Print Current Page

Transcript

Print Current Page
Scatole a cuore, piene di aspirina
/ 20.02.2017
di Maria Bettetini
Senza vergogna, una festa così fragile come San Valentino viene sfruttata da commercianti e
organizzatori dei campi più disparati. La crisi non accenna a passare, servono ragioni in più per
comprare: dopo l’esplosione natalizia, mentre dal 24 dicembre molti negozi fanno sapere di essere
disposti a cominciare i saldi di nascosto per i clienti affezionati, ai primi di gennaio i saldi
cominciano la gara a chi salda di più, del cinquanta, settanta, novanta per cento, fino a giungere agli
omaggi, se compri una borsa te ne regaliamo un’altra, se acquisti un paio di occhiali, per un franco
te ne diamo un altro. Segnali della disperazione che ha preso commercianti piccoli e grandi.
E avanti: in gennaio, insieme ai saldi, «la fiera del bianco» spinge a sentire bisogni impellenti, come
l’acquisto di lenzuola e tovaglie che infileremo negli armadi cercando di superare quel problema
dell’impenetrabilità dei corpi. Poi San Valentino, di cui diremo, e subito dopo San Faustino, che
pensavo indicasse il fausto giorno del mio compleanno e che invece è il patrono dei single, invitati a
feste e acquisti su misura. È un attimo e il carnevale è alle porte, dolci, coriandoli, maschere per
grandi e piccini. La Quaresima, invece, invitando alla privazione piuttosto che al consumo, non è
presa in considerazione dal marketing che ora avrà ben altro per la testa, ossia la festa della donna,
con le sue mimose, le serate tra girls, i raffinati spettacoli che, dopo il 1997 di Full Monty,
propongono maschi smutandati come serate di famiglia. Undici giorni e abbiamo la festa del papà,
cravatte, cioccolatini e liquori (chi ha deciso che siano i regali più desiderati, poi).
Nel frattempo fioriscono i ciliegi e le uova di Pasqua, con coniglietti e speciali peluche. Tra l’altro,
non vi siete accorti che è già primavera? Buttate, riponete gli abiti scuri e tristi, vestitevi di rosa,
azzurro, verdino, riprendete il benedetto shopping che vi ha fatto trascorrere i fine settimana di
gennaio in cerca di occasioni. Mentre dunque siamo, almeno in teoria, re-introdotti nei negozi per
rinfrescare il guardaroba, non ci sfugge la vicina festa della mamma, fiorito e dolciastro prodromo
dell’estate, che a sua volta ci chiama ad acquistare costumi da bagno, sandali, borse, tutto nei colori
solari di agosto, e non importa se siamo ancora a maggio. Certo, basterebbe aspettare fine giugno
per ricominciare il giro dei saldi, ma in questi casi spesso ci coglie la sindrome «del nato povero», di
chi ha avuto poco o niente e non perde alcuna occasione per afferrare ogni possibilità di avere (e se
poi non lo trovassi più?).
Tra acquisti impulsivi e saldi partiamo dunque per le vacanze, dove ci raggiungerà l’obbligo di
acquistare oggetti, cibi e abiti tipici dei luoghi visitati: l’hanno capito ormai tutti, non c’è frazione
per quanto spoglia e priva di fascino che non abbia almeno una sagra, un festival, un mercatino,
insomma un’occasione per vendere ai turisti poco accorti. Poi, che triste tornare in città. Per fortuna
che arrivano con noi anche le nuove collezioni dell’autunno e dell’inverno, che ci portano per mano
alle luminarie natalizie, spesso accese già da ottobre. Insomma, c’è sempre un motivo che fa
dell’acquisto quasi un dovere. Come rinnegarlo proprio il giorno dedicato agli innamorati? Infatti
non ci sarebbe nulla di particolare, rispetto agli altri suggerimenti per gli acquisti, non fosse che
l’ampiezza della tematica «amore» e la trasversalità del simbolo del cuore, che fanno diventare il
giorno di San Valentino una festa del peso commerciale poco al di sotto del Natale. Gioielli,
biancheria, fiori, solite cose. Però quest’anno ho visto cuori anche nelle farmacie, regalavano rose in
un negozio di telefoni, il tabaccaio smerciava baci di cioccolato.
Qui si sfiora il sublime, inteso kantianamente come attrazione e paura delle forze della natura: paura
della passione, ritenuta pericolosa a tutte le età. Paura della solitudine, un abisso che non si vuole
nemmeno nominare; paura, terrore della dipendenza da altri. Infine, per mettere una fine alle paure,
panico esistenziale, perché potrebbe darsi che chi ci ama non ci ami abbastanza, e noi lo sappiamo
che nessun amore sarà mai bastevole, abbastanza. Poi attrazione: per il colore rosso, per la forma
inequivocabile del simbolico cuore, perché, chissà, potremmo essere o essere stati amati quasi
abbastanza. O potrebbe accadere in futuro, chi può impedirci di sognare, di sperare. O forse ci
sentiamo di amare, tanto, di certo più di quel che basta. E tutto questo passa davanti agli occhi
mentre entriamo in farmacia, ancora l’influenza, non bastano le aspirine. A meno che, tra cuori che
sorridono appesi qua e là, l’aspirina non diventi un nuovo pegno d’amore. Dall’anno prossimo,
scatole rosse con i cuori, per le aspirine comprate a febbraio.
Sarà bieco marketing, ma mette tanta allegria