prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio al

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prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di odio al
PREVENZIONE DELLA RADICALIZZAZIONE
E DELLE MANIFESTAZIONI DI ODIO AL
LIVELLO LOCALE
LINEE DIRETTRICI DESTINATE
ALLE COLLETTIVITÀ LOCALI E REGIONALI
Testo adottato il 20 ottobre 2015
del quadro della Strategia del
Congresso per combattere la
radicalizzazione
Prevenzione della
radicalizzazione e delle
manifestazioni di odio al livello
locale
Linee direttrici destinate alle collettività locali
e regionali
Testo adottato il 20 ottobre 2015 del quadro della Strategia
del Congresso per combattere la radicalizzazione
Testo: Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio
d’Europa
Copertina: OPTEMIS
Edizione: Marzo 2016
Indice
I.
Risoluzione 384 (2015)
5
II.
Motivazioni
9
1. Introduzione
9
2. Come affrontare la radicalizzazione: tre approcci
complementari
13
3. La sicurezza e la sicurezza antiterrorismo: due
diritti fondamentali
16
4. Strategie interistituzionali: agire con il sostegno
dei partner
18
5. Azione sul campo: cosa possono fare le autorità
locali?
20
6. Conclusioni
24
I.
Risoluzione 384 (2015)1
1. Gli attacchi terroristici a Parigi e Copenaghen, compiuti da
jihadisti armati, che hanno causato la morte di 14 persone e
ne hanno ferite altre 10, hanno evidenziato la necessità di
un’azione più incisiva da parte delle città per affrontare
efficacemente l’estremismo. Tali attacchi hanno puntato i
riflettori sui problemi cruciali: la crescente radicalizzazione
che conduce all’estremismo violento e al settarismo all’interno
delle città, il rischio di una sempre maggiore polarizzazione
nella società e di una stigmatizzazione di certe comunità, il
discorso improntato all’odio sui social media, nonché il rischio
di censura e di autocensura, rappresentano altrettante
minacce che devono oggi affrontare le città.
2. Nella sua Risoluzione 381 (2015), adottata in occasione
della sua sessione di marzo 2015, il Congresso si è
impegnato a rivedere e aggiornare i suoi testi pertinenti
riguardanti la promozione della partecipazione dei cittadini, il
vivere insieme nella diversità, l’inclusione e la coesione
sociale, il dialogo interculturale e interreligioso e a elaborare
delle linee guida destinate agli enti locali e regionali per la
prevenzione della radicalizzazione e delle manifestazioni di
odio a livello territoriale, e a predisporre uno strumento
pedagogico (toolkit) per gli amministratori locali, per assisterli
nell’organizzazione di attività interculturali e interreligiose.
3. Sono molteplici le ragioni che possono spingere un
individuo alla radicalizzazione, tra cui la mancata integrazione
nella società, il disimpegno politico, oppure la propaganda, o
l’interazione con elementi estremisti, individui isolati, o gruppi
e organizzazioni. Il contesto locale, culturale e sociale può
contenere fattori che influenzano il processo di
radicalizzazione, e si riflette nelle risposte trovate dalle
autorità pubbliche. Tra tali risposte, la prevenzione e la
deradicalizzazione (ossia l’azione mirante ad aiutare gli
individui radicalizzati a reinserirsi nella società) sono gli
interventi che rientrano nel campo d’azione e nelle
competenze degli enti territoriali, piuttosto che la repressione.
4. La lotta contro la radicalizzazione richiede misure
preventive attentamente valutate. Nel lungo periodo, le misure
di prevenzione si rivelano la soluzione più razionale ed
efficace in termini di costi, rispetto alla lotta ai sintomi o alla
gestione delle situazioni di crisi o di emergenza.
Rappresentano inoltre per eccellenza l’ambito di intervento
dei poteri locali, quello in cui può essere maggiore la loro
efficacia e possono rivelarsi più pertinenti il loro mandato e le
loro competenze. Al contempo, il riconoscimento di questo
ruolo rilevante loro conferito contribuisce a responsabilizzare
gli enti locali e consente loro di anticipare e prevedere meglio
tali sfide e opportunità.
5. È di fondamentale importanza, per garantire il rispetto dei
diritti umani, affrontare la questione della sicurezza dei
cittadini in modo equilibrato, attraverso una valutazione
bilanciata della necessità e della proporzionalità di ogni
intervento. Al momento di introdurre misure che potrebbero
rivelarsi lesive dei diritti individuali, le autorità pubbliche
devono tenere presente che le loro azioni devono essere
guidate non soltanto dal principio dello stato di diritto, ma
anche dall’obiettivo strategico di costruire una società
inclusiva.
6. Riconoscendo che la radicalizzazione può essere
contenuta al meglio operando al livello più vicino possibile agli
individui vulnerabili nelle comunità maggiormente interessate
dal fenomeno, il Congresso invita gli enti locali e regionali del
Consiglio d’Europa a:
a. predisporre
strategie
locali
interistituzionali,
in
collaborazione con vari partner locali, e sviluppare un piano
d’azione teso a delineare una fotografia della situazione
locale, istituire organismi di coordinamento e assegnare le
necessarie risorse per combattere la radicalizzazione, e
adottare misure concrete la cui attuazione possa essere
monitorata in coordinamento con i vari livelli di governo;
b. comunicare le loro strategie e attività alla popolazione in
modo equilibrato e responsabile, privilegiando un discorso
che promuova la coesione e miri a presentare chiaramente il
messaggio senza stigmatizzare alcun gruppo specifico,
accertandosi che le preoccupazioni relative alla sicurezza non
prevalgano sul dovere del rispetto dei diritti umani e dello
stato di diritto;
c. stimolare la creazione di partenariati locali per la
sicurezza, offrendo una formazione adeguata ai vari attori
coinvolti, tra cui in particolare gli operatori in prima linea che
lavorano a contatto con gli individui o i gruppi a rischio, il
personale penitenziario, gli assistenti sociali, gli educatori e gli
operatori della sanità, al fine di migliorare la loro
comprensione del processo di radicalizzazione e aiutarli a
reagire di fronte al fenomeno;
d. sensibilizzare gli enti locali sulle buone prassi esistenti,
con l’obiettivo di mostrare alle autorità locali che temono di
non essere sufficientemente attrezzate per gestire tali
situazioni, o che ritengono che la radicalizzazione non sia la
loro priorità, che numerose città, ovunque in Europa, hanno
acquisito un’esperienza significativa nella gestione di progetti
che possono costituire una buona base e una valida risorsa
nella lotta contro l’estremismo; li invita inoltre a scambiare
conoscenze e buone prassi con altre città europee sia a livello
politico che amministrativo, grazie a incontri regolari tra
diversi attori locali europei;
e. sottolineare il ruolo importante delle funzioni educative,
soprattutto quelle svolte dalle famiglie e dalla scuola, con
particolare attenzione ad argomenti quali il rispetto per la
diversità culturale, i diritti umani e il danno arrecato dal
discorso dell’odio, riconoscendo che i giovani, pur essendo
particolarmente vulnerabili ai discorsi di incitamento all’odio e
alla violenza, poiché non hanno ancora un carattere ben
formato e attraversano un periodo della loro esistenza
caratterizzato dalla sfida per l’affermazione della loro
personalità, si dimostrano ciò nonostante validi alleati nella
lotta contro le manifestazioni di odio, attraverso i loro solidi
contatti sui social media;
f. coinvolgere la società civile nelle loro attività di contrasto
alla radicalizzazione e all’estremismo in tutte le sue forme e
manifestazioni, comprendenti il discorso di incitamento
all’odio, l’antisemitismo e l’islamofobia, grazie alla creazione
di partenariati con le ONG, i leader religiosi delle comunità, e
lavorando, a livello individuale, con ex estremisti;
g. sostenere i programmi che offrono strategie di uscita a
quanti desiderano abbandonare l’estremismo, soprattutto
l’estremismo religioso, in cooperazione con le organizzazioni
della società civile;
h. assegnare i finanziamenti necessari alle loro attività in
questo settore, consapevoli del fatto che le attività di
prevenzione devono rientrare nel bilancio ordinario, con
finanziamenti stabili sul lungo periodo;
i. costruire alleanze con partner affidabili e credibili,
sforzandosi di definire procedure consolidate e sistematiche
per garantire la trasparenza riguardo all’impiego delle risorse
assegnate, quando concedono un sostegno finanziario alle
associazioni etniche o religiose, e coordinare le attività con il
livello regionale, e, ove opportuno, il livello centrale;
j. sviluppare la cooperazione con le organizzazioni
internazionali che condividono i valori e le preoccupazioni del
Congresso e che stanno lavorando su tematiche pertinenti
con l’obiettivo di combattere la radicalizzazione, quali il Forum
europeo per la sicurezza urbana.
7. Consapevole del fatto che la lotta alla radicalizzazione è
un lungo processo che deve essere gestito nel tempo, il
Congresso ribadisce la propria determinazione a mantenere
questo tema al suo ordine del giorno e a monitorare i risultati
delle sue risoluzioni e attività procedendo a una regolare
valutazione dei progressi compiuti negli Stati membri.
II.
Motivazioni2
1. Introduzione
1. Gli attacchi terroristici a Parigi e Copenaghen compiuti da
un gruppo armato di jihadisti, che hanno causato la morte di
14 persone e ne hanno ferite altre 10 hanno evidenziato la
necessità di un’azione più incisiva da parte delle città per
affrontare l’estremismo in modo efficace. Tali attentati hanno
posto pienamente in luce le questioni fondamentali: la
crescente radicalizzazione che conduce all’estremismo
violento e al settarismo presente all’interno delle città, il
rischio di una sempre maggiore polarizzazione nella società e
di una stigmatizzazione di certe comunità, il discorso
improntato all’odio sui social media, nonché il rischio di
censura e di autocensura, che rappresentano altrettante
minacce cui sono oggi confrontate le città.
2 Queste motivazioni sono basate sulla contribuzione fornita dai consulenti Peder
Hyllengren, docente presso l'Istituto svedese della Difesa nazionale, Dipartimento di
sicurezza, strategia e leadership, e Sebastian Sperber, ricercatore presso il Forum
Europeo per la sicurezza urbana.
2. È ormai da una ventina d’anni che il Congresso si adopera
per costruire società inclusive e resilienti, in grado di
proteggere i cittadini, prevenendo e combattendo la
radicalizzazione a livello territoriale. Ha a tal fine elaborato un
certo numero di raccomandazioni in materia di lotta contro il
terrorismo,
promozione
dell’integrazione
e
della
partecipazione delle persone di origine immigrata, dialogo
interculturale e interreligioso, e di risoluzioni sulla prevenzione
della criminalità urbana, la lotta contro il razzismo a livello
locale e regionale e l’educazione alla cittadinanza
democratica.
3. L’Ufficio di presidenza del Congresso ha adottato il 2
febbraio 2015 una “Strategia per combattere la
radicalizzazione a livello territoriale”, seguita dalla Risoluzione
381(2015)3, che propone una serie di attività da realizzare nel
breve, medio e lungo periodo a livello locale e regionale,
fondate su tre pilastri o linee d’azione, e cioè le campagne di
sensibilizzazione, le sinergie con altri organi del Consiglio
d’Europa e le sinergie con altre istituzioni.
4. La radicalizzazione in un certo qual modo esprime
l’esistenza di un problema a livello dell’inclusione/coesione,
ma non per questo si devono trascurare i fattori ideologici, o
religiosi, che molto spesso determinano tale processo. La
necessità di una politica fondata sull’inclusione è stata ad
esempio sostenuta da Giovanni Di Stasi, ex Presidente del
Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa,
che ha dichiarato, a proposito dell’esigenza di rafforzare la
cooperazione con gli enti locali, al fine di arginare la violenza
urbana: “Non è più tollerabile l’esistenza nelle nostre città di
zone “off-limits”, né di aree di esclusione sociale. Soltanto una
politica determinata finalizzata all’inclusione di tutti gli abitanti
può permettere di trovare soluzioni a tali sfide4. Il contrasto
del fenomeno della radicalizzazione richiede inoltre misure di
prevenzione, che gli enti locali sono in grado di predisporre.
5. Per quanto la situazione possa sembrare preoccupante,
occorre mantenere una prospettiva positiva e fiduciosa
nell’affrontare il problema nel lungo periodo, tenendo conto
del fatto che le nostre società, nello stesso modo in cui stanno
imparando a vivere insieme nella diversità, sapranno anche
imparare a combattere la radicalizzazione di alcune fasce
della loro popolazione. Come indicato nel piano d’azione del
Consiglio d’Europa “Vivere insieme”5 “La diversità è destinata
a perdurare. Sta già modellando il futuro dell’Europa in un
mondo in rapida evoluzione e continuerà a farlo. È pertanto
essenziale che gli Europei affrontino la sfida della diversità in
modo più efficace e determinato, e, per dirla senza mezzi
termini, molto meglio di come lo abbiano fatto fino ad ora”.
6. Numerose città europee hanno oggi una popolazione con
molteplici origini nazionali. Imparare a vivere insieme è un
lento processo, che può essere doloroso, ma anche fonte di
grandi soddisfazioni. I governi locali hanno una responsabilità
nei confronti delle persone che subiscono gli effetti della
radicalizzazione all’interno delle loro comunità, che si
traducono non solo nel ricorso alla violenza da parte di alcuni
membri della società, ma anche in parole ed azioni contrarie
al diritto alla libertà di espressione e di religione. Il Congresso
ha sostenuto attivamente la campagna del Consiglio d’Europa
contro il discorso dell’odio (No Hate Speech) (2012 – 2014),
destinata a sensibilizzare sui pericoli dell’istigazione all’odio
online e sui rischi che rappresenta per la democrazia, e a
manifestare solidarietà e supporto alle persone e ai gruppi
vittime dei discorsi di odio diffusi online.
1.1
Definizione della radicalizzazione
7. La radicalizzazione è generalmente considerata un
processo che può talvolta condurre all’estremismo violento e
al terrorismo. Tale definizione è stata ad esempio utilizzata
dal Consiglio d’Europa, dalla Commissione europea (CE) e da
numerosi studiosi e ricercatori. La Commissione europea
definisce nei suoi testi la radicalizzazione come un “fenomeno
che vede persone abbracciare opinioni, vedute ed idee che
potrebbero portare ad atti terroristici”6. La radicalizzazione
non è quindi considerata un processo che evolve in modo
lineare e costante, bensì un processo variabile, in funzione
del contesto locale e di certi fattori individuali.
8. Sono molteplici le ragioni che possono spingere un
individuo a radicalizzarsi: la mancata integrazione nella
società, il disimpegno politico o l’interazione con elementi
estremisti, che possono essere individui, gruppi o
organizzazioni7. Il contesto locale, culturale e sociale può
influenzare il processo di radicalizzazione, e ciò si riflette nelle
risposte dei poteri pubblici. Le misure di prevenzione e di
deradicalizzazione (ossia l’azione mirante ad aiutare gli
individui radicalizzati a reinserirsi nella società), piuttosto che
quelle repressive, sono gli interventi che rientrano nel campo
d’azione e nelle competenze degli enti locali e regionali.
9. Se si riconosce che il miglior mezzo per limitare la
radicalizzazione è l’intervento al livello più vicino possibile agli
6 http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/crisis-andterrorism/radicalisation/index_en.htm
7. http://www.strategicdialogue.org/De-radicalisation_final.pdf
individui vulnerabili nelle comunità maggiormente interessate
dal fenomeno, il coordinamento e le sinergie tra i vari livelli di
governo rivestono una notevole importanza per la protezione
dei cittadini da tali minacce, come pure la cooperazione con le
organizzazioni della società civile, i ricercatori e gli operatori
del settore.
2. Come affrontare la radicalizzazione: tre approcci
complementari
10. Sono numerose le iniziative lanciate in Europa per lottare
contro la radicalizzazione. La Carta urbana europea del 19928
precisa che una politica coerente in materia di sicurezza e di
prevenzione della criminalità deve essere basata sulla
prevenzione, la repressione e la solidarietà. Tali approcci si
differenziano sotto molti punti di vista, ma possono essere
raggruppati in tre grandi categorie distinte, già utilizzate per
affrontare questo problema.
11. L’utilizzo di misure repressive per affrontare la
radicalizzazione è solitamente di competenza del potere
centrale e implica il ricorso alle forze di polizia, alla
legislazione e alle attività di intelligence. Pur rappresentando
un aspetto importante della questione, si tratta di misure per
le quali gli enti territoriali hanno in genere un’influenza limitata
e di conseguenza non saranno trattate nel presente rapporto.
Occorre d’altronde precisare che la repressione, in un certo
qual senso, “è sempre presente”, allorquando esistono prove
sufficienti relative a un individuo, per cui, anche se si adotta
nei confronti di tale persona una forma di approccio
preventivo, possono ugualmente essere prese delle misure
repressive, in funzione delle circostanze. In tal senso, si può
8
affermare che esiste un collegamento tra repressione e
prevenzione.
12. La lotta contro la radicalizzazione richiede misure di
prevenzione che, nel lungo periodo, si rivelano più razionali
ed efficaci rispetto ai provvedimenti adottati quando già si
avvertono i sintomi o si devono gestire vere situazioni di crisi.
È inoltre l’ambito di intervento per eccellenza dei poteri locali,
quello in cui possono maggiormente dimostrare la loro
efficacia e che rientra pienamente nelle loro competenze e nel
loro mandato. Nel 2000, il Congresso aveva già invitato gli
enti locali e regionali, con la sua Risoluzione 99, ad adottare
“un’impostazione più proattiva, mirante ad anticipare e
prevenire i problemi, piuttosto che affrontarli quando si
manifestano, e a privilegiare un approccio a lungo, anziché a
breve termine”.
13. Tali sforzi possono naturalmente assumere forme diverse.
Le misure che funzionano bene in una città possono infatti
non costituire l’approccio più adeguato in un’altra. La riuscita
di un intervento di prevenzione dipende in gran parte dalla
sua capacità di adeguarsi alle dinamiche locali. È inoltre
essenziale tenere presente che la prevenzione della
radicalizzazione che conduce alla violenza deve essere
inserita in una strategia generale di prevenzione, che, oltre ad
essere globale, deve potersi integrare in altre attività a favore
della sicurezza urbana. Tale punto di vista è stato sintetizzato
nella Carta urbana europea nel modo seguente: “Le cause
della criminalità sono molteplici e richiedono pertanto risposte
diversificate e coordinate”9.
14. La prevenzione può inoltre avvalersi del sostegno di
forme di partenariato. Non si limita infatti alle attività della
9. Carta urbana europea del 1992
polizia e della giustizia; per essere efficace, deve includere
altri settori e la società civile. Gli ex estremisti, ad esempio,
grazie alla loro comprensione del fenomeno della
radicalizzazione, possono svolgere un ruolo essenziale nel
campo della prevenzione e diventare partner di primo piano
per gli enti locali. Per combattere l’estremismo islamico,
possono inoltre rivelarsi utili i partenariati con le moschee
locali e con i leader delle comunità religiose. È comunque
importante che tali partenariati non si limitino alle questioni
legate alla sicurezza, poiché, se si riesce col tempo a
instaurare rapporti di fiducia e solidi legami cooperando su
diversi argomenti, il fatto di affrontare le questioni riguardanti
la sicurezza diventerà poi più naturale, rispetto a un
partenariato imperniato esclusivamente sui problemi di natura
securitaria.
15. La terza risposta per combattere la radicalizzazione è
rappresentata dal reinserimento degli individui radicalizzati (e
pentiti). Come per la prevenzione, si tratta di un campo in cui
gli enti locali sono in grado di svolgere un ruolo importante.
Infatti, molto spesso, tali attività di reinserimento si svolgono a
livello locale. Ad esempio, le città di Aarhus in Danimarca e di
Berlino in Germania stanno attuando programmi di questo
tipo. Altre città possono avvalersi dell’esperienza acquisita da
quelle che hanno adottato tali approcci.
a. Il modello adottato dalla città di Aarhus per lottare contro la
radicalizzazione e l’estremismo è stato spesso citato ad
esempio come impostazione che altre città potrebbero
seguire10. È un approccio concentrato sull’inclusione; purché
l’interessato non abbia commesso nessun crimine, le autorità
lo aiuteranno a trovare un mezzo per reinserirsi nella
collettività. È tuttavia importante tenere conto che la riuscita di
tali sforzi di reinserimento dipende in grandissima parte dal
contesto locale. Una soluzione che funziona per una città può
avere risultati molto diversi se adottata in altre città. Le
autorità locali sanno cosa è meglio per il loro comune.
b. La Strategia di “Lotta contro l’estremismo violento”,
adottata dalla Commissione europea, rispecchia il crescente
interesse da parte della comunità internazionale per la
prevenzione della violenza transnazionale 11. Tale strategia
non riguarda unicamente l’islamismo violento o le
manifestazioni di violenza legate all’Isis. Mira ad affrontare
tutte le forme di estremismo violento, a prescindere
dall’ideologia su cui si basano, e non si concentra sul
pensiero o sul discorso radicale, bensì sulla prevenzione delle
aggressioni violente.
3. La sicurezza e la sicurezza antiterrorismo: due
diritti fondamentali
16. Nella sua Raccomandazione 80 (2000) sulla criminalità e
l’insicurezza urbana in Europa, il Congresso ha osservato che
le autorità locali hanno un ruolo essenziale nella prevenzione
e la riduzione della criminalità e che le autorità nazionali
devono, di conseguenza, rafforzare le competenze dei
governi locali e accrescere le risorse loro assegnate a tale
fine.
17. Nel 2006, il Congresso ha adottato una seconda
raccomandazione (Raccomandazione 197) sulla sicurezza
urbana in Europa, nella quale ha sottolineato che la sicurezza
urbana richiede il coinvolgimento di numerosi settori e di
specialità interdisciplinari, legati non soltanto ai servizi di
polizia e della giustizia, ma anche ad altri settori
dell’amministrazione e della sfera sociale. Ha inoltre invitato
gli Stati membri a “garantire la sicurezza dei loro cittadini nel
pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”12.
18. Le politiche in materia di sicurezza devono essere
elaborate e predisposte tenendo conto delle esigenze
individuali e collettive dei cittadini, e non in funzione delle
istituzioni pubbliche. A tal fine, deve essere sistematicamente
promossa la partecipazione dei cittadini, e la società civile
deve svolgere un ruolo in ogni fase di tale dialogo. È
essenziale, per il successo di tale approccio, riunire tutte le
forze necessarie per affrontare i problemi nella loro
complessità. Per ottenere la massima efficacia, occorre porre
in risalto l’importanza dei partenariati. È del pari importante
analizzare i problemi in tutta la loro complessità, valutare e
mettere in applicazione le soluzioni ritenute più adeguate sulla
base di solidi elementi. Ogni politica adottata dovrebbe tenere
conto delle più recenti conoscenze tecniche e scientifiche.
19. In materia di sicurezza urbana, occorre adottare un
approccio basato sulla governance multilivello, per elaborare
e applicare le misure di sicurezza e per sensibilizzare al
riguardo tutti i soggetti interessati. Sebbene la definizione
delle strategie in materia di sicurezza sia di competenza
nazionale, le autorità locali possono ugualmente, grazie alla
loro prossimità con i cittadini, svolgere un ruolo essenziale nel
superare il dilemma di come difendere la sicurezza
rispettando le libertà, e possono fungere da interfaccia.
Possono operare a favore della coesione sociale ed evitare
che i conflitti conducano a manifestazioni di violenza,
promuovendo la partecipazione dei cittadini e il dialogo tra le
comunità.
4. Strategie interistituzionali: agire con il sostegno
dei partner
20. Le città devono individuare e mobilitare le strutture in
grado di aiutarle ad avere una visione d’insieme dei problemi
cui sono confrontate, e costruire partenariati efficaci,
rappresentanti una sorta di coalizione delle buone volontà,
coinvolgendovi nuovi attori, quali i cittadini, le ONG, i leader
delle comunità religiose, le famiglie, i giovani, gli istituti
scolastici, i blogger, gli operatori sociali, ecc. Gli enti locali
possono adoperarsi maggiormente per costituire partenariati
locali e agire con loro per fronteggiare il problema; ad
esempio, di fronte alla radicalizzazione islamista, possono
definire un quadro di valori comuni con le organizzazioni
musulmane.
21. Alcune iniziative locali di lotta contro la radicalizzazione si
sono già rivelate particolarmente promettenti (Copenaghen,
Aarhus, Berlino, Londra, Vilvoorde, Bruxelles, per non citarne
che alcune) e potrebbero offrire validi spunti per altre città.
22. Ad esempio, il progetto Hayat (che in arabo e in turco
significa 'vita'), condotto a Berlino dal Centro per la cultura
democratica (ZDK GmbH), fornisce consigli e supporto alle
persone e alle famiglie che corrono il rischio di abbracciare
l’estremismo islamico violento13. Tale progetto è gestito da
quattro persone a tempo pieno, affiancate da un certo numero
di collaboratori che operano sul campo su base oraria. Fanno
parte del personale del progetto esperti psicologi, criminologi
e islamologi.
23. Una parte crescente delle loro attività consiste nel
rafforzare il sostegno alle famiglie delle persone che sono
partite o intendono recarsi in Siria per arruolarsi nelle fila di
gruppi legati ad Al-Qaeda. Il loro lavoro è finanziato
dall’Ufficio federale per le migrazioni e i richiedenti asilo
(Bundesamt für Migration und Flüchtlinge, BAMF). Uno degli
obiettivi del programma mira ad assistere i parenti prossimi a
gestire il problema della radicalizzazione in seno alla loro
famiglia. L’esperienza del Centro ha dimostrato che spesso
esiste un conflitto latente all’interno del nucleo familiare, che è
necessario superare prima di intraprendere in modo
costruttivo il processo di deradicalizzazione di un individuo. Il
progetto permetterà inoltre di stringere legami tra la società
civile e le autorità preposte alla sicurezza. Nella primavera del
2015, erano stati trattati circa 130 casi, 50 dei quali sono già
stati risolti, e 21 si sono conclusi con successo, grazie al
supporto fornito. Soltanto per un caso gli sforzi sono stati vani
e se ne è dovuto constatare il fallimento.
24. La Rete di sensibilizzazione al problema della
radicalizzazione, istituita dall’Unione europea, che favorisce
gli scambi di esperienze e di insegnamenti tra professionisti di
tutta Europa, rappresenta per le città un’eccellente fonte di
informazioni. Il network dispone di una raccolta crescente di
buone prassi, con l’indicazione dei luoghi in cui sono state
prese delle iniziative per lottare contro la radicalizzazione e
costituisce quindi un utile strumento al servizio delle città 14.
Questa raccolta di buone prassi contiene progetti sui seguenti
temi:
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
sensibilizzazione degli operatori in prima linea;
strategie di sostegno per facilitare l’abbandono
dell’estremismo: programmi di deradicalizzazione
e disimpegno;
superare i divari attraverso il dialogo;
coinvolgimento e responsabilizzazione delle
comunità;
educazione dei giovani;
sostegno
alle
famiglie
e
loro
responsabilizzazione;
fornire argomentazioni per controbattere certe
affermazioni;
creare un’infrastruttura istituzionale.
5. Azione sul campo: cosa possono fare le autorità
locali?
25. Gli enti locali hanno a loro disposizione una serie di
interventi preventivi destinati a combattere la radicalizzazione,
alcuni dei quali sono esposti qui di seguito. È importante che
le città continuino a sviluppare iniziative in questo campo,
indipendentemente dalla specifica legislazione vigente in
materia.
a. Elaborare strategie globali interistituzionali a livello locale:
le città devono predisporre un piano d’azione a livello locale,
(delineando una mappatura della situazione locale, che
permetta di definire le linee d’azione e di istituire gli organismi
di coordinamento), stanziare le risorse necessarie per
combattere la radicalizzazione, e adottare misure concrete la
cui attuazione possa essere monitorata, coordinandosi con i
vari livelli di governo. Per quanto riguarda il coordinamento e
le sinergie tra i soggetti interessati, una raccomandazione
precedente del Congresso dei poteri locali e regionali ha
sottolineato che “è indispensabile che i dati, le informazioni e
le riflessioni nel campo della sicurezza urbana possano
confluire in un quadro comune, che contribuirebbe ad
arricchire le conoscenze e a facilitare il processo
decisionale”15.
b. Sensibilizzare
i
portatori
di
interesse:
occorre
sensibilizzare i portatori di interesse sull’utilità di un
partenariato locale per la sicurezza, e fornire una formazione
adeguata ai diversi attori coinvolti. Tra questi figurano ad
esempio gli operatori in prima linea che lavorano a contatto
diretto con gli individui o i gruppi a rischio, come pure il
personale penitenziario, gli assistenti sociali, gli educatori e gli
operatori della sanità. Tale formazione consentirebbe di
migliorare la loro comprensione del processo di
radicalizzazione e li aiuterebbe a reagire meglio di fronte al
fenomeno.
c. Sensibilizzare gli enti locali sulle buone prassi esistenti:
alcuni enti locali talvolta possono temere di non disporre dei
mezzi sufficienti per fronteggiare tale situazione, o possono
ritenere che la radicalizzazione non rappresenti per loro una
priorità. Occorre dimostrare loro che dispongono di
informazioni e di conoscenze al riguardo e che numerose città
hanno acquisito un’esperienza significativa nella gestione di
progetti che promuovono i valori democratici e che possono
costituire una valida risorsa nella lotta contro l’estremismo.
d. Educazione: occorre sottolineare il ruolo importante svolto
dall’educazione, soprattutto in seno alla famiglia e nella
scuola. È stato spesso indicato che le famiglie hanno più di
chiunque altro la possibilità di rilevare i segnali di
radicalizzazione, ma, per potere agire e lottare efficacemente
contro questo fenomeno, hanno sovente bisogno di
informazioni e di assistenza. È del pari importante
l‘educazione dei giovani su temi di vasta portata, quali la
tolleranza, il rispetto degli altri e i diritti umani. La scuola
svolge un ruolo nel rafforzamento della resilienza degli allievi
e nella prevenzione della radicalizzazione, indipendentemente
dall’ideologia che la ispira. I giovani sono particolarmente
vulnerabili ai discorsi di incitamento all’odio e alla violenza,
poiché non hanno ancora un carattere ben formato e
attraversano una fase della loro vita in cui cercano di
affermare la loro identità. Tale crisi identitaria può essere
sfruttata dai reclutatori dei gruppi estremisti, particolarmente
addestrati a fornire ai giovani risposte chiare e manichee ai
problemi esistenziali. D’altro canto, pur essendo vulnerabili, i
giovani sono anche forti alleati per combattere le
manifestazioni di odio, come lo dimostra la loro attiva
partecipazione sui social media alla Campagna del Consiglio
d’Europa contro il discorso dell’odio- No Hate Speech
campaign.
e. La comunicazione delle strategie e delle azioni intraprese
presso la popolazione deve essere equilibrata, responsabile,
e, in modo generale, privilegiare un discorso che promuova
l’integrazione. Al contempo, non dovrebbe temere di dire
chiaramente come stanno le cose. È indispensabile trovare il
giusto equilibrio, presentando un messaggio chiaro, senza
stigmatizzare nessun gruppo particolare.
f. Sostenere programmi finalizzati a facilitare agli individui
l’abbandono delle ideologie estremiste, in particolare
dell’estremismo religioso. Tali programmi possono svolgere
un ruolo essenziale nel processo di deradicalizzazione e sono
spesso più efficaci se sono gestiti a livello locale. Gli enti
locali possono contribuire ad attuarli e/o assegnare le risorse
necessarie per istituire tali programmi.
g. La società civile ha un ruolo importante nella lotta contro la
radicalizzazione e l’estremismo in tutte le sue forme e
manifestazioni, comprendenti il discorso di incitamento
all’odio, l’antisemitismo e l’islamofobia, favorendo la coesione
sociale e il senso di appartenenza alla società. Tale approccio
può assumere diverse forme; ad esempio, ci si può avvalere
della collaborazione di ONG, di comunità religiose e lavorare,
a titolo individuale, con ex estremisti. I leader religiosi e le
comunità musulmane occupano una posizione privilegiata per
combattere attivamente l’estremismo islamico. Alcuni di loro
lo hanno già fatto, ma sono ancora troppo numerosi quelli che
restano in silenzio o non svolgono un ruolo sufficientemente
attivo nei confronti dei giovani caduti nelle reti
dell’estremismo. Le comunità musulmane rappresentano un
partner essenziale ed ineludibile in materia di prevenzione e
le città devono stringere buoni rapporti con loro e
incoraggiarle a condurre interventi preventivi. Per quanto
riguarda le moschee radicali, è indispensabile che le città
possano fare pressione e agire con fermezza, quando è
necessario, e difendere chiaramente i valori della libertà e
della democrazia.
h. Finanziare le misure proposte: in molti casi tale decisione
spetta agli enti locali, che hanno competenza in materia di
assegnazione dei finanziamenti. Occorre essere consapevoli
del fatto che le attività di prevenzione non devono essere
considerate una soluzione di ripiego, ma devono rientrare nel
bilancio ordinario, con finanziamenti stabili sul lungo periodo.
i. Finanziamento e ricerca di partner locali: è importante che
gli enti locali agiscano con la massima trasparenza quando
concedono un sostegno finanziario alle associazioni etniche o
religiose, Devono astenersi dalle alleanze con partner poco
affidabili e scegliere solo partner credibili, sforzandosi di
definire procedure sistematiche di trasparenza riguardo
all’impiego delle risorse assegnate. In certe situazioni, le città
possono incontrare difficoltà a gestire da sole una
determinata situazione. In tal caso, può essere utile un aiuto a
livello regionale, o anche nazionale.
6. Conclusioni
26. Il numero allarmante di giovani europei andati a
combattere in Siria, gli attentati terroristici compiuti a Parigi e
a Copenaghen, e la minaccia rappresentata dall’estremismo
dei partiti di estrema destra costituiscono altrettanti segnali di
allarme che devono incitare le città ad adottare misure di
prevenzione più incisive e più efficaci, per evitare il rischio che
certi individui più vulnerabili si lascino tentare dall’estremismo.
Contrariamente alla legislazione, che nella maggior parte dei
casi, è di competenza nazionale, le misure di prevenzione
spettano in genere agli enti locali e le città hanno in larga
misura l’obbligo di predisporle e di gestirle. Rappresentano,
come è stato precedentemente indicato, l’ambito di intervento
per eccellenza dei poteri locali.
27. Numerose città europee hanno già preso sul serio tali
segnali di allarme e hanno già attuato misure strutturali per
prevenire la radicalizzazione che conduce all’estremismo
violento. Tali città hanno acquisito conoscenze e costituito
delle strutture a cui possono ispirarsi altre città, adattandole ai
loro bisogni particolari, in funzione delle dinamiche locali. Le
città hanno inoltre a loro disposizione dei dati preziosi, ad
esempio quelli forniti dalla Rete dell’Ue di sensibilizzazione al
problema della radicalizzazione (RAN), consistenti in una
serie di prassi e di progetti, di cui possono avvalersi altre città,
o le informazioni relative alla sicurezza urbana, fornite dal
Forum europeo per la sicurezza urbana (EFUS).
28. Gli enti locali avranno bisogno del supporto e della
collaborazione delle famiglie, delle comunità religiose e di altri
attori importanti della società civile per rafforzare la resilienza
locale e l’efficacia delle misure di prevenzione. Per avviare e
costituire tali partenariati, dovranno prendere l’iniziativa di
cercare partner locali credibili. Il Congresso ha già insistito su
tale
punto
in
una
precedente
raccomandazione:
“sottolineando il ruolo essenziale svolto dagli enti locali e
regionali nella costruzione di un nuovo partenariato per la
sicurezza urbana, che coinvolga tutti gli attori sociali (gruppi
della popolazione e cittadini), e i professionisti della sicurezza
(polizia e giustizia), al fine di istituire una polizia di prossimità
efficace, democratica e integrata”16.
29. Molte città in Europa dovranno probabilmente affrontare
ancora per molti anni il fenomeno della radicalizzazione e
dell’estremismo violento. Di fronte a un problema destinato a
perdurare, occorre ricercare soluzioni durature. Gli approcci
adottati nell’urgenza di una crisi sono con ogni probabilità
molto più costosi e meno efficaci rispetto a misure di
prevenzione ben strutturate e ponderate.
30. Tale ruolo spetta indubbiamente alle città e agli enti locali
europei e non si insisterà mai abbastanza sull'importanza di
svolgere con successo tale compito.
Questo testo esamina il concetto di radicalizzazione e studia le diverse
strategie adottate per affrontare il problema, quali le misure di repressione,
di prevenzione e i programmi volti a favorire il reinserimento nella società
dei soggetti già radicalizzati. Propone esempi concreti di azioni condotte
dagli enti locali e regionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tratta
inoltre dei problemi di sicurezza urbana e di sicurezza pubblica, ricordando
che il diritto alla sicurezza personale e collettiva fa parte integrante dei diritti
fondamentali. Sottolinea la necessità di trovare il giusto equilibrio tra le
misure adottate per combattere la radicalizzazione e la tutela dei principi in
materia di rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché l’obiettivo
di costruire società inclusive e coese.
Le linee guida raccomandano alle autorità locali e regionali di predisporre
strategie miranti a coinvolgere la società civile nelle loro attività di contrasto
alla radicalizzazione e all’estremismo in tutte le sue forme e manifestazioni,
comprendenti il discorso fomentato dall’odio, l’antisemitismo e l’antiislamismo. Gli enti territoriali sono invitati a comunicare alla popolazione le
loro strategie in modo equilibrato e responsabile, a scambiare informazioni
riguardanti le buone prassi in materia, a favorire l’adozione di programmi di
sostegno per facilitare l’abbandono delle ideologie estremiste e a stanziare
le risorse necessarie per combattere la radicalizzazione. Infine le autorità
locali e regionali sono invitate a stringere alleanze con altri partner per
sviluppare una cooperazione e un coordinamento delle loro attività al livello
regionale.
www.coe.int/congress-intercultural
[email protected]
Edizione: Marzo 2016
ITA
www.coe.int
Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti
umani del continente. Include 47 Stati membri, 28 dei quali fanno anche
parte dell’Unione europea. Il Congresso dei poteri locali e regionali è
un’istituzione del Consiglio d’Europa che si occupa di promuovere la
democrazia locale e reginale nei 47 stati membri. È composto da due
Camere - la Camera dei poteri locali e la Camera delle regioni – e tre
Comitati, ed è formato da 648 eletti locali e regionali, che rappresentano
oltre 200.000 enti territoriali europei.