il piu` ricco e significativo compleanno della mia vita
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il piu` ricco e significativo compleanno della mia vita
«Quello parlava ancora, quando ne giunse un altro a dire: “I Caldei hanno formato tre bande, si sono gettati sui cammelli… io solo sono potuto scampare, per venirtelo a dire…” Quello parlava ancora, quando ne giunse un altro a dire: “I tuoi figli e le tue figlie mangiavano e bevevano vino in casa del loro fratello maggiore; ed ecco che un gran vento, venuto dall’altra parte del deserto, ha investito i quattro canti della casa, che è caduta sui giovani; essi sono morti; io solo sono potuto scampare, per venirtelo a dire”. Allora Giobbe si alzò, si stracciò il mantello, si rase il capo, si prostrò a terra e adorò dicendo: “Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore”» (Giobbe 1: 17 – 20) IL PIÚ RICCO E SIGNIFICATIVO COMPLEANNO DELLA MIA VITA Mancava un giorno al quindici febbraio del duemiladodici, data del mio sessantunesimo compleanno. Esso doveva cadere come un lieto evento. È caduta invece, abbondante, anche la neve, portata dalla buriana di Siberia. Che male avrebbe potuto portar la neve? Tutt’al piú avrebbe dipinto di bianco il contesto della mia festa, permettendo magnifiche passeggiate sui racchettoni in mezzo al bosco circostante la nostra casa. La sua venuta, invece, è stata cosí abbondante, che ha fatto litigare il sindaco di Roma con il capo della Protezione Civile, mentre l’Italia tutta precipitava nel panico. La sua venuta ha bloccato la Lancia Ypsilon nell’autorimessa; ed ecco, da tre giorni ormai sudavo a spalar neve da mattina a sera lungo il viale e sulla terrazza. Mai vista tanta neve! Poi all’improvviso, fra una spalata e l’altra, lo squillo del telefonino mi obbliga a prender pausa, perché una voce mi giunge perentoria con le parole seguenti: «Il suo ricovero in ospedale per la tiroidectomia, previsto entro la fine marzo, è stato anticipato a domani, quindici di febbraio». Cosí nel giorno del mio compleanno, di presto mattino, viaggiavo in metropolitana verso l’Eur, per dirigermi al Sant’Eugenio. La folla, che quasi mi stritolava, evidenziava la mia solitudine. Mia moglie non poté accompagnarmi, perché la sua mamma ritornava a casa nostra in ambulanza, colpita da ictus, paralizzata e in fin di vita. In un “breve” spazio di tempo mi ritrovai su una barella che avanzava silenziosa verso la camera operatoria. La festa del mio compleanno aveva inizio e io non ero solo: Dio era con me nella barella, cioè nella mia piccola bara. Allora mi venne in mente quella famosa promessa di Dio a Giosuè; e immediatamente la sentii mia: «Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il Signore, il tuo Dio, sarà con te dovunque tu andrai» (Giosuè 1: 9). Quand’anche in una notte di luna chiara l’ombra del cipresso – prima dell’anestesia – si allungasse fino a me, additandomi l’oscura valle della morte, anche allora rimarrei fiducioso; perché il Signore è il mio pastore. Nulla mi manca, nemmeno nell’ora della morte. Perciò, fiducioso mi sono abbandonato al letto operatorio. Ho dormito e poi mi sono svegliato: nulla mi mancava, perché il Signore è il mio pastore. Nel mio compleanno, però, mi sono svegliato e non c’erano regali intorno a me. E, anzi, colui che partecipava alla mia festa mi tolse un regalo che mi aveva fatto tanti anni prima. Mi ritrovavo senza tiroide e senza ormone tiroideo. Giobbe ha detto bene: « Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore» Pochi giorni dopo le dimissioni, andai a visitare Renzo, sua moglie Serenella e suo cognato Orlando; questi aveva perso sua moglie due giorni prima. Nella lettura biblica leggevo: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore»; poi aggiunsi: «Il Signore mi ha tolto la tiroide ma, qui, ha tolto una moglie, una sorella, una cognata». Pochi giorni dopo, il professore del Sant’Eugenio mi mandò una posta elettronica con queste parole: «Lunedí scorso non ho potuto visitarti, perché è deceduta mia suocera». Anche in quella casa il Signore, che aveva dato una mamma, una suocera, ora aveva tolto una mamma, una suocera. «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore» In quel momento mi veniva in mente mio figlio, bambino di sette mesi, con il suo primo biscottino in mano. Esultava mentre ne succhiava la metà sporgente di mano. Poi non voleva aprir la mano per mangiarsi quanto rimaneva. Allora cercavamo di aprirgli la manina, ma strillava forte. Non capiva che, correndo il rischio di aprire la manina, ne avrebbe mangiato ancora. «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore» Gesú il Figlio di Dio ha aperto, non ha rifiutato la sua mano davanti al chiodo che pungeva, offrendo il suo sangue per lavarmi dal peccato e infondermi nelle vene la vita eterna. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Potrebbe forse il Signore togliermi qualcosa di mano, per lasciarmela vuota? Allora dove sarebbe mai la sua signorilità e ricchezza? Il Signore che con esuberanza ha riempito il serbatoio celeste di energia solare, per produrre clorofilla e vita sulla terra, sarebbe insufficiente e in difficoltà a riempirmi la mano della sua benedizione, della sua vita eterna? Giobbe aveva ragione a dire: «Sia benedetto il nome del Signore». Luigi Dettori www.chiesadisancesareo.it