ceausescu execution video
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FOTOGRAFIA DI GUERRA E IMPEGNO PACIFISTA Roberto Lionetti, 2012 Eddie Adam, Vietcong execution, Vietnam 1968 Il generale Kao-ki uccide un Vietcong in una strada piena di fotografi e giornalisti, dove l’ha trascinato per poterlo giustiziare davanti agli obiettivi. Gardner, “Home of rebel sharpshooter” Guerra di Secessione Gardner, “Battaglia di Antietam” Guerra di Secessione O’Sullivan, “Battaglia di Antietam” Guerra di Secessione O’Sullivan, “Harvest death”, Guerra di Secessione Vietnam Una bambina vietnamita fugge, nuda e bruciata dal napalm, insieme ai suoi fratelli, dal villaggio bombardato Ron Haviv, Miliziano serbo dà un calcio a una donna a terra. Bosnia 1992 Jeff Wall, “Dead Troops Talk” Rappresentazione dell’imboscata tesa all’armata rossa nei pressi di Moqor, Afghanistan, inverno 1986 Nascita e sviluppo della fotografia di guerra Nel corso degli anni ’40 del XIX secolo, nascono, anche in Italia, i primi giornali illustrati, nel cui ambito avviene il progressivo passaggio dal disegno alla fotografia Roger Fenton, inviato del principe Alberto in Crimea (1855) e Felice Beato, primi “fotografi di guerra” Nascita e sviluppo della fotografia di guerra Guerra di Secessione (1861-65): Lincoln invia Brady e la sua équipe al fronte a fotografare Nel 1862 nasce in America l’embrione di quella che sarà la prima agenzia fotografica, specializzata proprio nelle foto di guerra Nascita e sviluppo della fotografia di guerra Napoleone III parte il 10 maggio 1959 per l’Italia alla testa del suo esercito, ma decide improvvisamente di fermarsi nello studio di Disderi, per farsi immortalare, mentre i soldati lo aspettano, dal ritrattista di moda. La fotografia lo seguirà poi nel resto del suo viaggio, scrivendo un capitolo fondamentale della storia dell’immagine di guerra Riferisce una cronaca dell’epoca: “Gli obiettivi saranno puntati insieme ai cannoni. L’imperatore attribuisce grande importanza a questi documenti, così preziosi per la storia”. [D’Autilia, p.88] “Puntare gli obiettivi: fuoco!” L’imperatore aveva intuito infatti l’importanza della testimonianza diretta fornita dalle immagini scattate sul campo. Durante la campagna d’Italia, Napoleone III reclutò un fotografo, Léon Méhédin, per documentare le fasi del conflitto. Méhédin produsse una ricca documentazione, resa ancora più interessante dall’aggiunta di notazioni scritte sui cartoni di supporto delle stampe fotografiche, dove riportò le parole dello stesso Napoleone a com-mento delle attività militari. Veri e propri reportage che segnano la na-scita della comunicazione politica per immagini, essendo destinati anche all’opinione pubblica, sempre più coinvolta nelle vicende politiche e belliche Nascita e sviluppo della fotografia di guerra Comparsa, negli anni ‘30 del XX secolo, dei settimanali illustrati e della professione del fotoreporter di guerra L’Agenzia Magnum viene fondata nel 1947 dai fotografi Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Saymour e George Rodger l’internazionalismo della professione del fotoreporter “Il sangue in prima pagina” e lo shock come stimolo commerciale Sviluppi della foto di guerra e attrezzatura fotografica Fotografia di guerra e pubblicità, dal miliziano di Capa ad oggi Uso bellico della fotografia aerea Già nel 1856, il grande fotografo Nadar, affascinato dalle novità dell’epoca, decide di prendere le prime foto di Parigi da un pallone aerostatico Qualche anno più tardi, durante l'assedio della capitale (durato dal 19 settembre 1870 al 28 gennaio 1871), Nadar fu incaricato di osservare da un pallone i movimenti delle truppe prussiane e di fotografarli Uso bellico dei microfilm Un altro aspetto interessante, durante l’assedio di Parigi, è l’impiego della fotografia per inviare, attraverso piccioni viaggiatori, dei messaggi segreti. La fotografia venne utilizzata per fotografare i messaggi e ridurli in microfilm. In questo modo, ogni piccione poteva trasportare un testo contenente un milione di parole. Durante l’assedio, vennero inviati, con questo sistema, 150 mila messaggi governativi, militari e segreti e oltre un milione di missive private. Uso bellico del piccione fotografo L’impiego di piccioni viaggiatori in guerra risale del resto all’antichità: scritti greci e romani tramandano l’uso di piccioni per informare sugli esiti delle battaglie su fronti lontani. La sconfitta di Napoleone a Waterloo fu subito conosciuta a Londra grazie alle relazioni portate da piccioni viaggiatori prestati alle truppe inglesi dal banchiere Nathan Rothschild E nel 1898, il tedesco Julius Neubronner iniziò a costruire una serie di macchine fotografiche leggerissime, da fissare al petto dei volatili. Uso bellico della fotografia aerea L’apparecchio messo a punto da Neubronner pesava solo 70 grammi, e poteva scattare un’immagine del terreno sorvolato su un negativo di cm 4x4. Nasceva così la pigeon camera, che fu brevettata nel 1903. E lo stesso anno le brigate della Baviera ne acquistarono diversi esemplari. Nella pigeon camera lo scatto era comandato da un temporizzatore meccanico regolato sul tempo approssimativo che serviva al piccione per raggiungere l’area da riprendere. Nel 1912, Neubronner presentò un modello con molte migliorie, che negli anni seguenti fu acquistato in gran numero dalle forze armate dei principali paesi. Fotografia e propaganda militare E’ stata sottolineata da molti studiosi l’efficacia della fotografia nella manipolazione dei comportamenti. Non stupisce allora che i governi dei paesi belligeranti abbiano fatto regolarmente ricorso a questo strumento per rafforzare il “sentimento patriottico”, sollevare il morale dei soldati al fronte, costruire il consenso e lanciare campagne d’odio contro il nemico Fotografia e propaganda militare Un aspetto interessante da sottolineare, è il cambio di significato di una stessa immagine, in funzione del contesto, e innumerevoli sono i casi di arbitrarie ricontestualizzazioni, che comunicano messaggi falsi Così, ad esempio, una foto d’agenzia inglese del luglio 1940 mostra Winston Churchill durante un’ispezione alle linee di difesa della costa nordorientale: ha il solito sigaro e indossa un gessato, mentre prova il fucile mitragliatore di un soldato. Senza eccessivi interventi sull’immagine, la propaganda nazista nel 1941 ricavò da questa fotografia un manifesto in cui il primo ministro britannico veniva trasformato in un temibile franco tiratore. Guerra e foto di preservazione Eredi delle xilografie di preservazione diffuse in Europa fin dal XIV secolo (al fine di proteggere chi le possedeva da furti, incidenti, malattie), le fotografie di preservazione si diffondono già nell’800. La loro vendita, scrive Ando Gilardi, tocca livelli incredibili nel corso della guerra 1914-18: non è azzardato valutare in miliardi i pezzi prodotti, soprattutto sotto forma di cartoline, spedite dal e al fronte. Dietro alla cartolina popolare francese qui riprodotta, spedita a casa dal fronte e raffigurante il corpo di un ufficiale tedesco ucciso su un albero che gli serviva da postazione di vedetta, si legge: “E’ autunno, mia cara: dagli alberi cadono gli ufficiali ingialliti..” Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea Soldati al fronte: quello di spalle guarda lo foto della moglie e della figlia Soldati Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea 2 marinai americani sfogliano la rivista Film Fun Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea La Nose art è una forma di graffiti, una pittura decorativa della fusoliera di aerei militari, posta generalmente vicino al muso dell’aereo (nose=naso). Iniziata per ragioni pratiche di identificazione dei mezzi amici, la pratica diventò rapidamente espressione di individualità, in contrapposizione con l’uniformità della vita militare, e sorta di protezione psicologica contro lo stress della guerra e il rischio di morire. Per quanto non approvata ufficialmente dalle gerarchie militari, la Nose art è stata largamente tollerata fino a tempi recentissimi. In ragione della sua natura individuale e non ufficiale, la Nose art è considerata una forma di arte popolare, legata alle rappresentazioni di un gruppo. Come nel caso dei più sofisticati graffiti, l’artista rimane spesso anonimo, e la forma d’arte stessa è effimera, legata a materiali immediatamente disponibili. Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea Pare che la pin up così come la conosciamo noi sia nata in Francia, dove, alla fine dell’ottocento, cominciarono ad apparire le prime riviste, rivolte ad un pubblico medio, con in copertina rappresentazioni femminili in abiti spesso succinti. Nei primi anni del XX secolo, questo tipo di immagini arrivarono anche al di là dell’Oceano e con lo scoppio della prima Guerra Mondiale in America cominciano a comparire le prime Pin Up. L’esercito americano considerò da subito la Pin Up utile al morale delle sue truppe e decise così di “arruolarle”, per così dire, e spedirle al fronte. Il massimo sviluppo e la massima “produzione” di Pin Up si ha però con l’avvento della seconda Guerra Mondiale, quando molte fra le più belle Pin Up furono pubblicate da Yank, il settimanale dell’esercito, ovviamente americano. Durante il secondo Grande Conflitto prese vita una nuova arte: quella che adesso noi consociamo come “Nose Art”, e molte Pin Up iniziarono ad apparire disegnate sui mezzi militari americani, e in modo particolare sui bombardieri che le usavano come mascotte. Per citare uno fra i più famosi bombardieri, su cui non molti anni fa fu realizzato un film, è il B-17 “Memphis Belle”. Durante la seconda guerra mondiale le PinUp divennero vere e proprie mascotte, persino dipinte sulla corazza degli aerei da bombardamento. Nel film "The Memphis Belle: A Story of a Flying Fortress", sul muso di un aereo da guerra c'è una Pin-Up, la stessa disegnata nel 1941 da George Petty per "Esquire" nota rivista per soli uomini Mogli, fidanzate, pin-up e altre donne in trincea Nose art first appeared on warplanes during the First World War and enjoyed a golden age during the Second World War when thousands of American fighters and bombers were decorated with pictures of glamorous women. Military commanders tolerated the practice as a morale booster. Famous examples include the Memphis Belle, a U.S. Army Air Force B17 bomber that was the subject of a 1990 Hollywood movie. Many Royal Air Force units picked up the practice from the Americans. During the Second World War it was common to see images of movie stars including Rita Hayworth and Jane Russell on British bombers heading for Germany. Nose art enjoyed another surge in popularity during the 1991 and 2003 Gulf Wars, when risque images appeared on many British warplanes. The decision to ban the images followed a visit by glamour models to southern Afghanistan before Christmas. During the trip they signed paintings of themselves on RAF aircraft. Commanders decided the images were sexist and insisted there was no place for them in the modern armed forces. There was also concern that they could cause offence in a muslim country where until 2001 all women were forced to wear the head-to-toe burkha in public. Weapons were needed in massive quantities with unerring reliability. Nations under the British Commonwealth, participants in the war against the Axis,like Australia, India and Canada were expected to produce their share of weapons for the fight. And with the Bren Gun, the premiere light machine-gun of the Commonwealth, production numbers soared through each year of the war. By 1943 British manufacture of the Bren reach 1,000 units weekly. That same year at the Inglis facility in Canada was producing 60% of all Bren Guns. And in that factory worked a woman who would become known as the Canadian version of Rosie the Riveter. Veronica Foster was one of 16,000 female ordnance workers producing the Bren Gun at the factory. Looking for a propaganda boost for those on the Homefront, Commonwealth officials found that Foster fit the bill. The worker was thrust into the spotlight throughout Canada, showed inspecting lathes and casually lounging beside the completed Bren Gun. Also, showing the age, was followed out jitterbugging and primping herself for a night out. Ronnie the Bren Gun Girl became a symbol of wartime production propaganda but live in the shadow of her iconic southern neighbor. Le armi erano necessari in quantità massicce con infallibile affidabilità. Nazioni sotto il Commonwealth britannico, i partecipanti alla guerra contro l'Asse, come l'Australia, l'India e il Canada avrebbero dovuto produrre la loro quota di armi per la lotta. E con la pistola Bren, la luce prima mitragliatrice del Commonwealth, numeri di produzione attraverso salito ogni anno di guerra. Nel 1943 produzione britannica del Bren raggiungere 1.000 unità settimanali. Nello stesso anno presso l'impianto di Inglis in Canada stava producendo il 60% di tutte le pistole Bren. E in quella fabbrica ha lavorato una donna che sarebbe diventata nota come la versione canadese di Rosie the Riveter. Veronica Foster è stato uno dei 16.000 lavoratori ordigni femminile produrre la pistola Bren in fabbrica. Alla ricerca di una spinta di propaganda per coloro che sul fronte interno, i funzionari del Commonwealth ha scoperto che Foster misura la fattura. Il lavoratore è stato di spinta sotto i riflettori in tutto il Canada, ha mostrato l'ispezione torni e casualmente rilassarsi accanto alla pistola Bren completato. Inoltre, mostrando l'età, è stato seguito da jitterbugging e primping se stessa per una serata fuori. Ronnie the Girl Gun Bren divenne un simbolo di propaganda produzione bellica, ma vive all'ombra della sua vicina iconico del sud. Guerra, atrocità e pornografia Un’inquietante capitolo della fotografia di guerra, rimanda all’uso pornografico della stessa. Antonella Randazzo, autrice del libro Dittature: la storia occulta (ed. Il Nuovo Mondo, 2007), in una circostanziata denuncia della mercificazione della donna nei diversi scenari bellici, riferisce che “Women Against Rape ha denunciato che alcuni soldati inglesi hanno scattato foto di stupri e violenze, che poi hanno fatto circolare come materiale pornografico. Le truppe americane e britanniche praticano violenze sessuali anche su bambini, come è stato denunciato da numerose associazioni umanitarie. Esistono foto e video che documentano queste atrocità”. Il 13 dicembre 1937, il Giappone invase Nanking, capitale della Cina nazionalista. Le settimane che seguirono furono teatro di stupri e assassinii di massa. Si calcola che almeno 20 mila donne furono violentate, incluse bambine e donne anziane. Molte famiglie furono costrette all’incesto, per il divertimento delle truppe giapponesi. E gli stessi soldati scattarono delle foto ricordo di tali atrocità, come nel caso dell’immagine di una donna che viene decapitata, dopo essere stata stuprata .. Dopo la ricerca che culminò con la pubblicazione del libro The Rape of Nanking, la giornalista e storica americana Iris Chang, traumatizzata da ciò che aveva riportato alla luce, si suicidò il 9 novembre 2004 8 Agosto 1945. Una ragazza cinese, che aveva subito a lungo violenze da parte dei soldati giapponesi, viene intervistata da un ufficiale Alleato. Foto di guerra come icona forte, dalla notevoli valenze connotative Cinèma, elemento invariante e ormai rituale delle rappresentazioni Sequenze forti come risposta a una fruizione distratta Tempo dell’attesa (attesa del tempo dell’attacco) e rumore del silenzio (mancano le urla, il suono delle armi..) nelle foto di guerra Foto e produzione della notizia Produzione della notizia e routines produttive Raccolta Selezione Presentazione Ruolo del gatekeeper (selezionatore) e potere di selezione Cultura professionale, organizzazione del lavoro, sovrabbondanza di avvenimenti e sistematizzazione dei fenomeni Foto e produzione della notizia Il concetto di notiziabilità (newsworthiness) e criteri di rilevanza Prevalenza della routine produttiva: l’ideologia si traduce in una serie di paradigmi e pratiche professionali adottati come naturali Ripetizione indifferenziata e non-immagini della Guerra del Golfo nel ’91 Massimo di potenzialità tecnologica per la possibile rappresentazione e minimo della visibilità e dell’informazione (immagini fattualmente vuote) Ripetizione analogica, falsità e rimozione/negazione delle differenze fra realtà e riproduzione fotografica È attraverso la conservazione che le immagini diventano documenti Chi fa funzionare il meccanismo analogico è lo spettatore, e non solo l’apparecchiatura tecnica Contesti di fruizione delle foto di guerra Il significato cambia in funzione dei diversi contesti: musei, gallerie d’arte, cataloghi, televisione, giornali Il significato cambia anche in funzione dell’ordine temporale assegnato alle singole immagini nell’esposizione: gli eventi inclusi in una lista assumono valore già nell’ordine temporale loro assegnato, valore che è rilevante nei dispositivi di attenzione individuale. Contesti di fruizione delle foto di guerra Va rilevato del resto che il contesto di utilizzazione delle fotografie è una manipolazione del discorso originario del fotografo e un orientamento della lettura del ricettore nella direzione voluta da chi dà forma al discorso. Questa evidenza non è mai detta, e non si dà mai al lettore i mezzi per decriptare – o semplicemente conoscere – i meccanismi di utilizzo. In questa produzione di senso, il ruolo del testo è fondamentale. E’ il testo che può offrire gli elementi di informazione che l’immagine fotografica è incapace di offrire. Ed è il testo, dunque, che può sviluppare anche la menzogna, chiedendo all’immagine di attestare la verità di ciò che non è che apparenza. Contesti di fruizione delle foto di guerra Una ventina di anni fa, nel quadro di una mostra fotografica organizzata da Alain Hoogue e intitolata “Des vessies et des lanternes”, figuravano, sotto a una trentina di clichés presi nelle trincee durante la prima guerra mondiale, delle scritte, di apparenza scientifica, con numeri d’identificazione, date, luoghi, simili a quelle che apparivano sui documenti riguardanti la guerra Iran-Irak (1980-1988), trasmessi dalle grandi agenzie fotografiche. Nessuno, fra le migliaia di visitatori di questa mostra dedicata agli inganni fotografici, mise in dubbio l’autenticità dei documenti proposti. I visitatori non scoprirono l’inganno che nella sala finale della mostra, dove venivano spiegate le diverse manipolazioni. Contesti di fruizione delle foto di guerra Quando noi guardiamo una fotografia, il nostro sguardo circola all’interno di un quadro determinato dalla fotografia stessa, alla ricerca di forme che conosce già. Le sole informazioni precise proverranno dal testo collegato all’immagine. Questa situazione conferma che, contrariamente a ciò che si dice, noi non viviamo in una “civiltà dell’immagine”, ma sempre nella civiltà della scrittura. Viviamo un momento particolare della civiltà del testo in cui le immagini sono onnipresenti e, poiché la maggioranza di coloro che vivono in questa civiltà non sanno leggerle, le immagini sono diventate un enorme strumento di potere per quelli che sapranno controllarne la produzione e la distribuzione. Foto di guerra e impegno pacifista: Helmut Herzfeld / John Heartfield Nato in Germania nel 1891, Helmut Herzfeld è considerato l’inventore del fotomontaggio. Durante la Grande Guerra diventa un convinto antimilitarista. Per protestare contro la campagna ufficiale di odio scatenata contro gli Inglesi, decide di inglesizzare il proprio nome: John Heartfield diventa così John Heartfield. Foto di guerra e impegno pacifista: Helmut Herzfeld / John Heartfield Diventato amico del pittore Grosz, crea insieme a lui dei montaggi con lo scopo di combattere la guerra. A partire dal 1920, Heartfield utilizza esclusivamente la fotografia per smascherare il carattere reazionario della classe al potere, inventa il fotomontaggio e chiama se stesso montatore, come gli operai. Foto di guerra e impegno pacifista: Helmut Herzfeld / John Heartfield Adolf il superuomo: inghiotte oro e sputa piombo! Foto di guerra e impegno pacifista Nel ‘24 l’obiettore di coscienza tedesco Ernst Friedrich pubblica Krieg dem Kriege!, Guerra alla guerra. Di origine ebraica, legato fin dall'adolescenza ai movimenti pacifisti, socialisti e anarchici dell'epoca, allo scoppio della Prima guerra mondiale Friedrich si era rifiutato di arruolarsi, disertando. A seguito di questo gesto, era stato prima rinchiuso in un manicomio, e poi in carcere. Al termine del conflitto, aveva proseguito il suo impegno antimilitarista, culminato nella pubblicazione di "Guerra alla Guerra“, in occasione del primo decennio dall’entrata in guerra della Germania. Foto di guerra e impegno pacifista Krieg dem Kriege! non è un saggio sulla guerra, è una raccolta di fotografie della guerra, che pagina dopo pagina mette davanti ai nostri occhi - con la violenza che solo le immagini possono trasmettere - realtà che raramente vengono fatte vedere, che "non si possono far vedere" per non turbare le coscienze anestetizzate. Le foto del volume provengono perlopiù da archivi militari e medici Foto di guerra e impegno pacifista Ernst Friedrich, indica nel rifiuto morale della guerra e nell'obiezione di coscienza l'unica possibile alternativa, per evitare la catastrofe. E invoca la disobbedienza civile, soprattutto quando si appella alle donne: “Non lasciate che i vostri uomini vadano al fronte. [...] Attaccatevi al collo dei vostri mariti e non lasciateli partire, nemmeno quando arriva la cartolina di precetto!”. E ancora: “Divellete i binari, gettatevi davanti alle locomotive!”. Friedrich sa bene che, in quegli anni, "il posto degli obiettori di coscienza che si rifiutano di diventare assassini" è la forca. Ma continuerà la sua "guerra alla guerra": arrestato dai nazisti, riuscirà a fuggire in Belgio, e poi ancora in Francia, senza mai smettere di lottare. Foto di guerra e impegno pacifista Guerra e fotografia ne “Le tre ghinee” di Virginia Woolf La posizione in merito di Susan Sontag: diverse possibili reazioni alle foto di guerra: possono incitare alla pace, alla vendetta, o dirci che la guerra è inevitabile, “contesto eroico”, ecc. Le foto di guerra aiutano a ricordare, ma non aiutano di per sé a capire Foto di guerra, fra verità e menzogna Comment se fait-il qu’une vraie guerre n’ait pas généré des vraies images? Bertolt Brecht Foto di guerra, fra verità e menzogna la fotografia conferma ciò che si sa già, in caso contrario viene considerata falsa Foto e didascalie: esempio delle stesse foto usate da entrambi i contendenti Messa in scena: Fino alla guerra del Vietnam, le foto di guerra sono generalmente frutto di larga messa in scena foto (di autore sconosciuto) della biblioteca a Londra (1940, dopo il bombardamento tedesco) la foto della bandiera americana issata dai marines, scattata da Rosenthal a Iwo Jima nel 1945 la foto della bandiera rossa sul Reichstag, scattata dal fotografo russo Khaldei Londra, Biblioteca dopo il blitz aereo tedesco Iwo Jima flag raising Evgueni Khaldei, “La bandiera rossa sul Reichstag” Di ritorno a Mosca, Khaldei si reca all’agenzia Tass, il cui redattore nota che l’ufficiale ha un orologio al polso. Dal momento che all’epoca circolavano diverse notizie sulle ruberie e i saccheggi commessi dai soldati sovietici, l’agenzia ritocca l’immagine cancellando l’orologio sul braccio destro, per evitare ogni polemica. Sarà solo dopo la caduta del muro di Berlino che Khaldei riuscirà a pubblicare l’immagine originale della quale aveva conservato il negativo. Il falso massacro di Timisoara Nella notte del 22 dicembre 1989, all’indomani della caduta di Ceausescu, vari giornalisti accorrono a Timisoara, una cittadina rumena dove da una fossa comune emergono corpi ustionati, sventrati e poi ricuciti per dissimulare autopsie ospedaliere, annotano i reporter. Alcuni uomini lì intorno spiegano che si tratta di prigionieri torturati dalla Securitate. La notizia del carnaio di Timisoara fa il giro del mondo, su tutti i rotocalchi appare a colori la prova provata della malvagità di Ceausescu. Il falso massacro di Timisoara Nel giorno di Natale, arriva la notizia che Ceausescu e la moglie sono stati processati, fucilati e sepolti in una località segreta. A capodanno, mentre la grande stampa comincia a partire da Bucarest, un giornalista svizzero semisconosciuto va controcorrente e torna a Timisoara. Ebbene, allo straniero bastano poche ore per scoprire che le vittime della Securitate dissepolte sulla strada per Lipova erano in realtà defunte di morte naturale e che i loro corpi erano stati rubati dalle celle frigorifere dell’ospedale civile. Si affloscia in un attimo il grande falso fotografato e diffuso dalla stampa occidentale a Natale. Foto di guerra e memoria Memoria selettiva, mai innocente Memoria e reinterpretazione: la foto del fotografo Chim della madre spagnola con bambino in braccio, che apparentemente guarda preoccupata il cielo memoria, guerre locali e guerre che assumono un significato internazionale David Seymour, detto Chim: Madre allatta un bambino mentre assiste a un comizio vicino a Badajoz, in Extremadura, Spagna, fine aprile-inizio maggio 1936 La foto è stata spesso riletta come immagine di una madre che guarda il cielo, preoccupata dai bombardamenti aerei Fra mostrabile e non mostrabile La morte rimane invedibile e indicibile: le foto di guerra più diffuse ne rappresentano i dintorni, un prima e un dopo foto di guerra, censura e autocensura: il volto dei nostri caduti, il volto dei nemici La foto di guerra come arma di guerra Fra atrocità ed arte Il problema della bellezza nelle foto di guerra: violenza e sofferenza sono fotogeniche.. “Tele-intimità” con guerra e violenza spettacolarizzazione della violenza e apatia nel 1800 e in Baudelaire (1860) informazione “mondiale” già alla fine dell’800 nelle parole del pres. della Croce Rossa Internazionale orrore e fascinazione, Eros e Thanatos, glamour, pornografia e foto di guerra La posizione della Sontag: spettacolarizzazione della violenza, passività e apatia Benedetti siano i fucili e i cannoni In seguito al Concordato è stato costituito un corpo di cappellani militari (circa 230), tutti graduati (come ufficiali), alle dipendenze di un vescovo cui spetta il grado di generale di Corpo d’Armata. Nella caserma della Cecchignola, a Roma, è stato addirittura aperto un seminario. Tra le perle, il massimo saluto militare dovuto al SS. Sacramento (in ordine di priorità prima della Bandiera e del capo dello Stato), e la benedizione delle armi, con acquasanta e aspersorio, da parte degli stessi cappellani militari. Benedizione della bandiera di combattimento della Portaerei Cavour (Civitavecchia 10 giugno 2009) Saluto militare al Nunzio Nunzio Apostolico per la Santa Sede in Libano passa in rassegna i militari nella base italiana di Tibnine, in Libano (missione Leonte, gennaio 2007) Il pope benedice le truppe Caserma russa, 2007 Ordine del giorno dei cappellani militari contro l’obiezione di coscienza Nell’anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono riuniti ieri, presso l’Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto Cambi, è stato votato il seguente ordine del giorno: "I cappellani militari in congedo della regione Toscana nello spirito del recente congresso nazionale dell’associazione svoltosi a Napoli, tributano il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale di Patria. Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà". (pubblicato sul quotidiano “La Nazione” del 12 febbraio 1965) Don Milani e l’obiezione di coscienza Don Milani replica immediatamente al documento dei cappellani militari. La sua lettera di risposta viene pubblicata dalla rivista “Rinascita”: il sacerdote vi afferma che l’obbedienza non è più una virtù e reclama il diritto all’obiezione di coscienza. E’ una professione di nonviolenza, e per giustificare la scelta pacifista l’autore ripercorre le guerre degli ultimi 100 anni e si appella a due capisaldi: il Vangelo e la Costituzione italiana Secondo il vaticanista Zizola la lettera ai cappellani militari di Don Milani rappresenta uno dei migliori testi, che egli definisce “tolstojano”, della letteratura italiana pacifista. Don Milani e l’obiezione di coscienza Il messaggio di don Milani non passa inosservato, e a Barbiana arrivano critiche, intimidazioni e persino minacce di morte La IV sezione del tribunale di Roma cita in giudizio Lorenzo Milani insieme al vicedirettore responsabile di “Rinascita”, Luca Pavolini, con l’accusa di incitamento alla diserzione e alla disobbedienza militare. Pena prevista: reclusione fino a 10 anni. Il 15 febbraio 1966 il Tribunale emette il suo verdetto: Don Milani viene assolto con formula piena. Gli accusatori ricorrono in appello; ma a causa del morbo di Hodgkin di cui soffre da anni, Don Milani muore prima del secondo grado del processo, in cui la corte modifica la sentenza di primo grado e condanna Pavolini a cinque mesi e dieci giorni di reclusione (verrà poi amnistiato dalla Cassazione). Per il priore di Barbiana "il reato è estinto per morte del reo". “Lettera di Natale 2011” Nel documento, sottoscritto da alcuni sacerdoti della nostra regione - fra cui Pierluigi Di Piazza (Udine), Giacomo Tolot (Pordenone) e Mario Vatta (Trieste) - in un capitoletto intitolato “Contro ogni privilegio”, leggiamo: “Avvertiamo inoltre l’urgenza di ripensare la presenza dei Cappellani militari nell’esercito, e la loro collocazione come graduati con stipendio corrispondente e privilegi annessi e connessi. Presenza sempre più discutibile in un esercito ora professionale, ma che, al massimo, potrebbe avere un senso come servizio di vicinanza umile e disinteressata alle persone, senza assumere una funzione strutturale e gerarchica all’interno dell’esercito. Rimane infatti aperta la grave questione del rapporto fra il Vangelo e le armi e su questo, in modo particolare, la nostra Chiesa dovrebbe dire una parola inequivocabilmente chiara, seguendo il Vangelo della non violenza e della costruzione della pace”. Guerra e fotografia in letteratura Dario Lanzardo, “Il ritratto del soldato morto di paura”, in “Il fotografo e la bambina” La fotografia è di per sé violenta? La natura violenta della fotografia: la poesia di Ando Gilardi “Non fotografare” La fotografia e la metafora della caccia: shooting, flash “sparati” e belle catture Il rapporto di forza fotografo/soggetto ritratto e la relazione fotografo/modella (il racconto di Italo Calvino) “Non fotografare” di Ando Gilardi "Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati. Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese, i pensionati sulle panchine solitarie che aspettano la morte come un treno nella notte. Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime della droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia. Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perché non possono respingerti. Non fotografare il suicida, l’omicida e la sua vittima. Non fotografare l’imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo. Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già sopportato la violenza non aggiungere la tua. Loro debbono usare violenza, tu puoi farne a meno. Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi. Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l’eroico moncherino. Non ritrarre un uomo solo perché la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme. Non perseguitare con i flash la ragazza sfigurata dall’incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l’attrice imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungere le tue fotografie. Non fotografare la madre dell’assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso l’amante, e nemmeno gli orfani dell’amante. Non fotografare chi subì ingiuria: la ragazza violentata, il bambino percosso. Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del diritto all’informazione. Se è davvero l’umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l’ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica. Non fotografare chi fotografa; può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale. Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel quadro davanti alla gabbia del condannato all’ergastolo, all’impiccato che dondola, alla puttana che trema di freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine?? Perché presumi che il costume da free-lance, una borsa di accessori, tre macchine appese al collo e un flash sparato possano giustificarti?” Reportage di guerra in tempo di pace La guerra fra memoria, folklore e turismo Fotoreportage di guerre anteriori a Niépce e Daguerre Alcuni degli innumerevoli appuntamenti fissi per tanti fotografi Rievocazione, nella Repubblica Ceca, della battaglia di Austerlitz, avvenuta il 2 dicembre 1805 tra l'armata francese comandata da Napoleone ed una armata congiunta, formata da russi e austriaci. Rievocazione in Belgio della Battaglia di Waterloo (18 giugno 1815, fra le truppe napoleoniche e quelle della Settima Coalizione) Rievocazione storica, in Italia, dello Sbarco anglo-americano ad Anzio (22 gennaio 1944): la manifestazione è giunta nel 2012 alla sua ottava edizione Rievocazione dello Sbarco di Anzio (2012): fotografie di Alfredo Mancini FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE Arthur Stadler, 1927, commemora la Prima guerra mondiale FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE L’obiettore di coscienza, visto da Andrea Pazienza FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE Opera a 3 mani (le fotografie sono di Lefèvre, i fumetti di Guibert, la realizzazione grafica di Lemercier), il libro nasce dall’esperienza del fotoreporter Didier Lefèvre, partito nel 1986 al seguito di un'équipe di Medici Senza Frontiere diretta nell’Afghanistan dilaniato dalla guerra tra sovietici e Moudjahidin. Sposando in modo geniale disegni e fotografie, il volume racconta la lunga marcia di uomini e donne che tentano di riparare ciò che altri, con le armi, distruggono. Un libro che non può mancare nella biblioteca di nessun fotografo e pacifista. FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE Nel marzo 2007, il papa Benedetto XVI ha nominato nuovo presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) l‘arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE il cappellano americano prega perché le teste coperte di stracci - gli arabi - si inginocchino davanti a Gesù FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE “'Per favore, cooperi. Credo nelle rapine nonviolente” FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE FOTO DI GUERRA E FUMETTI DI PACE 21 Settembre 2009 - Primo giorno d’autunno. Oltre alle foglie cadono anche i malintesi: la missione in Afghanistan è una missione di guerra (vignetta di Gianfranco Uber) “Nunca mais” Foto di Roberto Lionetti, Bissau (Guinea Bissau), febbraio 2000 Non ci crederete, ma quello sono io! Ungheria, agosto 2011