni di intenso rapporto con la carta
stampata, gli interventi di un intellettuale che aveva a cuore il suo paese.
Ma chi era Gianni Rodari?
Era un maestro?
Era uno scrittore?
Era un paroliere?
Era un pedagogo?
Era un giornalista?
Era un inventore?
In uno dei suoi bellissimi romanzi ci racconta di un barone che, da
vecchio e ammalato, riprende energia e torna ragazzino: il titolo del
libro è C’era due volte il Barone Lamberto.
Noi potremmo affermare, senza possibilità di smentita, che c’era
quattro volte Gianni Rodari, e forse anche di più.
C’era una volta, ad Omegna, sul lago d’Orta, un bambino e un padre
fornaio.
Il bambino si chiamava Gianni, amava vedere entrare il pane a cuocere
nel forno e amava suo padre. Purtroppo il padre morì presto e Gianni
versò molte lacrime. Si trasferì con la mamma Maddalena e il fratello
a Gavirate, andò a scuola e per potere proseguire gli studi entrò in
seminario, poi frequentò le magistrali e diventò, giovanissimo, maestro.
Insegnò per poco tempo, ma dichiara di essersi divertito moltissimo
con i bambini delle sue classi. Gli piaceva più di tutto ascoltarli e faceva
tesoro delle loro parole che, nel tempo, sarebbero poi diventate i motori
delle sue storie.
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C’era due volte Gianni Rodari.
Un giovane uomo che amava leggere e adorava scrivere.
Leggeva in modo appassionato il tedesco che aveva imparato durante
il suo lavoro di precettore presso una famiglia ebrea di lingua tedesca.
Scriveva per i giornali in giro per un’Europa che aveva confini diversi
dall’oggi, raccoglieva parole e le legava assieme attraverso il gioco della
rima nelle filastrocche per bambini. Scriveva canzoni e poesie.
Racconti lunghi e corti, fiabe.
Amava la geografia e le sue storie si muovono su una carta geografica
che ci permette di incontrare il signor di Spilamberto, che dormiva con
un occhio chiuso e uno aperto, la signora di Rovigo che metteva le
scarpe del marito dentro al frigo, la mucca di Vipiteno che mangiava
l’arcobaleno o il giovane di Verona che si era innamorato di una gallina
faraona, i brevi racconti che ritroviamo ne Il gioco dei quattro cantoni.
Lui, Gianni, viveva a Roma e andava spesso ad incontrare i bambini
nelle scuole. Un giorno conobbe una bravissima maestra, molto
simpatica, che guidava un’automobile rossa e insegnava in una classe
di ragazzini pieni di fantasia. In quella classe, nella scuola elementare
Carlo Collodi di una borgata romana chiamata Trullo, naque la storia
del libro La torta in cielo.
Rodari aveva un grande rispetto dei bambini, dei loro pensieri, delle
loro storie.
C’era tre volte Gianni Rodari.
Un padre e un marito amorevole, un uomo adulto che continuava a
leggere e a scrivere, che si interrogava sulla vita civile, che interveniva
nel dibattito culturale, che incontrava maestre e maestri, che ideava
manuali di Fantastica, che metteva i suoi pensieri in un libro
importantissimo dal titolo la Grammatica della Fantasia, nato
dall’esperienza di un corso di aggiornamento per insegnanti fatto
nell’ex palestra dei pompieri di Reggio Emilia.
Vinse molti premi per il suo lavoro: uno importantissimo, l’Andersen
Award, lo mise a fianco dei più grandi scrittori per ragazzi del mondo.
Era il 1970. Poi gli conferirono altre medaglie che non sempre amava
indossare.
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C’era quattro volte Gianni Rodari.
Gianni Rodari non c’è più. È morto, non ancora sessantenne, per
quello che doveva essere un intervento chirurgico di routine.
Era il 1980. Sono trascorsi tanti anni da quel giorno di primavera e noi
lo possiamo ricordare attraverso i molti libri pubblicati in tante lingue
diverse.
Dal cinese al russo, catalano, castigliano, galiziano e basco, estone e
lettone, greco e slovacco, giapponese e tedesco, francese e vietnamita,
inglese e turco, ma anche in persiano e in lingua jacuta, una lingua
parlata solo nella Siberia orientale.
Non sono invecchiate le storie di Gianni Rodari anche se, a volte,
usano parole lontane dal linguaggio dei nostri giorni. Sono storie che
invitano a sorridere, a riflettere, a pensare, a leggere e a guardare.
Sono le parole di uno scrittore “civile” capaci di far sorridere,
emozionare, riflettere, immaginare.
C’era quattro volte Gianni Rodari e forse anche di più:
C’è un quinto Gianni Rodari, quello che scriveva storie pensate per
essere illustrate, che immaginava che accanto ai suoi scritti si
muovessero segni e disegni.
Dai rapporti stretti, di scambio diretto, con Bruno Munari che fece,
delle edizioni enaudiane degli inizi, dei libri capolavoro, raffinati esempi
di come la messa in pagina, la relazione tra parole e figure non siano
eventi casuali, ma felici esiti di un percorso condiviso.
E poi il sodalizio con Emanuele Luzzati che vede negli anni 70/80, in
casa Editori Riuniti, nuove immagini per le tante storie pensate da
Gianni Rodari.
Dalla sua morte ad oggi il numero di illustratori che hanno illustrato “il
favoloso” Gianni è incredibilmente cresciuto, in Italia e nel mondo.
Non potremmo citarli tutti, ma l’invito è quello di recuperare il Rodari
che porta la firma di Altan, poi gli interventi artistici di Alessandro
Sanna, quelli pittorici di Fulvio Testa e Vittoria Facchini, quelli
visionari di Vitali Konstantinov, Federico Delicado e Lars Aurtande,
gli appassionati omaggi di Beatrice Alemagna e, quelli animati di Paolo
Cardoni.
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I molti altri rimasti fuori dall’elenco possono essere scoperti guardando
con attenzione le pubblicazioni El, Emme. Einaudi Ragazzi o i
cataloghi delle mostre Rodari Fullcolor e La Grammatica delle figure.
I libri di Gianni Rodari sono occasioni di scoperta del piacere della
lettura, dell’ascolto e della visione, speciali opportunità perché, come
lui stesso ci suggerisce, non siamo nati per leggere, ma per crescere
lettori e se troviamo ponti percorribili possiamo raggiungere facilmente
le rive del fiume Leggere.
Brevi suggerimenti bibliografici:
- AaVv, Rodari Fullcolor, Giannino Stoppani, Bologna, 2009.
- AaVv, La grammatica delle figure, Editrice Compositori, Bologna,
2010.
- Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973.
- Gianni Rodari/Altan, C’era due volte il Barone Lamberto, Einaudi
Ragazzi, San Dorligo della Valle, 1997.
- Gianni Rodari/Altan, Il gioco dei quattro cantoni, Einaudi Ragazzi, San
Dorligo della Valle, 1995.
- Gianni Rodari/Vitali Konstantinov, Giacomo di Cristallo, Emme
Edizioni, San Dorligo della Valle, 2011.
- Gianni Rodari/Fulvio Testa, La strada che non portava in nessun posto,
Emme Edizioni, San Dorligo della Valle, 2010.
- Gianni Rodari/Federico Delicado, El cazador desafortunado, Gruppo
SM, Madrid, 2009.
Da ricercare in biblioteca:
- Patrizia Zagni, Rodari, collana n.100 “Il Castoro”, La Nuova Italia,
Firenze, 1975.
- Gianni Rodari, Il cane di Magonza, Editori Riuniti, Roma, 1982.
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Si nascondeva in cortile
per leggere i libri tristi
e poi mangiava
pane e cioccolata
e più leggeva
e più piangeva.
Gli piaceva leggere
e anche a me.
[parole: Alessandro 9 anni
disegno: Simone 9 anni]
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L’ATTUALITÀ DELLA SCRITTURA RODARIANA
Livio Sossi [Docente di Letteratura per l’infanzia Università degli Studi di Udine,
Università del Litorale di Capodistria]
Per comprendere il ruolo e l’importanza dell’opera di Gianni Rodari
nella storia della letteratura per ragazzi dobbiamo considerare alcuni
suoi testi critici: la sistemazione teorica del suo pensiero che troviamo
espressa nella fondamentale Grammatica della Fantasia, pubblicata per
la prima volta più di trent’anni fa, e successivamente negli Esercizi di
Fantasia e nei suoi Giochi in URSS scritti durante il suo viaggio in
Unione Sovietica.
Il punto di riferimento principale della Grammatica è Novalis, e in
particolare il seguente pensiero di Novalis: «L’arte di scrivere libri non
è ancora scoperta. Però è sul punto di essere trovata». Per Rodari i
Philosophische und andere Fragmente costituiranno l’illuminazione.
Nasce la “Fantastica” ovvero l’arte per l’appunto di narrare le storie.
Questo avviene ben prima che si affermi anche in Italia, con Franco
Gaudiano, con Giulio Mozzi e altri, la scrittura creativa.
Possiamo forse considerare alcune delle proposte rodariane, alcuni dei
procedimenti generativi di storie, proprio come anticipazioni degli
esercizi di scrittura creativa.
Nelle stesura della “Fantastica” Rodari si avvarrà delle ricerche dei
linguisti. Dagli Elementi di linguistica generale di Martinet sulle
articolazioni del linguaggio (L’originalità del pensiero non si può
manifestare che in una disposizione inattesa delle novità che, con
l’esercizio, - dirà Rodari - può essere provocata) agli studi di Roman
Jakobson sulle funzioni del linguaggio (conativa, fàtica, referenziale,
metalinguistica, ecc.), alle ricerche della semeiotica (Rodari lesse ed
apprezzò il saggio Le forme del contenuto di Umberto Eco).
Svilupperà e applicherà nei suoi testi per ragazzi il concetto di
straniamento elaborato da Victor Sklovskji e dai formalisti russi, e si
servirà del surrealismo, in particolare della poesia surrealista francese:
Breton e Queneau (Esercizi di stile).
Siamo nel 1938. Rodari insegna nella scuola elementare di Gavriate e
in centri vicini. Legge il numero di “Prospettive” dedicato al
surrealismo e uscito nel gennaio del 1940.
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Il fascicolo si apriva con uno scritto del direttore Curzio Malaparte, in
cui si elencavano alcuni procedimenti tipici del surrealismo come la
scrittura automatica, l’analogia verbale, la scomposizione e
l’associazione fortuita di parole, la creazione di nuovi rapporti tra
parole. Al surrealismo si ricollega anche il poeta Alfonso Gatto, che fu
il grande Maestro di Rodari. Si legga ad esempio:
«Passeggiando nel sonno
Il nonno è andato a Onno
Per ragioni di rima»1
Qui troviamo un bellissimo esempio di scarto iniziale applicato al
nonsense. Ma il collegamento tra Gatto e Rodari non riguarda solo gli
aspetti formali della lingua e l’impiego dei giochi di parole, ma anche
i contenuti: quell’impegno civile che attraverserà l’intera produzione
rodariana e che Gatto introduce per la prima volta nella poesia per i
bambini, dopo il ripiegamento intimistico di derivazione pascoliano crepuscolare di Arpalice Cuman Pertile, di Renzo Pezzani, di Zietta
Liù. Un’attenzione per i temi emergenti della realtà quotidiana, il
lavoro, lo sfruttamento, le ingiustizie sociali, la solidarietà, l’incontro
con l’altro, la pace. Lo stesso Rodari dichiara a proposito di Gatto: «il
poeta vuole parlare al bambino delle cose di ogni giorno, del
disoccupato, dei morti di Modena, del mondo vero, non di un mondo,
anzi di un mini-mondo di convenzione».
Si confrontino ad esempio gli incipit dei “Girotondi” dei due poeti,
accomunati dal tema dell’accoglienza dell’altro, del diverso:
In Gatto:
Girotondo
«Ho preso tutti i bambini per mano
andiamo in corsa per la città.
Alto più alto, nano più nano,
evviva evviva la libertà!»
In Rodari:
Girotondo di tutto il mondo
«Filastrocca per tutti i bambini
per gli italiani e per gli abissini,
per i russi e per gli inglesi,
gli americani ed i francesi».
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Le tecniche di derivazione surrealista costituiranno l’asse ovvero la
struttura portante della “Grammatica della Fantasia” e insieme della
poetica rodariana, perché in ultima istanza la Fantastica è la
dichiarazione della poetica di Gianni Rodari.
Si prenda ad esempio in considerazione l’accostamento fortuito,
casuale, fra due termini: un gioco che i surrealisti chiamavano jeux du
petit papiers, gioco delle piccole carte, e che rientrava nei giochi letterari
affidati al caso. Ne ritroviamo la spiegazione e la proposta nel bel saggio
di Jacques Charpentreau Le mystére en fleure. Les enfants et
l’apprentissage de la poesie del 19792.
La definizione è quella riportata da André Breton e Paul Eluard nel
Dictionnaire abrégé du surréalisme del 1938:
«Jeu de papier plié qui consiste à faire composer una phrase ou un dessin
par plusieurs personnes, sans qu’aucune d’elles puisse tenir compte de la
collaboration ou des collaborations précédentes».
Rodari stesso ne spiega la personale applicazione nell’auto-intervista
stesa tra il 1967 e il 1968:
«Facevo il maestro elementare. Mandavo due ragazzi alla lavagna, uno
davanti l’altro di dietro. Ciascuno dei due a insaputa dell’altro doveva
scrivere sulla lavagna una parola qualunque. Il gioco consisteva nel
fatto che io avrei inventato una storia combinando quelle due parole.
“Pianta” e “pantofole”, o “orologio” diventava: la pianta delle
pantofole, la pianta degli orologi».
Da questo “duello di parole” come lo chiamava Rodari, nasce il
binomio fantastico: accostamento insolito tra due parole estranee ovvero
appartenenti a campi semantici lontani tra loro, che mette in moto
l’immaginazione e che costituisce un insieme fantastico in cui i due
elementi estranei possono convivere e generare una storia.
Perciò - conclude Rodari - è bene scegliere il binomio fantastico con
l’aiuto del caso.
Descrive il metodo nel quarto capitolo della sua Grammatica.
Si tratta di prendere due parole a caso e di collegarle tra loro attraverso
una preposizione articolata. Come esempio, Rodari prende le parole
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“cane” e “armadio”. Collegandole con la preposizione si ottiene:
«il cane nell’armadio
il cane con l’armadio
il cane sull’armadio
l’armadio del cane».
Queste situazioni ci offrono lo spunto per una serie di ipotesi
fantastiche che daranno origine ad altrettante storie. Nella scelta del
binomio è necessario che tra le due parole vi sia una certa distanza
semantica in modo da attivare quello che Max Ernst definiva
“spaesamento sistematico” e da ottenere l’effetto di “straniamento”
descritto dal semiologo russo Victor Sklovskij. Solo così si favorisce il
processo di immaginazione. Il diagramma di flusso proposto da Rodari
nel volume postumo Esercizi di fantastica evidenzia il percorso3.
Negli anni ’80 dello scorso secolo, un altro poeta italiano, Roberto
Piumini, elaborerà il concetto di cortocircuito semantico che possiamo
per certi versi ricondurre al binomio fantastico rodariano. «Il poeta dirà Piumini - è un “pirata del senso” che stabilisce tra le parole un
corto circuito semantico capace di suscitare nel lettore una vorticosa
cavalcata di immagini». Non è più la scelta casuale delle parole, bensì
l’accostamento consapevole e inedito delle parole da cui scaturisce
l’immagine poetica. La costruzione della macchina narrativa de La torta
in cielo (1966) si avvale della tecnica del binomio fantastico.
Sempre Rodari su “Paese Sera” ritornerà sull’argomento.
«Si prendano due parole a caso dal vocabolario o da qualsiasi altro testo
stampato, facendo ben attenzione a non introdurre alcun elemento
volontario nella scelta…, si gettino ora le due parole una contro l’altra
e si osservino le varie combinazioni… Prima o poi le due parole non
mancheranno di disporsi in modo da fornire l’immagine iniziale, il
nucleo della favola…»
In un altro libro di Rodari, Il Pianeta degli alberi di Natale, leggiamo:
«Su quel pianeta hanno inventato un gioco che si chiama “duello di
parole”. A impararlo ci vuole poco.
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Uno dice una parola, per esempio “pianta”.
Il secondo ne dice un’altra, per esempio “gatti”.
Il terzo le mette insieme e inventa “la pianta dei gatti”.»
Molte delle poesie e delle filastrocche rodariane nascono in questo
modo. È il caso ad esempio de “La mucca di Vipiteno”: «una mucca
di Vipiteno aveva mangiato l’arcobaleno». (mucca/arcobaleno).
Penso ancora ai Viaggi di Giovannino Perdigiorno che Rodari stesso
definiva un “trattatello di merceologia fantastica”, con i suoi uomini di
zucchero, con il pianeta di cioccolato, con gli uomini-nuvole e gli
uomini di tabacco, il paese senza sonno e il paese del nì, o il paese senza
errore. Rodari elabora così il concetto di scrittura e di poesia ludica, di
poesia come gioco soggetto a regole, il giocattolo poetico rodariano.
Ed è a questo concetto di scrittura ludica che si può ricondurre molta
della produzione letteraria contemporanea per l’infanzia.
«Ha senso giocare con le parole?» si chiede Tullio De Mauro a
proposito della scrittura di Rodari. «E che senso ha?» E risponde:
«Giocare con le parole ci serve a non subire il mondo così come è, a
immaginarlo diverso. […] Ci prepara a intervenire sulle cose per
cambiarle, se vorremmo, e a capire meglio le cose e le parole così come
sono, per prepararci a trasformarle»4. Ma qui entriamo già
nell’ideologia dell’autore, nella prospettiva antropologico-politica della
fantasia rilevata da Franco Cambi e che esamineremo più avanti.
Scriverà Rodari in merito a questa sua produzione poetica:
«Non le ho mai chiamate poesie, ma filastrocche. Semmai poesie per
ridere o poesie per sbaglio… mi dichiaro un fabbricante di giocattoli,
di giochi con le parole e con le immagini. Ho utilizzato certi poeti che
amo, da Palazzeschi ai surrealisti, perché mi fornivano un linguaggio
così vicino a quello della poesia popolare e così rivoluzionario che
l’accostamento doveva per forza riuscire a qualche effetto
sorprendente».
La forza innovativa della poetica rodariana, l’attualità della sua scrittura
poetica sta proprio in questo concetto di poesia come gioco, e nella
raccolta, forse una delle più interessanti, Parole per giocare, edita nel
1979 da Manzuoli di Firenze nella Biblioteca di Lavoro diretta da
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Mario Lodi. In particolare in uno dei componimenti di “Parole per
giocare” troviamo espressa poi la concezione rodariana della letteratura
e della scrittura: Lo scrittore che intende rivolgersi ai bambini deve
avere un “orecchio acerbo”.
«Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo
vidi salire un uomo con un orecchio acerbo.
Non era tanto giovane, anzi era maturato,
tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era restato. […]
«Signore, gli dissi dunque, lei ha una certa età,
di quell’orecchio verde che cosa se ne fa?»
Rispose gentilmente: «Dica pure che sono vecchio.
Di giovane mi è rimasto soltanto quest’orecchio.
È un orecchio bambino, mi serve per capire
le voci che i grandi non stanno mai a sentire:
ascolto quello che dicono gli alberi, gli uccelli,
le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli,
capisco anche i bambini quando dicono cose
che a un orecchio maturo sembrano misteriose…»
Così disse il signore con un orecchio acerbo
Quel giorno sul diretto Capranica-Viterbo5.»
In questo componimento è espressa meravigliosamente tutta la poetica
rodariana. Scrivere per ragazzi richiede di avere un orecchio acerbo, un
orecchio bambino, che vuol dire aver conservato lo spirito dell’infanzia
dentro di sé. Che vuol dire osservare il mondo e le cose così come le
vede un bambino, ma restando adulto, con tutta l’esperienza di vita
acquisita e maturata nel corso degli anni. E «conservare lo spirito
dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita - scrive Bruno Munari - vuol
dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia
di comunicare»6.
Avere un orecchio acerbo vuol dire avere la capacità di ascoltare, non
solo di sentire, le voci che ci circondano, quelle che per l’appunto “i
grandi non stanno mai a sentire”.
Vuol dire ascoltare le voci e le parole dei bambini.
Il mio amico Alfredo Stoppa, uno dei più autorevoli scrittori
contemporanei per ragazzi, ricollegandosi a quanto scriveva Rodari,
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afferma: «Uno scrittore per ragazzi deve avere grandi orecchie per
ascoltare, grandi occhi per vedere, un grande cuore per raccontare”.
“Bisogna - scrive ancora Stoppa - smettere di pensare da grandi e
limitarsi ad ascoltare i bambini»7.
Tutta la migliore letteratura per ragazzi, a partire dagli inizi degli anni
’80 dello scorso secolo abbraccia la poetica rodariana dell’ “orecchio
acerbo”. Da una prospettiva adulto centrica, in cui lo scrittore si
preoccupava di trasmettere soprattutto norme comportamentali e
sociali e rispondeva ai problemi e agli interrogativi dei ragazzi da
un’ottica adulta, secondo un modello educativo eterodirezionale, si
passa a una prospettiva puerocentrica che vede il bambino al centro
dell’azione educativa secondo un modello autodirezionale. Si scrive
mettendosi nei panni di un bambino, di un ragazzo, di un
preadolescente8. Si scrive rinunciando a trasmettere a ogni costo una
morale. Perché come ricorda Bianca Pitzorno:
«Un romanzo non è una predica domenicale costruita attorno a un
esempio di comportamento. Giusto o sbagliato. Un romanzo racconta
la vita, anche con tutti i suoi errori e tutte le sue contraddizioni».
Chi scrive per ragazzi deve dunque conoscere il mondo del bambino
e quello del preadolescente o dell’adolescente. Non si può scrivere di
ciò che non si conosce.
C’è ancora un elemento della poetica rodariana che si collega alla realtà
del bambino e su cui è necessario soffermarsi perché è stato ripreso e
sviluppato da molti scrittori contemporanei: è l’anticonformismo,
l’importanza di contrastare il trantran. «Il bambino - scrive Rodari - è
anticonformista. Rifiuta istintivamente di prestare obbedienza cieca,
pronta e assoluta a certe leggi del comportamento che gli vengono
imposte sulla base della pura autorità, io mi rifiuto di insegnargli ad
essere obbediente. Anzi, ho fatto anche una favola su un gambero che,
disubbidendo ai suoi genitori, vuole imparare - e impara - a camminare
avanti anziché indietro». Non posso non collegare il pensiero di Rodari
ancora una volta ad Alfonso Gatto:
«Non date retta al re,
non date retta a me […]
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Non date retta al saggio
al maestro del villaggio
al maestro delle città
a chi vi dice che sa […]»
Ma anche al “Discorso” del pedagogista libertario Marcello Bernardi9:
«[…] Se ti dicono Obbedisci, non temere:
Tu potrai fare un mondo senza padroni […]
Non credere a chi ti comanda, a chi ti punisce,
a chi ti ammaestra, a chi ti insulta, a chi ti deride […]
essi non sanno che tu sei ancora un uomo libero».
Oggi molta letteratura per l’infanzia segue questa strada: è
anticonformista e trasgressiva o sovversiva.
Scrive in merito Alison Lurie: «La maggioranza delle grandi opere per
ragazzi sono, in un modo o nell’altro sovversive10; esprimono idee ed
emozioni che all’epoca di norma non erano né approvate né
riconosciute»11.
Osserva Tullio De Mauro: «la polemica contro il tran-tran e contro il
conformismo era per lui (Rodari) un momento per arrivare a un più
alto, più libero e ricco conformarsi ai diritti che ci portiamo dentro, di
vivere, di ragionare, di essere felici»12.
Ed è proprio questo fondamentale aspetto del pensiero rodariano che
Maria Luigia Bigiaretti, insegnante della figlia di Rodari, Paola, a
Roma, sceglie come titolo per il suo saggio testimonianza pubblicato da
Nuove Edizioni Romane: La Scuola Anti tran-tran, un documento
straordinario sulla sua esperienza di docente che molti giovani
insegnanti farebbero bene a leggere e a meditare13.
All’anticorformismo si richiama tra gli altri Fabian Negrin in Occhiopin
nel Paese dei bei Occhi14, rivisitazione del Pinocchio collodiano di cui
Negrin critica proprio il conformismo. La domanda da cui parte
l’autore è: Che cosa volevano fare di Pinocchio, Geppetto, la fata
turchina e il grillo parlante? La risposta è: volevano farlo diventare un
bambino conformista, un bambino che sapesse accettare le regole
imposte dal mondo adulto. Negrin rovescia l’assunto collodiano e ci
racconta l’evasione. L’evasione dai luoghi comuni, dal tran-tran
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quotidiano, dalla monotonia e dal brutto, per riaffermare l’importanza
della creatività e del pensiero critico.
Abbiamo visto come Rodari indaghi le infinite possibilità del
linguaggio, quelle stesse possibilità che vengono esplorate a partire dal
1960 dal gruppo dell’OULIPO, l’Ouvroir de Littérature Potentielle,
fondato in Francia da Raymond Queneau, Jean Lescure, Fracois Le
Lionnais, e a cui aderirono anche Georges Perec e, tra gli italiani,
Umberto Eco e Italo Calvino.
Proprio alcune opere di Calvino, penso ad esempio a Se una notte
d’inverno un viaggiatore, ispirato tra l’altro ai quadrati semiotici di
Greimas, sono dichiaratamente oulipiane.
Vediamo di considerare ora le caratteristiche della scrittura poetica
rodariana che si possono così sintetizzare:
- recupero dell’oralità, in particolare delle filastrocche popolari,
delle ninne nanne, delle conte, dei proverbi, dei nonsense che
“da sempre accompagnano certi giochi tra adulto e bambino”
- uso di espressioni dialettali, ad esempio la ridondanza
pronominale (il famoso “a me mi”) e il “che” polivalente; uso
di espressioni gergali [Oggi vengono utilizzati tantissimo dagli
autori per ragazzi: penso a Chiara Rapaccini, a Luciano
Comida, a ad Angela Nanetti]
- costrutti derivati dal parlato dei bambini
- allitterazioni
- tecniche di straniamento come l’associazione di significati e
referenti diversi a uno stesso termine.
Uno dei più noti esempi di questa tecnica di straniamento ce lo fornisce
lo stesso Rodari:
«La palma della mano i datteri non fa.
Sulla pianta del piede chi si arrampicherà?...»
Non solo. Come ha puntualizzato Antonio Faeti, Rodari imposta e
compone tutti questi ingredienti attingendo alla televisione, al cinema,
al mondo della tecnologia e della pubblicità.
Gioca, Rodari, con l’ironia, con lo sberleffo. Usa la parodia sui modi
di dire, la metafora e il paradosso. Crea - come scrive Franco Cambi 28
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atmosfere fantastiche, stralunate, surreali. Si accosta al nonsense e alle
nursery rhymes inglesi e denuncia lo scarso interesse in Italia per la rima
di matrice popolare. Scrive egli stesso limericks e, cogliendone la
valenza didattica, li propone ai docenti nella sua Grammatica della
fantasia. Con Rodari il limerick entra dunque nelle scuole italiane
contribuendo a un diverso approccio al linguaggio poetico e al “fare
poesia” in classe. Ecco un limerick di Gianni Rodari:
«Un celebre zoologo di Thiene
mangiò sessanta rane e stava bene.
- Stavi meglio - una rana brontolò
se mangiavi tua nonna di un bel po’,
o ranofago zoologo di Thiene».
Rispetto alla struttura tradizionale inglese proposta da Edward Lear,
vediamo che Rodari introduce alcune varianti, come la scelta di un
mestiere o di una professione (zoologo) nel primo verso: una delle
possibili alternative alla struttura originaria.
Ebbene, se guardiamo alla poesia e alla scrittura contemporanea per
l’infanzia degli ultimi trent’anni, dalla scomparsa di Rodari (1980) a
oggi, ritroviamo proprio tutto questo. Non solo la sua scrittura - come
osserva Francesca Califano - non ha perso attualità e significatività,
ma diventa, per i suoi valori e per i suoi contenuti, necessaria più che
utile ancora oggi15. E Manuela Salvi, scrittrice, attenta studiosa di
letteratura giovanile e responsabile di un importante e seguito sito
Internet, editoriaragazzi.com, mette “Tutto Gianni Rodari” tra i libri
“senza cui non potrei vivere”16.
L’oralità delle filastrocche viene ripresa da Nico Orengo in A Ulì Ulè
e successivamente in Canzonette, e più recentemente da molti altri
autori fra cui Massimo Montanari, Massimiliano Maiucchi, Giuseppe
Marasco. I proverbi vengono sviluppati da Stefano e Gualtiero
Bordiglioni in Ambasciator non porta pena17, da Nicoletta Codignola in
Il gallo e la gallina. Non c’è rosa senza spina18 e da Dino Ticli che,
giocando con le parole, prendendo tre proverbi alla lettera, e
distorcendone in parte o in tutto il reale messaggio e significato, scrive
altrettante divertenti commedie pubblicate in Proverbi in scena19.
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L’utilizzo del linguaggio della pubblicità di cui s’è detto viene ripreso e
sviluppato da Luigi Grossi in Giocare con le parole/Giocare con le fiabe20.
Grossi gioca con le marche dei dentifrici (Chlororont, Acquaftresch,
Cetol/Squibb, Tau-marin, Cepacol/Colgate con Gardol…) e con
quelle delle automobili e si diverte a rovesciare il mondo utilizzando i
contrari non solo dei nomi, ma anche degli aggettivi e degli avverbi in
un componimento che mostra chiaramente la matrice rodariana:
«Se alla rovescia andasse il mondo,
chi è quadrato sarebbe tondo,
chi è tondo sarebbe quadrato,
chi è sano sarebbe malato (…)»
Giuseppe Pontremoli e Guido Quarzo, rispettivamente in Rabbia
Birabbia e in Pocosenso rivisitano i limericks. Lo fa anche, attingendo a
spunti di vita quotidiana, lo scrittore monfalconese Sergio Bozzi
recentemente scomparso:
«C’era un nonno di Turriaco
sempre brillo ed ubriaco
e brillava in modo tale
che la Giunta Comunale
lo nominò fanale.»21
Anche i cambi o sostituzioni di lettera, dovuti magari a un piccolo
errore, sono stati utilizzati da Rodari come punto di riferimento per le
sue narrazioni. Il libro degli errori ne contiene numerosi esempi, come
quel Viaggio in Lamponia, «un paese dolcissimo che sa di marmellata e
di sciroppo e somiglia un pochino, ma non troppo, alla Lapponia
propriamente detta». Anche Antonio Porta nei suoi componimenti22 si
avvale delle sostituzioni di lettere:
«luna di lana
lana di luna (…)»
Oggi gran parte della poesia rivolta ai ragazzi è una poesia ludica, una
poesia che nasce dal giocattolo poetico rodariano. Donatella Farella,
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bibliotecaria di Mesagne, nella sua raccolta di filastrocche sulla
maternità Mamma aquilone sognava un pancione23 riprende il ritmo
delle filastrocche rodariane. Si veda ad esempio la Filastrocca
impertinente:
«Filastrocca impertinente
della zebra che dice al serpente
“se vorrai essere ammirato
corri veloce a perdifiato!”
Dice il serpente: “Posso solo strisciare
ma sopra un albero posso arrivare.
Sai cosa penso? Lo dico a te:
ognuno è speciale così com’è!»
E a una comune matrice rodariana si possono ricondurre anche i
Pasticci di parole dello scrittore coriglianese Giuseppe Marasco; e le
filastrocche de Il gallo canta in rima di Fabio Grimaldi i cui versi “fatti
apposta per giocare” hanno affascinato e divertito Guido Quarzo; e
quelle di Ivana Marangon, di Raffaella Castagna e di Chiara
Lorenzoni24.
Anche Roberto Piumini, che si proclama “non rodariano” perché la sua
poetica fonosimbolista non ha la tensione e lo spessore civile, sociale e
pedagogico di Rodari, costruisce “giocattoli di parole” come ha bene
osservato Ferdinando Rotondo. Si confronti ad esempio il seguente
componimento di Piumini in C’era un bambino profumato di latte:
«Se i libri fossero di torrone
ne leggerei uno a colazione.
Se un libro fosse fatto di prosciutto
a mezzogiorno lo leggerei tutto…»
con Rodari che scriveva:
«Se Gianduia diventasse
ministro dello Stato
farebbe le case di zucchero
con la porta di cioccolato…»
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Ma si può riscontare una certa analogia anche nell’elaborazione del
concetto di “parola piena” che, forse casualmente, possiamo ritrovare
in entrambi gli autori.
Scriveva Rodari in “I bambini e la poesia”: «Quello che importa è dare
ai bambini parole vere (la sottolineatura è nostra), non suoni superflui
da dimenticare immediatamente».
Parole vere. Cioè parole piene. Piene di senso.
Piumini ritornerà più volte su questo concetto di parola piena di senso,
di parola antropologicamente espressiva, che sa giocare con il suono.
Parola piena per contrastare la povertà dei codici linguistici e semantici
della comunicazione familiare. Ora ci pare che anche Rodari,
soprattutto nell’intervento appena citato, sostenga l’importanza di
questa sonorità delle parole.
Un bellissimo omaggio a Rodari e alle sue Favole al telefono ci viene da
Fabian Negrin che con un’originale operazione linguistico/letteraria,
scrive le sue tredici Favole al telefonino25 utilizzando ogni volta un
massimo di 160 caratteri tipografici, quanti sono appunto quelli
consentiti per gli sms che i ragazzi inviano dai loro cellulari. Ancora
una volta la scrittura diventa un gioco sottoposto a regole, un gioco
che richiede l’esplorazione del funzionamento e della struttura del
linguaggio per giungere a una perfetta sintesi narrativa. Ecco una
“favola” di Negrin contenuta in 160 battute:
«Nel bosco abitava 1 strega. TOC TOC! Chi è? Chiese. Sono il
diavolo. La strega aprì. BUH! Disse il bambino che si trovò davanti. E
lei morì dalla paura».
Le tecniche rodariane del binomio fantastico, del “che cosa accade
dopo”, del “cosa succederebbe se…” hanno poi anticipato alcune
proposte della scrittura creativa e oggi continuano a essere impiegate
sia dagli autori per ragazzi che dagli insegnanti.
Al “binomio fantastico” si possono ricondurre alcuni bestiari fantastici
come quelli di Pino Pace e di Alessio Marzaduri26. Dall’unione fra i
nomi di due animali o meglio prendendo la “testa” di uno e la “coda”
dell’altro, si ottengono nuovi animali, ovviamente inventati. Sono le
“parole valigia” o “parole baule” usate anche da Lewis Carroll in Alice
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attraverso lo specchio. Pino Pace in Bestiacce e più recentemente in
Univerzoo. Le avventure spaziali di Sam Colam e del professor Pico Pane27
descrive poi aspetti, abitudini e comportamenti di questi animali
fantastici: dove vivono, di che cosa si nutrono, quali sono i ma,
attraverso una brillante ironia ricca di iperboli narrative ci fanno
riflettere sui vizi e sulle manie dell’uomo. Un’operazione letteraria
analoga è quella che compie Alessio Marzaduri in Meccanimali28, ma
qui gli animali fantastici nascono dall’unione tra un animale e un
oggetto meccanico. Ritroviamo questo gioco letterario già in un
componimento di Christian Morgenstern, noto poeta tedesco nato a
Monaco di Baviera nel 1871 e morto a Merano nel 1914, tratto dalla
raccolta per bambini Galgendieder (“Canti patibolari”); componimento
che, per merito di Alfredo Stoppa responsabile delle Edizioni C’era
una volta… di Pordenone, possiamo leggere nel bell’albo illustrato da
Lisbeth Zwerger Il Grande Lalulà29 il componimento, che presenta
indubbie affinità con la letteratura inglese dell’assurdo, si intitola:
“Nuove creazioni proposte alla natura”. Eccone l’incipit:
«Il Passertoro
L’Ocammello
La Tortorupupa […]».
Altre due varianti del “binomio fantastico” sono il mosaico o “frullato
di titoli” proposto da Bianca Pitzorno30 e da Beniamino Sidoti31, e le
“storie con cinque parole” suggerito da Elisabetta Pertoldi e Virginia
Boldrini32. Mimmo Barba con Antonietta Ambrosiano e Attilio
Bonadies attingono al “binomio” e alle “ipotesi fantastiche” nel bel
saggio antologia I Quaderni della fantasia33.
Sebastiano Ruiz Mignone in Casa pelosa34 racconta cosa accade a
Cappuccetto Rosso dopo essere divorata dal lupo. Roberto Piumini
immagina il seguito di tre fiabe famose in E poi? E poi? E poi?35.
L’autore ripropone in prosa la finale di ciascuna fiaba; sceglie quindi
un elemento della fiaba (Le scarpette di cristallo di Cenerentola o gli
stivali del Gatto) per raccontarne in versi con lo straordinario ritmo
dei contastorie girovaghi, la continuazione.
All’operazione di continuazione si affiancano le proposte di modifica
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di attributi (I “Cappuccetti Verde, Giallo, Blu e Bianco” di Bruno
Munari e Maria Enrica Agostinelli; La brutta addormentata nel bosco di
Grégoire Solotareff36); e di rovesciamento dei ruoli e dei punti di vista
narrativi37. Lo scrittore greco Eugene Trivizas scrive I tre piccoli lupi e
il maiale cattivo in cui rovescia i ruoli dei buoni e dei cattivi38: sono i tre
teneri piccoli lupi dalla soffice pelliccia a dover stare attenti al Maiale
cattivo. Fabian Negrin, in In bocca al lupo39 riscrive la storia di
Cappuccetto Rosso “dalla parte del lupo”. Lo fa utilizzando la prima
persona (l’io narrante è il lupo stesso) per invitare i lettori “a non
ascoltare il suono di una sola campana, a ricercare sempre le ragioni
degli altri”, perché è fondamentale riflettere e far riflettere i bambini sui
luoghi comuni.
Si ispirano invece al “Cosa succederebbe se…” molti albi illustrati
costruiti appunto sulle ipotesi narrative. Edoardo Bardella Rampino
scrive Se fossi un gatto…40, un bell’albo illustrato dalle splendide
immagini di Matteo Gubellini. In ogni doppia tavola l’autore immagina
di essere un animale diverso e di utilizzare le caratteristiche che ciascun
animale possiede per scoprire il mondo che ci circonda.
L’incipit è lo stesso per ogni frase: “Se, come un…, (nome
dell’animale)”. Abbiamo ad esempio:
«Se, come una lumaca, potessi portare ovunque la mia casa,
girerei tutto quanto il mondo e potrei vedere i posti più lontani,
perché dappertutto avrei un tetto sicuro.»
Si collegano a questo filone anche tutti gli albi illustrati che prendono
spunto dai desideri dei bambini utilizzando spesso come incipit il
“vorrei”. Giovanna Zoboli, nel bellissimo albo illustrato da Simona
Mulazzani Vorrei avere41 presenta in ogni doppia pagina un desiderio
legato a un animale. Di ciascun animale sceglie una caratteristica fisica
o comportamentale che l’io narrante bambino vorrebbe avere e in
taluni casi immagina anche ciò che quella caratteristica consentirebbe
di fare. La scrittura della Zoboli è poetica e agisce soprattutto sui
sentimenti. L’incipit “Vorrei avere” che dà il titolo al libro, non viene
questa volta ripetuto bensì è considerato implicito:
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«Gli occhi del merlo per ogni erba che cresce nel campo.
I passi di piuma della tigre che fanno silenzio.
Il cuore veloce del topo quando scappa e scappa.»
Il desiderio dei bambini di possedere un cane, che spesso si manifesta
in pressanti richieste ai genitori, ci viene proposto in due albi illustrati,
per certi versi speculari, usciti quasi contemporaneamente e che
singolarmente presentano la stessa struttura narrativa. Si tratta di:
Amelia vuole un cane di Tim Bowley illustrato dal brasiliano André
Neves42 e di Un cucciolo tutto per me di Emma Dodd43. Nel primo albo
è una bambina che chiede un cane al padre, nel secondo, è un bambino
che lo chiede alla madre. Al rifiuto del genitore di prendere un cane, il
bambino risponde con una sequenza di altre proposte di animali
assolutamente impossibili da tenere in casa: elefanti, leoni, balene,
coccodrilli, ippopotami… Il genitore pazientemente spiega le ragioni
per cui questi animali non possono essere tenuti in casa. Ma i bambini
non mollano e ritornano all’attacco con insistenza. Gli autori giocano
sull’iperbole. Alla fine, il genitore esausto, cede alla richiesta iniziale
del bambino che ottiene la sua vittoria sull’adulto. Come scrive Tim
Bowley attribuendo il suo pensiero alla piccola Amelia: «A volte è molto
difficile convincere i grandi, ma alla fine, quasi sempre, si dimostrano
ragionevoli».
L’insalata di fiabe ci viene proposta invece da Fulvia Degl’Innocenti in
Il ranocchio principe44. Il ranocchio ridiventato principe dopo il bacio
della ragazza riparte a cavallo e incontra Biancaneve sdraiata “su un
letto di cristallo” e circondata dai sette nani. Di particolare interesse
perché scritto da un’autrice ungherese è Se io fossi grande…, proposto
in traduzione italiana da Bompiani nel lontano 1967 (l’edizione
ungherese è di due anni anteriore) con le illustrazioni di Réber Laszlò,
e ripreso recentemente da L’Omino Rosso di Pordenone con le nuove
illustrazioni di Sarolta Szuliovszky45.
«Se io fossi grande
Indosserei sempre scarpe di tela
Berrei due bicchieri d’acqua dopo la minestra
Per la strada camminerei all’indietro
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Accarezzerei tutti i gatti randagi
E probabilmente fischierei fortissimo…»
È interessante notare come i desideri dei bambini siano qui legati ai divieti
imposti dagli adulti (soprattutto dei genitori). Essere grande significa
dunque acquisire l’indipendenza e l’autonomia. È difficile supporre che
Rodari conoscesse il lavoro della scrittrice ungherese e viceversa. Si tratta
dunque della ricerca di nuova poetica e di una nuova pedagogia
centrata sul bambino - che sembra svilupparsi contemporaneamente
nei due Paesi e in tutta Europa. Non possiamo del resto dimenticare la
fondamentale opera di due pedagogisti dei Paesi dell’Est Europeo: il
polacco Janusz Korczak e il ceco Frantisek Bakulè, pionieri della
“nuova educazione”.
Una conferma di questa circolazione di idee che coinvolge anche il Sud
America, ci viene dallo splendido Rimario (un po’ al dritto e un po’ al
contrario) dello scrittore e poeta venezuelano Eduardo Polo,
pseudonimo di Eugenio Montejo46 che fin dal titolo evidenzia proprio
la volontà dell’autore di agire sugli aspetti ludici della lingua. È il mondo
alla rovescia che permette di ottenere testi fantastici, invertendo e
rovesciando le parole: un procedimento di cui si ritrovano tracce già nel
Medioevo e che viene impiegato tra gli altri anche dall’inglese Walter
De La Mare:
Il mondo a rovescio
«Vedere un macellaio uccidere un porco
non è cosa nuova
ma vedere una lepre rincorrere un cane
è davvero strano […]»47
Scrive lo stesso Montejo nella prefazione, immaginando che la
testimonianza provenga da Eduardo Polo, calligrafo e poeta, definito
dagli amici “mago”:
«[aveva] composto ciascuna di queste rime come un giocattolo verbale
cercando di riprodurre il piacere che provano i bambini nel cambiare
e sovvertire la forma delle parole per creare nuove combinazioni nei
vocaboli di tutti i giorni».
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Il “giocattolo poetico” di Rodari. Il “giocattolo verbale” di Montejo.
C’è una perfetta identità di vedute su quello che deve essere il ruolo e
la funzione della scrittura. Trovo assolutamente straordinarie certe
convergenze stilistiche.
Si prenda ad esempio il componimento “Se fossi” di cui riproponiamo
le prime due strofe:
«Se fossi un grillo
che canta alla luna
e tu mi sentissi,
ti porterei fortuna.
Se fossi una formica
con un grosso fardello
alla luce di un bacio
ti troverei più bello.»
In diversi autori o perlomeno in alcune delle raccolte citate manca o è
meno presente un’attenzione al significato. Soprattutto è meno
presente quell’impegno civile e sociale e quella spinta educativa e
utopica che contraddistingue e attraversa tutta la poetica rodariana, e
che si può sintetizzare nella formulazione che fa da introduzione alla
Grammatica della fantasia:
«Tutti gli usi della parola a tutti. Non perché tutti siano artisti, ma
perché nessuno sia schiavo».
Qualcuno come Pietro Formentini vede in questa spinta educativa il
limite della scrittura rodariana. Si potrebbe replicare come sia prima
necessario discutere quale ruolo e quale funzione debba avere la
scrittura e come ciascun autore trasmetta scrivendo, anche
inconsapevolmente, la sua ideologia, ovvero la sua visione del mondo
e le sue convinzioni etiche. Ce lo ricorda anche Bianca Pitzorno48.
È indubbio però che Rodari - come scrive Angelo Nobile - possa essere
considerato unanimemente «un punto di snodo della letteratura per
l’infanzia del Novecento»49. Meravigliano pertanto le recenti accuse
mosse a Rodari e in particolare alla Grammatica da Paola Mastrocola,
docente di lettere al liceo scientifico e autrice del saggio Togliamo il
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disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare edito da Guanda. La
Mastrocola parte dalla seguente premessa: «Forse, se i ragazzi non
sanno più l’italiano»… per giungere alla conclusione «vuol dire che la
Scuola non ha più ritenuto che fosse il caso di farlo». Sulla premessa
possiamo anche concordare, ma le conclusioni sono frutto di un
ragionamento superficiale e semplicistico. Accusare poi Rodari con la
sua Grammatica di aver proposto un metodo didattico alternativo volto
a smontare quello esistente, e quindi di aver contribuito ad un
progressivo analfabetismo linguistico e letterario, significa – come bene
ha sottolineato Marika Vincenzi in un interessante commento, In difesa
del rodarismo, apparso in rete - «fraintendere le reali finalità dello scritto
rodariano», e in ultima istanza non aver letto e compreso Rodari.
Certo preoccupano queste prese di posizione. Preoccupa soprattutto
la diffusa mancanza di conoscenze e di competenze. Alla professoressa
Mastrocola consiglierei la lettura del citato libro testimonianza di Maria
Luigia Bigiaretti, magari affiancata da quella che un altro maestro,
Rocco Brindisi, racconta in Il bambino che viveva nello specchio50. Forse
queste letture la aiuteranno a rivedere la sua posizione.
Per quanto riguarda la dimensione realistica e contenutistica delle
poesie e dei racconti rodariani, condivido l’ipotesi proposta da Luciana
Bellatalla. Il surrealismo, il nonsense, a cui approda Rodari non è solo
un mezzo per evocare lo spirito del gioco e suscitare riso e sorriso, ma
è strumento per poter dare senso e orientamento all’esistenza
individuale e intersoggettiva: un mezzo mutuato da Carroll e dai
surrealisti, condizione stessa della possibilità della vita.
Questa tensione utopica rodariana, questa volontà di intervenire sul
mondo e sulle cose per cambiarle e per renderle più giuste, questo suo
richiamo all’azione e all’impegno dei giovani, viene evidenziata in un
recente brillante contributo di Carlo Marini che scrive:
«con lui (Rodari) il libro per ragazzi si fa non soltanto veicolo di valori
condivisi ma - coerentemente con l’ideologia professata dallo scrittore
- strumento di critica e agente di cambiamento, in una tensione utopica
verso una società più umana e più giusta. Con la svolta rodariana la
narrativa fantastica non è più mera evasione dalla realtà, ma occasione
di riflessione, di presa di coscienza di problemi, di maturazione umana
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e civile, di impegno attivo e militante per il miglioramento della
collettività.»51
Anche Francesca Califano sottolinea come Rodari persegua
costantemente «la rappresentazione utopica della realtà come stimolo
alla speranza e all’impegno verso un futuro migliore»52. Se l’utopia è
una dimensione connaturata nell’Uomo, oggi forse dovremo
trasformare l’utopia in metautopia, quella di un mondo, come scrive
Maria Moneti, «in cui i cittadini sono i progettatori dei migliori mondi
possibili (…), il mondo che consente la massima libertà per gli individui
e il massimo spazio perché ciascuno di essi tenti la realizzazione del
migliore dei mondi possibili secondo la sua concezione di esso»53.
Molti autori contemporanei rivolgono oggi la loro attenzione alle
problematiche civili e sociali che si esprime soprattutto nella
“letteratura testimonianza” e nella “letteratura di denuncia” di scrittori
come Francesco D’Adamo, Arianna Papini, Lia Levi, Antonio Ferrara,
Sofia Gallo, Angela Nanetti, Fabrizio Silei, Nicoletta Torre, Giovanni
Floris, Vivian Lamarque, tanto per citarne qualcuno. Si parla di guerre
e di conflitti, di bambini soldato e di lavoro minorile, di sfruttamento,
violenza e prostituzione di minori, dei bambini di strada e della
drammatica realtà delle carceri.
Molti autori affrontano il tema delle ingiustizie sociali: abbiamo già
ricordato Giuseppe Pontremoli con Rabbia Birabbia. È Ferdinando
Rotondo a farci notare come in una poesia di questa raccolta sia viva,
nella rabbia contro le cose ingiuste, l’ispirazione rodariana.
In molti è presente la dimensione utopica. Antonio Ferrara, che
affronta il tema dell’accoglienza dell’altro espressa attraverso la
metafora dell’abbraccio in A braccia aperte54, storia di Cecilia che sceglie
di stare dalla parte dei più deboli, scrive: «Dobbiamo permetterci di
nuovo il sogno perché oggi la dignità è fuori moda e la pietà è
programmata dalle banche».
In molti ancora, ritroviamo il richiamo all’impegno dei giovani. Stella
del Mattino, la protagonista del recente romanzo di Francesco
D’Adamo Radio Niente55, unica conduttrice di una radio strampalata,
esorta, dalla radio, i giovani a reagire, e lo fa con le parole di una famosa
canzone di Jim Morrison, Light My Fire.
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«Conosco i vostri sogni e le vostre speranze.
Conosco le vostre delusioni.
Lo so che è dura.
Ma stavolta Qualcosa sta per accadere.
Non ho niente da aggiungere a quello che ha scritto Jim Morrison.
Fuori la città è di ghiaccio.
ACCENDETE IL VOSTRO FUOCO RAGAZZI!!!»
Così, dopo aver compiuto una scelta di campo ideale, etica e
antropologica, Rodari ha individuato nelle tecniche che qui abbiamo
presentato, un modo per interpretare ed esprimere il suo ideale, fino al
punto di rovesciare il rapporto tra contenuto, valori e forma.
Forse oggi dovremo ripensare anche a questo: a un ritorno a una
“parola/pensiero” che è condizione ed espressione della libertà.
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1. Alfonso Gatto, Il Vaporetto, illustrazioni di Fabian Negrin, Mondadori, Milano,
2001, p. 25. La prima edizione è del 1963.
2. Jacques Charpentreau, Le mystére en fleur. Les enfants et l’apprentissage de la poèsie,
Les Editions Ouvrieres, Paris, 1979.
3. Gianni Rodari, Esercizi di fantasia, Editori Riuniti, Roma, 1981. Il Diagramma di
flusso si trova a pag. 25.
4. Tullio De Mauro, Presentazione a: Gianni Rodari, Parole per giocare, Manzuoli,
Firenze, 1979, p. 5.
5. Gianni Rodari, Parole per giocare, op. cit., illustrazioni di Francesco Tonucci, p. 19.
6. Bruno Munari, Verbale scritto, Il Melangolo, Genova.
7. Alfredo Stoppa, “Io scrivo, tu disegni, noi raccontiamo”, in: Silvia Blezza Picherle
(a cura), Raccontare ancora. La scrittura e l’editoria per ragazzi, Vita e Pensiero,
Milano, 2007.
8. Sul “ribaltamento del punto di vista adulto centrico” in Gianni Rodari si sofferma
anche la studiosa Francesca Califano, autrice dell’importante saggio Lo specchio
fantastico. Realismo e surrealismo nell’opera di Gianni Rodari, Einaudi Ragazzi, San
Dorligo della Valle (Trieste), 1998.
9. Roberto Denti, Conversazioni con Marcello Bernardi, il libertario intollerante,
Elèuthera, Milano, 1991.
10. Qui i due termini sono considerati sinonimi. Per una corretta distinzione tra
trasgressione e sovversione si rimanda al saggio di Franco Trequadrini, Il libro e il
bambino ribelle, Edizioni Tracce, Pescara, 1988.
11. Alison Lurie, Non ditelo ai grandi, Mondadori, Milano, 1993, p. 13.
12. Tullio De Mauro, Prefazione a: Gianni Rodari, Esercizi di fantasia, op. cit.
13. Maria Luigia Bigiaretti, La Scuola anti tran-tran. Imparare divertendosi. Una
maestra racconta, Nuove Edizioni Romane, Roma, 2006.
14. Fabian Negrin, Occhiopin nel Paese dei Bei Occhi, Orecchio Acerbo, Roma, 2006.
15. Francesca Califano, “Note a margine sulla scrittura di Gianni Rodari, oggi”, in:
A sbagliare le storie. Leggere Rodari oggi, “Hamelin. Storie, figure, pedagogia”, n. 16,
settembre 2006, p. 30.
16. Manuela Salvi, Scrivere libri per ragazzi. Manuale di scrittura creativa per autori non
affetti da adultità, Dino Audino Editore, Roma, 2011, p. 142.
17. Stefano e Gualtiero Bordiglioni, Ambasciator non porta pena, illustrazioni di
Francesco Altan, Einaudi Ragazzi, Trieste, 1998.
18. Nicoletta Codignola, Il gallo e la gallina. Non c’è rosa senza spina, illustrazioni di
Arianna Papini, Fatatrac, Firenze, 2001.
19. Dino Ticli, Proverbi in scena. Tre proposte teatrali comiche facilmente realizzabili,
Lupo Editore, Copertino (Lecce), 2010.
20. Luigi Grossi, Giocare con le parole / Giocare con le fiabe, illustrazioni di Alfonso
Artioli, Armando Editore, Roma, 1980.
21. Sergio Bozzi, A pagina uno non c’era nessuno, illustrazioni di Rosanna Nardon, Le
Marasche, San Giovanni al Natisone (Udine), 1990, p. 27.
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22. Antonio Porta, in: Antonio Porta e Giovanni Raboni (a cura), Pin Pidin. Poeti
d’oggi per i bambini, Feltrinelli, Milano, 1979.
23. Donatella Farella, Mamma Aquilone sognava il pancione, illustrazioni di Antonio
Boffa, Secop edizioni, Corato (Bari), 2010.
24. Giuseppe Marasco, Pasticci di parole. Un libro per giocare con immagini e parole,
Tecnostampa, Corigliano, 2008; Fabio Grimaldi, Il gallo canta in rima, illustrazioni
di Viviana Schettini, Edicolors, Genova, 2008; Ivana Marangon, Il gattino marroncino
e altri animali in rima, illustrazioni di Francesca Vignaga, Edicolors, Genova, 2009;
Raffaella Castagna, In FilAstrocca, illustrazioni dell’Autrice, Lineadaria, Biella, 2009:
Chiara Lorenzoni, Attila, Adalberta… e chi più ne ha più ne metta, illustrazioni di
Chiara Criniti, Lupo Editore, Copertino (Lecce), 2009.
25. Fabian Negrin, Favole al telefonino, illustrazioni dell’Autore, Orecchio Acerbo,
Roma, 2010.
26. Alessio Marzaduri / Karen La Fata, Meccanimali, testo di Alessio Marzaduri,
illustrazioni di Karen La Fata, Fatatrac, Firenze, 2008.
27. Pino Pace / Giorgio Sommacal, Univerzoo. Le avventure spaziali di Sam Colam e
del professor Pico Pane, testo di Pino Pace, illustrazioni di Giorgio Sommacal, EDT
Giralangolo, Torino, 2011.
28. Alessio Marzaduri / Karen La Fata, Meccanimali, testo di Alessio Marzaduri,
illustrazioni di Karen La Fata, Fatatrac, Firenze, 2008.
29. Christian Morgenstern, Il Grande Lalulà, illustrazioni di Lisbeth Zwerger, C’era
una volta…, Pordenone, 1992.
30. Bianca Pitzorno, Snoopy. Esercizi di scrittura creativa, Mondadori, Milano, 1988,
p. 44/47.
31. Beniamino Sidoti, Giochi con le storie. Modi, esercizi e tecniche per leggere, scrivere
e raccontare, La Meridiana, Molfetta (Bari), 2001, p. 127.
32. Elisabetta Pertoldi e Virginia Boldrini, Un’idea tira l’altra. Esercizi di scrittura ricreativa, Campanotto Editore, Pasian di Prato (Udine), 2004, p. 12/14.
33. Antonietta Ambrosiano, Mimmo Barba, Attilio Bonadies, I quaderni della fantasia,
prefazione di Alessandro Bergonzoni, Guida Editore, Napoli, 2005.
34. Sebastiano Ruiz Mignone, Casa pelosa, illustrazioni di Gianni De Conno,
Interlinea, Novara, 2003.
35. Roberto Piumini, E poi? e poi? e poi? Le fiabe di Cenerentola, Pollicino e Il gatto con
gli stivali continuano, illustrazioni di Gloria Francella, Nuove Edizioni Romane,
Roma, 2009.
36. Grégoire Solotareff, La brutta addormentata nel bosco, illustrazioni dell’Autore,
Mondadori, Milano, 1992.
37. Per un’analisi più dettagliata delle operazioni letterarie e didattiche sulle fiabe
rimando al mio saggio: Livio Sossi, Scrivere per i ragazzi, Campanotto Editore, Pasian
di Prato (Udine), in particolare si veda il cap. XIX.
38. Eugene Trivizas, I tre piccoli lupi e il maiale cattivo, illustrazioni di Helen
Oxembury, Castalia, Torino, 1994.
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39. Fabian Negrin, In bocca al lupo, illustrazioni dell’Autore, Orecchio Acerbo, Roma,
2003.
40. Edoardo Bardella Rampino / Matteo Gubellini, Se fossi un gatto…, testo di
Edoardo Bardella Rampino, illustrazioni di Matteo Gubellini, Bohem Press Italia,
Trieste, 2008.
41. Giovanna Zoboli / Simona Mulazzani, Vorrei avere, testo di Giovanna Zoboli,
illustrazioni di Simona Mulazzani, Topipittori, Milano, 2010.
42. Tim Bowley / André Neves, Amelia vuole un cane, testo di Tim Bowley,
illustrazioni di André Neves, Kalandraka Italia, Firenze, 2008.
43. Emma Dodd, Un cucciolo tutto per me, illustrazioni dell’Autrice, Lapis Edizioni,
Roma, 2008.
44. Fulvia Degl’Innocenti , Il ranocchio principe, illustrazioni di Sara Benecino, Paolo
Acco Editore, Gravellona Toce (Verbania), 2010.
45. Eva Janikovszky, Se fossi grande, illustrazioni di Réber Laszlò, Bompiani, Milano,
1967: id., Se io fossi grande, illustrazioni di Sarolta, Edizioni L’Omino Rosso,
Pordenone, 2006. Di questo libro esiste anche un’edizione in lingua friulana.
46. Eduardo Polo [Eugenio Montejo], Rimario (un po’ al dritto e un po’ al contrario),
illustrazioni di Arnal Ballester, traduzione di Francesca Lazzerato, Orecchio Acerbo,
Roma, 2005.
47. Walter De La Mare, in: Donatella Bisutti (a cura), L’albero delle parole. Grandi
poeti di tutto il mondo per i bambini, Feltrinelli, Milano, 1979 (1a edizione).
48. Bianca Pitzorno, Introduzione a: Francesca Lazzarato (a cura), Scrivere per i
bambini, Mondadori, Milano, 1997, p. 21.
49. Angelo Nobile, in: Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini, Letteratura
per l’infanzia e l’adolescenza, La Scuola Editrice, Brescia, 2011, p. 109.
50. Rocco Brindisi, Il bambino che viveva nello specchio, Diabasis, Reggio Emilia, 2009.
51. Carlo Marini, in: Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini, Letteratura
per l’infanzia e l’adolescenza. Storia e critica pedagogica, La Scuola Editrice, Brescia, 2011,
p. 95.
52. Francesca Califano, Lo specchio fantastico.op. cit., p. 85.
53. Maria Moneti, Utopia, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze), 1997, p. 200.
54. Antonio Ferrara, A braccia aperte, illustrazioni dell’Autore, Falzea Editore, Reggio
Calabria, 2004.
55. Francesco D’Adamo, Radio Niente, De Agostini, Novara, 2010. La citazione si
trova a pag. 265.
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Mi piace perché
da giovane faceva
il maestro che ride.
[parole: Valentino 10 anni
disegno: Andrea 9 anni]
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Mi fa sentire un senso
di giovinezza.
Di un mondo che vuole
vivere in pace.
E mi fa venire in mente
una canzone
che ho sentito
e che si intitola
“Bella ciao”.
[parole: Giacinto 10 anni
disegno: Riccardo 9 anni]
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GIANNI RODARI IN BIBLIOTECA
Elena Braida [per i bibliotecari che hanno aderito al progetto Sulle strade di
Rodari]
Nel 1972 in un discorso per l’inaugurazione della biblioteca di
Omegna, sua città Natale, Rodari si chiede se il libro sia, in quel
momento storico, ancora un oggetto importante per la nostra vita. Si
interroga su che cosa si possa trovare nei libri che non sia rintracciabile
altrove. La risposta è: «il nostro stesso passato, cioè il nostro spessore,
le radici della nostra umanità. […] Che ce ne rendiamo conto oppure
no, noi Siamo quei libri. Siamo tutto ciò che è venuto prima di noi ed
ha contribuito a modellare la nostra esistenza»1. Nel leggere, di
conseguenza, ci ritroviamo, acquistiamo maggior conoscenza e
consapevolezza di noi stessi. Leggere è un atto «che ci impegna, che
mobilita la nostre risorse interne, che esige il nostro giudizio intimo.
Leggere è razionalizzare, criticare, costruire»2.
Nei libri l’uomo scopre «le sterminate riserve dell'immaginazione»3, che
non è propria solo dei poeti, dei romanzieri, ma anche dei filosofi come
degli insospettabili scienziati.
«L'immaginazione non è fuga dalla realtà, ma conquista di una realtà
più vera di quella che si rivela ad una vista ingenua: la realtà delle cose
che non si vedono, la realtà delle cose possibili»4.
Continua parlando della sua visione di biblioteca, come qualcosa di
vivo e non statico, dove, accanto ai grandi classici, le persone possano
trovare documenti a carattere locale testimonianti la vita sociale del
loro tempo.
Perché alla fine, quello di cui abbiamo bisogno non sono “consumatori
di libri”, ma “creatori di cultura”5, persone che oltre a leggere
sappiamo formarsi una mentalità nuova.
La biblioteca è un luogo dove è possibile l’incontro fra vecchio e nuovo
e dal confronto fra diversi modi di pensare nasce il cambiamento del
mondo.
A questo punto chiediamoci che spazio abbia l’autore Gianni Rodari
all’interno delle nostre biblioteche e che edizioni troviamo delle sue opere.
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Da bibliotecari sappiamo che solo un una quindicina di anni fa molte
opere rodariane erano uscite dal commercio. La produzione dopo la
sua morte arrivava a sessanta opere ed era divisa fra diversi editori con
difficoltà di reperimento, ma soprattutto con il rischio di avere una
visione parziale e frammentaria. Si aggiunga a questo la riduttiva idea
che circolava sulla sua opera: i pochi testi presenti sui libri scolastici
non potevano certo rendere giustizia del fatto che si trattasse di un
poeta, di uno scrittore, di un intellettuale che parlava ai ragazzi, ma
anche ai grandi; che nelle sue poesie come nei romanzi si ritrova una
nuova idea pedagogica, valori sociali forti, senso civico... E che poi
tutto questo è stato da lui teorizzato in articoli e saggi poco conosciuti6.
Due sono stati i momenti per delle operazioni editoriali che hanno
rivalutato la sua opera. Il primo nel 1991, quando tutto quello che era
stato pubblicato da Einaudi confluì al gruppo Edizioni EL, Einaudi
Ragazzi, Emme Edizioni. Vengono riproposti dei classici rodariani con
le illustrazioni di Altan. Il secondo quando nel 2000 lo stesso gruppo
cambia rotta: si rivolge ad un pubblico di bambini dai 3 ai 6 anni e lo
fa lanciando sul mercato editoriale alcuni scritti rodariani nel formato
dell’albo illustrato. Sarà un nuovo vestito che fiabe e filastrocche
indosseranno magnificamente per un pubblico che fino ad allora non
avevano incontrato.
Il successo fra i piccoli lettori di queste nuove versioni ha dimostrato,
anche ai bibliofili più gelosi della tradizione, come sia necessario trovare
strade nuove per non lasciare negli scaffali opere che sono miniere di
stimoli per la fantasia e per la ragione dei piccoli lettori, ma soprattutto
di persone in crescita.
Il gruppo Edizioni EL, Einaudi Ragazzi, Emme Edizioni nel 2005
acquisisce Gip nel televisore e altre storie in orbita; nel 2008, a seguito
della cessione dei diritti da parte degli Editori Riuniti, inserisce in
catalogo Cipollino, Gelsomino nel paese dei bugiardi, La Freccia Azzurra,
Venti storie più una, Tante storie per giocare. Il medesimo gruppo
editoriale si impegna a realizzare le ristampe anastatiche delle prime
edizioni delle opere rodariane, con le illustrazioni di Bruno Munari e
la collana “La Biblioteca di Gianni Rodari”, dove sono stati ripubblicati
in volume unico gli scritti più famosi e poi raccolta la produzione
intellettuale meno conosciuta7.
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La storia dell'editoria rodariana può essere percorsa anche seguendo gli
illustratori che l’hanno accompagnato8. In primis i “Quattro
Moschettieri”, così definiti da Walter Fochesato9: Verdini, Munari,
Altan, Luzzati.
Negli anni ’50 Verdini disegna i personaggi di Cipollino e Gelsomino. Le
sue ambientazioni «conferiscono immediatamente l’idea di semplicità,
di facilità di lettura, di efficacia nella comunicazione, caratteristiche
queste dovute al tratto leggero, lineare e tondeggiante e
all'essenzialità...»10. Sua peculiare sarà una prospettiva in diagonale, che
conferisce dinamicità alle scene. Di Verdini saranno anche le
illustrazioni di Pinocchio, Le carte parlanti e poi nella seconda metà degli
anni ’60 lo ritroveremo nelle vignette de La via migliore, mensile
gratuito.
Negli anni ’60 inizia il sodalizio con Munari. Entrambi condividono lo
stesso ideale educativo che si basa sul concetto di presentare ai bambini
una realtà senza banalizzarla; di spiegare gli aspetti complessi della
società e della vita attraverso nuove modalità espressive. Non è
necessario dire tutto, perché ciò che che manca genera invenzione
fantastica. «[…] Munari non descrive il testo ma lo insegue o lo
precede, con folgoranti intuizioni e commenti che del testo rodariano
colgono il senso più ironico e vitale»11.
Munari illustrerà Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Il
Pianeta degli alberi di Natale, Il libro degli errori, La torta in cielo, Il gioco
dei quattro cantoni. Questi stessi libri trent’anni dopo saranno affidati ad
Altan (inizia nel 1992) per la Einaudi Ragazzi. Anche Altan, come
Munari, non illustra il testo, ma si sofferma su alcuni particolari che
vengono dilatati o reinventati.
Il quarto moschettiere è Lele Luzzati, che è presente nel Castello di
carte, Filastrocche lunghe e corte, Atalanta, Il libro dei perché, Filastrocche
da cantare. «Le illustrazioni sono semplici, ma […] gli elementi
cromatici e materici sontuosi, esuberanti, che tendono a straripare i
confini per rendere ambigua e accattivante l’immagine»12.
Ci sono poi innumerevoli illustratori che si sono misurati con l’opera
rodariana13: Vinicio Berti, Flora Capponi, Maria Enrica Agostinelli che
ha illustrato per gli Editori Riuniti La freccia azzurra, l’Enciclopedia della
favola e per Einaudi Gli affari del signor Gatto; Gianni Peg che illustra
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La freccia azzurra per una coedizione Unità Editori Riuniti; nel 1991
Luzzati, Peg-Munforti, Mirek, Chiara Rapaccini illustrano sette volumi
usciti in cofanetto per gli Editori Riuniti; Federico Maggioni nel 1992
illustra C’era due volte il barone Lamberto per Einaudi Ragazzi; per
l’editore Interlinea Mauro Maulini illustra Un giocattolo per Natale
(1991) e Il ragioniere-pesce del Cusio; AntonGionata Ferrari è uno degli
illustratori rodariani nella collana “Leprotto lettore” dell’editore Il
Capitello. Gli Editori Riuniti nel 2001 ripropongono tutti i titoli di
Rodari in catalogo con la collana “Matite italiane”. Undici titoli per
undici illustratori come Maria Sole Macchia, Simona Mulazzoni,
Alberto Ruggieri, Chiara Rapaccini, Francesca Ghermardi, Paolo
Cardoni, Franco Matticchio, Fabian Negrin, Anna Laura Cantone,
Vittoria Facchini, Chiara Carrer.
Abbiamo già detto dell’operazione di lancio dell’albo illustrato di
grande formato attuata dal gruppo Edizioni EL, Einaudi Ragazzi,
Emme Edizioni, che ha ha ospitato Alessandro Sanna, nuovamente
Vittoria Facchini e Anna Laura Cantone, Valeria Petrone, Nicoletta
Costa, Fulvio Testa, Elena Temporin. In particolare dalle raccolte
Favole al telefono, Prime fiabe e filastrocche, Filastrocche in cielo e in terra,
Zoo di storie e versi... sono stati estrapolati dei testi per essere riproposti
nella versione album cartonati dalla Emme Edizioni di Trieste; per
alcuni, troviamo anche delle ristampe nella collana di piccolo formato
“Un libro in tasca” di EL Edizioni.
Siamo già oltre 150 opere!
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GLI IRRINUNCIABILI DI GIANNI RODARI
I bibliotecari del Friuli Venezia Giulia che hanno partecipato al
progetto Sulle strade di Rodari hanno stilato una bibliografia degli
irrinunciabili rodariani.
È una selezione fortemente legata ai testi utilizzati nel percorso Sulle
strade di Rodari: i bambini che hanno ascoltato Rodari dalla voce di
Roberto Anglisani per mesi hanno cercato in biblioteca Favole al
telefono14.
Può suonare strano, per esempio, che opere come i romanzi di
Cipollino, Gelsomino o La freccia azzurra non compaiano in questa
bibliografia.
Forse la ragione è che quelle opere, per lunghezza del testo, per il
formato in brossura, per la veste editoriale che è stata scelta, sono
pensate per essere lette ad alta voce da un’insegnante in classe, ad un
pubblico conosciuto e costante. Inizialmente erano uscite a puntate sui
giornalini dagli anni ’50 ai ’70. Provocatorimente lanciamo la proposta
di ripensarli anche “a puntate”, magari sempre su periodici dedicati ai
ragazzi.
Inoltre, rielaborando le diverse bibliografie redatte dalle singole
biblioteche o dai sistemi bibliotecari, ci si è imbattuti nella presenza di
opere che sono citate sia singolarmente, oppure come raccolte di cui le
stesse fanno parte.
Si è scelto il criterio di citarle entrambe, nelle loro diverse edizioni15,
sulla base del numero di preferenze segnalate.
Grazie Signor Rodari di aver arricchito con la Sua opera le nostre
biblioteche di un’ulteriore fonte di immaginazione, perché anche da
esse passi la strada di rinnovamento per un mondo più umano21.
Per chi vuole seguire questa strada gli indirizzi sono 851..., 852...,
853.914 ROD22.
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1. Favole al telefono
Pubblicate nel 1962 con i disegni di Bruno Munari presso Einaudi di
Torino. Nel 1991 il volume viene riedito, con le illustrazioni di Altan,
da Einaudi Ragazzi nelle collane “Storie e rime” (1993) e “Lo scaffale
d’oro” (1995).
Favole moderne in cui l’autore «mostra la sua straordinaria capacità di
invenzione in grado di coniugarsi con l'osservazione della realtà
contemporanea senza scadere mai nel moralismo e nella soffocante
vocazione didattica...»16.
FAVOLE
AL TELEFONO
A SBAGLIARE
LE STORIE
2. A sbagliare le storie
Si tratta di una delle Favole al telefono. A sbagliare le storie è uscito come
albo per Emme Edizioni nel 2003, con le illustrazioni di Alessandro
Sanna e nella collana “Un libro in tasca” nel 2009. Sovverte una fiaba
classica come Cappuccetto Rosso, stimolando i bambini a partecipare
attivamente al gioco verbale che ne nasce.
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3. La guerra delle campane
Con le illustrazioni di Pef, colorate da Ferrier esce nel 2004 come albo
illustrato tratto da Favole al telefono; nel 2011 lo troviamo nella collana
“Un libro in tasca”. Qui si affronta il problema della guerra, che nel
binomio con la pace è uno delle costanti della poetica rodariana.
LA GUERRA
DELLE CAMPANE
FILASTROCCHE
IN CIELO
E IN TERRA
4. Filastrocche in cielo e in terra
Opera uscita presso Einaudi nel 1960 con le illustrazioni di Munari.
Ripubblicato nelle “Storie e rime” (1996) e ne “Lo scaffale d'oro”
(1997) da Einaudi Ragazzi con le illustrazioni di Altan. «Uno zoo
variopinto e in continuo movimento, ascensori che si trasformano in
astronavi, ragionieri a dondolo e dinastie di poltroni; accenti che
scompaiono, parentesi lasciate aperte, punti e virgola irrequieti, rime
sbarazzine e rompicollo:[…] è un appuntamento con una fantasia
allegra e scatenata, che non rinuncia a rappresentare e a giudicare il
mondo»17.
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5. Il pittore
Storia tratta da Filastrocche in cielo e in terra. Pubblicato come albo per
le Edizioni EL nel 2006 con le illustrazioni di Valeria Petrone e nella
collana “Un libro in tasca” nel 2010, è dedicato alle difficoltà del
crescere, perché ognuno di noi trovi dentro di sé le risorse che a volte
ci vengono negate.
IL PITTORE
CI VUOLE
UN FIORE
6. Ci vuole un fiore
Canzone presente nell'omonimo album del 1974. L'editore Gallucci
nel 2003 e nel 2007 ne pubblica un albo illustrato da Altan, con CD
allegato. La voce di Sergio Endrigo è un perfetto strumento per
veicolare ai bambini di ieri e di oggi una semplice filastrocca sulle
trasformazioni in natura.
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7. Il libro degli errori
Uscito da Einaudi nel 1964 e ripubblicato nel 1977 nella collana “Gli
struzzi”, troverà nuova veste con le collane “Storie e rime” (1993) e
“Lo scaffale d’oro” (1995) illustrato da Altan presso Einaudi Ragazzi.
In esso ritroviamo testi usciti su periodici diversi. Boero li definisce
«l’efficace e puntuale traduzione poetica di una pedagogia moderna e
progressista, una polemica tutta fantasiosamente inventata
sull’educazione e la scuola, una caccia, con la matita rossa e blu,
agli errori ortografici dei ragazzi (perdonabili) e degli adulti
(imperdonabili)»18.
IL LIBRO
DEGLI ERRORI
IL PIANETA
DEGLI ALBERI
DI NATALE
8. Il pianeta degli alberi di Natale
Uscito nel 1962 con le illustrazioni di Munari per Einaudi, poi riedito
da Einaudi Ragazzi negli anni ’90 con i disegni di Altan. Romanzo
definito frammentario e utopico, dove si inneggia alla pace ed al
dialogo.
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9. I viaggi di Giovannino Perdigiorno
Piccole storie basate sui temi dell'umorismo e del viaggio19, che escono
a puntate sul Corriere dei Piccoli dal n. 34 del 1970 al n. 33 del ’71.
Le troviamo riunite in un’opera monografica nel 1973 edita da
Einaudi, ripubblicate poi nelle collane “Storie e rime” (1995) e ne “Lo
scaffale d’oro” (1999) da Einaudi Ragazzi. Nel 2007 esce in cartonato
per Emme Edizioni con le illustrazioni di Emma Petrone e dal 2009 lo
troviamo nella collana “Un libro in tasca”.
I VIAGGI DI
GIOVANNINO
PERDIGIORNO
LA GRAMMATICA
DELLA FANTASIA
10. La Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di
inventare storie
Finiamo con l’opera che è il fil rouge della poetica rodariana.
Di essa si conosce soprattutto la formula del “binomio fantastico”,
generatrice infinita di storie. Di essa bibliotecari, narratori, insegnanti...
chiunque operi con i ragazzi è debitore a Rodari.
Ma La Grammatica della fantasia può diventare qualcosa di più, come
Rodari stesso si augura nell’antefatto: «Io spero che il libretto possa
essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione
abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività
infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola»20.
Insomma, fantasia e immaginazione, costantemente stimolate, portano
alla crescita di uomini liberi nel pensiero.
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1. G. Rodari, Inaugurazione della nuova sede della biblioteca civica in “Sfoglialibro”
n.4, 2000, p. 14.
2. Ibid.
3. Ibid.
4. Ibid., p. 15.
5. Ibid.
6. Cfr. M. Di Rienzo, Nell’anno di Rodari, “Andersen”, n. 268 (2010), pp. 31-36.
7. Per l'excursus della storia della produzione editoriale rodariana si confrontino:
O. Fattucci, Un percorso di valorizzazione dell’opera rodariana, “Andersen”, n. 268
(2010), pp. 16-17 e Gianni Rodari, 1920-1980. I libri e la fantasia. 2010 Anniversario.
Catalogo disponibilità, Edizioni El, Einaudi Ragazzi, Emme Edizioni, Trieste, 2010.
8. Nel 2004 a Chiostro di Voltorre (Gavirate) si è tenuta una mostra dal titolo Sotto
l’ombrello della fantasia realizzata dalla Metamusa.
9. W. Fochesato, Oltre ai quattro moschettieri. Pennini e pennelli, segni e colori per Gianni
Rodari, in Sotto l’ombrello della fantasia. Gianni Rodari e i suoi maggiori illustratori dal
1950 ad oggi. Catalogo della Mostra tenuta a Gavirate, Chiostro di Voltorre nel 2004
e a Cavalese nel 2004-2005, Gallarate, Metamusa, 2004,
http://www.rodaricentrostudiorvieto.org.
10. E. Zanella, Illustri illustratori, in Sotto l’ombrello della fantasia, cit.
11. Ibid. Per un’approfondimento sul rapporto Rodari-Munari vedi l’intervento di
Cristina Viola in questo saggio.
12. Ibid.
13. Cfr. W. Fochesato, Oltre ai quattro moschettieri, cit.
14. Ci si riferisce allo spettacolo Alfabeto Rodari, a cura di Roberto Anglisani e
Francesco Bertolini, 2010.
15. Per tutte le informazioni editoriali si veda P. Boero, Una storie, tante storie, Einaudi
Ragazzi, Trieste, 2010. Di ogni opera sono state citate le edizioni più diffuse nelle
biblioteche coinvolte nel progetto Sulle strade di Rodari.
16. P. Boero, Una storia, tante storie, op. cit., p. 124.
17. Dalla quarta di copertina di G. Rodari, Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi,
Torino, 1960.
18. P. Boero, Una storia, tante storie, cit., p. 35.
19. P. Boero, Gianni Rodari e il linguaggio dell'infanzia. Un profilo critico dello scrittore
scomparsi dieci anni fa, in «Sfoglialibro», n. 3, 1990, pp. 10-11.
20. G. Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi Ragazzi, Trieste, 2010, p. 10.
21. Cfr. G. Rodari, Inaugurazione... cit., p. 15.
22. Collocazione delle opere rodariane secondo la classificazione Dewey.
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Un signore maturo con un orecchio acerbo
Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo
vidi salire un uomo con un orecchio acerbo.
Non era tanto giovane, anzi era maturato,
tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era restato.
Cambiai subito posto per essergli vicino
e poter osservare il fenomeno per benino.
“Signore, gli dissi dunque, lei ha una certa età,
di quell’orecchio verde che cosa se ne fa?”
Rispose gentilmente: “Dica pure che son vecchio.
Di giovane mi è rimasto soltanto quest’orecchio.
È un orecchio bambino, mi serve per capire
le cose che i grandi non stanno mai a sentire:
ascolto quel che dicono gli alberi, gli uccelli,
le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli,
capisco anche i bambini quando dicono cose
che a un orecchio maturo sembrano misteriose...”
Così disse il signore con un orecchio acerbo
quel giorno sul diretto Capranica-Viterbo.
[Gianni Rodari - Parole per giocare]
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Quando lo vedo pensieroso
mi immagino la sua testa
piena di idee che parlano.
[parole e disegno:
Lorenzo 9 anni]
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RODARI INCONTRA MUNARI
Cristina Viola [Fondatrice e Amministratrice di Fa...volando Cooperativa sociale,
studiosa di Bruno Munari e Gianni Rodari]
L'anniversario di Gianni Rodari, o, per meglio dire, il suo doppio
anniversario - 90 anni dalla nascita (1920) e 30 anni dalla morte (1980)
- ha dato vita alla creazione di numerose iniziative volte a ricordarlo,
festeggiarlo, onorarlo. Nel mio personale percorso di studi mi sono
soffermata sulla letteratura rodariana ponendo la mia attenzione sulla
valenza delle illustrazioni nell’opera di Gianni Rodari dal 1950, anno
di pubblicazione del suo primo libro fino alla recente scelta editoriale
di Einaudi di ripubblicare tutte le opere, alcune anche in formato albo
illustrato. Le illustrazioni infatti sono diventate oggetto di numerose
ricerche scientifiche nel settore psicologico e pedagogico, per il loro
grande valore comunicativo, e per questo motivo molte case editrici
utilizzano - appunto - il formato albo illustrato o picturebook.
Gianni Rodari è stato il primo scrittore che ha dato voce ai bambini e
al loro pensiero con uno stile innovativo dove predomina il senso della
realtà, il vissuto quotidiano ed il gioco, in contrapposizione con la
letteratura per l’infanzia tradizionale. Nelle sue storie, nei romanzi
come nelle filastrocche si ritrovano personaggi stravaganti,
caratterizzati da vitalità e ottimismo, coinvolti in situazioni
imprevedibili ma sempre ben connesse alla realtà.
L’amicizia, la solidarietà, il ripudio della guerra e della violenza sono
temi ricorrenti. Egli è stato capace di interpretare i gusti dei ragazzi, i
loro interessi e le loro aspettative, aiutandoli a liberarsi dagli stereotipi,
utilizzando un approccio paritario basato sull’ascolto e sulla
comprensione.
Rodari inizia la sua attività di giornalista nel 1947 a Milano.
Occasionalmente scriveva per bambini collaborando con il settimanale
“Vie nuove”. Nel 1949 viene inaugurata - sull’Unità - la rubrica “La
Domenica dei Piccoli” e Rodari inizia a pubblicare con lo pseudonimo
Lino Picco. Nel 1950 il Pci decise di pubblicare un settimanale per i
piccoli, il “Pioniere”, e Rodari ebbe l’incarico di dirigere la rivista.
L’abbinamento testo/immagine - quindi la collaborazione con gli
illustratori - inizia proprio in questo contesto.
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Le prime illustrazioni che accompagnano i testi di Rodari si datano 1950
ad opera di Vinicio Berti. Da allora molti “pennini e pennelli” definizione di Walter Fochesato - hanno incontrato le parole rodariane.
In 60 anni la società è cambiata, come sono cambiati i gusti e le mode e
le prime illustrazioni non sono più adatte ai ragazzi di oggi. Ma non si
deve perdere di vista il delicato rapporto che si crea nella pagina illustrata
tra immagine e parola, tra il messaggio visivo e quello verbale. Ho proprio
voluto analizzare quanto le immagini siano fedeli e coerenti con il senso
che hanno le parole di Rodari. Moltissimi sono stati gli artisti che - in
questo lungo periodo - hanno prestato la loro opera accanto ai testi di
Rodari. Tra tutti si ricordano Raoul Verdini, Bruno Munari, Emanuele
Luzzati e Francesco Tullio Altan che Walter Fochesato definisce “i
quattro moschettieri”, ai quali sono state dedicate diverse mostre.
Quattro artisti - ognuno con una propria cifra stilistica autonoma e
specifica - che interpreteranno il testo in maniera personale.
Ho approfondito in particolare l’attività di due artisti che in epoche
diverse hanno interpretato in maniera geniale i testi rodariani: Bruno
Munari, che - negli anni ’60 - ha “illustrato” i libri che hanno reso
famoso lo scrittore, e Alessandro Sanna che ha illustrato 3 albi di
Gianni Rodari. La sua impeccabile tecnica pittorica si fonde con la
continua voglia di sperimentazione restando però perfettamente fedele
al senso delle parole di Rodari. L’incontro tra Bruno Munari e Gianni
Rodari avviene nel 1960 per merito di Giulio Einaudi che chiese al
primo di illustrare Filastrocche in cielo e in terra. Munari accettò con
entusiasmo e col sodalizio professionale iniziò anche una bella amicizia.
Con la casa editrice Einaudi pubblicherà i suoi libri più famosi e più
belli: Filastrocche in cielo e in terra (1960), Il Pianeta degli alberi di Natale
(1962), Favole al telefono (1962), Il libro degli errori (1964), La torta in
cielo (1966), C’era due volte il barone Lamberto (1978), Il gioco dei
quattro cantoni (1980) pubblicato dopo la sua morte. Rodari compiva
un salto importante pubblicando con quella che allora era la casa
editrice più importante. È l’inizio del felice sodalizio con Bruno
Munari, colui che Boero definisce un «eccezionale commentatore
visivo» che fino agli anni ’90 resterà “illustratore” di riferimento.
Per Munari non si parla di illustrazione in senso tradizionale, ma di
disegni quasi astratti dove predomina il senso della ricerca.
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Per Walter Fochesato sono «…decorazioni della pagina, annotazioni
in margine, segnali al lettore», discreti affinché non interferiscano con
il senso del testo ne lo sovrastino. «Sono “graffiti” che giocano con il
giovane lettore e lo fanno all’insegna della chiarezza e della semplicità;
quella munariana è un arte [sic] nella quale convivono umorismo e
geometria. È un arte [sic] sorridente, leggera e musicale dove la
continua sorpresa visuale non rinuncia [sic] (come ne La torta in cielo)
a interpretare sornionamente la realtà»1. Molti sono i punti che
uniscono questi due personaggi - unici e memorabili - che hanno
segnato il Novecento con la loro creatività e genialità: entrambi
operano con leggerezza, consapevoli della capacità liberatoria
dell’invenzione e convinti che il non dire tutto stimoli efficacemente
la fantasia. Quando si trovano accostate le parole di Rodari e le
immagini di Munari - proposte sotto forma di gioco - la magia creativa
prodotta risulta fondamentale per lo sviluppo del pensiero. Altro
punto di congiunzione è che entrambi condividevano l’uso frequente
dell’effetto di straniamento che si basa sul capovolgimento del
significato comune delle cose che determina un senso di sorpresa.
Munari utilizza pochi segni rapidi, posizionati marginalmente rispetto
al testo. Una sua frase - ricorrente - sicuramente più una regola, un
principio, era «semplificare è più difficile che complicare» che si
riscontra in tutto il suo percorso creativo e professionale e che emerge
chiaramente nel lavoro svolto “in coppia” con Rodari. È consapevole
che i suoi disegni possono distogliere dalla lettura e vuole sottrarsi
dall’utilizzare l’illustrazione in modo realistico rispetto al narrato da cui
però non intende estraniarsi. Infatti “entra” nella struttura metaforica
del testo.
Proseguendo nella lettura dei testi rodariani illustrati da Munari ci si
rende conto di quanto la loro visione del mondo coincida. Entrambi
avevano la medesima intelligenza creativa e la stessa vena ironica.
Munari con la sua semplicità ma grande efficacia è riuscito a
valorizzare con i suoi disegni il lavoro di Rodari dimostrandogli grande
stima. Stima che era sicuramente ricambiata.
Ho avuto l’opportunità di condividere i miei studi e le mie ricerche
durante due lezioni presso l’Università di Udine - Facoltà di Scienze
della Formazione - ospite del prof. Roberto Dapit.
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Gli incontri, estesi anche alle insegnanti delle scuole dell’infanzia e
primaria, hanno registrato una partecipazione numerosa segno di
grande interesse e bisogno di approfondimento. Le “lezioni” hanno
previsto una prima parte teorica ed una seconda pratica ed i partecipanti
sono stati chiamati a “mettersi in gioco” sperimentando in prima
persona. Il primo incontro è stato dedicato a Rodari ed al rapporto
illustrazione/testo nella sua opera. Ho voluto approfondire la
collaborazione che egli ha avuto con Munari - grande personalità del
1900 che, con il suo lavoro, ha segnato profondamente il mio
approccio con i bambini. Ho descritto la scelta che Munari ha
compiuto - in merito a tecniche e materiali - per ogni testo che è stato
chiamato ad illustrare. Il laboratorio - a cui hanno partecipato studenti
ed insegnanti - è stato ispirato da L’Alfabetiere di Bruno Munari perché
ritengo potesse condensare “la giocosità delle parole” dei due artisti.
Il secondo incontro ho invece voluto dedicarlo alla produzione
munariana fatta di libri, giochi didattici e laboratori per bambini con un
laboratorio dedicato al gioco didattico Più e meno di Bruno Munari.
Ritengo che il lavoro di Munari, pensato per i bambini, sia una
testimonianza unica e insostituibile per i futuri educatori. I suoi libri per
l’infanzia (il primo è stato stampato nel 1946 ed è tuttora pubblicato)
sono ancora oggi punti di riferimento moderni e significativi e le sue
“invenzioni” fatte di porte che si aprono, fili che attraversano le pagine,
buchi attraverso cui si vede “altro” e che trasformano le cose, sono
elementi che si ritrovano abitualmente nell’editoria per l’infanzia.
L’intera opera rodariana gode oggi di una grande diffusione editoriale:
sarebbe però importante non dimenticare i grandi insegnamenti che ci
ha lasciato senza tradire il senso profondo del suo messaggio.
Mi auguro che Rodari continui a ricevere rispetto e considerazione per
quello che ha dato da 70 anni a questa parte e per ciò che potrà dare
negli anni a venire alle generazioni future, al fine di conservare al
meglio quell’autenticità e quella magia che ancora oggi noi adulti - che
lo abbiamo conosciuto - ci portiamo dentro.
1. Fochesato W., Rodari ed i suoi illustratori, in Rodari e le parole animate. Fantasia
letteratura creatività, Novara, Interlinea srl edizioni, 1993, p. 57.
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Mi piace perché
era bello,
ma a quei tempi
era di moda.
Mi piace perché
era scrittore,
così io posso leggere.
Mi piace perché
era un papà.
[parole: Denis 9 anni, Piero 10 anni, Anastasia 8 anni
disegno: Sebastiano 10 anni]
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Lui è molto felice
di avere una figlia
e si vede.
La bambina sorride
e il sorriso è per lui.
[parole: Alice 8 anni, Irene 8 anni
disegno: Matteo 7 anni]
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PARTIRE CON GIANNI RODARI
L'esperienza de "Il Filobus numero 75"
Associazione Culturale 0432 [Percorsi per l’infanzia]
«Filastrocca impertinente, chi sta zitto non dice niente;
chi sta fermo non cammina, chi va lontano non s’avvicina;
chi si siede non sta ritto, chi va storto non va dritto;
e chi non parte, in verità, in nessun posto arriverà.»
Gianni Rodari - Filastrocca impertinente
Per festeggiare un anno speciale dedicato a Gianni Rodari quale modo
migliore se non partire? Non è un caso, in fondo, se è proprio con i
versi della Filastrocca impertinente che da nove anni prendono inizio le
attività di promozione della lettura realizzate in forma di viaggio da
0432. Perché è proprio vero che è necessario partire per arrivare “in
qualche posto”. In quale posto esattamente? Per restarci o per
continuare il viaggio? Non serve saperlo subito, l’importante è partire,
dritti o storti, allontanandosi o avvicinandosi. In queste parole di
Gianni, a ben vedere, si nasconde il senso stesso del mettersi in
cammino. E non è un caso, ancora una volta, che queste parole non
siano isolate: quasi tutta l’opera di Rodari (dai vagabondaggi di
Giovannino Perdigiorno, alla descrizione di mondi fantastici come Il
Pianeta degli Alberi di Natale, allo stesso Libro degli Errori - se si vuole)
è un’esplorazione attorno al tema del viaggio, in tutte le sue accezioni.
Ecco perché, pensando ad un modo per festeggiare la persona e la sua
opera, non potevamo che partire!
E per farlo ci è subito andato il pensiero al caro vecchio Filobus.
Come scriveva Gianni, il viaggio del Filobus numero 75 è «tempo
regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di
sapone in polvere e dentro c’è un giocattolo».
Così ci piacerebbe che fossero i nostri viaggi: un momento in cui le
lancette dell’orologio si fermano, un momento per accorgerci dei fiori
che spuntano, per dimenticarci degli impegni seri e per ricordarci gli
uni degli altri.
Ci piace l’idea di far incontrare le storie raccontate con un’avventura
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vera, di unire magicamente per alcune ore (come nelle pagine di
Rodari) il viaggio reale con il viaggio fantastico. Di farne nascere
semplici occasioni per stare in compagnia, piccoli e grandi assieme:
per scoprire senza vincoli, per condividere esperienze, per mettere in
moto la nostra immaginazione.
Con il progetto Il Filobus numero 75 abbiamo dato vita ad una rete di
viaggi della fantasia con l’intento di unire tra loro, su scala regionale,
le diverse Biblioteche aderenti a Sulle Strade di Rodari.
Innanzitutto, viaggiare a bordo di un pullman, e non di uno qualsiasi!
Grazie alla collaborazione di SAF Autoservizi F.V.G., la più anziana
vettura extra-urbana in servizio, appositamente allestita, si è ben
prestata ad accogliere i suoi nuovi viaggiatori nella veste di Filobus
numero 75. E viaggiare proprio a bordo del Filobus è un privilegio che
non è dato a tutti.
Stranamente nessun viaggiatore si è meravigliato se durante una corsa
il Filobus è uscito di strada per fare una sosta accompagnata da una
storia di Gianni!
Poi, viaggiare a bordo del treno, ancora una volta non uno qualsiasi!
Ormai i piccoli viaggiatori della nostra regione sanno che un giorno
qualsiasi, arrivando nella loro biblioteca, potrebbero sentir annunciare
un viaggio de Il Treno delle Storie, progetto che 0432 conduce dal 2003.
Viaggiare in treno di linea significa fare i conti con l’orario, i binari, il
sottopassaggio; incrociare altri viaggiatori veri e - perché no - ascoltare
le loro storie improvvisate; mettere in conto un ritardo o un temporale
estivo che poi non ci spaventa veramente... insomma: il treno è un
viaggio viaggio, ed è un luogo ideale per ascoltare le storie di Gianni.
E per finire, viaggiare in bus attraverso la città. Questa volta sì, uno
qualsiasi. Significa che se lo perdiamo tocca prendere quello dopo, che
bisogna stringersi per far passare le persone, e che quando si arriva
magari c’è altra strada a piedi da fare. Significa condividere un pezzo
di cammino con altre persone che non si aspettavano di vederci salire
in tanti e di sentirci raccontare filastrocche, a ritmo di musica, tra una
curva e l’altra. Qualcuno sta al gioco, qualcuno sorride, interviene, ci
incita. Qualcuno fa finta di nulla e sembra scendere apposta alla prima
fermata. Qualcuno vorrebbe seguirci... ma al capolinea scendiamo
anche noi!
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Insomma: viaggiare è un allegro andare! E questo ci piace. Ma non lo
faremmo così di gusto se non fosse anche molto altro.
Viaggiare è un’esperienza che inizia dalla nostra disponibilità a partire,
non tanto ad arrivare in qualche posto. Partire, cioè aprire uno spazio
allo sconosciuto. Può essere un luogo dove non siamo mai stati... un
imprevisto da cogliere... una storia che incrociamo per la prima volta,
magari narrata da uno sconosciuto. Partire è darsi la possibilità di
incontrare.
In fin dei conti partire su ruote o rotaie non è molto diverso dal partire
con un libro di storie, racconti o filastrocche.
Entrambi i viaggi, quello reale e quello fantastico, condividono
qualcosa che non si vede e non si tocca, qualcosa che sta alla base del
nostro crescere.
Questo, crediamo, lo sapeva bene il signor Gianni Rodari, che ha fatto
crescere con le sue pagine viaggianti una e più generazioni di lettori
pronti a partire.
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il Filobus numero 75
Una mattina il filobus numero 75,
in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume,
invece di scendere verso Trastevere, prese il Gianicolo,
svoltò giù per l’Aurelia Antica e dopo pochi minuti
correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza…
…Si meravigliarono tutti.
E sì che avevano il giornale sotto gli occhi,
e in cima al giornale la data era scritta ben chiara:
21 marzo.
Il primo giorno di primavera tutto è possibile.
[Gianni Rodari - Favole al telefono]
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Secondo me è
come una strada
che non finisce mai.
[parole: Filippo 10 anni
disegno: Gabriele 8 anni]
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LABORATORIO BIOGRAFICO
Quando le storie diventano vere
Cooperativa Damatrà [Collettivo di ricerca creativa, educativa e culturale, che
ha ideato e coordinato il progetto Sulle strade di Rodari]
Tecnicamente la biografia è il resoconto della vita di qualcuno, ma una
vita non è solo un mero elenco di avvenimenti e date, è fatta di incontri,
emozioni, idee, paesaggi. Tanto più quando una vita è vissuta con una
speciale vocazione allo scambio, all’ascolto, all’incontro, al racconto
come nel caso di Gianni Rodari.
L’idea di un laboratorio di lettura costruito sulla biografia dell’autore
è perciò una conseguenza della generosità con cui lo stesso autore ha
vissuto. In questo senso i suoi racconti diventano finestre che si aprono
sulle vicende reali e il racconto della vita appassiona e invita a leggere
con più confidenza, quasi a tu per tu con chi scrive, avendo nelle
orecchie la sua voce scherzosa e negli occhi il suo sguardo ad altezza
di bambino. Raccontare la biografia significa avvicinare i bambini al
sentire dell’autore, alla sua poetica e all’idea viva che leggere è anche
entrare in relazione con chi scrive e con quanto di sé l’autore dissemina
nello spazio immateriale di una storia. È vero però che entrare in
relazione è più facile se si ha qualche cosa in comune e lo scopo del
laboratorio è stato quello di rendere visibili questi spazi di empatia. Il
racconto dell’infanzia, ad esempio, il papà coi baffi, la mamma troppo
stanca per raccontare le storie, un fratello poco più grande di lui, la
casa invasa dal profumo di pane appena sfornato, il temporale, i gatti.
Tanti aneddoti ricostruiti con rigore storico e immaginazione insieme,
che invitano i bambini a immedesimarsi, condividere il vissuto, le
esperienze, i sentimenti e le paure comuni a tutti i bambini sempre.
E poi il racconto dei libri letti voracemente, quasi mangiati insieme al
pane e cioccolata dentro ad un rifugio segreto costruito in cortile tra i
cassoni della farina. Tra tutti abbiamo ricordato il libro Cuore che gli
farà versare litri di lacrime e l’Atlante su cui cresce la passione per una
certa precisione geografica che abiterà in seguito le sue rime.
Ed infine la sua vocazione educativa a tutto tondo, iniziata tra i banchi
di scuola e mai conclusa, presente nella sua opera di maestro, giornalista,
uomo di partito, padre e scrittore.
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Educazione intesa come possibile chiave d’accesso al cambiamento
sociale, in un’accezione del rapporto educativo che si nutre di passione
e per passione intende «la capacità di resistenza e di rivolta; la volontà
di azione e di dedizione; il coraggio di sognare in grande; il dovere che
abbiamo, come uomini, di cambiare il mondo in meglio».
L’impegno politico di Gianni Rodari abita il suo scrivere, ci invita a
usare le parole in maniera creativa ed espressiva, e questo è un
incitamento ad appropriarsi della realtà per essere fautori di
cambiamento. Non ha mai considerato i suoi lettori fruitori passivi, ma
soggetti attivi nell’immaginare i mondi e i futuri.
Ci piaceva che di questo i bambini si accorgessero, così il racconto
biografico si è mescolato alla lettura di albi illustrati, racconti,
filastrocche, alcune della quali lette dalla sua viva voce, e poi ancora
fotografie, cartine geografiche, filmati d’epoca… La vita dello scrittore
è diventata così una favola, nella quale Gianni è l’eroe e la sua vita è la
trama del racconto.
LABORATORIO BIOGRAFICO
Bibliografia in viaggio
Questi sono i libri che abbiamo adoperato durante i laboratori.
Messi uno in fila all’altro diventano una strada lunga una vita.
Molte altre strade si possono percorrere viaggiando nella vastità
della produzione rodariana.
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OMEGNA
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23 tobre 1920
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Gianni Rodari nasce ad Omegna il 23 ottobre
1920.
«Da ogni punto della parola Omegna partono, per
me, fili che si allungano in ogni direzione […].
Per adesso preferisco che i ricordi, quando si
fanno vivi, rimangano dentro di me a nutrire le
mie emozioni, a colorire le mie fantasie».
C’era due volte il barone Lamberto
EDIZIONI EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2009
«Se vi mettete a Omegna, in piazza del
Municipio, vedrete uscire dal Cusio un fiume che
punta dritto verso le Alpi. Non è un gran fiume,
ma nemmeno un ruscelletto. Si chiama Nigolia e
vuole l’articolo al femminile: la Nigolia.»
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«Credo di averlo già detto sono figlio di un
fornaio […] La parola “forno” vuol dire, per me,
uno stanzone ingombro di sacchi, con
un'impastatrice meccanica sulla sinistra, e di
fronte le mattonelle bianche del forno, la sua
bocca che si apre e chiude, mio padre che
impasta, modella, inforna, sforna».
Filastrocche in cielo e in terra
EINAUDI, Torino, 1972
I colori dei mestieri
«Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri
s’alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli...»
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«Avevamo sempre dei gatti in casa. Forse è per
questo che mi vengono in mente tante storie di
gatti».
Gelsomino nel paese dei bugiardi
EDIZIONI EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2010
«Sono un gatto un po’ speciale, lo riconosco. Per
esempio, so anche leggere e scrivere. Ma
dopotutto sono figlio di un gessetto scolastico».
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Nel 1937 si diploma ed insegna come supplente
fino allo scoppio della guerra.
«Cerco di non essere un maestro noioso, ma
spero che i bambini imparino qualcosa dalle mie
storie e filastrocche. Mi basta che imparino a
guardare il mondo con gli occhi ben aperti.
Anche ridere è una maniera di imparare».
Grammatica della fantasia
EDIZIONI EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2010
«Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile
a chi crede nella necessità che l’immaginazione
abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia
nella creatività infantile; a chi sa quale valore di
liberazione possa avere la parola. “Tutti gli usi
della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal
bel suono democratico. Non perché tutti siano
artisti, ma perché nessuno sia schiavo».
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«La pace bisogna farla prima della guerra, non
dopo quando tutto è andato in pezzi. Suggerendo
questa piccola furberia a tutti i governanti della
terra, non ho fatto altro che il mio dovere».
La guerra delle campane
EMME EDIZIONI, San Dorligo della Valle (Trieste), 2004
«C’era una volta una guerra,
una grande e terribile guerra, che faceva morire
molti soldati da una parte e dall’altra».
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Nel 1947 comincia a lavorare come giornalista
alla redazione milanese de “L’Unità”.
«La domenica il giornale avrebbe pubblicato un
angolo per i bambini, curato da me.
In quell’angolo pubblicai le prime filastrocche,
fatte un po’ per ischerzo. Le filastrocche
piacquero. Cominciarono a scrivermi mamme e
bambini, per chiedermene delle altre: “Fanne una
per il mio papà che è tranviere”, “Fanne una per il
mio bambino che abita in uno scantinato”».
L’Unità, 17 aprile 1949
«Questa “filastrocca” ci è stata chiesta da una
mamma per la sua bambina che si chiama
Susanna. Adesso vorremmo anche insegnarle
come si recita una filastrocca, facendo saltare la
bambina sulle ginocchia e fingendo di lasciarla
cadere in ultimo, quando viene a “Sei tu!”. Ma a
una mamma queste cose non si insegnano».
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Nel 1951 esce il suo primo romanzo per Edizioni
di Cultura Sociale, Roma.
«Esce Le avventure di Cipollino tradotto in piú di
trenta lingue, dal francese al kabardino-balkarico,
dal russo al cinese, dal tedesco allo jakutoe».
Le avventure di Cipollino
EDIZIONI EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2010
«Una volta doveva passare di là anche il
Governatore, il Principe Limone. I dignitari di
corte erano molto preoccupati.
- Che cosa dirà Sua Altezza quando sentirà
questo odor di poveri?
- Si potrebbe profumarli, - suggerì il Gran
Ciambellano».
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Il 25 aprile 1953 sposa Maria Teresa Ferretti.
«- Com’è stata la tua vita con Gianni?
- Bella e battagliata. È difficile vivere con un
giornalista, scrittore e politico; faticoso per una
donna. Ma da una persona come lui si riceveva
sempre tanto».
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Il 24 gennaio 1957 nasce la figlia Paola.
«Un bambino, ogni bambino, bisognerebbe
accettarlo come un fatto nuovo con il quale il
mondo ricomincia ogni volta da capo».
Favole al telefono
EINAUDI, Torino, 1962
«“Mi raccomando, papà: tutte le sere una storia”.
Perché quella bambina non poteva dormire senza
una storia, e la mamma, quelle che sapeva, gliele
aveva già raccontate tutte anche tre volte. Così
ogni sera, dovunque si trovasse, alle nove in
punto il ragionier Bianchi chiamava al telefono
Varese e raccontava una storia alla sua bambina».
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Aprile 1970.
«Per l’insieme della sua opera, Rodari ha ricevuto
nel 1970, da una giuria internazionale, quel
Premio Andersen che viene definito “il Nobel
della letteratura infantile” (ma non comporta
assegni ...)».
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ROMA
14 aprile
1980
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Il 14 aprile del 1980 improvvisamente Gianni
Rodari muore.
C’era due volte il barone Lamberto
EDIZIONI EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2009
«Ogni lettore scontento del finale può cambiarlo
a suo piacere, aggiungendo al libro un capitolo o
due. O anche tredici.
Mai lasciarsi spaventare dalla parola
Fine».
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Sembra che
stia guardando il cielo,
sta pensando
ad una nuova storia?
[parole: Elisa 10 anni
disegno: Vanessa 10 anni]
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Sommario
pag. 6
Prefazione
QUANDO LA LETTURA DIVENTA AVVENTURA
Mario Di Rienzo [Direttore del Centro Studi Rodari di Orvieto]
pag. 14 C’ERA QUATTRO VOLTE GIANNI RODARI
Silvana Sola [Giannino Stoppani Cooperativa Culturale / Bologna]
pag. 20 L’ATTUALITÀ DELLA SCRITTURA RODARIANA
Livio Sossi [Docente di Letteratura per l’infanzia Università degli Studi di Udine,
Università del Litorale di Capodistria]
pag. 48 GIANNI RODARI IN BIBLIOTECA - GLI IRRINUNCIABILI DI GIANNI RODARI
Elena Braida [per i bibliotecari che hanno aderito al progetto Sulle strade di Rodari]
pag. 62 RODARI INCONTRA MUNARI
Cristina Viola [Fondatrice e Amministratrice di Fa...volando Cooperativa sociale,
studiosa di Bruno Munari e Gianni Rodari]
pag. 70 PARTIRE CON GIANNI RODARI
Associazione Culturale 0432 [Percorsi per l’infanzia]
pag. 76 LABORATORIO BIOGRAFICO
Cooperativa Damatrà [Collettivo di ricerca creativa, educativa e culturale,
che ha ideato e coordinato il progetto Sulle strade di Rodari]
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SULLE STRADE DI RODARI contatti
Cooperativa Damatrà
Udine
tel: 0432.235757 fax: 0432.235781
e-mail: [email protected]
web: www.damatra.com
Associazione culturale 0432
Basiliano - Udine
tel e fax: 0432.830355
e-mail: [email protected]
web: www.associazione0432.it
Cooperativa
Damatrà
ringraziamenti
Ringraziamo tutti coloro che a vario titolo e con differenti competenze e storie
hanno reso possibile questo omaggio a chi, per prova, con una storia vecchia ha
inventato una storia nuova.
Si ringraziano la SAF Autoservizi F.V.G. S.p.a. per il supporto tecnico alla
realizzazione del Filobus n.75 e la Libreria Pecora Nera.
Un ringraziamento in particolare i bambini e agli insegnanti delle oltre 120 classi
delle scuole dell’infanzia e primarie della regione Friuli Venezia Giulia che nell’anno
scolastico 2010/11 hanno partecipato al progetto.
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Sulle strade di Rodari è il risultato di un progetto coordinato
dalla Cooperativa Damatrà e realizzato con il sostegno di
tante biblioteche, insegnanti, bambini, operatori culturali,
lettori e di tutti coloro che a vario titolo e con differenti
competenze e storie hanno reso possibile questo omaggio a
chi, per prova, con una storia vecchia ha inventato una
storia nuova.
€ 10,00