Milano - Ordine dei Giornalisti Lombardia

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Milano - Ordine dei Giornalisti Lombardia
Tabloid
Anno XXXVII N.3w
Maggio-Giugno 2008
Direzione e redazione
Via A. da Recanate 1
20124 Milano
tel. 026771371
fax 0266716194
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Poste Italiane Spa Sped.
abb. post. DIn: 353/2003
(conv.in L27/2/2004 n.46) art.1
(comma 2). Filiale di Milano
New
Ordine dei Giornalisti
della Lombardia
A sso c i a zi one “Walter Tobagi”- I stit u t o pe r la f orm a z ion e a l G ior n a lis m o “ Ca rlo D e M ar t i n o ”
Milano
i giornali
di quartiere
Inchiesta
le notizie
sotto casa
Zona per zona
Province
tra guardie e ladri
troppi cronisti
imbavagliati
Il Consiglio
amelia beltramini
entra al posto
di franco abruzzo
Ordine e Ifg
nuovo vertice
alla scuola
di giornalismo
Sommario
New Tabloid n. 3 maggio-giugno 2008
28 LA VOCE DELLE province
La Provincia di Como cambia abito
di Paola Manzoni
30 Cronache di periferia, corsa a ostacoli
di Elena Rembado
32 Tra guardie e ladri, giornalisti imbavagliati
di Angelo Baiguini
La privacy non limita i giornalisti
ma serve un protocollo c on il Garante
di Caterina Malavenda
4 editoriale
Cronisti in trincea
di Letizia Gonzales
6 inchiesta
Milano e i giornali di quartiere
di Piero Pantucci
14 scuola di giornalismo
Nominato il nuovo vertice
15 Le linee guida dell’Ifg
di Enrico Regazzoni
16 Così impariamo il mestiere
18 Posto fisso o freelance?
19 Il Festival di Perugia
a cura degli allievi Ifg
34 la posta dei lettori
Rai dei fannulloni? No, federalista
36 LA VOCE DELLE REDAZIONI
Giornalisti infografici a prova di contratto
di Massimiliano Aliberti
23 la voce dei pubblicisti
La giungla del tariffario
di Stefano Gallizzi
38 Osservatorio sull’estero
Stampa Usa, calo pilotato
a cura di Pino Rea
24 PRIMO PIANO
Il riconteggio delle schede:
Abruzzo esce dal Consiglio
entra Amelia Beltramini
40 La giornata della memoria
Il monito dei nostri eroi e di chi non tace
di Guido Columba
6 Gli enti della categoria
2
Inpgi: un avanzo di 110 milioni di euro
di Andrea Camporese
27 Casagit: contributi al palo
di Andrea Leone
New Tabloid - Periodico ufficiale
del Consiglio dell’Ordine
dei giornalisti della Lombardia
Poste Italiane Spa. Sped. Abb. Post.
Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004
n. 46) art. 1 (comma 2).
Filiale di Milano - Anno XXXVII
N. 3/ maggio-giungo 2008
Direttore responsabile:
Letizia Gonzales
Redazione:
Paolo Pozzi (coordinamento)
Antonio Andreini
Progetto grafico e realizzazione:
Maria Luisa Celotti
Studio Grafica & Immagine
Crediti fotografici:
Photos, NewPress
Foto di copertina: E. Dellaqueva
Tabloid 3 / 2008
4 colleghi in libreria
4
Dai quotidiani a Internet, informazioni migliori?
di Antonio Andreini
46 I NUMERI
Direzione, redazione e amministrazione:
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Registrazione n. 213 del 26-05-1970
presso il Tribunale di Milano.
Testata iscritta al n. 6197 del Registro
degli Operatori di Comunicazione (ROC)
Consiglio dell’Ordine dei giornalisti
della Lombardia:
Letizia Gonzales: presidente
Stefano Gallizzi: vicepresidente
Mario Molinari: consigliere segretario
Alberto Comuzzi: consigliere tesoriere
La tiratura di questo numero
è di 27.000 copie
Chiuso in redazione il 6 giugno 2008
Stampa: Seregni Grafiche
Via Puecher 1
Paderno Dugnano (Mi)
Consiglieri: Amelia Beltramini,
Mario Consani, Laura Hoesch,
Laura Mulassano, Paolo Pirovano
Collegio dei revisori dei conti:
Ezio Chiodini (presidente)
Marco Ventimiglia, Angela Battaglia
Direttore OgL: Elisabetta Graziani
Concessionaria di pubblicità:
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Corso di Porta Romana 128
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3
Editoriale
Cronisti in trincea
Appassionati, critici, sufficientemente infuriati: così mi hanno
accolto qualche giorno fa un gruppo di colleghi cronisti che lavorano
nei giornali locali, di una società editrice di Merate che pubblica una
trentina di settimanali disseminati sul territorio della Lombardia. Al
malessere del cronista, di chi fa giornalismo sul campo e si scontra
tutti i giorni con la diffidenza delle istituzioni (carabinieri, vigili
urbani, ospedali, scuole) che vorrebbero orientare l’informazione
(stabilendo cosa è bene pubblicare oppure no) e rendono complicata la
verifica delle notizie, sono dedicate diverse pagine di questo numero.
Il cronista, cinghia di trasmissione sensibile fra il cittadino, la
comunità e l’informazione è costretto molto spesso a confezionare
articoli con notizie che altri hanno deciso di diffondere scarne,
a scapito della qualità e della completezza. L’accesso alle fonti è
sempre più difficile, ci spiega un collega di Pavia, ed il cronista
è spesso vissuto come un “nemico” che si intromette nel privato
della gente o negli atti di un’istituzione per dare notizie solo
scandalistiche. Recentemente un collega del Giorno che raccoglieva
informazioni su un tragico incidente dove ha perso la vita una bambina
di due anni è finito in ospedale a seguito delle botte ricevute da un
gruppo di scalmanati che non volevano la testimonianza di un cronista.
“In passato - spiega Angelo Baiguini, direttore di alcuni periodici
locali, consigliere nazionale dell’Ordine e promotore dell’incontro di
Merate - il giornalista veniva messo al corrente dei fatti e decideva
quali erano le notizie che potevano interessare il suo lettore. Oggi è
invece costretto alle scarse informazioni dei comunicati delle fonti
ufficiali e privato molto spesso della possibilità di indagare per
completare il racconto di un fatto avvenuto”.
Ho preso atto del malumore e delle difficoltà di un settore molto
importante della nostra categoria e con tutto il Consiglio regionale
dell’Ordine avvieremo una riflessione per creare un osservatorio
permanente su questi temi e un gruppo di lavoro per individuare, in
collaborazione con l’Unione Cronisti e l’Ordine nazionale, iniziative
a sostegno dei colleghi.
Ma non sono solo ombre, per i giornali di provincia. Anche nuovi
progetti, modernità e ottimismo per far fronte alle esigenze del
lettore informatico, che si appassiona alla vita della sua città e
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Tabloid 3 / 2008
Editoriale
vuole sapere in tempo reale tutto ciò che accade nel territorio a lui
ben noto. Anche se lavora altrove. E’ il caso de La Provincia di Como,
che da pochi mesi esce con una veste tutta nuova, formato tabloid, full
color e prevede, con l’avvio del portale, quattro edizioni on line .
Dei cronisti coraggiosi, di quelli che sapevano troppo, testimoni di
verità scomode, “esempi da trasmettere alle giovani generazioni”, come
ha sottolineato recentemente il Presidente della Repubblica, perché
rischiano o hanno perso la vita, parla WGuido Columba, Presidente
dell’unione nazionale cronisti, che descrive la Giornata dedicata alla
libertà dell’informazione, il 3 maggio a Roma. Sul tema dei colleghi
che subiscono minacce, intimidazioni, danneggiamenti e sono costretti
a vivere sotto scorta perché la loro attività disturba la criminalità
organizzata si sono espressi di recente i giornalisti presenti ad un
convengo a Ragusa sulle “zone grigie” promosso dai Giovani Industriali
locali. “Sul piano etico i giornalisti hanno fatto di più di altre
categorie per definire codici in varie materie” ha dichiarato Nino
Amadore del Sole 24Ore. “Ma il problema di tutelare la categoria esiste”
ha sottolineato Franco Nicastro Presidente dell’Ordine dei Giornalisti
della Sicilia. “Ed è compito dei nostri organismi dotarsi di strumenti
di monitoraggio per seguire i giornalisti minacciati. Occorre parlare di
più di queste cose. Fare sapere a tutti che nelle terre di mafia – e non
solo lì - vige questa enorme, inammissibile limitazione della libertà di
informazione. Dovremmo imparare a pensare ai nostri cronisti di mafia
come ai cronisti di guerra che mandiamo in Iraq, in Afghanistan, in
altre zone di conflitti, come hanno proposto recentemente i dirigenti
di International Freedom and Security e del Comitato internazionale
per la protezione dei giornalisti di New York. Dobbiamo superare quel
luogo comune in base al quale pensiamo che certe brutte cose accadano
sempre e soltanto altrove” ha aggiunto Alberto Spampinato, consigliere
nazionale della Fnsi.
Energia e grande vitalità, in controtendenza rispetto al mercato,
dimostrano i giornali di quartiere ai quali dedichiamo ampio spazio in
apertura di questo numero. Succede a Milano, dove vengono distribuite
337.000 copie gratuite ogni mese in tutte le zone della città. Ottima
palestra per i giovani che vogliono accedere alla professione, queste
pubblicazioni vivono del contributo volontaristico di aspiranti
giornalisti che imparano il mestiere grazie alla passione di professionisti
che si dedicano “full time” alla realizzazione dei giornali. Veri e
propri tutor che insegnano sul campo. Tuttavia la gratuità del lavoro
non consente di diventare pubblicisti e tanto meno praticanti per
potersi iscrivere al nostro ordine professionale. Bisognerebbe “premiare
l’esperienza”, come fanno alcuni corsi universitari che riconoscono
dei crediti a chi ha fatto pratica. Ma occorre al tempo stesso una
profonda riforma dell’Ordine, che prenda atto nelle sue regole, delle
grandi trasformazioni del fare informazione, prima di essere travolti
e spazzati via dall’onda crescente di un referendum che vorrebbero in
molti per abrogare questa istituzione. Per primo Beppe Grillo.
Il presidente
Letizia Gonzales
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5
L’inchiesta
viaggio nel mondo di un’editoria molto locale che vale mezzo milione di euro l’anno
Milano e i giornali
...di quartiere
18 mensili e 4 settimanali diffondono, a Milano, 337mila copie. Un fenomeno nato alla fine
degli anni Settanta, con i Consigli di Zona e ora diffuso su tutta la città metropolitana, tranne
in centro. Pochi giornalisti e tanto volontariato, ma ci sono notizie a ogni angolo di strada
di Piero Pantucci
6
Tabloid 3 / 2008
L’inchiesta
Fenomeno non esclusivamente
milanese, ma particolarmente radicato nel nostro territorio, svolge
una funzione che nessuna delle pur
massicce incursioni della free press
a diffusione metropolitana ha sostanzialmente intaccato. Megafono dei
quartieri, bollettino dell’associazionismo di base, cassa di risonanza,
camera di compensazione delle frustrazioni degli inascoltati, sfogatoio
degli esclusi, sentinella territoriale
dell’ambiente, strumento di informazione capillare, testimone e custode
di storia e tradizione, sinapsi (come
il bell’inserto di Milano19 suggerisce)
del sistema nervoso e del tessuto
sociale periferico: il giornale di zona
è tutto questo e altro ancora. Iniziative come la Consulta delle periferie
hanno ulteriormente evidenziato ruolo e responsabilità di questi organi
di informazione. “E non chiamateli
giornalini” ha perentoriamente ammonito l’ultimo numero di Quattro.
Concordo.
Diciotto mensili
Quattro settimanali
Attualmente a Milano vengono diffusi
22 periodici territoriali: diciotto con
frequenza mensile e quattro (quelli
del gruppo La Piazza) con frequenza
settimanale. Terremo in parte conto,
in questi ragionamenti, delle quattro
edizioni zonali de La Piazza, ma segnalo da subito che l’assimilazione di
questo giornale al resto della stampa
zonale comporta qualche difficoltà di
lettura complessiva dei dati e, almeno in qualche caso, mi è sembrato
opportuno prescinderne o formulare
riepiloghi diversificati.
Le copie diffuse a Milano?
Come il Corriere della Sera
La loro collocazione sul territorio
si riferisce convenzionalmente alla
suddivisioni per circoscrizioni amministrative, le nove zone.
Ma aree diffusionali e dimensioni
zonali non sempre si identificano.
Molti giornali preesistono all’attuale
azzonamento, tantè che alcuni (ad
esempio Il diciotto, Milano 19) mantengono una testata e un logo che si
riferiscono alla precedente suddivisione di Milano in 20 zone. L’area di
distribuzione non necessariamente
dunque coincide con i confini zonali:
per difetto o per eccesso. Alcuni presidiano solo una parte del territorio
zonale (specie se questo è vasto e
densamente popolato), altri ne varcano i confini.
Dati alla mano, il panorama della
stampa di quartiere a Milano si è irrobustito negli ultimi anni. Non tanto come numero di testate quanto
per la complessiva tiratura, ovvero
il numero di copie che mensilmente
raggiungono il lettorato milanese.
La tiratura complessiva dei mensili
zonali (escludendo i quattro settimanali del gruppo La Piazza) è di
337.000 copie. Una cifra ragguardevole, superiore di almeno centomila
copie a quella stimata (o dichiarata)
grosso modo un decennio fa.
zone e foliazione
giornali di zona tirature
Tiratura
Zona
Testata
Foliazione
18.000
Zona 2
Martesana 2
8 pagine
La Zona Milano 3
24.000
Zona 3
La Voce Zona 3
8 pagine
La Voce Zona 3
10.000
La Zona Milano 3
8 pagine
Quattro
16.000
Zona 4
La Zona Milano 4
8 pagine
La Zona Milano 4
25.000
La svolta umanista
3.000
Quattro
10.000
Zona 5
La Conca
Milanosud
16.000
Milanosud
La Zona Milano 6
25.000
Zona 6
La Zona Milano 6
Il diciotto
9.000
Zona 7
Il diciotto
24 pagine
Il Rile
3.000
Il Rile
16 pagine
La Zona Milano 7
25.000
La Zona Milano 7
La Zona Milano 8
24.000
Zona 8
Il Mirino
50.000
La Zona Milano 8
5.000
Milano 19
16 pagine
ABC
24 pagine
Testata
Martesana 2
La svolta umanista
La Conca
Il Mirino
Milano 19
ABC
24.000
Zona 9
Zona 9
25.000
Milanosette
25.000
Zonanove
Milanosette
Totale
Fonte: giornali di zona
Tabloid 3 / 2008
8 pagine
12/16 pagine
8/12 pagine
20 pagine
8 pagine
8 pagine
24 pagine
8 pagine
8 pagine
24/28 pagine
337.000
Fonte: giornali di zona
7
L’inchiesta
Soggetti multipli
Parlavo di soggetti “multipli”, espressione forse singolare, forse un po’
arbitraria, con la quale voglio segnalare, accanto ai mensili, di vecchia o
giovane data, che hanno una specifica ed esclusiva identità zonale, le
pubblicazioni che nascono da logiche di gruppo o sinergiche. Due sono
le realtà di questo tipo: La Piazza e i
mensili della EDB, il gruppo di Enzo
de Bernardis.
La Piazza è una pubblicazione apparsa sulla scena milanese sul finire del
2007. Opera di un editore padovano
(che ha già realizzato analoghe esperienze in altre grandi città italiane), si
è inizialmente proposta come mensile presente in quasi tutte le zone,
come già dalla testata (La Piazza di
Milano Zona 1, etc.) si percepiva, e
successivamente, per progressivi
aggiustamenti, si è configurato come settimanale distribuito in quattro
macroaree (nord, sud, est, ovest),
ciascuno in circa 20.000 esemplari
e ciascuno afferente a due Zone. In
un impianto standard di 32 pagine,
solo 7-8 sono mediamente dedicate
alla vita di zona: due di queste (comu-
POPOLAZIONE ZONA PER ZONA
200.000
170,387 176,366
180.000
149,621
137,559 137,285
160.000
140.000
119,953
120.000
100.000
95,923
80.000
60.000
40.000
20.000
-
Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9
ni a tutte e quattro le edizioni) sono
relative alla Zona 1.
Conseguentemente solo 2-3 pagine
sono specificamente destinate a una
singola zona. Tutto ciò rende questo
prodotto non dico meno interessante, ma certamente non facilmente
raccordabile ai mensili di zona.
Il Gruppo De Bernardis risponde a
una logica diversa. Edita complessivamente sei mensili: La Zona Mi-
Milnosud
Pluralismo e buoni Consigli
Milanosud è stato fondato nel novembre del 1997
dall’Associazione socioculturale Milanosud. Mensile a
vocazione pluralista, aperto a tutte le voci della Zona 5 (allora
Zona 15) in cui veniva e viene diffuso, pur manifestando un
chiaro orientamento laico, democratico e antifascista. Il suo
sviluppo lungo il decennio di vita è stato lineare e in costante
crescita. Dalle iniziali 8 pagine in bianco e nero, si è via via passati alle 12,
poi alle 16 pagine, fino alle 20 attuali: una foliazione che non di rado sale a
24, pubblicità permettendo. Nel contempo sono state introdotte pagine a
colori, in media un terzo del totale. Milanosud si occupa anche delle zone
immediatamente limitrofe (la 4 e la 6) e ha una particolare attenzione per
Rozzano, cui dedica da anni una o due pagine al mese. Sensibile soprattutto
ai problemi di quartiere, ai temi della scuola, della viabilità e dell’abitazione, dà
voce a comitati e associazioni di base e segue con interesse le vicende del
Consiglio di Zona, anche se l’esperienza del decentramento è sostanzialmente
fallita. Dopo i primi sei numeri, diretti da Paola Baiocchi, dal maggio 1998
Milanosud è diretto da Piero Pantucci, giornalista professionista (in foto e
autore di questa inchiesta): ha lavorato a La Notte, Amica, Alto Adige, Max, Fit
For Fun, Dove fino a diventare direttore di YourSelf.
8
168,313
148,856
lano 3, La Zona Milano 4, La Zona
Milano 6, La Zona Milano 7, la Zona
Milano 8 e Milanosette (quest’ultimo distribuito nella Zona 9). Sono
mensili (di cui viene dichiarata una
tiratura media di 24-25.000 copie),
la cui foliazione negli ultimi tempi si
è ridotta a una media di 8 pagine,
quattro interamente destinate alla
zona di diffusione e quattro (l’inserto Vivere Milano) al Comune e alla
parte generale cittadina. Anche qui
è presente quel meccanismo di sinergia editoriale che già segnalavo
per La Piazza.
Il centro sguarnito
Una prima osservazione obbligata:
la completa assenza di giornali nella
Zona 1, il centro di Milano. Esistevano, sino a pochi anni fa, Il Centro di
Milano e Il quartiere Garibaldi. Sono
scomparsi, per la mancanza di sufficiente domanda di informazione locale, soddisfatta probabilmente dalla
free press, che dedica al centro del
territorio metropolitano particolare
attenzione. I giornali di Zona sono
nati, come i Consigli di Zona (alla fine
degli anni Sessanta), per avvicinare il
centro alle periferie. In questo senso
la Zona 1 non ha bisogno di nessun
avvicinamento.
E un giornale locale in Zona 1 o si
segnala per un particolare profilo culturale-storico-narrativo-ambientale
o, come giornale di servizio, non ha
ragione di essere.
Tabloid 3 / 2008
L’inchiesta
ABC
COPERTURA DISTRIBUTIVA
50,0%
44,8% 44,0%
45,0%
40,0%
35,0%
29,4%
30,0%
24,8%
25,0%
21,7%
20,0%
21,7%
16,8%
13,1%
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
0,0%
Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9
Zone “deboli”
Una seconda osservazione è relativa
alla “debolezza” della Zona 2 e della Zona 6, le zone che, nella ideale
bussola territoriale rappresentano il
nordest e il sudovest della città. In
ciascuna di queste due zone è presente un solo giornale: la Martesana
due nella Zona 2 e La Zona Milano 6
nella Zona 6, ove, in un tempo non
remotissimo, venivano diffusi Città
Quartiere e Orizzonte diciassette. Da
notare altresì che l’unico periodico
presente in Zona 6 è del gruppo De
Bernardis, sicuramente attento alle
problematiche territoriali, ma la cui
ridotta foliazione non consente approfondimenti, inchieste, ampie analisi di territorio, dibattiti, informazione
settoriale, che sono molto presenti
nella maggior parte dei mensili e che
ne costituiscono certamente una delle principali ragioni di essere.
Perché in alcune zone ci sia se non
abbondanza, almeno un’ampia copertura di lettura e in altre (abbiamo
citato la 2 e la 6) questo non avvenga
non è fenomeno facile da spiegare.
Segnalo appena, e non ci ritorno più,
che anche la stampa zonale a volte
non si sottrae al vezzo (molto diffuso
nella stampa nazionale, specie fra i
rotocalchi) di denunciare tirature un
po’ “gonfiate” rispetto al reale. Ma
questo non ci esime dall’obbligo di
recepire e computare, ai fini della
statistica, i dati ufficiali.
Natura editoriale
Tornando al quesito sulla debolezza
registrata in alcune aree, non disponendo di risposte certe, posso solo
osservare che la maggior parte di
questi giornali non risponde a logiche
imprenditoriali o a quelle dell’industria editoriale. Nascono perlopiù da
associazioni territoriali, cooperative,
gruppi di volontariato che cercano
di colmare il vuoto informativo che i
grandi media non possono colmare;
che cercano di avvicinare le periferie
al centro; che cercano di costruire
o restituire una identità dispersa o
disperdibile; che cercano di consolidare una rete di rapporti e di solidarietà sempre più spesso labile.
Queste iniziative sono promosse da
impegno sociale e spirito di servizio,
come la gratuità delle prestazioni effettuate testimonia.
Rapporto giornali-popolazione
Parlavo del rapporto fra tiratura complessiva dei giornali di una zona e
la relativa popolazione. Le tabelle
indicano una ampia copertura nelle
Il Centro di Milano e Il quartiere Garibaldi
sono scamparsi, sostituiti dalla free press
Tabloid 3 / 2008
Affori periferia?
No, una città civile
ABC nasce nel
1995 per iniziativa
di privati cittadini
che vogliono
dotare i quartieri di
Affori, Bruzzano,
Comasina e Bovisasca
(60.000 abitanti) di un organo
d’informazione che si occupi
di politica, cultura, attività
sociali e sport. Viene costituita
l’Editrice Associazione Amici di
ABC, da due anni onlus, che si
dota di un Consiglio direttivo e
di una Redazione per l’uscita
del giornale periodico ABC. Al
servizio di una zona che ormai
non è neppure più periferia.
All’inizio ABC esce ogni 2/3
mesi in formato A3, di 8/12
pagine, ma già l’anno successivo
assume le dimensioni tabloid
con uscite mensili (10 numeri
anno) con una foliazione
sempre crescente, sino alle
odierne 24 pagine, con una
tiratura di 24.000 copie. Unica
fonte finanziaria è la pubblicità,
soprattutto locale, vi lavorano
una segretaria di redazione
e una contabile partime, più
un’assunzione a progetto
per raccolta pubblicitaria;
fatturano un fiscalista,
l’impaginatore e la tipografia.
La distribuzione (4 addetti con
ritenuta d’acconto) è capillare
e a domicilio. La Redazione,
in forma volontaristica, conta
8 persone e un fotografo e
segue puntualmente i lavori
del Consiglio di Zona 9 e gran
parte degli avvenimenti sociali,
culturali, politici e sportivi della
Zona; è punto di riferimento
e interlocutore per tantissimi
cittadini e soggetti sociali.
Gianni Russo
(direttore editoriale di ABC)
9
L’inchiesta
Il diciotto
“Milanin Milanon”
stampe da primato
Il mensile Il diciotto
lo pubblichiamo
da ventinove anni.
Ci autofinanziamo
con abbonamenti
e pubblicità. Siamo
attenti alla verifica delle notizie
e alla composizione grafica
che valorizza gli inserzionisti.
Raccontiamo dei problemi e
della positività dei cittadini
della zona ovest della città. I
gruppi di volontariato, le scuole,
le associazioni ricevono un
continuo supporto. Ogni rilevante
problema è riproposto sino
alla risoluzione: l’interesse per
il progetto “Parco delle Cave”
(123 ettari) è costante dal 1980,
e continua ad essere motivo di
grande attenzione. Produciamo
9.000 copie mensili che si
esauriscono mediamente in una
settimana. Ai nostri abbonati,
offriamo gratuitamente particolari
Quaderni, Libri e mensilmente
anche vecchie cartoline.
Esaurita la collana di 120 antiche
immagini della zona, è in corso
una nuova serie denominata
“Milanin Milanon”. Siamo una
redazione che determina progetti
per la riqualificazione della zona.
Due esempi concreti: inizieranno
a breve i lavori per restaurare il
campanile romanico della chiesa
di San Apollinare. Il merito è del
Sindaco, nostra è l’insistenza
nel ricercare una risoluzione.
Undici ceramiche parietali sono
visibili in via Sgambati e in via
Ceriani; sono l’inizio di un nostro
programma per raccontare la
storia del borgo di Baggio ed in
particolare del periodo in cui i
contadini divennero operai e di
un paese trasformato in periferia.
Roberto Rognoni
(direttore de Il diciotto)
10
Zone 8 e 9 (fra le più densamente
popolate). Ma con un distinguo.
La Zona 8 deve questa percentuale
in buona parte all’ultimo arrivato, il
Mirino, in distribuzione da gennaio e
che già dichiara 50.000 copie. In Zona 9 sono presenti due delle testate
più diffuse e solide in assoluto: ABC
e Zona nove. Qualche altro dato
statistico, relativo alle fasce di età
(Milano invecchia, come tutto il resto
d’Italia) e al rapporto uomini-donne.
Sono dati, soprattutto il primo, che
costituiscono indubbiamente un
punto di riferimento nella fase di
progettazione e di realizzazione di
un giornale.
Gli argomentii
Qualche riflessione è doveroso farla sugli elementi costitutivi di questi
giornali. E qui una attenta analisi ci
porta ad alcune quantificazioni complessive che vi sottoponiamo. Abbiamo suddiviso gli spazi giornalisti in
sei grandi aree.
Zona - tutta l’attività della zona, in
termini di cronaca, di annunci, di manifestazioni, di problemi abitativi, di
inchieste, di urbanistica, di viabilità e
traffico, di vita associativa, di servizi
sociali, assistenza e anziani, centri di
aggregazione.
Cdz - unicamente problemi interni al
consiglio di zona, polemiche, scon-
tro politico, comunicazioni ufficiali,
dibattito su costi e ruolo
Istituzioni territoriali - attività delle amministrazioni comunale, provinciale e regionale, le relative legislazioni, i problemi di grande territorio
Società - tutti i temi di carattere
sociale e di costume e anche di politica, trattati in termini generali e non
limitatamente a ciò che suggerisce
la propria zona (famiglia, economia,
scienza, alimentazione, religione,
tecnologia, salute...)
Cultura - letteratura e poesia (meglio se in dialetto), storia, profili storici, interviste o medaglioni di personaggi della cultura e dell’arte,
rubriche libri e arte, rievocazioni
Servizi - è l’area più variegata e
composita in cui convenzionalmente facciamo confluire il tempo libero
(giochi, rubriche di alleggerimento,
viaggi, concerti, ricette, animali), i
servizi propriamente detti (indirizzi e
orari di farmacie, car sharing, uffici
pubblici, assistenza medico-sanitaria, mercati, forze dell’ordine, persino
l’orario delle messe nelle varie chiese
nel Mirino, etc), gli appuntamenti (annunci di eventi in zona, di carattere
culturale, ludico, sportivo, didattico,
corsi, etc), le lettere al giornale. Il mix
dipende dalle diverse sensibilità.
Una curiosità: dicono che l’oroscopo
sia una delle letture preferite dagli
La distribuzione
Meno edicola, più bar e abbonamenti
Il discorso sulle tirature convoglia di necessità quello sui criteri di
distribuzione. L’analisi che abbiamo compiuto non ci porta per la
verità a nessun risultato standard. Mi spiego meglio: restano veicoli
principali della distribuzione le edicole e l’incasellamento, veicoli ai
quali è difficile sfuggire. Ma per alcuni (vedi ABC o il Mirino) il ruolo
delle edicole è scarso o quasi inesistente.
Strumenti alternativi sono o la spedizione in abbonamento postale o
altri tipici luoghi di transito della popolazione (panetterie, bar, farmacie)
o in generale gli esercizi commerciali e i supermercati; e ancora: centri
sportivi, associazioni, centri anziani e sedi istituzionali. Tentare una
media è pressoché impossibile. In questo panorama rappresenta una
eccezione Milano 19, una delle testate più antiche (seconda solo a
Milanosette), l’unica a non essere distribuita gratuitamente, ma spedita
in abbonamento pagato o venduta in edicola (1 euro e 20).
Tabloid 3 / 2008
L’inchiesta
Zona nove
AREE TEMATICHE
Servizi 8,0%
Cultura 9,0%
Pagine
pubblicità
26,0%
Società 9,0%
Istituz. Territorio
14,0%
Consiglio Zona
4,0%
italiani. Se questo è vero, la maggior
parte dei mensili di zona non soggiace a questa regola: solo due (ABC e
Zona nove) pubblicano l’oroscopo.
Le notizie: quasi metà
dal quartiere
Si tratta di una suddivisione non semplice, per aree tematiche o oggetti di
interesse giornalistico continuativo.
Non sempre il confine fra un tema sociale di carattere generale e la sua inerenza alla vita di zona è netto. La vita
di zona ha poi modalità di rappresentazione molto diverse. In alcuni prevale
l’attenzione ai grandi temi di carattere
urbanistico e residenziale (ad esempio
Il Rile); in altri ci sono ampi spazi dedicati ai temi delle strutture scolastiche
(ad esempio Zona 9); in altri ancora la
molteplicità degli eventi (manifestazioni, incontri, dibattiti, feste, attività sportiva, premiazioni...) è proposta in lunga
e dettagliata elencazione; in altri infine
(è il caso dei mensili del gruppo di De
Bernardis) è massiccia la presenza di
cronaca nera: una lunga sequenza di
furti, scippi, delitti, sgomberi, stupri,
incidenti stradali..., trattati con lo stile
secco del quotidiano.
Se posso muovere una critica a molti giornali di Zona (a cominciare dal
mio, tanto per non chiamarmi fuori) è
l’assenza di uno spazio fisso e ampio
riservato alla scuola e ai suoi problemi.
Non che i temi non vengano trattati, ma questo avviene in modo non
continuativo, non pianificato, più sulla
Tabloid 3 / 2008
Avvenimenti
di zona 30,0%
base di stimoli esterni occasionali che
di una attenzione sistematica, di una
ricerca giornalistica.
Complessivamente l’interesse diretto
per la zona (compreso il CdZ e i servizi)
si traduce nel 42 % dello spazio totale.
Qualcuno potrebbe pensare che, data
la natura localistica di queste pubblicazioni, questo spazio dovrebbe essere se non esclusivo almeno ampiamente maggioritario. Io credo invece
che il non chiudersi rigidamente entro
i confini geografici, ma aprirsi anche
alla realtà cittadina e ai grandi temi
sociali e civili che interessano tutta la
società sia positivo, anche in considerazione del fatto che per una parte
non trascurabile del nostro lettorato
i giornali di zona sono uno dei pochi
strumenti di lettura realmente fruiti.
Meno Consiglio, più Zona
Lo scarso interesse verso l’attività
istituzionale dei Consigli di Zona è
un atteggiamento abbastanza generalizzato nei giornali territoriali, con la
parziale eccezione dei mensili della
Zona 5 (La Conca e Mlanosud) e soprattutto del Mirino, il quale all’attività
del CdZ presta molta attenzione, riservando anche uno spazio fisso al
presidente circoscrizionale.
Questo scarso interesse è la più eloquente testimonianza del modesto
peso politico e del decrescente significato operativo di questa istituzione
decentrata. Ormai da anni la caduta di
un ruolo apprezzabile e il progressivo
Non solo denunce
anche proposte
Nato quindici anni
fa, Zona nove
è un giornale
rigorosamente
locale, in larga
misura costituito da
informazioni sulla nostra zona di
diffusione (Niguarda, Ca’ Granda
e Bicocca) e si regge sul puro
volontariato. Siamo al servizio
delle istituzioni, al servizio dei
cittadini. Editore del giornale
è l’Associazione Amici Zona
Nove. Stampiamo generalmente
24/28 pagine di cui otto a
colori e diffondiamo 25mila
copie. Abbiamo moltissime
lettere, ne arrivano almeno
trenta al mese e fatichiamo
a pubblicarle tutte. Insomma
sono i lettori che ricevono e
producono continuamente
il giornale. Controlliamo
attentamente tutte le notizie e
il controllo viene anche dagli
stessi lettori. Abbiamo l’ospedale
più grosso (Niguarda), il parco
più grande (Parco Nord) e una
grande università (la Bicocca) e
aggiungeteci pure quel grosso
problema che è la Gronda Nord.
Ci sono poi le iniziative di cui
siamo promotori, le feste, i premi.
Non ci limitiamo a fare denunce,
facciamo proposte. Cito solo
tre casi tipici in cui la Zona nove,
col supporto dei cittadini e di
tecnici, ha elaborato e presentato
al Comune tre circostanziate
proposte alternative ai progetti
annunciati: la piscina Scarioni,
la Gronda Nord e l’Arcimboldi.
Le proposte alternative poi non
sono state accolte, ma questo
ha fatto ugualmente
di Zona nove un interlocutore
autorevole e credibile.
Luigi Allori
(direttore Zona nove)
11
L’inchiesta
La Zona Milano
Una bella palestra
per i giornalisti
Negli anni ’70 si sviluppò
un’estesa e attiva
partecipazione grazie al
movimento del ’68 e a
decentramento. Sono nati
così i giornali di quartiere,
alcuni legati ai partiti, altri
alle parrocchie e qualcuno
staccato da vincoli di
partito. Di quei giornali, fra
i quali “Il dialogo”, sono
rimasti solo due periodici: il
nostro “Milanosette”, che
quest’anno a settembre
compie 34 anni, e “Il 19” di
poco più giovane. Gli altri
hanno chiuso. Da circa un
decennio sono nati altri
giornali di zona. Quando agli
inizi degli anni ’90 andai in
pensione non abbandonai la
professione. Mi dedicai alla
creazione dapprima di altri
cinque periodici zonali, con
la testata “La zona Milano”,
per le circoscrizioni 3, 4, 6,
7 e 8, e infine, 2 anni fa, il
periodico “Vivere Milano”,
con argomenti su varie zone.
All’attività giornalistica s’è
aggiunta la sezione libri,
che ha già al suo attivo una
trentina di volumi. Ho fatto
il praticante in quotidiani
nazionali e ricoperto mansioni
in settimanali e mensili
sino alla carica di direttore,
una formazione che mi ha
permesso di insegnare a molti
giovani le basi del “mestiere”,
tanto che qualcuno è arrivato
a svolgere questa professione
presso il “Corriere della
sera”, “Sorrisi e canzoni”,
“Tuttosport”, chi a dirigere
riviste di informatica. Un
orgoglio che non guasta
.
Enzo Bernardis
(direttore de La Zona Milano)
12
esproprio di poteri e di prerogative da
parte dell’amministrazione centrale,
rende scarsamente appetibile e ancor
più scarsamente raccontabile l’attività dei Consigli di Zona. Più che un
organismo in grado di fornire risposte
immediate e concrete alle periferie,
più che una modalità per il Comune
per avvicinarsi ai cittadini e interloquire direttamente con loro, il CdZ
costituisce una casella postale, un
inerte ricevitore di informazioni, anche
importanti, pertinenti le realtà zonali,
di provenienza centrale e in transito
per le circoscrizioni unicamente per
raccattare formali vidimazioni e ubbidienti ratifiche: solo come terminali di
informazioni, dunque, possono suscitare l’interesse giornalistico.
Comune, Regione e Provincia, nel
loro assieme, sembrano offrire temi di più rilevante interesse rispetto
alle stesse circoscrizioni territoriali. Il che si spiega se non altro per
lo squilibrio di poteri fra centro e
periferia, a vantaggio ovviamente
del primo. Ma va sottolineato che la
percentuale indicata (15 %) è considerevolmente alterata dai mensili
del gruppo De Bernardis, che dedicano al Comune quasi metà giornale, con l’inserto di quattro pagine
“Vivere Milano”.
Storia e tradizione
Il capitolo cultura meriterebbe un
particolare approfondimento, perché l’interesse che diverse testate
mostrano verso capitoli di storia cittadina o locale e verso le tradizioni
è notevole e seriamente speso. Abbiamo letto rievocazioni niente affatto
banali delle Cinque giornate (di cui
ricorreva nei giorni scorsi il 160° anniversario) su più di un mensile. Belle
sono le storie industriali pubblicate
da Quattro. E, senza voler fare un
torto agli altri, la storia dell’evoluzione
urbanistica e sociale di Milano (Milanin Milanon) pubblicata dal Diciotto
è una preziosa e appassionata riscoperta di una realtà, di cui si rischia di
perdere la memoria.
Elogio del pluralismo
I giornali di zona hanno un orientamento politico? Premesso che
nessun giornale nasce orfano politicamente, si può però apprezzare
il taglio pluralistico di quasi tutte le
testate. Anche quelle in cui, se non
altro per la personalità di chi le dirige,
traspaiono opzioni di carattere politico o ideale. E’ il caso de La svolta,
bollettino umanista Sud di Milano oppure de Il Mirino, ultimo nato e legato
alla Lega Nord.
La pubblicità
Tremila euro, in media, a numero
Oltre il 90 % della pubblicità sui giornali di zona è locale (tranne le
immobiliari o l’edilizia residenziale che hanno interessi oltre le zone), con
un alto grado di fidelizzazione: 40-45.000 euro al mese, quindi circa mezzo
milione all’anno: questa è la stima del fatturato pubblicitario dei giornali
di Zona a Milano. A determinare questi importi concorrono, in modo
diversissimo, le diciotto testate milanesi che quindi incassano, in media,
circa 2.500 euro a numero (ma è la classica media di Trilussa). Vediamo
le tariffe. Gli scarti sono considerevoli e sono giustificati da tiratura,
diffusione, qualità di stampa (gli inserzionisti, specie quelli piccoli, sono
molto esigenti), oltre che da autorevolezza e radicamento sul territorio. Il
costo medio di una pagina piena, a colori, è di circa 600 euro. Ma ci sono
giornali che scendono spesso al di sotto di questa cifra, con politiche
di sconti per agevolare l’acquisizione o il mantenimento di un cliente o
in relazione alla collocazione (l’ultima pagina ha ovviamente un costo
superiore). Su un tipo di pubblicità c’è il massimo di flessibilità: quella
elettorale. In questo ambito, da parte di tutti i giornali, l’agevolazione parte
da sconti del 25% fino addirittura al dimezzamento della tariffa.
Tabloid 3 / 2008
L’inchiesta
Quattro
Così raccontiamo
la nostra storia
Stile sobrio e stile gridato
Considerazioni sull’impostazione
grafica e sull’immagine esulano da
questa analisi. Del resto, formato,
uso del colore e della fotografia e
della scansione per temi e argomenti
renderebbero pressoché impossibile un ragionamento di sintesi o una
indicazione di tendenza.
Si può solo osservare in generale la
prevalenza di un linguaggio contenuto e di titolazioni sobrie. Pochi giornali, per soffermarci rapidamente sulla
prima pagina, adottano la formula
monotematica e il titolo “gridato”
(uno di questi è Milanosud). In genere si preferisce una prima pagina
pluritematica, in cui il frazionamento
degli argomenti proposti suggeriscee
non impone al lettore gerarchie di
importanza. Alcuni, come Il diciotto, bandiscono addirittura completamente articoli o scritti dalla prima
pagina, che si presenta come una
sorta di copertina da rotocalco.
Pubblicità: il 26% del giornale
La pubblicità costituisce il principale
se non l’esclusivo cespite dei giornali di zona. Per calcolare l’incidenza
della pubblicità sull’intero corpo del
giornale, si è assunta la foliazione
media di ciascuna pubblicazione,
perché alcune di loro variano spesso
il numero di pagine proprio in ragione
dell’affollamento pubblicitario.
Va tenuto presente che nessuno di
questi mensili esce dodici numeri
all’anno. La maggior parte pubblica
undici numeri, alcuni dieci.
Tabloid 3 / 2008
Naturalmente - tariffe e politica degli
sconti a parte - la media del 26 %
va letta come la famosa statistica
del pollo. Si va da affollamenti del 10
% (della Voce) al 40 % de La Piazza. Escludendo quest’ultima testata
che, come si è visto, costituisce un
prodotto decisamente atipico (sia
perché ha cadenza settimanale sia
perché è più facile veicolare contratti pubblicitari nelle pagine zonali
quando siano all’interno di un impianto che riguarda l’intera città), si
segnalano per consistenza di gettito
pubblicitario (al 30 % o oltre) i giornali della zona nordoccidentale, ABC,
Zona 9, Il diciotto.
Evidentemente la regola del nord
opulento e del sud povero vale anche per la stampa zonale. Dobbiamo
risolvere anche nel nostro ambito la
questione meridionale.
La pubblicità prevalentemente è di
piccole e medie dimensioni, e riguarda attività commerciali, studi professionali, ristorazione, assistenza
tecnica, artigianato locale, librerie.
Da notare una certa fedeltà di molti inserzionisti rispetto a presenze
saltuarie o limitate a pochi numeri.
Segno di un rapporto consolidato
col tessuto commerciale della zona,
attraverso contratti di durata prolungata e riconoscimento dell’efficacia
dei giornali zonali come veicolo di
comunicazione pubblicitaria. In sostanza, per quanto riguarda la tipologia dell’utenza pubblicitaria non si
registrano scostamenti significativi
tra giornale e giornale.
Quattro, giornale
di informazione e
cultura della Zona
4, nasce, quasi per
caso, all’inizio del
1997 per iniziativa
di alcuni amici che operavano in
diversi settori della vita zonale
(scuole, Consiglio di zona, realtà
associative).
Scopo: raccontare la zona, fare
informazione e cultura; infatti
alla pubblicazione del giornale
si affiancheranno per tutti questi
anni anche attività culturali
direttamente prodotte.
Nel corso degli 11 anni ormai
trascorsi Quattro aumenta il
numero di pagine (ora siamo
a 16), la tiratura (ora di 16.000
copie), l’area di diffusione (la
nuova zona 4 ha quasi 160.000
residenti) e la qualità del
prodotto (full color, collaboratori
di buona professionalità).
Continuiamo a “raccontare” la
nostra zona: il suo passato con articoli sulla storia di luoghi
e persone-, il suo presente
- con articoli e servizi sulle
realtà associative culturali,
sportive, di volontariato e le
loro attività, su personaggi
significativi che risiedono in
zona, sulle trasformazioni
urbane -, il suo futuro – con
approfondimenti in particolare
sui progetti urbanistici che
interesseranno la nostra zona e
la trasformeranno.
Un giornale dunque molto
radicato nel territorio che vuole
anche essere espressione del
nostro impegno civico e del
nostro –perché no- affetto
nei confronti della zona in cui
viviamo e operiamo.
Stefania Aleni
(direttore di Quattro)
13
Scuola
piano
diPrimo
giornalismo
le nuove nomine DELL’ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO
Un vertice d’esperienza
per rilanciare l’Ifg
Dal 16 maggio, l’Istituto Carlo De Martino ha un nuovo assetto operativo che vede
Carlo Maria Lomartire alla presidenza, Pietro Scardillo alla tesoreria, Mario Molinari alla
segreteria: giornalisti e professionisti con un curriculum di tutto rispetto per continuare
la tradizione di scuola d’eccellenza nella preparazione alla nostra professione
Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione per la formazione al giornalismo “Walter Tobagi” il 16 maggio
2008 ha eletto le nuove cariche al
vertice della Scuola di giornalismo,
Ifg “Carlo De Martino”. Presidente
è Carlo Maria Lomartire (13 voti a
favore, 3 astenuti), tesoriere Pietro
Scardillo, segretario Mario Molinari.
Lomartire, Scardillo e Molinari subentrano a Maurizio Carta, Dario
Bolis e Mario Bardi rispettivamente
presidente, tesoriere e segretario
che si sono dimessi.
Carlo Maria Lomartire è giornalista
professionista dal 1978. Ha lavorato
a Il Giorno fino al 1986 e a Italia Oggi
(sotto la direzione di Marco Borsa)
fino al 1989; poi, per quasi tre anni,
ha fatto parte della Rai di Milano e
dal 1991 di Mediaset, dove è stato
capo redattore al Tg5 e vice direttore
di Studio Aperto. Ora è vice direttore
di Videonews. Lomartire ha scritto
anche alcuni libri tra cui Mattei, biografia di Enrico Mattei, Insurrezione,
cronaca dei giorni dell’attentato a
Palmiro Togliatti, e Il bandito Giuliano, mentre è appena uscito in questi
giorni Il Qualunquista su Guglielmo
Giannini, tutti editi da Mondadori.
Pietro Scardillo, pubblicista dal
1993, laureato in Economia e Commercio ed ex manager nel settore
delle risorse umane, ha collaborato
al mensile Espansione e al quotidia-
14
•Il presidente dell’Ifg, Carlo M. Lomatire
(sopra), il tesoriere Pietro Scardillo e il
segretario Mario Molinari (a destra)
no Italia Oggi. È stato direttore generale dell’Accademia di formazione
Teatro alla Scala e precedentemente
direttore del personale.
Mario Molinari, giornalista pubblicista dal 1997, è autore di numerose
inchieste e programmi TV; per 12
anni ha lavorato a Striscia la Notizia
(dal 1993 al 2005), poi a Matrix con
Enrico Mentana e a Le Iene. Autore
di Nebbia italiana, monologo teatrale
sul tragico incidente di Linate, e di
Notte d’altrove per Torino Film Festival, Molinari è segretario dell’Ordine
dei giornalisti della Lombardia.
«Con queste nomine», spiega Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine
dei giornalisti della Lombardia, «si
stabilizza l’assetto operativo di Ifg,
che conta anche sul nuovo direttore,
Enrico Regazzoni, per continuare
la tradizione, ormai consolidata da
molti anni, di scuola di eccellenza
nella preparazione alla nostra professione, in sintonia con il mercato del
lavoro e con un mestiere che richiede
grande duttilità, competenze e preparazione approfondita nei diversi
settori dell’informazione».
Tabloid 3
6 / 2008
2007
Scuola
di giornalismo
le linee guida del direttore per il xvi biennio
Multimedialità
e nuova etica
Codici, tecnologie e laboratori al passo con i cambiamenti
della nostra professione. Ma è urgente recuperare
anche una buona dose di autonomia economica,
per riconsegnare ai nostri allievi una bandiera d’eccellenza
di Enrico Regazzoni direttore Ifg
Il giornale sta per chiudere, lo spazio è
ridotto. Mi chiedono un intervento sulla
Scuola di Giornalismo. Non posso che
ricorrere a parole chiave, e tra le tante
ne scelgo due che sento più urgenti
delle altre: nuova multimedialità e nuova etica della professione.
Multimedialità, di questi tempi, è un
termine che echeggia costantemente
nelle redazioni dei quotidiani. Indica innanzitutto l’inadeguatezza della carta
stampata, in un futuro che ormai è già
presente, a far fronte alla velocità delle
notizie e dunque a una loro diffusione
che sia in linea con i mutati stili di vita.
Ma vuol dire anche salute economica di
qualunque azienda impegnata nell’informazione, che non può più ragionevolmente stare su un mercato dove il
costo della carta va raggiungendo livelli
impensabili, o meglio pensabili solo in
un’ottica di sfruttamento sconsiderato
delle risorse del pianeta.
Così si tengono corsi di aggiornamento, nelle redazioni, proprio come
vent’anni fa ci insegnarono a sostituire con il pc la nostra macchina per
scrivere. È una strada essenziale, che
insegna al giornalista a riportare (reporter) al giornale un materiale informativo
comunicabile su più supporti: visivo,
audio e di scrittura. Come dire, web. E
non sono, ovviamente, solo corsi di un
apprendimento tecnologico. Si tratta,
ben più radicalmente, di apprendere
nuovi linguaggi, un tessuto di grammatiche e stili capace di accogliere
professionalità e personalità dei nuovi
Tabloid 3 / 2008
giornalisti. L’Ifg deve mettersi al passo.
Ma proprio da questo consumo diffuso
della notizia, dall’atomizzazione dei fatti
che sembra appiattire ogni parola in
un indistinto rumore di fondo, nasce a
mio avviso la domanda di una nuova
etica della professione. Una profonda
domanda di senso che deve trovare
risposta anche nella ricerca didattica
dell’Ifg, per dotare i futuri giornalisti
di nuovi codici della notizia e definire
daccapo quelle gerarchie di importanza e quella legittimità di intervento
che l’odierno villaggio globale si avvia
semplicemente ad azzerare. Anche di
questa nuova etica (anzi, soprattutto di
essa) la nostra professione ha urgente
bisogno per continuare a essere tale.
Infine, nelle due righe che restano, un
accenno all’autonomia economica che
la Scuola deve recuperare: con la sponsorizzazione istituzionale dei prodotti
dei suoi laboratori (agenzie, mensile,
giornale radio, giornale tv, giornale on
line); con l’utilizzo delle sue strutture
(fuori dall’orario delle lezioni e nei mesi
estivi) in corsi di aggiornamento per
giornalisti professionisti; con una modificazione dello statuto che la trasformi
in Fondazione. È un’impresa importante, non impossibile. Già nel giro di un
anno, la nuova salute economica della
Scuola potrebbe consentire di eliminare la retta studentesca recentemente
introdotta. E dunque di riconsegnare
appieno la bandiera dell’eccellenza
dell’Ifg a quella seria meritocrazia che
negli anni l’ha fatta grande. CHI È
Trent’anni
di mestiere
Giornalista professionista
dal 1979, Enrico Regazzoni
scrive sulle pagine culturali
del quotidiano La Repubblica.
Ex inviato dell’Europeo, ha
insegnato letteratura moderna
e contemporanea all’Università
di Padova e allo Iulm, è stato
redattore dei tascabili alla
Feltrinelli Editore, ha collaborato
con Panorama e, nell’ufficio
studi e marketing di Repubblica,
ha partecipato all’ideazione
(con Marco Barina), al lancio
e alla gestione dei prodotti di
Edizioni La Repubblica (linea
educational, film, disco del
mese, novità della classica e i
nuovi allegati del quotidiano).
Ha poi lavorato all’ufficio
studi del Gruppo l’Espresso
partecipando alla progettazione
(con Daniela Hamaui) di D la
Repubblica delle Donne,
di cui ha poi assunto la direzione
del controllo editoriale, fino
al dicembre 2005. Come
caporedattore ha curato i
progetti multimediali nel Gruppo
Telecom Italia Media.
15
Scuola
Primo
piano
di
giornalismo
XVI BIENNIO DELL’ISTITUTO CARLO DE MARTINO
Così impariamo
il mestiere
Lezioni teoriche e laboratori di pratica: per avviare nuovi
giovani alla professione, la ricetta dell’Ifg è ormai super
collaudata. Ma segue passo passo le evoluzioni dei media
di Fabio Pisanu e Camilla Tagliabue*
Sono 40 gli allievi del XVI biennio
dell’istituto “Carlo De Martino”, inaugurato ufficialmente il 5 novembre
2007 al Circolo della Stampa. Diciassette donne e 23 uomini che provengono da 13 Regioni italiane e hanno
curricula e profili professionali vari.
Ben 18 i laureati in Scienze della comunicazione, ma sono presenti anche laureati in Lettere, Giurisprudenza, Filosofia, Economia, Mediazione
linguistica, Relazioni pubbliche e
Scienze politiche. Le due prove di
esame (scritto e orale), che hanno
coinvolto più di 300 aspiranti giornalisti, si sono svolte tra settembre
e ottobre e la selezione è avvenuta
con grande rigore e serietà.
Buona parte degli allievi ha già svolto attività giornalistica collaborando
con testate locali e nazionali, ma non
manca chi si affaccia alla professione per la prima volta. Esperienza e
voglia di fare si sono rivelate particolarmente preziose quando, da
gennaio 2008, alle lezioni teoriche
si sono affiancati i laboratori di pratica. Tre le testate: milano Ore 13,
free press del primo pomeriggio, la
radio on line Speciale FM e www.ifgonline.it, il portale web della scuola.
Il quotidiano cartaceo dà spazio alle
notizie di cronaca cittadina, con una
finestra sulla cultura, l’approfondimento e gli appuntamenti del capoluogo. Viene distribuito alle 13 in via
Filzi 17, davanti alla sede dell’istituto. Il notiziario radiofonico, invece,
ha respiro nazionale e internazio-
16
nale: propone, ogni giorno all’ora
di pranzo, tutti gli aggiornamenti
sulle news della mattinata. Si può
ascoltare all’indirizzo Internet www.
ifgonline.it. Più particolare il taglio
scelto per la homepage del sito: solo
notizie inedite, pensate per spingere
il lettore a curiosare oltre al menu
tradizionale cucinato dai media nazionali. Otto sezioni (interni, esteri,
economia, salute, cultura, spettacoli, scienze&tecnologia e sport), le
fonti vanno dai portali istituzionali
alla stampa estera, dalle agenzie
internazionali ai siti specializzati. Le
tre testate sono quindi, complementari. Per dar vita ai laboratori, che si
tengono ogni mattina dal lunedì al
venerdì, gli allievi sono stati divisi in
tre gruppi, che ogni 5/6 settimane
ruotano, dando la possibilità a tutti di
confrontarsi con i diversi media.
I pomeriggi sono, invece, dedicati
alle lezioni teoriche. Oltre agli insegnamenti di interesse giornalistico
(linguistica, analisi comparata della
stampa, fotogiornalismo, fotoediting,
grafica, storia del giornalismo, teorie
della comunicazione, nuovi media e
media europei), gli allievi seguono
corsi di lingue (inglese e spagnolo),
diritto (costituzionale, penale e procedura penale), economia e geopolitica. Il ricco corpo docente vanta
personalità di spicco del mondo
accademico e dei media: Gianmarco Gaspari, Silvano Petrosino, Luca
Viola, Angelo Ciancarella, Robertino
Chi sono i 40 studenti
Da tutta Italia per realizzare un sogno
Chiara Andreola, 23 anni, di Treviso; Gennaro Barbieri, 24 anni, di Roma;
Riccardo Bianchi, 23 anni, di Firenze; Alberto Bolis, 26 anni, di Lodi; Giulia
Bonezzi, 30 anni, di Reggio Emilia; Lorenzo Bordoni, 27 anni, di Rimini;
Valentina Buzzi, 25 anni, di Milano; Valentina Caiazzo, 25 anni, di Savona;
Ferdinando Cotugno, 26 anni, di Napoli; Benedetta Dalla Rovere, 26 anni,
di Bologna; Alessandra D’Angiò, 23 anni, di Como; Massimiliano Del Barba,
29 anni, di Brescia; Mattia Ferraresi, 24 anni, di Modena; Maria Gallelli, 31
anni, di Catanzaro; Natascia Gargano, 25 anni, di Aviano; Andrea Gianni, 24
anni, di Saronno; Luciana Grosso, 28 anni, di Lodi; Lara Gusatto, 26 anni,
di Treviso; Marco Lignana, 25 anni, di Genova; Dario Mazzocchi, 24 anni,
di Lodi; Fabrizio Monari, 26 anni, di Modena; Mauro Munafò, 22 anni, di
Messina; Mariaveronica Orrigoni, 25 anni, di Varese; Mario Pagliara, 27 anni,
di Salerno; Zelia Pastore, 24 anni, di Milano; Maudie Piccinno, 30 anni, di
Biella; Fabio Pisanu, 29 anni, di Nuoro; Irene Privitera, 26 anni, di Catania;
Antonio Prudenzano, 23 anni, di Taranto; Chiara Rancati, 26 anni, di Como;
Antonio Sanfrancesco, 24 anni, di Lecce; Paolo Scandale, 27 anni, di Parma;
Gianluca Schinaia, 28 anni, di Roma; Federico Simonelli, 27 anni, di La
Spezia; Camilla Tagliabue, 26 anni, di Como; Antonio Vanuzzo, 25 anni, di
Udine; Giovanni Vegezzi, 25 anni, di Milano; Stefano Vergine, 26 anni, di
Saronno; Ilaria Verunelli, 26 anni, di Viareggio; Piero Vitiello, 26 anni, di Napoli.
Nella foto gli studenti e, sulla destra, il direttore Enrico Regazzoni
Tabloid 3
6 / 2008
2007
Scuola
di giornalismo
Ghiringhelli, Maria Grazia Cavenaghi-Smith, Laura Tettamanzi, Mario
Bardi, Giangaspare Basile, Aldo Pavan, Piero Raffaelli, Laura Marras,
Francesco Guidara, David Messina
e lo storico inviato del Corriere della
Sera Antonio Ferrari. È soprattutto
grazie a loro che gli allievi hanno già
potuto incontrare “maestri” del giornalismo come Ettore Mo, Gianluigi
Colin, Luciano Fontana, Luciano Di
Pietro, Franco Tettamanti, Giovanni
Antonini, Giovanni Porzio.
In aggiunta al lavoro ordinario, i
giovani hanno realizzato in questi
cinque mesi diverse edizioni speciali. I praticanti del laboratorio on
line hanno scritto due inchieste su
temi di grande attualità e complessità, come il trentennale della legge
Basaglia e la presenza militare statunitense nel nostro Paese: “La pazzia
diffusa” e “Basi americane in Italia”
sono tuttora disponibili nella sezione
Speciali di www.ifgonline.it. Il dibattito sulla legge 180 del 1978 è stato
anche portato in pubblico a marzo
al Circolo della Stampa, in un incon-
Tabloid 3 / 2008
tro che ha visto la partecipazione di
ospiti del calibro di Dario Fo, Umberto Galimberti e Arcadio Erlicher. I
momenti di confronto con il pubblico
(per i quali gli allievi curano anche la
parte di ufficio stampa) dovrebbero
diventare, nelle intenzioni dei giovani e del direttore Enrico Regazzoni,
un appuntamento fisso a cadenza
mensile. Dopo le serate sul mestiere
dell’inviato di guerra e sulla Basaglia,
il 20 maggio a Palazzo Reale è stata la volta del forum “La radio che
verrà”. Tra le esperienze affrontate
non sui banchi, a febbraio, in occasione della Bit, gli studenti hanno
collaborato con il Comune di Milano
per la gestione degli stand di ufficio
stampa nel polo fieristico di Rho. A
dicembre 2007, inoltre, l’intera classe ha partecipato ad alcuni seminari presso il Parlamento Europeo
di Strasburgo, incontrando diversi
eurodeputati italiani. Un’esperienza
forte dal punto di vista sia didattico
sia umano: ha contribuito non poco
a cementare il gruppo dei 40.
*allievi del XVI biennio di IFG
L’Ifg dal 1977 a oggi
Un vivaio
di professionisti
• L’Istituto per la formazione
al giornalismo di Milano (Ifg)
“Carlo De Martino” è stata la
prima, e a lungo l’unica, scuola
di giornalismo in Italia: il primo
biennio fu attivato nel 1977.
• In trent’anni, la scuola
dell’Ordine dei giornalisti della
Lombardia ha portato a termine
15 corsi biennali per giornalisti e
due corsi biennali per giornalisti
grafici (1990-1992 e 1992-1994).
• L’Ifg ha formato 675 giornalisti
professionisti (dati aggiornati
al XV biennio 2005-2007
compreso): 353 uomini e 322
donne. Tra loro molte firme e
volti noti del giornalismo, come
Aldo Cazzullo, Daniela Hamaui,
Peter Gomez, Curzio Maltese,
Antonello Piroso.
• Secondo una ricerca del 2006,
in corso d’aggiornamento, tra gli
allora 604* ex studenti dell’Ifg
che esercitavano la professione:
37 direttori di testata, condirettori
e direttori editoriali;
7 vicedirettori;
86 capiredattori centrali,
capiredattori e vicecapiredattori;
43 inviati e corrispondenti;
85 capiservizio e
vicecapiservizio;
205 redattori ordinari;
23 uffici stampa, rapporti stampa
e comunicazione e immagine;
34 contratti di collaborazione
e co.co.co;
34 collaboratori freelance;
13 attivi in altre professioni
(in gran parte nell’editoria);
36 autori di libri.
* Sono esclusi 32 ex allievi
che per vari motivi avevano
abbandonato la professione
giornalistica.
Per altri 37 (compresi nei 604)
non era stato possibile reperire
notizie aggiornate.
17
Scuola
Primo
piano
di
giornalismo
i pro e i contro DI UNA SCELTA professionale spesso obbligata
Meglio il posto fisso
o la vita del freelance?
Abbiamo girato questa insidiosa domanda a due allievi del XVI biennio dell’Istituto
Carlo De Martino. Due giovani che si affacciano, carichi di entusiasmo e di aspettative,
alla professione e si trovano a fare i conti con una realtà non proprio generosa.
Tra il desiderio di mettere radici e la voglia di avventura, ecco che cosa ci hanno risposto
VOGLIO CRESCERE IN REDAZIONE
VOGLIO SENTIRMI sempre LIBERO
Quando, nel film “Prima Pagina” di Billy Wilder, Walter
Fare il freelance è un modo di vivere intensamente la
Matthau scopre che il miglior cronista della sua redazioprofessione giornalistica, una strategia per sfuggire alla
ne sta per convolare a nozze, impazzisce. Corre dalla
paura del desk e per mettersi alla prova.
fortunata, Susan Sarandon, e la implora: «Signorina, mi
Spesso, certo, è anche una scelta obbligata. L’attuale
ascolti, sposi un becchino, sposi un contrabbandiere,
situazione in cui versa il mondo dell’informazione e la
sposi chiunque, ma non sposi un reporter!». Il punto è
difficoltà di ottenere un contratto a tempo indeterminato
che i giornalisti non si possono sposare perché sono
portano molti giovani a iniziare proprio così. Ma questo
già dati in matrimonio al loro giornale.
non deve essere un ostacolo insuperabile, può anche
Un mestiere così imprevedibile sarebbe difficile da soprappresentare e diventare un’opportunità. I cambiamenti
portare senza quelle famiglie, pur riluttanti e conflittuali,
nel mondo del lavoro costringono le redazioni a snellirsi
che sono le redazioni. I veri freelance, non quindi i precari
e ad affidarsi ad una rete sempre più ricca di collabocostretti a rincorrere ogni collaborazione per mettere
ratori. Queste trasformazioni rispondono alle esigenze
insieme uno stipendio, sono, ormai e sempre più, rari
di ridurre i costi, pur mantenendo velocità, precisione e
personaggi esotici. Hanno lo scopo di attirare le giovani
completezza dell’informazione. Ecco perché dobbiamo
menti verso la professione, con la prospettiva di una vita
pensare al freelance come a una persona che è disposta
picaresca, trascorsa collezionando manufatti di arte afria viaggiare e a studiare per essere capace di vendecana e fumando tabacco pregiato in
re un’informazione con alto valore
pipe intarsiate in oro con le scene
aggiunto.
salienti della battaglia di Trafalgar.
Durante l’incontro “Nuove strade
Poi, parafrasando Winston Churper l’accesso alla professione giorchill, chi a vent’anni non vuole fare il
nalistica” al Festival internazionale
freelance è senza cuore, chi lo vuole
del Giornalismo di Perugia, i colleancora fare a quarant’anni è senza
ghi freelance che sono intervenuti
cervello. Il posto fisso significa non
hanno definito come indispensabili
solo avere garanzie economiche e
la voglia e il coraggio di partire, di
tutela politica, ma anche avere il
studiare all’estero, ma soprattutto
sostegno umano nello svolgere un
la disponibilità ad affrontare sacrifici
lavoro che non ha mai un giorno
pur di continuare a fare questo lavouguale all’altro, con la pressione
ro. Chiunque abbia sognato fin da
sempre alta e la possibilità di inpiccolo di fare il giornalista ha sicucappare nell’errore dietro l’angolo.
ramente associato questo mestiere
Da soli, editori di se stessi, è durisall’idea un po’ romantica di viaggiare
sima. Infine, per un giovane, vivere
e vivere in maniera avventurosa, indentro una redazione vuol dire non
seguendo le notizie. Allora, se non si
smettere mai di avere occasione di
può più fare gli inviati si può sempre
guardare, scrutare e studiare i col- •Indro Montanelli, mito per tanti allievi
fare il freelance: basta non chiamarla
leghi, e di imparare da loro.
precarietà, ma avventura.
della scuola. Di lui si è parlato anche al
Ferdinando Cotugno Festival del giornalismo di Perugia.
Giovanni Vegezzi
18
Tabloid 3
6 / 2008
2007
L’Ifg al Festival
di Perugia
incontri, dibattiti, proiezioni e molto altro
L’informazione
si mette a nudo
Dal 9 al 13 aprile, nella città umbra, insieme ai grandi nomi
del giornalismo internazionale c’erano anche gli allievi della
Scuola di Milano. Ecco i racconti dei nostri inviati speciali
di Mauro Munafò e Paolo Scandale*
Una professione fatta di domande che
si interroga su se stessa. Che cosa è
rimasto da dire sul giornalismo? Multimedialità, accesso al lavoro, rapporti
tra media e potere, ritratti d’autore.
Tutto questo è stato il Festival internazionale del giornalismo che si è tenuto
a Perugia dal 9 al 13 aprile. Un lungo
editoriale declinato in incontri, dibattiti, proiezioni e interviste per capire
dove è arrivata, ma soprattutto dove
sta andando l’informazione.
La verità. È stato questo il filo conduttore del festival. La Lectio magistralis
di apertura tenuta da Eugenio Scalfari ha parlato di un mestiere spietato,
ispirato da quella curiosità che spinge
ad andare oltre la superficie delle cose
e che deve tendere alla verità giornalistica. Nessun pregiudizio, ma oggettività nel dichiarare il proprio punto
di vista offrendo al lettore la chiave
per decifrare ciò che legge: «Chi opera sulla base di una verità assoluta,
che sia religiosa, ideologica o peggio
ancora di partito, fa di solito cattivo
giornalismo».
La verità, nella migliore versione
ottenibile, deve essere l’obiettivo
primario per Carl Bernstein. L’autore dell’inchiesta sul caso Watergate,
interrogato sulle lacune della stampa
allo scoppio del conflitto iracheno, ha
denunciato la difficile situazione del-
la professione, dividendo equamente le colpe tra la pigrizia dei colleghi
e l’omertà delle autorità. Le critiche
hanno lasciato tuttavia spazio ad
un possibile riscatto: «All’inizio della guerra i media sono stati lenti, ma
in seguito è stato grazie al lavoro di
ottimi reporter che abbiamo appreso
delle torture e della pessima gestione
del conflitto».
La verità come celebrazione dell’integrità è, invece, il punto cardine del
ricordo regalato a Indro Montanelli a
cui sono stati dedicati un incontro ed
una mostra che ne hanno ripercorso
la lunga carriera.
Le verità nascoste sono state quelle
delle nuove armi che insanguinano la
striscia di Gaza, raccontate in un’inchiesta di RaiNews24, o l’ecatombe
silenziosa che si consuma nelle fabbriche italiane portata sullo schermo
oltre 200
giornalisti
accreditati
da tutto il mondo
50 eventi divisi tra tavole
rotonde, presentazioni di libri,
proiezione di documentari
e interviste.
40.000 presenze
tra partecipanti agli eventi
e visitatori delle mostre.
dal cortometraggio “Col ferro e col
fuoco, cosa è morto con i ragazzi della
Thyssen”.
La verità degli altri. Ovvero l’umiltà di
accettare un punto di vista diverso,
lasciando la parola agli inviati stranieri
che lavorano nel nostro Paese, per
scoprire come anche l’Italia possa
essere estero.
La verità sui problemi della professione, infine. Tra ben note incognite sul
futuro della stampa e soluzioni troppo spesso nebulose. Perché cercare
davvero le risposte significherebbe
per tutti i giornalisti mettere in discussione l’unicità e la presunta diversità
del loro mestiere. Gli insegnamenti
dei grandi maestri possono indicare la
strada, purché la loro lunga e ingombrante ombra non serva a nascondere
le difficoltà del percorso.
*Allievi del XVI biennio Ifg
•Tra il pubblico che ha seguito il
Festival del giornalismo di Perugia
c’erano anche allievi dell’Ifg di Milano.
Tabloid 3 / 2008
19
L’Ifg al Festival
Primo
piano
di Perugia
QUANDO LA CRONACA si fa DAL FRONTE: una sfida dura ma stimolante
Raccontare le guerre
non è un gioco da ragazzi
Vivere quotidianamente con il terrore e con il dolore, assistere alle tragedie umane e poi
descriverle, con imparzialità, al grande pubblico: il compito di un inviato di guerra
è tutt’altro che facile. Perché si scontra con la madre di tutte le paure: quella per la morte
di Mariaveronica Orrigoni e Zelia Pastore*
Parlare di un conflitto non è mai
semplice: descrivere la sofferenza
umana, raccontare a chi neanche si
immagina cosa significhi una guerra,
che cosa vuol dire vivere quotidianamente con la paura e il dolore è forse
una delle sfide più dure e stimolanti
che la professione del giornalista
comporta. Farlo dal Medio Oriente,
una delle zone più calde del pianeta
con un conflitto che dura da decenni
e di cui non si vede la fine, lo è ancora di più.
Lo sanno bene due maestri in questo
campo, Robert Fisk del quotidiano inglese The Independent e Christopher
Dickey, corrispondente dell’americano Newsweek, presenti a Perugia
per l’incontro Cronache dal Medio
Oriente al quale è intervenuta anche
Francesca Paci, inviata de La Stampa
a Gerusalemme da pochi mesi.
Si può raccontare una realtà così
complicata rimanendo distaccati,
riportare fedelmente i fatti, senza
dimenticare però che il giornalista è
prima di tutto un essere umano?
È quanto inevitabilmente ti chiedi osservando Fisk e Dickey che parlano
sul palco, due uomini di mezza età
che spiegano a una folla di giovani
quanto sia difficile fare il giornalista
investigativo, in una realtà in cui le
persone e i gesti quotidiani sono tutti
legati da un unico filo conduttore: il
dolore.
E le parole di Robert Fisk chiariscono
perfettamente il concetto: «Il Medio
Oriente è una tragedia umana piena
di sangue. Ovviamente noi giornalisti abbiamo delle emozioni, ed è il
nostro compito, oltre che raccontare i fatti, riuscire a farle capire, a
trasmetterle ai nostri lettori, senza
però parteggiare per nessuna delle
due parti».
•Robert Fisk del quotidiano inglese
The Independent e Christopher Dickey,
corrispondente dell’americano Newsweek,
con Francesca Paci, inviata della Stampa.
20
Assistendo al dibattito aumenta
la convinzione che fare l’inviato di
guerra non sia solamente cercare lo
scoop ad ogni costo, inseguire la notizia tra un bombardamento e l’altro.
L’obiettivo, difficile quanto prioritario,
è raccontare ciò che si vede e ciò
che si vive.
E per chi lavora in Paesi delicati come, per l’appunto, il Medio Oriente
non è sempre facile.
Decidere che cosa scrivere, come
farlo, ma soprattutto cercare di riportare fedelmente quello che succede,
senza mai parteggiare per nessuno:
è questo il grande problema. «L’autocensura», commenta Francesca
Paci, «può essere per un giornalista
assai più forte della censura».
Una cosa pare comunque indiscutibile: il fascino dell’inviato di guerra è
davvero intramontabile. Anzi, molte
volte la spinta che porta i giovani a
tentare la professione è proprio la
voglia di visitare e di raccontare il
mondo, cercando di emulare i grandi del passato e del presente che da
sempre attraversano il globo per essere ogni volta in prima linea.
Ma spesso questa stessa voglia si
scontra con l’assurdità di molte realtà. E chi si imbatte in queste assurdità
deve comunque sforzarsi di essere
obbiettivo, imparziale. Perchè la sottile
linea di confine tra un grande inviato e
un semplice scrivano è l’imparzialità,
che deve sempre contraddistinguere
ogni suo pezzo. *Allieve del XVI biennio Ifg
Tabloid 3
6 / 2008
2007
L’Ifg al Festival
di Perugia
da grossisti a dettaglianti dell’informazione
Notizie veloci
e su misura
Nell’era di Internet per chi lavora nelle storiche agenzie
di stampa e nei più recenti canali all news la sfida
raddoppia. Oltre al tempo, bisogna vincere l’omologazione
di Giulia Bonezzi e Antonio Vanuzzo*
Raccontare i fatti senza soluzione di
continuità. Passare da grossisti dell’informazione a dettaglianti in competizione con un pubblico che entra nel
gioco grazie a tecnologie a basso
costo. La velocità nel dare le notizie
è imperativo ancor più pressante, e
il rischio è l’omologazione: vale per il
più antico dei media moderni, e per
il più nuovo nato prima di Internet.
Agenzie e canali all news, ciascuno a
suo modo, vanno a cercare la propria
audience, che nel web diventa allo
stesso tempo target e partner.
QUI ALL NEWS - Dare il proprio punto di vista sul mondo, trasmettendo
un flusso di notizie in costante aggiornamento: velocità e diretta sono
le due caratteristiche principali delle emittenti all news. Per gli editori,
questo significa costi elevati e ritorno
a lungo termine sugli investimenti.
Nell’era del web del pubblico attivo,
quali sono le prospettive future? Secondo Corradino Mineo, direttore di
Rai News 24, nata nel 1999, «la sfida
oggi è riuscire a umanizzare le notizie, cambiando la grammatica della
diretta come cifra stilistica delle all
news». Perché le immagini arrivano
quasi sempre dalle agenzie video
internazionali come Aptn e Reuters,
che garantiscono la qualità, ma omologano il prodotto: «Ai giornalisti noi
chiediamo il colore, per questo abbiamo uno spazio di approfondimento a cadenza regolare nell’arco delle
24 ore», afferma Juan Cristabal Vidal
Doce, di Canal 24 Horas. Per Nicola
Tabloid 3 / 2008
Lombardo, caporedattore di Sky Tg
24, in Italia dal 2003, «il vantaggio
delle all news è fornire allo spettatore tutto ciò che sappiamo in quel
momento, con il massimo approfondimento e flessibilità possibili, senza
le scansioni temporali prefissate dei
tg generalisti».
QUI AGENZIE- Perso il monopolio
del grado zero della notizia, oggi le
agenzie pensano ad allargare il proprio pubblico, valorizzando ciò che
può renderle competitive: risorse,
attendibilità, capacità di costruire
un servizio mirato. La trasformazione della più antica agenzia d’Italia
inizia da Internet: «Ansa.it è il terzo
sito d’informazione più visitato dopo
quelli di Corriere e Repubblica», dice il nuovo direttore Giampiero Gramaglia. Parole d’ordine: linguaggio
ben comprensibile e soluzioni interattive. Anche il direttore di Reuters Italia, Tiziana Barghini, mette
l’accento su «servizio in 19 lingue
e sperimentazione di blog tenuti da
giornalisti». Puntando su un valore
aggiunto delle agenzie finanziarie: la
possibilità di dar voce ai propri analisti. Per AP Dow Jones è già una
realtà e si chiama “The Skeptic”.
Lo spiega Luca Di Leo, direttore per
l’Italia. E avanza un’idea rivoluzionaria: «Negli Stati Uniti metà dello scambio di azioni avviene col computer.
Ora si può pensare a un’informazione
talmente lineare da poter essere processata dalle macchine». *Allievi del XVI biennio Ifg
La testimonianza
Un’italiana
per Al Jazeera
«Avere il centro
logistico in un’area
non occidentale ci
aiuta ad essere sul
fatto anche quando
accade in luoghi
lontani dai riflettori. Se succede
qualcosa a Roma, tutte le reti sono
subito lì con le troupe al completo
e le attrezzature satellitari, ma se
l’azione si sposta, per esempio,
in Somalia, il nostro vantaggio
diventa oggettivo». Barbara Serra
(nella foto) è la prima giornalista
italiana della redazione di Al
Jazeera International, versione
in lingua inglese del noto canale
satellitare all news con base nel
Qatar. «Più che islamica – precisa
– la nostra è una rete televisiva
araba. I due termini non vanno
confusi, sarebbe come dire che
la Rai è un’emittente cattolica.
Il mondo arabo è ovviamente
influenzato dall’Islam e dai suoi
precetti, ma al suo interno esistono
realtà molto diverse tra loro.
Alcuni Paesi sono più chiusi e
tradizionali, per esempio l’Arabia
Saudita, altri invece, come il Dubai,
mostrano maggiore apertura
verso l’Occidente». La realtà è
più complessa di quella che ci
mostrano i mezzi d’informazione
italiani ed europei: «Non è che i
problemi non esistano, l’errore
è parlare come se non ci fosse
nient’altro. L’obiettivo di Al
Jazeera, invece, è valorizzare
quelle realtà intermedie che è
molto facile non vedere. E questo
non solo nel raccontare il mondo
arabo all’Occidente, ma anche nel
processo contrario. Perché anche
gli arabi finiscono per pensare, per
esempio, che il mondo occidentale
sia come nei film di Hollywood».
Chiara Rancati
(allieva del XVI biennio di IFG)
21
L’Ifg al Festival
Primo
piano
di Perugia
informazione e politica: le regole antiraggiro
Lavorare nelle
stanze del potere
Saper ascoltare tutte le fonti senza pregiudizi, spin doctors
inclusi: questo è uno dei segreti per arrivare alla “miglior
versione possibile della verità”. Parola di Carl Bernstein
di Chiara Andreola, Valentina Caiazzo e Marco Lignana*
Se il giornalista racconta la verità,
il comunicatore politico la distorce
a proprio vantaggio. Sono questi,
nell’immaginario comune, i ruolichiave di due figure comunicative
della società odierna, due facce in
fondo appartenenti alla stessa medaglia. Ma è davvero così? Non proprio. Parola di Carl Bernstein, premio
Pulitzer per l’inchiesta sullo scandalo
Watergate. Se i pr politici raccontano
fandonie, sostiene, è perché sono
i politici che essi rappresentano a
farlo. Quello che alla fine arriva al
pubblico è frutto del lavoro di giornalista. Il reporter agisce come un
filtro. E quando la notizia arriva al di
là della barricata in maniera distorta
la colpa è di chi l’ha filtrata male. In tal
senso la pigrizia è un fattore chiave e
può avere conseguenze non trascurabili. L’indolenza, infatti, fa sì che il
reporter non riesca ad estrapolare
dalla grezza roccia la pietra preziosa,
a distinguere ciò che veramente è
importante e interessante da ciò che
è pura propaganda.
Il padre del giornalismo investigativo non condanna il ruolo degli spin
doctors (letteralmente spin doctor sta
per dottore del raggiro, manipolatore delle opinioni, ndr), ideatori delle
campagne politiche. Questi sono anzi
per Bernstein «una delle fonti giornalistiche più ricche, anche se non si può
semplicemente credere alla loro parola». Tutto dipende da come il reporter,
ovvero colui che manipola la materia
grezza dell’evento, setaccia le infor-
22
mazioni e ne utilizza le parti esatte per
«decidere qual è la notizia».
Secondo Bernstein, il giornalista deve
essere un attento ascoltatore. Per un
giovane che si incammina su questa
strada, far proprio questo consiglio
può scardinare le (poche) prassi consolidate: stare sulla notizia, cercare
qualcosa da scrivere o da dire a tutti
i costi “perché bisogna pur chiudere”, sembrerebbe in contrasto con
la concezione del giornalista come
colui che “dà” informazioni. Si corre
così il rischio di dimenticare che, per
trasmettere qualcosa, bisogna prima
di tutto averlo ricevuto.
Ripensare il proprio ruolo di ascoltatori implica rivedere di conseguenza
l’approccio con chi fornisce le informazioni, che non è più soltanto fonte ma anche interlocutore. In questo
senso si pone l’invito sia di Bernstein
sia di Alastair Campbell – ex spin
doctor di Tony Blair - a liberarsi dai
pregiudizi sulle fonti istituzionali. Il
«voler credere che la maggior parte
dei politici è lì per il bene comune
e non per mentire», come sostiene
Campbell, diventa dunque non ingenuità o eccessivo ottimismo, ma
parte dello sforzo per ottenere «la miglior versione possibile della verità»:
parola di Bernstein. È difficile, infatti,
mettersi in ascolto di qualcuno se si
parte dal presupposto che questa
persona sta cercando di ingannarci,
impedendoci anche di ricevere ciò
che invece è attendibile.
*Allievi del XVI biennio Ifg
La testimonianza
I miei anni
con Tony Blair
C’è qualcuno che
gode di peggior
fama dei giornalisti.
Sono i professionisti
degli uffici per la
comunicazione dei
politici. Tanto che l’espressione
spin doctor è ormai condivisa.
L’idea che un leader debba
circondarsi di tecnici obbligati a
manipolare e mentire all’opinione
pubblica è ormai radicata. Nei
miei sette anni a Downing Street
al servizio di Tony Blair posso
assicurare che il primo ministro
non ha mai mentito, né ai britannici
né al Parlamento. Molti giornalisti
vedono malafede dietro ogni
dichiarazione di un governante,
come se il politico volesse sempre
e comunque perseguire interessi
oscuri e privati. Ma ogni leader sa
benissimo che ingannare i mass
media significa tradire la fiducia dei
cittadini. E non sarebbe soltanto
immorale ed illegale, ma anche
controproducente presentarsi
alle elezioni con gli scheletri
nell’armadio. Ciò premesso,
è assolutamente necessario che
i politici abbiano a disposizione
professionisti della comunicazione.
Un leader deve rendere conto
delle proprie azioni a milioni di
individui. Deve far capire perché ha
deciso di adottare certe politiche,
spesso impopolari. Il suo compito
principale è agire, ma al giorno
d’oggi trasmettere il messaggio
in modo convincente è decisivo.
I media, oggi, sono disposti
persino a dire il falso pur di sedurre
lettori o telespettatori. Per questo è
fondamentale avere a disposizione
un ufficio di comunicazione onesto
ed efficiente, non uno staff
di manipolatori.
Alastair Campbell
(ex spin doctor di Tony Blair)
Tabloid 3 / 2008
La voce
Primo
piano
dei pubblicisti
almeno 40 articoli per avere l’iscrizione all’albo
Ma il tariffario
è una giungla
IlIl pagamento non dovrebbe essere inferiore al 25% del
tariffario dell’Ordine nazionale per le prestazioni autonome
dei giornalisti. Non è valido un unico pagamento del biennio
di Stefano Gallizzi
Quanto deve essere il compenso percepito dall’aspirante pubblicista? Questa è
una domanda ricorrente alla quale non si
può dare una risposta netta e definitiva.
In passato il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha fissato i parametri
retributivi dell’aspirante pubblicista e il
numeri (non inferiore a 40) degli articoli/
servizi nel biennio. In particolare il Comitato esecutivo ha deciso nel 1995 che
sia giusto valutare la domanda tenendo
conto della misura del compenso che
deve essere concreto e non simbolico.
Così sostenendo l’Ordine Nazionale dei
Giornalisti ha reputato sia indispensabile giudicare adeguata una retribuzione
che almeno non sia inferiore al 25% della somma prevista dal Tariffario stabilito
ogni anno per le prestazioni professionali autonome dei giornalisti, lasciando
però autonomia agli Ordini regionali nel
valutare le situazioni. Infatti queste cifra
spesso risultano una vera e proprio chimera per molti colleghi che si accingono a presentare la documentazione. La
realtà infatti delle retribuzioni è davvero
esigua a fronte di un numero di articoli
impressionate.Non è compito dell’Ordine entrare in materia contrattuali o sindacali, ma l’Ordine da parte sua può
mostrare massima disponibilità verso
Quotidiani e periodici
nazionali (tiratura oltre
250.000 copie)
notizia e 33,00
articolo e 171,00
servizio e 342,00
Tabloid 3 / 2008
tutti coloro che lavorano sottopagati.
E per fare questo il consiglio regionale
valuta caso per caso le domanda, cercando comunque sempre di rispettare
il lavoro di tutti coloro che per anni hanno scritto articoli per varie testate e non
venendo poi pagati in maniera congruo
per lo sforzo prodotto.
In chiusura bisogna ricordare che il pagamento unico biennale non ha validità,
ma chi presenta la domanda deve avere
almeno due certificazioni per il periodo
di collaborazione (una per ogni anno in
pratica), e queste certifazioni devono
essere dimostrate fiscalmente (tracciabilità bancaria). Quotidiani regionali
o locali (tiratura fino a
40.000 copie)
notizia e 28,00
articolo e 93,00
servizio e 122,00
Ideneità professionale
E ora si fa l’esame
con il computer
Il Consiglio dei Ministri ha preso
atto, su proposta del Ministro
della Giustizia Angelino Alfano,
del regolamento che disciplina
l’introduzione dell’uso del pc
nello svolgimento della prova
scritta dell’esame di idoneità
professionale per l’accesso
alla professione di giornalista.
“Viene regolamentata così
– ha precisato il Ministero in
una nota – una procedura
individuata dal Consiglio
nazionale dell’ordine dei
giornalisti che consente,
tramite un particolare software,
di utilizzare il computer (in
luogo delle obsolete macchine
per scrivere) quale semplice
strumento di scrittura e
senza accesso alla memoria
permanente, garantendo
sicurezza ed anonimato”.
Al termine della prova, quindi,
l’elaborato sarà stampato e
messo in busta chiusa così
da non essere in alcun modo
riconoscibile prima della
correzione.
Il regolamento previsto dalla
legge n. 16 del 16 gennaio
2008, che ha modificato l’art. 32
della legge 3 febbraio 1963, n.
69, era stato precedentemente
varato dal Consiglio di Stato,
dopo l’approvazione da parte
di Camera e Senato.
Ora è necessario un Decreto del
Presidente della Repubblica che
dovrà essere registrato dalla
Corte dei Conti e trasmesso
alla Gazzetta Ufficiale per la
pubblicazione. Trascorsi 15
giorni il provvedimento sarà
operativo.
L’uso del computer, quindi,
sarà verosimilmente possibile
in occasione della sessione
autunnale.
23
Primo piano
Il risultato del riconteggio delle schede
Esce Abruzzo
entra Beltramini
Risolto il contenzioso sull’interpretazione del
Regolamento esecutivo della legge ordinistica n. 69
del 1963: nulle le schede che presentavano più di 6
preferenze per la Lombardia e più di 15 per il nazionale.
A Milano guadagna un seggio “Senza Bavaglio”.
Invariata la squadra dei consiglieri lombardi a Roma
Il 23 maggio al Circolo della Stampa
si sono svolte le operazioni di riconteggio delle schede del ballottaggio
relativo alle votazioni del 27 e 28
maggio 2007 per l’elezione dei professionisti nel Consiglio regionale
dell’Ordine dei giornalisti e dei professionisti lombardi nel Consiglio
nazionale.
Il risultato del nuovo scrutinio delle
schede relative al Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti della
Lombardia è riportato nella pagine
a fianco. Un’unica variazione: esce
dal Consiglio Franco Abruzzo ed
entra Amelia Beltramini (vedi scheda nella pagina a fianco).
Franco Abruzzo, docente all’Università Bicocca e allo Iulm di Milano,
è stato per sette volte presidente
dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, dal 1989 al giugno 2007, ex
cronista giudiziario a Il Girno (dal
1964 al 1983) poi caporedattore
centrale de Il Sole 24 Ore (dal 1983
al 2001)
Il nuovo Consiglio dell’Ordiine della Lombardia risulta, quindi, così
composto: Letizia Gonzales, Paolo
Pirovano, Alberto Comuzzi, Laura
Mulassano, Mario Consani e Amelia
Beltramini .
Le schede bianche sono state 25, le
schede nulle 34 (di cui 28 quelle che
risultavano con le preferenze oltre le
6 consentite). Il totale delle schede
scrutinate è stato 1.475.
24
La Commissione nazionale
in via da Recanate
La mattina del 22, alle ore 8,30, la
Commissione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti incaricata del riconteggio delle schede
elettorali (presieduta dal segretario
Enzo Iacopino e composta dai consiglieri Cosimo Bruno, Beppe Errani
e Franco Po) ha provveduto a prendere in consegna i plichi sigillati nella sede dell’Ordine regionale della
Lombardia in via A. da Recanate 1
a Milano, sotto la supervisione del
notaio Guido Roveda. Le operazioni
di scrutinio si sono svolte al Circolo
della Stampa (Palazzo Serbelloni,
corso Venezia 16).
La nuova mappa
Il Consiglio regionale è composto
da 9 consiglieri (6 professionisti
e 3 pubblicisti), il Collegio revisore dei
conti da 2 prof. e 1 pubbl. Sostengono
Letizia Gonzales 4 formazioni (Nuova
Informazione, Movimento Liberi
Giornalisti, Impegno sindacale e
Senza Bavaglio) con 9 consiglieri su 9.
Esce dal Consiglio regionale Franco
Abruzzo (ex presidente dell’Ordine
della Lombardia dal 1998 al 2007)
del “Movimento Giornalisti per la
Costituzione” che era sostenuto da
tre formazioni (Stampa democratica,
Quarto Potere e Tribuna Stampa).
Il Tribunale ha rigettato
i ricorsi di Abruzzo e Volpati
Come si ricorderà le operazioni di riconteggio delle schede si sono rese
necessarie dopo la sentenza n. 5152
del 18 aprile 2008 con la quale la V
sezione del Tribunale civile di Milano
(presidente Gabriella Migliaccio) aveva rigettato il ricorso di Franco Abruzzo relativo al consiglio regionale e dopo che un’altra sentenza, la n. 5225
del 21 aprile 2008 (stessa sezione, la
V del Tribunale civile di Milano, presidente Gabriella Migliaccio) aveva
rigettato anche il ricorso di Marco Volpati relativo al Consiglio nazionale.
Le leggi, i regolamenti
e le preferenze di troppo
La vicenda era nata il 4 ottobre 2007
quando il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti aveva accolto (77
voti a favore, 4 contro e 4 schede
bianche) i ricorsi di Msssimo Alberizzi
, Maria Amelia Beltramini e Maria Elisa Verti (comma 3 dell’art. 13 del Dpr
115/1965, il Regolamento esecutivo
della legge sull’Ordine n. 69 del 3
febbraio 1963) i quali chiedevano che
fossero considerate nulle le schede
che segnalavano più di 6 preferenze
per il Consiglio regionale (o più di 15
nel caso del Consiglio nazionale). L’ex
presidente dell’Ordine della Lombardia, Franco Abruzzo, aveva opposto
ricorso in Tribunale ritenendo invece
validi i risultati delle votazioni
.
Tabloid 3 / 2008
Primo piano
Consiglio Regionale Professionisti
nuovo
conteggio
1. Letizia Gonzales
2. Paolo Pirovano 3. Alberto Comuzzi 4. Laura Mulassano 5. Mario Consani 6. Amelia Beltramini
Non eletti
Franco Abruzzo
Andrea Montanari Sebastiano Grasso Sergio d’Asnasch Enrico Fedocci Lucia Bellaspiga iL nuovo consigliere
Amelia Beltramini
Laurea in lingue e letterature
straniere, pubblicista dal 1982 e
professionista dal 1999. Allieva in
giornalismo ed etica di Gianpiero
Borella responsabile della
sezione scienze di Panorama, per
la quale ha lavorato circa 15 anni
come freelance con contratto;
nel 1998 è diventata responsabile
delle pagine scientifiche de Il
Mondo e dal luglio 1999 è a
Focus, dove ora è caporedattore
e si occupa di medicina,
psicologia, etica, neuroscienze
e cura le inchieste. Autrice del
libro La salute, un concetto molto
individuale (2005).
•Franco Abruzzo esce dal Consiglio
dopo essere stato per sette volte
presidente dell’Ordine lombardo.
Tabloid 3 / 2008
vecchio
conteggio
voti
735 713 669 653
644 627
764
742
695
675
673
634
voti
623 514 510
481
483 476
636
513
513
479
477
472
Consiglio Nazionale Professionisti
1. Bruno Ambrosi
voti
2. Stefano Jesurun 3. Michele Urbano 4. Piergiorgio Acquaviva 5. Sergio Borsi 6. Fabio Benati 7. M.T. Gegia Celotti 8. Marzio Quaglino 9. Giuseppe M. Di Gregorio 10. Pierpaolo Bollani 11. Stefano Natoli 12. Saverio Paffumi 13. Filippo Poletti 14. Laura Incardona 15. Marco Volpati 707
681 645 643
636
626
621
618 612 599 594 587
587
558
557 731
710
670
675
665
655
652
650
641
626
623
618
621
589
573
Non eletti
Marilisa Verti
Elena Golino Paolo Chiarelli David Messina Daniela Stigliano Ruben Razzante Giuseppe Baiocchi Anna Del Freo Gianni de Felice
Andrea Morigi Stefano Camozzini Gerry Romano Giuseppe Ciulla
Giuseppe Altamore Fabrizio Cassinelli 541
497
495
472
459
455
450
443
440
432
427
412
411
406
397
543
500
497
475
460
454
452
445
439
435
429
414
413
405
398
voti
25
Gli enti
della categoria
il 2007 chiude con un avanzo di 110 milioni di euro
Inpgi solido
conti in salute
I contratti a termine sono cresciuti del 112% a fronte
del 25% di quelli a tempo indeterminato. Torna al
90,3% l’incidenza della spesa rispetto alle entrate
di Andrea Camporese*
E’ un Istituto solido, autorevole, con
un grande patrimonio di professionalità, quello che ricevo dalle gestioni
precedenti a guida Gabriele Cescutti.
Inizia all’insegna della condivisione e
della grande compattezza della categoria un quadriennio delicato che sono
convinto sapremo affrontare proprio a
partire da un’eredità assolutamente
positiva. L’assetto degli organi statutari è stato completato con la nomina
delle commissioni consultive e dei
fiduciari regionali, il consenso molto
ampio ottenuto dalla mia candidatura
non può che essere letto sotto il segno
dell’unità dei giornalisti italiani raccolti
in difesa dei diritti e delle autonomie
conquistati, mai concessi, in decenni
di trattative. Credo in una stagione
di grande apertura al confronto tra
colleghi, di collaborazione stretta con
gli altri organismi di categoria, Fnsi in
testa, di comprensione profonda della
trasversalità dei temi che attraversano
il nostro presente.
I conti sono migliorati, l’avanzo di
quasi 110 milioni di euro derivante dal
bilancio consuntivo 2007 approvato
dal Cda e dal Consiglio Generale, soddisfa largamente i requisiti posti dalla
legge sulla privatizzazione.
Nel panorama di riferimento non mancano tuttavia alcuni fattori di criticità
su cui riflettere. La spesa pensionisti-
•Il nuovo presidente dell’Inpgi,
Andrea Camporese, che raccoglie
l’eredità di Gabriele Cescutti.
26
ca è, infatti, aumentata del 6,01%, a
fronte di una crescita dei contributi IVS
correnti pari al 4,39%. Contemporaneamente, il mancato rinnovo del Contratto collettivo ha pesato sui risultati
economici: ogni anno, infatti, l’Istituto
perde mediamente, ipotizzando un
rinnovo nella media dei precedenti,
intorno ai 18 milioni di euro.
L’incremento dell’incidenza della spesa pensionistica rispetto alle entrate
ha comportato un restringimento della “forbice” nel rapporto tra entrate e
uscite, portandolo ad una percentuale
pari al 90,3% rispetto all’88,9% del
2006 e all’87,1% del 2005.
Tuttavia, nonostante questo rapporto, la riserva dell’ente ammonta a
1.485,738 milioni di euro. Una cifra in
realtà molto più alta se consideriamo
la rilevante crescita del valore del nostro patrimonio immobiliare registrata
negli ultimi anni.
La crescita rilevante dei contratti a
termine (+112% negli ultimi 6 anni
contro una crescita dei contratti a
tempo indeterminato che si ferma al
24%), il positivo aumento della vita
media dei giornalisti italiani, saranno
alcuni dei parametri fondamentali del
nuovo bilancio tecnico attuariale che
ci permetterà, se necessario, di valutare le misure più opportune che i
Ministeri vigilanti non mancheranno
di sollecitare.
Resta aperta e prioritaria la problematica connessa all’onere derivante dalla
legge 416/81.
Il Cda della gestione uscente ha acquisito un autorevole parere del professor Antonio Baldassarre, presidente
emerito della Corte Costituzionale, dal
quale si evince in modo inequivocabile
la palese discriminazione nei confronti
dell’Inpgi rispetto all’Inps laddove si
vede costretto a sostenere una spesa
impropria di oltre 9 milioni di euro annui per far fronte agli stati di crisi delle
aziende editoriali.
Non è in discussione il diritto dei
giornalisti e delle aziende realmente
in difficoltà a trovare un paracadute
sociale che li tuteli analogamente alle
altre categorie produttive. Il problema
si colloca nell’ambito della legittimità
costituzionale di una norma che viola sia il principio di uguaglianza che
quello della ragionevolezza, nella parte
in cui pone a carico dell’Inpgi e non
dello Stato gli oneri riguardanti i prepensionamenti.
Il nuovo Cda ha dato mandato agli
uffici di presentare un ricorso al Tar
ponendo la questione di legittimità in
relazione all’articolo 3 della Costituzione. E’ auspicabile una soluzione
legislativa della controversia e l’Istituto
non mancherà di porre con convinzione la problematica al nuovo Governo, in stretto rapporto con la Fieg
e la Fnsi che hanno già manifestato il
loro consenso. In assenza di una positiva soluzione, la tutela del patrimonio
dell’Inpgi imporrà di procedere senza
indugio sulla strada del ricorso, come
evidenziato nella Relazione Programmatica approvata all’unanimità dal
Consiglio Generale nella sua seduta
di insediamento. *Presidente Inpgi
Tabloid 3 / 2008
Gli enti
della categoria
CASAGIT: DISAVANZO DI 3,8 MILIONI DI EURO
Iwl bilancio
Cresce la spesa
contributi al palo
Contrattualizzati
al rallentatore
Sono aumentati del 7% i costi sanitari, ma sono cresciuti
solo del 2,5% i versamenti alla Cassa. Pesa il mancato
rinnovo del contratto collettivo di lavoro giornalistico
di Andrea Leone*
Spesa sanitaria in aumento del 7%.
Contributi che crescono solo del
2,5%. E ancora, per il terzo anno di
fila, la mancanza del contratto. Una
serie di avvenimenti che quest’anno
fanno sentire tutto il loro peso sul bilancio della Casagit. Nessun allarme
rosso, perché la riserva accumulata
negli anni consente di affrontare il
divario tra le spese e gli introiti senza
angoscia, ma certamente una situazione che va presa di petto.
Per questo sin dall’inizio dell’anno,
data in cui abbiamo avuto cognizione dell’entità del divario tra entrate
e uscite (tre milioni e 800 mila euro
su un totale amministrato di poco
meno di 80 milioni) il Cda si è dedicato alla ricerca di misure che, pur
non togliendo nulla di essenziale,
potessero contribuire a riportare i
conti in pareggio.
Due i fronti su cui possiamo agire: le
entrate e le uscite. Dal punto di vista
delle entrate, abbiamo rilanciato la
Casagit 2, la linea di assistenza a costo ridotto e inoltre abbiamo aperto
la possibilità di iscrizione alla Casagit
come soci anche ai figli dei giornalisti
non più a carico dei genitori.
Con queste misure speriamo di allargare sensibilmente la base contributiva.
Sul fronte delle prestazioni, abbiamo
deciso di intervenire su tutti i fronti
di spesa ma in modo estremamente
contenuto. Innanzi tutto verranno migliorati i controlli per evitare abusi o
rimborsi indebiti, che pure ci sono.
Tabloid 3 / 2008
Ma veniamo alle misure che interessano i soci. Quattro i principali gruppi
di prestazioni richieste dai soci: odontoiatria, farmaci, ricoveri e specialistica. Sull’odontoiatria, siamo convinti
che il problema principale siano i
controlli, e quindi i tipi di convenzione
stilati con i medici. Già dal secondo
semestre del 2007 abbiamo inserito
nuove regole, che hanno dato i loro
frutti. Infatti la spesa odontoiatrica è
rimasta costante rispetto allo scorso
anno, e arriveranno altri benefici economici. Per quanto riguarda i medicinali, torneremo a rimborsare quelli di
fascia “C” e gli omeopatici all’80%,
come si faceva qualche anno fa. Le
visite specialistiche saranno rimborsabili solo se richieste dal medico di
base, con eccezione di quelle ginecologiche, pediatriche, cardiologiche
e oncologiche. Negli ambulatori convenzionati in forma diretta si avrà diritto a un massimo di 10 visite l’anno.
Sul fronte dei ricoveri, verranno razionalizzate le convenzioni, che dovranno essere riportate alle tariffe Casagit, e se alcune cliniche non vorranno
contenere i loro margini, rinunceranno
all’accordo. I soci potranno ovviamente recarvisi, ma sapendo che otterranno come rimborso solo quanto
previsto dalle tariffe della Cassa. Probabilmente dovremo rinunciare a un
po’ di caviale, ma non chiederemo a
nessuno di fare a meno di tutto quello,
qualità compresa, cui sono abituati ed
hanno diritto.
* Presidente Casagit
La popolazione
assistita dalla
Casagit, alla data
del 31 dicembre
2007, era di
52.820 assistiti,
di cui 26.615 soci soci e 26.205
familiari. In un anno il numero dei
soci titolari è aumentato di 690
unità, mentre complessivamente
il numero degli associati è
aumentato di 1.354. Sono questi
i numeri contenuti nella relazione
di bilancio del presidente della
Casagit, Andrea Leone (in foto).
I soci contrattualizzati sono
passati da 16.103 a 16.560,
con un incremento di sole 457
unità. I soci professionisti in
attività di servizio sono passati
dal 14.488 a 14.758 mentre
i pubblicisti a tempo pieno
sono passati da 864 a 928 e i
praticanti da 751 a 874. I soci
in stato di disoccupazione e in
cassa integrazione, sempre al
31 dicembre 2007, risultavano
1.000. I pensionati a carico
dell’Inpgi con trattamento
non ridotto e quelle ad essi
assimilati, sono passati dal
5.960 a 6.612. I soci assimilati
ai pensionati Inpgi sono 381.
O professionisti (compreso
i praticanti) e i pubblicisti
tenuti al versamento diretto
del contributo sono passati
rispettivamente da 972 a 981
e da 2.198 a 2.237. I soci
iscritti alla Casagit 2 sono 134
e i soci aggregati sono 541. Il
trend di crescita dei contributi
associativi ha subito un ulteriore
rallentamento nel corso del 2007
rispetto agli esercizi precedenti,
passando da un incremento pari
a +5,2 nel 2004 a un incremento
pari a + 3,5% nel 2006 e a uno
di + 2,6% nel 2007.
27
La voce
delle
province
Primo
piano
FERMENTI E SUCCESSI DELLA STAMPA LOCALE: LA PROVINCIA DI COMO
Abbiamo cambiato abito
ma l’anima è la stessa
Il quotidiano formato tabloid
e full color. Il magazine
fresco di stampa. Il portale
di terza generazione.
La Provincia di Como
si rinnova, ma giura fedeltà
eterna alla sua terra
di Paola Manzoni
In pochi mesi la vita di una testata
locale ultracentenaria ha subito una
svolta che non è eccessivo definire
epocale. «Siamo arrivati a uno snodo
importantissimo», conferma Giorgio
Gandola, artefice della rivoluzione in
corso a La Provincia di Como, di cui
è direttore dal maggio 2006. I cambiamenti dello storico quotidiano locale, che quest’anno compie 116 anni
e conta 68 giornalisti, sono sotto gli
occhi di tutti. Soprattutto, sono sotto
gli occhi dei circa 45 mila lettori delle
sue quattro edizioni (oltre a Como, la
ventennale edizione di Lecco, quella
decennale di Sondrio e, infine, quella di Varese, la più giovane, ma con
tanto di doppio dorso). Dallo scorso
11 maggio, infatti, La Provincia esce
con una veste tutta nuova: formato
tabloid (versione compact, come Libero e La Gazzetta dello Sport) e full
color. Il restyling è stato affidato allo
studio Alberto Valeri, lo stesso che ha
firmato il progetto grafico di Libero e
de Il Giornale, nonché quello in corso
d’opera del Giornale di Brescia, mentre per la stampa è stata acquistata
dalla Sesaab (editrice anche de L’Eco
di Bergamo) una rotativa del costo di
30 milioni di euro, nome in codice Wifag 373/6 Evolution. «Ormai anche i
giornali di provincia devono stare al
28
•Giorgio Gandola, dal maggio 2006 direttore de La Provincia di Como,
fotografato davanti alla moderna rotativa dalla quale esce,
dallo scorso 11 maggio, il nuovo quotidiano versione tabloid full color.
Nell’altra pagina, il giornale cartaceo e, sotto, una pagina del nuovo portale.
passo con i tempi ed essere in linea
con i cambiamenti dell’edicola. Ma
abbiamo fatto di tutto perché l’attraversamento del fiume fosse senza
danni», spiega Gandola, attentissimo
a non sconvolgere i suoi lettori e a non
snaturare l’anima di un giornale che,
peraltro, gode di ottima salute. Così,
tra mille cambiamenti grafici, la testata
è rimasta rigorosamente quella originale e per i contenuti Gandola parla
di “un cambiamento nel segno della
tradizione”. A fronte di un linguaggio
inevitabilmente più sintetico, per dare notizie e approfonidmenti in meno
spazio, non cambia però per nulla la
sostanza: occuparsi dei problemi concreti, raccontare storie e personaggi
locali, dimostrare attenzione e affetto
verso il territorio è la missione della
Provincia. Una missione a cui ha dato un prezioso contributo Alessandro
Sallusti, che diresse il quotidiano nel
1997 per due anni, portando le notizie
locali in prima pagina e promuovendo
inchieste e dibattiti sui grandi temi
del terriotrio. D’altra parte è proprio
questa la chiave del successo delle
testate di provincia. Che per contrastare i costi sempre più elevati della
carta e la concorrenza sfrenata della
free press si rifanno il look, ma rimanendo fedeli a se stessi,
Quattro edizioni on line
La rivoluzione de La Provincia, comunque, ha visto la luce già il 18
marzo scorso, con l’avvio del por-
Tabloid 3
6 / 2008
2007
La voce
delle province
L’editoriale
Chi sta fermo, rischia di arretrare
tale. Per mettere a punto le quattro
edizioni on line (i siti di Como, Sondrio e Lecco rifatti, quello di Varese
neo-nato) ci si è ispirati ai siti di terza
generazione dei giornali della grande
provincia americana, ma senza mai
perdere di vista le realtà locali alle
quali fanno riferimento. Del progetto
e dell’attuale realizzazione, che vede
la collaborazione dell’intera redazione, si è occupato e si occupa un pull
composto da Francesco Angelini e
Mario Schiani, rispettivamente caporedattore e vice caporedattore centrali del cartaceo, e dai due vice caporedattori attualità Umberto Monti
e Simone Casiraghi. «I siti vengono
aggiornati almeno tre volte al giorno», racconta Schiani, «e abbiamo
notato che gran parte dei contatti
avvengono per area territoriale più
che per argomento».
Come succede per il cartaceo, l’attenzione al territorio, qui raccontato attraverso fotoservizi, sondaggi,
blog, video, photogallery, è la vera
carta vincente de La Provincia.
Tabloid 0 / 2007
È bello guardare, appese al muro, certe immortali foto in bianco e nero…
Ma il mondo è a colori… E allora benvenuti dentro la nuova Provincia tutta
a colori. Più pratica, più maneggevole, più leggibile, con più peso per il
maggior numero di pagine, di notizie, di opinioni. In definitiva più completa.
Un giornale cambia e migliora quando sta bene di salute. E noi non ci siamo
mai sentiti così bene. Un giornale non è soltanto testimone del presente,
non è soltanto custode del passato. Ma deve essere soprattutto punto
di riferimento per il futuro di un territorio. Stimolo a guardare avanti, a
interpretare meglio i segnali che arrivano dalla modernità...
Siamo allineati, ed anzi per alcuni aspetti all’avanguardia, anche rispetto a
molti quotidianoni nazionali nati con il doppiopetto incorporato e la verità
in tasca. Per noi è una stagione di innovazioni cominciata con il varo, in
marzo, del sito web di terza generazione. Uno sbarco sulla rete di cui siamo
orgogliosi, con un giornale on-line in grado di offrire notizie, fotoservizi,
sondaggi, blog e soprattutto video. Ieri il sito, oggi il full color. E non è finita: a
giugno La Provincia, per la prima volta nella sua storia, realizzerà un mensile.
Il magazine dei comaschi. In questi anni abbiamo assistito a numerosi
convegni in cui si teorizzava: «Questa città è ferma». Ebbene, il giornale si
muove. Il giornale che più ama questa terra prende la rincorsa, guarda avanti
con serenità e fiducia. Oggi chi sta fermo rischia implacabilmente di arretrare.
Nel giorno della nuova Provincia ricordiamo la battuta di Gianni Agnelli
quando gli dissero che La Stampa - dopo un secolo - stava preparando
una rivoluzione grafica. «Metteremo la minigonna a una anziana signora»,
scherzò, paventando l’unico rischio. Non è accaduto a loro, non accadrà a
noi. Perché sappiamo da dove veniamo e abbiamo radici così profonde da
non temere la brezza delle mode. Sulla mia scrivania, accanto a computer,
ho un cimelio che ogni mattina mi ricorda chi siamo. È un blocco di piombo
che ha 116 anni, è la prima testata di questo giornale. Abbiamo cambiato il
vestito. Ma non cambieremo mai l’anima.
Giorgio Gandola
(direttore de La Provincia di Como)
Un mensile per tutti
Mancano, poi, solo pochi giorni all’ultima (per ora) sfida de La Provincia,
terza tessera di un puzzle nel segno
del rinnovamento. Con il magazine, atteso per metà giugno, infatti, Gandola
punta a inaugurare un appuntamento
mensile con i lettori. Nato per diversificare il prodotto puntando su un
marchio forte (La Provincia, appunto),
il magazine diventerà lo spazio ideale
per raccontare quelle storie e quei
personaggi locali che sul quotidiano
non trovano sufficiente spazio. Con
una foliazione di 128 pagine a colori
e il coordinamento di Vera Fisogni,
già responsabile delle pagine della
cultura del quotidiano, il magazine
sarà, almeno per i primi mesi, abbina-
to gratuitamente al quotidiano. L’intento del direttore Gandola è (anche)
quello di intercettare una pubblicità di
alta gamma, sfruttando le potenzialità
vecchie e nuove di Como e provincia:
dal ricco mercato della moda, puntando sulla prestigiosa tradizione di
città della seta, all’altrettanto vivace
settore turistico, per il quale grazie
all’effetto Clooney Como è ormai una
sorta di “Hollywood sul Lario”.
Infine, una curiosità: scavando negli
archivi de La Provincia, Gandola ha
scoperto che nel 1907 esisteva già un
periodico: La Provincia Illustrata. «E
noi che pensavamo di avere inventato
il magazine! Invece c’era già, si trattava solo di farlo rivivere», confessa
con ironia il direttore.
29
La voce
delle
province
Primo
piano
rispetto della privacy e diritto di cronaca non sono incompatibili
Cronache di periferia
una corsa a ostacoli
Il caso, fra i tanti, dell’Asl di Pavia che ha negato di visionare una delibera a un redattore
del bisettimanale L’Informatore di Vigevano. La difficile vita del cronista in provincia, alle
prese con la scarsa attitudine alla trasparenza da parte delle Pubbliche amministrazioni
di Elena Rembado
Il diritto d’accesso agli atti del giornalista e il diritto del medico al segreto
professionale. Problema quotidiano
per tanti cronisti. L’azienda sanitaria,
si sa, può trattenere un atto per 30
giorni. Ma se l’Asl rifiuta di fornire
una delibera già approvata e in pubblicazione all’albo pretorio, il giornalista può fare una richiesta scritta di
accesso immediato agli atti (la mera
visione è gratuita). In caso di diniego
può pretendere una risposta scritta
e impugnare il reato d’abuso dinanzi
al Tar. Un caso analogo è capitato
a Claudio Bressani, redattore del
bisettimanale di Vigevano L’Informatore, che si è visto opporre un divieto
alla visione di una delibera assunta
dal dg dell’Asl di Pavia (pubblicata
all’albo) relativa all’assegnazione di
contributi pubblici a case di riposo
ritenute virtuose. Più precisamente è
stato secretato l’allegato con l’elenco delle beneficiarie e gli importi a
ciascuna attribuiti, sostenendo che
si tratterebbe di dati riservati.
“Si continua a fare confusione tra
l’accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla legge 241/1990
e il principio di pubblicità mediante
affissione all’albo di tutte le decisioni
degli enti pubblici, compresi i relativi
allegati, così come sancito dalla legge
•La privacy dei pazienti non può diventare un pretesto per la mancanza
di trasparenza da parte delle amministrazioni ospedaliere.
142/1990 e poi dal Testo Unico degli
enti locali - sottolinea Bressani. - Si
applica la normativa sbagliata, ovvero
la legge 241 anche alle delibere soggette a pubblicazione e all’esercizio
del diritto di cronaca. Secondo l’Asl,
in caso di richiesta di accesso ad atti
che riguardino soggetti controinteressati, è fatto obbligo per la P.A. di
avvertirli affinché possano esercitare
i loro diritti attraverso una motivata
opposizione all’accesso stesso”.
Partendo dal caso dell’Informatore di
Troppo spesso, negli uffici di P.A., la legge
sulla privacy viene citata a sproposito
30
Vigevano abbiamo raccolto un po’ di
pareri nelle redazioni di cronaca delle
province lombarde.
“Ormai si arriva all’assurdo che non
si può parlare con un primario senza
che sia autorizzato da un direttore
generale, che è un politico - segnala
Carlo Gariboldi, capocronista de La
Provincia Pavese. - La Pubblica Amministrazione tende a creare un filtro
fittissimo, attraverso addetti stampa che danno risposte in tempi del
tutto inadeguati per un quotidiano,
trovando tutti i cavilli per ritardare il
passaggio di informazioni”.
Caso eclatante quello del Policlinico
San Matteo di Pavia. “Da quando la
struttura è diventata Fondazione”,
prosegue Gariboldi, “non fa cono-
Tabloid 3
6 / 2008
2007
La voce
delle province
scere le delibere, con la motivazione
che non sarebbero più pubbliche. Un
istituzione che gestisce servizi pubblici dovrebbe invece pubblicare su
internet le delibere”. In diversi articoli
sull’inefficienza dell’organizzazione
del tribunale, La Provincia Pavese ha,
tra l’altro, denunciato come le pratiche siano di fatto accessibili a tutti,
poiché conservate in armadi aperti,
in corridoi privi di sorveglianza. “Abbiamo documentato come si possa
entrare, cercare il fascicolo e sottrarlo
prosegue Gariboldi. - Il risultato è che
c’è stata una richiesta di rinvio a giudizio, per furto di atti, a carico della
collega che ha seguito il caso”.
Un altro caso emblematico arriva
da Massimo Lanzini, caposervizio
della cronaca cittadina de Il Giornale di Brescia: “In occasione di una
recente campagna elettorale in un
comune della nostra provincia, uno
dei candidati si è rifiutato di dare al
giornale la sua foto appellandosi alla
privacy. Altri casi riguardano, invece,
situazioni più drammatiche che non
ci permettono di sorridere, ma sono
comunque frutto di esagerazioni o
fraintendimenti. Quando capitano incidenti mortali, contattiamo la famiglia per avere maggiori informazioni e
Cosa dice la legge
Il giornalista può accedere agli atti
La normativa madre è l’art. 21 della Costituzione sulla libera espressione
di pensiero, senza censure né autorizzazioni preventive, unito però a un
altro diritto costituzionale alla dignità e alla riservatezza delle persone
(art. 2). Testo-chiave nella disciplina dell’accesso agli atti della P.A. è poi
la legge 241 del 1990, che stabilisce che ha diritto all’accesso chiunque
abbia un interesse giuridicamente rilevante, ricorda Ilaria Bonuccelli,
vicepresidente dell’Unione nazionale cronisti italiani.
Ed è giurisprudenza ormai consolidata, a partire da una sentenza del
1996 del Consiglio di Stato, riconoscere al giornalista il diritto
ad accedere agli atti di aziende e fondazioni pubbliche, partecipate
o municipalizzate, e perfino di soggetti di diritto privato che gestiscano
servizi di interesse pubblico.
C’è poi la legge sulla privacy (la n. 675/1996, poi modificata con un
decreto legislativo nel 1998 proprio a tutela del diritto/dovere di cronaca).
Per garantire ai giornalisti di poter svolgere il proprio lavoro, gli artt.
136-139 affermano che non si applicano alla professione giornalistica
i limiti imposti dalla normativa sulla privacy agli artt. 23 e 26.
Ovvero non è necessaria l’autorizzazione preventiva del Garante al
trattamento di dati personali. E soprattutto non si applicano i limiti
imposti dalla normativa sulla privacy per il trattamento dei dati sensibili
(salute e sesso). Con un unico limite, fondamentale, che è quello
dell’essenzialità e dell’interesse pubblico della notizia.
Ultimo riferimento normativo è il codice deontologico
(legge n. 179/1998), che all’art. 10 recita che il giornalista, nel riferire
dello stato di salute di una persona, identificata o identificabile, deve
rispettarne la dignità e il decoro personale, specie nei casi di malattie
gravi o terminali, e deve astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse
strettamente clinico, indugiando su particolari non essenziali ai fini della
notizia. Ci sono poi eccezioni alla norma, stabilite dal Garante della
privacy: la diagnosi di Aids (per cui bisogna tutelare anche chi, vicino
al malato, potrebbe avere nocumento dalla divulgazione della notizia)
e i minori, la cui dignità è tutelata dalla Carta di Treviso ed è sempre
prevalente rispetto agli altri diritti.
E.B.
Tabloid 3 / 2008
reperire la foto della vittima. E spesso
riceviamo dei dinieghi. In tali circostanze, avendo a che fare col dolore
delle persone, scegliamo di rispettare
le sensibilità individuali”.
C’è, poi, un altro fenomeno sul quale
varrebbe la pena riflettere. “Capita
di frequente che una forza di polizia
sia disposta a fornire le generalità
di una persona accusata di un reato lieve (per esempio, la detenzione
di una piccola quantità di droga),
mentre, in caso di reati di evasione
fiscale, falsa fatturazione o bancarotta fraudolenta, tenda a dare solo
le iniziali, tutelando l’identificabilità
della persona sotto inchiesta. Credo
comunque che il codice sulla privacy
sia una buona norma - continua Lanzini. - L’unica forza che un giornalista
può avere nei confronti delle proprie
fonti di informazione istituzionali è
la conoscenza reciproca. Solo in un
contesto di reciproca stima e fiducia
ci si può permettere, quando l’amministrazione è restia a fornire delle
informazioni, di far valere il proprio
ruolo, che alla fine è di interesse
pubblico. Ma è un traguardo che si
conquista col tempo”.
Pavia, Brescia, Bergamo pari sono.
Almeno per le comuni difficoltà nel
fare cronaca. “Il rapporto con la polizia locale è sempre sul filo del rasoio
- fa notare Fabio Conti, cronista di
nera a L’Eco di Bergamo. - A Bergamo, tutte le mattine, si tiene un
incontro tra i rappresentanti dei carabinieri e della polizia e la stampa. Da
qui si parte. Tuttavia, le conferenze
delle forze dell’ordine tendono a dare priorità alla notizia in sé piuttosto
che alle persone coinvolte, indicate
come x, y o con le sole iniziali. Dicono
che le generalità non hanno rilevanza
per la cronaca. Ma, non sapendo chi
è coinvolto, non si può raccogliere
un suo commento diretto. Per questo il cronista, a partire dalla notizia
“istituzionale”, deve andare sempre
a verificare sul posto e interpellare
i protagonisti. Le forze dell’ordine
diramano il verbale, ma tralasciano sempre dettagli importanti ai fini
giornalistici. In generale, più il fatto
è grave, maggiore è la loro reticenza
e così la verità sfuma”. 31
La voce
delle province
la denuncia di un gruppo di colleghi dei settimanali locali della brianza
Tra guardie e ladri
giornalisti imbavagliati
Le forze dell’Ordine parlano con i comunicati stampa e decidono quali notizie sono da
divulgare e quali no. Truffatori e rapinatori “protetti” dalle sigle. E fioccano le querele.
di Angelo Baiguini
Perché è diventato cosi difficile, per
non dire impossibile, fare il nostro
mestiere? Come direttore di alcuni
settimanali locali, in Brianza, posso testimoniare quanto sta succedendo al
nostro mestiere in questi ultimi anni.
Abbiamo assistito, in silenzio, all’approvazione di leggi e disposizioni che
di fatto ci hanno posto ai margini della società e messo nelle condizioni
di non poter più svolgere la nostra
professione.
Iniziamo con la famigerata legge sulla
Privacy. Attualmente chi fa il cronista
locale è sottoposto a continue ritorsioni e minacce, grazie a un’interpretazione del tutto personale della
legge. Ognuno ne fa l’uso e l’abuso
che meglio crede, o forse è meglio
dire che più gli conviene.
Iniziamo dalle fonti ufficiali. Carabinieri e Polizia negano l’accesso ai
giornalisti presso i propri comandi.
Il più delle volte è il tal Capitano o
il tal ispettore che affida le uniche
informazioni ufficiali a scarni comunicati stampa, senza alcun riferimento ai dati anagrafici delle persone,
siano queste decedute a seguito di
un infortunio o un incidente stradale oppure arrestate per spaccio di
droga o violenza carnale o vittime
di furti o rapine. Il giornalista, nella
maggior parte dei casi deve limitarsi
ad aggiungere un po’ di “colore” ad
un misero comunicato, trasformandolo in un articolo, il più delle volte
impreciso e superficiale. Di fatto una
favoletta, che quasi nessuno leggerà, mancando precisi riferimenti alle
persone coinvolte.
In passato il giornalista veniva messo al corrente dai fatti, quindi era lui
a decidere, in base alla sua professionalità, quali erano le notizie che
interessavano i lettori e quali informazioni privilegiare rispetto ad altre,
ma soprattutto quali dati potevano
essere pubblicati e quali no. Oggi il
cronista è invece costretto a confezionare articoli con notizie che altri
hanno scelto di dare, utilizzando le
sole informazioni e i particolari che gli
stessi hanno deciso di diffondere.
E’ ancora giornalismo, questo?
Sarà per questo che sempre meno
cittadini leggono i quotidiani?
Spesso non vengono forniti i dati
addirittura delle persone decedute,
sempre per una questione di privacy.
Ovviamente, anche se ovvio non è,
non vengono diffuse notizie relative a
furti e rapine per non compromettere
l’immagine delle Forze dell’ordine.
Il risultato è che quando viene arrestato un truffatore che ha derubato
una vecchina, sul giornale finiscono i
dati della vittima (in quanto il cronista
Fonti negate e nomi di fantasia. Così un
giornale locale perde identità e funzione
32
locale risale da solo alla sua identità)
e nella migliore delle ipotesi le iniziali, G.P. o F.R. del truffatore. Il lettore
cosa può pensare? Che il giornale
protegge i delinquenti?
Proprio nei giorni scorsi un Comando
provinciale dei carabinieri ha diffuso
un comunicato relativo all’arresto in
flagranza di un rapinatore. Di quest’ultimo sono state fornite le sole iniziali,
mentre del cassiere della banca era
indicato nome e cognome, data e
CHI è
Angelo Baiguini, 49 anni,
pubblicista, consigliere
nazionale dell’Ordine dei
giornalisti, ha iniziato a lavorare
nel settimanale “Giornale di
Merate”, divenendone direttore
nel 1992. Ha fondato diversi
settimanali, tra cui il “Giornale
di Monza”, il “Giornale
di Treviglio” e il “Giornale
di Vimercate”
Tabloid 3 / 2008
La voce
delle province
luogo di nascita e attuale residenza.
Di tutto questo abbiamo discusso
in un incontro tra i giornalisti della
Brianza e la Presidente dell’Ordine
della Lombardia, Letizia Gonzales.
Per giornali che vivono di cronaca
locale, che raccontano di incidenti, rapine, furti e truffe è veramente
diventato difficile lavorare. Da una
parte ci viene chiesta puntualità e
precisione, dall’altra ci vengono negate le fonti.
Solo i politici continuano a concedersi… Salvo poi minacciare richieste di
danni milionarie al primo articolo non
in linea. Carabinieri, polizia e vigili
urbani si sottraggono e fanno tutto il
possibile per evitare che i giornalisti
possano fare il loro mestiere. Costretti ad elemosinare i dati attraverso fonti confidenziali e non attraverso le
fonti ufficiali. Ma un conto è lavorare
con informazioni precise e ufficiali e
un altro è scrivere un articolo grazie
alle confidenze dell’amico di turno.
In caso di contestazione ovviamente
non possiamo rivelare la fonte, così
la responsabilità di eventuali errori
ricade solo su di noi.
La domanda di fondo è: chi decide
quando un fatto è una notizia? Oggi
sono le forze dell’ordine che stabiliscono quali notizie devono essere
divulgate e quali no. Ma carabinieri,
polizia e vigili urbani sono giornalisti? Credo che ognuno dovrebbe
tornare a fare il proprio mestiere: loro
a rincorrere i ladri e non a rincorrere
le notizie. Dovremmo essere degli
osservatori privilegiati di quando
succede, invece oggi tutti cercano
di nasconderci fatti. O meglio, ci informano solo di quello che interessa
a loro…
Privacy, quando sento questa parola
mi si accappona la pelle. Tutti, politici, forze dell’ordine e quindi i privati
cittadini abusano di questa legge, il
più delle volte senza conoscerne i
contenuti. Il risultato è che i protagonisti dei fatti e quindi delle notizie non
hanno più un nome e un cognome.
Leggendo i giornali si ha l’impressione di leggere delle favolette.
Il risultato è noto a tutti, i lettori comperano sempre meno i giornali. Noi
facciamo dei settimanali locali che
Tabloid 3 / 2008
fondano la loro forza sul fatto che la
gente si conosce e si riconosce sui
giornali. Grazie all’uso strumentale
di questa benedetta legge nessuno
riconosce nessuno…
Il fatto avvenuto in Sardegna di un
anziano sorpreso a rubare al supermercato e una volta scoperto, perdonato in quanto era un pensionato che
non riusciva a tirare avanti, era stata
una notizia ripresa da tutti i maggiori
media nazionali… Salvo poi rivelarsi
un’invenzione del cronista. Del resto
l’alibi del nome e cognome consente
di scrivere tutto. Anche notizie inventate di sana pianta. Ma questo non
è un bene, anzi. C’è poi il problema
degli avvocati che hanno trovato nei
giornalisti una miniera d’oro. Non
passa giorno senza che riceviamo
richieste di risarcimento anche per
le cose più assurde. L’unica cosa
certa è che l’avvocato di turno alla
fine non rinuncia alla sua parcella.
Forse sarebbe necessaria un’intesa
tra i due Ordini per evitare lettere
“temerarie” che hanno come unico
obiettivo quello di giustificare la parcella. Io credo che sia necessario
un Ordine che mi giudichi quando
sbaglio ma mi difenda quando faccio
il mio dovere. Il parere dell’avvocato
La privacy non limita i giornalisti
ma serve un protocollo con il Garante
A cronisti sempre meno motivati, perennemente alla ricerca,
sempre più difficile, delle informazioni necessarie per
raccontare al meglio un fatto ci cronaca, potrà sembrare
inutile il richiamo a principi generali e condivisi.
E tuttavia non è un caso che la Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo e la Convenzione per la salvaguardia
dei diritti e delle libertà fondamentali richiamino, fra i
presupposti della libertà di espressione, proprio la ricezione
e la diffusione di informazioni “senza che vi possa essere interferenza di
pubbliche autorità”, pur nel rispetto della legislazione interna. Il Codice in materia
di protezione dei dati personali, meglio conosciuto come “legge sulla privacy”,
stabilisce, a tal proposito, dei limiti non alla ricezione, ma al trattamento di tali
dati, pur tutelando la professione giornalistica. Chi la svolge può, in particolare,
diffondere qualunque informazione su un soggetto, senza doverne chiedere
il consenso, ma rispettando il codice deontologico. Il dato deve essere, però,
acquisito presso chi lo detiene: questi, se lo diffonde, comunicandolo alla
stampa, lo tratta e deve, a sua volta, rispettare la legge. Si crea, così, un circuito
perverso in cui il giornalista può ricevere e diffondere dati che devono essergli,
però, forniti da chi, sovente e non senza qualche ragione, si rifiuta di farlo,
trincerandosi dietro norme non sempre applicabili. I dati non sensibili, riguardanti
personaggi noti o fatti verificatisi in pubblico o comunque che interessano
l’opinione pubblica, possono essere diffusi da soggetti che rivestono un ruolo
pubblico, come, ad esempio, le forze dell’ordine, purchè si convenga sul fatto
che tale attività rientra nella funzione istituzionale ed è, perciò, lecita e corretta, ai
sensi degli artt.11, 18 e 19 della “legge sulla privacy”. Nell’incertezza che regna
sovrana, per ovviare a rifiuti spesso immotivati ed evitare che l’informazione
finisca per dipendere da rapporti personali o da decisioni unilaterali, potrebbe
essere utile, per fugare ogni dubbio residuo, la sottoscrizione di un protocollo
d’intesa, asseverato dal Garante, che stabilisca la legittimità e gli eventuali limiti
alla libera circolazione delle informazioni.
Caterina Malavenda
33
La posta
dei lettori
Rai dei fannulloni? No, federalista
Il nuovo sottosegretario alle Comunicazioni del governo Berlusconi ha illustrato,
in un’intervista a Klaus Davi, il suo modello di Tv pubblica. Che fa discutere
Klauscondicio e televisione
le condizioni di Paolo Romani
Paolo Romani, sottosegretario alle Comunicazioni,
in un’intervista web a Klaus Davi ha illustrato il suo
modello di Tv pubblica.
I giornali di quel giorno riportano estratti di
“Klauscondicio” (rubrica che Davi “pubblica”
periodicamente su YouTube). La visione integrale
dell’intervista riserva però altri spunti sfuggiti ai
più, che meritano di essere riportati e riguardano i
giornalisti della Rai.
Klaus Davi: “Le sedi locali della Rai, tipo Firenze e
Torino, non fanno un cavolo, con la rete federalista
torneranno protagoniste?”
Paolo Romani: “Si’, ci sono molti giornalisti nella
Tgr, tantissimi, mi pare che siano mille e passa
(689!, ndr), devono ritrovare un pochino la voglia di
fare il loro mestiere”.
Davi: “Quindi piu’ ruolo alle sedi regionali...”
Romani: “Più tg, più informazione, approfondimenti,
L’esempio che facevo prima (la rete federalista, ndr.)
è sintomatico del tipo di lavoro che possono fare”.
Che dire? Non conta che Paolo Romani sia un
profondo conoscitore di televisioni, fondatore con
Marco Taradash, a meta’ degli anni ’70 di una
delle prime tv private italiane (con passaggi poi a
Videolina, ReteA, Telelombardia), non importa che
abbia contribuito ad evolvere il gusto degli italiani
producendo con Italia7 programmi indimenticabili
come “Colpo grosso” (con Umberto Smaila)
e “Vizi privati” (con Maurizia Paradiso). Quello
che conta è che Paolo Romani ora è e parla da
sottosegretario alle Comunicazioni, è stato prima
presidente della Commissione Comunicazioni, poi
membro della Vigilanza Rai (nel 2003 si oppose alla
nomina di Paolo Mieli alla Presidenza Rai). Quindi
dovrebbe, se non conoscere l’organico della Tgr
almeno sapere che le 23 sedi regionali della Rai
producono 3 telegiornali e 2 radiogiornali quotidiani
e, annualmente (dati di bilancio 2006), oltre 6.500
ore di informazione televisiva regionale (di cui 550
dedicate alle minoranze linguistiche), oltre 200
ore di rubriche a diffusione nazionale, 5.900 ore di
informazione radiofonica regionale di cui ben 2.000
dedicate alle minoranze linguistiche, oltre 30.000
contributi, tra servizi e collegamenti, alle testate
delle reti nazionali. E, con una media di 30 redattori
per sede, garantiscono una copertura 365 giorni
34
l’anno dalle 5.30 alle 24.00.
Davi: “Fannulloni in Rai: ci sono. Che farete?”
Romani: “Ci sono. Più che fannulloni ci sono molte
persone che, assunte negli anni precedenti, oggi
non fanno più nulla perchè il cambiamento della
maggioranza nel frattempo li ha messi in disparte
Ce ne sono parecchi e prendono anche molti soldi”.
Davi: “Quote rosa: pochi direttori donna”.
Romani:”Quando le donne diventeranno più brave
non avremo bisogno delle quote rosa”.
Davi: “Un po’ maschilista ‘sta frase, le femministe
si incazzano. Quindi quando diventeranno più
competitive e più brave…”
Romani:”C’è purtroppo una tradizione antica
italiana, che le donne italiane lavorano meno, e
lavorando meno hanno meno possibilità di entrare
nel campo della comunicazione e della politica”.
Forse è inutile ricordare che in Belgio, Francia e
Grecia le quote rosa sono state istituite per legge.
Che in Austria, Danimarca, Finlandia, Germania,
Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia, in
assenza di una disciplina legislativa, sono stati i
partiti politici ad assicurare un accesso paritario
alle cariche elettive.
In conclusione vi basti sapere che il celebratissimo
“Klauscondicio” è stato visto (dati di lunedì 26
maggio) per il frammento sulla Tgr da ben 74 utenti
(anzi 70, perche’ io per trascriverlo l’ho visionato
diverse volte), per quello sui “fannulloni” da 88.
Bravura del Klaus imprenditore. D’altronde lo
si deve comprendere. La sua Klaus Davi & Co.
Srl, celebrata agenzia di relazioni pubbliche
che vanta tra i suoi clienti Confindustria Giovani
Imprenditori e Paola Ferrari Conduttrice e
Giornalista, Consorzio Prosciutto San Daniele e
Rai Radiotelevisione Italiana, Wonderbra e Tg3
(Corporate Image), per il 2005 ha denunciato
perdite per 101.041 euro, un imponibile di 11.185
euro e ha pagato un’imposta netta di 3.691 euro.
Spero per lui che le cose gli siano andate meglio
negli anni successivi. In ogni caso, se ancora
Davi non risultasse tra i 43.000 collaboratori della
Rai (nonostante la sua rubrica domenicale sulla
stampa estera nel Tg3 della notte), non è escluso
che presto qualcuno lo proponga per una prima
utilizzazione nel servizio pubblico.
Maxia Zandonai
(giornalista Rai)
Tabloid 3 / 2008
La posta
dei lettori
News locali e web
salveranno i giornali
Gentilissima Presidente,
le faccio i complimenti per
il giornale New Tabloid
completamente rinnovato
nella grafica, ricco di notizie e
inchieste. E’ un giornale che si
fa leggere volentieri, dalla prima
pagina all’ultima. Soprattutto è
utile trovare dati di raffronto fra il
nostro mercato editoriale e quello
estero. Ho trovato particolarmente
interessante, infatti, il servizio
sulle tendenze dell’editoria oltreoceano e
oltremanica dal titolo “Giornali Usa: i big perdono
i locali vanno benissimo”, dal quale risulta
che “i primi 20 quotidiani degli States hanno
perso complessivamente 1,4 milioni di copie di
diffusione giornaliera fra il 2003 e il 2007” mentre,
al contrario, crescono i locali soprattutto nella
versione online. Ecco il punto. Noi stiamo vivendo
la stessa crisi, anche i più importanti quotidiani
italiani perdono copie e il mestiere del giornalista,
mai come ora, è a un bivio. Ma io sono convinta
che il giornalismo non sia “finito”, “morto”,
come si sente dire sempre più spesso nelle
redazioni, in particolare dai colleghi più anziani,
ma semplicemente sta cambiando e nel futuro
bisognerà cambiare il modo di farlo. Dovremo
cercare di capire in che direzione andare e come
realizzare un giornale il più possibile vicino agli
interessi, ai problemi della comunità dei lettori.
L’attuale modello, così sembra, non funziona più.
Si avverte un distacco crescente fra i cronisti,
terminali nervosi del giornale, e i cittadini che
hanno ormai più facile accesso alle informazioni
globali ma che forse gradirebbero sapere
qualcosa in più della propria città e del quartiere in
cui vivono. Sono convinta dell’utilità e della “forza”
delle notizie locali. Tenendo conto anche che,
oggi, anche in Italia come in America, la gente
usa sempre di più Internet per avere informazioni.
Sono sempre più convinta che la sinergia tra
informazioni locali e web possono davvero salvare
i quotidiani. E dirò di più: forse, bisognerebbe
trattare la stessa Milano, ad esempio, come una
piazza glo-local e trasferire le cronache locali
sull’online, potenziando fortemente le redazioni
decentrate. Forse. Da qui la richiesta, rivolta a Lei
come presidente dell’Ordine Giornalisti di Milano,
di organizzare e aprire un dibattito (con convegni
ed autorevoli ospiti) sul futuro della professione
giornalistica. Nella speranza di illuminare non solo
i giornalisti ma anche gli editori e uscire, insieme,
dalle secche della crisi. Cordialità
Stefania Consenti
Tabloid 3 / 2008
Settimanali cattolici
il disagio delle redazioni
Caro Presidente,
abbiamo provato un forte
disagio leggendo l’articolo sulla
comunicazione della Diocesi di
Milano pubblicato sull’ultimo
“Tabloid”. Lo sconcerto nasce
certamente dalla condizione
personale, nostra e di una decina
di altri colleghi, oggi in cassa
integrazione dopo che la Curia
di Milano ha preso la decisione,
nello scorso ottobre, di chiudere i
settimanali “Luce” di Varese e dell’Altomilanese
e “Il Resegone” di Lecco (oltre ai “controllati”
“Piazza” di Erba e “Città Nostra” di Sesto San
Giovanni), due periodici che, a differenza di altri
chiusi e citati nell’articolo, vivevano grazie al lavoro
di giornalisti professionisti assunti. Una scelta
drastica che ha portato una ventina di persone
(compresi i non-giornalisti), alcune con situazioni
familiari molto difficili alle spalle, a fare i conti
con quella precarietà e quella incertezza spesso
deprecate dalla Curia, quando hanno riguardato
altre aziende.
Come certamente non ignora l’autore dell’articolo,
Saverio Clementi, direttore per anni di uno dei
due settimanali “liquidati” (“Luce” di Varese,
nello specifico), la scelta della chiusura è stata
dettata, secondo la Curia, da ragioni economiche
(un perdurante bilancio in rosso) che non
permettevano la sopravvivenza delle due storiche
testate (una presente da 96 anni e l’altra da 126),
ma tale chiusura non è stata accompagnata da
alcuna proposta lavorativa alternativa: di fronte
alle conseguenze umane e familiari di quella
che l’articolo definisce una “dolorosa chiusura”
il Cardinale, generosamente ha promesso il suo
personale interessamento, ma fino ad oggi dagli
uffici da lui incaricati di seguire la vicenda, non
sono arrivate svolte positive. Non solo: nell’articolo
si apprende di futuri piani di comunicazione
della Curia milanese, si fa cenno a un “progetto
regionale”, si parla del rilancio di “Milano sette”,
dorso collegato all’Avvenire domenicale. Ma come?
Si chiudono due giornali per ragioni economiche
e poi si investono risorse su altri progetti, senza
coinvolgere minimamente i lavoratori lasciati a
casa? Crediamo, anche alla luce di questi sviluppi,
che su “Luce” e “Il Resegone”, importanti realtà
cattoliche legate al territorio, sia stata scritta
una pagina nera, che dovrebbe sollecitare una
seria riflessione sull’importanza da dare alla
comunicazione diocesana e ai suoi operatori.
Andrea Giacometti, fiduciario “Luce”
Marcello Villani, fiduciario “Il Resegone”
35
La voce
delle
redazioni
Primo
piano
quando immagini, simboli e testi combinati diventano notizie
Giornalisti infografici
a prova di contratto
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la natura giornalistica a chi
dà un apporto creativo alla sistemazione grafica di immagini e parole. Il caso di un gruppo
di colleghi di Rcs che hanno avuto il riconoscimento dovuto e l’iscrizione all’Albo
di Massimiliano Aliberti
Potrebbe essere in dirittura d’arrivo
una vertenza che si trascina da tempo tra Rcs e un gruppo di infografici.
Giornalisti a tutti gli effetti, secondo
l’Ordine, ma non ancora dall’azienda.
L’infografia è un tipo di giornalismo
che permette di comunicare notizie
attraverso la combinazione di immagini (disegni, foto, etc.), simboli
(ideogrammi, loghi) e testi. Poco si
adatta ai commenti e si concentra più
proficuamente sul dato e sulla notizia
“pura”. In breve, l’infografia è usata
in modo vantaggioso quando: • illustra come, dove, quando e perché un
fatto è avvenuto; • crea una sintesi
significativa ed immediata attraverso
un’immagine, una serie di dati chiave
e la quantità minima possibile di testo; • analizza uno o più dati, li mette
in relazione e li confronta; • racconta
un evento nel tempo e/o nello spazio;
• spiega il funzionamento di meccanismi. Immediatezza, velocità e brevità
sono i pregi che consentono all’infografia di rendere la notizia fruibile
all’istante. Nel lettore il ragionamento
cede il passo all’intuizione, il pensiero
si fa automatico: quattro orologi sono
una sequenza temporale, una freccia
il movimento, il tricolore l’Italia. Una
notizia mostrata e non più detta.
E’ in questo modo che si dà apporto
creativo a disegni, foto, ideogrammi
e altro ancora. E’ così che i disegni si
animano e diventano un vero e proprio articolo. E’ così che la grafica
diventa informazione. Lo ha riconosciuto anche una recente sentenza
della Corte di Cassazione (vedi box
nella pagina a fianco) che sancisce,
in alcuni casi, la natura giornalistica
dei grafici.
Un nuovo tipo di giornalismo
L’interesse per il dato e il confronto
numerico ha favorito la nascita e lo
sviluppo dell’infografia negli Stati
Uniti: elenchi, cartine e schemi sono
più chiari e permettono una consultazione più rapida rispetto ad un articolo in prosa che contenga le stesse
informazioni. Così «Usa Today», nei
primi anni ‘90, fu il primo quotidiano
ad utilizzare la tecnica infografica
con il preciso intento di alleggerire
il «lavoro» del lettore ormai abituato
ai ritmi dei nuovi mezzi di comunicazione (tv e internet).
In Italia l’infografia mosse i primi passi nei tardi anni ’90 al “Corriere della
Sera”: le cartine meteorologiche ne
costituirono il banco di prova. Il primo
ufficio infografico vero e proprio nacque nel maggior quotidiano italiano
solo nel 1997. Ma l’anomalia italiana
fu quella di importare un nuovo tipo
•Alcuni lavori dell’ufficio infografico
Rcs hanno ricevuto riconoscimenti
internazionali. Qui a fianco “Il nuovo
occhio e i confini”, Bronzo al Premio
Malofiej di infografica del 1999.
Al Malofiej del 2002 il “palmares” fu di
due argenti, e 2 bronzi. A destra una
delle infografiche premiate:
“Linate 9 ottobre 2001”.
36
Tabloid 3
6 / 2008
2007
La voce
delle redazioni
•Gli infografici Rcs riconosciuti
dall’Ordine dei giornalisti. Da sinistra:
Pierluigi Serena, Sabina Castagnaviz,
Marcello Valoncini, Andrea Venier,
Franco Sturini, Gian Franco Giudici,
Massimiliano Aliberti .
A sostegno loro e di altri infografici
si pronunciano numerose sentenze
della Corte di Cassazione.
di giornalismo senza però riconoscere la qualifica di giornalista a chi
svolgeva questo lavoro.
Il riconoscimento dell’Ordine
Già nel maggio 2002 sulle pagine di
“Tabloid” (n. 5) l’Ordine della Lombardia spiegò “Perché gli infografici si
possono definire giornalisti” e perché
la figura dell’infografico “può considerarsi, a tutti gli effetti, giornalistica, con
conseguente applicabilità del contratto
nazionale di lavoro giornalistico”. Coerentemente l’Ordine dei giornalisti appoggiò la richiesta di alcuni infografici
del “Corriere” di diventare giornalisti.
Così, dopo aver superato gli esami ed
essere stati iscritti all’Albo, iniziarono
una vertenza legale con l’editore.
Le resistenze dell’editore
Rcs decise di opporsi al riconoscimento degli infografici che ne
avevano fatto richiesta. Dopo che
si è aperta la causa, la società ha
selezionato un responsabile grafico
(giornalista) per fare da filtro con
le redazioni col fine di sminuire il
lavoro dell’ufficio infografico. Un «libro di stile» è stato approntato per
cercare di rendere più “tipografico”
il lavoro, ma per realizzare il «book»
si sono dovuti avvalere della pro-
fessionalità di alcuni infografici. In
realtà ogni infografico ha un proprio
«stile» nell’elaborare la notizia: come posiziona la cartina, come sottolinea un nome, come specifica un
numero o lo colora, come dispone
una foto, un disegno, un marchio o
un piccolo testo.
Come nasce un’infografica
In RCS gli infografici essenzialmente si relazionano con i giornalisti di
“Corriere della Sera” e “La Gazzetta
dello Sport” che trasmettono l’input
della redazione, eventualmente fornendo i testi. L’infografico disegna
cartine, cerca luoghi, dati, immagini
e quanto può essere utile alla realizzazione del pezzo. Le fotografie
hanno spesso un ruolo centrale; è
compito dell’infografico cercarne di
adatte, elaborarle e metterle in relazione con i dati. Come per ogni altro giornalista è fondamentale l’uso
della rete. Sul web l’infografico trova
informazioni ed immagini che possono servire a spiegare ed illustrare
la notizia. Tutto questo si svolge con
l’autonomia e la professionalità di
un qualsiasi altro giornalista.
La tecnologia informatica avvicina
sempre più figure professionali un
tempo distanti e ne crea di nuove.
Negli altri Paesi si è badato meno
alle qualifiche e più alla sostanza
e l’editoria ha saputo dare il giusto valore professionale alla figura
dell’infografico. Non così in Italia.
Ora è il caso di dire che Cassazione
docet. Usa Today il primo quotidiano a utilizzare
tecnologia infografica nei primi anni 90
Tabloid 3 / 2008
Cosa dice la legge
Non solo forma
ma creatività
L’ultima sentenza a favore
del riconoscimento del lavoro
giornalistico da parte degli
infografici è datata, in ordine
cronologico, 5 marzo 2008, è
protocollata con il n. 5926 e
ha l’imprimatur della Corte di
Cassazione. Che ha ribaltato un
giudizio precedente del giudice di
merito che aveva negato il diritto
al riconoscimento delle mansioni
giornalistiche a un lavoratore che
svolgeva le mansioni di grafico.
La Corte di Cassazione ha
ribaltato la decisione e ha ribatito
il carattere giornalistico all’attività
creativa del grafico.
La comunicazione - spiega l’avv.
Nino Raffone, del Foro di Torino-,
può assumere diversi aspetti, tra
questi la sistemazione logica e
grafica di parole, scritti o immagini.
L’attività del grafico può esaurirsi
nel semplice conferimento della
forma, senza alcun apporto
creativo, e in questo caso non
c’è riconoscimento giornalistico
oppure può, invece, estendersi alla
sistemazione ritenuta più opportuna
di parole o immagini, la modifica di
linee o colori e così via in modo da
determinare una scelta creativa che
ha natura giornalistica.
Altri precedenti sono riscontrabili,
oltre che da sentenze di Tribunali,
soprattutto da altre sentenze
di Cassazione quali la n. 7007
del 23 novembre 1983, n. 4547
del 19 maggio 1990, la n. 889
L’autore
del 1 febbraio
e la n. dal
5370
Beppe
Lopez,1996
giornalista
del 1 giugno
1998.
Insomma
1963,
ha scritto
inchieste,
note
giurisprudenza
materia è
elaservizi
per le piùinimportanti
voluminosa.
Ce n’è quanto
testate
e partecipato
alla basta
per affermare
cheRepubblica”.
là dove c’è
fondazione
di “la
apporto
creativo
da saggi
parte del
Ha
dedicato
diversi
al
grafico sia
il concetto
mercato
deiapplicabile
giornali e alle
di attivitàeditoriali,
giornalistica
e quindi
tecniche
pubblicando,
applicabile
il contratto
fra
l’altro, “Ilanche
giornale
che non
collettivo
di lavoro giornalistico.
c’è”
e “Il quotidiano
totale”.
37
L’osservatorio
sull’estero
in forte crescita i lettori online americani
Stampa Usa
e calo “pilotato”
I tagli diffusionali dei quotidiani oltroceano sono decisi dal
management per risparmiare i costi di distribuzione in aree
esterne ai mercati che contano. In Uk, invece, il Manchester
Evening News punta tutto su una strategia free and pay
di Pino Rea per Lsdi*
Ormai è cowsa nota, ma è ancora
forte lo shock per le notizie sulle
dimensioni dell’ulteriore calo della
diffusione dei maggiori quotidiani
Usa. Dai dati sull’industria dei giornali, in ogni caso, qualcuno coglie
degli aspetti positivi.
A fronte dell’annuncio di Nielsen
Online che l’audience dei lettori dei
giornali in rete è fortemente cresciuta, in America, passando dai
38.97 milioni del dicembre 2004 ai
63.05 milioni del dicembre 2007,
un articolo di MediaLifeMagazine
sottolinea che in gran parte dei
casi i tagli nella diffusione sarebbero pilotati dal management per
risparmiare la distribuzione in aree
esterne ai mercati e alle comunità di
riferimento. L’incremento dei lettori
online, secondo il MegaPanelData
della Nielsen è stato di più del 60%
in tre anni, mentre il numero totale
delle pagine web viste è pressoché
raddoppiato, passando dagli 1,4 ai
2,9 miliardi di pagine.
42 minuti al giorno sul web
Il numero di pagine visitate per ogni
persona-utente è aumentato dalle
36,3 alle 45,8, sempre secondo Nielsen Online. E in media, gli utenti web
americani si soffermano sui giornali
online 42 minuti al giorno, contro i
34,5 minuti registrato tre anni prima,
nel dicembre 2004.
Annualmente la diffusione totale dei
57 giornali che hanno più di 200mila
copie è calata del 3,4%, ma questa
percentuale è determinata in gran
parte da alcune testate che perdono molto di più di altre, come ad
esempio l’Orange County Register o
il Miami Herald, che arrivano a perdere fino al 12%.
Fra i 95 giornali medi, con diffusione
fra 75.000 e 200.000 copie (perdita
complessiva del 3,6%), rileva Snedeker, una dozzina di essi hanno ancora dei numeri positivi, come Las
Vegas Review-Journal, Baton Rouge
Advocate e Lincoln (Neb.) Journal
Star, tutti in aumento di circa l’1%.
Mentre fra i 403 quotidiani con una
diffusione inferiore alle 75.000 copie,
circa 50 sono in crescita. Ma forse
la cosa più positiva da segnalare
– aggiunge Snedeker – è che gran
parte di questo calo di diffusione è
stato pilotato dal management, che
ha tagliato quella che gli editori chiamano diffusione-spazzatura, come
le copie distribuite fuori dei mercati
di riferimento o diffuse gratuitamente. Lo fanno anche per risparmiare
soldi, naturalmente, oltre che per
concentrare l’impegno nelle aree di
radicamento.
Per esempio l’Atlanta Journal-Constitution ha annunciato che taglierà la
sua diffusione giornaliera del 2,2%,
riducendo la propria distribuzione da
74 a 39 contee. Quanto pesa questa
riduzione controllata rispetto al calo
totale? Forse conta per il 50%, per
cui il declino reale nell’ anno marzo
2007-marzo2008 sarebbe in realtà
dell’1,8%, del tutto in linea con quelli
degli ultimi anni.
utenti dei quotidiani americani online
anno
Utenti unici
%ricerca diretta
2004
39.969.158
26,04
1.414.249.638
Pagine viste Pag. visitate*
36,29
2005
52.406.635
34,44
2.352.773.119
2006
56.013.742
34,56
2.688.692.759
2007
63.052.143
38,2
2.868.760.593
Tempo di permanenza* Visite*
0:34:23
6,91
44,89
0:40:39
7,75
46
0:42:55
7,8
45,82
0:41:57
7,83
*per ogni persona-utente
Fonte: World Association of Newpapers - Nielsen Netonline
38
Tabloid 3
6 / 2008
2007
L’osservatorio
sull’estero
Internet e free press stanno cambiando
le strategie di marketing della carta
stampata per recuperare la diffusione
E in Inghilterra si tenta
la diffusione mista
Differente la strategia di alcuni giornali inglesi per contrastare la crisi.
E’ quanto risulta da un’analisi di
Followthmedia che durante gli ultimi due anni ha osservato molto da
vicino due giornali locali inglesi che
hanno assunto due diversi approcci
per contrastare la drastica diminuzione delle vendite – The Manchester
Evening News, che si è lanciato in
una nuova strategia di marketing
distribuendo gratuitamente 50 mila
copie nel centro della città, mentre
ha mantenuto le vendite in periferia,
e il Birmingham Mail che è passato attraverso un rilancio completo
concentrando la propria attenzione
sulle notizie locali: ora è passato un
tempo sufficiente per vedere cosa
ha funzionato e cosa no.
Il Manchester può affermare di aver
aumentato la distribuzione del 34
per cento circa, raggiungendo il suo
scopo iniziale di una tiratura totale
di 180 mila copie, ma per arrivare a
questo il giornale ha distribuito gratuitamente molte più copie di quante
ne abbia vendute. Si pensava che
avrebbe venduto circa due terzi del
totale, e distribuito gratuitamente il
terzo restante.
Il Birmingham ha invece mantenuto il
calo nella tiratura e ora sta riponendo
la maggior parte delle sue aspettative
in un sito Internet lanciato recentemente. I giornali locali inglesi soffro-
Tabloid 3 / 2008
no dello stesso problema dei giornali
metropolitani Usa: calo di vendite e
pubblicità. Se c’è un motivo comune nei risultati che hanno ottenuto il
Manchester e il Birmingham contro
questi mali sembra essere che il modello dei giornali a pagamento non
può essere ancora praticabile per i
giornali non-nazionali, e deve essere
sostituito forse da una combinazione
di free press e copie a pagamento,
più il sito Internet gratuito.
A Manchester, gli ultimi dati sulla
tiratura dell’Evening News mostrano una diffusione totale di 180.900
copie, delle quali 98.455 gratuite e
82.455 a pagamento. C’è uno scarto,
rispetto alle 200 mila copie totali che
i dirigenti dicevano che avrebbero
voluto ottenere per la fine del 2007
ma il management sarà ugualmente
soddisfatto per avere ottenuto la tiratura più alta tra tutti i giornali locali
inglesi. Ma le cose non sono andate
esattamente come i manager avevano sperato. L’idea originale, realizzata nel maggio 2006, era di distribuire
in centro –dove il giornale vendeva
solo 7 mila copie - 50 mila copie,
e di continuare a vendere invece in
periferia, dove la tiratura era intorno
a 127 mila. L’idea era di conservare
intatte le vendite in periferia, mentre
la tiratura totale sarebbe balzata intorno alle 180 mila copie.
In calo il venduto
aumenta il gratuito
I lettori di Manchester però la vedevano diversamente. Perché pagare
per qualcosa che si può avere gratuitamente? Pian piano il giornale
ha dovuto iniziare a distribuire gratuitamente sempre più copie – prima
60 mila, poi il numero ha raggiunto
92 mila fino a toccare ora le 100 mila. Ma in periferia quelle 127 mila
copie che venivano vendute sono
bruscamente crollate a 81 mila –
un calo del 36 per cento – per cui
l’obiettivo finale è stato raggiunto,
ma non con i guadagni delle vendite che il giornale aveva auspicato.
Solo nell’ultimo anno, le vendite
sono calate del 13,5% e negli ultimi sei mesi del 6,4%, la peggiore
performance tra tutti i giornali locali
inglesi. Ma la cosa fondamentale,
secondo il giornale, è che può ancora contare su quelle 180 mila copie
per gli inserzionisti, e questo era lo
scopo. Secondo Mark Rix, direttore
di MEN Media, nel primo anno con
l’abbinamento versione gratuita-a
pagamento la pubblicità è cresciuta
dell’8 per cento.
Altri giornali come il Liverpool Post
stanno adattando lo stesso modello,
e stanno scoprendo che significa più
giornali gratuiti di quanti ne avessero
pianificato, ma questo sembra essere un trend per migliorare gli introiti
pubblicitari, basato in parte sul fatto
che le copie gratuite sono solitamente destinate ad un pubblico giovane,
più desiderato dai pubblicitari.
A Birmingham la situazione al Birmingham Mail non è migliorata nonostante lo sforzo enorme di focalizzare
sulle notizie locali. Il giornale sapeva
che avrebbe dovuto fare qualcosa di
drastico quando fra il 2004 e il 2005
è stato colpito da un calo del 10 per
cento e la tiratura è scesa sotto la soglia psicologica delle 100 mila copie.
La risposta è stata un investimento di
1 milione di sterline e, per convincere
i lettori che si trattava di un progetto
diverso, la testata è tornata al nome
originario del 1967, The Birmingham
Mail. Le notizie locali che di solito
venivano pubblicate nelle pagine interne sono passate in prima pagina.
Le redazioni locali che erano state
chiuse per mancanza di fondi sono
state riaperte. *Libertà di stampa
diritto all’informazione
39
La giornata
Primo
piano
della
memoria
3 maggio 2008: la categoria unita a difesa della libertà di stampa
Il monito dei nostri eroi
e di chi non vuole tacere
I giornalisti hanno pagato un prezzo elevato nella lotta a terrorismo rosso e nero, a mafia
e camorra. A chi vuole informare liberamente e rischia la vita, l’Unci ha dedicato un
giorno commemorativo. Per ricordare le vittime del passato e sostenere i cronisti d’oggi
di Guido Columba*
Mafia, camorra, terrorismo rosso e
nero, in Italia. Eserciti in lotta, guerriglieri, banditi, all’estero. Persone,
luoghi, motivi diversi. Accomunati da
un solo nemico: nel loro mirino ci sono i cronisti. Perché hanno il compito
di raccontare alla gente quello che
accade. La realtà vera, non quella di
comodo che questo o quel potente o
prepotente di turno vorrebbe accreditare come tale. E per essere fedeli
al loro compito i giornalisti pagano
un prezzo altissimo. Fino ad essere
uccisi e feriti gravemente.
Avviene da sempre e ovunque: ad
Arlington, in Virginia, c’è un muro di
vetro alto 7 metri al Journalists Memorial, sul quale sono incisi i nomi di
oltre 1.800 giornalisti uccisi. Ogni anno l’elenco delle vittime si allunga. In
Italia dal dopoguerra ad oggi troppo
lunga è la lista dei giornalisti colpiti. A
loro l’Unci (Unione nazionale cronisti
italiani) ha dedicato la Giornata del 3
maggio 2008 in concomitanza con
quella internazionale che l’Onu intitola alla libertà di informazione. Una
Giornata per ricordare, ma anche per
impegnarsi affinché ciò che è stato
non sia più e i cronisti possano informare liberamente e senza correre il
rischio di perdere la vita.
Diceva il collega Tiziano Terzani che
“la storia esiste solo se qualcuno la
racconta”, ma la storia è la cronaca
vista a distanza di tempo. Senza cronaca, dunque, non c’è storia, e senza
storia non c’è coscienza del progredire della civiltà né delle battute di
arresto o, a volte, dei ritorni indietro. E
perché la cronaca sia veritiera occorre
che i cronisti abbiano la possibilità e
la capacità di raccontarla. Non è certo
un caso che, ricevendo i vincitori del
Premio Cronista 2002- Piero Passetti
al Quirinale, l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
abbia pronunciato per la prima volta
la frase divenuta poi il leit motiv del
suo rapporto con la stampa: “Il cronista è il Dna del giornalismo, tenete
dritta la spina dorsale”. Né che il suo
predecessore, Oscar Luigi Scalfaro,
tutte le volte che incontrava i cronisti
ripetesse “il fatto è il fatto e non lo
può cambiare neanche DomineDio”.
L’attuale Presidente, Giorgio Napolitano, in occasione del recente
Congresso della Fnsi, ha richiamato
“l’insostituibile funzione civile di una
informazione libera e pluralistica e il
suo ruolo essenziale nella crescita di
una società democratica”.
La Giornata, organizzata d’intesa
con Federazione della Stampa e
Ordine dei Giornalisti e che ha l’Alto
Patronato del Presidente Napolitano e i patrocini del Presidente del
Consiglio e dell’Unesco Italia, da
un lato è il naturale proseguimento
dell’attenzione dell’Unci a questo
tema – già evidente con il Giardino
della Memoria di Palermo, nel quale
cronisti e magistrati piantano alberi
in memoria di magistrati, giornalisti
e uomini delle forze dell’ordine uccisi
dalla mafia –, dall’altro realizza la celebrazione unitaria e contemporanea
del ricordo di colleghi a ciascuno dei
•L’indicazione per il “Giardino della
memoria”, voluto da Comune,
Unione cronisti e Associazione
magistrati a Palermo.
40
Tabloid 3
6 / 2008
2007
La giornata
della memoria
Il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano: «L’esempio di tanti giornalisti
deve essere memoria condivisa da
trasmettere alle giovani generazioni».
quali sono dedicate particolari commemorazioni, manifestazioni, Premi,
Fondazioni, Associazioni impegnate
in attività sociali e benefiche. È, naturalmente, anche una Giornata di
impegno e mobilitazione: il doveroso
omaggio ai colleghi che alla libertà
dell’informazione hanno sacrificato
la vita, o sono stati gravemente feriti,
si deve coniugare con il sostegno
ai molti, troppi, giornalisti che nella
loro attività quotidiana subiscono minacce, intimidazioni, violenze e con
la rivendicazione del pieno e libero
esercizio della professione.
Dalla Giornata saranno rafforzati gli
interventi dell’Unci a difesa della libertà di informazione nei confronti
di tutti coloro - criminali, magistrati,
forze dell’ordine, politici, amministratori, potenti di ogni genere - che
ostacolano l’informazione cercando
d’impedirla, negando le notizie o arrivando anche a distorcerle ai loro
fini, come si gioveranno anche le
azioni per impedire che leggi, norme
e circolari mettano ulteriori ostacoli
al diritto-dovere di cronaca già così
difficile da realizzare.
Per sostenere la Giornata abbiamo
anche chiesto un impegno al mondo
politico, sempre prodigo di sperticati elogi per la funzione democratica
fondamentale del giornalismo. Abbiamo sottoposto l’iniziativa al Presidente della Commissione antimafia
Francesco Forgione, al Presidente
della Commissione affari costituzionali della Camera Luciano Violante, al
deputato Marco Boato. Il risultato è
stata la proposta di legge n. 2735 per
l’istituzione della “Giornata nazionale
della memoria dei giornalisti uccisi
dalla criminalità mafiosa e dal terrorismo” presentata il 5 giugno 2007
dall’onorevole Boato alla Camera.
Tabloid 3 / 2008
La manifestazione in Campidoglio ha
preceduto di pochi giorni la data del 9
maggio, anniversario dell’uccisione,
nel 1978, dell’onorevole Aldo Moro,
che una legge del 2007 ha stabilito
sia il “Giorno della memoria”, al fine
di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno ed internazionale, e
delle stragi di tale matrice.
L’impegno personale. Nessuno ha
avuto la vocazione dell’eroe, ma tutti, indistintamente, non si sono mai
accontentati della versione ufficiale o
di comodo degli avvenimenti. Hanno
fatto del giornalismo d’inchiesta, sono andati a vedere di persona, hanno raccontato cose che gli altri non
vedevano o non volevano vedere,
hanno collegato fatti, nomi, vicende scollegate tra loro per risalire alla
verità. Sono stati animati da carica
ideale ed etica e da passione civile
e sociale. Diversi sono stati spinti
anche da passione politica: in prevalenza di sinistra, anche accentuata,
ma anche di destra. Cesarini, Colorni,
Malatesta e Merli sono stati uccisi da
fascisti e tedeschi.
Il rapporto con la professione.
Alfano, Impastato e Rostagno non
erano iscritti all’Ordine dei giornalisti,
lo sono stati d’ufficio dopo la morte.
Russo non ha mai voluto farlo. Cutuli
è stata promossa inviata speciale e
Siani assunto a morte avvenuta.
Le definizioni. Per il loro impegno
nel descrivere la vera natura del terrorismo gli assassini hanno chiamato
le loro vittime in vario modo. Tobagi:
terrorista di Stato. Casalegno: servo
dello Stato. Montanelli: schiavo delle multinazionali. Rossi: velinato del
Ministero dell’Interno e piazza del
Gesù. Ferrero: servo del Pci. Passalacqua: giornalista riformista. Bruno:
pennivendolo di Stato.
• Guido Columba, Lorenzo Del Boca,
Franco Siddi e Romano Bartoloni alla
commemorazione del 3 maggio.
I misteri sulla morte. Pochi dei delitti
commessi contro i giornalisti sono
stati risolti. Nella maggior parte dei
casi rimane inappagata la richiesta
di giustizia e la constatazione che si
sarebbe dovuto e potuto fare molto
di più per individuare mandanti, esecutori, complici. Mancano, inoltre,
quattro corpi: quelli di Baldoni, De
Mauro, De Palo, Toni. La Giornata
che celebriamo costituisce un dovere
e un impegno. Il dovere di ricordare i
colleghi che hanno pagato con la vita
o con gravi sofferenze la loro determinazione a raccontare la verità. Cosa
che abbiamo fatto anche assegnando il Premio Cronista alla memoria nel
1993 ad Alfano, nel 1994 a Luchetta,
nel 1995 a Palmisano. L’impegno a
difendere il diritto-dovere di cronaca
e la libertà di stampa contro chi vorrebbe far tacere i giornalisti.
È un impegno che l’Unci si è assunto
e che intende mantenere con grande determinazione. E che da questa
Giornata è uscito rafforzato.
* Presidente Unione Nazionale
Cronisti Italiani
41
La giornata
della memoria
un libro realizzato dall’unci per non dimenticare
Loro sapevano troppo
Ecco chi erano e, soprattutto, perché non sono più
gli 11 cronisti uccisi in Italia, dagli anni Sessanta a oggi,
per mano della mafia, della camorra o del terrorismo
di Paola Manzoni
1
Non è solo la loro tragica, e spesso
misteriosa fine ad accomunare gli
11 cronisti italiani protagonisti di
queste pagine, messi a tacere da
mafia, camorra e terrorismo. Il loro
impegno sociale e il loro desiderio
di denunciare (a rischio, appunto,
della vita stessa) le distorsioni di un
Paese in mano, a seconda dei casi
e dei periodi, a mafiosi piuttosto che
a terroristi li rendono simili al di là di
ogni apparenza: professionisti seri e
scrupolosi dell’informazione. A loro,
e a tutti gli altri giornalisti uccisi-feriti-gambizzati in circostanze diverse
dal dopoguerra a oggi all’estero o
nel nostro Paese (da Ilaria Alpi ad
Antonio Russo, da Maria Grazia Cutuli a Giuliana Sgrena) è dedicato
il libro Giornata della memoria dei
giornalisti uccisi da mafie e terrorismo realizzato dall’Unci e presentato lo scorso 3 maggio a Roma.
Ecco qui di seguito chi erano e perché non sono più gli 11 giornalisti
(con o senza tesserino in tasca) caduti in Italia dal 1960 al 1993.
Mauro De Mauro (foto 1) Cronista
di punta del quotidiano L’Ora di Palermo, sparisce nel nulla, a 49 anni,
la sera del 16 settembre 1970, vittima di una “lupara bianca” in piena
regola. Ai tempi della scomparsa, De
Mauro lavorava al “caso Mattei”, ma
per un decennio aveva seguito per
L’Ora le principali inchieste sulla mafia e i più importanti casi di cronaca,
diventando una vera spina nel fianco dei mafiosi. Sulla sua sparizione,
sono state molteplici le ipotesi circa
moventi e mandanti.
Carlo Casalegno (foto 2) Vicedirettore de La Stampa, il 16 novem-
42
bre 1977 riceve quattro proiettili
alla testa da parte delle Br, che lo
avevano individuato come obiettivo
in quanto “servo dello Stato”. Dopo
due settimane di coma, Casalegno
muore il 29 novembre a 61 anni. A
La Stampa Casalegno lavora per
30 anni, ricoprendo il ruolo di vice direttore dal 1968, con Alberto
Ronchey prima e Arrigo Levi dopo.
“Terrorismo e chiusura dei covi” è il
titolo del suo articolo pubblicato sul
quotidiano torinese una settimana
prima dell’attentato.
Beppe Alfano (foto 3) Collaboratore del quotidiano La Sicilia, viene
assassinato la sera dell’8 gennaio
1993 a Barcellona, trentesima vittima della mafia in un anno nel paese siciliano. Giornalista (ma iscritto
all’Ordine d’ufficio solo dopo la sua
morte) scomodo, impiccione, amico
dei magistrati, si occupava (troppo)
di appalti pubblici, traffici di armi e
di droga. L’esecutore dell’omicidio è
stato individuato in Antonio Merlino,
condannato a 21 anni e mezzo di
reclusione, ma tanti sono ancora i
quesiti aperti.
Mario Francese (foto 4) Con il
suo assassinio, il 29 gennaio 1979
a 54 anni, per i magistrati si apre
“la stagione dei delitti eccellenti”.
Protagonista per il Giornale di Sicilia della cronaca giudiziaria e del
giornalismo d’inchiesta siciliano,
Francese rappresenta un pericolo
per la mafia corleonese emergente.
Viene eliminato per mano di Leoluca
Bagarella e su ordine di Totò Riina,
Raffaele Ganci, Francesco Madonna, Michele Greco. Porta la firma di
Francese l’unica intervista a Ninetta
2
3
4
5
6
Tabloid 6 / 2007
La giornata
della memoria
•In queste foto,
gli 11 cronisti italiani
vittime di mafia,
camorra o terrorismo
negli anni dal
dopoguerra a oggi.
Uccisi, da Milano
a Trapani, per le loro
inchieste e le loro
indagini che spesso
portavano a parlare
di collusioni tra mafia
e politica, di traffici
d’armi e tentativi
di golpe. Eliminati per
non farli più parlare.
7
8
9
10
11
Bagarella, moglie di Totò Riina.
Giuseppe Fava (foto 5) Cinque colpi calibro 7.65 alla nuca lo freddano
la sera del 5 gennaio 1984, poco
dopo aver abbandonato la redazione
del mensile I Siciliani, da lui fondato
nel 1982, dopo una lunga esperienza a Espresso Sera e alla direzione
del Giornale del Sud. Collusioni tra
mafia, politica e imprenditoria sono
di frequente tema delle inchieste che
commissiona e pubblica in qualità di
direttore del suo mensile. Nel 2003 la
Cassazione condanna all’ergastolo il
boss Nitto Santapaola, riconosciuto
quale mandante del delitto.
Mauro Rostagno (foto 6) Il 26
settembre 1988, a 46 anni, viene
assassinato in contrada Lenzi (Trapani), poco distante dalla comunità
Saman per il recupero dei tossicodipendenti da lui fondata, dopo
anni movimentati vissuti in giro per
l’Europa prima e in Italia poi, come
animatore del Movimento Studentesco e come uno dei fondatori di
Lotta Continua. Dopo la parentesi
indiana e durante la vita di Saman,
Rostagno lavora anche per RadioTeleCine, denunciando le collusioni tra
mafia e politica locale. Una morte,
la sua, rimasta impunita.
Giuseppe Impastato (foto 7) Una
carica di tritolo messa sotto il suo
corpo adagiato sui binari della ferrovia: così muore a 30 anni, nella
notte dell’8 maggio 1978, Giuseppe
detto Peppino. Nato da una famiglia
mafiosa, si distingue fin da giovane
per la sua attività
politico-culturale
antimafiosa, fondando il giornalino L’Idea Socialista prima e Radio
Aut poi, dalle cui
frequenze sbeffeggia politici e
mafiosi. Per il suo
omicidio, Gaetano
Badalamenti riceve un ergastolo e Vito Palazzolo 30
anni di reclusione.
Giovanni Spampinato (foto 8,
con i genitori) Mentre segue per il
quotidiano L’Ora di Palermo, di cui
è corrispondente da Ragusa, l’omicidio di Angelo Tumino, viene ucciso a revolverate dal collezionista
d’armi Roberto Campria, sospettato proprio da Spampinato di essere
coinvolto nel delitto Tumino. È il 27
ottobre 1972 e Giovanni, già autore
di inchieste su sospette attività di
neofascisti locali, ha 26 anni. Campria si costituisce e viene condannato a 14 anni, di cui ne sconta solo 8
in un manicomio giudiziario.
Walter Tobagi (foto 9, al centro) 28
maggio 1980, ore 11: Marco Barbone e Mario Marano, della Brigata 28
Marzo, mettono fine a Milano alla
vita del trentatreenne giornalista del
Corriere della Sera, nonché presidente dell’Associazione lombarda
dei giornalisti. Scrittore e docente
universitario, Tobagi ha una passione per i temi sociali, dell’informazione, della politica, del movimento
sindacale. Ma, soprattutto, si dedica
con passione alle vicende del terrorismo, seguendo passo passo, per il
quotidiano di via Solferino, gli “anni
di piombo”.
Cosimo Cristina (foto 10) Il suo
cadavere viene rinvenuto, sui binari della ferrovia, il 5 maggio 1960,
dopo due giorni di ricerche. Si parla,
con poca convinzione e nessuna
prova, di suicidio. Cosimo ai tempi
ha 24 anni ed è corrispondente del
quotidiano L’Ora di Palermo da Termini Imprese. Gli intrecci tra mafia
e politica nella zona delle Madonie sono al centro dei suoi articoli
e delle sue inchieste, ma ciò non
basta per dare una risposta certa
alla sua morte.
Giancarlo Siani (foto 11) Le sue
inchieste sui boss della camorra
napoletana animano le pagine de
Il Mattino, sotto la direzione di Pasquale Nonno. Ed è un suo articolo
sull’arresto del boss Valentino Gionta e su una presunta soffiata del
clan Nuvoletta a firmare la sua fine:
Giancarlo Siani viene assassinato
a 26 anni all’uscita della redazione
centrale del quotidiano partenopeo,
dal quale era in attesa di essere assunto. È la sera del 23 settembre
1985. Alla sua morte, Siani verrà
assunto. 43
Colleghi
in libreria
Dai quotidiani a internet, passando per la televisione
Un’informazione migliore
con i nuovi media?
La crisi della stampa, il consolidamento della tv, l’esplosione delle notizie online
analizzati da due studiosi di storia del giornalismo e da autorevoli esperti. Un viaggio
dagli anni Settanta a oggi, per capire a che punto siamo e dove stiamo andando
a cura di Antonio Andreini
I profondi rivolgimenti avvenuti nel
campo dell’informazione con la diffusione di Internet ci pongono di fronte
a un cruciale problema: Internet si
trasformerà in fattore di democratizzazione, contribuendo a far circolare
idee e progetti, oppure indurrà quanti
se ne servono a recepire acriticamente quanto scorre sulle barre di
navigazione? Da profondi conoscitori di storia della stampa italiana, Valerio Castronovo e Nicola Tranfaglia si
pongono questo fondamentale quesito nella riedizione del volume a più
voci La stampa italiana nell’età della
TV- Dagli anni Settanta ad oggi.
I due autorevoli studiosi, così come
tutti gli altri autori, hanno aggiornato
e ampliato le loro analisi sulle vicende
e sugli aspetti più significativi dello
sviluppo dei mezzi di comunicazione
in Italia nell’ultimo quarto di secolo.
Grande attenzione viene dedicata
all’influenza della televisione sulla
stampa e sul mercato pubblicitario
GLI AUTORI
Valerio Castronovo (già ordinario
di Storia contemporanea)
e Nicola Tranfaglia (già professore
di Storia d’Europa e di Storia del
giornalismo), sono validi divulgatori
e hanno pubblicato in coppia opere
fondamentali, come La stampa
italiana del neocapitalismo (1976)
e Storia della stampa italiana (6
volumi 1976-80), tutte con Laterza.
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e gli aggiornamenti prendono in esame, in particolare, i problemi portati
dalla diffusione di Internet e delle
notizie on-line. Oggi, in realtà, non
è più possibile tenere separati i discorsi che riguardano i diversi media
e, come sottolineano gli stessi autori
nella premessa a questa seconda
edizione: «si sono moltiplicati gli interrogativi sul mondo dell’informazione, sulle sue funzioni e sui suoi
standard qualitativi, sulle sue prospettive e sulla sua stessa sorte. …
Si pone oggi con forza particolare
il problema della salvaguardia della
libertà di espressione e di pensiero
attraverso i mezzi di comunicazione
di massa, dai giornali alla radio, alla
televisione».
Per fare il punto su tutto quanto è
avvenuto da noi e sulle prospettive
future, Castronovo e Tranfaglia hanno raccolto i contributi di una ventina di specialisti, a ciascuno dei quali
è stato richiesto l’approfondimento
di un tema che li vede particolarmente competenti. La complessità
dei vari capitoli e i nomi stessi dei
loro autori rendono bene l’idea della
completezza di questo voluminoso
saggio -conta oltre 700 pagine-,
strumento indispensabile di conoscenza dell’intricato binomio
stampa-televisione. Mentre Tranfaglia e Paolo Murialdi affrontano
il tema basilare “Crisi, sviluppo e
concentrazione dei principali quotidiani negli ultimi 25 anni”, Castronovo traccia il profilo del “Sistema
editoria e l’industria dell’informazione”. Marco Gambero e Franco
Monteleone trattano poi di radio e
televisione, mentre superspecialisti come Mario Isnenghi, Ugo Volli,
Giampaolo Ormezzano, Laura Lilli
e Gerolamo Fiori si addentrano,
rispettivamente, nelle realtà della stampa quotidiana locale, dei
settimanali, della stampa sportiva,
femminile ed economica. Su temi di
carattere più generale si impegnano
altre firme autorevoli: da Furio Colombo (“Come si fa informazione”)
a Marino Livolsi (“Profilo dei lettori
della stampa quotidiana e periodica”), a Giovanni Becchelloni (“La
difficile identità dei giornalisti”) a,
ultimo ma decisamente stuzzicante, Mario Grandinetti, che compila
un’essenziale cronistoria di quotidiani e televisioni con particolare
riferimento alle loro proprietà. V. Castronovo e N. Tranfaglia: La
stampa italiana nell’età della TV, Laterza, Bari, 2008, pagg. 745, € 24
Tabloid 3 / 2008
Colleghi
in libreria
Fancesco Siliato:
Televisione digitale,
Maggioli Editore,
Sant’Arcangelo di
Romagna (RN), 2007,
pagg. 214, € 16
Stop al duopolio
Rai-Mediaset
L’informazione non solo radiotelevisiva, ma anche cartacea, soffre
di una condizione limitativa determinata dal perdurare del duopolio
RAI-Mediaset, che si appropriano
di circa il 90% di tutti i proventi
pubblicitari tv. Per sbloccare questa strozzatura sarebbe necessaria
una riforma in senso “liberatorio”
del sistema radiotelevisivo, resa
possibile dalle nuove tecnologie di
trasmissione, in particolare quella
digitale. Proprio a questa innovativa
tecnologia, che permetterebbe un
sensibile ampliamento dei canali e
quindi una pluralità di voci, dedica
un esauriente e chiarificatore saggio Francesco Siliato, giornalista,
titolare della rubrica Zapping sul
Sole 24Ore e docente di Sociologia
dei processi culturali e comunicativi
a Milano. Autore di numerosi saggi
sul sistema della comunicazione e
sui meccanismi dei media, Siliato
con Televisione digitale-Dalle origini al ddl Gentiloni: un progetto
liberale per uscire dall’oligopolio
fa il punto sullo stato dell’arte del
passaggio al digitale, ne illustra le
istanze sociali ed economiche e ne
analizza la normativa che lo frena e
quella che lo potrebbe facilitare. La
TV digitale è attesa proprio
come un momento di “liberalizzazione” della trasmissione
di programmi radiotelevisivi: il
passaggio al digitale dovrebbe comportare, infatti, nuovi e
più svariati fornitori di contenuti e offerte, quindi rinnovata
modalità di consumo d’informazione e intrattenimento.
Tabloid 3 / 2008
Nell’ottobre 2006, l’allora ministro
delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ha presentato alla Camera il
disegno di legge AC 1825, secondo
il quale la televisione digitale è destinata a diventare il modo elettivo
di trasmettere i programmi. Ma, tra
le molte inadempienze del governo
Prodi c’è anche quella della mancata riforma del sistema radiotelevisivo secondo il disegno Gentiloni.
Tocca ora al nuovo governo non
“dimenticarsi” di una riforma fondamentale per il pluralismo dell’informazione, a tutto vantaggio di una
democrazia compiuta, reale.
A caccia di...
vecchi colpevoli
In Italia, di molti, troppi delitti non si
riesce a trovare i colpevoli.
E, nonostante il clamore mediatico
del momento, di tutto e di tutti
l’opinione pubblica presto si
scorda. Così non fanno i buoni
cronisti, che spesso tolgono
dall’oblìo vecchi delitti impuniti e
li ripresentano più “vivi”che mai.
Come ha fatto Gabriele Moroni,
inviato speciale de Il Giorno e già
segretario dell’0rdine dei giornalisti
lombardo, con l’avvincente Per
denaro e per amore, pubblicato da
Mursia nella collana “Gialli italiani
irrisolti”. Qui si ricostruiscono
sessant’anni di delitti lombardi
privi di soluzione: da quello di Gina
Ruberti, sfortunata nuora del Duce,
a quello di Simonetta Ferrero,
assassinata alla Cattolica, dalla
strage agreste di Montù Beccaria
all’omicidio del professor Klinger,
noto endocrinologo milanese.
Gabriele Moroni:
Per denaro e per
amore-Misteri
lombardi: omicidi
senza colpevoli,
Mursia Editore,
Milano, pagg.
187, € 14
Arrivati in redazione
Claudio Magris:
La storia non è finita,
Garzanti Editore,
Milano, 2008,
pagg. 239, € 9,50.
Una raccolta
“impolitica” di articoli
apparsi sul Corriere della
Sera a partire dal 1998.
Viviano Domenici:
Alla ricerca di sette
meraviglie, Ponte alle
Grazie, Milano, 2008,
pagg. 182, € 12.
Alla scoperta di sette
“nuove” meraviglie del mondo,
guidati dalla curiosità del
giornalista e dalla competenza
dell’esperto.
Mario Pancera:
Le donne di Marx,
Rubbettino, Soveria
M. (CZ), 2007,
pagg. 108, € 10.
Un ricordo toccante
dell’esistenza difficile delle sei
donne di casa Marx: virtù
e difetti della madre,
della moglie, delle tre figlie
e della governante.
Milena Gabanelli:
Cara politica, Bur-Rai
Trade, Milano, 2007,
€19,50.
Un DVD di 180 minuti
con quattro inchieste
realizzate da “Report”
e un libro di 124 pagine che
ripercorre come sono state
condotte, davanti
e dietro le videocamere.
Agostino Picicco:
Roghi accesi dal maestro, Ed. Insieme, Terlizzi (BA), 2007, pagg.
121, € 7,50. La vita,
l’operato, gli scritti e
il compito magistrale di don Tonino Bello. E gli aspetti culturali
del suo impegno pastorale.
I
45
I numeri
in quest’ultima pagina
la nostra realtà
“fotografata” in cifre
173 professionisti
386
praticanti
pubblicisti
108 elenco
speciale
2 miliardi
241 mila
097 euro
Sono gli investimenti pubblicitari
netti nel periodo gennaio-marzo 2008
suddivisi tra:
televisione 1,2 miliardi (+1,8%),
omogeneo dell’anno precedente);
stampa 698 milioni (-1,2%), di cui 425
milioni (-4,4%) sui quotidiani (senza free/
pay press) e 273 milioni (+4,1%) sui
periodici;
radio 115 milioni (+9%);
Internet 74 milioni (+30,7%);
affissioni 55,5 milioni (+16,4%);
cinema 13,4 milioni (-4,7%);
card 1,3 milioni (+97,7%).
100
Sono le nuove iscrizioni
all’Ordine dei giornalisti della
Lombardia dal 1/1/2008
al 31/5/2008.
8 miliardi 783 mila
486 euro
È il totale degli investimenti pubblicitari
netti nel periodo gennaio-dicembre 2007
suddivisi tra:
televisione 4,6 miliardi (+1,2%),
omogeneo dell’anno precedente);
stampa 3,1 miliardi (+3%) di cui 1,7 miliardi
(+3,3%) sui quotidiani (senza free/pay press) e
1,3 miliardi (+2,5%) sui periodici;
radio 476 milioni (+8%);
Internet 281,9 milioni (+42,7%);
affissioni 200,6 milioni (+1,9%);
cinema 69,7 milioni (-8,4%).
quotidiani di provincia della lombardia
Testate
Tirature medie
2006
%06/05
2005
%05/04
BresciaOggi
16.570
1,19
16.375
1,64
Gazzetta di Mantova
40.536
-2,03
41.374
Giornale di Brescia
61.105
-2,45
62.637
Nuovo Giornale di Bergamo
4.008 -29,27
Diffusioni medie
2006 %06/05
2005 %05/04
9.736
0,46
9.690
1,14
-1,4
34.389
-2,36
35.221
-0,14
-2,75
47.141
-2,06
48.132
-3
5.667
39,48
L’Eco di Bergamo
65.259
-1,2
66.930
-0,93
1.923 -36,88
2.999
55,95
55.337
-0,31
La Prealpina di Varese
28.364
-7,9
30.765
0,92
La Provincia di Cremona
28.048
-1,15
28.375
1,5
21.872 -11
24.575
-1,42
22.112
-0,75
22.279
-0,13
La Provincia di Como
55.978
6,22
52.702
2,6
42.208
La Provincia Pavese
27.785
-0,63
27.962
-2,19
21.809
3,32
40.863
-2,16
22.119
-2,2
54.618
-1,3
-1,4
Fonte: Fieg
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Tabloid 3 / 2008