Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni
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Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni
"Il ruolo della donna dalla Sacra Scrittura ai nostri giorni" Buongiorno a tutte e a tutti. Iniziamo questa breve lezione su un tema che di per sé, a mio avviso, ha bisogno di molto, molto più tempo. Per iniziare vorrei usare un breve racconto, una leggenda intorno alla via della seta, quindi un racconto, per ora, non biblico. “C'era una volta, molto, molto tempo fa una bellissima principessa, che viveva nella terra della seta. Un giorno suo padre, l'imperatore, le disse che doveva sposare il re del lontano paese della giada. Il re della giada non poteva fare la seta perché l'imperatore del paese della seta teneva per sé il segreto della sua produzione. Allora la principessa decise di portare la seta in dono al suo nuovo popolo. Per realizzare il suo proposito pensò a uno stratagemma; nascose tutto quello di cui aveva bisogno, i bachi da seta e i semi del gelso, tutto nel suo copricapo reale. Sapeva che le guardie di suo padre non avrebbero osato perquisirla mentre partiva per la sua nuova casa. Quando arrivò là e si presentò al suo nuovo sposo, disse: è questa, mio amato, è la storia di Cotan e di come Cotan ebbe la seta.” Questa breve leggenda mi serve per introdurre il nostro tema e per contestualizzarlo, visto che tutto quello che noi oggi pensiamo si deve rileggere nella realtà, in questa porzione di storia che ci tocca vivere, dove ormai il ritmo è dettato soprattutto da questo andare e venire di culture, che più che scontrarsi e più che creare trattati di libero commercio, dovrebbero incontrarsi in questi scambi sapienziali. Sono queste strategie dell'amore più che i trattati, appunto, a portare avanti in qualche modo la storia. Questa seta, questo segreto che non poteva uscire dalla Cina, lo fa uscire una donna. Così mi sembra che sia un po' la trama biblica di tutte le donne, tra luci e ombre. Ma quello che vorrei fare oggi non è tanto una lode alla donna saggia, come direbbe il libro dei Proverbi al capitolo 31, che oltretutto è un testo evidentemente scritto da uomini, visto che si descrive questa donna saggia sotto delle caratteristiche molto tradizionali e maschili: deve stare in casa, sa aspettare il marito al momento giusto, sa fare delle cose che piacciono a tutti coloro che la pensano secondo un loro modello. Io invece, non vorrei portarvi su questo cammino. Qui non si tratta di evocare noi donne per fare delle lodi di noi donne, ma si tratta di riscattare le donne, per trovare delle nuove strategie di vita, in questa storia che, come vedremo, anche a livello biblico, non ha riscattato le donne. Vorrei dire anche, in questa, anche quando ha parlato di loro. In oltre io non vi parlerò come biblista, ma semplicemente come teologa. Che cosa significa questo? Per avvicinarmi al Mistero non credo di dover passare solo attraverso le Scritture ebraico/cristiane, ma credo che attraverso le Scritture si giunga ad altre porte: le porte sapienziali, di altri popoli, di altre culture, soprattutto anche di altre discipline e di altre donne. Ciò non toglie che il mio humus non sia esegetico , cioè che questi testi, comunque, sento che vengono e che vanno letti in quello che è l'humus della Scrittura Sacra, però non mi fermerò qui. Questa lettura che farò di tipo più sapienziale, mi porta anche a dire che questo tema “le donne nella Bibbia”, mi suona un po' astratto, come se volessimo fare delle donne un oggetto di studio, cosa, a mio avviso, non tanto in sintonia con noi che ci sentiamo già sempre dette da altri, da altri che parlano di noi e io questo non lo posso fare, perché sono una donna. Sappiamo che nella tradizione femminile, femminista, il riscatto delle donne, estrapolate dai testi Sacri, è una pratica nata soprattutto da ciò che normalmente si chiama l’ermeneutica o l'interpretazione del sospetto. Cioè leggendo e rileggendo, ascoltando e riascoltando i testi biblici, le donne si resero conto che qualcosa non tornava. In tutta questa larga storia, nata oltretutto da interpretazioni che molte volte hanno sottovalutato o addirittura negato la presenza delle donne, queste donne, studiando la Bibbia o ascoltando la Bibbia si resero conto che era impossibile che, in una storia fatta solo da uomini, delle donne venisse raccontata davvero la loro storia. Ci sono testi biblici, tra cui uno molto conosciuto, il ritorno del figliol prodigo, in Luca 15, dove si percepisce che qualcosa non va. Si parla solo del padre, di due figli maschi e dei servitori, uomini. A udire questo testo anche l'orecchio, capisce che c'è qualcosa che non funziona. Possibile, ammettiamo che fosse un vedovo, ma chi preparava la festa? Impossibile che ci fossero solo dei servitori uomini in una casa ebraica. Questa è un po' l’ermeneutica del sospetto, a cui io vi inviterei, uomini e donne, in qualche modo ad acclimatare il vostro orecchio per renderci conto che queste narrazioni hanno taciuto qualcosa, cioè non ci hanno raccontato tutto. Soprattutto perché queste scritture, essendo tali, non hanno riportato probabilmente le narrazioni, perché è lì che le donne avevano un ruolo. Le donne hanno un ruolo molto grande nella tradizione orale. Tanto è vero che se voi prendete gli apocrifi, cioè questi scritti che non sono restati tra gli scritti “ufficiali” della comunità credente, le donne hanno un altro ruolo: la stessa Maria, madre di Gesù, appare in un'altra luce, meno soffusa. Certamente sono scritti che si nota, anche per il loro stile, raccolti molto più fedelmente dalla tradizione orale. Vedete che qui ci fa dire che in fin dei conti la tradizione vera, che noi poi dobbiamo anche prendere oggi per vivere, è un po' la tradizione orale. Cioè da dove nasce questa sapienza. E cioè dal racconto della quotidianità. Non viene solo dalla sintesi dogmatica o riconosciuta tale dopo aver preso tanti pezzettini, ma dai racconti orali. In quei racconti orali le donne erano molte. È interessante sapere che qui, per esempio, davvero noi ci addentriamo in testi dove, come dice anche Matteo 14,13-21, riprendendo anche un testo dei Numeri, non venivano contate le donne e i bambini. Alla fine della moltiplicazione dei pani, secondo la tradizione di Matteo, si dice che si erano sfamati, che molta gente si era sfamata dopo questa moltiplicazione, questa grande condivisione che avvenne, provocata dallo stesso Gesù. Ma nella statistica finale non rientrano donne e bambini o bambine. Cioè abbiamo sfamato tutti, abbiamo aiutato tutti senza contare donne e bambini. Questo perché era una metodologia, cioè non era qualcosa inventato da chi scriveva in quel momento, ma perché era così; normalmente si procedeva in questo modo , era proprio della cultura. Allora quando noi donne ci avviciniamo ai testi, la nostra sensibilità femminile e femminista e tutta la teologia non sono interessate a scoprire quante volte vengono nominate le donne nei testi biblici, ma piuttosto a chiedersi qual è questo filo sapienziale delle donne volutamente ignorato, e la preoccupazione di recuperare questa trama di donne, proprio come avviene nella realtà più reale e nella storia in generale. Questo sospetto sarà quello che ci accomuna con tutti coloro che, in qualche modo, non vengono mai nominati, o che vengono nominati male nella storia, sia in quella narrata sia in quella scritta. Magari citati senza nomi, attribuendo loro qualcosa di negativo, come per esempio avviene nei testi biblici: era una peccatrice, era un'adultera, sprecava qualcosa di prezioso, come si dice in Marco 14, quando si parla di questa donna che rompe il vasetto di olio profumato. Questo cosa significa? In fin dei conti riscattare, fare memoria di noi donne nella storia, non è solamente esaltarci, ma è trovare una chiave di lettura per incominciare a essere attente e attenti a tutte quelle persone, che normalmente nella storia non vengono contate e non vengono nominate. Vedete, quindi, che non si tratta solo di scrivere dei libri, a mio avviso, sulla presenza della donna nella Sacra Scrittura. Oltretutto, vedete, questo lo può fare anche una persona a cui la donna non interessa e soprattutto a cui non interessa imparare dalle donne o imparare da coloro che non vengono mai nominati in questa storia: donne e uomini, bambini o bambine. Invece quello che interessa a noi, in questo momento storico, è imparare a trovare dei nuovi protagonisti. In questo caso le donne sono delle nuove protagoniste, per noi, insieme a tanti altri, a donne e uomini di altre culture, a donne e uomini di altre religioni. La storia va fatta con queste, “nuove strategie”, stando alla narrazione iniziale, che possono creare non solo la via della seta, ma anche la via della salvezza. Entrando nel tema io vorrei riscattare soprattutto tre aspetti. Uno riguarda il testo biblico, che parla delle donne, interrotto sempre da un commentario maschile, per esempio il libro della Genesi al capitolo 18. Il libro della Genesi al capitolo 18 ha come protagonista, anche se non viene detto, Sara. Perché è Sara che di per sé dovrebbe ricevere l'annuncio della nascita misteriosa e inaspettata di Isacco. Mentre, invece, questa visita di questa triade molto particolare, che poi nella chiesa verrà riletta anche come una visita trinitaria ad Abramo, sotto la quercia di Mamre. In realtà Sara non fa parte di quel banchetto di accoglienza, Sara lo prepara. Sara rimane, dice il testo, nascosta nella tenda. Sara però ascolta. La presenza femminile è quella comunque di rivendicare un posto, anche se quel posto, normalmente, non viene riconosciuto. Questa donna ascolta e, ascoltando quel particolare annuncio, quella particolare annunziazione. Sara sorride nella tenda e dice come è possibile alla mia età provare ancora piacere, quando io e Abramo siamo vecchi. Questo mi sembra un testo molto significativo per noi. In pratica le donne che ricevono annunciazioni sono molte nella Sacra Scrittura, non c'è solo Maria, e come prima di arrivare Maria, c'è tutto un terreno di preparazione. Una di queste annunciazioni, molto particolare, dove si esprime lo stupore e il dubbio, l'incertezza di questa donna è appunto questa di Genesi 18, dove Sara sorride. A questo punto sembrerebbe normale, anche per noi donne, ció che dice Sara ci sembra l’espressione saggia di una donna che conosce il suo corpo e che conosce il corpo del marito, e la storia così com’è. Cioè com’è possibile, alla nostra età, avere ancora un figlio? Sara oltretutto coinvolge il corpo e dice “non solo avere un figlio”, ma dice “provare piacere alla mia età”, com’è possibile? E sorride. Subito dopo il testo aggiunge un rimprovero. Prego notare che anche Abramo, nel capitolo precedente, aveva sorriso. Abramo non viene rimproverato, come viene rimproverata Sara. Allora è evidente che in un testo dove in fin dei conti la donna si era fatta uno spazio, anche in un angolo, nascosta all'ingresso della tenda, il narratore glielo toglie subito. Non avrebbe dovuto sorridere! Non viene tanto rimproverata per il suo dubbio riguardo a questo grande annunzio, ma viene rimproverata perché aveva sorriso. In fin dei conti si era presa quest'annuncio come qualcosa di bello anche per lei. Se noi donne vogliamo fare parlare questi testi, dobbiamo lavorare tanto, quando facciamo teologia con dei piccoli frammenti. Non possiamo lavorare con il frammento scritto ufficiale, ma con dei piccoli frammenti tra virgole e detti, dove spuntano queste donne. D'altronde nell'immagine, nell'iconografia Sara spunta dalla tenda. È molto interessante perché anche nelle icone, nelle bellissime icone, molte, soprattutto quelle già più vicine a noi, si vede che Sara è presente, ma è presente all'ingresso della tenda. Cioè è in secondo piano. Capite che quel rimprovero, a noi donne, per fortuna fa ancora sorridere. Cioè ci fa ancora sperare, una volta, in una possibilità diversa. Ci fa dire in fin dei conti questa narrazione non l’abbiamo scritta noi e sì, noi sorridiamo e sappiamo che è possibile comunque che qualcosa succeda in questa storia, anche fuori di questa prescrizione culturale. L'altro testo secondo me è un testo un po' nascosto. Nelle tradizioni sapienziali, la donna, la figura femminile, viene legata alla figura dell'anima. C'è un versetto nel Salmo 103, il versetto 1, dove in fin dei conti ci insegna a parlare con noi stesse: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome». Simone de Beauvoir, questa grande femminista francese, disse che “donne non si nasce ma si diventa”. Io credo che le figure femminili della Bibbia vanno cercate, sia da donne che da uomini, dentro di noi. La donna va cercata dentro di noi: si diventa donne. Questo significa che il riscatto delle donne non va cercato nelle quote rosa ma come una presenza che la storia ufficiale non ha voluto in qualche modo fare emergere. È vero quello che dicono i maestri e le maestre della sapienza: va cercata come anima, come anima nascosta. Dire questo Salmo “Quanto in me benedica il suo santo nome” è in qualche modo andare a scavare e a trovare, appunto, queste donne, che non hanno parlato nella storia. È come parlare alla nostra anima, capite: “Benedici il Signore anima mia quanto in me benedica il suo santo nome”. È una pratica che noi dobbiamo imparare. Non è metterci lì nella Bibbia e fare un elenco, ma è praticare la figura femminile nella storia, praticare il femminile della storia: quella donna che deve ancora diventare in noi, farla benedire dentro di noi. Cioè quello che io non ho ancora detto di me. A me, costa parlare delle donne della Bibbia, perché è come parlare della mia anima. Anche perché noi donne quando parliamo di noi, parliamo di tutte le altre donne. Cioè di quest'anima diffusa che non è ancora venuta fuori nella realtà. In qualche modo, certamente prendiamo alcune donne come analogia, ma non è questo che ci interessa tanto. A noi interessa raccogliere degli aspetti della vita che non sono ancora venuti fuori. L'altra donna che secondo me va riscattata emerge dal testo in cui una donna interrompe Gesù mentre parla. Gesù sta parlando alla folla e questa donna grida, lo interrompe dicendo: “Benedetto è il ventre che ti ha portato e quel seno che ti ha allattato”. Vedete questo testo è molto bello perché è una donna che prende l'iniziativa e che dice in fin dei conti come la donna partecipa a questa crescita, di questa sapienza grande che è Gesù di Nazareth. Ma subito, il narratore blocca la gioia e lo sforzo di questa donna. E che cosa dice? Fa dire a Gesù, “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”. Quest’aggiunta è tipicamente maschile, perché per noi donne ascoltare la Parola di Dio non è solo una questione di un organo astratto interiore, si ascolta con il corpo. Era normale, vedete, che questa donna che ha gridato pensasse a Maria e sapesse benissimo che questa donna, Maria, aveva in qualche modo avuto questo travaglio dell'ascolto di un annuncio. Però per lei era importante dire che questa donna aveva tenuto il figlio nell'utero, cioè la sua pratica dell'ascolto poi era sfociata nel suo corpo. Mentre per il redattore è più importante mettere quelle parole di Gesù, che esistono anche in altri testi e collocarle in quel momento lì, in quel versetto, per poter dire no, quella donna non dice delle cose corrette, perché è più importante l'ascolto. E qui è la dicotomia, cioè da una parte la donna che riconosce il corpo come un organo di ascolto; questa donna ha ascoltato il figlio per nove mesi nel suo seno, l'avrà saputo che cosa significa questa sapienza. Dall'altra parte il narratore con l’ascolto come una cosa astratta, cioè ascoltare la Parola di Dio e poi metterla in pratica. Per la donna, invece, la pratica c'è già, l’ha messa in pratica, cioè l’ha fatta nascere. Quello che è chiesto a noi di riscattare è proprio in qualche modo questo: smetterla con questi dualismi. Le donne sono capaci di unire l'ascolto sapiente e il corpo. Il corpo che ha saputo portare questo bambino nel ventre e diventare quindi sapiente, di un'altra sapienza alternativa, che sarà la sapienza di Gesù di Nazareth. Questo mi sembra un testo, anche qui, di ascolto della propria anima. In fin dei conti è mettere in luce che Maria aveva ascoltato la propria anima, cosa che di per sé dice Luca, anche nel capitolo 2. Questa donna che vede e guarda questi avvenimenti e li ascolta dal di dentro. Il di dentro di Maria è il luogo dove lei aveva tenuto quel figlio. Chi più di lei lo aveva ascoltato? Questo è un piccolo aiuto per superare anche queste grandi dicotomie, che noi viviamo nei confronti della scrittura e nei confronti della fede in generale: il corpo da una parte e la testa dall'altra. Non è vero che la scrittura si ascolta solo con la testa. La scrittura si ascolta con l'anima direbbero i Padri della Chiesa. L'anima è dentro e quindi è dal di dentro che noi riscopriamo queste figure femminili, che vengano raccontate o non raccontate. Noi le cerchiamo in questa trama nascosta di questi racconti. L'ultimo aspetto che secondo me è molto importante è raccogliere tutte le altre donne, e raccogliere il nostro futuro, sia nella storia sia nella Chiesa. Credo che il futuro della Chiesa sia anche della storia e viceversa. Mi riferisco al testo di Matteo 27, il versetto 61 e anche il testo seguente di Matteo 28, il versetto 1. È un versetto molto corto, ma secondo me molto significativo. Il primo si riferisce al momento della crocifissione di Gesù e al momento della resurrezione il secondo o del dopo resurrezione, Erano presenti, la Maddalena e l'altra Maria sedute di fronte al sepolcro. Chi è l'altra Maria? Per l’esegesi ufficiale, probabilmente, potrebbe essere o la Maria, madre di Giacomo, citata già tante volte prima, o questa Maria di Magdala, o anche una di quelle Marie madre di Giovanni, citata in Luca 8, quando si parla di questo gruppetto di donne che segue Gesù. Ecco, sì, probabilmente senz’altro Maria di Cleofe o Maria la madre di Giacomo, la madre di Giovanni, cioè può essere una di loro. Secondo me non si sa chi è l'altra Maria e non si deve sapere, perché nella narrazione biblica c'è qualcosa che resta aperto. Resta aperto sulla possibilità di farci diventare, in qualche modo, l'altra Maria, cioè di farci diventare colei che non siamo ancora diventate. Quest'altra donna che, come diceva Simone de Beauvoir, deve ancora diventare donna: donne non si nasce ma si diventa. Questo è un testo, a mio avviso, per le donne molto prezioso, dove non dobbiamo tanto andare a cercare un corrispondente reale, biblico, ma dobbiamo andare a cercare il nostro posto. Qual è il posto di questa donna oggi? Chi è quest'altra Maria? Qui ciascuna dovrebbe fare degli elenchi di queste donne. Quante altre Marie, oggi, ci sono nella storia? Qual è anche il mio posto insieme a tutte quest'altre donne? Vedete l'altra Maria, secondo me, non va tanto sottolineato nel nome, Maria, ma nell'altra. Quest’alterità indefinita. Quest'alterità che chiamerei anche la differenza. Cioè quella che noi dovremmo cercare nella realtà, come chi non conosciamo ancora, sia in noi sia nelle persone che incontriamo, nella sapienza degli altri popoli. È l'altra, è l'altra sapienza, è l'altra cultura, è l'altra religione, è quel pezzo che a noi manca. Io credo che è il pezzo più bello per scoprire il mistero: l'altra. Cioè l'altra non è solo l'altro pezzo, ma è l'altra, che mi manca e che mi manca in quanto io non ho ancora davvero scoperto la mia anima, come direbbero i Padri della Chiesa. L'altra in cui devo ancora in qualche modo o alla quale devo ancora in qualche modo domandare che cosa capisce del mistero. Che cosa capisce di questa storia per uscire da questo sistema. Sia chi sia, a me interessa l'altra, cioè quest'altra che noi, in questo momento, dobbiamo cercare. Se vale la pena parlare delle donne nella Bibbia, secondo me, vale la pena farlo, cercando la differenza delle donne. Cercando questa differenza che in qualche modo noi non contiamo mai, sia noi donne che gli uomini, non contiamo mai, insieme come veniva detto anche nel testo di Matteo 14, senza contare le donne e i bambini. Vorrei terminare con un testo bello, secondo me, di maestro Eckhart, tedesco, mistico del trecento, che in qualche modo ha lavorato sulle scritture cercando anima, sua e degli altri e di lì ne ha fatto una via sapienziale, ma soprattutto questo l'ha potuto fare perché con lui lavoravano altre donne. Noi sappiamo che i mistici uomini del trecento, conosciuti, maestro Eckhart, come uno dei primi che forma questa scuola, così anche come Taulè, o altri erano circondati da donne ed erano probabilmente loro quelle che suggerivano anche un po' sospingendoli più avanti della teologia di quel momento. Suggerivano delle chiavi di lettura dei testi ma dato che loro non avrebbero potuto continuare a fare teologia nominando molte donne come maestre, fonti sapenziali dovevano in qualche modo firmare loro i testi. Oggi si sa che i loro testi sono sospinti di molte figure femminili nei monasteri, di molte mistiche, più o meno, conosciute dalla storia ufficiale. Questa predica, che più che una predica è un appunto, riguarda una lettura del terzo giorno dopo Pasqua, dove si parla di Maria che stava al sepolcro e piangeva. “Maria stava al sepolcro e piangeva. Era un fatto straordinario che ella, che era tanto afflitta potesse piangere. L'amore la faceva stare in piedi, la sofferenza la faceva piangere. Ella non aveva nulla da perdere. Tutto quello che ella aveva, l'aveva perduto in lui. Quando egli morì, ella morì con lui. Quando lo inumarono, inumarono la sua anima con lui, perciò ella non aveva nulla da perdere. Allora ella andò oltre. Allora egli la incontrò. Allora ella credette che fosse un giardiniere e disse dove l'avete deposto. Ella era così tanto preoccupata di lui, che delle sue parole non aveva conservata che una: dove l'avete posto? Questo disse a lui. Poi egli le si rivelò in un particolare dopo l'altro. Se egli le si fosse rivelato completamente, quando ella era nel desiderio, sarebbe morta di gioia. Se l'anima sapesse quando Dio entra in lei, morirebbe di gioia. Se sapesse anche quando egli va via da lei, morirebbe di sofferenza. Ella non sa quando egli viene o quando egli va. Ella ben sente quanto egli è presso di lei. Un sapiente dice: il suo venire e il suo andare è occulto, la sua presenza non è occulta, perché egli è una luce e la natura della luce è rivelazione. Maria cercava solo Dio perciò lo trovò e non desiderava altro che Dio. Per l'anima che deve cercare Dio tutte le creature devono essere una pena. Per lei era una pena vedere gli altri. Così per l'anima che deve cercare Dio, tutte le cose devono essere come un nulla. Se l'anima che deve trovare Dio deve avere sei punti: il primo, che è quello che prima era per lei dolce, le diventa amaro; il secondo, che l'anima le diventa troppo angusta sicché non possa rimanere in lei stessa; il terzo, che ella non desideri null’altro che Dio; il quarto, che non la possa consolare nessun altro da Dio; il quinto, che non abbia alcun ritorno alle cose transeunti; il sesto, che ella non abbia alcuna fede interiore sin quando egli non le sia ridato…” Io credo che questo testo, che come vi dicevo non ha fine, con dei punti lasciati aperti, descriva bene che cos'è per noi donne il mistero che non ha una risposta, è una grande di ricerca. È un'inquietudine accompagnata da questa domanda: dove l'hanno posto? Maestro Eckhart, lo avete sentito, dice “come se lei si fosse dimenticata tutte le altre parole, se ne è ricordata solo una: dove lo hanno posto?”. Ecco questo è un po', io credo, il riscatto delle donne. Noi non possiamo riscattare solo delle figure bibliche per far memoria di chi? Noi dobbiamo riscattare queste donne, di cui si dice più o meno qualcosa o non si dice nulla, per renderci conto che il mistero non è ancora detto tutto. Per questo le donne diventano una chiave di lettura teologica molto importante; sono loro che riusciranno, durante la storia, a uscire da quei canoni teologici, prefissati e molto dogmatici, e a entrare, invece, in questa ricerca che è di tutti, anche al di fuori della teologia: dove l'hanno posto? Dove l’hanno posto se lo sono chieste, lungo la storia, tantissime donne e se lo continuano a chiedere. Quante donne nei campi profughi se lo chiederanno: dove l'hanno posto? Perché non ritrovano il marito, perché non ritrovano il figlio. Se lo chiesero le madri di Plaza de Mayo in Argentina, dove l'avete posto? I figli desaparecidos non sapevano dov’erano. Se lo continuano a chiedere anche molte donne riguardo a se stesse: cioè dov'è la mia anima? Perché l’hai maltrattata in questo modo? Io credo che valga la pena cercare figure femminili nella Bibbia, ma non solo per riscattare dei ruoli ecclesiali. A me sinceramente non interessa poi diventare diaconessa, sacerdote o vescovo o tantomeno papa; io non credo che la preoccupazione delle donne vere sia quella di andare a occupare posti nella chiesa. La preoccupazione delle donne è: dove l'hanno posto? Non vedere qualcosa d’importante che invece bisognerebbe vedere nella storia. Chiedere dove l'hai messo quello che magari manca in questa storia per essere più giusta, per essere più vera. Bisogna compatire secondo me, un po’, quegli autori biblici che non hanno voluto parlare di noi o che ci hanno voluto togliere quel sorriso di Sara, rimproverandoci. Invece quel sorriso era molto bello, perché era un sorriso, in fin dei conti, che diceva che qualcosa, forse, sarebbe successo e che sarebbe successo anche lì, non solo spiritualmente, ma con il corpo. Come nel testo di Luca, quella donna che grida e benedice il ventre e il seno di Maria, che ha tenuto Gesù per nove mesi e che lo ha allattato. Il corpo, questa pratica reale, questa vita quotidiana, che a noi c’è stata a volte affidata solo per stare lì, buone, ma che per noi donne è diventato una chiave di lettura per la giustizia e per costruire una storia con dei bilanci davvero diversi, a livello economico e anche a livello legislativo. Perciò, sì, continuate a studiare le donne della Bibbia, continuiamo a leggerle, ma soprattutto continuiamo a leggerle chiedendoci davvero a chi assomigliamo e che cos'è quella parte, soprattutto, che di noi non viene mai detta nella storia e facciamolo per diventare più sensibili di fronte a tutte quelle categorie che nella storia vengono o nominate male o, addirittura, non vengono contate. Suor Antonietta Potente Torino, 22 giugno 2016