ceausescu execution video

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FOTOGRAFIA DI GUERRA
E IMPEGNO PACIFISTA
Roberto Lionetti, 2012
Eddie Adam, Vietcong execution, Vietnam 1968
Il generale Kao-ki uccide un Vietcong in una strada piena di fotografi e giornalisti,
dove l’ha trascinato per poterlo giustiziare davanti agli obiettivi.
Gardner, “Home of rebel sharpshooter”
Guerra di Secessione
Gardner, “Battaglia di Antietam”
Guerra di Secessione
O’Sullivan, “Battaglia di Antietam”
Guerra di Secessione
O’Sullivan, “Harvest death”, Guerra di Secessione
Vietnam
Una bambina vietnamita fugge, nuda e bruciata dal napalm, insieme ai suoi
fratelli, dal villaggio bombardato
Ron Haviv, Miliziano serbo dà un calcio a una donna a
terra. Bosnia 1992
Jeff Wall, “Dead Troops Talk”
Rappresentazione dell’imboscata tesa all’armata rossa nei
pressi di Moqor, Afghanistan, inverno 1986
Nascita e sviluppo della fotografia di guerra
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Nel corso degli anni
’40 del XIX secolo,
nascono, anche in
Italia, i primi giornali
illustrati, nel cui
ambito avviene il
progressivo passaggio
dal disegno alla
fotografia
Roger Fenton, inviato
del principe Alberto in
Crimea (1855) e
Felice Beato, primi
“fotografi di guerra”
Nascita e sviluppo della fotografia di guerra
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Guerra di Secessione
(1861-65): Lincoln invia
Brady e la sua équipe al
fronte a fotografare
Nel 1862 nasce in
America l’embrione di
quella che sarà la prima
agenzia fotografica,
specializzata proprio
nelle foto di guerra
Nascita e sviluppo della fotografia di guerra
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Napoleone III parte il 10 maggio 1959
per l’Italia alla testa del suo esercito,
ma decide improvvisamente di fermarsi
nello studio di Disderi, per farsi
immortalare, mentre i soldati lo
aspettano, dal ritrattista di moda.
La fotografia lo seguirà poi nel resto
del suo viaggio, scrivendo un capitolo
fondamentale della storia dell’immagine
di guerra
Riferisce una cronaca dell’epoca: “Gli
obiettivi saranno puntati insieme ai
cannoni. L’imperatore attribuisce grande
importanza a questi documenti, così
preziosi per la storia”. [D’Autilia, p.88]
“Puntare gli obiettivi: fuoco!”
L’imperatore aveva intuito infatti l’importanza della testimonianza diretta fornita
dalle immagini scattate sul campo. Durante la campagna d’Italia, Napoleone III
reclutò un fotografo, Léon Méhédin, per documentare le fasi del conflitto.
Méhédin produsse una ricca documentazione, resa ancora più interessante
dall’aggiunta di notazioni scritte sui
cartoni di supporto delle stampe
fotografiche, dove riportò le parole
dello stesso Napoleone a com-mento
delle attività militari. Veri e propri
reportage che segnano la na-scita
della comunicazione politica per
immagini, essendo destinati anche
all’opinione pubblica, sempre più coinvolta nelle vicende politiche e belliche
Nascita e sviluppo della fotografia di guerra
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Comparsa, negli anni ‘30 del XX
secolo, dei settimanali illustrati e
della professione del fotoreporter di
guerra
L’Agenzia Magnum viene fondata nel
1947 dai fotografi Robert Capa,
Henri Cartier-Bresson, David
Saymour e George Rodger
l’internazionalismo della professione
del fotoreporter
“Il sangue in prima pagina” e lo
shock come stimolo commerciale
Sviluppi della foto di guerra e
attrezzatura fotografica
Fotografia di guerra e pubblicità,
dal miliziano di Capa ad oggi
Uso bellico della fotografia aerea
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Già nel 1856, il grande fotografo
Nadar, affascinato dalle novità
dell’epoca, decide di prendere le
prime foto di Parigi da un pallone
aerostatico
Qualche anno più tardi, durante
l'assedio della capitale (durato dal
19 settembre 1870 al 28 gennaio
1871), Nadar fu incaricato di
osservare da un pallone i movimenti
delle truppe prussiane e di
fotografarli
Uso bellico dei microfilm
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Un altro aspetto interessante, durante l’assedio di Parigi, è
l’impiego della fotografia per inviare, attraverso piccioni
viaggiatori, dei messaggi segreti. La fotografia venne utilizzata
per fotografare i messaggi e ridurli in microfilm.
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In questo modo, ogni
piccione poteva trasportare
un testo contenente un
milione di parole. Durante
l’assedio, vennero inviati, con
questo sistema, 150 mila
messaggi governativi,
militari e segreti e oltre un
milione di missive private.
Uso bellico del
piccione fotografo
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L’impiego di piccioni viaggiatori in
guerra risale del resto all’antichità:
scritti greci e romani tramandano l’uso
di piccioni per informare sugli esiti delle
battaglie su fronti lontani. La sconfitta di
Napoleone a Waterloo fu subito
conosciuta a Londra grazie alle
relazioni portate da piccioni viaggiatori
prestati alle truppe inglesi dal
banchiere Nathan Rothschild
E nel 1898, il tedesco Julius Neubronner
iniziò a costruire una serie di macchine
fotografiche leggerissime, da fissare al
petto dei volatili.
Uso bellico della fotografia aerea
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L’apparecchio messo a punto da Neubronner pesava solo 70 grammi,
e poteva scattare un’immagine del terreno sorvolato su un negativo di
cm 4x4. Nasceva così la pigeon camera, che fu brevettata nel 1903. E
lo stesso anno le brigate della Baviera ne acquistarono diversi
esemplari. Nella pigeon camera lo scatto era comandato da un
temporizzatore meccanico regolato sul tempo approssimativo che
serviva al piccione per raggiungere l’area da riprendere.
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Nel 1912, Neubronner
presentò un modello con molte
migliorie, che negli anni
seguenti fu acquistato in gran
numero dalle forze armate
dei principali paesi.
Fotografia e propaganda militare
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E’ stata sottolineata da molti
studiosi l’efficacia della
fotografia nella manipolazione
dei comportamenti. Non
stupisce allora che i governi dei
paesi belligeranti abbiano
fatto regolarmente ricorso a
questo strumento per rafforzare
il “sentimento patriottico”,
sollevare il morale dei soldati
al fronte, costruire il consenso e
lanciare campagne d’odio
contro il nemico
Fotografia e propaganda militare
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Un aspetto interessante da sottolineare, è il cambio di
significato di una stessa immagine, in funzione del contesto, e
innumerevoli sono i casi di arbitrarie ricontestualizzazioni, che
comunicano messaggi falsi
Così, ad esempio, una foto d’agenzia inglese
del luglio 1940 mostra Winston Churchill
durante un’ispezione alle linee di difesa della
costa nordorientale: ha il solito sigaro e indossa
un gessato, mentre prova il fucile mitragliatore
di un soldato. Senza eccessivi interventi
sull’immagine, la propaganda nazista nel 1941
ricavò da questa fotografia un manifesto in cui
il primo ministro britannico veniva trasformato
in un temibile franco tiratore.
Guerra e foto di preservazione
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Eredi delle xilografie di preservazione
diffuse in Europa fin dal XIV secolo (al
fine di proteggere chi le possedeva da
furti, incidenti, malattie), le fotografie di
preservazione si diffondono già nell’800.
La loro vendita, scrive Ando Gilardi,
tocca livelli incredibili nel corso della
guerra 1914-18: non è azzardato
valutare in miliardi i pezzi prodotti,
soprattutto sotto forma di cartoline,
spedite dal e al fronte.
Dietro alla cartolina popolare francese qui riprodotta,
spedita a casa dal fronte e raffigurante il corpo di un
ufficiale tedesco ucciso su un albero che gli serviva da
postazione di vedetta, si legge: “E’ autunno, mia cara:
dagli alberi cadono gli ufficiali ingialliti..”
Mogli, fidanzate, pin-up
e altre donne in trincea
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Soldati al fronte: quello di spalle guarda
lo foto della moglie e della figlia
Soldati
Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea
2 marinai americani sfogliano la rivista Film Fun
Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea
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La Nose art è una forma di
graffiti, una pittura decorativa
della fusoliera di aerei militari,
posta generalmente vicino al
muso dell’aereo (nose=naso).
Iniziata per ragioni pratiche di
identificazione dei mezzi amici, la
pratica diventò rapidamente
espressione di individualità, in
contrapposizione con l’uniformità
della vita militare, e sorta di
protezione psicologica contro lo
stress della guerra e il rischio di
morire. Per quanto non approvata
ufficialmente dalle gerarchie
militari, la Nose art è stata
largamente tollerata fino a tempi
recentissimi.
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In ragione della sua natura individuale e non
ufficiale, la Nose art è considerata una forma di arte
popolare, legata alle rappresentazioni di un gruppo.
Come nel caso dei più sofisticati graffiti, l’artista
rimane spesso anonimo, e la forma d’arte stessa è
effimera, legata a materiali immediatamente
disponibili.
Mogli, fidanzate, pin-up
e altre donne in trincea
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Pare che la pin up così come la conosciamo noi sia nata in
Francia, dove, alla fine dell’ottocento, cominciarono ad apparire
le prime riviste, rivolte ad un pubblico medio, con in copertina
rappresentazioni femminili in abiti spesso succinti. Nei primi anni
del XX secolo, questo tipo di immagini arrivarono anche al di là
dell’Oceano e con lo scoppio della prima Guerra Mondiale in
America cominciano a comparire le prime Pin Up. L’esercito
americano considerò da subito la Pin Up utile al morale delle
sue truppe e decise così di “arruolarle”, per così dire, e spedirle
al fronte.
Il massimo sviluppo e la massima “produzione” di Pin Up si ha
però con l’avvento della seconda Guerra Mondiale, quando
molte fra le più belle Pin Up furono pubblicate da Yank, il
settimanale dell’esercito, ovviamente americano.
Durante il secondo Grande Conflitto prese vita una nuova arte:
quella che adesso noi consociamo come “Nose Art”, e molte Pin
Up iniziarono ad apparire disegnate sui mezzi militari
americani, e in modo particolare sui bombardieri che le usavano
come mascotte. Per citare uno fra i più famosi bombardieri, su
cui non molti anni fa fu realizzato un film, è il B-17 “Memphis
Belle”.
Durante la seconda
guerra mondiale le PinUp divennero vere e
proprie mascotte, persino
dipinte sulla corazza
degli aerei da
bombardamento. Nel film
"The Memphis Belle: A
Story of a Flying Fortress",
sul muso di un aereo da
guerra c'è una Pin-Up, la
stessa disegnata nel 1941
da George Petty per
"Esquire" nota rivista per
soli uomini
Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea
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Nose art first appeared on warplanes during the
First World War and enjoyed a golden age during
the Second World War when thousands of American
fighters and bombers were decorated with pictures
of glamorous women. Military commanders tolerated
the practice as a morale booster. Famous examples
include the Memphis Belle, a U.S. Army Air Force B17 bomber that was the subject of a 1990
Hollywood movie. Many Royal Air Force units picked
up the practice from the Americans. During the
Second World War it was common to see images of
movie stars including Rita Hayworth and Jane Russell
on British bombers heading for Germany. Nose art
enjoyed another surge in popularity during the 1991
and 2003 Gulf Wars, when risque images appeared
on many British warplanes.
The decision to ban the images followed a visit by glamour models to southern
Afghanistan before Christmas. During the trip they signed paintings of themselves
on RAF aircraft. Commanders decided the images were sexist and insisted there
was no place for them in the modern armed forces. There was also concern that
they could cause offence in a muslim country where until 2001 all women were
forced to wear the head-to-toe burkha in public.
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Weapons were needed in massive quantities with unerring reliability. Nations under the British Commonwealth, participants in
the war against the Axis,like Australia, India and Canada were expected to produce their share of weapons for the fight. And
with the Bren Gun, the premiere light machine-gun of the Commonwealth, production numbers soared through each year of the
war. By 1943 British manufacture of the Bren reach 1,000 units weekly.
That same year at the Inglis facility in Canada was producing 60% of all Bren Guns. And in that factory worked a woman
who would become known as the Canadian version of Rosie the Riveter.
Veronica Foster was one of 16,000 female ordnance workers producing the Bren Gun at the factory. Looking for a
propaganda boost for those on the Homefront, Commonwealth officials found that Foster fit the bill. The worker was thrust into
the spotlight throughout Canada, showed inspecting lathes and casually lounging beside the completed Bren Gun. Also,
showing the age, was followed out jitterbugging and primping herself for a night out.
Ronnie the Bren Gun Girl became a symbol of wartime production propaganda but live in the shadow of her iconic southern
neighbor.
Le armi erano necessari in quantità massicce con infallibile affidabilità. Nazioni sotto il Commonwealth britannico, i
partecipanti alla guerra contro l'Asse, come l'Australia, l'India e il Canada avrebbero dovuto produrre la loro quota di armi
per la lotta. E con la pistola Bren, la luce prima mitragliatrice del Commonwealth, numeri di produzione attraverso salito ogni
anno di guerra. Nel 1943 produzione britannica del Bren raggiungere 1.000 unità settimanali.
Nello stesso anno presso l'impianto di Inglis in Canada stava producendo il 60% di tutte le pistole Bren. E in quella fabbrica
ha lavorato una donna che sarebbe diventata nota come la versione canadese di Rosie the Riveter.
Veronica Foster è stato uno dei 16.000 lavoratori ordigni femminile produrre la pistola Bren in fabbrica. Alla ricerca di una
spinta di propaganda per coloro che sul fronte interno, i funzionari del Commonwealth ha scoperto che Foster misura la
fattura. Il lavoratore è stato di spinta sotto i riflettori in tutto il Canada, ha mostrato l'ispezione torni e casualmente rilassarsi
accanto alla pistola Bren completato. Inoltre, mostrando l'età, è stato seguito da jitterbugging e primping se stessa per una
serata fuori.
Ronnie the Girl Gun Bren divenne un simbolo di propaganda produzione bellica, ma vive all'ombra della sua vicina iconico del
sud.
Guerra, atrocità e pornografia
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Un’inquietante capitolo della fotografia di guerra,
rimanda all’uso pornografico della stessa.
Antonella Randazzo, autrice del libro Dittature: la storia
occulta (ed. Il Nuovo Mondo, 2007), in una
circostanziata denuncia della mercificazione della
donna nei diversi scenari bellici, riferisce che “Women
Against Rape ha denunciato che alcuni soldati inglesi
hanno scattato foto di stupri e violenze, che poi hanno
fatto circolare come materiale pornografico. Le truppe
americane e britanniche praticano violenze sessuali
anche su bambini, come è stato denunciato da
numerose associazioni umanitarie. Esistono foto e video
che documentano queste atrocità”.
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Il 13 dicembre 1937, il Giappone invase
Nanking, capitale della Cina
nazionalista. Le settimane che seguirono
furono teatro di stupri e assassinii di
massa. Si calcola che almeno 20 mila
donne furono violentate, incluse bambine
e donne anziane. Molte famiglie furono
costrette all’incesto, per il divertimento
delle truppe giapponesi. E gli stessi
soldati scattarono delle foto ricordo di
tali atrocità, come nel caso dell’immagine
di una donna che viene decapitata, dopo
essere stata stuprata ..
Dopo la ricerca che culminò con la pubblicazione del libro The Rape of Nanking, la giornalista e storica
americana Iris Chang, traumatizzata da ciò che aveva riportato alla luce, si suicidò il 9 novembre 2004
8 Agosto 1945. Una
ragazza cinese, che
aveva subito a lungo
violenze da parte dei
soldati giapponesi, viene
intervistata da un
ufficiale Alleato.
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Foto di guerra come icona forte, dalla notevoli
valenze connotative
Cinèma, elemento invariante e ormai rituale delle
rappresentazioni
Sequenze forti come risposta a una fruizione distratta
Tempo dell’attesa (attesa del tempo dell’attacco) e
rumore del silenzio (mancano le urla, il suono delle
armi..) nelle foto di guerra
Foto e produzione della notizia
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Produzione della notizia e routines produttive
Raccolta
 Selezione
 Presentazione

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Ruolo del gatekeeper (selezionatore) e potere di
selezione
Cultura professionale, organizzazione del lavoro,
sovrabbondanza di avvenimenti e sistematizzazione
dei fenomeni
Foto e produzione della notizia
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Il concetto di notiziabilità (newsworthiness) e criteri di
rilevanza
Prevalenza della routine produttiva: l’ideologia si
traduce in una serie di paradigmi e pratiche
professionali adottati come naturali
Ripetizione indifferenziata e non-immagini della
Guerra del Golfo nel ’91
Massimo di potenzialità tecnologica per la possibile
rappresentazione e minimo della visibilità e
dell’informazione (immagini fattualmente vuote)
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Ripetizione analogica, falsità e rimozione/negazione
delle differenze fra realtà e riproduzione fotografica
È attraverso la conservazione che le immagini
diventano documenti
Chi fa funzionare il meccanismo analogico è lo
spettatore, e non solo l’apparecchiatura tecnica
Contesti di fruizione delle foto di guerra
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Il significato cambia in funzione dei diversi contesti:
musei, gallerie d’arte, cataloghi, televisione, giornali
Il significato cambia anche in funzione dell’ordine
temporale assegnato alle singole immagini
nell’esposizione: gli eventi inclusi in una lista assumono
valore già nell’ordine temporale loro assegnato,
valore che è rilevante nei dispositivi di attenzione
individuale.
Contesti di fruizione delle foto di guerra
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Va rilevato del resto che il contesto di utilizzazione delle
fotografie è una manipolazione del discorso originario
del fotografo e un orientamento della lettura del ricettore
nella direzione voluta da chi dà forma al discorso. Questa
evidenza non è mai detta, e non si dà mai al lettore i mezzi
per decriptare – o semplicemente conoscere – i meccanismi
di utilizzo.
In questa produzione di senso, il ruolo del testo è
fondamentale. E’ il testo che può offrire gli elementi di
informazione che l’immagine fotografica è incapace di
offrire. Ed è il testo, dunque, che può sviluppare anche la
menzogna, chiedendo all’immagine di attestare la verità di
ciò che non è che apparenza.
Contesti di fruizione delle foto di guerra
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Una ventina di anni fa, nel quadro di una mostra fotografica
organizzata da Alain Hoogue e intitolata “Des vessies et des
lanternes”, figuravano, sotto a una trentina di clichés presi nelle
trincee durante la prima guerra mondiale, delle scritte, di
apparenza scientifica, con numeri d’identificazione, date, luoghi,
simili a quelle che apparivano sui documenti riguardanti la
guerra Iran-Irak (1980-1988), trasmessi dalle grandi agenzie
fotografiche. Nessuno, fra le migliaia di visitatori di questa
mostra dedicata agli inganni fotografici, mise in dubbio
l’autenticità dei documenti proposti. I visitatori non scoprirono
l’inganno che nella sala finale della mostra, dove venivano
spiegate le diverse manipolazioni.
Contesti di fruizione delle foto di guerra
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Quando noi guardiamo una fotografia, il nostro sguardo circola
all’interno di un quadro determinato dalla fotografia stessa,
alla ricerca di forme che conosce già. Le sole informazioni
precise proverranno dal testo collegato all’immagine. Questa
situazione conferma che, contrariamente a ciò che si dice, noi
non viviamo in una “civiltà dell’immagine”, ma sempre
nella civiltà della scrittura. Viviamo un momento particolare
della civiltà del testo in cui le immagini sono onnipresenti e,
poiché la maggioranza di coloro che vivono in questa civiltà
non sanno leggerle, le immagini sono diventate un enorme
strumento di potere per quelli che sapranno controllarne la
produzione e la distribuzione.
Foto di guerra e impegno pacifista:
Helmut Herzfeld / John Heartfield
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Nato in Germania nel
1891, Helmut Herzfeld è
considerato l’inventore del
fotomontaggio. Durante la
Grande Guerra diventa
un convinto antimilitarista.
Per protestare contro la
campagna ufficiale di
odio scatenata contro gli
Inglesi, decide di
inglesizzare il proprio
nome: John Heartfield
diventa così John
Heartfield.
Foto di guerra e impegno pacifista:
Helmut Herzfeld / John Heartfield
Diventato amico del
pittore Grosz, crea insieme
a lui dei montaggi con lo
scopo di combattere la
guerra. A partire dal
1920, Heartfield utilizza
esclusivamente la
fotografia per
smascherare il carattere
reazionario della classe al
potere, inventa il
fotomontaggio e chiama
se stesso montatore, come
gli operai.
Foto di guerra e impegno pacifista:
Helmut Herzfeld / John Heartfield
Adolf il superuomo: inghiotte oro e sputa piombo!
Foto di guerra e impegno pacifista
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Nel ‘24 l’obiettore di coscienza tedesco Ernst
Friedrich pubblica Krieg dem Kriege!, Guerra
alla guerra.
Di origine ebraica, legato fin dall'adolescenza
ai movimenti pacifisti, socialisti e anarchici
dell'epoca, allo scoppio della Prima guerra
mondiale Friedrich si era rifiutato di arruolarsi,
disertando. A seguito di questo gesto, era stato
prima rinchiuso in un manicomio, e poi in carcere.
Al termine del conflitto, aveva proseguito il suo
impegno antimilitarista, culminato nella
pubblicazione di "Guerra alla Guerra“, in
occasione del primo decennio dall’entrata in
guerra della Germania.
Foto di guerra e impegno pacifista
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Krieg dem Kriege! non è un saggio sulla guerra,
è una raccolta di fotografie della guerra, che
pagina dopo pagina mette davanti ai nostri
occhi - con la violenza che solo le immagini
possono trasmettere - realtà che raramente
vengono fatte vedere, che "non si possono far
vedere" per non turbare le coscienze
anestetizzate.
Le foto del volume provengono perlopiù da
archivi militari e medici
Foto di guerra e impegno pacifista
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Ernst Friedrich, indica nel rifiuto morale della guerra
e nell'obiezione di coscienza l'unica possibile
alternativa, per evitare la catastrofe. E invoca la
disobbedienza civile, soprattutto quando si appella
alle donne: “Non lasciate che i vostri uomini vadano
al fronte. [...] Attaccatevi al collo dei vostri mariti e
non lasciateli partire, nemmeno quando arriva la
cartolina di precetto!”. E ancora: “Divellete i binari,
gettatevi davanti alle locomotive!”. Friedrich sa bene
che, in quegli anni, "il posto degli obiettori di
coscienza che si rifiutano di diventare assassini" è la
forca. Ma continuerà la sua "guerra alla guerra":
arrestato dai nazisti, riuscirà a fuggire in Belgio, e
poi ancora in Francia, senza mai smettere di lottare.
Foto di guerra e impegno pacifista
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Guerra e fotografia ne “Le tre ghinee” di
Virginia Woolf
La posizione in merito di Susan Sontag:
diverse possibili reazioni alle foto di
guerra: possono incitare alla pace, alla
vendetta, o dirci che la guerra è
inevitabile, “contesto eroico”, ecc.
Le foto di guerra aiutano a ricordare, ma
non aiutano di per sé a capire
Foto di guerra, fra verità e menzogna
Comment se fait-il qu’une vraie guerre
n’ait pas généré des vraies images?
Bertolt Brecht
Foto di guerra, fra verità e menzogna
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la fotografia conferma ciò che si sa già, in caso contrario
viene considerata falsa
Foto e didascalie: esempio delle stesse foto usate da
entrambi i contendenti
Messa in scena: Fino alla guerra del Vietnam, le foto di
guerra sono generalmente frutto di larga messa in scena
foto (di autore sconosciuto) della biblioteca a Londra (1940,
dopo il bombardamento tedesco)
la foto della bandiera americana issata dai marines,
scattata da Rosenthal a Iwo Jima nel 1945
la foto della bandiera rossa sul Reichstag, scattata dal
fotografo russo Khaldei
Londra, Biblioteca dopo il blitz aereo tedesco
Iwo Jima flag raising
Evgueni Khaldei, “La bandiera rossa sul Reichstag”
Di ritorno a Mosca, Khaldei si reca all’agenzia Tass, il cui redattore nota che l’ufficiale ha un
orologio al polso. Dal momento che all’epoca circolavano diverse notizie sulle ruberie e i
saccheggi commessi dai soldati sovietici, l’agenzia ritocca l’immagine cancellando l’orologio
sul braccio destro, per evitare ogni polemica. Sarà solo dopo la caduta del muro di Berlino
che Khaldei riuscirà a pubblicare l’immagine originale della quale aveva conservato il
negativo.
Il falso massacro di Timisoara
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Nella notte del 22 dicembre 1989,
all’indomani della caduta di Ceausescu,
vari giornalisti accorrono a Timisoara, una
cittadina rumena dove da una fossa
comune emergono corpi ustionati, sventrati
e poi ricuciti per dissimulare autopsie
ospedaliere, annotano i reporter. Alcuni
uomini lì intorno spiegano che si tratta di
prigionieri torturati dalla Securitate. La
notizia del carnaio di Timisoara fa il giro
del mondo, su tutti i rotocalchi appare a
colori la prova provata della malvagità di
Ceausescu.
Il falso massacro di Timisoara
Nel giorno di Natale, arriva la notizia che
Ceausescu e la moglie sono stati processati,
fucilati e sepolti in una località segreta. A
capodanno, mentre la grande stampa
comincia a partire da Bucarest, un
giornalista svizzero semisconosciuto va
controcorrente e torna a Timisoara.
Ebbene, allo straniero bastano poche ore per scoprire che le
vittime della Securitate dissepolte sulla strada per Lipova erano in
realtà defunte di morte naturale e che i loro corpi erano stati
rubati dalle celle frigorifere dell’ospedale civile. Si affloscia in un
attimo il grande falso fotografato e diffuso dalla stampa
occidentale a Natale.
Foto di guerra e memoria
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Memoria selettiva, mai innocente
Memoria e reinterpretazione: la foto del fotografo
Chim della madre spagnola con bambino in
braccio, che apparentemente guarda preoccupata
il cielo
memoria, guerre locali e guerre che assumono un
significato internazionale
David Seymour, detto Chim: Madre allatta un bambino mentre assiste a un comizio
vicino a Badajoz, in Extremadura, Spagna, fine aprile-inizio maggio 1936
La foto è stata spesso riletta come immagine di una madre che guarda il cielo,
preoccupata dai bombardamenti aerei
Fra mostrabile e non mostrabile
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La morte rimane invedibile e indicibile: le foto di
guerra più diffuse ne rappresentano i dintorni, un
prima e un dopo
foto di guerra, censura e autocensura: il volto dei
nostri caduti, il volto dei nemici
La foto di guerra come arma di guerra
Fra atrocità ed arte
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Il problema
della bellezza
nelle foto di
guerra:
violenza e
sofferenza
sono
fotogeniche..
“Tele-intimità” con guerra e violenza
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spettacolarizzazione della violenza e apatia nel
1800 e in Baudelaire (1860)
informazione “mondiale” già alla fine dell’800
nelle parole del pres. della Croce Rossa
Internazionale
orrore e fascinazione, Eros e Thanatos, glamour,
pornografia e foto di guerra
La posizione della Sontag: spettacolarizzazione
della violenza, passività e apatia
Benedetti siano i fucili e i cannoni
In seguito al Concordato è stato
costituito un corpo di cappellani
militari (circa 230), tutti graduati
(come ufficiali), alle dipendenze
di un vescovo cui spetta il grado
di generale di Corpo d’Armata.
Nella caserma della Cecchignola,
a Roma, è stato addirittura
aperto un seminario. Tra le perle,
il massimo saluto militare dovuto
al SS. Sacramento (in ordine di
priorità prima della Bandiera e
del capo dello Stato), e la
benedizione delle armi, con
acquasanta e aspersorio, da
parte degli stessi cappellani
militari.
Benedizione della bandiera di combattimento della
Portaerei Cavour
(Civitavecchia 10 giugno 2009)
Saluto militare al Nunzio
Nunzio Apostolico per la Santa Sede in Libano passa in rassegna i militari nella
base italiana di Tibnine, in Libano (missione Leonte, gennaio 2007)
Il pope benedice le truppe
Caserma russa, 2007
Ordine del giorno dei cappellani
militari contro l’obiezione di coscienza
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Nell’anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano,
si sono riuniti ieri, presso l’Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il
Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine
dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto
Cambi, è stato votato il seguente ordine del giorno: "I cappellani
militari in congedo della regione Toscana nello spirito del recente
congresso nazionale dell’associazione svoltosi a Napoli, tributano il
loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia
auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni
discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i
fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per il sacro
ideale di Patria. Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la
cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento
cristiano dell’amore, è espressione di viltà".
(pubblicato sul quotidiano “La Nazione” del 12 febbraio 1965)
Don Milani e
l’obiezione di coscienza
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Don Milani replica immediatamente al documento dei
cappellani militari. La sua lettera di risposta viene pubblicata
dalla rivista “Rinascita”: il sacerdote vi afferma che
l’obbedienza non è più una virtù e reclama il diritto
all’obiezione di coscienza.
E’ una professione di nonviolenza, e per giustificare la scelta
pacifista l’autore ripercorre le guerre degli ultimi 100 anni e si
appella a due capisaldi: il Vangelo e la Costituzione italiana
Secondo il vaticanista Zizola la lettera ai cappellani militari di
Don Milani rappresenta uno dei migliori testi, che egli definisce
“tolstojano”, della letteratura italiana pacifista.
Don Milani e
l’obiezione di coscienza
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Il messaggio di don Milani non passa inosservato, e a Barbiana
arrivano critiche, intimidazioni e persino minacce di morte
La IV sezione del tribunale di Roma cita in giudizio Lorenzo
Milani insieme al vicedirettore responsabile di “Rinascita”, Luca
Pavolini, con l’accusa di incitamento alla diserzione e alla
disobbedienza militare. Pena prevista: reclusione fino a 10 anni.
Il 15 febbraio 1966 il Tribunale emette il suo verdetto: Don
Milani viene assolto con formula piena.
Gli accusatori ricorrono in appello; ma a causa del morbo di
Hodgkin di cui soffre da anni, Don Milani muore prima del
secondo grado del processo, in cui la corte modifica la sentenza
di primo grado e condanna Pavolini a cinque mesi e dieci giorni
di reclusione (verrà poi amnistiato dalla Cassazione). Per il priore
di Barbiana "il reato è estinto per morte del reo".
“Lettera di Natale 2011”
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Nel documento, sottoscritto da alcuni sacerdoti della nostra
regione - fra cui Pierluigi Di Piazza (Udine), Giacomo Tolot
(Pordenone) e Mario Vatta (Trieste) - in un capitoletto
intitolato “Contro ogni privilegio”, leggiamo:
“Avvertiamo inoltre l’urgenza di ripensare la presenza dei
Cappellani militari nell’esercito, e la loro collocazione come
graduati con stipendio corrispondente e privilegi annessi e
connessi. Presenza sempre più discutibile in un esercito ora
professionale, ma che, al massimo, potrebbe avere un senso
come servizio di vicinanza umile e disinteressata alle persone,
senza assumere una funzione strutturale e gerarchica
all’interno dell’esercito. Rimane infatti aperta la grave
questione del rapporto fra il Vangelo e le armi e su questo, in
modo particolare, la nostra Chiesa dovrebbe dire una parola
inequivocabilmente chiara, seguendo il Vangelo della non
violenza e della costruzione della pace”.
Guerra e fotografia in letteratura
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Dario Lanzardo, “Il ritratto del
soldato morto di paura”, in “Il
fotografo e la bambina”
La fotografia è di per sé violenta?
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La natura violenta della fotografia: la poesia di
Ando Gilardi “Non fotografare”
La fotografia e la metafora della caccia: shooting,
flash “sparati” e belle catture
Il rapporto di forza fotografo/soggetto ritratto e la
relazione fotografo/modella (il racconto di Italo
Calvino)
“Non fotografare” di Ando Gilardi
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"Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati.
Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese, i pensionati sulle panchine solitarie che
aspettano la morte come un treno nella notte.
Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime della droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La
società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia.
Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perché
non possono respingerti.
Non fotografare il suicida, l’omicida e la sua vittima.
Non fotografare l’imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo.
Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già sopportato la
violenza non aggiungere la tua. Loro debbono usare violenza, tu puoi farne a meno.
Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi.
Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l’eroico moncherino.
Non ritrarre un uomo solo perché la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme.
Non perseguitare con i flash la ragazza sfigurata dall’incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l’attrice
imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungere le tue fotografie.
Non fotografare la madre dell’assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso
l’amante, e nemmeno gli orfani dell’amante. Non fotografare chi subì ingiuria: la ragazza violentata, il bambino
percosso.
Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del diritto all’informazione. Se è davvero l’umana
solidarietà quella che ti conduce a visitare l’ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa
la macchina fotografica.
Non fotografare chi fotografa; può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale.
Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel
quadro davanti alla gabbia del condannato all’ergastolo, all’impiccato che dondola, alla puttana che trema di
freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine?? Perché presumi che il costume da free-lance, una borsa
di accessori, tre macchine appese al collo e un flash sparato possano giustificarti?”
Reportage di guerra in tempo di pace
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La guerra fra memoria, folklore e turismo
Fotoreportage di guerre anteriori a Niépce e Daguerre
Alcuni degli innumerevoli appuntamenti fissi per tanti fotografi
Rievocazione, nella Repubblica Ceca, della battaglia di
Austerlitz, avvenuta il 2 dicembre 1805 tra l'armata francese
comandata da Napoleone ed una armata congiunta, formata
da russi e austriaci.
Rievocazione in Belgio della Battaglia di Waterloo (18 giugno
1815, fra le truppe napoleoniche e quelle della Settima
Coalizione)
Rievocazione storica, in Italia, dello Sbarco anglo-americano
ad Anzio (22 gennaio 1944): la manifestazione è giunta nel
2012 alla sua ottava edizione
Rievocazione dello Sbarco di Anzio (2012): fotografie di Alfredo Mancini
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
Arthur Stadler, 1927, commemora la Prima guerra mondiale
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
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L’obiettore di coscienza, visto da Andrea Pazienza
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
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Opera a 3 mani (le fotografie sono di Lefèvre, i fumetti di Guibert, la realizzazione grafica di
Lemercier), il libro nasce dall’esperienza del fotoreporter Didier Lefèvre, partito nel 1986 al seguito
di un'équipe di Medici Senza Frontiere diretta nell’Afghanistan dilaniato dalla guerra tra sovietici e
Moudjahidin. Sposando in modo geniale disegni e fotografie, il volume racconta la lunga marcia di
uomini e donne che tentano di riparare ciò che altri, con le armi, distruggono. Un libro che non può
mancare nella biblioteca di nessun fotografo e pacifista.
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
Nel marzo 2007, il papa Benedetto XVI ha nominato nuovo presidente della CEI
(Conferenza Episcopale Italiana) l‘arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
il cappellano americano prega perché le teste coperte di stracci - gli arabi - si
inginocchino davanti a Gesù
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
“'Per favore, cooperi. Credo nelle rapine nonviolente”
FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE
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21 Settembre 2009 - Primo giorno d’autunno.
Oltre alle foglie cadono anche i malintesi: la missione in Afghanistan è una
missione di guerra (vignetta di Gianfranco Uber)
“Nunca mais”
Foto di Roberto Lionetti, Bissau (Guinea Bissau), febbraio 2000
Non ci crederete, ma quello sono io! 
Ungheria, agosto 2011