band: cocorosie

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band: cocorosie
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BAND: A HAWK AND A
HACKSAW
TITLE: DÉLIVRANCE
LABEL: THE LEAF LABEL
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ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2009_ahawkandahacksaw.htm
Ogni lavoro della band di Jeremy Barnes e Heather Trost descrive un itinerario, un‟immersione
completa in un patrimonio musicale dalle mille sfaccettature, la cui complessità è oggetto di
analisi approfondita fin nei suoi dettagli più periferici, animata al tempo stesso da volontà di
conoscenza e consapevolezza di un‟insuperabile estraneità culturale.
Le contaminazioni tradizionali lato sensu “balcaniche” negli ultimi anni sono state frequenti in
produzioni indipendenti dalle matrici più disparate, poche delle quali hanno tuttavia raggiunto i
livelli di compenetrazione artistica e culturale di A Hawk And A Hacksaw. Lo sguardo di Barnes
non si è infatti limitato a quello indistinto d‟insieme di un viaggio turistico nell‟Europa Orientale
(alla Beirut, per intenderci), ma si è spinto a scandagliare luoghi, popoli e tradizioni: per farlo,
Barnes si è trasferito stabilmente a Budapest in occasione della collaborazione con l‟Hun
Hungár Ensemble, muovendo poi di lì verso ulteriori esplorazioni di terre e folclori altrimenti
dimenticati.
La capitale ungherese è stata luogo eletto per la realizzazione di “Délivrance”, album che
riprende le scatenate ballate in salsa gitana per cui la band si era segnalata con i precedenti
“Darkness At Noon” e “The Way The Wind Blows”, arricchendole di percorsi dal raggio ancora
più ampio, volti a evidenziare un sincretismo non limitato all‟ambito musicale, che travalica
confini geografici, storici e politici.
Non solo Balcani, dunque, ma anche Carpazi, Danubio e poi, ancora verso Est e Sud: Grecia,
Turchia e ancora oltre, fino a Israele, alla ricerca dei legami mediterranei tra Asia ed Europa,
ripercorrendo a ritroso i tragitti degli ebrei ortodossi e dei conquistatori ottomani.
Il contenuto musicale di questo itinerario è rappresentato da dieci brani, quasi tutti connotati
da un polveroso andamento uptempo e da una notevole ricchezza strumentale, che non si
limita a un calligrafico profluvio di ritmi e ottoni, dilettandosi invece nella ricerca di peculiarità
compositive (non a caso quattro brani sono tradizionali o loro riadattamenti) e strumentali,
come nel caso del cymbalum, strumento simile al dulcimer suonato con la bacchetta. In pochi
giri di danza scatenata si passa così dalla ballata greca al bozouki “Foni Tu Argile” agli
arabeschi obliqui di “Kertész” e “Hummingbirds”, dall‟impeto della fisarmonica allo stridore dei
violini, fino a melodie aspre e sinuose, che segnano l‟ulteriore passaggio ad Est, ricostruendo le
tessere di legami storico-culturali mai completamente dissolti.
L‟impronta dei brani permane in prevalenza calda e gioiosa, senza con ciò sfociare in
superficialità ridanciane, mostrando anzi anche qualche istantanea di solenne nostalgia
(“Raggle Taggle”) e riflessive stratificazioni melodiche, che tuttavia solo in rare occasioni
assumono compiuta forma di ballata. Si tratta, con tutta evidenza, di una precisa impostazione
stilistica, ma anche di un limite allo sviluppo di un autonomo profilo artistico tale da risultare
ispirato alla tradizione e al tempo da essa svincolato; nonostante la coerenza di fondo del loro
studio etno-musicale A Hawk And A Hacksaw solo a tratti danno l‟impressione di fornire un
proprio contributo personale a quella che sembra piuttosto un‟accorta ricognizione
antropologica.
Sarà per questo che il vero limite di simili operazioni continua a risiedere nella difficoltà di
trascendere la mera ricerca sonora attraverso soluzioni originali, quali quelle qui appena
delineate in miniature tzigane o arabeggianti e nella ballata di fisarmonica e violini “I Am Not A
Gambling Man”, unico pezzo veramente in grado di rideclinare al presente un‟opera che pure
riesce molto bene a rendere i sentori esotici e incantati di luoghi e atmosfere di un altrove
spazio-temporale.
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SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/preview.php?s=review&review_id=3210
Tanto ci ha messo Jeremy Barnes ad appropriarsi dell‟Est nel senso più universale del termine
che ora la tentazione di tacciarlo d‟eccessiva ortodossia è forte come è stato irresistibile
criticarlo per gli espedienti avant con i quali era partito sotto l‟attuale pseudonimo. Del resto
consigliare oggi A Hack And A Hacksaw, passata tanta acqua sotto il ponte del trans-folk,
significa per forza di cose guardare oltre e puntare dritto allo scaffale delle più rinomate
compagini del settore. A livello di preparazione e sofisticazione, il duo del New Mexico non ha
niente da invidiare alle Instanbul oriental ensemble, Fanfare Ciocarlia e Kocani Orkestar del
caso, anzi, per buon un 90%, è in tutto e per tutto assimilabile ad esse.
Ma attenzione c‟è una differenza, sarebbe un grosso torto tralasciare la componente di ricerca
in Délivrance. Barnes e Trost si spacceranno anche per autoctoni suonando ai ristoranti rumeni
o nelle piazze di Gerusalemme ma non lo sono. Si definiscono outsider e musicisti Americani.
Sul loro my space, come location, c‟è una località del New Mexico e sulla carta d‟identità della
The Hun Hangár Ensemble, con la quale hanno firmato il precedente e questo lavoro, ci sono
pur sempre studi Occidentali. Sotto il vestito minimalismo e free, arte povera e il suo contrario,
il massimalismo. E' uno stra-folk che non si spoglia d‟Occidente quello di AHAAH perché è pur
sempre con l‟intelligenza e le tecniche di quest‟ultimo che si guarda a Est.
Se ascoltando Deliverance questi mondi vi sembreranno più vivi e lucidi che nella Kocani o
nelle varie bande total folk, ecco lo spettro della post modernità incombere su di voi. Tradotto
vuol dire Foni Tu Argile, una canzone tradizionale greca per bouzouki e canto che il duo, con
l'aiuto del collaboratore Chris Hladowski, si trasforma in un virtuoso stomp per Scatter e Nalle.
Niente voci solo la melodia e percussioni a mo di spezie. Oppure, se Kertész vi fa tanto Est
sappiate che è su quelle note che Romania e Ungheria s'incontrano in una girandola di
fisarmonica, violino e cymbalum, uno strumento simile al dulcimer suonato con le bacchette.
Barnes stesso, nella press, spiega che il brano omaggia la café music di Bucarest degli anni
Sessanta influenzata a sua volta dalla musica turca del 18° e 19° secolo.
Chiaro? Non abbiamo a che fare con musicisti che hanno bisogno di ideologie pro o contro
qualcosa, nemmeno gente che sacralizza la musica della quale si sono impadroniti. C‟è una
forte fascinazione, ma siamo ben oltre, è lo spirito di ricerca e di confronto la base. Di più, una
ricerca non spasmodica, non tesa a esaltare questa cultura su quella. Uniti allo studio in loco
delle tradizioni, sono i migliori presupposti per una musica scoperta, assimilata e vissuta. E si
sente. Niente cartoline. Niente field recording. Qui si suona con la S maiuscola.
BEAT MAGAZINE ONLINE
http://www.beatmag.it/beat_receinterna.php?id=2014
Le festose melodie balcaniche stanno conquistando il mondo e il loro canale di esportazione
non è più esclusiva di Goran Bregovich e la sua orchestra per matrimoni e funerali o dei
tarantolati Gogol Bordello. Oggi, sono le mille orchestre di Budapest ad essere richieste
ovunque, da artisti di ogni tipo. Ultimi, per data di pubblicazione, gli AHAAH, folk band
originaria del New Mexico, che dopo zingare peregrinazioni tra Inghilterra, Francia, Repubblica
Cieca e Romania, si è fermata in Ungheria per suonare con The Hun Hangár Ensemble. Ne è
uscito prima un EP ed ora questo “Delivrance”, una spruzzata di allegria tra violini e
fisarmoniche per una festa in onore dell‟integrazione razziale.
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ROCKSHOCK
http://www.rockshock.it/a-hawk-and-a-hacksaw-delivrance/
Délivrance si apre con un canto arcaico, Foni tu Argile, che scopriamo poi essere una canzone
tradizionale greca. Attacca poi l‟eco della modernità, senza voce, senza recitazione. Lo spazio
viene totalmente affidato alla musica. Una musica che richiama le isole del mar Egeo a tal
punto da rendere impossibile non muovere ogni parte del corpo.
Ciò che sorprende nell‟ascoltare l‟album degli AHAAH (A Hawk and a Hacksaw, letteralmente
”un falco ed un seghetto” ?!) è la varietà dei suoni e la gamma strumentale. Il gruppo formato
da Jeremy Barnes (voce, armonica e batteria) e Heather Trost (violino), ha collaborato con The
Hun Hangár Ensemble conosciuta in Ungheria e con Kálmán Balogh, specialista nel cymbalum
gitano. Il risultato è una produzione variabile ma sorprendente nonostante la sua ripetitività.
Difatti, fedeli alla tradizione delle danze popolari, i brani sono caratterizzati da una costante
base musicale, una cellula melodica che funge da ritmo costante sul quale adagiare il resto
delle sonorità.
Talvolta la fusione tra queste due parti musicali risulta bizzarra, come in Kértesz, tra l‟altro uno
dei pochi brani in cui ascoltiamo la voce di Jeremy. Si presenta con una sorta di cadenza
lamentosa che ricorda il canto di Dave Gahan (Depeche Mode), peccato che qui non abbiamo
nulla a che vedere con il synth pop del gruppo britannico.
Gli AHAAH sono partiti dal New Mexico (USA) per toccare la terra europea e non: Ungheria,
Turchia, Israele, Nuova Zelanda, Australia … ed anche se le dieci canzoni di Délivrance sono
ispirate al periodo ungherese, al loro interno vi è il sapore di tutti i luoghi visitati. Luoghi nei
quali i giovani artisti si divertivano a dare luogo ad happening musicali in grado di coinvolgere
musicisti di passaggio, turisti, ed ogni altro tipo di persona attratto dalla musica!
Tornando ai brani, sono spesso lunghi e caratterizzati da un leitmotiv già menzionato. Oltre
alla loro caratteristica etnicità, come si definisce la musica al di fuori dei confini occidentali,
queste composizioni sono curiose in titolo ed andamento ritmico. Come la rocambolesca The
man who sold his beard che dopo un dialogo tra violini impazziti, si chiude come le colonne
musicali di Ennio Morricone nella Trilogia del dollaro di Leone. Oppure come Raggle Taggle che
si apre come un lento incedere e si scatena successivamente in musicalità dal sapore
irlandese. Potremmo citare ancora Turkyie, Zibiou e Vasalia carries a flaming skill through the
forest, un nome e un programma … che vale la pena ascoltare! (3/5)
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DISCOCLUB 65
http://www.discoclub65.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2907&Itemid=36
Gli americani hanno l‟ossessione delle radici (un‟ossessione che ha influenzato l‟intera carriera
di Bob Dylan, tanto per dire); non solo le loro, ma quelle di chiunque. Jeremy Barnes (ex
Neutral Milk Hotel) ed Heather Trost sono di Albuquerque, Nuovo Messico e, come il
concittadino Zach Condon-in-arte-Beirut (di cui sono stati collaboratori), un bel giorno hanno
deciso di partire in suono verso l‟Europa orientale. Ma mentre Condon lo ha fatto tenendo ben
presenti le proprie passioni rock, Barnes e la Trost si sono tuffati nudi in un lago Balaton di
violini, fisarmoniche e cymbalon riemergendone felici e magiarizzati. Tanta capacità mimetica è
dimostrata sia dal fatto che i due abbiano preso residenza a Budapest sia da questo
Délivrance, realizzato, come il precedente ep, con il contributo degli strumentisti dell‟Hun
Hangar Ensemble. Il disco è vivace e trascinante e sicuramente può attirare molti giovani
ascoltatori „indie‟ verso suoni che altrimenti non frequenterebbero, però non differisce troppo,
neppure nelle composizioni firmate Barnes/Trost, da qualsiasi bel disco realizzato da una delle
molte formazioni folk esistenti in Ungheria. Fanno eccezione i due pezzi cantati, non a caso i
più interessanti dell‟album, dove la melodia vocale si stacca dal terreno folk, e
dall'accompagnamento strumentale, per fluttuare in ambito diversi, dal retaggio alt-rock
(Kertèsz) alle assonanze con l‟Incredibile String Band (I Am Not A Gambling Man). Ecco, se i
due “Falco e Seghetto” provassero a unire le altrui radici con le proprie (quelle di indie-rockers)
potrebbero davvero fare ottime cose.
OUTUNE
http://www.outune.net/dischi/medium/ethnicpost-a-hawk-and-a-hacksaw-delivrance2009.html
Con questo ultimo album, gli A Hawk And A Hacksaw spostano ulteriormente il loro baricentro
verso est, passando definitivamente il confine fra l'ispirazione e la ricerca filologica.
La passione per la musica tradizionale di matrice est europea, soprattutto ungherese e, più alla
lontana, klezmer, che era riscontrabile già nei primi album come una semplice influenza,
diventa qui l'ispirazione preponderante.
Jeremy Barnes ed Heather Trost abbandonano la dimensione di duo per allargarsi in un vero e
proprio collettivo, coinvolgendo una piccola e virtuosa orchestra ungherese composta da solisti
di strumenti spesso poco conosciuti, come il cymbalom e il buzuki, ed ottenendo il risultato di
suonare esattamente come un complesso tradizionale. Barnes in particolare modifica
drasticamente il suo stile vocale per avvicinarsi allo stile dei cantanti di musica popolare est
europei. Non si pensi però a "Délivrance" come ad un triste album di ladri culturali, perché è
senza dubbio l'innovazione a livello stilistico quello che lo rende unico e nuovo nel panorama
musicale.
Un brano come "Kertész", incredibilmente complicato a livello ritmico e tecnico, guidato da un
cymbalom che sembra disegnare nell'aria le parole cantate da Barnes, può stupire chiunque,
non solo un amante del genere, e l'ispirato "Vasalisa Carries A Flaming Skull Through The
Forest", composto secondo la struttura classica del nigun ebraico, ci stupisce per la
particolarità dei suoni scelti, come del resto fa l'inusuale e commovente finale lasciato ai violini
di "Lassù".
Ormai gli A Hawk And A Hacksaw abitano in Ungheria, cinquant'anni fa, ed è assolutamente
inutile sperare che tornino indietro. Finché continuano a lavorare con questa ispirazione e
devozione, non sembra proprio il caso di riportarli alla realtà.