Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni

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Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni
"Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni"
Buongiorno a tutte e a tutti. Iniziamo questa breve lezione su un tema che di per sé,
a mio avviso, ha bisogno di molto, molto più tempo. Per iniziare vorrei usare un breve
racconto, una leggenda intorno alla via della seta, quindi un racconto, per ora, non
biblico.
“C'era una volta, molto, molto tempo fa una bellissima principessa, che viveva nella
terra della seta. Un giorno suo padre, l'imperatore, le disse che doveva sposare il re
del lontano paese della giada. Il re della giada non poteva fare la seta perché
l'imperatore del paese della seta teneva per sé il segreto della sua produzione. Allora
la principessa decise di portare la seta in dono al suo nuovo popolo. Per realizzare il
suo proposito pensò a uno stratagemma; nascose tutto quello di cui aveva bisogno, i
bachi da seta e i semi del gelso, tutto nel suo copricapo reale. Sapeva che le guardie
di suo padre non avrebbero osato perquisirla mentre partiva per la sua nuova casa.
Quando arrivò là e si presentò al suo nuovo sposo, disse: è questa, mio amato, è la
storia di Cotan e di come Cotan ebbe la seta.”
Questa breve leggenda mi serve per introdurre il nostro tema e per contestualizzarlo,
visto che tutto quello che noi oggi pensiamo si deve rileggere nella realtà, in questa
porzione di storia che ci tocca vivere, dove ormai il ritmo è dettato soprattutto da
questo andare e venire di culture, che più che scontrarsi e più che creare trattati di
libero commercio, dovrebbero incontrarsi in questi scambi sapienziali. Sono queste
strategie dell'amore più che i trattati, appunto, a portare avanti in qualche modo la
storia. Questa seta, questo segreto che non poteva uscire dalla Cina, lo fa uscire una
donna. Così mi sembra che sia un po' la trama biblica di tutte le donne, tra luci e
ombre. Ma quello che vorrei fare oggi non è tanto una lode alla donna saggia, come
direbbe il libro dei Proverbi al capitolo 31, che oltretutto è un testo evidentemente
scritto da uomini, visto che si descrive questa donna saggia sotto delle caratteristiche
molto tradizionali e maschili: deve stare in casa, sa aspettare il marito al momento
giusto, sa fare delle cose che piacciono a tutti coloro che la pensano secondo un loro
modello. Io invece, non vorrei portarvi su questo cammino. Qui non si tratta di
evocare noi donne per fare delle lodi di noi donne, ma si tratta di riscattare le donne,
per trovare delle nuove strategie di vita, in questa storia che, come vedremo, anche
a livello biblico, non ha riscattato le donne. Vorrei dire anche, in questa, anche quando
ha parlato di loro. In oltre io non vi parlerò come biblista, ma semplicemente come
teologa. Che cosa significa questo? Per avvicinarmi al Mistero non credo di dover
passare solo attraverso le Scritture ebraico/cristiane, ma credo che attraverso le
Scritture si giunga ad altre porte: le porte sapienziali, di altri popoli, di altre culture,
soprattutto anche di altre discipline e di altre donne. Ciò non toglie che il mio humus
non sia esegetico , cioè che questi testi, comunque, sento che vengono e che vanno
letti in quello che è l'humus della Scrittura Sacra, però non mi fermerò qui. Questa
lettura che farò di tipo più sapienziale, mi porta anche a dire che questo tema “le
donne nella Bibbia”, mi suona un po' astratto, come se volessimo fare delle donne un
oggetto di studio, cosa, a mio avviso, non tanto in sintonia con noi che ci sentiamo già
sempre dette da altri, da altri che parlano di noi e io questo non lo posso fare, perché
sono una donna.
Sappiamo che nella tradizione femminile, femminista, il riscatto delle donne,
estrapolate dai testi Sacri, è una pratica nata soprattutto da ciò che normalmente si
chiama l’ermeneutica o l'interpretazione del sospetto. Cioè leggendo e rileggendo,
ascoltando e riascoltando i testi biblici, le donne si resero conto che qualcosa non
tornava. In tutta questa larga storia, nata oltretutto da interpretazioni che molte volte
hanno sottovalutato o addirittura negato la presenza delle donne, queste donne,
studiando la Bibbia o ascoltando la Bibbia si resero conto che era impossibile che, in
una storia fatta solo da uomini, delle donne venisse raccontata davvero la loro storia.
Ci sono testi biblici, tra cui uno molto conosciuto, il ritorno del figliol prodigo, in Luca
15, dove si percepisce che qualcosa non va. Si parla solo del padre, di due figli maschi
e dei servitori, uomini. A udire questo testo anche l'orecchio, capisce che c'è qualcosa
che non funziona. Possibile, ammettiamo che fosse un vedovo, ma chi preparava la
festa? Impossibile che ci fossero solo dei servitori uomini in una casa ebraica. Questa
è un po' l’ermeneutica del sospetto, a cui io vi inviterei, uomini e donne, in qualche
modo ad acclimatare il vostro orecchio per renderci conto che queste narrazioni
hanno taciuto qualcosa, cioè non ci hanno raccontato tutto. Soprattutto perché
queste scritture, essendo tali, non hanno riportato probabilmente le narrazioni,
perché è lì che le donne avevano un ruolo. Le donne hanno un ruolo molto grande
nella tradizione orale. Tanto è vero che se voi prendete gli apocrifi, cioè questi scritti
che non sono restati tra gli scritti “ufficiali” della comunità credente, le donne hanno
un altro ruolo: la stessa Maria, madre di Gesù, appare in un'altra luce, meno soffusa.
Certamente sono scritti che si nota, anche per il loro stile, raccolti molto più
fedelmente dalla tradizione orale. Vedete che qui ci fa dire che in fin dei conti la
tradizione vera, che noi poi dobbiamo anche prendere oggi per vivere, è un po' la
tradizione orale. Cioè da dove nasce questa sapienza. E cioè dal racconto della
quotidianità. Non viene solo dalla sintesi dogmatica o riconosciuta tale dopo aver
preso tanti pezzettini, ma dai racconti orali. In quei racconti orali le donne erano
molte. È interessante sapere che qui, per esempio, davvero noi ci addentriamo in testi
dove, come dice anche Matteo 14,13-21, riprendendo anche un testo dei Numeri, non
venivano contate le donne e i bambini. Alla fine della moltiplicazione dei pani,
secondo la tradizione di Matteo, si dice che si erano sfamati, che molta gente si era
sfamata dopo questa moltiplicazione, questa grande condivisione che avvenne,
provocata dallo stesso Gesù. Ma nella statistica finale non rientrano donne e bambini
o bambine. Cioè abbiamo sfamato tutti, abbiamo aiutato tutti senza contare donne e
bambini. Questo perché era una metodologia, cioè non era qualcosa inventato da chi
scriveva in quel momento, ma perché era così; normalmente si procedeva in questo
modo , era proprio della cultura. Allora quando noi donne ci avviciniamo ai testi, la
nostra sensibilità femminile e femminista e tutta la teologia non sono interessate a
scoprire quante volte vengono nominate le donne nei testi biblici, ma piuttosto a
chiedersi qual è questo filo sapienziale delle donne volutamente ignorato, e la
preoccupazione di recuperare questa trama di donne, proprio come avviene nella
realtà più reale e nella storia in generale. Questo sospetto sarà quello che ci accomuna
con tutti coloro che, in qualche modo, non vengono mai nominati, o che vengono
nominati male nella storia, sia in quella narrata sia in quella scritta. Magari citati senza
nomi, attribuendo loro qualcosa di negativo, come per esempio avviene nei testi
biblici: era una peccatrice, era un'adultera, sprecava qualcosa di prezioso, come si dice
in Marco 14, quando si parla di questa donna che rompe il vasetto di olio profumato.
Questo cosa significa? In fin dei conti riscattare, fare memoria di noi donne nella
storia, non è solamente esaltarci, ma è trovare una chiave di lettura per incominciare
a essere attente e attenti a tutte quelle persone, che normalmente nella storia non
vengono contate e non vengono nominate. Vedete, quindi, che non si tratta solo di
scrivere dei libri, a mio avviso, sulla presenza della donna nella Sacra Scrittura.
Oltretutto, vedete, questo lo può fare anche una persona a cui la donna non interessa
e soprattutto a cui non interessa imparare dalle donne o imparare da coloro che non
vengono mai nominati in questa storia: donne e uomini, bambini o bambine. Invece
quello che interessa a noi, in questo momento storico, è imparare a trovare dei nuovi
protagonisti. In questo caso le donne sono delle nuove protagoniste, per noi, insieme
a tanti altri, a donne e uomini di altre culture, a donne e uomini di altre religioni. La
storia va fatta con queste, “nuove strategie”, stando alla narrazione iniziale, che
possono creare non solo la via della seta, ma anche la via della salvezza. Entrando nel
tema io vorrei riscattare soprattutto tre aspetti. Uno riguarda il testo biblico, che parla
delle donne, interrotto sempre da un commentario maschile, per esempio il libro della
Genesi al capitolo 18. Il libro della Genesi al capitolo 18 ha come protagonista, anche
se non viene detto, Sara. Perché è Sara che di per sé dovrebbe ricevere l'annuncio
della nascita misteriosa e inaspettata di Isacco. Mentre, invece, questa visita di questa
triade molto particolare, che poi nella chiesa verrà riletta anche come una visita
trinitaria ad Abramo, sotto la quercia di Mamre. In realtà Sara non fa parte di quel
banchetto di accoglienza, Sara lo prepara. Sara rimane, dice il testo, nascosta nella
tenda. Sara però ascolta. La presenza femminile è quella comunque di rivendicare un
posto, anche se quel posto, normalmente, non viene riconosciuto. Questa donna
ascolta e, ascoltando quel particolare annuncio, quella particolare annunziazione.
Sara sorride nella tenda e dice come è possibile alla mia età provare ancora piacere,
quando io e Abramo siamo vecchi. Questo mi sembra un testo molto significativo per
noi. In pratica le donne che ricevono annunciazioni sono molte nella Sacra Scrittura,
non c'è solo Maria, e come prima di arrivare Maria, c'è tutto un terreno di
preparazione. Una di queste annunciazioni, molto particolare, dove si esprime lo
stupore e il dubbio, l'incertezza di questa donna è appunto questa di Genesi 18, dove
Sara sorride. A questo punto sembrerebbe normale, anche per noi donne, ció che dice
Sara ci sembra l’espressione saggia di una donna che conosce il suo corpo e che
conosce il corpo del marito, e la storia così com’è. Cioè com’è possibile, alla nostra
età, avere ancora un figlio? Sara oltretutto coinvolge il corpo e dice “non solo avere
un figlio”, ma dice “provare piacere alla mia età”, com’è possibile? E sorride. Subito
dopo il testo aggiunge un rimprovero. Prego notare che anche Abramo, nel capitolo
precedente, aveva sorriso. Abramo non viene rimproverato, come viene rimproverata
Sara. Allora è evidente che in un testo dove in fin dei conti la donna si era fatta uno
spazio, anche in un angolo, nascosta all'ingresso della tenda, il narratore glielo toglie
subito. Non avrebbe dovuto sorridere! Non viene tanto rimproverata per il suo dubbio
riguardo a questo grande annunzio, ma viene rimproverata perché aveva sorriso. In
fin dei conti si era presa quest'annuncio come qualcosa di bello anche per lei. Se noi
donne vogliamo fare parlare questi testi, dobbiamo lavorare tanto, quando facciamo
teologia con dei piccoli frammenti. Non possiamo lavorare con il frammento scritto
ufficiale, ma con dei piccoli frammenti tra virgole e detti, dove spuntano queste
donne. D'altronde nell'immagine, nell'iconografia Sara spunta dalla tenda. È molto
interessante perché anche nelle icone, nelle bellissime icone, molte, soprattutto
quelle già più vicine a noi, si vede che Sara è presente, ma è presente all'ingresso della
tenda. Cioè è in secondo piano. Capite che quel rimprovero, a noi donne, per fortuna
fa ancora sorridere. Cioè ci fa ancora sperare, una volta, in una possibilità diversa. Ci
fa dire in fin dei conti questa narrazione non l’abbiamo scritta noi e sì, noi sorridiamo
e sappiamo che è possibile comunque che qualcosa succeda in questa storia, anche
fuori di questa prescrizione culturale. L'altro testo secondo me è un testo un po'
nascosto. Nelle tradizioni sapienziali, la donna, la figura femminile, viene legata alla
figura dell'anima. C'è un versetto nel Salmo 103, il versetto 1, dove in fin dei conti ci
insegna a parlare con noi stesse: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me
benedica il suo santo nome». Simone de Beauvoir, questa grande femminista
francese, disse che “donne non si nasce ma si diventa”. Io credo che le figure femminili
della Bibbia vanno cercate, sia da donne che da uomini, dentro di noi. La donna va
cercata dentro di noi: si diventa donne. Questo significa che il riscatto delle donne
non va cercato nelle quote rosa ma come una presenza che la storia ufficiale non ha
voluto in qualche modo fare emergere. È vero quello che dicono i maestri e le maestre
della sapienza: va cercata come anima, come anima nascosta. Dire questo Salmo
“Quanto in me benedica il suo santo nome” è in qualche modo andare a scavare e a
trovare, appunto, queste donne, che non hanno parlato nella storia. È come parlare
alla nostra anima, capite: “Benedici il Signore anima mia quanto in me benedica il suo
santo nome”. È una pratica che noi dobbiamo imparare. Non è metterci lì nella Bibbia
e fare un elenco, ma è praticare la figura femminile nella storia, praticare il femminile
della storia: quella donna che deve ancora diventare in noi, farla benedire dentro di
noi. Cioè quello che io non ho ancora detto di me. A me, costa parlare delle donne
della Bibbia, perché è come parlare della mia anima. Anche perché noi donne quando
parliamo di noi, parliamo di tutte le altre donne. Cioè di quest'anima diffusa che non
è ancora venuta fuori nella realtà. In qualche modo, certamente prendiamo alcune
donne come analogia, ma non è questo che ci interessa tanto. A noi interessa
raccogliere degli aspetti della vita che non sono ancora venuti fuori.
L'altra donna che secondo me va riscattata emerge dal testo in cui una donna
interrompe Gesù mentre parla. Gesù sta parlando alla folla e questa donna grida, lo
interrompe dicendo: “Benedetto è il ventre che ti ha portato e quel seno che ti ha
allattato”. Vedete questo testo è molto bello perché è una donna che prende
l'iniziativa e che dice in fin dei conti come la donna partecipa a questa crescita, di
questa sapienza grande che è Gesù di Nazareth. Ma subito, il narratore blocca la gioia
e lo sforzo di questa donna. E che cosa dice? Fa dire a Gesù, “Beati piuttosto coloro
che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”. Quest’aggiunta è tipicamente
maschile, perché per noi donne ascoltare la Parola di Dio non è solo una questione di
un organo astratto interiore, si ascolta con il corpo. Era normale, vedete, che questa
donna che ha gridato pensasse a Maria e sapesse benissimo che questa donna, Maria,
aveva in qualche modo avuto questo travaglio dell'ascolto di un annuncio. Però per
lei era importante dire che questa donna aveva tenuto il figlio nell'utero, cioè la sua
pratica dell'ascolto poi era sfociata nel suo corpo. Mentre per il redattore è più
importante mettere quelle parole di Gesù, che esistono anche in altri testi e collocarle
in quel momento lì, in quel versetto, per poter dire no, quella donna non dice delle
cose corrette, perché è più importante l'ascolto. E qui è la dicotomia, cioè da una
parte la donna che riconosce il corpo come un organo di ascolto; questa donna ha
ascoltato il figlio per nove mesi nel suo seno, l'avrà saputo che cosa significa questa
sapienza. Dall'altra parte il narratore con l’ascolto come una cosa astratta, cioè
ascoltare la Parola di Dio e poi metterla in pratica. Per la donna, invece, la pratica c'è
già, l’ha messa in pratica, cioè l’ha fatta nascere. Quello che è chiesto a noi di
riscattare è proprio in qualche modo questo: smetterla con questi dualismi. Le donne
sono capaci di unire l'ascolto sapiente e il corpo. Il corpo che ha saputo portare questo
bambino nel ventre e diventare quindi sapiente, di un'altra sapienza alternativa, che
sarà la sapienza di Gesù di Nazareth. Questo mi sembra un testo, anche qui, di ascolto
della propria anima. In fin dei conti è mettere in luce che Maria aveva ascoltato la
propria anima, cosa che di per sé dice Luca, anche nel capitolo 2. Questa donna che
vede e guarda questi avvenimenti e li ascolta dal di dentro. Il di dentro di Maria è il
luogo dove lei aveva tenuto quel figlio. Chi più di lei lo aveva ascoltato? Questo è un
piccolo aiuto per superare anche queste grandi dicotomie, che noi viviamo nei
confronti della scrittura e nei confronti della fede in generale: il corpo da una parte e
la testa dall'altra. Non è vero che la scrittura si ascolta solo con la testa. La scrittura si
ascolta con l'anima direbbero i Padri della Chiesa. L'anima è dentro e quindi è dal di
dentro che noi riscopriamo queste figure femminili, che vengano raccontate o non
raccontate. Noi le cerchiamo in questa trama nascosta di questi racconti. L'ultimo
aspetto che secondo me è molto importante è raccogliere tutte le altre donne, e
raccogliere il nostro futuro, sia nella storia sia nella Chiesa. Credo che il futuro della
Chiesa sia anche della storia e viceversa. Mi riferisco al testo di Matteo 27, il versetto
61 e anche il testo seguente di Matteo 28, il versetto 1. È un versetto molto corto, ma
secondo me molto significativo. Il primo si riferisce al momento della crocifissione di
Gesù e al momento della resurrezione il secondo o del dopo resurrezione, Erano
presenti, la Maddalena e l'altra Maria sedute di fronte al sepolcro. Chi è l'altra Maria?
Per l’esegesi ufficiale, probabilmente, potrebbe essere o la Maria, madre di Giacomo,
citata già tante volte prima, o questa Maria di Magdala, o anche una di quelle Marie
madre di Giovanni, citata in Luca 8, quando si parla di questo gruppetto di donne che
segue Gesù. Ecco, sì, probabilmente senz’altro Maria di Cleofe o Maria la madre di
Giacomo, la madre di Giovanni, cioè può essere una di loro. Secondo me non si sa chi
è l'altra Maria e non si deve sapere, perché nella narrazione biblica c'è qualcosa che
resta aperto. Resta aperto sulla possibilità di farci diventare, in qualche modo, l'altra
Maria, cioè di farci diventare colei che non siamo ancora diventate. Quest'altra donna
che, come diceva Simone de Beauvoir, deve ancora diventare donna: donne non si
nasce ma si diventa. Questo è un testo, a mio avviso, per le donne molto prezioso,
dove non dobbiamo tanto andare a cercare un corrispondente reale, biblico, ma
dobbiamo andare a cercare il nostro posto. Qual è il posto di questa donna oggi? Chi
è quest'altra Maria? Qui ciascuna dovrebbe fare degli elenchi di queste donne.
Quante altre Marie, oggi, ci sono nella storia? Qual è anche il mio posto insieme a
tutte quest'altre donne? Vedete l'altra Maria, secondo me, non va tanto sottolineato
nel nome, Maria, ma nell'altra. Quest’alterità indefinita. Quest'alterità che chiamerei
anche la differenza. Cioè quella che noi dovremmo cercare nella realtà, come chi non
conosciamo ancora, sia in noi sia nelle persone che incontriamo, nella sapienza degli
altri popoli. È l'altra, è l'altra sapienza, è l'altra cultura, è l'altra religione, è quel pezzo
che a noi manca. Io credo che è il pezzo più bello per scoprire il mistero: l'altra. Cioè
l'altra non è solo l'altro pezzo, ma è l'altra, che mi manca e che mi manca in quanto io
non ho ancora davvero scoperto la mia anima, come direbbero i Padri della Chiesa.
L'altra in cui devo ancora in qualche modo o alla quale devo ancora in qualche modo
domandare che cosa capisce del mistero. Che cosa capisce di questa storia per uscire
da questo sistema. Sia chi sia, a me interessa l'altra, cioè quest'altra che noi, in questo
momento, dobbiamo cercare. Se vale la pena parlare delle donne nella Bibbia,
secondo me, vale la pena farlo, cercando la differenza delle donne. Cercando questa
differenza che in qualche modo noi non contiamo mai, sia noi donne che gli uomini,
non contiamo mai, insieme come veniva detto anche nel testo di Matteo 14, senza
contare le donne e i bambini. Vorrei terminare con un testo bello, secondo me, di
maestro Eckhart, tedesco, mistico del trecento, che in qualche modo ha lavorato sulle
scritture cercando anima, sua e degli altri e di lì ne ha fatto una via sapienziale, ma
soprattutto questo l'ha potuto fare perché con lui lavoravano altre donne. Noi
sappiamo che i mistici uomini del trecento, conosciuti, maestro Eckhart, come uno
dei primi che forma questa scuola, così anche come Taulè, o altri erano circondati da
donne ed erano probabilmente loro quelle che suggerivano anche un po'
sospingendoli più avanti della teologia di quel momento. Suggerivano delle chiavi di
lettura dei testi ma dato che loro non avrebbero potuto continuare a fare teologia
nominando molte donne come maestre, fonti sapenziali dovevano in qualche modo
firmare loro i testi. Oggi si sa che i loro testi sono sospinti di molte figure femminili nei
monasteri, di molte mistiche, più o meno, conosciute dalla storia ufficiale. Questa
predica, che più che una predica è un appunto, riguarda una lettura del terzo giorno
dopo Pasqua, dove si parla di Maria che stava al sepolcro e piangeva. “Maria stava al
sepolcro e piangeva. Era un fatto straordinario che ella, che era tanto afflitta potesse
piangere. L'amore la faceva stare in piedi, la sofferenza la faceva piangere. Ella non
aveva nulla da perdere. Tutto quello che ella aveva, l'aveva perduto in lui. Quando egli
morì, ella morì con lui. Quando lo inumarono, inumarono la sua anima con lui, perciò
ella non aveva nulla da perdere. Allora ella andò oltre. Allora egli la incontrò. Allora
ella credette che fosse un giardiniere e disse dove l'avete deposto. Ella era così tanto
preoccupata di lui, che delle sue parole non aveva conservata che una: dove l'avete
posto? Questo disse a lui. Poi egli le si rivelò in un particolare dopo l'altro. Se egli le si
fosse rivelato completamente, quando ella era nel desiderio, sarebbe morta di gioia.
Se l'anima sapesse quando Dio entra in lei, morirebbe di gioia. Se sapesse anche
quando egli va via da lei, morirebbe di sofferenza. Ella non sa quando egli viene o
quando egli va. Ella ben sente quanto egli è presso di lei. Un sapiente dice: il suo venire
e il suo andare è occulto, la sua presenza non è occulta, perché egli è una luce e la
natura della luce è rivelazione. Maria cercava solo Dio perciò lo trovò e non desiderava
altro che Dio. Per l'anima che deve cercare Dio tutte le creature devono essere una
pena. Per lei era una pena vedere gli altri. Così per l'anima che deve cercare Dio, tutte
le cose devono essere come un nulla. Se l'anima che deve trovare Dio deve avere sei
punti: il primo, che è quello che prima era per lei dolce, le diventa amaro; il secondo,
che l'anima le diventa troppo angusta sicché non possa rimanere in lei stessa; il terzo,
che ella non desideri null’altro che Dio; il quarto, che non la possa consolare nessun
altro da Dio; il quinto, che non abbia alcun ritorno alle cose transeunti; il sesto, che
ella non abbia alcuna fede interiore sin quando egli non le sia ridato…”
Io credo che questo testo, che come vi dicevo non ha fine, con dei punti lasciati aperti,
descriva bene che cos'è per noi donne il mistero che non ha una risposta, è una grande
di ricerca. È un'inquietudine accompagnata da questa domanda: dove l'hanno posto?
Maestro Eckhart, lo avete sentito, dice “come se lei si fosse dimenticata tutte le altre
parole, se ne è ricordata solo una: dove lo hanno posto?”. Ecco questo è un po', io
credo, il riscatto delle donne. Noi non possiamo riscattare solo delle figure bibliche
per far memoria di chi? Noi dobbiamo riscattare queste donne, di cui si dice più o
meno qualcosa o non si dice nulla, per renderci conto che il mistero non è ancora
detto tutto. Per questo le donne diventano una chiave di lettura teologica molto
importante; sono loro che riusciranno, durante la storia, a uscire da quei canoni
teologici, prefissati e molto dogmatici, e a entrare, invece, in questa ricerca che è di
tutti, anche al di fuori della teologia: dove l'hanno posto? Dove l’hanno posto se lo
sono chieste, lungo la storia, tantissime donne e se lo continuano a chiedere. Quante
donne nei campi profughi se lo chiederanno: dove l'hanno posto? Perché non
ritrovano il marito, perché non ritrovano il figlio. Se lo chiesero le madri di Plaza de
Mayo in Argentina, dove l'avete posto? I figli desaparecidos non sapevano dov’erano.
Se lo continuano a chiedere anche molte donne riguardo a se stesse: cioè dov'è la mia
anima? Perché l’hai maltrattata in questo modo? Io credo che valga la pena cercare
figure femminili nella Bibbia, ma non solo per riscattare dei ruoli ecclesiali. A me
sinceramente non interessa poi diventare diaconessa, sacerdote o vescovo o
tantomeno papa; io non credo che la preoccupazione delle donne vere sia quella di
andare a occupare posti nella chiesa. La preoccupazione delle donne è: dove l'hanno
posto? Non vedere qualcosa d’importante che invece bisognerebbe vedere nella
storia. Chiedere dove l'hai messo quello che magari manca in questa storia per essere
più giusta, per essere più vera. Bisogna compatire secondo me, un po’, quegli autori
biblici che non hanno voluto parlare di noi o che ci hanno voluto togliere quel sorriso
di Sara, rimproverandoci. Invece quel sorriso era molto bello, perché era un sorriso,
in fin dei conti, che diceva che qualcosa, forse, sarebbe successo e che sarebbe
successo anche lì, non solo spiritualmente, ma con il corpo. Come nel testo di Luca,
quella donna che grida e benedice il ventre e il seno di Maria, che ha tenuto Gesù per
nove mesi e che lo ha allattato. Il corpo, questa pratica reale, questa vita quotidiana,
che a noi c’è stata a volte affidata solo per stare lì, buone, ma che per noi donne è
diventato una chiave di lettura per la giustizia e per costruire una storia con dei bilanci
davvero diversi, a livello economico e anche a livello legislativo. Perciò, sì, continuate
a studiare le donne della Bibbia, continuiamo a leggerle, ma soprattutto continuiamo
a leggerle chiedendoci davvero a chi assomigliamo e che cos'è quella parte,
soprattutto, che di noi non viene mai detta nella storia e facciamolo per diventare più
sensibili di fronte a tutte quelle categorie che nella storia vengono o nominate male
o, addirittura, non vengono contate.
Suor Antonietta Potente
Torino, 22 giugno 2016