Il mercato del private equity nel primo trimestre 2013
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Il mercato del private equity nel primo trimestre 2013
0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 55 Il mercato del private equity e degli LBO a cura di valter conca Il mercato del private equity nel primo trimestre 2013 Valter Conca [email protected] figura 1 35 Q ualche timido segnale di ripresa si registra nel mercato domestico del private equity: il primo trimestre 2013 si chiude con un totale di 34 nuove acquisizioni (comprese 11 operazioni di add-on) con un incremento del 62% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (21 nel primo trimestre del 2012, di cui sette addon). È interessante notare che più di un terzo delle acquisizioni, come del resto è accaduto nel 2012, è rappresentato da operazioni di add-on ovvero da acquisizioni successive al primo investimento effettuate dalla c.d. platform. Ciò conferma la necessità di trovare nelle forme di aggregazione aziendale una potenziale risposta alla crisi della crescita di tipo interno. Dai primi dati elaborati dal PE & LBO Lab numero acquisizioni - i° trimestre 33 30 25 23 20 18 15 14 14 12 10 5 0 2008 Acquisizioni 2009 2010 Add-on 2011 2012 2013 rubrica l’87% delle acquisizioni si concentra nelle PMI con un fatturato medio di circa 53 milioni di euro, prevalentemente nella forbice tra i 10 e i 50 milioni, a dimostrazione che il segmento target si colloca nelle imprese con fatturato inferiore ai 100 milioni di euro. I primi dati del trimestre confermano inoltre l’assenza di operazioni di grandi dimensioni, a eccezione del Gruppo Cerved, secondary buyout ad opera del fondo CVC Capital Partners con un multiplo EV/ EBITDA di circa 8,3. La quota media di equity investito acquisita nel periodo in esame è stata pari a circa il 62%, decisamente superiore rispetto a quella del primo trimestre 2012, che era pari al 48%. Le operazioni che hanno ottenuto il controllo della target sono state tredici (54% del totale), contro le quattro del primo trimestre 2012; se si escludono le operazioni di expansion effettuate dal Fondo Italiano d’Investimento, la percentuale delle operazioni volte ad acquisire il controllo sale al 68%. Gli investimenti sono stati effettuati da 29 operatori, in prevalenza italiani; si assiste, tuttavia, a un ritorno a operazioni cross border e a un rinnovato interesse da parte dei fondi esteri (il 41% degli operatori attivi nel primo trimestre è non residente) in buona parte focalizzati sui settori delle utilities ed energie rinnovabili, moda e information technologies. Ancora una volta il Fondo Italiano d’Investimento rappresenta il primo player con ben sette operazioni (di cui i due add-on di Eco Eridania in coinvestimento con Xenon). Gli altri operatori concentrano le proprie energie prevalentemente su operazioni singole di maggioranza sotto forma di buy-out. Nel primo trimestre 2013 si rileva un sostanziale equilibrio tra il numero di investimenti in operazioni di expansion e di buyout (escludendo le operazioni di add-on). 55 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 56 Il mercato del private equity e degli LBO economia & management 4 - 2013 figura 2 rubrica tipologia operazioni 80% 70% 60% 50% 39% 40% 39% 30% 20% 0% 13% 9% 10% 0% Buy-out Early stage Expansion 2012 SBO MBI 2013 Destano ancora interesse i secondary buyout, che rappresentano circa il 13% delle transazioni effettuate nel trimestre. Il fenomeno è riconducibile sia a mercati non ancora favorevoli alle IPO sia alla necessità da parte dei PE di disinvestire le proprie partecipazioni per non allungare ulteriormente l’holding period. Si registra inoltre una sensibile ripresa della leva finanziaria concessa dal sistema bancario, sempre più affiancata dal vendor loan, che di fatto rappresenta una forma di garanzia collaterale al buon esito dell’operazione. Gli investimenti appaiono frammentati fra i vari settori figura 3 investimenti per settore Utilities 12% Turismo e ristorazione 9% Business services 3% Consumer goods 17% © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Farmaceutico e chimico 15% Professional services 6% Investment goods e componentistica 17% 56 Waste management 6% ICT 15% con una prevalenza nei beni di consumo e industriali con 12 acquisizioni (34% del totale); seguono poi cinque acquisizioni rispettivamente nei settori farmaceutico e chimico e ICT. Il mercato continua a caratterizzarsi per la consolidata difficoltà a procedere a way-out remunerative. Tuttavia, analizzando le dismissioni sia totali sia parziali si nota anche in questo caso una sottile ripresa rispetto al trend passato (tre nel 2012 e sei nel 2013). Come già sopra ricordato, il 66% delle way-out del trimestre sono state realizzate nella forma di SBO. Ciò significa che vi sono società che ancora oggi mostrano interessanti prospettive di crescita, al punto da reggere a un secondo giro di leva. Tra le più significative si segnalano il Gruppo Cerved e Biolchim. Una conferma arriva da un recente studio di Boston Consulting Group, che analizza la performance di 255 aziende oggetto di almeno un secondary buyout nel periodo 2006-2012. Il rendimento mediano annuo è risultato superiore del 4% rispetto a quello ottenuto investendo in altre società con un singolo buyout e nello stesso lasso temporale. L’holding period medio delle operazioni che hanno avuto la way-out nel periodo in esame del 2013 è pari a 3,9 anni. Le evidenze di un mercato in fase di cambiamento sono palesi: dalla scomparsa di alcuni big player internazionali alle aggregazioni tra società di gestione di minori dimensioni con obiettivi di fondo talvolta differenti (Bs Private Equity e Sofipa confluite in Synergo, Fondamenta in Quadrivio, Cape Natixis in Opera). Anche a livello internazionale si evidenziano scelte strategiche ben chiare di cessione di asset illiquidi o particolarmente rischiosi da parte di banche e di assicurazioni obbligate a fare cassa. Lo dimostrano varie operazioni: la cessione della divisione di private equity di Credit Suisse a Blackstone; la britannica Barclays, che ha realizzato lo spin-off della sua attività di private equity, oggi denominata Equistone; e infine, a inizio 2013, il gruppo assicurativo francese Axa, che ha ceduto la maggioranza di Axa Private Equity ai top manager del fondo, affiancati da un gruppo di investitori composto da alcune famiglie e istituzioni francesi. Infine, degna di attenzione appare l’informazione sull’aumentata propensione dei fondi pensione americani a investire proprio nel private equity, iniziativa decisamente in controtendenza rispetto al contesto domestico. π 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 57 Il mercato del private equity e degli LBO economia & management 4 - 2013 π Anatomia di un deal: la crescita per add-on di Eurodifarm tabella 1 rubrica sintesi dati economico-finanziari Valentina Franceschini Wise Sgr Fatturato al closing (€ mln) 30 Lida Trasciatti SDA Bocconi EBITDA al closing (€ mln) 0,9 EBIT al closing (€ mln) 0,5 PFN al closing (€ mln) (0,4) Rapporto leva pre-operazione 0,97 Rapporto leva post-operazione 2,89 Inquadramento strategico dell’operazione: le motivazioni dell’investimento Eurodifarm è l’operatore leader nella distribuzione a temperatura controllata sul territorio italiano di farmaci e prodotti diagnostici. L’azienda si occupa del c.d. trasporto secondario ovvero del trasporto dei prodotti farmaceutici dai magazzini degli operatori logistici – che gestiscono in outsourcing lo stock delle aziende farmaceutiche – ai distributori, alle farmacie e agli ospedali (cd. collettame). L’azienda è stata fondata nel 1997 da tre imprenditori che avevano intuito la necessità di creare un operatore con un profilo nazionale tale da rispondere all’esigenza fortemente sentita dai clienti di avere un interlocutore professionale e di peso sul territorio che permettesse: Ω un livello di servizio omogeneo e di qualità (anche in considerazione della particolarità del prodotto trasportato); Ω un’ottimizzazione (anche economica) dei carichi affidati; Ω una diminuzione del paper work associato alle consegne. Dieci anni dopo, nel 2007, Eurodifarm aveva raggiunto un fatturato di quasi 30 milioni di euro con un EBITDA margin del 3%. L’azienda aveva quattro filiali dirette in altrettante regioni, oltre a undici corrispondenti regionali, ed era considerata co-leader nel suo mercato di riferimento (territorio nazionale) insieme a Rinaldi che, oltre alla nicchia del farmaco, aveva iniziato a competere anche nel mondo generalista. tabella 2 attori coinvolti nell’operazione Investitori Wise Sgr Fondo Wisequity II & Macchine Italia Advisor legale Simmons & Simmons Advisor contabile e tributario Studio Spadacini Banche finanziatrici BPM tabella 3 dettagli dell’operazione Tipologia operazione Management Buy-Out Prezzo di acquisto target (€ mln) circa 4 % di capitale acquisita circa 80% Nel giugno 2008 Wise Sgr, specializzata nell’investimento in PMI italiane, entra nell’equity di Eurodifarm con una quota di circa l’80% del capitale. L’operazione si configura come un Management Buy-Out in cui i soci, sollecitati da operatori industriali a cedere la propria azienda, mantengono il restante 20%. Parte del prezzo pagato da Wise al momento del closing è debito senior, per un valore di 9 milioni di euro. La parte restante è capitale sottoscritto dal Fondo Wisequity II & Macchine Italia. Ulteriori dati vengono riassunti nelle tabelle a fianco. tabella 4 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI La struttura dell’operazione: obiettivi finanziamento dell’operazione Indebitamento assunto per finanziare l’operazione (€ mln) 9 % Debito e % Equity sul totale delle fonti per finanziare l’operazione 33% Equity 66% Debt Costo medio finanziamento operazione 215 bps su Euribor a tre mesi 57 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 58 Il mercato del private equity e degli LBO © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 rubrica Il team di gestione del fondo ha ritenuto che l’investimento di Wise in Eurodifarm fosse d’interesse per una serie di motivazioni. Ω Le dimensioni contenute del mercato (farmaceutico) in un business di massa critica come quello del collettame spingevano necessariamente al consolidamento e all’emersione di un leader. Eurodifarm si presentava come il principale operatore con profilo nazionale nel suo settore di riferimento ed era, per qualità dell’offerta e per competitività delle tariffe, il candidato ideale a tale posizione di leadership. Ci si attendeva, infatti, una crescita dei volumi trasportati e della quota di mercato. Ω Si intravedevano, inoltre, interessanti opportunità di aggregazione di operatori locali che potevano contribuire, a loro volta, a incrementare il portafoglio clienti e, al tempo stesso, il presidio locale in alcune regioni considerate strategiche. Ω L’incremento della massa critica in un business di costi fissi (network) come quello del collettame avrebbe conseguentemente portato a un incremento della marginalità, ancora depressa ai tempi dell’investimento. Il modello di business di Eurodifarm è infatti, sostanzialmente, quello di un corriere espresso del farmaco e, come tutti i trasporti di collettame, presenta criticità non banali e – altra faccia della medaglia – rilevanti barriere all’ingresso. La necessità, infatti, di una massa critica sufficiente a garantire una gestione profittevole del network territoriale è la chiave del business. Se nel mercato del collettame generalista i volumi sono tali da garantire la presenza (sopravvivenza) di un numero superiore a un operatore, sebbene in un contesto altamente competitivo, nella piccola nicchia del farmaco la presenza di più operatori nel trasporto a temperatura controllata è altamente inefficiente. Ciò è dimostrato dai numerosi fallimenti di altri player, compreso Rinaldi, uscito dal mercato pochi mesi prima dell’ingresso di Wise in Eurodifarm. Raggiungere tali traguardi, oltre a una maggiore managerializzazione dell’azienda e alla costruzione di sistemi di gestione sempre più efficaci, era l’obiettivo dell’investimento. Il valore strategico degli add-on L’operazione di investimento in Eurodifarm è avvenuta già in logica aggregativa. 58 Infatti, il Fondo ha acquisito contemporaneamente Eurodifarm, con un fatturato di circa 30 milioni di euro e Pucci Trasporti, azienda di trasporto del farmaco attiva nella sola Toscana con un fatturato di 7 milioni di euro. Pucci era contemporaneamente un fornitore di Eurodifarm (a cui quest’ultima affidava le consegne da svolgere in Toscana) e un competitor (alcuni clienti affidavano direttamente a Pucci le consegne nella regione). Pertanto, attraverso una parziale integrazione a valle, Eurodifarm acquisiva, al tempo stesso, clienti e quota di mercato. La medesima operazione è stata svolta più avanti, quando Eurodifarm ha individuato nell’acquisizione del ramo d’azienda della società DDF di Ferrara il tassello decisivo per poter essere considerata, di fatto, l’unico operatore professionale nel trasporto del farmaco a temperatura controllata sul territorio nazionale. La DDF nel 2009, anno dell’acquisizione attraverso un asset deal del suo ramo operativo, fatturava 3,5 milioni di euro ed era un’azienda mal gestita e in perdita. Pur tuttavia, DDF era sostanzialmente l’unico operatore regionale in Emilia-Romagna e l’opportunità di acquisire i suoi asset (portafoglio clienti, network distributivo e qualche automezzo) a un valore irrisorio (l’esborso netto di Eurodifarm è stato pari a soli 250.000 euro) aveva una duplice valenza: Ω proattiva, al fine di incrementare il proprio profilo nazionale; Ω difensiva, dal momento che era necessario evitare che l’intera filiera si inceppasse, venendo a mancare un operatore storico della catena. DDF, infatti, come Pucci, era al tempo stesso concorrente e fornitore di Eurodifarm. La sua chiusura avrebbe comportato una perdita di valore per la stessa Eurodifarm e la necessità di costruire una filiale regionale green field. A seguito delle operazioni di add-on effettuate, nel 2009, Eurodifarm aveva raggiunto un fatturato di 47,4 milioni di euro, in crescita di circa il 20% annuo (CAGR) dal 2007, sette filiali dirette a Milano, Brescia, Padova, Genova, Ferrara, Firenze, Roma e otto fedeli fornitori di servizi di consegna espressi soprattutto nel Centro-Sud Italia. Tuttavia, la marginalità dell’azienda era ancora molto contenuta (EBITDA margin del 3% circa). 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 59 Il mercato del private equity e degli LBO economia & management 4 - 2013 Wisequity II & Macchine Italia Soci tabella 5 la strategia di add-on NewCo Soci Wisequity II & Macchine Italia Eurodifarm Srl Eurodifarm Srl Pucci Express Srl Ramo d’azienda DDF L’integrazione Il passaggio decisivo, post add-on, è stato tuttavia l’attività di integrazione effettuata dal management dell’azienda e, in particolare, del suo amministratore delegato, Aldo Soffientini, che ha iniziato: Ω da un lato, a sfruttare dal punto di vista commerciale la ormai solida posizione di leadership nel mercato che offriva nessuna alternativa dal punto di vista nazionale e poche alternative dal punto di vista regionale; Ω dall’altro, a incrementare la profittabilità dell’azienda, ottimizzando i costi di linea (ovvero i costi per i trasporti in bilico dal centro di smistamento centrale ai centri di smistamento periferici) grazie alla maggior massa critica e omogeneizzando, secondo i benchmark aziendali, i costi di distribuzione e gestione del magazzino delle sedi periferiche (esistenti e nuove acquisite). Nel 2010 Eurodifarm ha chiuso un bilancio con un fatturato pari a 52,7 milioni di euro e un EBITDA pari a 5,8 milioni di euro, ovvero circa 11% sul fatturato. eurodifarm dati economici a confronto 2007 2009 2010 Fatturato (€ mln) 30 47,4 52,7 EBITDA margin 3% 3% 11% Numero filiali 4 7 7 Dipendenti 18 46 61 Way-out La chiara e accresciuta leadership acquisita da Eurodifarm sul mercato ha portato alcuni player industriali, presenti e non nel mercato di riferimento, ad approcciare Wise con l’intento di acquisire la società. Tra di essi, il più motivato e premiante è risultato il gruppo DHL che, in Italia, ha una posizione di leadership nella gestione logistica dei prodotti farmaceutici per conto dei produttori ed era il principale cliente di Eurodifarm. La motivazione strategica dietro l’interesse di DHL era sostanzialmente la volontà di integrarsi a valle nella filiera e, in particolare, essere detentore in esclusiva dell’attività di distribuzione del farmaco in Italia con importanti ricadute commerciali nell’acquisizione di nuovi clienti per l’attività logistica. Wise ha completato la cessione di Eurodifarm a DHL nel maggio 2011 con una valorizzazione dell’azienda pari a 33 milioni di euro, ovvero circa 5,8x l’EBITDA 2010, e un ritorno per il Fondo pari a oltre 5x il capitale investito. π tabella 6 eurodifarm driver dell’operazione Closing - 2008 Way-out Enterprise value (€ mln) 13,1 33 EV/EBITDA 5,7x 5,8x EBITDA (€ mln) 0,9 5,7 -- 5x Cash multiple © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI figura 1 rubrica 59 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.04 Pagina 60 Il mercato del private equity e degli LBO economia & management 4 - 2013 rubrica box IL PARERE DELL’ESPERTO A CURA DI LUIGI DE LILLO, EPYON CONSULTING SRL LA CENTRALITÀ DELLA SITUAZIONE PATRIMONIALE NELLA NORMATIVA FALLIMENTARE: I CONCORDATI MISTI L’ITALIA STA AFFRONTANDO UNA CRISI senza precedenti, © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI come testimonia il sempre crescente numero di imprese che usufruiscono dell’istituto della cassa integrazione o di interventi vari di ristrutturazione. In questo difficile quadro generale è maturata la necessità di offrire alle imprese strumenti e percorsi normativi che ne agevolino la ripresa. Il legislatore, con l’intento di fornire una pronta risposta alla situazione, ha riformato la normativa fallimentare nell’agosto dello scorso anno. Le novità di maggior rilievo hanno riguardato: il cosiddetto “concordato in bianco”, la disciplina per il “concordato in continuità”, la possibilità di ottenere “finanza ponte” prededucibile, il blocco delle azioni esecutive e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo, l’estensione ai piani ex art 67 LF e agli accordi di ristrutturazione ex art 182-bis LF dell’obbligo per l’attestatore di esprimersi sulla “veridicità dei dati aziendali”. Quale effetto della riforma si è avuto un maggior ricorso allo strumento del concordato in bianco, anche per gli effetti sul blocco delle azioni esecutive e cautelari. Nel concordato, tra i vari documenti richiesti dalla normativa, assume particolare rilevanza la situazione patrimoniale, fondamentale in quanto rappresenta lo spartiacque fra il prima e il dopo, nonché uno dei principali elementi di partenza del processo di ristrutturazione. Allo stesso tempo, in questi anni i piani di risanamento hanno evidenziato importanti crepe proprio con riferimento all’affidabilità della situazione patrimoniale di partenza. Sovente, infatti, nell’attuazione del piano l’attivo non si è 60 tradotto in cassa come da attese, mentre al passivo si sono generati esborsi non previsti. Tipicamente crediti commerciali, magazzino e fondi rischi hanno rappresentato alcune delle voci a maggior criticità. In quest’ottica, al redattore è richiesto di adattarsi al nuovo scenario e di rappresentare nella situazione patrimoniale tutti i potenziali rischi di realizzo dell’attivo e in modo completo le passività. A rendere il processo ulteriormente complesso contribuisce anche il fattore tempo e, mutuandolo dal mondo anglosassone, il termine fast closing ben descrive la rapidità necessaria per dare corpo alla chiusura dei conti. È opportuno premettere che i responsabili del bilancio hanno negli anni maturato una consolidata esperienza nell’applicazione del principio della continuità aziendale, il quale, di fatto, assume che l’azienda abbia un orizzonte di vita quasi “indeterminato”. Tale indeterminatezza temporale consente di considerare alcuni eventi solo in prossimità del loro verificarsi, avvicinandosi, in tal senso, al “principio di cassa”. Allo stesso modo, la continuità, soprattutto se in un contesto di crescita, può anche favorire le imprese nella gestione di tensioni finanziarie mediante l’utilizzo di strumenti, come la cessione di crediti a società di factoring, che consentono di conseguire uno spostamento in là nel tempo dei problemi di liquidità. Al contrario, una situazione di restructuring necessita di un’attenta analisi al fine di anticipare nella situazione patrimoniale tutti i rischi prevedibili e tale esigenza richiede all’azienda di aver maturato, nel tempo, solide tecniche di stima e una base dati adeguata a supporto di tali processi. 0070.equity_413_0070.equity_413.qxd 11/07/13 10.05 Pagina 61 Il mercato del private equity e degli LBO economia & management 4 - 2013 alle perdite storiche, opportunamente integrata dall’analisi dei crediti ancora in contenzioso. Tale ultimo metodo ha in particolare il pregio di collegare la rischiosità dello stato “legale” del credito (decreto ingiuntivo, fallimento ecc.) all’anno di formazione e al fatturato di riferimento, consentendo in questo modo di meglio apprezzare il deterioramento della qualità del fatturato, primario indicatore dei futuri rischi di perdite su crediti. Se poi l’impresa ricorre a cessioni dei crediti a società di factoring, la stima del rischio di portafoglio è cruciale. In tal senso il redattore può provare a quantificare il rischio in tre passaggi: analizzando il trend degli ammontari ceduti al factoring su un arco di tempo giudicato rappresentativo; valutando quindi il trend dei crediti non incassati dal factor e retrocessi alla società e, da ultimo, considerando la quota effettiva dei crediti retrocessi divenuta inesigibile nonostante i tentativi di recupero posti in essere dalla società. L’esempio dimostra come le stime siano un ambito complesso. I processi sono facilitati se la società negli anni ha maturato una propria prassi rigorosa e accumulato una solida base dati. Non necessariamente l’esperienza storica deve rappresentare l’unica fonte cui rivolgersi, tuttavia la disponibilità di linee guida e il riferimento ai trend storici possono essere un’ottima base di partenza nel tentativo di anticipare i rischi. Da ultimo richiamiamo l’attenzione al fatto che l’area amministrativa è spesso una delle prime vittime di interventi di riduzione del personale. Le precedenti considerazioni dovrebbero aver dimostrato come la disponibilità di una struttura amministrativa efficiente e ben funzionante sia un elemento di forza in un contesto di continuità, ma lo è ancor di più in una situazione di ristrutturazione, dove la “qualità” dei numeri e un attento controllo del business è il primo passo per ripartire. π © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Di particolare complessità si profilano i concordati misti, dove la coesistenza di un doppio binario continuità-liquidazione richiede al redattore della situazione patrimoniale la capacità di far convivere i principi della continuità con quelli liquidatori coerentemente con i piani previsti. A confronto, anche lo scenario meramente liquidatorio, benché complesso, è agevolato dall’essere finalizzato alla sola liquidazione. Sotto il profilo puramente contabile, un valido riferimento, benché consideri situazioni differenti da quella in oggetto, è rappresentato dall’OIC n. 5 “Bilanci di liquidazione”, il quale può supportare l’analisi e l’individuazione di soluzioni appropriate quantomeno sotto il profilo dei principi di riferimento. In generale, nella predisposizione di un bilancio alcune voci si distinguono per un grado di complessità maggiore, e nell’ambito di un processo di restructuring alcune di queste manifestano ulteriori profili di difficoltà. I crediti commerciali e il processo di stima del fondo svalutazione rispondono a tale identikit e rappresentano un’area di elevato interesse per i possibili effetti sui flussi di cassa. Nello scenario del normale funzionamento la valutazione dei crediti è un processo di solito guidato da scadenziari e metodologie di calcolo sintetiche: l’utilizzo di percentuali forfettarie per classi di scaduto ne è un classico esempio. Al contrario, il concordato richiede maggior accuratezza e analiticità e tale approccio presuppone innanzitutto di considerare l’intero monte crediti, includendo quindi anche i crediti oggetto di anticipazione bancaria così come quelli ceduti con clausola pro solvendo. Queste due tipologie sovente sono trascurate nelle situazioni di funzionamento, soprattutto i crediti ceduti in quanto l’anticipazione ricevuta porta a considerarli come definitivamente incassati. Inoltre, una robusta verifica dei rischi di incasso non può prescindere dall’esame delle singole posizioni unitamente rubrica 61