Ambienti per le immersioni
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Ambienti per le immersioni
Sub Ambienti per le immersioni (11a parte) di Alberico Barbato U na vera avventura, era questa che volevo, ed i presupposti c’erano tutti. Vi racconto i fatti. Un giorno, camminando durante una tranquilla passeggiata con il mio amico Giuseppe De Luca, un dermatologo originario di Casali di Mentana, nei pressi di Roma, ed esperto conoscitore del territorio circostante il suo luogo di nascita, venni a conoscenza di un posto straordinario. La rivelazione del sito mi fu fatta quando, durante la nostra camminata nelle campagne fuori Roma, vicino ai monti Cornicolani, presso Sant’Angelo Romano, mi disse: “Vieni, ti porto a vedere un posto veramente particolare.” Erano gli inizi degli anni 80 e ancora non esistevano molti vincoli e restrizioni per le protezioni ambientali, provvedimenti questi, utili e nati solo negli anni successivi. La libertà incondizionata di movimento all’interno di aree di particolare 32 gennaio-febbraio 2017 interesse naturalistico, rendeva più semplice effettuare qualsiasi indagine o esplorazione, senza dovere chiedere permessi o consensi. Arrivammo in un punto dove si poteva osservare dall’alto una specie di cratere, che con le sue pareti ripide alte ottanta metri, conduceva alla base che sembrava un occhio verde. Questo inquietante tondo, al termine delle pareti, altro non era che la superficie di un laghetto. Il suo diametro di trenta metri, e il rispettivo specchio liquido, apparivano completamente mimetizzati da un tappeto di Lenticchie La voragine del Pozzo del Merro d’acqua (Lemna Minor), piante che vennero sostituite, fortunatamente solo per un breve periodo, da un’erba invasiva tropicale (Salvinia molesta). L’infestazione, fu causata da una contaminazione prodotta dallo scellerato svuotamento di un acquario tropicale da parte di ignari sconosciuti. Il servizio Ambiente della Provincia di Roma, a seguito di questa anomala presenza infestante, ha dovuto bonificare l’area terrestre e le acque, eliminando la felce esotica con l’asportazione totale, per ripristinare il delicato ambiente originale. Questo posto è conosciuto come Pozzo del Merro, e qualche anno dopo la mia prima visita, venne indicato dai ricercatori scientifici del Dipartimento di Idrogeologia dell’Università La Sapienza di Roma, come la dolina più profonda del mondo. Queste formazioni carsiche, che dal punto di vista idrogeologico si mostrano come piccoli bacini idrografici, creano un reticolato di acque interne centripete. Il centro delle doline si riempirebbe d’acqua originando un normale laghetto, se le loro pareti e il loro fondo fossero impermeabili, invece, di solito, l’acqua viene scaricata attraverso vie sotterranee in un inghiottitoio, attraverso il quale l’acqua piovana penetra nelle cavità sotterranee. Ma nel caso del Pozzo del Merro, abbiamo anche l’eccezionalità che questo sito rappresenta come fenomeno di erosione chimica inversa. L’acqua della falda profonda presente all’interno dell’Idrostruttura cornicolana, arricchita da apporti di fluidi geotermici profondi e chimicamente aggressivi, corrode il substrato calcareo dal fondo, innescandone la dissoluzione, e crea di conseguenza la formazione di articolati sistemi carsici attivi. Era il 1996 e quanto avete letto sopra rendeva il mio progetto di esplorazione subacquea del pozzo come l’“avventura perfetta!” La priorità assoluta era la sicurezza dell’impresa, niente e nessuno poteva influire sulla cura e l’attenzione che utilizzai per essere certo dell’incolumità mia e del mio valido assistente, il biologo Michele Stucchi. La prima cosa che feci, fu quella di ascoltare tutte le “voci popolari” degli abitanti dei dintorni. Lasciai perdere tutte le storie fantastiche e leggende paurose, facili da riconoscere come bufale, e scoprii invece che l’ACEA, ente per la distribuzione delle acque, fece una prima indagine subacquea negli anni 70. Tentai di rintracciare i sommozzatori, che avevano effettuato le immersioni in quegli anni per conto della Società, ma non riuscii a contattarli per un’intervista. Così dopo le varie indagini sul territorio e alcuni sopralluoghi, decisi di passare alla fase operativa. Già allora si parlava di diramazioni esistenti lungo le pareti della dolina, e una delle tante leggende raccontava che un sommozzatore era stato inghiottito da una corrente di risucchio e mai più trovato. La notizia per fortuna era del tutto falsa, ma le cautele da rispettare, anche per i sospetti di possibili diramazioni e correnti pericolose, mi obbligarono a organizzare un sistema di discesa in totale sicurezza. Avevo piazzato in superficie un’efficace stazione galleggiante, dalla quale partiva verso il fondo un cavo zavorrato di ottanta metri di lunghezza. Ognuno di noi aveva una sagola (Body line) collegata al cavo di discesa, la tecnica di questo sistema di vincolo ci avrebbe protetto dalle eventuali correnti di risucchio. La superficie del lago appare verde Decidemmo che eravamo pronti per il primo tuffo, e dopo il consueto e accurato controllo dell’attrezzatura per l’immersione, partimmo verso il viaggio nell’ignoto. Ero tranquillo, avevo con me due fedeli compagni di discesa: il mio collaboratore Michele, e la mia telecamera custodita nel suo scafandro. Le riprese video mi avrebbero aiutato successivamente a raccontare e documentare dettagliatamente i risultati delle scoperte. Il diaframma vegetale verde, che costituiva la superficie del laghetto, si richiuse immediatamente sopra di noi, togliendoci parecchia luce. L’acqua era limpida e le pareti verticali, chiare a causa del loro colore naturale, trattenevano pezzi di alberi e grandi rami, provenienti delle pareti sovrastanti del cratere. Mi accertai subito che quei relitti gennaio-febbraio 2017 33 Sub non potessero diventare un pericolo durante l’immersione, a causa di crolli provocati dalle bolle emesse dagli scarichi degli erogatori, o solo dai movimenti dei nostri corpi in quell’acqua così immobile. Tutto il materiale preso in esame, appariva ben saldato alle pareti in maniera rassicurante; tranquillizzati e ben concentrati, accendemmo subito i nostri potenti fari, e proseguimmo la discesa. Eravamo sagolati con sicuri moschettoni al “corpo morto”, sostenuto in superficie, e questo ci rendeva tranquilli. La discesa si rivelò subito senza problemi, e le ramificazioni laterali sulle pareti della dolina cominciarono ad apparire già a pochi metri di profondità, mostrandosi minacciose. Nonostante la tentazione di esplorare quelle diramazioni fosse forte, non pensai minimamente di affrontare la penetrazione di quei budelli durante quell’immersione, sarebbe stato un errore imperdonabile. Immaginai in quei momenti, altre future indagini, in quelli angusti luoghi, ma con altri mezzi e appropriate cautele operative da applicare a un nuovo progetto esplorativo. La telecamera continuava a riprendere, e i segnali di ok che ci davamo, scandivano il nostro tempo d’immersione. Quel paesaggio così diverso e apparentemente “lunare”, già forniva le risposte a quel viaggio misterioso, rivelandoci i segreti di quell’ambiente stretto, a tratti impressionante. Esisteva una vita laggiù: crostacei, tritoni, rane, compagni inaspettati di quella insolita 34 gennaio-febbraio 2017 Si, perché a proposito di priimmersione. Arrivammo a mati, leggo proprio in queste 52 metri di profondità carichi ore, mentre scrivo questo ardi curiosità e adrenalina, ma ticolo, che pochi giorni fa nel sempre attenti alla nostra incomune di Hranice, situato columità. Ci trovavamo in nel territorio della Moravia un ambiente a noi sconosciunella Repubblica Ceca, è stata to, ricco di novità eccitanti, esplorata una cavità allagata ma da tenere costantemente fino alla profondità di 404 sotto controllo. Soddisfatti e metri, acquisendo così il record inebriati dall’esperienza visdetenuto fino ad ora dalla suta, risalimmo verso la sunostra dolina. perficie. Eravamo in una delle Concludo questo racconto di vene della nostra Madre Terra, un entusiasmante viaggio nelle nella quale, come microscopici viscere allagate della terra, esseri, avevamo circolato in sottolineando che questo amsilenzio, e ancora una volta biente per le immersioni (come ringraziavamo la natura per altri simili morfologicamente) quel tesoro svelatoci beneè esclusivamente riservato ai volmente, senza chiedere nulla professionisti subacquei altain cambio. mente specializzati in speleoSolo pochi anni dopo, avrei sub, e non adatto ai subacquei saputo che sotto le nostre sportivi. La natura è sempre pinne c’erano altri 340 metri benevola nel regalarci le sue d’acqua, che aggiunti alla meraviglie, ma ci sono delle quota massima da noi ragregole severe, e guai a chi giunta, attribuivano al Pozzo non le rispetta. del Merro una profondità dalla superficie del lago di 392 m. Pozzo del Merro I dati trasmessi dal ROV (robot subacqueo) dei Vigili del Fuoco, al termine dell’indagine scientifica successiva alla nostra discesa, si dovettero arrestare a causa del limite di profondità operativa del robot stesso. Possiamo ipotizzare allora, che il fondo effettivo del Pozzo del Merro potrebbe essere superiore rispetto a quello attualmente conosciuto, ma servono ulteriori ricerche e più mezzi, per avere nuove informazioni e forse nuovi Un curioso paragone tra la profondità del Pozzo del primati. Merro e l'altezza della Torre Eiffel