Simulazione di un`esplosione di una autoclave per la maturazione di
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Simulazione di un`esplosione di una autoclave per la maturazione di
Simulazione di un’esplosione di una autoclave per la maturazione di calcestruzzo cellulare Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale Corso di Laurea in Ingegneria Chimica Candidato Gabriele Verrecchia n° matricola 1534955 Tutor Prof. Barbara Mazzarotta Anno accademico 2014/2015 INDICE Pag. Introduzione 2 Descrizione del caso di studio 3 Descrizione dello stabilimento 3 Descrizione del processo 3 Descrizione dell’incidente 4 Generalità sulle esplosioni 6 Bleve 7 Simulazione delle esplosioni fisiche 7 Analisi dell’incidente 10 Ipotesi 1, esplosione fisica 10 Ipotesi 2, esplosione Bleve 16 Stima dell’energia dissipata 21 Conclusioni 24 Bibliografia 25 1 INTRODUZIONE L’ITALGASBETON srl è una società, con sede ad Anagni (FR) che produce e distribuisce manufatti in calcestruzzo cellulare autoclavato per il campo dell’edilizia. Il giorno 18 Luglio 2007, in orario di produzione, l’autoclave numero 5 scoppiò in maniera catastrofica, causando, oltre alla distruzione di una parte dello stabilimento, anche il decesso di un operaio. Per ricordare questo evento, l’azienda decide di proporre a laureandi triennali in ingegneria chimica e meccanica di analizzare nel loro lavoro finale l’esplosione che ha interessato il loro stabilimento. Sospinto da un personale interesse verso la tematica della sicurezza di processo, ho scelto di affrontare questo studio. La fase primaria del lavoro è costituita dal confronto delle varie perizie tecniche disponibili riguardo all’evento. Dopo un’attenta analisi, si sono raccolti i dati utili alla realizzazione dello studio; ove possibile, è stata effettuata una stima dei dati forniti per verificarne la correttezza. Nella sua accezione più ampia, un’esplosione è un fenomeno repentino e violento per cui un sistema cede energia all’ambiente esterno: ciò genera un’onda d’urto e può fornire accelerazioni ad eventuali corpi rigidi, siano essi esterni al sistema esplosivo oppure parte di esso. Il caso ITALGASBETON è facilmente identificabile come esplosione di natura fisica poiché interessa una autoclave sotto pressione in cui erano presenti: pani di calcestruzzo cellulare e acqua libera in equilibrio con vapore d’acqua. Il nucleo del lavoro proposto verte sulle differenze energetiche tra due tipologie di esplosioni fisiche: le esplosioni fisiche dovute alla pressione del fluido e le esplosioni BLEVE, in cui è coinvolta anche la vaporizzazione istantanea di un liquido surriscaldato. Data la complessità dell’indagine a posteriore dei fenomeni esplosivi, si sceglie, in un primo momento, di affrontare lo studio con modelli semiempirici, trascurando, inizialmente, i fenomeni dissipativi. Sono certo che, nell’analisi a posteriore di un incidente, come d’altronde in qualsiasi disciplina scientifica, il dubbio debba essere la principale chiave d’interpretazione dei dati che abbiamo a disposizione. L’indagine sull’esplosione dell’autoclave numero 5, oltre che essere per me estremamente stimolante, è stata motivo di crescita personale e si propone come una quanto più verosimile ricostruzione dei fatti. 2 DESCRIZIONE DEL CASO DI STUDIO DESCRIZIONE DELLO STABILIMENTO In Figura 1 è riportata una fotografia1 aerea dello stabilimento Italgasbeton s.r.l. sito nella zona industriale di Anagni, provincia di Frosinone. L’ingresso si trova sul lato Nord: entrando si incontra una palazzina di due piani che ospita gli uffici amministrativi; avanzando verso il nucleo dello stabilimento si trova un ampio spiazzo che funge da deposito temporaneo per i manufatti in attesa di spedizione, quindi, proseguendo nella stessa direzione, il capannone in cui si svolge il processo produttivo. La struttura portante è composta da pilastri e travi di acciaio, con una copertura di travi di acciaio inclinate distanziate di 1 m: all’interno sono poste le apparecchiature destinate alla produzione e al confezionamento dei manufatti. DESCRIZIONE DEL PROCESSO La Italgasbeton produce calcestruzzo cellulare autoclavato (CCA) a base di calce: le materie prime sono sabbia, ossido di calcio, cemento e acqua, a cui vengono aggiunti degli additivi, come polvere di alluminio, ed altri prodotti specifici. Nella prima fase del processo si macina la sabbia in un mulino ad umido per ottenere un fango molto fino, che viene poi inviato alla torre di miscelazione, dove si aggiungono la calce, il cemento e l'alluminio, dosati in maniera opportuna, con l’acqua necessaria. In questa fase, ogni pane di CCA contiene circa 2.694 kg di solidi in polvere (68% sabbia, 20% ossido di calcio, 12% di cemento) e 1.460 kg di acqua. La reazione chimica di formazione del CCA consuma solo circa il 12% di acqua, mentre la parte restante 1 Fotografia scattata con Google Maps in data 15/10/2015 3 rimane in fase liquida nel pane di CCA per tutto il ciclo di produzione. Il fluido viene quindi colato all’interno di casseforme, nelle quali raddoppia il suo volume e diventa un solido plastico umido: mentre il pane lievita, le casseforme avanzano verso la sezione di taglio. I pani tagliati vengono quindi caricati sui carri in entrata alle autoclavi in cui vengono poi sottoposti per circa 5,5 ore ad un ciclo di maturazione, in presenza di vapore saturo alla pressione di circa 12 bar ed alla temperatura di 186 °C. Il processo di maturazione garantisce al CCA la resistenza meccanica desiderata. Terminata questa fase, i carri contenenti i pani di CCA escono dall’autoclave e sono sottoposti al controllo qualità fino per poi essere depositati, come prodotto finito, nel piazzale all’aperto adiacente al capannone. La frantumazione dei blocchi rotti o scartati porta alla produzione di granuli, utilizzati in edilizia. La fase più delicata del ciclo produttivo è rappresentata dalla maturazione in autoclave: originariamente, l’impianto era dotato di 5 autoclavi, che lavoravano in successione mentre una veniva caricata, una o più erano in fase di maturazione e una in fase di scarico del materiale. La programmazione della produzione è condizionata dalla richiesta di CCA e, spesso, si lavora su 3 cicli giornalieri. Ogni autoclave è costituita da un cilindro in acciaio con diametro interno pari a 2,65 m ed una lunghezza di 32 m: dalla perizia del CTU Ingegner Ricciardi si desume che il volume dell’autoclave è di 182 m3. Il corpo principale è appoggiato su 10 selle ancorate su fondazioni di calcestruzzo armato. Il mantello cilindro è dotato su entrambe le estremità di portelloni di chiusura realizzati da calotte in acciaio aventi lo stesso diametro del cilindro. Ciascun portellone è dotato di un sistema elettro-pneumatico che lo porta dalla posizione di aperto a quella di chiuso, e viceversa, e viene serrato sul cilindro mediante un anello cavo, anch'esso azionato elettropneumaticamente, che aggancia la flangia del portellone e quella dell’autoclave. La tenuta tra cilindro e calotta viene assicurata mediante guarnizioni circolari elastomeriche. L'inserimento e la distribuzione del vapore d'acqua all'interno dell'autoclave avviene tramite due tubi interni forati di diametro DN100. Ciascuna autoclave è dotata di valvola di sicurezza tarata a 14,7 bar. Il normale processo di maturazione, una volta caricata e chiusa l'autoclave, prevede le seguenti fasi: a) incremento controllato di temperatura e pressione mediante immissione di vapore saturo proveniente dal generatore, durata 100 - 120 min; b) mantenimento della temperatura massima di 186 °C e della pressione massima di 11,3 barg (12,3 bara) per circa 5,5 ore; c) raffreddamento e depressurizzazione dell'autoclave per circa 100 min, dopo di che viene aperto il portellone di scarico. Nella parte inferiore si raccoglie, per gravità, un volume d’acqua condensata stimato pari circa a 0,5 m3. Ricordiamo che nel recipiente, prima di immettere il vapore, viene creato il vuoto per allontanare l’ossigeno e l’azoto. DESCRIZIONE DELL’INCIDENTE Il giorno 18.07.2007 alle ore 4.23 furono introdotte nell’autoclave n. 5, le seguenti quantità di materiali: CCA (sabbia, ossido di calcio, cemento) 40,4 t; Acqua 21,9 t , di cui 19,27 presenti come acqua libera; Acciaio costituente carri e sottofondi: 23,1 ton La fase di riscaldamento iniziò alle ore 4.30 con le seguenti condizioni operative: 4 Pressione: 0,79 atm assoluto Temperatura: 99,2 °C Gradiente termico: 0,9 °C/minuto Il sistema di controllo ha effettuato l’ultima registrazione alle ore 5.52 rilevando i seguenti dati: Pressione: 8,5 bar Temperatura: 172,4 °C Alle ore 5.59 il sistema ha registrato una condizione di allarme relativa all’apertura dei portelloni ingresso/uscita dell’autoclave n. 5, ed è avvenuto lo scoppio di questa autoclave, che ha portato le seguenti conseguenze: Proiezione del portellone di chiusura a circa 40 m dalla sua posizione originale; la traslazione del portellone distrugge parti strutturali del capannone Spostamento del cilindro dell’autoclave, privo del portellone a circa 80 m dalla sua posizione originale; Decesso dell’operaio Claudio Brillanti colpito dal cilindro; Proiezione in tutta l’area circostante, per una distanza di circa 160 m, di frammenti metallici appartenenti al sistema di chiusura e a carri e altri oggetti metallici contenuti internamente all’autoclave; Danneggiamento di parte del capannone nel quale era contenuta l’autoclave con distruzione di alcune colonne, travi e di parte della copertura; Distruzione dei prodotti finiti stoccati nell’area nella quale è avvenuta la traslazione dell’autoclave; Distruzione dei pani di CCA contenuti nell’autoclave al momento dello scoppio. DESCRIZIONE DELLE CAUSE DI ROTTURA DELL’AUTOCLAVE In base alle perizie effettuate da vari tecnici a valle dell’incidente sono state valutate varie possibili cause del cedimento dell’apparecchiatura: cattiva manutenzione, errore umano operativo, progettazione errata. L’errore umano è stato escluso sulla base di una serie di interviste che hanno evidenziato che il personale aveva una conoscenza approfondita dei macchinari. Allo stesso modo, è stato accertato che l’autoclave era stata regolarmente sottoposta a tutti i controlli previsti dalle vigenti normative. L’analisi del progetto dell’autoclave esplosa ha però evidenziato alcune differenze rispetto alle altre in esercizio nello stabilimento. Infatti, l’autoclave n.5 era stata realizzata con un acciaio di tipo diverso, seppure con proprietà meccaniche simili al materiale utilizzato per le altre autoclavi; inoltre, il sistema di chiusura del portellone presentava piastre e perni di dimensioni inferiori, sempre rispetto a quelle delle altre autoclavi. È parere condiviso che la causa della rottura dell’autoclave sia da attribuire al cedimento strutturale di una delle piastre del sistema di chiusura. La causa più attendibile del cedimento è probabilmente da attribuirsi ad uno sforzo meccanico derivante da dilatazione termiche differenziali tra piastre forate e ganasce. 5 MODELLIZZAZIONE DELLE ESPLOSIONI GENERALITA’ SULLE ESPLOSIONI Un’esplosione è un immediato e violento rilascio di energia: l’intensità dell’esplosione dipende dalla velocità con cui l’energia viene rilasciata. Ad esempio, l’energia immagazzinata in un recipiente può causare un fenomeno esplosivo ma anche essere rilasciata in modo graduale. Esistono diversi tipi di energie che possono essere rilasciate in un’esplosione: fisica, chimica o nucleare. Dal momento che si intende studiare l’esplosione che si è verificata presso l’Italgasbeton, in cui è stata coinvolta solo energia fisica, la trattazione sarà limitata a questo caso. Un’esplosione fisica è la conseguenza del cedimento catastrofico di un serbatoio in pressione. Per un recipiente cilindrico la relazione fisica che lega pressione, spessore del recipiente e resistenza meccanica del recipiente è quella di Mariotte: s PD 2 (1) s = spessore del mantello cilindrico (m), D = diametro del recipiente, assunto in spessore sottile (m); = resistenza meccanica del materiale (Pa). Quindi, in linea del tutto generale, il cedimento può essere causato da un aumento di P, oppure da una diminuzione di s o di , come riportato qui sotto: - Malfunzionamento del sistema di controllo della pressione, che porta ad una sovrapressurizzazione; - Riduzione dello spessore del serbatoio dovuto a corrosione, erosione o attacco chimico; - Riduzione della resistenza del serbatoio dovuta a surriscaldamento, difetti nei materiali, attacco chimico, indebolimento da fatica L’energia rilasciata dall’esplosione si distribuisce nelle seguenti forme: - Cedimento meccanico del serbatoio; Energia cinetica dei frammenti; Energia nell’onda d’urto; Energia dissipata (ad esempio, per attrito nel riscaldamento dell’aria circostante); Risulta, tuttavia, difficile pervenire a stime precise delle distribuzioni relative ai vari tipi di energia. Saville (1977) propone, in caso di fratture fragili, che circa l’80% dell’energia disponibile si trasformi in onda d’urto; in generale l’energia destinata all’onda d’urto assorbe dal 40% all’80% dell’energia disponibile d’esplosione. Per quanto riguarda l’energia dell’onda d’urto, essa origina in modo diverso dipendentemente dal contenuto del recipiente: gas: espansione del gas liquido a temperatura inferiore a quella di ebollizione: espansione del gas presente nello spazio vapore; il liquido fuoriesce senza subire cambiamenti; liquido a temperatura superiore a quella di ebollizione: espansione del gas contenuto nello spazio vapore, accoppiata all’evaporazione flash del liquido. 6 BLEVE Si definisce come Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion un’esplosione, di natura fisica, dovuta ad una improvvisa depressurizzazione di liquido surriscaldato o gas liquefatto, conservato in recipienti sotto pressione. Affinché una BLEVE avvenga sono necessarie le seguenti condizioni: - Sia presente una fase liquida sotto pressione; - La temperatura del liquido sia maggiore della sua temperatura di inizio ebollizione alla pressione esterna al serbatoio T0>Teb; - Si verifichi un cedimento strutturale del serbatoio. Una BLEVE può essere descritta nei seguenti passaggi: - Cedimento del serbatoio, dovuta ad una delle cause riportate in precedenza. - Quando il serbatoio cede, si verifica una depressurizzazione istantanea del fluido immagazzinato che ne perturba l’equilibrio termodinamico. Il liquido, con T 0>Teb, è liquido surriscaldato. - Transizione di fase. Si verifica una repentina nucleazione di bolle nel liquido surriscaldato, che porta ad un violento fenomeno di flashing. - Formazione della blast wave. Il liquido surriscaldato, passando in fase vapore, aumenta il suo volume di alcune centinaia di volte, provocando un intensa sovrappressione interna al serbatoio. - Il serbatoio esplode e i suoi frammenti traslano a distanze proporzionali all’energia d’esplosione. SIMULAZIONE DELLE ESPLOSIONI FISICHE Energia rilasciata nell’esplosione Per stimare l’energia rilasciata nell’esplosione di un gas sotto pressione si possono utilizzare quattro metodi: l’equazione di Brode, espansione isentropica, espansione isoterma e disponibilità termodinamica. Tra questi si prenderanno in esame solo il modello di Brode e l’espansione isoterma. Il metodo di Brode (1959) è il più semplice tra quelli proposti e determina l’energia richiesta per aumentare la pressione del gas, a volume costante, dalla pressione di riferimento alla pressione di rottura del serbatoio: E Brode P2 Prif V (2) 1 7 dove E = energia dell’esplosione, atm m3 P2 = pressione di rottura del serbatoio, atm Prif = pressione di riferimento (ambiente), atm V = volume del gas nel serbatoio, m3 = rapporto tra calori specifici a pressione e a volume costante, adimensionale Il modello basato sull’espansione isoterma del gas è rappresentato dalla seguente equazione (Smith and Ness, 1987) in cui Rg è la costante ideale dei gas 8.314 J/g mol K e T1 la temperatura ambiente (K): P P E isothermal R g T1 ln 2 P2 V ln 2 P1 P1 (3) Velocità iniziale del frammento Un metodo semplificato per determinare la velocità iniziale di un frammento di serbatoio sotto pressione è proposto da Moore (1967). P D3 M u 392 (4) dove u è la velocità iniziale del frammento (m/s) P è la pressione di rottura (atm effettive) D è la dimensione media del frammento (m) M è la massa del frammento (kg) Un altro metodo empirico per determinare il valore della velocità iniziale del frammento è proposto ancora da Moore: u 1.092 E G Mc (5) Per i serbatoi cilindrici 1 G (6) C 1 2 Mc dove u è la velocità iniziale del frammento (m/s) C è la massa totale di gas (kg) E è l’energia d’esplosione (J) Mc è la massa del serbatoio (kg) 8 Distanza percorsa da un frammento Come prima osservazione, la distanza massima ideale che può percorrere un frammento è quella che si ottiene percorrendo una traiettoria con un angolo di partenza di 45°: Rmax u2 g (7) Per i casi reali, si può calcolare la distanza di traslazione considerando il contributo delle forza fluidodinamiche che agiscono sul frammento, mediante il diagramma a grandezze scalate di Baker (1983) Il diagramma riporta i valori della “distanza scalata” R in funzione della “velocità scalata” u . Le grandezze scalate sono date dalle seguenti equazioni 0 C D AD r Mf R u (8) 0 C D AD u 2 (9) Mf g dove R è la massima distanza scalata raggiungibile, adimensionale ρ0 è la densità dell’aria a temperatura ambiente, kg/m3 CD è il coefficiente di resistenza aerodinamica trasversale, adimensionale AD è l’area trasversale alla direzione di traslazione, m 2 g è l’accelerazione gravitazionale m/s2 Mf è la massa del frammento, kg r è la massima distanza raggiungibile, m ū è la velocità iniziale scalata del frammento, adimensionale u è la velocità iniziale del frammento, m/s 9 ANALISI DELL’INCIDENTE L’analisi e la simulazione si basano sulle informazioni disponibili sul sito web della Italgasbeton. A partire da questi dati si cercherà di risalire alle origini del fenomeno, recando particolare attenzione alla differenza energetica tra esplosioni fisiche di un recipiente contenente una fase gassosa pressurizzato ed esplosioni BLEVE. In base ai dati stimati dal CTU del procedimento penale, Ing. Cancelliere, le condizioni operative al momento dell’incidente erano le seguenti: - Temperatura 179,4 °C - Pressione 9,7 bar assoluti = 8,7 bar effettivi Le proprietà fisiche del vapore d’acqua in queste condizioni sono le seguenti: vap = 4,71 kg/m3 = 1,311 Il volume dell’autoclave è di circa 182 m 3, ma all’interno vi sono anche 43,04 t di CCA e 19,27 t di acqua libera posti su 23,1 t di supporti in acciaio. Il volume occupato dal CCA si può stimare in base alla sua composizione, riportato in tabella. Componente Massa (t) Densità (kg/m3) Volume (m3) Sabbia 27,479 2550 10.77 Ossido di calcio 8,082 3370 2.39 Cemento 4,849 2850 1.70 Acqua legata 2,63 1000 2,63 Totale 43,04 17.49 Il volume complessivamente occupato dal CCA è quindi di circa 17.49 m 3: quello occupato dai supporti in acciaio, assumendo una densità di 7800 kg/m 3 è circa 2,96 m3 e quello dell’acqua libera pari a 19.27 m 3 per un volume totale di 39.72 m3. Il volume a disposizione del vapore è quindi pari a circa 142.3 m 3 (valore coerente con quello valutato dal Prof. Toni nella sua perizia): la massa del vapore è circa 670 kg. IPOTESI 1: ESPLOSIONE FISICA Come primo step, si cercherà di capire se un’esplosione fisica dell’autoclave 5, dovuta alla sola pressione del vapore presente al suo interno, fosse sufficiente a suscitare gli effetti descritti nel primo capitolo, ossia la proiezione del coperchio e dell’autoclave stessa a decine di metri di distanza. Stima dell’energia di scoppio Utilizzando il metodo di Brode, eq. (2) si ottiene EBrode = 398 MJ 10 Utilizzando, invece, il metodo basato sull’espansione isoterma, si ha: EIsothermal = 313 MJ I due valori sono in discreto accordo tra loro, per cui si considererà come energia dell’esplosione il valor medio, E = 355 MJ. Considerazioni sui metodi utilizzati Il punto di forza e di debolezza dei metodi proposti è che sono basati su dati di natura sperimentale, per cui molti di essi sono di natura empirica. Poiché usano correlazioni basate su gruppi dimensionali o adimensionali, l’estrapolazione di risultati al di fuori dal loro range di validità potrebbe portare a risultati errati. Un esempio delle approssimazioni insite in questi metodi è, ad esempio, l’ipotesi che l’esplosione avvenga a partire da una point source, assunta per calcolare l’energia d’esplosione, e che è difficilmente estendibile alla realtà dell’industria di processo. Stima della velocità iniziale del frammento L’esplosione ha prodotto due frammenti di grandi dimensioni: il primo costituito dal coperchio dell’autoclave e il secondo dal resto dell’autoclave. Si stimano preliminarmente le masse di questi due frammenti. Portellone Il coperchio dell’autoclave ha una forma bombata (vedi figura): per valutarne la superficie essa è stata assunta ellittica, con rapporto degli assi pari a 4 Diametro: 2,65 m Spessore: 16 mm Superficie: circa 6,6 m2 Massa portellone: 1000 kg In base alle perizie disponibili, non è possibile capire se il frammento fosse costituito da portellone e sistema di chiusura o soltanto dal portellone. Per scrupolo, si calcolano due valori di velocità iniziali, stimando la massa complessiva del portellone con sistema di 11 chiusura pari a 2000 kg, circa il doppio della massa del portellone stesso. Dato il valore di pressione interna P = 8.7 barg si effettua il calcolo e si ricava per M = 1000 kg u 55.7 m/s per M = 2000 kg u 39.4 m/s Al fine del nostro studio, il valore vincolante per la determinazione della distanza massima raggiungibile, a parità di pressione interna, è quello relativo alla massa maggiore. In seguito, quindi, si proseguiranno i calcoli con u 39.4 m/s . Autoclave Per la stima della massa del resto dell’autoclave si assumono le seguenti grandezze: - Dimensione media del frammento, 6.1 m - Mantello, 36 t - Portellone e sistema di chiusura, 2 t - Materiale interno al cilindro, 85.4 t - M 123 t Si imposta l’equazione (4) e si ottiene u = 50 m/s Frammento generico Si può infine calcolare, per confermare la validità delle stime precedenti, la velocità iniziale di un frammento generico con le equazioni (5) e (6) da cui si ottiene G 0.9973 u 58.3 m/s Seppure la relazione utilizzata è molto semplificata, resta confermato l’ordine di grandezza della velocità iniziale, che è intorno a 50 m/s. Stima della distanza di traslazione fissata la pressione iniziale Per utilizzare il diagramma di Baker è necessario stabilire il valore del lift-to-drag ratio, C A ossia del rapporto L L , dove CL e CD sono rispettivamente i coefficienti di resistenza C D AD fluidodinamica in direzione longitudinale e trasversale e AL e AD le aree esposte nel piano parallelo e perpendicolare alla traiettoria. Questa grandezza stima l’intensità della dissipazione energetica per via dell’attrito aerodinamico. Si sceglie di assumere come coefficienti di resistenza, rispettivamente longitudinale e trasversale, i valori, desunti dal grafico seguente: 12 Portellone: CL = 0.82 CD = 1.17 Autoclave: CL = 0.82 CD = 1.17 Portellone Per ottenere un valore di prima approssimazione si utilizza l’equazione (7) e si ottiene RMAX 158m Si raffina il calcolo utilizzando il diagramma di Baker con i seguenti dati: - air 1.21 kg/m3 - C L AL 0 C D AD - AD = 6.6 m2 - CD = 1.17 - u 39.4 m/s - M = 2000 kg Da cui si ottiene per via grafica il seguente set di risultati: - u 0.7 - R 0.6 - R 128.4 m Autoclave Per ottenere un valore di prima approssimazione si imposta l’equazione (7) e si ottiene RMAX 254.8 m Si raffina il calcolo utilizzando le grandezze scalate e il diagramma di Baker assumendo i seguenti dati: - air 1.21 kg/m3 - C L AL 30 C D AD - 13 - AD = 6.6 m2 - AL = 266 m2 - CD = 1.17 - u 50 m/s - M = 123000 kg Da cui si ottiene per via grafica il seguente set di risultati: - u 0.02 - R 0.02 - R 263 m Si nota che, sia per il portellone che per il resto dell’autoclave, le distanze ottenute dal calcolo sono alquanto superiori a quelle effettivamente percorse da tali frammenti. Stima della pressione interna fissata la distanza raggiunta dai frammenti La seconda parte del calcolo si propone di verificare quale valore di sovrappressione fosse necessario per traslare i frammenti alle distanze effettive percorse dagli stessi a seguito dello scoppio. Portellone Per ottenere un valore di prima approssimazione si imposta l’equazione (7) inversa e si ottiene ~ R 40 m u~ 19.8 m/s P 1.64 barg Si raffina il calcolo utilizzando le grandezze scalate e il diagramma di Baker assumendo i seguenti dati: - air 1.21 kg/m3 - C L AL 0 C D AD - AD = 6.6 m2 - CD = 1.17 - R 40 m - M = 2000 kg Da cui si ottiene per via grafica il seguente set di risultati: - R 0.18 - u 0.18 - u~ 19.44 m/s 14 a cui corrisponde una pressione ipotetica all’interno del serbatoio al momento dello ~ scoppio pari a P 2.11barg, valore notevolmente inferiore a quello effettivo. Autoclave Per ottenere un valore di prima approssimazione si imposta l’equazione (7) inversa e si ottiene ~ R 80 m u~ 28 m/s P 2.47 barg Si raffina il calcolo utilizzando le grandezze scalate e il diagramma di Baker, assumendo i seguenti dati: - air 1.21 kg/m3 - C L AL 30 C D AD - AD = 6.6 m2 - CD = 1.17 - R 80 m - M = 123000 kg Da cui si ottiene per via grafica il seguente set di risultati: - R 0.006 - u 0.006 - u~ 27.83 m/s a cui corrisponde una pressione ipotetica all’interno del serbatoio al momento dello ~ scoppio pari a P 2.73 barg, valore superiore a quello ottenuto per il portellone, ma notevolmente inferiore a quello effettivo al momento dell’incidente. Stime numeriche con il metodo del TNT equivalente Per completare l’indagine numerica compiuta sulle relazioni tra distanze ed energia di scoppio si procede con il metodo del TNT equivalente. Questo metodo, assai meno affidabile degli altri poiché non tiene conto delle dissipazioni energetiche per resistenze fluidodinamiche, consiste nel calcolare i kg di TNT la cui esplosione originerebbe la medesima energia di scoppio, determinando quindi la massima distanza a cui posso giungere i frammenti. Si determina quindi l’energia di scoppio in TNT equivalenti ipotizzando che l’espansione del gas sia assimilabile come una trasformazione isoterma e che valga la legge dei gas ideali: W k V P P1T0 R T1 ln 1 P0T1 P2 69 kg TNT (10) dove V è il volume di gas compresso, 142.3 m3 P0 è la pressione di riferimento, 1 atm 15 T0 è la temperatura di riferimento, 273 K T1 è la temperatura assoluta del gas compresso, 453 K P1 è la pressione iniziale del gas compresso, 9.7 atm R è la costante dei gas, 8.314 J/g mol K K è il fattore di conversione 9.7·10-6 (1 kg TNT = 4600 J, 1 g mol = 22.414 litri a P0 e T0) Si procede alla valutazione della distanza con l’equazione r 120W 1 / 3 492 m (11) Il valore ottenuto è, come atteso, alquanto maggiore del precedente, per cui questo metodo non fornisce alcuna indicazione utile circa l’esplosione analizzata. Risultati relativi all’ipotesi di esplosione fisica I calcoli finora effettuati sono stati eseguiti per verificare se fosse plausibile l’ipotesi di un’esplosione fisica, ossia, se la pressione esistente all’interno dell’autoclave al momento dello scoppio, fosse sufficiente a scagliare i frammenti più grandi (il portellone e il resto dell’autoclave) a distanze confrontabili con quelle riscontrate sul campo. Analizzando i risultati ottenuti, possiamo affermare che la pressione di 9.7 bar, a cui si trovava il vapore nell’autoclave, era più che sufficiente a questo scopo. Va comunque osservato che, nei calcoli effettuati, non si è tenuto conto dell’energia dissipata dalle due parti dell’autoclave per urti contro travi, pilastri e materiale depositato, né di quella occorrente per distaccare l’autoclave dalle 10 selle di supporto. Il fatto che le distanze calcolate siano maggiori di quelle reali, e che le pressioni ipotetiche necessarie a traslare i frammenti fino alle distanze rilevate sul campo siano alquanto minori di quella effettivamente presente, confermano che la quota di energia dissipata è stata verosimilmente considerevole. IPOTESI 2: ESPLOSIONE BLEVE Per definire le grandezze relative alla perdita di materiale da un generico serbatoio, esistono diversi source models. Il primo step è determinare uno scenario appropriato. Si riporta, nella figura qui sotto, una lista parziale degli scenari tipici associati ad una perdita di materiale. 16 Dal momento che, all’interno dell’autoclave, la quasi totalità di acqua liquida era contenuta nei pani di produzione, si assume che la perdita di materiale sia quella di un gas, immagazzinato in un serbatoio sotto pressione, attraverso un’apertura. Date le seguenti ipotesi: - Gas ideale - Trasferimento di calore durante la fuoriuscita nullo - Lavoro compiuto sul gas in espansione dall’ambiente esterno nullo si ricava la seguente espressione m C D AP1 P 2M k 2 R g T1 k 1 P1 2/k P 2 P1 ( k 1) / k (12) dove è la portata massica del gas attraverso la fessura, kg/s m CD è il coefficiente di perdita, adimensionale A è l’area della fessura, m2 P1 è la pressione a monte della fessura, Pa M è il peso molecolare del gas, kg/kmole k è il coefficiente dei calori specifici, adimensionale Rg è la costante dei gas ideali, 8.314 J/mol K T1 è la temperatura del gas a monte della fessura, P2 è la pressione a valle della fessura, Pa Il massimo della portata massica di gas si ha quando il gas fuoriesce a velocità sonica. A questo punto, il flusso non dipende più dalla pressione a valle ma solo da quella a monte e il valore della portata è dato da: k 1 m C D AP1 2M 2 k 1 Rg T1 k 1 (13) che corrisponde ad un valore di pressione a valle k P2 Pchoked 2 k 1 P1 k 1 (14) È necessario stabilire un valore del coefficiente di perdita. I valori, per tipi di fessure circolari, sono forniti dal Perry and Green (1984): si assume C D = 0.85. Caso studio BLEVE Per risalire alle dinamiche dell’esplosione, in particolare se BLEVE, è necessario tener conto della dipendenza temporale di diverse variabili coinvolte nel fenomeno. Infatti, solo lo studio del transiente, tra il cedimento del serbatoio e lo stato finale del sistema, può fornire indicazioni utili. A monte dello studio numerico si ricorre alla distinzione di due scenari possibili. 17 Depressurizzazione graduale Ipotizzare che la depressurizzazione del serbatoio sia graduale significa studiare il sistema in una successione di trasformazioni quasi statiche. Lo studio deve quindi essere effettuato con delle variazioni infinitesime delle condizioni del sistema, in modo che questo possa essere considerato in equilibrio termodinamico in ogni intervallo. Si definiscono le grandezze termodinamiche calore specifico e calore latente di vaporizzazione come : - Cp,V = 1944,4 J / kg °C , costante - Cp,L = 4186 J / kg °C , costante - 2990855 1 T 647.15 0.3297 J / kg , T ( K ) (15) La pressione iniziale è fissata e pari a 9.7 bar, per cui, in accordo con la (14) si ha un flusso sonico. Dato il peso molecolare dell’acqua, pari a 18 kg/kmol, dalla (13) si ricava il numero di moli di vapore che fuoriescono in un intervallo di tempo Δt: k 1 C D APo nout 2M 2 k 1 R g To k 1 18 t , kmol (16) Il numero di moli di vapore inizialmente presenti nell’autoclave, no, si può calcolare noto il volume a disposizione del vapore, la pressione e la temperatura, e risulta pari a 38,93 kmol. Trascorso l’intervallo Δt, all’interno del serbatoio rimane un numero di moli residue nres no nout , a cui corrisponde una pressione residua, Pres, espressa in atm, che si può calcolare come Pres nres 0.0821 To V (17) A questa nuova pressione corrisponde un diverso valore della temperatura di equilibrio, Ti+1, che si può calcolare l’equazione di Antoine per l’acqua: ln760 Pres A B T C1 (18) dove P è espressa in atm T è espressa in °C A = 18,3036 18 B = 3812,44 C = 227,03 Nel serbatoio c’è stata una variazione della temperatura ΔT dell’acqua libera, in equilibrio con il vapore, che richiede la rimozione di una quantità di calore Q, espressa in J, pari a: Q M L c p,L T M V c p, L T (19) Poiché il processo è adiabatico, questo calore è ceduto ad una quota di acqua libera, che vaporizza: la sua mamma, Vgen, in kg, è pari a: Vgen Q c p , L T (20) La formazione di questo quantitativo di vapore comporta una variazione nel numero delle moli presenti all’interno del volume, e di conseguenza, del valore della pressione interna, P1, espresso in atm, che si può calcolare dalla: P1 n1 0.0821 T1 V (21) Impostando questo calcolo iterativo su un foglio elettronico Excel (riportato alla pagina seguente) si osserva che, indipendentemente dal valore della superficie di apertura e del passo temporale scelto, il valore della pressione interna, come atteso, non supera quello iniziale, pari a 9.7 atm. Depressurizzazione catastrofica Per lo studio termodinamico del serbatoio con depressurizzazione catastrofica non sono necessari calcoli iterativi. A differenza del caso precedente si impone che la pressione residua interna al serbatoio sia pari a 1 atm, a cui corrisponde la ben nota temperatura di ebollizione dell’acqua a pressione atmosferica, pari a 100°C. La depressurizzazione catastrofica, fissata una superficie di apertura pari alla sezione trasversale dell’autoclave, provoca la vaporizzazione istantanea di circa 103 kmoli di vapore nell’intervallo di tempo assunto, pari a 0.0001 s; queste, sommate a quelle residue, danno una somma pari a 142 kmoli di vapore, valore a cui corrisponde una pressione interna pari a circa 29.3 atm. Va rilevato che il valore di pressione massima che si raggiunge nell’autoclave non varia al variare dell’intervallo di tempo assunto, poiché aumenta sia la portata fuoriuscita che il numero di moli di vapore che si formano. Risultati relativi all’ipotesi di esplosione BLEVE I calcoli effettuati mostrano che, nel caso di una esplosione BLEVE, la pressione massima raggiunta all’interno di ciò che rimaneva dell’autoclave era compresa tra 9.7 e 29.3 atm assolute. In particolare, quest’ultimo valore si riferisce alla situazione che si verifica dopo il cedimento catastrofico del portellone e potrebbe quindi aumentare l’energia di pressione a disposizione della parte rimanente dell’autoclave, ma non quella disponibile per il portellone stesso. 19 20 STIMA DELL’ENERGIA DISSIPATA Si conclude lo studio dell’esplosione fornendo una stima approssimativa di alcuni contributi che hanno sottratto parte dell’energia a disposizione del frammento costituito dalla parte cilindrica dell’autoclave. Distacco dell’autoclave dai supporti Per stimare l’energia occorrente per staccare l’autoclave dalle 10 selle di supporto (o meglio, le selle metalliche dal supporto in cemento) dal momento che non sono disponibili informazioni sulle modalità di fissaggio, si è fatto ricorso a testi che riguardano i sostegni di generici serbatoi orizzontali, supportati su 2 selle. Da un grafico riportato sul Coulson & Richardson, si desume che, per serbatoi di diametro pari a circa quello dell’autoclave, si utilizzano per ogni sella 4 bulloni di diametro Db = 27 mm. L’obiettivo è stimare il valore di pressione interna occorrente affinché lo sforzo di taglio, applicato su ogni bullone, sia pari al carico di snervamento. Va notato che questo presuppone che il distacco dell’autoclave dalle selle sia stato dovuto al cedimento meccanico dei bulloni e non, come è più probabile, allo sfilaggio dei bulloni “prigionieri” dal sottostante supporto in cemento, . La somma delle aree trasversali dei 40 bulloni è pari a A c = 22902 mm2. Per ipotizzare il carico di snervamento si sono considerate due diverse tipologie di acciaio, riportate in tabella. Tipo di acciaio ASTM A307 ASTM A325 Carico di snervamento 310 MPa 542 MPa Massimo sforzo di taglio 7,1 MN 12,4 MN 21 Pressione al massimo sforzo di taglio 10,7 bar 18,8 bar La tabella riporta anche il massimo sforzo di taglio, calcolato in base al carico di snervamento e alla somma delle aree trasversali dei bulloni, e la pressione interna corrispondente, ipotizzando che questa agisca unicamente sulla sezione trasversale alla traslazione, e quindi sulla sezione del portellone. Si osserva come, per entrambe le tipologie di acciaio considerate, la pressione necessaria allo snervamento dei bulloni è superiore a quella effettiva di 9.7 bar presente nel serbatoio al momento dello scoppio. Ciò rende più credibile l’ipotesi che si sia verificata una esplosione BLEVE, originata dal distacco, pressoché istantaneo, del portellone, poiché essa può generare valori di pressione interna di circa 29 bar. Per sviluppare i calcoli, si considererà che la pressione che si genera nella parte rimanente dell’autoclave sia pari a 29 bar e che la quota di pressione dissipata per causare il cedimento dei bulloni sia quella stimata relativamente ai bulloni ASTM A307, ossia circa 10 bar. Urto anelastico con il materiale immagazzinato fuori dal capannone Dei 29 bar a disposizione, 10 vengono assorbiti dal sistema di fissaggio delle selle di supporto. Si calcola con l’equazione (4) un nuovo valore di velocità in funzione della pressione disponibile e si ottiene u = 71.4 m/s . Il problema ora può essere ancora affrontato come in precedenza, attraverso i diagrammi di Baker. La di stanza massima che l’autoclave può raggiungere a partire da tale valore di velocità iniziale è R = 394 m. Per ottenere una stima approssimativa della velocità dell’autoclave al momento dell’impatto con i materiali immagazzinati nel piazzale, si analizza il moto di un corpo uniformemente accelerato e si determina la costante d’accelerazione imponendo che per una distanza R = 394 la velocità sia nulla. Otteniamo la seguente legge oraria x 70t 3.1t 2 (22) da cui ricaviamo il tempo impiegato dall’autoclave per percorrere la distanza effettiva R = 80 m, che risulta pari a t = 1.2 secondi. A questo tempo, la velocità del frammento è pari a v = 62 m/s. Si assume quindi che la collisione tra l’autoclave e il materiale in deposito sia stata un urto totalmente anelastico. L’energia dissipata in un urto anelastico è determinata da E E f Ei 1 1 1 m1v12 m2 v 22 (m1 m2 )V f2 2 2 2 (23) dove m1 è la massa dell’autoclave, kg m2 è la massa del materiale immagazzinato, kg v1 è la velocità iniziale dell’autoclave, m/s v2 è la velocità iniziale del materiale immagazzinato, m/s Vf è la velocità finale complessiva, m/s Nel nostro caso, ipotizzando una velocità Vf nulla, si ottiene un ΔE = 2364 bar m3 236 MJ. Fenomeni dissipativi di altro tipo Rientrano in questa categoria tutti i fenomeni non modellabili o di difficile studio come 22 - deformazione elastica e plastica del materiale che costituisce l’autoclave; - urti con travi, colonne e altre componenti strutturali del capannone; - eventuali urti non meglio specificati; - attrito con il terreno. Non è evidentemente possibile stimare questi effetti per i quali si assumerà semplicemente, che l’energia dissipata sia pari al 20% di quella dissipata nell’urto con il materiale depositato all’esterno del capannone, ossia 46 MJ. Risultati relativi alla stima dell’energia dissipata Partendo dall’ipotesi che la pressione che si è generata nella parte rimanente dell’autoclave, dopo il distacco, pressoché istantaneo, del portellone sia pari a 29 bar, e che circa 10 bar siano stati dissipati nel distacco dell’autoclave dai supporti, l’energia disponibile può essere ricalcolata con il metodo di Brode e l’espressione relativa all’espansione isoterma. I nuovi valori risultano, rispettivamente, pari a 862 MJ e 833 MJ, per un valore medio di 847,5 MJ. L’energia totale dissipata negli urti dei frammenti, stimata pari a circa 282 MJ, rappresenta quindi il 33% di quella disponibile, valore un po’ basso ma compatibile con gli intervalli riportati in letteratura. 23 CONCLUSIONI L’ipotesi di esplosione fisica semplice indica come la pressione di 9,7 bar, presente all’interno dell’autoclave, fosse più che sufficiente per garantire, ai frammenti più grandi (portellone e parte rimanente dell’autoclave), l’energia necessaria per percorrere le distanze di traslazione. Infatti, la pressione effettiva, 9.7 bar, risulta largamente superiore a quella minima (circa 2 bar) che sarebbe necessaria per scagliare i frammenti alle distanze riscontrate a valle dello scoppio. Anche lo studio dell’esplosione BLEVE, con vaporizzazione di parte dell’acqua libera presente nell’autoclave, fornisce considerazioni interessanti. Se il portellone si fosse aperto solo parzialmente, e con gradualità, la pressione interna al serbatoio rimarrebbe costante al valore iniziale di 9,7 bar; invece, in caso di cedimento istantaneo e catastrofico del portellone, la pressione interna si innalzerebbe fino a circa 29 bar. Questa pressione interna impartirebbe al corpo dell’autoclave una traslazione ad una distanza di circa 400 m, molto superiore a quella riscontrata. Se nell’analisi dell’esplosione si trascurassero le dissipazioni energetiche, l’ipotesi di esplosione semplice sembrerebbe quindi quella più congruente con le distanze a cui sono state scagliate le parti dell’autoclave. La chiave di volta dello studio, però, è rappresentata proprio dalla stima dell’energia dissipata che, nel caso in esame, non è semplicemente costituita dai termini relativi alla deformazione elastica e plastica del materiale, all’attrito o agli urti, ma comprende anche quella necessaria a distaccare l’autoclave dalle 10 selle di supporto. Nell’analisi si è stimato che occorresse a tale scopo una pressione interna non inferiore a 10 bar: la pressione interna di 9.7 bar non è quindi sufficiente a causare sia il distacco dell’autoclave dai supporti che la sua traslazione a circa 40 m di distanza. Alla luce dei risultati ottenuti si può quindi ipotizzare la seguente ricostruzione dello scoppio. In un primo tempo si è avuto un cedimento meccanico del portellone dell’autoclave, in cui la pressione era circa 9.7 bar: questo valore è pienamente sufficiente a giustificare la distanza a cui è stato scagliato questo frammento dell’apparecchio. L’autoclave quindi subì una depressurizzazione immediata, la cui conseguenza primaria fu la vaporizzazione di parte dell’acqua libera contenuta nei pani, che provocò un aumento istantaneo di pressione fino a circa 29 bar nel volume dell’autoclave, valore sufficiente a causare il distacco dalle selle di supporto e la traslazione del corpo dell’autoclave fino alla distanza osservata. L’analisi dell’esplosione è stata condotta senza pregiudizi e le perizie tecniche sono state utilizzate solo come strumento di raccolta dei dati: i risultati ottenuti possono essere assunti come una credibile interpretazione dell’evento. 24 BIBLIOGRAFIA C. Brutti, Perizia tecnica Corte di Appello di Roma R.G. N.6944/2010, 26.7.2013 CCPS, Guidelines for Chemical Process Quantitative Risk Analysis, 2nd Edition, AIChE; New York, 1999. J. M. Coulson, R. K. Sinnott, J. F. Richardson, Coulson & Richardson's Chemical Engineering, 2nd edition, Butterworth-Heinemann, Oxford, 1996 D.A. Crowl, Understanding explosions, 1st edition, AIChE-Wiley, New York, 2003 F. P. Lees, Loss Prevention in the Process Industries, 2nd edition, ButterworthHeinemann, Oxford, 1996 B. Mazzarotta, dispense del corso “Rischi, Incendi ed Emissioni”, Università di Roma “La Sapienza”, Roma, 2007A. G.Molinari e P. Toni, Perizia tecnica Corte di Appello di Roma R.G. N.6944/2010, 31.7.2013 A. 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