prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio al
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prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio al
PREVENZIONE DELLA RADICALIZZAZIONE E DELLE MANIFESTAZIONI DI ODIO AL LIVELLO LOCALE LINEE DIRETTRICI DESTINATE ALLE COLLETTIVITÀ LOCALI E REGIONALI Testo adottato il 20 ottobre 2015 del quadro della Strategia del Congresso per combattere la radicalizzazione Prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio al livello locale Linee direttrici destinate alle collettività locali e regionali Testo adottato il 20 ottobre 2015 del quadro della Strategia del Congresso per combattere la radicalizzazione Testo: Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa Copertina: OPTEMIS Edizione: Marzo 2016 Indice I. Risoluzione 384 (2015) 5 II. Motivazioni 9 1. Introduzione 9 2. Come affrontare la radicalizzazione: tre approcci complementari 13 3. La sicurezza e la sicurezza antiterrorismo: due diritti fondamentali 16 4. Strategie interistituzionali: agire con il sostegno dei partner 18 5. Azione sul campo: cosa possono fare le autorità locali? 20 6. Conclusioni 24 I. Risoluzione 384 (2015)1 1. Gli attacchi terroristici a Parigi e Copenaghen, compiuti da jihadisti armati, che hanno causato la morte di 14 persone e ne hanno ferite altre 10, hanno evidenziato la necessità di un’azione più incisiva da parte delle città per affrontare efficacemente l’estremismo. Tali attacchi hanno puntato i riflettori sui problemi cruciali: la crescente radicalizzazione che conduce all’estremismo violento e al settarismo all’interno delle città, il rischio di una sempre maggiore polarizzazione nella società e di una stigmatizzazione di certe comunità, il discorso improntato all’odio sui social media, nonché il rischio di censura e di autocensura, rappresentano altrettante minacce che devono oggi affrontare le città. 2. Nella sua Risoluzione 381 (2015), adottata in occasione della sua sessione di marzo 2015, il Congresso si è impegnato a rivedere e aggiornare i suoi testi pertinenti riguardanti la promozione della partecipazione dei cittadini, il vivere insieme nella diversità, l’inclusione e la coesione sociale, il dialogo interculturale e interreligioso e a elaborare delle linee guida destinate agli enti locali e regionali per la prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio a livello territoriale, e a predisporre uno strumento pedagogico (toolkit) per gli amministratori locali, per assisterli nell’organizzazione di attività interculturali e interreligiose. 3. Sono molteplici le ragioni che possono spingere un individuo alla radicalizzazione, tra cui la mancata integrazione nella società, il disimpegno politico, oppure la propaganda, o l’interazione con elementi estremisti, individui isolati, o gruppi e organizzazioni. Il contesto locale, culturale e sociale può contenere fattori che influenzano il processo di radicalizzazione, e si riflette nelle risposte trovate dalle autorità pubbliche. Tra tali risposte, la prevenzione e la deradicalizzazione (ossia l’azione mirante ad aiutare gli individui radicalizzati a reinserirsi nella società) sono gli interventi che rientrano nel campo d’azione e nelle competenze degli enti territoriali, piuttosto che la repressione. 4. La lotta contro la radicalizzazione richiede misure preventive attentamente valutate. Nel lungo periodo, le misure di prevenzione si rivelano la soluzione più razionale ed efficace in termini di costi, rispetto alla lotta ai sintomi o alla gestione delle situazioni di crisi o di emergenza. Rappresentano inoltre per eccellenza l’ambito di intervento dei poteri locali, quello in cui può essere maggiore la loro efficacia e possono rivelarsi più pertinenti il loro mandato e le loro competenze. Al contempo, il riconoscimento di questo ruolo rilevante loro conferito contribuisce a responsabilizzare gli enti locali e consente loro di anticipare e prevedere meglio tali sfide e opportunità. 5. È di fondamentale importanza, per garantire il rispetto dei diritti umani, affrontare la questione della sicurezza dei cittadini in modo equilibrato, attraverso una valutazione bilanciata della necessità e della proporzionalità di ogni intervento. Al momento di introdurre misure che potrebbero rivelarsi lesive dei diritti individuali, le autorità pubbliche devono tenere presente che le loro azioni devono essere guidate non soltanto dal principio dello stato di diritto, ma anche dall’obiettivo strategico di costruire una società inclusiva. 6. Riconoscendo che la radicalizzazione può essere contenuta al meglio operando al livello più vicino possibile agli individui vulnerabili nelle comunità maggiormente interessate dal fenomeno, il Congresso invita gli enti locali e regionali del Consiglio d’Europa a: a. predisporre strategie locali interistituzionali, in collaborazione con vari partner locali, e sviluppare un piano d’azione teso a delineare una fotografia della situazione locale, istituire organismi di coordinamento e assegnare le necessarie risorse per combattere la radicalizzazione, e adottare misure concrete la cui attuazione possa essere monitorata in coordinamento con i vari livelli di governo; b. comunicare le loro strategie e attività alla popolazione in modo equilibrato e responsabile, privilegiando un discorso che promuova la coesione e miri a presentare chiaramente il messaggio senza stigmatizzare alcun gruppo specifico, accertandosi che le preoccupazioni relative alla sicurezza non prevalgano sul dovere del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto; c. stimolare la creazione di partenariati locali per la sicurezza, offrendo una formazione adeguata ai vari attori coinvolti, tra cui in particolare gli operatori in prima linea che lavorano a contatto con gli individui o i gruppi a rischio, il personale penitenziario, gli assistenti sociali, gli educatori e gli operatori della sanità, al fine di migliorare la loro comprensione del processo di radicalizzazione e aiutarli a reagire di fronte al fenomeno; d. sensibilizzare gli enti locali sulle buone prassi esistenti, con l’obiettivo di mostrare alle autorità locali che temono di non essere sufficientemente attrezzate per gestire tali situazioni, o che ritengono che la radicalizzazione non sia la loro priorità, che numerose città, ovunque in Europa, hanno acquisito un’esperienza significativa nella gestione di progetti che possono costituire una buona base e una valida risorsa nella lotta contro l’estremismo; li invita inoltre a scambiare conoscenze e buone prassi con altre città europee sia a livello politico che amministrativo, grazie a incontri regolari tra diversi attori locali europei; e. sottolineare il ruolo importante delle funzioni educative, soprattutto quelle svolte dalle famiglie e dalla scuola, con particolare attenzione ad argomenti quali il rispetto per la diversità culturale, i diritti umani e il danno arrecato dal discorso dell’odio, riconoscendo che i giovani, pur essendo particolarmente vulnerabili ai discorsi di incitamento all’odio e alla violenza, poiché non hanno ancora un carattere ben formato e attraversano un periodo della loro esistenza caratterizzato dalla sfida per l’affermazione della loro personalità, si dimostrano ciò nonostante validi alleati nella lotta contro le manifestazioni di odio, attraverso i loro solidi contatti sui social media; f. coinvolgere la società civile nelle loro attività di contrasto alla radicalizzazione e all’estremismo in tutte le sue forme e manifestazioni, comprendenti il discorso di incitamento all’odio, l’antisemitismo e l’islamofobia, grazie alla creazione di partenariati con le ONG, i leader religiosi delle comunità, e lavorando, a livello individuale, con ex estremisti; g. sostenere i programmi che offrono strategie di uscita a quanti desiderano abbandonare l’estremismo, soprattutto l’estremismo religioso, in cooperazione con le organizzazioni della società civile; h. assegnare i finanziamenti necessari alle loro attività in questo settore, consapevoli del fatto che le attività di prevenzione devono rientrare nel bilancio ordinario, con finanziamenti stabili sul lungo periodo; i. costruire alleanze con partner affidabili e credibili, sforzandosi di definire procedure consolidate e sistematiche per garantire la trasparenza riguardo all’impiego delle risorse assegnate, quando concedono un sostegno finanziario alle associazioni etniche o religiose, e coordinare le attività con il livello regionale, e, ove opportuno, il livello centrale; j. sviluppare la cooperazione con le organizzazioni internazionali che condividono i valori e le preoccupazioni del Congresso e che stanno lavorando su tematiche pertinenti con l’obiettivo di combattere la radicalizzazione, quali il Forum europeo per la sicurezza urbana. 7. Consapevole del fatto che la lotta alla radicalizzazione è un lungo processo che deve essere gestito nel tempo, il Congresso ribadisce la propria determinazione a mantenere questo tema al suo ordine del giorno e a monitorare i risultati delle sue risoluzioni e attività procedendo a una regolare valutazione dei progressi compiuti negli Stati membri. II. Motivazioni2 1. Introduzione 1. Gli attacchi terroristici a Parigi e Copenaghen compiuti da un gruppo armato di jihadisti, che hanno causato la morte di 14 persone e ne hanno ferite altre 10 hanno evidenziato la necessità di un’azione più incisiva da parte delle città per affrontare l’estremismo in modo efficace. Tali attentati hanno posto pienamente in luce le questioni fondamentali: la crescente radicalizzazione che conduce all’estremismo violento e al settarismo presente all’interno delle città, il rischio di una sempre maggiore polarizzazione nella società e di una stigmatizzazione di certe comunità, il discorso improntato all’odio sui social media, nonché il rischio di censura e di autocensura, che rappresentano altrettante minacce cui sono oggi confrontate le città. 2 Queste motivazioni sono basate sulla contribuzione fornita dai consulenti Peder Hyllengren, docente presso l'Istituto svedese della Difesa nazionale, Dipartimento di sicurezza, strategia e leadership, e Sebastian Sperber, ricercatore presso il Forum Europeo per la sicurezza urbana. 2. È ormai da una ventina d’anni che il Congresso si adopera per costruire società inclusive e resilienti, in grado di proteggere i cittadini, prevenendo e combattendo la radicalizzazione a livello territoriale. Ha a tal fine elaborato un certo numero di raccomandazioni in materia di lotta contro il terrorismo, promozione dell’integrazione e della partecipazione delle persone di origine immigrata, dialogo interculturale e interreligioso, e di risoluzioni sulla prevenzione della criminalità urbana, la lotta contro il razzismo a livello locale e regionale e l’educazione alla cittadinanza democratica. 3. L’Ufficio di presidenza del Congresso ha adottato il 2 febbraio 2015 una “Strategia per combattere la radicalizzazione a livello territoriale”, seguita dalla Risoluzione 381(2015)3, che propone una serie di attività da realizzare nel breve, medio e lungo periodo a livello locale e regionale, fondate su tre pilastri o linee d’azione, e cioè le campagne di sensibilizzazione, le sinergie con altri organi del Consiglio d’Europa e le sinergie con altre istituzioni. 4. La radicalizzazione in un certo qual modo esprime l’esistenza di un problema a livello dell’inclusione/coesione, ma non per questo si devono trascurare i fattori ideologici, o religiosi, che molto spesso determinano tale processo. La necessità di una politica fondata sull’inclusione è stata ad esempio sostenuta da Giovanni Di Stasi, ex Presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, che ha dichiarato, a proposito dell’esigenza di rafforzare la cooperazione con gli enti locali, al fine di arginare la violenza urbana: “Non è più tollerabile l’esistenza nelle nostre città di zone “off-limits”, né di aree di esclusione sociale. Soltanto una politica determinata finalizzata all’inclusione di tutti gli abitanti può permettere di trovare soluzioni a tali sfide4. Il contrasto del fenomeno della radicalizzazione richiede inoltre misure di prevenzione, che gli enti locali sono in grado di predisporre. 5. Per quanto la situazione possa sembrare preoccupante, occorre mantenere una prospettiva positiva e fiduciosa nell’affrontare il problema nel lungo periodo, tenendo conto del fatto che le nostre società, nello stesso modo in cui stanno imparando a vivere insieme nella diversità, sapranno anche imparare a combattere la radicalizzazione di alcune fasce della loro popolazione. Come indicato nel piano d’azione del Consiglio d’Europa “Vivere insieme”5 “La diversità è destinata a perdurare. Sta già modellando il futuro dell’Europa in un mondo in rapida evoluzione e continuerà a farlo. È pertanto essenziale che gli Europei affrontino la sfida della diversità in modo più efficace e determinato, e, per dirla senza mezzi termini, molto meglio di come lo abbiano fatto fino ad ora”. 6. Numerose città europee hanno oggi una popolazione con molteplici origini nazionali. Imparare a vivere insieme è un lento processo, che può essere doloroso, ma anche fonte di grandi soddisfazioni. I governi locali hanno una responsabilità nei confronti delle persone che subiscono gli effetti della radicalizzazione all’interno delle loro comunità, che si traducono non solo nel ricorso alla violenza da parte di alcuni membri della società, ma anche in parole ed azioni contrarie al diritto alla libertà di espressione e di religione. Il Congresso ha sostenuto attivamente la campagna del Consiglio d’Europa contro il discorso dell’odio (No Hate Speech) (2012 – 2014), destinata a sensibilizzare sui pericoli dell’istigazione all’odio online e sui rischi che rappresenta per la democrazia, e a manifestare solidarietà e supporto alle persone e ai gruppi vittime dei discorsi di odio diffusi online. 1.1 Definizione della radicalizzazione 7. La radicalizzazione è generalmente considerata un processo che può talvolta condurre all’estremismo violento e al terrorismo. Tale definizione è stata ad esempio utilizzata dal Consiglio d’Europa, dalla Commissione europea (CE) e da numerosi studiosi e ricercatori. La Commissione europea definisce nei suoi testi la radicalizzazione come un “fenomeno che vede persone abbracciare opinioni, vedute ed idee che potrebbero portare ad atti terroristici”6. La radicalizzazione non è quindi considerata un processo che evolve in modo lineare e costante, bensì un processo variabile, in funzione del contesto locale e di certi fattori individuali. 8. Sono molteplici le ragioni che possono spingere un individuo a radicalizzarsi: la mancata integrazione nella società, il disimpegno politico o l’interazione con elementi estremisti, che possono essere individui, gruppi o organizzazioni7. Il contesto locale, culturale e sociale può influenzare il processo di radicalizzazione, e ciò si riflette nelle risposte dei poteri pubblici. Le misure di prevenzione e di deradicalizzazione (ossia l’azione mirante ad aiutare gli individui radicalizzati a reinserirsi nella società), piuttosto che quelle repressive, sono gli interventi che rientrano nel campo d’azione e nelle competenze degli enti locali e regionali. 9. Se si riconosce che il miglior mezzo per limitare la radicalizzazione è l’intervento al livello più vicino possibile agli 6 http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/crisis-andterrorism/radicalisation/index_en.htm 7. http://www.strategicdialogue.org/De-radicalisation_final.pdf individui vulnerabili nelle comunità maggiormente interessate dal fenomeno, il coordinamento e le sinergie tra i vari livelli di governo rivestono una notevole importanza per la protezione dei cittadini da tali minacce, come pure la cooperazione con le organizzazioni della società civile, i ricercatori e gli operatori del settore. 2. Come affrontare la radicalizzazione: tre approcci complementari 10. Sono numerose le iniziative lanciate in Europa per lottare contro la radicalizzazione. La Carta urbana europea del 19928 precisa che una politica coerente in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità deve essere basata sulla prevenzione, la repressione e la solidarietà. Tali approcci si differenziano sotto molti punti di vista, ma possono essere raggruppati in tre grandi categorie distinte, già utilizzate per affrontare questo problema. 11. L’utilizzo di misure repressive per affrontare la radicalizzazione è solitamente di competenza del potere centrale e implica il ricorso alle forze di polizia, alla legislazione e alle attività di intelligence. Pur rappresentando un aspetto importante della questione, si tratta di misure per le quali gli enti territoriali hanno in genere un’influenza limitata e di conseguenza non saranno trattate nel presente rapporto. Occorre d’altronde precisare che la repressione, in un certo qual senso, “è sempre presente”, allorquando esistono prove sufficienti relative a un individuo, per cui, anche se si adotta nei confronti di tale persona una forma di approccio preventivo, possono ugualmente essere prese delle misure repressive, in funzione delle circostanze. In tal senso, si può 8 affermare che esiste un collegamento tra repressione e prevenzione. 12. La lotta contro la radicalizzazione richiede misure di prevenzione che, nel lungo periodo, si rivelano più razionali ed efficaci rispetto ai provvedimenti adottati quando già si avvertono i sintomi o si devono gestire vere situazioni di crisi. È inoltre l’ambito di intervento per eccellenza dei poteri locali, quello in cui possono maggiormente dimostrare la loro efficacia e che rientra pienamente nelle loro competenze e nel loro mandato. Nel 2000, il Congresso aveva già invitato gli enti locali e regionali, con la sua Risoluzione 99, ad adottare “un’impostazione più proattiva, mirante ad anticipare e prevenire i problemi, piuttosto che affrontarli quando si manifestano, e a privilegiare un approccio a lungo, anziché a breve termine”. 13. Tali sforzi possono naturalmente assumere forme diverse. Le misure che funzionano bene in una città possono infatti non costituire l’approccio più adeguato in un’altra. La riuscita di un intervento di prevenzione dipende in gran parte dalla sua capacità di adeguarsi alle dinamiche locali. È inoltre essenziale tenere presente che la prevenzione della radicalizzazione che conduce alla violenza deve essere inserita in una strategia generale di prevenzione, che, oltre ad essere globale, deve potersi integrare in altre attività a favore della sicurezza urbana. Tale punto di vista è stato sintetizzato nella Carta urbana europea nel modo seguente: “Le cause della criminalità sono molteplici e richiedono pertanto risposte diversificate e coordinate”9. 14. La prevenzione può inoltre avvalersi del sostegno di forme di partenariato. Non si limita infatti alle attività della 9. Carta urbana europea del 1992 polizia e della giustizia; per essere efficace, deve includere altri settori e la società civile. Gli ex estremisti, ad esempio, grazie alla loro comprensione del fenomeno della radicalizzazione, possono svolgere un ruolo essenziale nel campo della prevenzione e diventare partner di primo piano per gli enti locali. Per combattere l’estremismo islamico, possono inoltre rivelarsi utili i partenariati con le moschee locali e con i leader delle comunità religiose. È comunque importante che tali partenariati non si limitino alle questioni legate alla sicurezza, poiché, se si riesce col tempo a instaurare rapporti di fiducia e solidi legami cooperando su diversi argomenti, il fatto di affrontare le questioni riguardanti la sicurezza diventerà poi più naturale, rispetto a un partenariato imperniato esclusivamente sui problemi di natura securitaria. 15. La terza risposta per combattere la radicalizzazione è rappresentata dal reinserimento degli individui radicalizzati (e pentiti). Come per la prevenzione, si tratta di un campo in cui gli enti locali sono in grado di svolgere un ruolo importante. Infatti, molto spesso, tali attività di reinserimento si svolgono a livello locale. Ad esempio, le città di Aarhus in Danimarca e di Berlino in Germania stanno attuando programmi di questo tipo. Altre città possono avvalersi dell’esperienza acquisita da quelle che hanno adottato tali approcci. a. Il modello adottato dalla città di Aarhus per lottare contro la radicalizzazione e l’estremismo è stato spesso citato ad esempio come impostazione che altre città potrebbero seguire10. È un approccio concentrato sull’inclusione; purché l’interessato non abbia commesso nessun crimine, le autorità lo aiuteranno a trovare un mezzo per reinserirsi nella collettività. È tuttavia importante tenere conto che la riuscita di tali sforzi di reinserimento dipende in grandissima parte dal contesto locale. Una soluzione che funziona per una città può avere risultati molto diversi se adottata in altre città. Le autorità locali sanno cosa è meglio per il loro comune. b. La Strategia di “Lotta contro l’estremismo violento”, adottata dalla Commissione europea, rispecchia il crescente interesse da parte della comunità internazionale per la prevenzione della violenza transnazionale 11. Tale strategia non riguarda unicamente l’islamismo violento o le manifestazioni di violenza legate all’Isis. Mira ad affrontare tutte le forme di estremismo violento, a prescindere dall’ideologia su cui si basano, e non si concentra sul pensiero o sul discorso radicale, bensì sulla prevenzione delle aggressioni violente. 3. La sicurezza e la sicurezza antiterrorismo: due diritti fondamentali 16. Nella sua Raccomandazione 80 (2000) sulla criminalità e l’insicurezza urbana in Europa, il Congresso ha osservato che le autorità locali hanno un ruolo essenziale nella prevenzione e la riduzione della criminalità e che le autorità nazionali devono, di conseguenza, rafforzare le competenze dei governi locali e accrescere le risorse loro assegnate a tale fine. 17. Nel 2006, il Congresso ha adottato una seconda raccomandazione (Raccomandazione 197) sulla sicurezza urbana in Europa, nella quale ha sottolineato che la sicurezza urbana richiede il coinvolgimento di numerosi settori e di specialità interdisciplinari, legati non soltanto ai servizi di polizia e della giustizia, ma anche ad altri settori dell’amministrazione e della sfera sociale. Ha inoltre invitato gli Stati membri a “garantire la sicurezza dei loro cittadini nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”12. 18. Le politiche in materia di sicurezza devono essere elaborate e predisposte tenendo conto delle esigenze individuali e collettive dei cittadini, e non in funzione delle istituzioni pubbliche. A tal fine, deve essere sistematicamente promossa la partecipazione dei cittadini, e la società civile deve svolgere un ruolo in ogni fase di tale dialogo. È essenziale, per il successo di tale approccio, riunire tutte le forze necessarie per affrontare i problemi nella loro complessità. Per ottenere la massima efficacia, occorre porre in risalto l’importanza dei partenariati. È del pari importante analizzare i problemi in tutta la loro complessità, valutare e mettere in applicazione le soluzioni ritenute più adeguate sulla base di solidi elementi. Ogni politica adottata dovrebbe tenere conto delle più recenti conoscenze tecniche e scientifiche. 19. In materia di sicurezza urbana, occorre adottare un approccio basato sulla governance multilivello, per elaborare e applicare le misure di sicurezza e per sensibilizzare al riguardo tutti i soggetti interessati. Sebbene la definizione delle strategie in materia di sicurezza sia di competenza nazionale, le autorità locali possono ugualmente, grazie alla loro prossimità con i cittadini, svolgere un ruolo essenziale nel superare il dilemma di come difendere la sicurezza rispettando le libertà, e possono fungere da interfaccia. Possono operare a favore della coesione sociale ed evitare che i conflitti conducano a manifestazioni di violenza, promuovendo la partecipazione dei cittadini e il dialogo tra le comunità. 4. Strategie interistituzionali: agire con il sostegno dei partner 20. Le città devono individuare e mobilitare le strutture in grado di aiutarle ad avere una visione d’insieme dei problemi cui sono confrontate, e costruire partenariati efficaci, rappresentanti una sorta di coalizione delle buone volontà, coinvolgendovi nuovi attori, quali i cittadini, le ONG, i leader delle comunità religiose, le famiglie, i giovani, gli istituti scolastici, i blogger, gli operatori sociali, ecc. Gli enti locali possono adoperarsi maggiormente per costituire partenariati locali e agire con loro per fronteggiare il problema; ad esempio, di fronte alla radicalizzazione islamista, possono definire un quadro di valori comuni con le organizzazioni musulmane. 21. Alcune iniziative locali di lotta contro la radicalizzazione si sono già rivelate particolarmente promettenti (Copenaghen, Aarhus, Berlino, Londra, Vilvoorde, Bruxelles, per non citarne che alcune) e potrebbero offrire validi spunti per altre città. 22. Ad esempio, il progetto Hayat (che in arabo e in turco significa 'vita'), condotto a Berlino dal Centro per la cultura democratica (ZDK GmbH), fornisce consigli e supporto alle persone e alle famiglie che corrono il rischio di abbracciare l’estremismo islamico violento13. Tale progetto è gestito da quattro persone a tempo pieno, affiancate da un certo numero di collaboratori che operano sul campo su base oraria. Fanno parte del personale del progetto esperti psicologi, criminologi e islamologi. 23. Una parte crescente delle loro attività consiste nel rafforzare il sostegno alle famiglie delle persone che sono partite o intendono recarsi in Siria per arruolarsi nelle fila di gruppi legati ad Al-Qaeda. Il loro lavoro è finanziato dall’Ufficio federale per le migrazioni e i richiedenti asilo (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge, BAMF). Uno degli obiettivi del programma mira ad assistere i parenti prossimi a gestire il problema della radicalizzazione in seno alla loro famiglia. L’esperienza del Centro ha dimostrato che spesso esiste un conflitto latente all’interno del nucleo familiare, che è necessario superare prima di intraprendere in modo costruttivo il processo di deradicalizzazione di un individuo. Il progetto permetterà inoltre di stringere legami tra la società civile e le autorità preposte alla sicurezza. Nella primavera del 2015, erano stati trattati circa 130 casi, 50 dei quali sono già stati risolti, e 21 si sono conclusi con successo, grazie al supporto fornito. Soltanto per un caso gli sforzi sono stati vani e se ne è dovuto constatare il fallimento. 24. La Rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, istituita dall’Unione europea, che favorisce gli scambi di esperienze e di insegnamenti tra professionisti di tutta Europa, rappresenta per le città un’eccellente fonte di informazioni. Il network dispone di una raccolta crescente di buone prassi, con l’indicazione dei luoghi in cui sono state prese delle iniziative per lottare contro la radicalizzazione e costituisce quindi un utile strumento al servizio delle città 14. Questa raccolta di buone prassi contiene progetti sui seguenti temi: a. b. c. d. e. f. g. h. sensibilizzazione degli operatori in prima linea; strategie di sostegno per facilitare l’abbandono dell’estremismo: programmi di deradicalizzazione e disimpegno; superare i divari attraverso il dialogo; coinvolgimento e responsabilizzazione delle comunità; educazione dei giovani; sostegno alle famiglie e loro responsabilizzazione; fornire argomentazioni per controbattere certe affermazioni; creare un’infrastruttura istituzionale. 5. Azione sul campo: cosa possono fare le autorità locali? 25. Gli enti locali hanno a loro disposizione una serie di interventi preventivi destinati a combattere la radicalizzazione, alcuni dei quali sono esposti qui di seguito. È importante che le città continuino a sviluppare iniziative in questo campo, indipendentemente dalla specifica legislazione vigente in materia. a. Elaborare strategie globali interistituzionali a livello locale: le città devono predisporre un piano d’azione a livello locale, (delineando una mappatura della situazione locale, che permetta di definire le linee d’azione e di istituire gli organismi di coordinamento), stanziare le risorse necessarie per combattere la radicalizzazione, e adottare misure concrete la cui attuazione possa essere monitorata, coordinandosi con i vari livelli di governo. Per quanto riguarda il coordinamento e le sinergie tra i soggetti interessati, una raccomandazione precedente del Congresso dei poteri locali e regionali ha sottolineato che “è indispensabile che i dati, le informazioni e le riflessioni nel campo della sicurezza urbana possano confluire in un quadro comune, che contribuirebbe ad arricchire le conoscenze e a facilitare il processo decisionale”15. b. Sensibilizzare i portatori di interesse: occorre sensibilizzare i portatori di interesse sull’utilità di un partenariato locale per la sicurezza, e fornire una formazione adeguata ai diversi attori coinvolti. Tra questi figurano ad esempio gli operatori in prima linea che lavorano a contatto diretto con gli individui o i gruppi a rischio, come pure il personale penitenziario, gli assistenti sociali, gli educatori e gli operatori della sanità. Tale formazione consentirebbe di migliorare la loro comprensione del processo di radicalizzazione e li aiuterebbe a reagire meglio di fronte al fenomeno. c. Sensibilizzare gli enti locali sulle buone prassi esistenti: alcuni enti locali talvolta possono temere di non disporre dei mezzi sufficienti per fronteggiare tale situazione, o possono ritenere che la radicalizzazione non rappresenti per loro una priorità. Occorre dimostrare loro che dispongono di informazioni e di conoscenze al riguardo e che numerose città hanno acquisito un’esperienza significativa nella gestione di progetti che promuovono i valori democratici e che possono costituire una valida risorsa nella lotta contro l’estremismo. d. Educazione: occorre sottolineare il ruolo importante svolto dall’educazione, soprattutto in seno alla famiglia e nella scuola. È stato spesso indicato che le famiglie hanno più di chiunque altro la possibilità di rilevare i segnali di radicalizzazione, ma, per potere agire e lottare efficacemente contro questo fenomeno, hanno sovente bisogno di informazioni e di assistenza. È del pari importante l‘educazione dei giovani su temi di vasta portata, quali la tolleranza, il rispetto degli altri e i diritti umani. La scuola svolge un ruolo nel rafforzamento della resilienza degli allievi e nella prevenzione della radicalizzazione, indipendentemente dall’ideologia che la ispira. I giovani sono particolarmente vulnerabili ai discorsi di incitamento all’odio e alla violenza, poiché non hanno ancora un carattere ben formato e attraversano una fase della loro vita in cui cercano di affermare la loro identità. Tale crisi identitaria può essere sfruttata dai reclutatori dei gruppi estremisti, particolarmente addestrati a fornire ai giovani risposte chiare e manichee ai problemi esistenziali. D’altro canto, pur essendo vulnerabili, i giovani sono anche forti alleati per combattere le manifestazioni di odio, come lo dimostra la loro attiva partecipazione sui social media alla Campagna del Consiglio d’Europa contro il discorso dell’odio- No Hate Speech campaign. e. La comunicazione delle strategie e delle azioni intraprese presso la popolazione deve essere equilibrata, responsabile, e, in modo generale, privilegiare un discorso che promuova l’integrazione. Al contempo, non dovrebbe temere di dire chiaramente come stanno le cose. È indispensabile trovare il giusto equilibrio, presentando un messaggio chiaro, senza stigmatizzare nessun gruppo particolare. f. Sostenere programmi finalizzati a facilitare agli individui l’abbandono delle ideologie estremiste, in particolare dell’estremismo religioso. Tali programmi possono svolgere un ruolo essenziale nel processo di deradicalizzazione e sono spesso più efficaci se sono gestiti a livello locale. Gli enti locali possono contribuire ad attuarli e/o assegnare le risorse necessarie per istituire tali programmi. g. La società civile ha un ruolo importante nella lotta contro la radicalizzazione e l’estremismo in tutte le sue forme e manifestazioni, comprendenti il discorso di incitamento all’odio, l’antisemitismo e l’islamofobia, favorendo la coesione sociale e il senso di appartenenza alla società. Tale approccio può assumere diverse forme; ad esempio, ci si può avvalere della collaborazione di ONG, di comunità religiose e lavorare, a titolo individuale, con ex estremisti. I leader religiosi e le comunità musulmane occupano una posizione privilegiata per combattere attivamente l’estremismo islamico. Alcuni di loro lo hanno già fatto, ma sono ancora troppo numerosi quelli che restano in silenzio o non svolgono un ruolo sufficientemente attivo nei confronti dei giovani caduti nelle reti dell’estremismo. Le comunità musulmane rappresentano un partner essenziale ed ineludibile in materia di prevenzione e le città devono stringere buoni rapporti con loro e incoraggiarle a condurre interventi preventivi. Per quanto riguarda le moschee radicali, è indispensabile che le città possano fare pressione e agire con fermezza, quando è necessario, e difendere chiaramente i valori della libertà e della democrazia. h. Finanziare le misure proposte: in molti casi tale decisione spetta agli enti locali, che hanno competenza in materia di assegnazione dei finanziamenti. Occorre essere consapevoli del fatto che le attività di prevenzione non devono essere considerate una soluzione di ripiego, ma devono rientrare nel bilancio ordinario, con finanziamenti stabili sul lungo periodo. i. Finanziamento e ricerca di partner locali: è importante che gli enti locali agiscano con la massima trasparenza quando concedono un sostegno finanziario alle associazioni etniche o religiose, Devono astenersi dalle alleanze con partner poco affidabili e scegliere solo partner credibili, sforzandosi di definire procedure sistematiche di trasparenza riguardo all’impiego delle risorse assegnate. In certe situazioni, le città possono incontrare difficoltà a gestire da sole una determinata situazione. In tal caso, può essere utile un aiuto a livello regionale, o anche nazionale. 6. Conclusioni 26. Il numero allarmante di giovani europei andati a combattere in Siria, gli attentati terroristici compiuti a Parigi e a Copenaghen, e la minaccia rappresentata dall’estremismo dei partiti di estrema destra costituiscono altrettanti segnali di allarme che devono incitare le città ad adottare misure di prevenzione più incisive e più efficaci, per evitare il rischio che certi individui più vulnerabili si lascino tentare dall’estremismo. Contrariamente alla legislazione, che nella maggior parte dei casi, è di competenza nazionale, le misure di prevenzione spettano in genere agli enti locali e le città hanno in larga misura l’obbligo di predisporle e di gestirle. Rappresentano, come è stato precedentemente indicato, l’ambito di intervento per eccellenza dei poteri locali. 27. Numerose città europee hanno già preso sul serio tali segnali di allarme e hanno già attuato misure strutturali per prevenire la radicalizzazione che conduce all’estremismo violento. Tali città hanno acquisito conoscenze e costituito delle strutture a cui possono ispirarsi altre città, adattandole ai loro bisogni particolari, in funzione delle dinamiche locali. Le città hanno inoltre a loro disposizione dei dati preziosi, ad esempio quelli forniti dalla Rete dell’Ue di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione (RAN), consistenti in una serie di prassi e di progetti, di cui possono avvalersi altre città, o le informazioni relative alla sicurezza urbana, fornite dal Forum europeo per la sicurezza urbana (EFUS). 28. Gli enti locali avranno bisogno del supporto e della collaborazione delle famiglie, delle comunità religiose e di altri attori importanti della società civile per rafforzare la resilienza locale e l’efficacia delle misure di prevenzione. Per avviare e costituire tali partenariati, dovranno prendere l’iniziativa di cercare partner locali credibili. Il Congresso ha già insistito su tale punto in una precedente raccomandazione: “sottolineando il ruolo essenziale svolto dagli enti locali e regionali nella costruzione di un nuovo partenariato per la sicurezza urbana, che coinvolga tutti gli attori sociali (gruppi della popolazione e cittadini), e i professionisti della sicurezza (polizia e giustizia), al fine di istituire una polizia di prossimità efficace, democratica e integrata”16. 29. Molte città in Europa dovranno probabilmente affrontare ancora per molti anni il fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo violento. Di fronte a un problema destinato a perdurare, occorre ricercare soluzioni durature. Gli approcci adottati nell’urgenza di una crisi sono con ogni probabilità molto più costosi e meno efficaci rispetto a misure di prevenzione ben strutturate e ponderate. 30. Tale ruolo spetta indubbiamente alle città e agli enti locali europei e non si insisterà mai abbastanza sull'importanza di svolgere con successo tale compito. Questo testo esamina il concetto di radicalizzazione e studia le diverse strategie adottate per affrontare il problema, quali le misure di repressione, di prevenzione e i programmi volti a favorire il reinserimento nella società dei soggetti già radicalizzati. Propone esempi concreti di azioni condotte dagli enti locali e regionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tratta inoltre dei problemi di sicurezza urbana e di sicurezza pubblica, ricordando che il diritto alla sicurezza personale e collettiva fa parte integrante dei diritti fondamentali. Sottolinea la necessità di trovare il giusto equilibrio tra le misure adottate per combattere la radicalizzazione e la tutela dei principi in materia di rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché l’obiettivo di costruire società inclusive e coese. Le linee guida raccomandano alle autorità locali e regionali di predisporre strategie miranti a coinvolgere la società civile nelle loro attività di contrasto alla radicalizzazione e all’estremismo in tutte le sue forme e manifestazioni, comprendenti il discorso fomentato dall’odio, l’antisemitismo e l’antiislamismo. Gli enti territoriali sono invitati a comunicare alla popolazione le loro strategie in modo equilibrato e responsabile, a scambiare informazioni riguardanti le buone prassi in materia, a favorire l’adozione di programmi di sostegno per facilitare l’abbandono delle ideologie estremiste e a stanziare le risorse necessarie per combattere la radicalizzazione. Infine le autorità locali e regionali sono invitate a stringere alleanze con altri partner per sviluppare una cooperazione e un coordinamento delle loro attività al livello regionale. www.coe.int/congress-intercultural [email protected] Edizione: Marzo 2016 ITA www.coe.int Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del continente. Include 47 Stati membri, 28 dei quali fanno anche parte dell’Unione europea. Il Congresso dei poteri locali e regionali è un’istituzione del Consiglio d’Europa che si occupa di promuovere la democrazia locale e reginale nei 47 stati membri. È composto da due Camere - la Camera dei poteri locali e la Camera delle regioni – e tre Comitati, ed è formato da 648 eletti locali e regionali, che rappresentano oltre 200.000 enti territoriali europei.