La Voce del Ribelle - Mensile

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La Voce del Ribelle - Mensile
LaVocedelRibelle
raccoltamensile
Dicembre2013
Fondatore:
MassimoFini
DirettoreResponsabile:
ValerioLoMonaco([email protected])
Caporedattore:
FedericoZamboni
Redazione:
FerdinandoMenconi
Artdirector:
AlessioDiMauro
ProgettoGrafico:
AntalNagy,MauroTancredi
LaVocedelRibelleèunmensiledellaMaxAngelo
s.r.l.
ViaTrionfale8489,00135Roma,P.Iva06061431000
Redazione:ViaTrionfale6415,00136Roma
tel.06/92938215,fax06/99369806,email:
[email protected]
TestataregistratapressoilTribunalediRoma,
n°316del18Settembre2008
Sitointernet:www.ilribelle.com
Email:[email protected]
Sommario
MyGod,Mr.Letta:c’èilrischio
dell’estremismo
(FedericoZamboni,2dicembre
2013)
Voglionoprivatizzareanche
Bankitalia
(MatteoMascia,2dicembre2013)
StragediPrato.Benoltrelevittime
(IreneSabeni,2dicembre2013)
Lastrettacreditiziaalimenta
l’usura.Ovvero:leBancheaiutano
gli(altri)strozzini
(IreneSabeni,3dicembre2013)
Politicainversamente
proporzionale:l’opposizionedelle
“stretteintese”
(MarcoManagò,3dicembre2013)
Siamotuttideicapriespiatori
(TinaBenaglio,3dicembre2013)
IlFiscalCompactègiàtranoi
(ValerioLoMonaco,3dicembre
2013)
Ucraina:guerracivileprossima
ventura?
(FerdinandoMenconi,4dicembre
2013)
RehnbacchettaLetta.Cheora
bastoneràgliitaliani
(IreneSabeni,4dicembre2013)
USA:etuchesanitàpuoi
permetterti,man?
(FedericoZamboni,4dicembre
2013)
GeorgeSoros:“Europa:creareuna
classeoperaiaRom”
(SebastianoCaputo,4dicembre
2013)
Napolitano&C.:viasubitola
PorcellumGang
(FedericoZamboni,5dicembre
2013)
L'Iseeelaguerratra(finti?)poveri
(AlessiaLai,5dicembre2013)
Putinvaforte,mal’imperoUSAè
semprelì
(AndreaPerrone,5dicembre2013)
TrattativaStato-Mafia:lebombedi
Alfano
(IreneSabeni,6dicembre2013)
Centrafrica:laguerradiNatale
(FrancescaDessì,6dicembre2013)
Vai,Angelino:haipureilquid
dell’imbonitore
(FedericoZamboni,6dicembre
2013)
Imparareadiventareguerrieri.Ea
riconoscereinemici
(AlessioMannino,6dicembre
2013)
Sfiduciatiedisoccupati
(IreneSabeni,9dicembre2013)
Italia:mancaunnuovomito
fondante
(LucianoFuschini,9dicembre
2013)
PD:quasi3milionidiillusi
(FedericoZamboni,9dicembre
2013)
Grilloel'accusaalgiornalismo:e
allora?
(AlessioMannino,10dicembre
2013)
L’Islandacontroipoteriforti.Il
mutuolopaganolebanche
(AndreaPerrone,10dicembre
2013)
Italia:laGiustiziadistortadiuno
Statocriminale
(MatteoMascia,10dicembre2013)
Forconieccetera:machezotici,
queimanifestanti!
(FedericoZamboni,10dicembre
2013)
Venezuela.Amministrativenel
segnodiChávez
(AlessiaLai,11dicembre2013)
Ifocolaidiprotesta:nulladipiù,
nulladimeno
(FedericoZamboni,11dicembre
2013)
Draghicontroil“populismo”.Che
inveceavanza,perfortuna
(IreneSabeni,11dicembre2013)
L'eticadi"OpusGoldmanSachs
Dei"
(IreneSabeni,12dicembre2013)
LarivoltadeiForconiolalottadi
classedelterzomillennio
(SebastianoCaputo,12dicembre
2013)
Forconi,detonatorieipocrisie
(IreneSabeni,13dicembre2013)
WebRadio:daichecelafacciamo!
(LaRedazione,14dicembre2013)
Natale2013.EccoavoiRenzie-theRebel
(FedericoZamboni,16dicembre
2013)
EallorachiamiamoloDecembrismo
(AlessioMannino,16dicembre
2013)
Italiadarimandare,secondo
Standard&Poor's
(IreneSabeni,16dicembre2013)
Israele.Anchelìc’èlapauradel
“diverso”
(FrancescaDessì,17dicembre
2013)
Laminaccianuclearetornaai
confinidell’Europa
(FerdinandoMenconi,17dicembre
2013)
Tornal'incubodelprimocolpo
(LucianoFuschini,17dicembre
2013)
LoYuanavanza.Ela
cinesizzazioneanche
(ValerioLoMonaco,18dicembre
2013)
Cile:eoramantienilepromesse,
“Presidenta”Bachelet
(AlessiaLai,18dicembre2013)
Noallapatatachimica,perora
(IreneSabeni,19dicembre2013)
Rimpiangerel'URSS?
(LucianoFuschini,20dicembre
2013)
Autoindulgenza:ilviruschenondà
scampo
(FedericoZamboni,20dicembre
2013)
“Contantiauguri”da
Standard&Poor's
(IreneSabeni,23dicembre2013)
Sempremenolavoro.Sempremeno
tutele
(SaraSantolini,24dicembre2013)
Societàliquida,mainunagabbia
d'acciaio
(LucianoFuschini,27dicembre
2013)
NapolitanOplà:eilSalvaRomase
neva
(FedericoZamboni,27dicembre
2013)
Lostatodellecose,inCinaequida
noi
(LucianoFuschini,30dicembre
2013)
Fine2013:panoramicheagogò,e
viacosì
(FedericoZamboni,30dicembre
2013)
Londraüberalles?
(IreneSabeni,31dicembre2013)
MyGod,Mr.Letta:
c’èilrischio
dell’estremismo
2 DICEMBRE 2013
Originalità: zero. Esagerazione: dieci
(senzalode).
EnricoLettavainvisitaallasinagoga
di Roma, dove si incontra con il premier
israeliano Benjamin Netanyahu, e prende
la palla al balzo per sciorinare una
giaculatoria travestita da analisi: prima
traccia un quadro a tinte fosche della
situazione italiana, dichiarando che
«Viviamo un tempo di crisi economica e
socialecaratterizzatadallapaura,edalle
spinte
all'estremismo,
all'odio,
all'intolleranza: spinte che in Italia
stannocrescendoinmodopreoccupante »,
poi prova a offrire squarci di luce
rassicurante srotolando la collana, o la
collanina, delle buone intenzioni e degli
omaggi accorati, tra la risoluta
affermazione che «resisteremo a queste
tentazioni che incidono sulla parte più
debole del Paese» e l’immancabile
sviolinata alla Comunità ebraica che
«apporta un inestimabile contenuto in un
Paesecomeilnostrochetroppospessofa
in fretta a perdere la memoria mentre
deve ricordare di tenere alta la guardia
rispetto a ogni forma di discriminazione
razzismoexenofobia».
Ilresocontopotrebbeanchefinirequi,
con questo paio di “polaroid” verbali che
si aggiungono all’album immenso, e
infimo, dei discorsetti di circostanza
proferiti da questo o quel politico. Tre
quarti di abusate banalità, che tendono a
passare inosservate ma che non sono mai
del tutto innocue, e un quarto di
mistificazione specifica, che è sempre
tossica anche in minime dosi.
L’ancoraggio retorico è ultra collaudato,
conl’ennesimoriferimentoal(cosiddetto)
olocausto, e quindi sommamente
capzioso: una sorta di citazione
dogmatica, quasi fosse tratta dalle Sacre
Scritture,cheserveadavvalorareilresto.
Detto in maniera colta, si ammanta
l’attualità, le cui interpretazioni sono di
per sé opinabili, con la Storia, o presunta
tale, che viceversa si staglia come una
verità assoluta. Detto in maniera più
spiccia,eromanesca,lasista“aincartà”.
Si prende la propria merce, che è quella
che è, e la si avvolge in qualcosa di più
attraente.
Magari
autorevole.
Possibilmenteindiscutibile.
Enrico Letta, appunto, prende il suo
allarme da quattro soldi sull’estremismo,
che sorvola completamente sulle vere
cause della crisi, e sulle conseguenti
responsabilità delle classi dirigenti sia in
Italia che all’estero, e prova a
incorniciarlocomesefosseuncapolavoro
diriflessione:nonsolopolitica,nelsenso
corrente,esvalutatissimo,deltermine,ma
addirittura sociologica. Eccolo lì, il
problema per eccellenza dei nostri anni.
Eccola lì, la quintessenza delle difficoltà
nazionali.
Il ribaltamento è completo. Il
travisamento anche. Ciò che ha gettato e
continuaagettareneldisagioenell’ansia
milioni e milioni di persone – rimaste
senza lavoro e quindi senza reddito,
oppureconlavorimalpagatievariamente
precari – diventa un dato di fatto su cui
non vale più la pena di interrogarsi.
Logico,sciocchini. Poiché è accaduto,
appartiene al passato. All’inevitabile. A
ciò da cui dobbiamo ripartire, non già
volgendociindietroincercadeicolpevoli,
che pure sono ancora tutti, o quasi, in
circolazione e persino al potere, ma
affratellandocigliuniaglialtriinvistadi
un nuovo e più lieto inizio. Oops: non si
dice“inizio”;sidice“ripresa”.
Letta (Enrico all’anagrafe, Henry per
gliamicistatunitensi,nonchéperglialtri
confratelliinternazionalidiritobancario)
paventa
«l’estremismo,
l’odio,
l’intolleranza». Solo quelli provenienti
dal basso, però. Solo quelli che
minacciano, o anche solo disturbano, le
oligarchie che ci hanno portati alla
situazione attuale. Quanto all’estremismo
finanziario e speculativo, quanto all’odio
verso
i
governi,
ad
esempio
latinoamericani,chevisicontrappongono,
quanto all’intolleranza per chiunque non
si prostri davanti al totem del Pil
collettivo,
e
al
miraggio
dell’arricchimento individuale, il solerte
Henrynonbatteciglio.
E i suoi ospiti della sinagoga, c’è da
supporre,nemmeno.
FedericoZamboni
Vogliono
privatizzareanche
Bankitalia
2 DICEMBRE 2013
Nel giro di un paio d'anni la Banca
d'Italia
potrebbe
diventare
una
lontanissima parente di quell'ente
pubblicochevenneistituitoconl’incarico
diregolareilcompartodelcredito.
Fabrizio Saccomanni, attuale titolare
dell'Economia ed ex direttore generale
della stessa Bankitalia, è riuscito a far
inserire
nell'ultimo
decreto-legge
licenziato dal Governo una norma
potenzialmente pericolosissima. L'Istituto
di via Nazionale sarà completamente
privatizzato e le sue azioni saranno
distribuitetraivarisoggetti“controllati”.
La proprietà di Bankitalia passerà quindi
nelle mani delle società che dovrebbero
esseresottoposteallasuavigilanza.
Uncapolavorochepotevariusciresolo
al ministro tecnico di un Esecutivo
politicamentesemprepiùdebole.«Al fine
di assicurare alla Banca d'Italia un
modello di governance che ne rafforzi
l'autonomia e l'indipendenza, nel rispetto
dei Trattati Europei, il decreto legge
stabilisce nuove norme riguardanti il
capitale e gli organi dell'istituto», questo
il contenuto del comunicato stampa
diffuso da Palazzo Chigi. Un capolavoro
dimistificazione:lavolontàdiLettaedei
suoi Ministri non è per niente improntata
al perseguimento di una maggiore
autonomiaedindipendenza.
Alcontrario,potrannosedereneiruoli
di vertice di Palazzo Koch – e comunque
influenzarnefortementel'operato–quegli
operatorisucuideveesserefattaricadere
la responsabilità di una sempre maggiore
finanziarizzazione
dell’economia.
Parliamo ovviamente di compagnie
assicurative e società finanziarie
internazionali. Multinazionali cui si
potrannoaffiancareancheifondipensione
privati.Nonèstatopostonessunrichiamo
alla provenienza degli “investitori”, tutti
gli operatori dell'Unione Europea
potranno sognare di entrare in uno dei
ganglivitalidell'economianazionale.
Le modifiche non sono finite qui. La
Banca d'Italia verrà autorizzata ad
aumentare il proprio capitale mediante
utilizzodelleriservestatutariesinoadun
massimo di 7,5 miliardi. La Banca potrà
distribuire dividendi annuali per un
importononsuperioreal6%delcapitale.
Ciascunpartecipantealcapitalenonpotrà
possedere - direttamente o indirettamente
- una quota di capitale superiore al 5%.
Per favorire il rispetto di tale limite, la
Banca
d'Italia
potrà
acquistare
temporaneamente
le
quote
di
partecipazione in possesso di altri
soggetti.
Un evidente regalo agli istituti in
difficoltà, che potranno contare sulla
liquiditàprovenientedaBankitaliaesulla
possibilità di inserire nel “patrimonio di
vigilanza” (una variante ampliata del
classico concetto di patrimonio, in cui si
aggiungono al capitale sociale e alle
riserve anche ulteriori elementi di natura
non prettamente patrimoniale, come per
esempio i fondi costituiti nell’ambito del
fondointerbancariodituteladeidepositi)
le proprie partecipazioni nell'istituto
centrale, con il fine di rafforzare ad un
costoirrisoriolapropriacapitalizzazione.
L'operazione
è
talmente
“innovativa” che persino la tristemente
famosa Banca centrale europea avrebbe
manifestato diverse perplessità; nodi che,
con tutta probabilità, dovrebbero essere
sciolti nel giro di una settimana. Figurati
se i tecnocrati di Francoforte si faranno
sfuggire la possibilità di entrare
indisturbati all'interno di Bankitalia.
L'unica speranza deve essere riposta nei
deputati e nei senatori non appiattiti
sull’appoggio, esplicito od occulto, al
Governo. Solo loro potranno riuscire a
disinnescare l'articolato del decreto-legge
di Saccomanni e Letta, provvedimento
legislativo già pienamente operativo
all'internodelnostroordinamento.
Qualcuno dovrà avere il coraggio di
evidenziare la sostanziale abrogazione
dellalegge262del2005.Disciplina–mai
attuata completamente – che prevedeva
comunque la completa pubblicità della
nostraautoritàdivigilanzasullafinanzae
sulcredito.«LaBancad'Italiaèistitutodi
diritto pubblico», questo il secondo
comma dell'articolo 19. Una norma
semplice e concisa che non lasciava
spazio a chi avrebbe voluto privatizzarla.
L'articolo prosegue poi con espressi
richiamiallanecessitàditrasparenzanelle
procedure amministrative – che con
l'assetto voluto dal governo Letta
diventerebbero societarie – e all'obbligo
di motivazione di tutti i provvedimenti
emessi dai suoi dirigenti, così come
richiesto per qualsiasi altro ente pubblico
esistentenelPaese.
Una struttura normativa di cui si
potrebbe celebrare il funerale da qui a
pochi mesi. Un'evenienza da impedire ad
ogni costo, soprattutto per chi sogna di
riconquistare quella sovranità monetaria
sottratta all'Italia a colpi di trattati e
vertici internazionali. Sarebbe del tutto
inutileaveremaggiorcapacitàdimanovra
in campo economico se poi saranno i
privati a decidere le regole cui si
dovrannorichiamarebancheefinanziarie.
Si aprirebbe in aggiunta il fronte della
tutela dei consumatori. Chi assicurerà il
pieno rispetto delle normative? Chi
vigilerà in materia di anti-usura?
Interrogativi a cui si dovrà trovare una
rispostaentroiprossimi50giorni.
C'è inoltre un problema di non poco
momento. I privati che potranno
controllare Bankitalia avranno l'indiretta
proprietà delle riserve auree italiane,
2.452 tonnellate il cui valore è di gran
lunga superiore ai 100 miliardi di euro.
Un'ereditàprovenientedaitempiincuila
moneta era sovrana ed il controllo
dell'economia era considerato perno di
qualsiasipoliticastatale.
Il Governo italiano si riconferma
nemico degli interessi nazionali. Una
tendenza ormai ultradecennale, senza
distinzionedicolorepolitico.
MatteoMascia
StragediPrato.Ben
oltrelevittime
2 DICEMBRE 2013
La tragedia di Prato non è la prima e
nonsaràl'ultima.Permoltiorasaràfacile
indicarne la causa nella ricerca ossessiva
delprofittoadiscapitodellasaluteedella
vitaedeilavoratori.Saràancorapiùfacile
mettere sotto accusa la mancanza di
controlli da parte delle autorità
competenti che avrebbero dovuto aprire
più di un occhio su una realtà di degrado
benconosciuta.
Chedecinedilavoratoricinesi,avolte
pure clandestini, fossero letteralmente
accatastati in pochi metri quadri a
lavorare e a dormire, era una realtà
tollerata sulla quale si preferiva
tranquillamente sorvolare per non
bloccare un meccanismo che ormai da
anni va avanti da solo. Non è un mistero
infatti che molte aziende di Prato, come
altrenellastessacondizioneintuttaItalia,
producanononsoloperilmercatointerno
eperl'exportmaanchecomefornitoridei
grandimarchidelmadeinItaly.
Di conseguenza, fare eccessivi
controllisulrispettointegraledelleregole
scritte in materia di legislazione del
lavoro finirebbe per bloccare buona parte
del comparto tessile. Lo stesso discorso
vale per altri settori produttivi. Una
responsabilità che, in una fase di
disoccupazione crescente come l'attuale,
nessuno vuole assumersi in base alla
considerazione: “Non vorrete mica che
altre decine di migliaia di persone
finiscanoperstrada?”.
Lo sanno le imprese che continuano a
violare le regole. Lo sanno gli stessi
sindacati che soltanto in queste occasioni
sisveglianoealzanolavoceindifesadei
diritti dei lavoratori, che tanto più sono
stranieri,quantopiùsonosfruttati.Anche
se a sfruttarli poi sono i loro stessi
connazionali. Lo sanno infine i Vigili del
Fuoco, le varie Asl e gli Ispettorati del
Lavoro che si possono muovere soltanto
inpresenzadiunaprecisadenunciaeche
finiscono per accodarsi a questo andazzo.
Questo è lo scenario generale che è cosa
ben differente dalla realtà dell'azienda
coinvolta nella strage della fabbrica di
Prato,sullaqualeleautoritàcompetenti,a
disastro avvenuto, dovranno svolgere i
dovuti accertamenti. Ma esso serve
comunqueaspiegareperchésivadaavanti
adocchichiusisperandochenonavvenga
ciò che è destinato ad accadere, come a
Prato, in conseguenza delle condizioni
fatiscenti dei luoghi di lavoro. Dove ci
sono impianti elettrici vetusti che non
sono in grado di reggere il nuovo e
continuosovraccaricodienergiarichiesta.
Èsignificativocomunquechelastrage
sia avvenuta in una fabbrica cinese nella
quale sono state trasferite le modalità di
lavoro tollerate ed incoraggiate in patria
dalgovernodiPechino.
Salaridafame,otto-diecivolteminori
diquellieuropeieditalianiecondizionidi
lavoro al limite dello schiavismo. Due
peculiarità che spiegano il boom cinese
piùdiognialtracosa.Eserveapoco,anzi
appare una sorta di presa in giro, sentirsi
replicare che anche l'Italia del boom dei
primi anni sessanta si concretizzò grazie
ad una politica di salari bassi ai quali
offrirono una compensazione soltanto le
lotte dell'Autunno Caldo e lo Statuto dei
lavoratori del 1970. La realtà è oggi ben
diversa. La lotta tra poveri di 50 anni fa
era uno scontro tra italiani per
conquistarsi e mantenersi un lavoro a
fronte dell'impossibilità per i sindacati di
tutelare adeguatamente i dipendenti. La
guerra odierna si svolge al contrario tra
poveriperlasopravvivenza.Doveipoveri
sonosiagliitalianicheglistranieri,perlo
piùextracomunitari.
Una lotta per la sopravvivenza che
spinge ad accettare le condizioni più
infime di lavoro e di salario pur di
raggranellare qualche euro, avendo come
alternativaladisoccupazionepermanente.
Il modello cinese si sta lentamente
imponendo anche in Italia, anzi si è già
imposto. Lavora, guadagna quello che ti
offriamo,altrimentivattene.Ediltragico
è che sono gli stessi sindacati, Cisl e Uil
intesta,adavereavallatolanuovarealtà,
sottoscrivendo la cancellazione dei
contrattinazionalidicategoria(comealla
Fiat) e il passaggio a contratti aziendali
basati sugli straordinari e sui premi di
produzione.
Laveraquestioneèquindiilclimanel
quale è potuta maturare la tragedia di
Prato.L'ideacheilmondodebbaessereun
unico grande mercato globale sul quale
possono essere spostati e ricollocati a
piacimentotuttiifattoridellaproduzione.
Capitali, materie prime, merci e prodotti
finiti. Più ovviamente gli uomini, ormai
ridottiamerce.Comeglischiavi.
IreneSabeni
Lastrettacreditizia
alimental’usura.
Ovvero:leBanche
aiutanogli(altri)
strozzini
3 DICEMBRE 2013
Le piccole e medie imprese italiane,
penalizzate dalla stretta creditizia delle
banche, si trovano costrette a ricorrere
agli usurai. È una realtà che non appare
sui principali quotidiani nazionali, tutti
più o meno legati alle banche da incroci
azionari e da rapporti di credito-debito.
Maèunarealtàcheincrinapesantemente
lepossibilitàdiunaripresaeconomica.
In Italia sono infatti le Pmi a
rappresentare la struttura portante del
nostro sistema industriale. Ma le banche
sembrano avere interesse a finanziare
soltanto le grandi imprese come la Fiat.
Guardacaso,quellachedaannihaavviato
uninarrestabiledisimpegnoproduttivodal
nostro Paese, dove resteranno soltanto i
marchi di lusso come la Ferrari, la
Maserati e le vetture sportive dell’Alfa
Romeo, destinate ai mercati americano e
cinese.
Secondo le associazioni che si
occupano di contrastare il fenomeno
dell’usura, circa 2 milioni di piccole
impresesitrovanoaseriorischiodiessere
strozzatedagliusurai,conlapossibilitàdi
dover chiudere o addirittura di dover
cedere
l’attività
che
verrebbe
inevitabilmente rilevata da prestanome
legati alla criminalità organizzata. Non è
unanovitàchemoltedellefinanziarieche
prestanosoldiastrozzosianolegatemani
e piedi alle varie mafie che hanno
abbandonato le regioni del Sud per
stabilirsi in pianta stabile da Roma in su,
intutteleregionidelNord.
Si calcola che nel 2013 le denunce
presentate siano aumentate del 15%, una
cifra non da poco che testimonia del
disastro creato da una politica bancaria
scellerata.Siamodifrontealprimoepiù
palpabile effetto di una stretta creditizia
che appare immotivata visti i tantissimi
soldichelebancheitalianehannoricevuto
sottoformadipresititriennalidallaBanca
Centrale Europea al più che conveniente
tasso di interesse dell’1%. Erano prestiti
che,almenoaparole,Draghiavevalegato
alla necessità di finanziare l’economia
“reale”. In altre parole le imprese e le
famiglie.
In realtà le uniche imprese che sono
state finanziate sono stati i grandi gruppi
industriali che possono fare pesare sul
tavolodelletrattativeiproprilegamicon
la politica, e con le stesse banche, e tutte
le implicazioni in campo occupazionale.
Se chiude laditta Rossi è un conto, se
chiude Mirafiori è un altro. Quei soldi le
banche li hanno utilizzati invece, in
larghissima parte, per comprare titoli di
Stato e legare ancora di più il proprio
futuro a quello della stabilità dei conti
pubblici, a quella dello spread tra Btp e
Bund tedeschi decennali ed, in ultima
analisi, alla tenuta dell’euro. In questa
deriva finanziaria, perché di deriva si
tratta, a rimetterci sono state così le
piccole e medie aziende costrette a
rivolgersi a società finanziarie capaci di
imporre tassi di interessi pari fino al
400% annuo. Una scelta quasi obbligata,
che rappresenta sempre e comunque
l’inizio della fine per gli imprenditori
finiti nel tritacarne loro malgrado. Il
problemanonèdatosoltantodallascarsa
e inesistente concessione di credito ma
spessoèdatoanchedall’inattesarichiesta
fattadallebanchealleimpresedirientrare
delle proprie esposizioni. Ad esempio,
quando un mancato pagamento ha fatto
scattare la segnalazione alla centrale
rischi, chiudendo di fatto la possibilità di
ottenere credito legale. In molti casi il
mancato pagamento da parte di una
impresa è l’effetto del mancato
pagamento di una fattura da parte di un
cliente. Un effetto domino quindi. Un
fenomenocheinquestafasedirecessione
sistaparticolarmenteaccentuando.
Da parte loro, le banche si difendono
sostenendo che non possono fare altro, a
frontediunaumentodellesofferenzeche
stamandandoinrossoilorobilanci.
Secondo i dati ufficiali, banche e
finanziarie “legali” hanno respinto
quest’anno circa il 45% delle richieste di
credito.Questo,prevedonoleassociazioni
anti-usura,dovrebbespingereil30%delle
imprese interpellate a rivolgersi alle
finanziarie degli usurai, in particolare in
prossimitàdellescadenzefiscalichesono
ineludibili. Un quarto almeno delle
imprese ha spiegato di essere stata
costretta a questo passo estremo (il 30%
prevede che dovrà farlo) dalla volontà di
non licenziare i dipendenti che, in
particolareneipiccolicentri,sonopersone
con le quali ci si conosce da una vita.
Così,sigiungealparadosso,cheinrealtà
non è tale, che sono le stesse banche a
trasformarsi nelle prime alleate degli
strozzini. Unica consolazione sono i dati
che testimoniano del numero degli usurai
denunciati e dei patrimoni illeciti
sequestrati. Ma è soltanto la punta di un
iceberg che la politica prova imbarazzo a
vedere.
Siamodifronteadunarealtàinvasiva
che ormai si è impiantata nelle ricche, o
ex ricche, regioni del Nord industriale e
che testimonia del fatto che interi
patrimoni(impreseedimmobili)sistanno
trasferendo dai loro legittimi proprietari
nelletaschedellacriminalitàorganizzata.
IreneSabeni
Politica
inversamente
proporzionale:
l’opposizionedelle
“stretteintese”
3 DICEMBRE 2013
Lamaggioranzadiminuiscemaèpiù
forte, la minoranza cresce ma è più
debole
Il 27 novembre scorso, subito dopo il
voto di decadenza al Senato per il
Cavaliere, il raggiante Enrico Letta ha
affermato: «Il governo è più forte di
prima,acceleriamoleriforme».Ilpremier
ha rafforzato la propria tesi, sostenendo
che la fiducia accordata da 171 senatori
alla legge di stabilità «è il miglior
incentivo per dare all’esecutivo forza,
coesioneeprospettivapertuttoil2014».
Esiste un Senato compatto dunque, in
grado di chiamare al voto per la
decadenzatuttigliaventidiritto,compresi
i senatori a vita, in genere poco presenti.
Una partecipazione così elevata, in
controtendenza rispetto all’assenteismo
dellesedutedituttiigiorni,èauspicabile
anche nelle occasioni in cui in ballo ci
sianoiproblemidegliitalianicomuni.
LadecadenzadiBerlusconihasegnato
uno spartiacque: tra avversari del
Cavaliere (M5s, Pd, Sel, Scelta Civica),
chi lo ha “sacrificato” in nome della
poltronadadifendere(Ncd)eisostenitori
irriducibili(ForzaItalia).
Il paradosso delle nuove intese vede
ancheunapresenza,fraleopposizioni,di
partiti come M5s, Sel e Forza Italia;
formazioni tra loro in grande astio e non
in grado di costituire una struttura di
“minoranzadellelargheintese”comeloè
stato per i partiti che hanno sostenuto
l’“esecutivopartecipato”diLetta.
Il governo di Letta si trova forte non
soltantoperinumeri(seppureincalo)che
sono dalla sua parte e garantiscono
prosperità,nonsoloperinumitutelariche
lo sostengono (da Washington, passando
per Francoforte e per il Quirinale), ma si
avvale anche della minoranza davvero
eterogenea che lo fronteggia. Tale
minoranza, infatti, a cui occorre
aggiungere formazioni come la Lega e
Fratelli d’Italia, è un misto di posizioni
politiche diverse e contrastanti fra loro,
difficili da poter ricondurre verso un
anelitodiprotestacoesaecondivisapurdi
far cadere l’esecutivo “fantoccio” di
Letta. Per poter convogliare, infatti, le
esigenzedidissensodiForzaItalia,M5se
Sel in contemporanea, deve sussistere
davvero una tematica trasversale di
spessorenotevole.
Superata
l’ennesima
questione
mediatica e politica legata al Cavaliere
(con lieve riduzione di spazio, si spera,
neiprossimigiorni),standoalleparoledi
Letta le carte in tavola cambieranno
davvero. In possesso della bacchetta
magica, il presidente del Consiglio sta
tranquillizzando gli antiberlusconiani e i
berlusconiani,proprioconl’assicurazione
che ora si fa sul serio. Ciò vuol dire che
per 7 mesi, dal suo insediamento di fine
aprile, ha scherzato, frenando le riforme
perchévincolatodaquelPdlcosìriottoso.
Si desume, implicitamente, che il Paese,
standosemprealleultimedichiarazionidi
Letta,abbiaperso7mesiperpotervedere,
con questa nuova maggioranza più salda,
ilvarodelleriformeimportanti(unavera
beffa).
In tal modo, seguendo il suo
ragionamento, disoccupati, ragazzi in
cerca
di
prima
occupazione,
cassaintegrati, pensionati e lavoratori in
genere, possono tirare un sospiro di
sollievo. Anche iberluscones si facciano
una ragione della parziale sconfitta del
proprioleader e si sollevino al pensiero
delleirrevocabilidecisioniomeglio:delle
irrevocabiliriforme.
Ora il Pd e la maggioranza hanno le
mani slegate, non più tentennanti nei
confronti dello scomodo alleato e quale
minoranza può fermare l’onda forte delle
nuove riforme (a cominciare da quella
elettorale,perpoipassareaquellerelative
al lavoro e alla ripresa economica)? Non
cisonopiùminoranzeingradodifermare
il Pd che governa né scomodi alleati di
esecutivo,percuilaripresaèinevitabile.
Il
metalinguaggio
attuale
è
grossomodoquello.
E ancora: il Pd dimostrerà come le
calunnie (queste sì durate davvero 20
anni)sulfattochelasinistraesistasoloin
funzione e di luce riflessa al
berlusconismo, siano infondate e, avendo
la strada spianata, potrà porre fine alla
crisieconomica,aglisprechi,all’evasione
fiscale, alla giustizia, alla mancanza di
lavoro, alla sicurezza pubblica, al
femminicidio. È terminato il cosiddetto
“ventennio” (in realtà, per la poltrona di
Palazzo Chigi, occorre detrarre i 16 mesi
di Dini, i 53 di Prodi, i 18 di D’Alema, i
14diAmato,i17diMontiei7diLetta)
che ha paralizzato il Paese, ora si volta
davvero.
Anche i media si gioveranno della
nuova situazione e non saranno più
costretti a riempire i loro spazi con le
beghe berlusconiane per distrarre, ops,
informare l’opinione pubblica italiana e
potranno,
invece,
fornire
tante
informazioniriguardoalladisoccupazione
e alle possibili soluzioni. I lavoratori in
sciopero e in lotta contro le proprie
aziende che delocalizzano all’estero,
potranno giovare, certamente, di spazi
adeguatiperleproprierivendicazioni,non
essendocipiùbagarresulCavaliere.
I berluscones stiano tranquilli:
digeriscano l’impasse (provvisoria) del
proprioleader,nelfrattempocomincinoa
bearsi della ripresa economica, sociale,
politicaemoraledell’Italia.
Saranno contenti anche i gendarmi
d’oltreoceano, nel vedere la colonia, ops,
la fedele Italia in sicura ripresa? Loro
auspicavano la crescita ma manovravano
perchénonsiverificasse,oraèsufficiente
un controllo a distanza, meno diretto,
contemplandolemiglioriediLetta.
Questo sulla carta (e sulle tv, e nelle
radio,ovviamente)
Tutto ciò salvo il minimo intoppo e
allora,unatelefonataallatroikache,asua
volta, avvertirebbe Napolitano, darebbe il
“la” a un nuovo ribaltone, a nuove
maggioranze.
Cambiano pelle insomma. Sulla
nostra.
MarcoManagò
Siamotuttidei
capriespiatori
3 DICEMBRE 2013
Il 19 settembre scorso la Camera dei
Deputati approva la legge “antiomofobia”.Èancorainforsesepasseràin
Senato.Sicuramente,intanto,lanormativa
ha già scatenato numerose polemiche e
parecchie proteste. E non poteva essere
checosì.Dalmomentoche,seguardiamo
iltestoattraversoisuoisub-emendamenti,
dobbiamo prendere atto che, oramai,
siamotuttideicapriespiatori.
Lo notiamo immediatamente, ad
esempio, se leggiamo l’emendamento
Gitti, il quale recita: «Ai sensi della
presente legge, non costituiscono
discriminazione, né istigazione alla
discriminazione, la libera espressione e
manifestazione di convincimenti od
opinioni riconducibili al pluralismo delle
idee […] assunte all’interno di
organizzazioni che svolgono attività di
natura politica, sindacale, culturale,
sanitaria, di istruzione, ovvero di
religione o di culto, relative
all’attuazione dei principi e dei valori di
rilevanza costituzionale che connotano
tali organizzazioni». Il che vuol dire, in
pratica, che qualora un uomo politico
desse dell’orangutan a una ministra di
colore (come infatti è successo), egli
potrebbesempregiustificarsidicendoche
quel titolo è «assunto dalla natura
politica» del suo dire o, addirittura,
sostenerechelasuasortitaaltrononèche
«l’attuazione dei principi e dei valori di
rilevanzacostituzionale».
Ecosì,mentreilsemplicecittadinonel
discriminare criminoso compie un
perseguibile reato, il cittadino “speciale”
che opera al riparo delle istituzioni
ricomprese nella legge sarà tenuto in
salvo, quale che sia la sua azione
discriminante, per il solo fatto di
appartenere, appunto, ad una istituzione.
Altro che il cinismo consigliato al
Principe dal Machiavelli! Quel cinismo,
infondo,glieraconsigliatoinvirtùdiun
ordinato governo necessario al popolo. In
questalegge,invece,ilcinismoservesolo
a condannare il popolo e salvare il
Principe: il popolo ridotto a turbolenta
massadiindividui,eilPrincipeinsediato
sul trono di un indiscusso e immune
potere.
Ma vi è anche un altro malanno in
questa legge, ed è la legittimazione e
l'avallo di tanti anni di malvagità
istituzionale e politica. Una politica che
ha instillato nell'inconscio del cittadino
italiano un’idea distorta di democrazia,
che spiana la strada alle più rozze
contrapposizioni tra i vari schieramenti,
effettiviofittizi.Etniacontroetnia,razza
contro razza, nord contro sud. Così come
troppo spesso non si è dato peso né
politico né culturale alle affermazioni di
un Presidente del Consiglio che, con
goliardicadisinvoltura,ponevalabellezza
delle proprie donne di partito contro la
non bellezza delle donne del partito
avversario. Perché mai quelle donne, nel
vedersiusatecomepurostrumento,nonsi
sono ribellate? Perché mai le Istituzioni
indicate dalla legge di cui stiamo
parlando, non sono insorte a contrastare
tale becera discriminazione? Ma perché
cavalcando quel silenzio si poteva
diventaregruppodiindiscussoeinnocente
potere. Certo, il lasciar correre la
criminalizzazione di razza o di genere che diloro natura sono innocenti – e
giustificare ed esaltare l'agire devastante
dei poteri forti, forse non porta alle
camereagas,macertamentedegradaogni
progettodicivileconvivenza.
Per comprendere appieno perché
questoavvenga,occorretenerpresentegli
stereotipi che portano al formarsi del
caproespiatorio.
Se leggiamo il libroIl capro
espiatoriodiRenéGirard,vediamocheil
primo stereotipo che porta verso la
persecuzionedeldiversostanellacrisi:ci
deveesserecioèundisastrochesconcerta
le persone, privandole della capacità di
ancorarsi a delle risposte razionali. Cioè,
nonnecercanoleverecauseperagiresu
diesse,etantomenoaccettanodiesserne
in
qualche
modo
compartecipi.
Individuano invece delle “persone
nocive”: la mela marcia da togliere dal
cesto, quella per cui, poi, tutto
magicamente dovrebbe tornare come
prima. Così, conseguentemente, il
secondostereotiposonoappuntoleaccuse
mosse a queste persone. Accuse che non
sono altro che la risposta al sogno delle
folle dipurgare la comunità dagli
elementiimpuri.Ilterzostereotipostanel
tipodivittimecontrocuiscatenarsi.Esse
devono
esserediverse
efragili. E
quand’anche siano davvero colpevoli, il
veromotivopercuivengonosceltenonè
lalorocolpevolezza,bensìl’appartenenza
adunadeterminatacategoria.
Ma siccome la ricerca del capro
espiatorio c’è solo se la maggior parte
delle persone è disposta ad accettare che
un certo tipo di individui è “in sé”
colpevole(perilsolofattodiappartenere
a un certo gruppo o tipologia di persone)
una tattica spesso impiegata dai governi
per creare il capro espiatorio è quella di
criminalizzare un intero gruppo di
individui, attribuendogli in blocco la
condotta immorale di alcuni dei suoi
membri. Oppure di fare, di un gruppo
e f f e t t i v a m e n t eproblematico,
“il”
colpevole di tutta la situazione politico
economica. O, ancora, di trasformare una
menomazione fisica in una minorazione
sociale.
Al contrario, bisogna dire con forza
che la ricerca del capro espiatorio è
qualcosa di profondamente devastante,
perché lacera e fa a pezzi il tessuto
sociale,mettendogruppidipersonecontro
altri gruppi. Una dinamica che ha il
preciso obiettivo, da parte del potere, di
spingerci a volgere il nostro sguardo
verso,econtro,lospauracchioditurno,in
modo da celare le cause dei problemi e
lasciare che i veri colpevoli restino
impuniti.Nonèuncasochequestotipodi
manipolazione sia stato utilizzato
soprattuttodaigovernitotalitari.
Eppureoggisièpropensiacredereche
il capro espiatorio e gli stereotipi che lo
caratterizzano siano acqua passata,
relegati a quei momenti bui in cui si
credette, per esempio, che la peste nera
(che decimò quasi la metà della
popolazione europea nel XIV secolo) non
fosse causata dal fatto che le grandi città
erano delle discariche a cielo aperto,
sovrappopolateesenzafognature,mache
la colpa fosse delle donne che facevano
patti con il diavolo e degli ebrei che
avvelenavanoipozzid’acqua.E,invece,il
modo di creare i capri espiatori si è
semplicemente evoluto. Come è il caso
dellaleggedicuistiamoparlando.
La legge in questione, infatti,
presentando
le
Istituzioni
in
contrapposizioneconicittadini,attuauna
manovra che nasconde le vere cause del
disagiosociale,proteggeivericolpevolie
piegalasovranitàdelcittadinoalpuntodi
far essere tutti dei capri espiatori. Ed è
proprio la riduzione del cittadino a capro
espiatorioilperpetratooltraggiocheoggi
laceraefaapezziiltessutosociale.
Inaltreparole,questaleggeèuninno
che celebra la verità e l’innocenza degli
apparati e dell'agire organizzativoistituzionale, e il martellante rintocco di
campana a morte della sovranità del
cittadino, ridotto invece alla malvagità di
uomo-massa. Primo Levi sosteneva che
quando
l'altro
da
sé
viene
istituzionalizzato come nemico, la strada
che porta al lager è già aperta. Ed è
proprio ciò a cui allude questa legge, che
daunapartestabiliscel’innocenzaapriori
della Istituzioni e, dall’altra, riduce a
massa di capri espiatori, quantomeno
potenziali,
i
cittadini
nonorganizzativamenteistituiti.
Emblematica, al proposito, la vicenda
di Balotelli, che negli stadi viene spesso
insultato a suon disporconegro (formula
cheingloba,levandol’esseimpura,porco
negro):sicuramenteèdifficilescagionare
l’estrosacaratterialitàdelgiocatore,anche
pernoichesiamopropensiapensareche,
forse, quell’inconsulta estrosità possa
essere la rivalsa maldestra di una lunga
colonizzazione patita. Certo è che la sua
maleducazione è fin troppo evidente. Ma
la medaglia del porco e sporco negro ha
unadoppiafaccia.Eunadelledueèquella
d e lbianco beneducato che riempie una
bottiglia di psicologia e pedagogia e la
scagliaconl’intenzionedicolpireintesta
lo sporco/porco negro. E allora la
domanda è: delle due facce, qual è la più
perversa? Inoltre, forse non sa, il
beneducato bianco, che in quel momento
sta facendo esattamente ciò in cui è stato
bene addestrato? Ben addestrato a fare
dell’altro da sé, il proprio capro
espiatorio. Ben addestrato a celebrare
l’innocenzadegliapparatiefarelaguerra
aicittadinisenzapotere.
Senza potere. Come, oramai, siamo
tutti.
TinaBenaglio
IlFiscalCompactè
giàtranoi
3 DICEMBRE 2013
Le parole pronunciate oggi da Olli
Rehn e riferite all'Italia e ai suoi conti
pubblici sono importanti, ma non sono
fondamentali. Nel senso che non sono
tanto rilevanti in sé quanto, semmai, in
grado di far chiarire meglio - a chi,
beninteso, lo voglia capire - come stanno
realmentelecose.
Dal punto di vista della cronaca,
pertanto, non c'è molto da dire. Il
Commissario Ue "prende nota" delle
buone intenzioni del governo italiano in
merito alle misure già prese e soprattutto
riguardoquelleinprocintodiesserloma,
ha aggiunto, non stiamo «rispettando
l'obiettivo» (del deficit). L'Italia sarebbe
in linea, sebbene di pochissimo, con il
criteriodel3%,cosachecihaconsentito
per un pelo di uscire dalla procedura per
deficit eccessivo. Il fatto è che non lo
siamo affatto, in linea, con lo sforzo che
ci
viene
richiesto
in
merito
all'aggiustamento strutturale: questo
avrebbe dovuto essere di circa mezzo
punto di Pil, invece ci siamo presentati
conappenalo0.1%.
Rehn ha ovviamente taciuto sul fatto
cheperrispettarequestomiseroobiettivo
cisonounaseriedinormegiàvarate,per
esempio all'interno della Legge di
Stabilità, che al momento non hanno
copertura. Fare dichiarazioni in tal senso
sarebbestatoforsetropponeiconfrontidi
un governo, il nostro, che sta facendo di
tuttopernonscontentarel’Europa.Maha
dettoqualcos'altrodipiùimportante.
Andiamo con ordine. Le norme
accennate, ad esempio, sono quelle
relativeallalorocoperturaprevistachesi
dovrebbe ottenere con degli anticipi di
imposte sul prossimo anno. Come dire:
per far quadrare i conti adesso
anticipiamo il prelievo sulle tasche degli
italiani riguardo al loro guadagno futuro.
Cheèpresunto,naturalmente,vistocheil
futuro, soprattutto di questi tempi,
nessuno lo sa. Ma intanto si fa cassa per
coprirelespesuccecorrenti.
Riguardo la frase più interessante,
invece, si aprono diversi altri scenari.
Secondo Rehn, visto che non stiamo
centrando l'obiettivo, c'è bisogno di dare
una accelerata alle operazioni di
privatizzazioniespendingreview.Musica
per le orecchie della speculazione e per
quellediNapolitanoedeglialtrimanipoli
di
maggiordomi
attualmente
in
Parlamento:daMontiaLettaatuttiquelli
a vario titolo legati con gli ambienti
finanziarisovranazionalichecontano.
Il programma quello era, già dall'era
Monti,equellorimaneancheadesso.Non
solo: da oggi, ufficialmente, "l'Europa ce
lochiede".Ecichiede“difareinfretta”.
ÈpropriodaBruxellesinfattichesilevail
monito preciso: privatizzare, cioè
svendere,erivederelaspesa,cioètagliare
ulteriormente. Patrimonio e aziende
pubbliche,
e
lavoratori
pubblici
direttamenteoltreatuttiglialtricittadini
indirettamente (per via della perdita
ulteriorediserviziewelfare)sonodunque
avvisati.
Enontragganoiningannoleparoledi
Napolitano in risposta a Rehn: «siamo
orgogliosi dello sforzo fatto» ha
dichiarato il Presidente della Repubblica.
È un gioco delle parti, evidentemente.
Intanto perché bisognerebbe chiedergli
come fa ad arrogarsi il diritto di
rivendicare un orgoglio per degli sforzi
fattidaaltri,cioèdaicittadiniitaliani,che
a occhio e croce non crediamo possano
essere poi tanto orgogliosi di finire per
strada. In secondo luogo perché è stato
proprioNapolitano,attraversolesuevarie
mosse di palazzo, a rendere obbligatorio
pertuttinoisostenerli,queglisforzi.
E ovviamente stendiamo un velo
pietoso sulle dichiarazioni di Forza Italia
che, passata puntualmente all'opposizione
dopo la decadenza di Berlusconi, rispetta
il clichet comportamentale tipico del
luogo nel quale si trova per chiedere le
dimissioni
di
Saccomanni
reo,
teoricamente, di non essere riuscito a far
quadrare i conti. Come se vi potesse
essere un altro personaggio in grado di
farlo considerata la situazione di blocco
totale che viviamo a livello finanziario
grazieallepoliticheeuropeesottoscrittea
suotempo(sottoscritteanchedagliattuali
forzaitalioti,peraltro).
Più interessante, invece, la seconda
frase proveniente dal colle: «A livello
delle istituzioni europee si impone una
correzione di rotta e un impegno nuovo
perpromuoverecrescitaeoccupazione».
Dunque, intanto questa frase è la
conferma implicita di quanto asseriamo
ormaidaanni:alivellodipoliticainterna
e soprattutto per quanto attiene quella
economica, in Italia non possiamo fare
assolutamente nulla. Tanto che, per
favorire, appunto, crescita e occupazione,
dobbiamo fare appello a un cambiamento
dellepoliticheeuropee.Insecondoluogo,
torna qui alla ribalta un argomento che
lanciammo proprio su queste pagine
subito dopo le elezioni Politiche del
febbraio scorso: vista la situazione
tecnicamente irrisolvibile di questa crisi,
l'unica possibilità di riuscire a mettere in
scena l'ennesima illusione da vendere
come "via di uscita" non può che
provenire a livello europeo, o ancora più
elevato.Delleduel'una:oinaltosidecide
difararrivaredenarounpo'apioggianei
variPaesiincrisi,oquesti,malgradotutte
le misure che potranno mettere in campo
dietro dettatura europea (sacrifici dei
quali andare "orgogliosi", secondo
Napolitano, come abbiamo visto) non
potrannocheavvitarsiancoradipiùsuse
stessi. Con conseguenze dannose anche
per la speculazione stessa, che da noi
succhia sangue e che deve pertanto,
sebbeneastento,mantenercicomunquein
vitaperpotercontinuareafarlo.
Rehn, infatti, questa cosa la sa
benissimo. Per ora, come abbiamo visto
che ha dichiarato, si proceda
immediatamente e risolutamente con
privatizzazionietagli,poisivedrà.
Quel "poi" ci porta dritti dritti al
punto: il Fiscal Compact prevede scenari
da fantascienza. Ci siamo impegnati a
ridurreildebitodiunventesimoall'anno.
Cioè subito, nel 2014, di circa 40-45
miliardi. Al momento non siamo stati in
grado di varare una Legge di Stabilità
seria,tantocheLettahadovutoimporrela
fiduciaperfarlapassareetantochei3000
emendamentipresentati,traquelliesclusi,
quelli accolti e quelli rimasti appesi, si è
tirato fuori un pateracchio fiscale i cui
effetti si manifestano immediatamente
con la confusione relativa (ad esempio)
allenuovetassesullacasaperil2014esi
manifesteranno ancora di più proprio a
partiredalprossimoanno.Masoprattutto,
stiamo parlando di una manovra,
faticosissima e raggiunta senza, di fatto,
far tornare i conti, che per importo
complessivo non è minimamente
paragonabile a quanto ci aspetta, oltre a
tutto il resto, il prossimo anno per
rispettareilFiscalCompact.
Tirare le somme è oltremodo
semplice: la manovra appena varata non
convince l'Europa, che intanto non ci
concedelapossibilitàdispendereadeficit
neanche per gli investimenti produttivi
(concessione,
appunto,
revocata),
dall'altrolatocichiededi"farepresto"per
svendere e tagliare, e dall'altro lato,
infine, ci ammonisce sulle prossime
scadenze. Come dire: sino a ora, per
racimolare qualche euro, non ci siete
riusciti e dovete anzi sbrigarvi ad andare
al Monte dei Pegni. Da ora in poi
aspettatevi dunque misure ancora più
drastiche, visto che le scadenze del 2014
sono molto più ingenti di quelle attuali.
Poi magari qualche gioco di prestigio
dall'Europa arriverà pure. Ma prima
vediamo quanto riuscite a inginocchiarvi
perrispettareilFiscalCompact.
E chissà se Napolitano si dichiarerà
orgogliosoancheallora.
ValerioLoMonaco
Ucraina:guerra
civileprossima
ventura?
4 DICEMBRE 2013
Il governo ucraino ha incassato la
fiducia del Parlamento, ma la situazione
resta estremamente tesa con una enorme
folladimanifestantichecontinuaatenere
sotto assedio i palazzi delle istituzioni.
Unascenachenoncidispiacerebbevedere
anche qui in Italia, ma che a Kiev può
lasciare giustamente perplessi: lì
protestanoperentrarenellaUE,mentrein
tutti i paesi della UE chi manifesta lo fa
peruscirne.
Chevisianodeiburattinai,chemirano
a far infilare l’Ucraina nel gorgo della
sottomissione ai soliti poteri forti e
occulti (occulti ma non troppo), è
indubbio, ma che questi possano
manovrare masse così ingenti e
determinate,almenoaquestostadio,èpiù
difficile: non si può dimenticare la storia
dell’Ucraina e l’odio che molti provano
per la Russia, l’unica attuale alternativa
possibileall’Europadell’Unione.
CertamentechivuolecheKievdiventi
satellite di Bruxelles rimesta nel
sentimento nazionalista ucraino, che
dovrebbe invece opporglisi, ma la
sollevazione antigovernativa ha molti
tratti spontanei. La subalternità del
governoaMoscaèpaleseeciòèpermolti
intollerabile. Su questo sentimento
antirusso hanno fatto leva i burattinai
stranieri della rivoluzione arancione, ma,
nonostante la piazza sia invasa dagli
europeisti, non è affatto detto che questi
rappresentino la maggioranza della
popolazione. Il Presidente ucraino Viktor
Yanukovichèlegittimato,infatti,dalvoto
popolare e non da alchimie partitiche
comeNapolitano.
La maggioranza degli ucraini sarebbe
quindi col governo, ma, come accade in
ognidemocraziarappresentativa,loèsolo
in apparenza. Quella maggioranza è
risicata e instabile, e potrebbe facilmente
ribaltarsi anche perché solo una parte
degli elettori è parte dello zoccolo duro
attivista dei sostenitori del presidente
“filorusso”, ammesso che questi sia così
filorusso e non, più semplicemente,
pragmatico.
La scelta della linea russa, pur
inevitabile, può comunque avere una
lettura tattica: permette di rilanciare sul
tavolodellatrattativaeuropea.Ilgoverno
ucraino ha chiesto, sull’onda della
protesta popolare o almeno dando
l’impressione che sia così, di riaprire le
discussioni sull’accordo di adesione alla
UEappenacongelato.Bruxelles,perparte
sua,haimmediatamentecoltol’occasione
per affrettarsi a dichiarare che le porte
restano aperte per l’Ucraina. Il rifiuto di
Yanucovich appare come una mossa per
evitare di firmare un contratto capestro,
piùchelavolontàdipiegarsialleminacce
diMosca.
Per Kiev è stato più facile per Kiev
sbattere la porta in faccia al cane che
abbaiava che non a quello capace di
mordere, chiudendo i rubinetti del gas.
L’Ucrainaècostrettaabarcamenarsifrai
due ingombranti vicini e non può
scontrarsi frontalmente con Mosca, ma
neppure subirla passivamente. Se nel
breve periodo i vantaggi sono tutti nel
conservare i legami con la Russia, in
quello medio lungo c’è la necessità di
affrancarsi dalla dipendenza economica
chenederiva.
Ilprezzodapagare,però,nonpuòperò
esserequellodipassaredaunasudditanza
all’altra, senza peraltro alcuna garanzia
reale, come sarebbe stato accettare sic et
simpliciter l’accordo predisposto da
Bruxelles.AncheMoscanonhainteresse,
del resto, a mantenere una posizione
rigida: può esserlesufficiente che l’UE
riconoscachenonpuòfareedisfaresenza
tenere in alcun conto le esigenze del
Cremlino. La diplomazia russa aveva
richiesto negoziati trilaterali, accettati da
Kiev, ma a cui Bruxelles aveva risposto
con un arrogante rifiuto, condito dalla
spocchiosa dichiarazione di essere invece
disposta a trattare, direttamente e per
contodell’Ucraina,conisuoi“vicini”per
tranquillizzarli.
Nessuna
menzione
esplicita della Russia, quindi, che si
risolve in un implicito insulto a questa
con relativa assunzione preventiva di
prerogative sovrane ucraine: una mossa
inaccettabile sia per Kiev che per Mosca,
edinfattiiltuttosierarisoltonelrifiutoa
firmaredelgovernoucraino.
Non è possibile, però, pensare che i
vertici governativi non prevedessero una
esplosionedirabbiapopolare,che,piùche
filo UE, è antirussa. Il gioco era,
probabilmente, di cavalcare la tigre e di
usarla per ritornare sui propri passi, ma
potendoporrenuovecondizionieriaprire
ilgiocosiaconBruxellescheconMosca.
Una operazione apparentemente riuscita,
ma che dovrà essere condotta con molta
cautela,nonsolodalgovernomadatutte
lepartiincausa.
I sentimenti antirussi sono fortemente
radicati,manoninvestonolatotalitàdella
popolazione, come si vuole che sembri, e
nontuttisonodispostiausciredall’orbita
russa per diventare sudditi di Bruxelles e
dei suoi burattinai da FEMEN: il paese è
diviso in due e l’atmosfera è
incandescente. Potrebbe bastare una
scintillaperfarprecipitarelasituazione,e
qualsiasi mossa sbagliata, sia straniera
cheinterna,rischiadiportareasommosse
che potrebbero non esaurirsi in moti di
piazza, ma innescare scenari “arabi” nel
cuoredell’Europa.
Una guerra civile con possibilità di
degenerazioneinconflittoregionale.Eun
conflitto regionale da quelle parti non
sarebbe solo un problema regionale, ma
mondiale.
FerdinandoMenconi
Rehnbacchetta
Letta.Cheora
bastoneràgli
italiani
4 DICEMBRE 2013
Anche Olli Rehn scarica Letta. Il
commissarioeuropeoall'Economianonsi
accontenta delle assicurazioni italiane sul
tagliodellaspesapubblica,sullariduzione
del disavanzo sotto il 3% e sull'entità
degli
introiti
derivanti
dalle
privatizzazioni delle aziende pubbliche e
sulla
s-vendita
del
patrimonio
immobiliaredelloStato.
Il tecnocrate finlandese si sta
caratterizzando per un atteggiamento
ondivago verso l'Italia. Concessioni fatte
alle buone intenzioni di Letta e di
Saccomanni e subito dopo una mazzata
che riflette il classico scetticismo del
Nord Europa protestante sulle promesse
damarinaiofattedaqueicasinistidelSud
Europa, cattolico e levantino. Le parole
non bastano, ha intimato, ci vogliono i
fatti.Dovetescenderesottoil3%rispetto
al Prodotto interno lordo. La revisione
della spesa pubblica (in inglese spending
review)
andrà
pure
bene.
La
razionalizzazione dei capitoli di spesa è
necessariamasitrasformainunapresain
girosepoiildebitopubblicodallacaduta
di Berlusconi (novembre 2011) ad oggi è
passato dal 120,1% ad oltre il 133%.
Continuate a spendere e a spandere, ha
accusatoRehnchepuòpermettersididare
lezioni di bon ton economico, facendosi
forte del fatto che la Finlandia è uno dei
tre Paesi dell'Unione, unitamente ad
Olanda e Germania, il Lussemburgo non
conta, a potersi fregiare della triplaA, il
massimo giudizio di affidabilità sui titoli
pubblici, da parte delle agenzie Usa di
rating.
Una curiosa presa di posizione quella
di Rehn, non fosse altro perché appena
pochi mesi fa la Commissione aveva
decisodiaccantonareperl'Italial'avviodi
una procedura di infrazione per deficit
eccessivo, dopo che in conseguenza della
crisi, che ha tagliato le entrate fiscali e
contributive,sieratornatisoprail3%.A
frenare Rehn, e la Commissione nel suo
complesso,inquestonuovoattacco,nonè
bastata nemmeno la presenza al governo
di Letta, apprezzato per le sue relazioni
internazionali (fa parte dell'Aspen
Institute)eperlasuavisionetecnocratica
equelladiSaccomanniche,venendodalla
Banca d'Italia, rappresenta “una garanzia
di serietà”. La vostra politica economica,
ha detto in sostanza Rehn, fa acqua da
tutteleparti.NontantoperchéinItaliasi
sta assistendo ad una crisi senza
precedenti con una disoccupazione di
massa che sembra inarrestabile (dovete
fare la riforma del mercato del lavoro),
quanto perché l'incapacità di tenere sotto
controlloladinamicadellaspesapubblica
stacreandounasituazionecheminacciadi
sfuggire dalle mani del governo e
abbattersi sullo stesso sistema della
moneta unica. Se fallisse la Grecia, il
bottopotrebbeessereassorbito.Sefallisse
l'Italia, sarebbe l'euro ad esserne travolto
easeguirelastessaUnioneEuropea.Non
state rispettando gli obiettivi sui quali vi
eravateimpegnati,hainsistitoRehn.Epoi
ora non avete più scuse. Con la caduta di
SilvioBerlusconi,buttatofuoridalSenato
econlanascitadelnuovocentrodestradi
Alfano, il governo dispone di una nuova
maggioranzachedovràadessovararetutte
le misure che già da tempo avrebbe
dovutomettereincantiereperrassicurare
i fautori europei dell'austerità, Merkel in
testa, e gli speculatori, che l'Italia farà
finalmente i compiti a casa e che entrerà
trionfalmentenellaschieradeiPaesiserie
“virtuosi”.
Ma proprio su tale punto che Rehn ha
sollevatoisuoidubbi.ComepuòunPaese
“cicala” a trasformarsi in una formica?
Come può improvvisamente mettersi a
risparmiare invece di scialare? Per la
Commissione di Bruxelles, al di là della
visione tecnocratica che ne caratterizza i
membri, gli italiani, pur essendo dei geni
potenziali, restano sempre e comunque
queicasinisti inaffidabili emancatori di
parola. Il governo Letta resta troppo
condizionato dalle amministrazioni locali
che, essendo a corto di soldi dopo una
ventennale politica di spesa facile,
favorita da un federalismo all'italiana, si
mettono a strillare non appena Palazzo
Chigi dice di voler mettere mano alle
forbici.
Gli introiti delle privatizzazioni sono
sovrastimati, accusa il commissario.
Grazie tanto, lo sapevamo già. Bastava
osservare i listini di Borsa. Dovete
tagliareildebito,haripetuto.Gliimpegni
presi in ambito europeo, che poi sono
parte integrante del Patto di Stabilità,
prevedevano l'impegno di intervenire per
ridurreprogressivamenteildebitoal60%
sul Pil. Un impegno che tutti sapevano e
sannoessereimpossibiledarispettareper
evitare di far precipitare il nostro Paese
nelbaratroeconomico.
Tutti lo sapevano, da Tremonti a
MontifinoaSaccomannieLetta.Pernon
parlaredellostesoRehn,dellaMerkeledi
Goldman Sachs Draghi. Poi, ha concluso,
dovevate diminuire il disavanzo di uno
0,5% ed invece lo avete ridotto soltanto
dello 0,1%. Basta scherzi, ha intimato
Rehn. L'austerità è una cosa seria. Già,
puretroppo.
IreneSabeni
USA:etuchesanità
puoipermetterti,
man?
4 DICEMBRE 2013
Lo sappiamo tutti, vero? Negli Stati
Uniti d’America l’assistenza sanitaria
universale non esiste. La concezione
generale, rispetto alla quale i programmi
pubblici rimangono solo dei palliativi, è
che la medicina è un settore economico
come qualsiasi altro. La molla
fondamentalenonèfaredelbene,mafare
soldi. Lo scopo decisivo, o comunque
imprescindibile, non è curare degli altri
esseri umani ma curare i propri affari.
Business is business. E la solidarietà,
semmai, si pratica nel tempo libero, alla
streguadiunhobby.
Leconseguenzepratichesonointuibili,
mapuòvalerelapenadiprecisarleasuon
di
statistiche.
Lasciando
momentaneamente da parte le modifiche
pianificate, o promesse, dal nuovo
“Patient Protection and Affordable Care”
(la riforma voluta da Obama e approvata
nel 2010, ma la cui attuazione è prevista
solonelprossimoannoechecontinuaad
averedinanziasédegliostacolienormi,a
cominciare dal fatto che gli Stati a guida
repubblicana hanno rifiutato di sostenere
laquotaalorocarico,precludendocosìai
rispettiviabitantidipoterfruiredelnuovo
regime), il dato di partenza è che poco
menodicinquantamilionidicittadininon
hanno nessuna copertura. Essi, infatti, si
ritrovano
loro
malgrado
in
quell’amplissima zona grigia in cui sono
relegati coloro i quali non sono né
abbastanza “ricchi” da potersi pagare le
costosissime polizze assicurative private
su cui si basa l’intero sistema, né
abbastanza poveri, o anziani, da rientrare
nelle provvidenze pubbliche quali
MedicaideMedicare.
Il vizio insormontabile, infatti, è
proprio nell’aver lasciato in balìa del
mercato entrambi i fattori che
determinano l’accesso o meno alle cure
mediche delle quali si ha bisogno. Da un
lato c’è il prezzo delle prestazioni vere e
proprie,cheèliberamente/arbitrariamente
stabilito da chi le offre, e dall’altro c’è
quello delle assicurazioni che si devono
stipulare per poterne fruire in caso di
necessità, con premi che sono anch’essi
fissati in maniera unilaterale e, anzi, col
comodissimo
alibi
di
doversi
commisurare alle tariffe, esorbitanti, che
dominanoilcomparto.
Un tipico esempio, insomma, della
totale inefficacia del principio liberista
secondo cui la concorrenza tra i diversi
operatorisirisolverebbeavantaggiodegli
acquirenti. Nel momento in cui i beni o i
servizi da comprare siano pressoché
indispensabili, come appunto nel caso
dellecuremediche,lafacoltàdisceltadel
pubblico diventa un’opzione astratta, e
quindi ininfluente, in quanto va a
infrangersi contro il muro di un mercato
chenonhaalcunaintenzionedicompetere
sulpianodellaconvenienza,matutt’alpiù
suquellodellaqualità,veraopresunta,di
ciò che vende. Senza necessariamente
arrivare a dei veri e propri accordi di
cartello,ablindareleposizionidominanti
dei grandi operatori basta e avanza la
condizione di insormontabile inferiorità
del pubblico, ossia della generalità dei
cittadini:nonavendoalternativeadeguate,
opercepitecometali,essisonofatalmente
risucchiati nel meccanismo perverso
dell’assistenzaacaroocarissimoprezzo.
Le stesse polizze assicurative,
d’altronde, non costituiscono affatto un
ombrelloonnicomprensivo.Lalogicanon
è nemmeno quella brutale, ma nitida, del
dentro o fuori. È molto peggio. Ciò che
esse garantiscono, o viceversa escludono,
dipende dallo specifico contratto
sottoscritto dai clienti, con limitazioni
della più varia natura che non solo
influiscono sull’importo da pagare, ma
che possono giungere al rifiuto di
stipulare qualsivoglia accordo. Vedi, ad
esempio, certe malattie croniche o i
malatidicancroarischiodirecidiva.
L’unica via d’uscita, rispetto a questo
spietato marchingegno che imbottiglia
chiunque e che è agli antipodi delle più
elementari regole di solidarietà sociale,
sarebbe quella di un ripensamento
complessivo dell’approccio economicista,
quantomeno per ciò che riguarda i beni
irrinunciabili ai fini della sopravvivenza.
Manco a dirlo, invece, la riforma di
Obamasifermaassaiprima,adistanzadi
sicurezza dagli immani interessi delle
lobby:lasuaideaèchesidebbaarrivarea
farsìchetuttiabbianounqualchetipodi
copertura sanitaria, facilitando a colpi di
sussidi e di sgravi fiscali il pagamento
delle polizze relative; ma senza
intervenire, drasticamente, su ciò che fa
schizzare alle stelle i prezzi, sia dei
servizi medici, sia dei contratti di
assicurazione,sitrattasolodell’ennesimo
puntello pubblico allo strapotere dei
privatiacacciadiprofitti.
E infatti,come ha recentemente
sottolineato America24, «per rendere il
premio meno oneroso, le compagnie
hanno messo a disposizione degli utenti
una rete limitata di ospedali e dottori,
escludendo i migliori». Una sorta di
“salute prêt-à-porter”: che probabilmente
non ti calzerà a pennello, ma che ti devi
fareandarebenenellaconsapevolezzache
èl’unicachetipuoipermettere.
FedericoZamboni
GeorgeSoros:
“Europa:creare
unaclasseoperaia
Rom”
4 DICEMBRE 2013
Lo spirito moderno maschera il male
attraverso opere di bene. Nel terzo
millennioinfatti,fondazionifilantropiche,
organizzazioni per la pace, associazioni
per i diritti umani, o ancora istitutiper
l’ambiente, sono il più delle volte gestiti
da ultra-miliardari, potentati economici,
grandi famiglie legate al mondo delle
banche e della finanza, personaggi
influenti negli ambienti politici e
lobbistici.
Gli esempi sono tanti, basti pensare
alladinastiadeiRockefellerchedopoaver
fondato la Standard Oil e partecipato alla
colonizzazionedeiPaesiricchidipetrolio,
edirettolaJMorganperquasiunsecoloe
speculato sui patrimoni privati dei
cittadini statunitensi, ha fondato la sua
Fondazione,la “Rockefeller Foundation”,
con lo scopo dichiarato di promuovere il
“benessere” del genere umano in tutto il
mondo.
OppuresipensiaBernhardvanLippeBiesterfeld (1901-2004), principe dei
Paesi Bassi, il quale fu fondatore e
presidente tra il 1961 e il 1971 del
Worldwide Fund for Nature (Wwf),
organizzazione
mondiale
per
la
conservazione
della
natura.
Nel
dopoguerra anche lui assunse importanti
posizioni nell’industria petrolifera, in
particolareconlaRoyalDutchPetroleum
(ShellOil)enell’istitutobancarioSociété
GénéraledeBelgique,diventandopersino
presidente del Gruppo Bilderberg fino a
quandonel1976diedeledimissioniperlo
scandalodiunatangenteda1,1milionidi
dollari dalla Lockheed Corporation per la
vendita di aerei caccia all’aviazione
olandese.
Altro esempio che incarna lo spirito
moderno è il miliardario statunitense di
origine ungherese George Soros, noto
speculatore internazionale e fondatore
della “Open Society”, un istituto
“filantropico”chetutelalademocrazianel
mondo, i diritti dell’uomo e le riforme
economiche, sociali e legali. Una
personalità estremamente influente che
negli ultimi decenni ha partecipato alla
svalutazionedellaliraneglianniNovanta,
lottato contro il governo serbo di
Milosevic, foraggiato le rivoluzioni
colorate in Europa dell’Est, finanziato le
Pussy Riot contro Vladimir Putin,
sostenuto le Femen nelle loro
contestazioni pubbliche, organizzato il
GayFest in Bulgaria, formato i blogger
durante le cosiddette primavere arabe, e
che oggi potrebbe lanciare un nuovo
progettopresentatolascorsasettimanasul
quotidiano inglese The Guardian: “far
nascereunaclasseoperaiaRom”.
Pubblichiamo qui sotto la traduzione
di questo articolo, lasciando al lettore la
più totale possibilità di trarne dovute
riflessionieconclusioni.
SebastianoCaputo
“In tutta Europa, milioni di persone
soffrono la disoccupazione e la
prospettiva di un lungo periodo di
stagnazione economica. Ma nessun
gruppoèstatopiùcolpitodeiRom.Cene
sono più di 10 milioni che vivono in
Europa, principalmente concentrati nei
Balcani e nei nuovi Stati membri
dell’Unione Europea, in particolare
Romania, Bulgaria, Slovacchia e
Ungheria. Quello che è veramente
scioccanteèchelelorocondizionidivita
sono peggiorate quando sono diventati
cittadini dell’Ue. Ed allo stesso tempo,
l’opinione della maggioranza della
popolazioneèdiventatapiùostileneiloro
confronti.
Duesonoletendenzechesirafforzano
reciprocamente: l’emarginazione genera
disprezzo, e viceversa. L’unico modo per
sfuggire da questa trappola è quello di
investire nella formazione. Si consideri,
per esempio che i Rom rappresentano
oltre il 20% di nuova forza-lavoro dei
Paesi sopracitati. La buona notizia è che
sappiamo come preparare i Rom a
diventaremembriproduttividellasocietà.
Le mie fondazioni sono attive nella
formazione di questi ultimi da oltre 25
anni. In tutto questo periodo abbiamo
formato un piccolo gruppo di giovani
Rom che sanno conservare la propria
identità e persino rompere gli stereotipi
ostili da parte di coloro con cui
interagiscono.
Con la Banca Mondiale, abbiamo
creato il Fondo per l’istruzione dei Rom
nel2005(RomEducationFund,REF)che
è pronto ad assistere le autorità nazionali
responsabili dell’istruzione in tutta
l’Unione Europea per migliorare il loro
lavoro che consiste nell’educazione dei
bambini Rom. Attualmente questi
programmi raggiungono oltre 100.000
studenti ogni anno, tra cui più di 1.600
studentichericevonoborsedistudio.Ma
queste cifre sono ben al di sotto della
portata del problema. La metà dei Rom è
in età scolare, e la loro popolazione sta
crescendo più velocemente rispetto alla
capacità del REF. Il bilancio annuale del
Fondo è di 12 milioni di euro, di cui la
mia fondazione copre quasi la metà, ed è
difficile per noi raccogliere ulteriori
fondi.Questoèinaccettabile.Iprogrammi
sviluppati da REF devono essere
ridimensionati
dai
governi,
con
l’assistenzadell’UnioneEuropea,emessi
a disposizione di tutti i bambini Rom in
Europa. La Commissione europea ha
svolto un ruolo molto importante
attraverso i suoi fondi strutturali, che
copronofinoal80%deicostiaddizionali
legati all’integrazione dei Rom.
Purtroppo, il restante 20% sono difficili
dasoddisfareacausadelsentimentoantirominEuropa.Perrompereglistereotipi
negativiessidovrebberoessereeducatiad
esserefieridellalorocultura.Questoèciò
cheilREFhafatto.Quandosonoeducati,
i Rom non sono associati ai classici
stereotipi e s’integrano con la
popolazione, anche se spesso qualche
ostilità rimane. Nonostante l’approccio
sviluppatodalREFsiastatogeneralmente
adottato,saràunlungocamminoilnostro.
Ma l’educazione non è sufficiente. I
Rom devono anche essere in grado di
trovare un lavoro. Una soluzione
sostenibileènecessariaaffinchéinEuropa
vengacreataunaclasseoperaiaRom.Qui,
ilsettoreprivatohaunruolodasvolgere.
Di fatto con esperti della Commissione
Europeadobbiamosviluppareunprogetto
di partnership con il settore privato per
fornire tirocini per giovani rom iscritti
nellescuoleprofessionali.LaRomaniaha
già adottato un progetto similare per la
popolazione rumena e che sarà esteso
anche ai Rom. Inoltre il Ministro
dell'IstruzioneRemusPricopiehaesortato
altrigoverniadattuaremisureanaloghe.
Cerchiamo di essere onesti: c’è un
problema con i Rom in Europa, e la
situazione peggiora. Ma i problemi
peggiori sono l’ostilità e l’abbandono. In
realtà, l’educazione dei Rom in Europa
dimostra ogni giorno che il problema è
eminentemente risolvibile, ma per
risolverlo,civorràpiùdiunagenerazione.
L’Europanonpuòpermettersidiattendere
laripresaeconomicavistol’aumentodella
popolazione Rom per cui è necessario
cominciareadesso”
(Traduzione di Sebastiano Caputo
dell’articolo “Europe needs a Roma
working class” pubblicato su The
Guardiangiovedì26novembre).
Napolitano&C.:
viasubitola
PorcellumGang
5 DICEMBRE 2013
Incostituzionale,
punto.
Incostituzionalelaleggeelettoraleconcui
si è votato dal 2006 in poi e
incostituzionale,quindi,tuttociòcheneè
conseguito:valeadire,tral’altro,l’ascesa
di Napolitano al Quirinale e, per il suo
tramite e sotto i suoi auspici, la nomina
alla presidenza del Consiglio prima di
Mario Monti, nel novembre 2011, e poi
del suo successore Enrico Letta, nella
scorsaprimaveraeinabbinamentoaquel
rivoltante pateracchio che è stato, e che
resta dopo il restyling, il governo di
“largheintese”.
A
essereoggettivamente
incostituzionale, perciò, è innanzitutto
l’arrivo in Parlamento di quelli che vi
sonoapprodatinelcorsodegliultimiotto
anni,sullabasediunanormativacheieri,
finalmente,èstatacassatadallaConsulta,
nongiàinqualchedettagliocollateralema
nei suoi due assi portanti, ovvero il
premiodimaggioranzaelelistebloccate
cheimpedisconoaicittadinidisceglierei
candidati che preferiscono. Altrettanto
incostituzionale,
provenendo
da
assemblee la cui genesi è gravemente
viziata da procedure illegittime, è la
generalità degli atti che si sono via via
compiuti.A cominciare, naturalmente, da
quelli che hanno forza di legge. Vedi i
provvedimenti ad personam pro
Berlusconi.Vedilesciagurateriformealla
Forneroinmateriadipensioniedilavoro.
Echipiùnehapiùnemetta.
La sostanza è questa, e in termini
politici equivale a una condanna
onnicomprensiva e inappellabile. Come
minimo, dovrebbero immediatamente
rassegnare le dimissioni lo stesso
Napolitano,elettoentrambelevoltedaun
Parlamentocheerafigliodiunclamoroso
arbitrio, e gli attuali deputati e senatori,
con l’ovvia conseguenza di rimuovere
all’istanteancheilgovernoincarica.Edi
tornare alle urne. Quanto alle leggi
promulgate nel frattempo, sull’arco delle
due legislature che ci siamo lasciati alle
spalle e di quella tuttora in corso,
bisognerebbequantomenoenuclearelepiù
importanti e sottoporle a un'eventuale
nuova ratifica, da parte delle Camere a
venire.
Manco a dirlo, invece, si farà finta di
nulla. Da un lato perché la legge lo
consente, visto che nella fattispecie gli
effetti
della
dichiarazione
di
incostituzionalitànoninvestonoilpassato
ma solo l’avvenire; dall’altro perché gli
interessi in gioco, a partire da quelli
connessi all’asservimento finanziario del
nostro Paese ai voleri della Troika, sono
troppo cospicui e ramificati perché i
politici – questi politici – possano o
vogliano
prenderne
le
distanze.
Restituendo al popolo sovrano una vera
facoltàdidecisione.
Da oggi in poi, quindi, scatta la corsa
al riposizionamento, che al di là delle
singole tesi avrà come filo conduttore
universale l’autoassoluzione. Motivo di
più per sottolineare alcuni aspetti da non
dimenticare. Il primo è di carattere
“storico”:ilPorcellumvenneapprovatoil
21dicembre2005,quandoalQuirinalesi
trovava ancora Ciampi e a Palazzo Chigi
c’era Berlusconi. Ciampi non fece una
piega,nonostantelemolteplicivocichesi
levarono fin dal primo momento per
segnalare i vizi di legittimità
costituzionale, e Berlusconi figurarsi: lui
eisuoi,allorariunitiinquellaCasadelle
Libertàchericomprendevainunsolcolpo
Forza Italia, l’Alleanza Nazionale di
Gianfranco Fini, l’Udc di Pierferdinando
Casini e la Lega Nord di Umberto Bossi
(nonchéunpo’diascaridisecondaeterza
fila), ne erano i promotori e riuscirono a
imporla.
Il secondo, invece, è di assoluta
attualità. Il fatto che solo adesso si sia
arrivati alla sentenza, peraltro su ricorso
dialcunicittadinicapitanatidall’avvocato
79enne Aldo Bozzi, non può non
insospettire:guardacaso,dopoannieanni
di inconcludenza parlamentare, la
decisione della Consulta sopraggiunge
proprio adesso che si mira a rinsaldare il
bipolarismo ripristinando una qualche
forma di maggioritario che si presti allo
scopo. A tutto danno, evidentemente, del
MoVimento 5 Stelle, o di qualsiasi altra
iniziativa “populista” che dovesse
scaturire al di fuori dei partiti
irreggimentati
al
servizio
dell’establishment.
Al pari di innumerevoli altri casi,
quindi, il Porcellum non è che uno dei
tanti, tantissimi trucchi adoperati da chi
tira i fili della messinscena fintamente
democratica.Cosìcomeinpassatoèstato
utileintrodurlo,eservirseneapiùriprese,
oggièdiventatoutilesbarazzarsene.Echi
va in brodo di giuggiole per il
riconquistatoprivilegiodipoteresprimere
le agognate preferenze – le stesse,
peraltro, che a suo tempo assicurarono i
ripetuti trionfi dei vari capi, capetti e
sottopanza della Prima Repubblica, dalle
superstar allaAndreotti e alla Craxi, fino
agli accorti tirapiedi che gli stavano in
scia–dimostradinonavercapitoniente:
anche nei casinò si può scegliere il
numero su cui puntare, ma ad avere la
meglioèsempreilbanco.
FedericoZamboni
L'Iseeelaguerra
tra(finti?)poveri
5 DICEMBRE 2013
Isee: il documento occulto. Ogni Caf,
ogni commercialista lo compila a modo
suo.Una“elasticità”moltoitaliana,tipica
delpaeseincuiadognileggecorrisponde
la possibilità dell’inganno.A chi scrive è
capitato,
all’uscita
della
scuola
elementare frequentata dalla prole, di
vedere genitori acchittati con un
campionario di capi di vestiario il cui
valoresiscriverebbedicertoconduezeri
- ma non esclude i tre – che discutevano
del fatidico documento da compilare. E
senzaunbriciolodipreoccupazione,tanto
«anche quest’anno riuscirò a restare al di
sottodellasogliaminima».Venivavoglia
di chiedergli con quale artifizio il loro
commercialista, meglio del Mago
Merlino, riusciva a garantirgli la
possibilità di dover sborsare la cifra
minimastabilitadalcomuneperlamensa
scolastica visto che altri (chi scrive è tra
quelli) con il loro umile CUD e la metà
dellacasadovevivonoinonninonhamai
avuto questa fortuna. Mentre cotanti
genitori si allontanavano alla guida dei
loroSuvledomandetrovavanoimmediata
risposta nella furbizia tutta italica che
spesso ci mette alla berlina all’estero:
“Italianiaummaumm”.
L’episodio è tornato alla mente
leggendo un articolo del Corriere della
Sera,pubblicato,guardacaso,pocoprima
diunaltropezzo,quellosull’annuncioda
partediLettadelnuovoIsee.Ilpresidente
del Consiglio ha dichiarato la «lotta ai
falsi poveri» con un nuovo documento in
cui ci sarà meno autocertificazione (che
evidentemente in un paese di “aumm
aumm” è un’arma impropria a
disposizione dei furbi) e più controlli.Ci
si chiede se non bastasse farli, questi
controlli, incrociando dati o magari con
accertamenti diretti sulle attività di chi
potenzialmente può omettere della
fatturazione. O magari andare a monte e
tassare meno il lavoro, ridistribuire la
ricchezza. O ancora – esageriamo – più a
monte: tornare un paese sovrano,
rinegoziareildebitoedestinarelerisorse
usate oggi per pagarne gli interessi a uno
statosocialeefficienteeprotettivo.
Stiamo esagerando, è vero, sembra la
tramadelprossimofilmdiNatale.No:la
verità è che servono più controlli e un
nuovo Isee che tuteli le fasce più deboli,
lo dice Letta e lo certifica il Corrierino
con un articolo che, tuttavia - nonostante
le “buone” intenzioni – è diventato un
piccolo boomerang. E se non si è
effettivamente ritorto contro l’originaria
intenzione di tirare la volata all’ultima
dichiarazione governativa, ha però
ottenuto l’effetto di far indignare non
poche persone, alcune delle quali si sono
espresse nella sezione dedicata ai
commenti
immediatamente
sotto
l’articolo. La storia (qui), che voleva
essere strappalacrime, è quella del signor
Francesco, 78 anni, incredulo perché
l’Isee di quest’anno gli fa superare la
sogliaminimaprevistaperavere130euro
disussidioconcuipagarelebollette.Lui
prende1200euroalmeseelamoglie470
di indennità di accompagnamento per
invalidità. In totale 1670 euro al mese in
due. Impossibile (e scorretto) fare i conti
in tasca, non sappiamo quanto pesi su
questoredditol’invaliditàdellamogliedi
Francesco, ma i commenti alla loro
lamentela danno la dimensione di quale
sialavitarealedeicittadiniitaliani.
La maggior parte dei commentatori si
sonoindignati,perchégenitoridifamiglia
monoreddito che sognano uno stipendio
così “alto” e non hanno nessun tipo di
aiuto statale o madri sole che prendono
900 euro al mese con due figli a carico.
Indignati perché Francesco non può
lamentarsi dei mancati 130 euro a fronte
di chi non li ha mai ricevuti e mette
insieme molto meno di quanto prende lui
di pensione. Se l’articolo intendeva
spianare la strada alle dichiarazioni di
Letta sulla nuova Isee è difficile dire che
ci sia riuscito, forse in qualcuno
alimenteràlasperanzacheconlariforma
del metodo di calcolo chi ne ha davvero
bisognopossaaverequalesperanzainpiù.
L’unico risultato certo è quello di
avere fotografato una situazione che
definire “guerra tra poveri” non è
azzardato. E forse è proprio questa la
vittoria,vera,diLettaedelsuogoverno.
AlessiaLai
Putinvaforte,ma
l’imperoUSAè
semprelì
5 DICEMBRE 2013
È in sella da più di un decennio e
sembra
resistere
agli
attacchi
dell’unipolarismo statunitense e dei suoi
lacchè del mondo britannico, sempre
pronti a sferrare attacchi al capo del
Cremlino: è l’immarcescibile Vladimir
VladimirovichPutin,coluichehaportato
nuovamentelaRussiaalrangodipotenza
dopo il collasso dell’Unione sovietica,
riconsegnando al popolo russo quella
sovranità nazionale ed energetica che era
stata distrutta negli anni della presidenza
diBorisEltsin,dominatadaunacriccadi
oligarchi pronti a svendere le ricchezze
del loro Paese alle multinazionali
angloamericane.
Negli ultimi mesi il presidente russo
ha inanellato una serie di successi mai
visti prima: a fianco della Siria e per
mantenere un proprio bastione nel
Mediterraneo ha annullato l’ingerenza
statunitense ed euro-occidentale; ha
espresso con successo la più netta
opposizione all’ingresso dell’Ucraina nel
partenariato orientale con l’Unione
europea, presupposto per un futuro
ingressodiKievnellaNATOedelemento
fondamentale per chiudere la porta di
ingresso alla Russia in direzione
dell’Europa.Enonètutto.
Putin è riuscito infatti a tenere a bada
l’esiguaopposizionedeifalsi“fautoridei
diritti umani” (da Navalmy alle Ong,
passando per le Pussy Riot e fino ai
movimenti per il riconoscimento dei
diritti di gay e lesbiche, sostenuti dai
grandi potentati economici che sognano
anche l’omologazione sessuale) al soldo
dell’Occidente euro-atlantico. Vedi gli
oppositori accolti a braccia aperte e
sostenuti palesemente dall’ambasciatore
USA a Mosca, studioso e fautore delle
“rivoluzioni colorate” per conto
dell’intelligence americana, nell’intento
diimporreunapresunta“democrazia”con
il sostegno della CIA e degli speculatori
dellafinanzaapolidecomeGeorgeSoros.
Successi, questi ottenuti da Putin, che
esprimono la volontà di creare un mondo
multipolarecontroleinsidiedellavisione
unilaterale di Washington e dei sudditi
dellatecnocraziaeuropea.Manonètutto
oro quel che luccica. Per impedire i
successi dei gendarmi d’oltreoceano il
continente eurasiatico da Lisbona a
Vladivostok dovrebbe essere unito contro
la minaccia dell’Occidente euro-atlantico
che, seppur in temporaneo declino,
potrebbe risorgere dalle sue ceneri come
lafenice,perl’ennesimavoltaepiùforte
diprima.
A fare il gioco dell’impero a stelle e
strisce sarà sicuramente l’utilizzo della
“fratturazione idraulica” (fracking) per
ottenere shale gas (o gas di scisto) e
petrolio,estraendocosìgrandiquantitàdi
idrocarburietrasformandogliUSAdaqui
a pochi anni nel primo esportatore e
produttoremondiale,conricadutepositive
sull’economia statunitense nonostante
questa tecnica estrattiva costituisca un
grandissimo pericolo per la salute umana
e animale. A suscitare allarme, in
particolare,cisonoilrischioditerremoti
e l’inquinamento ambientale, entrambi
connessi all’immissione nel terreno delle
miscele di sostanze tossiche e acqua
necessari a ottenere gas e petrolio dalle
roccescistosee/obituminose.
La Russia, quindi, deve prepararsi a
fareiconticonlapossibilitàdiunaforte
diminuzione delle quantità di idrocarburi
da inviare in Europa, cercando però di
sostituirlo con l’invio degli stessi in
direzione della Cina, grande potenza
industriale e per questo particolarmente
energivora. A giocare a sfavore del
Cremlino, inoltre, è l’inflazione
galoppante in tutta la Federazione. I
ripetuti successi in campo nazionale e
internazionale di zar Putin potrebbero,
dunque, essere compromessi dal
rafforzamento
della
superpotenza
nordamericana, sul piano economico e
militare (con lo sviluppo di tecnologia
bellicasemprepiùavanzatapermantenere
ildominiosulmondo).
Certo è che i nemici del dollaro non
sembrano diminuire, anzi. Da un lato ci
sono i BRICS, ossia la stessa Russia
insiemeaBrasile,India,CinaeSudafrica,
che sono un’alleanza economicofinanziariaallaricercadiun’alternativaal
dominio del dollaro, con la creazione di
bancheperloscambioreciprocodibenie
ricchezze, ma non rappresentano
un’alternativapolitico-militare.Dall’altro
c’è la SCO,l’Organizzazione di Shangai
per la cooperazione, che ha il problema
opposto: essa costituisce un’alternativa
politico-militare in rapido sviluppo, e
incentrata su Russia e Cina, ma non lo è
ancora dal punto di vista economico e
finanziario, anche se in passato si era
ipotizzata addirittura la nascita di una
monetacomune.
Il mondo multipolare sognato dai
Brics è insomma ancora lontano dal
realizzarsi, mentre gli USA sembrano sul
punto di risvegliarsi o almeno di
rallentare il loro lento e progressivo
declinoeconomico,politicoefinanziario.
Pochi anni fa era stato il “falco” Edward
Luttwak a sostenere in un’intervista al
Messaggero, dopo la pubblicazione del
volumeLa grande strategia dell’impero
bizantino, che l’unica soluzione per gli
StatiUnitisarebbestataquelladiadottare
le misure in voga all’epoca di Bisanzio,
ovvero evitare conflitti, rafforzare la rete
diintelligenceepotenziareilpiùpossibile
irapportidiplomaticicontuttiiPaesi.In
effetti sinora gli USA hanno applicato
tutta una serie di consigli sostenuti da
Luttwak.Madaquiaqualcheannolecose
potrebbero di nuovo cambiare strategia,
tanto più che continuano a riarmarsi con
strumenti molto sofisticati, e l’arroganza
di Washington potrebbe riemergere più
forteeoppressivadiprima.
Staremo a vedere. Quel che è certo è
chelaRussiadiPutin,gliStatiemergenti
e gli uomini liberi dai condizionamenti
dell’imperoastelleestrisceperorahanno
tirato un respiro di sollievo, ma i rischi
che qualcosa possa cambiare in peggio ci
sono e dovremo tutti essere pronti ad
affrontarelesfidedelnuovomillennioper
liberarcidaldominiodelbigliettoverdee
dei suoi cacciabombardieri, pronti ad
alzarsiinvoloperpiegarelaresistenzadi
tutti i popoli disposti ad opporsi alla
“diplomazia del dollaro” e alla sua
tracotanzapolitico-militare.
AndreaPerrone
TrattativaStatoMafia:lebombedi
Alfano
6 DICEMBRE 2013
La Mafia, avverte Angelino Alfano,
vuole avviare una nuova stagione
stragista. Sotto la mira di Cosa Nostra ci
potrebbeessereadessoilprocuratoreNino
Di Matteo. L'allarme del ministro
dell'Interno sul pericolo di una ripresa
della stagione delle bombe, come nel
1993, ha scatenato la reazione tra
l'incredulo e lo sdegnato di diversi
parlamentarichehannochiestoadAlfano
di riferire in aula o in commissione
Giustizia su quello che sa, su come lo ha
saputo
e,
presumibilmente,
se
l'informativaèarrivatadaiservizisegreti.
Alcuni si sono posti la domanda se
l'ipotesi, al contrario, è frutto di una sua
deduzione di esperto che riesce ad
“annusare” e a leggere nella giusta
maniera i più impercettibili segnali che
arrivano dalla Sicilia. Non scordiamoci
cheAlfano è un siciliano come i ministri
dell'Interno che lo hanno preceduto. Una
listasignificativachevederiunitiinsieme
Crispi, Di Rudinì, Orlando, Scelba,
Restivo e Bianco. Tutti dotati di una
marcia in più rispetto ai continentali per
percepire cosa bolle nel quadrilatero
storicodellaMafia,collocatotraPalermo,
Trapani,CaltanisettaeAgrigento.
Come sempre succede in Italia, una
vicendadelgeneresiprestaadiversipiani
di lettura. Non fosse altro perché Di
Matteoèunodeimagistratiinquirentiche
si sta occupando della trattativa StatoMafia, quella che sarebbe stata avviata
dopo la strage di Capaci. Una trattativa
sulla quale i protagonisti dell'epoca si
guardano bene da parlare soprattutto
perché,dopolebombediRoma,Firenzee
Milanodel1993,vifueffettivamenteuna
attenuazione del carcere duro per diversi
capimafiadetenuti.
LoStato,quindiiministridell'Interno
e della Difesa trattarono? E trattarono
attraverso settori dei carabinieri, della
polizia e dei servizi segreti? Non quelli
deviati che non esistono, perché tutti i
servizi segreti sono, in una certa misura,
“deviati” considerato che non si limitano
afaregliinteressidelloStatomaoperano
spesso e volentieri a favore di questa o
quella corrente politica. O in alternativa,
operano a favore di questo o
quell'interesse economico pubblico o
privato.
E Borsellino, è l'interrogativo diffuso,
venne ucciso perché era contrario alla
trattativa in corso e voleva denunciarla
pubblicamente per bloccarla? Il
riferimentofattodaAlfanoallapossibilità
diunattentatoterroristicoaDiMatteosi
inserisceperaltroinuncontestochevede
lo stesso Di Matteo messo sotto accusa
dalla Procura generale della Cassazione
cheglicontestadiaverlesoildirittoalla
riservatezza
di
Napolitano,
con
un'intervistaadunquotidiano,nellaquale
aveva rivelato l'esistenza delle telefonate
fra il presidente della Repubblica e l'ex
ministrodell'Interno,NicolaMancino,che
era stato intercettato proprio nell'ambito
dell'inchiesta sulla trattativa. Una accusa
ridicola,sièdifesoDiMatteo.Lanotizia
delletelefonateeragiàstatapubblicatada
altrigiornali.
Il pericolo incombente per Di Matteo
richiama alla mente uno scenario che si
era già visto per Falcone. Prima venne
messo sotto accusa, poi venne isolato e
così si crearono le condizioni per farlo
uccidere da Cosa Nostra. Un tipico
scenario siciliano. Ad attaccare Falcone
eranostatiipoliticidisinistra,intestail
sindaco di Palermo, Leoluca Orlando
Cascio, che lo avevano accusato di avere
utilizzato le dichiarazioni di Tommaso
Buscetta soltanto per incriminare i
mafiosi
ma
guardandosi
bene
dall'incriminare Andreotti, Lima e
Ciancimino. Considerati i referenti di
CosaNostraaRomaeaPalermo.
Le minacce a Di Matteo sarebbero
emerse in un colloquio di Totò Riina con
un suo subalterno nel carcere di Opera a
Milano, dove il boss dei corleonesi
affermava che “Di Matteo deve morire”.
Unaregistrazionechehaportatosubitoad
aumentare le misure di sicurezza intorno
almagistrato.
Messa così, la vicenda sembrerebbe
chiara. Ma ci sono alcune cose che non
tornano. Ad esempio non si capisce che
interessespecificoavrebberoRiinaeCosa
Nostra, che da secoli tratta con lo Stato,
anzi in Sicilia è lo Stato, per colpire Di
Matteo, cercando di frenarne l'inchiesta,
quando il grosso delle informazioni sulla
trattativaStato-Mafiaèormaididominio
pubblico.
Semmai,
l'accertamento
giudiziario e storico dell'esistenza della
trattativa sputtanerebbe i politici
dell'epoca che la gestirono ma che ormai
sonotuttifuorigioco,perraggiuntilimiti
di età. Fuori gioco non sono però alcuni
funzionari intermedi per le cui mani
passarono, sempre presumibilmente,
diverse fasi della trattativa e che ora,
avanzati di grado, temono di veder
emergere il proprio ruolo e di esserne
chiamatiarispondere.
È quindi tra le “barbe finte” che deve
essere trovata la chiave di lettura
dell'intera vicenda. Un gioco sottile nel
quale la posta è rappresentata dal
controllo degli equilibri che si
concretizzeranno nei prossimi anni e con
l'acquisizione di benemerenze verso
questo o quello schieramento politico e
verso il governo al quale spetta di
nominareiverticideiservizisegreti.
LaMafiasicilianahaormaiterminato
la fase della accumulazione primitiva di
capitale ed ora punta soltanto a fare
fruttare. E per farlo ha bisogno di non
muovere le acque. È la linea che
Provenzano ha imposto a Cosa Nostra
contro l'impostazione militare dei vari
Riina e Bagarella. Una linea che nessuno
nell'attuale gruppo dirigente ha alcuna
intenzionedicambiare.
IreneSabeni
Centrafrica:la
guerradiNatale
6 DICEMBRE 2013
La Francia si prepara ad intervenire
nella Repubblica Centrafricana. Niente di
nuovo sotto il sole d’Africa, dove le
guerresifannoperprocura.
Costad’Avorio,Libia,Mali…eorail
Centrafrica, dove si rischia «un nuovo
genocidio».Alanciarel’allarmeèstatoil
ministro degli Affari Esteri di Parigi,
Laurent Fabius. A poco a poco, si sta
diffondendo l’idea di una guerra giusta e
necessaria nel Paese africano, dove lo
scorso marzo la Coalizione Séléka ha
presoilpotereconuncolpodiStato.
Ma ci sono guerre giuste? Sembra
banale dirlo ma i conflitti portano solo
morte, distruzione e sofferenza. I
problemi non si risolvono con le bombe.
La Francia non ha a cuore, come invece
vuol far credere, la sorte del Centrafrica.
Ha interessi economici e geostrategici
nell’ex colonia, ricchissima di risorse
naturali.Mac’èaltro.
Di fronte al malcontento popolare in
Francia, l’Eliseo ha ben pensato di
distogliere l’attenzione dai problemi
interni e di far leva sul sentimento
nazionale, come già avvenuto tempo
addietroconilMali.Ancheseunannofa
lasituazioneeramenograve.Oggi,come
accade in molti Paesi dell’Europa, i
francesi risentono della crisi finanziaria
internazionaleedellapressionefiscale.Le
tassehannoraggiuntoilmassimostoricoe
lepiccoleemedieimprese,comeinItalia,
stanno soccombendo. Gli agricoltori sono
sulpiedediguerra,ibretonilostesso.Gli
impiegati pubblici scioperano e ci sono
continui blocchi stradali e scontri con le
forze dell’ordine. Ci sono stati anche
morti e feriti. La gente è esasperata e il
governo di Hollande è corso ai ripari,
facendo quello che sa fare meglio:
inventareguerre“giuste”.
E lo fa attraverso il quarto potere, “i
mezzi di comunicazione”. O meglio
ancora, attraverso la manipolazione
dell’informazione. In pochi giorni, la
Francia ha diffuso immagini e notizie
sull’ex colonia, denunciando il clima di
terrore che vi si respira. Durante una
riunione dedicata al Centrafrica, presso il
Palazzo di Vetro, Parigi ha presentato un
documento per autorizzare la Missione
internazionale di sostegno (Misca), per
oraunaforzapanafricana,adispiegarsiin
Centrafrica per un periodo iniziale di sei
mesi. L’obiettivo: « Cercare di ristabilire
lasicurezzaeproteggereicivili».
Durantel’assemblea,ilvice-segretario
generale dell’Onu Jan Eliasson ha
sventolato lo spettro di un «conflitto
religioso ed etnico» e ha sollecitato
«un’azione rapida e decisiva per evitare
chelasituazionediventifuoricontrollo»e
per impedire che il Centrafrica «sia un
vivaioperestremistiegruppiarmati».
DifronteallepressionidellaFrancia,i
15 Paesi membri si sono detti d’accordo
sullanecessitàdidispiegarecaschibluin
appoggiodellaMiscaehannoautorizzato
il governo francese a dispiegare, nel
frattempo, i suoi soldati e «a prendere
tuttiiprovvedimentinecessariasostegno
della forza panafricana». Come già
successo in Mali, l’Eliseo ha deciso di
inviare«unmigliaio»disoldatiasostegno
della forza panafricana, che dovrebbe
essere costituita da 3600 uomini ma che
per mancanza di mezzi finanziari e
logistici a livello continentale ha
difficoltàadorganizzarsi.
Ospiti nei principali canali televisivi
francesi, il ministro degli Esteri Fabius e
quello della Difesa Le Drian, a turno,
hanno ufficializzato il dispiegamento
delle forze francesi in Centrafrica per
impedire “il genocidio”. A loro fianco,
sono scesi in campo anche gli Stati Uniti
chehannoparlatodi«una situazione pregenocidio».
Nonsembrapensarlacosìilpresidente
golpista della Repubblica Centrafricana,
DjotodiaMichel,chesabatonegatocheil
suoPaesesitrovisull’orlodelgenocidioe
di una guerra civile tra le comunità
religiose. «Sentiamo parlare di guerra
interreligiosa,avolte,digenocidio.Quale
gruppovuolesterminarel’altro?Chidice
di sterminare chi» si è interrogato
Djotodia, secondo cui si tratta di «atti di
vendetta». «Un regime che ha commesso
abusiècaduto(quellodiFrançoisBozizé,
ndr) e ora le sue vittime si stanno
vendicando.Maparlaredigenocidioodi
guerrainterreligiosaèunamanipolazione
della comunità internazionale» ha
aggiuntoDjotodia.
La verità sta sempre nel mezzo. I
ribelli di Séléka, armati di tutto punto,
hanno messo a soqquadro il Paese. Si
moltiplicano i casi di abusi, stupri e
violenza. La popolazione continua a
essere arrestata abusivamente senza
motivo, messa in prigione, torturata, e
liberata solo dopo che la famiglia ha
pagato una multa. Durante la notte, le
persone scompaionoperché prelevate con
la forza e condotte a destinazioni
sconosciute.Cisonosaccheggieincendi.
Abbandonata a sé stessa, la gente ha
creato delle milizie contadine, le
cosiddette “anti-balakas” (anti-machete).
Cisonostativiolentiscontriecentinaiadi
morti.Maparlarediunconflittoetnicotra
cristiani e musulmani è sbagliato. Le due
etnie,chefinoaqualchemesefavivevano
in pace, sono vittime dello stesso
carnefice:laCoalizioneSéléka.
Perché non si è intervenuti prima? A
fine dicembre 2012, l’ex presidente
deposto, François Bozizé aveva chiesto
l’aiuto di Stati Uniti e Francia contro i
ribelli, che avevano ripreso le armi dopo
una breve tregua, ma il presidente
francese Hollande si era rifiutato
d’intervenire nell’ex colonia, spiegando
chelaFranciaavrebbepotutofarlosolosu
mandato dell’Onu. Lo stesso vale per
l’inquilino della Casa Bianca, Barack
Obama.
A distanza di mesi, Parigi fa la parte
delbuonsamaritanochevainaiutodella
RepubblicaCentrafricana,riccadiuranio,
petrolio, oro, diamanti e legname. Ma la
partita non è facile. C’è un ostacolo nel
camminodellaFrancia:ilSudafrica.Ilcui
presidenteJosephZumahaannunciatoche
nonsirecheràalsummit“perlapaceela
sicurezza in Africa”, che si svolgerà
venerdì a Parigi. «Soluzioni africane per
problemi africani» è il messaggio inviato
dal presidente Zuma al suo omologo
franceseHollande.
Si dice che il Sudafrica abbia forti
interessi in Centrafrica, primo fra tutti:
strappare il controllo del mercato dei
diamanti dalle mani di Séléka. Al di là
degli interessi economici, il Sudafrica,
membro dei Brics e potenza economica
emergente, vuole assumere il ruolo di
guida dell’Africa. Quello che un tempo
eralaLibiadiGheddafi.
Intanto, lunedì scorso Parigi ha
dispiegato 200 uomini che si aggiungono
ai 400 soldati già presenti nella capitale.
Per ora hanno avviato lavori di
sistemazione e ampliamento nei pressi
dell’aeroporto internazionale M’poko per
adattare le infrastrutture alle necessità di
un prossimo intervento armato in
Centrafrica.
In attesa che il Consiglio di sicurezza
dell’Onuapprovilarisoluzionepresentata
dalla Francia, che autorizzerà “l’uso del
forza” da parte delle truppe africane,
alcuni esponenti della ribellione stanno
lasciando Bangui. Ma la gente locale si
chiede chi andrà a cacciarli e disarmarli
nelle remote foreste al confine con Ciad,
Sudan e Repubblica democratica del
Congo.
FrancescaDessì
Vai,Angelino:hai
pureilquid
dell’imbonitore
6 DICEMBRE 2013
«Abbiamo scelto la forma geometrica
del quadrato perché sin dalle origini,
dallastoria,ilquadratocidicecheilati
sono tutti uguali e questo richiama al
principio di uguaglianza che richiama il
principio della giustizia, perché il nostro
è il movimento politico del merito, di chi
ha consenso e sta nel territorio». E
ancora: «Il blu dà forza, è la forza del
mare,èilcoloredelcielo,dellaserenità,
dichihalaforzaelavogliadicombattere
elottare.Èilcolorecheserveall'Italia».
Chi lo avrebbe mai detto? Alfano ha
una limpida vocazione per fare la guida
turistica.Oppureilvenditore(televisivo?)
di opere d’arte. Nonché, alla bisogna, di
qualunque oggetto che dia modo di
magnificarne i pregi estetici: quelli veri,
quelli presunti, quelli immaginari. E
addirittura,
perché
no,
quelli
inimmaginabili. Quelli che ai più –
certamente a causa della loro modestia
intellettualeedellaloroscarsasensibilità
– sfuggono completamente, fintanto che
un più acuto osservatore non glieli
indichi/enumeri/illustri.
Così come ieri, appunto, ha fatto lo
stesso Alfano presentando il marchio del
suo neonato partito, che d’altra parte
lasciava
presagire
una
potente
trasposizione grafica già dalla propria
denominazione:NuovoCentroDestra.Un
tris verbale apparentemente dimesso, ma
in realtà di grandissima forza espressiva.
Difficile, quasi proibitivo, forse
impossibile, essere più incisivi. Densi.
Icastici.
EpoichéilpregiatissimoAngelinonon
si è soffermato anche su questo aspetto,
assai volentieri ci prestiamo a farlo noi,
pur consci di non poter competere con il
suoinarrivabileamalgamadierudizionee
di lirismo. Perciò, sommessamente, ci
azzarderemo a ipotizzare un breve
discorso esplicativo: «Abbiamo scelto
innanzitutto il termine “Nuovo” (e la
maiuscolanonappaiaunvacuo,opeggio
supponente, esercizio retorico, bensì la
doverosa sottolineatura del nostro
rispetto, personale e collettivo, per il
complesso impegno di rinnovamento che
ci andiamo ad assumere) in quanto, da
chemondoèmondo,essoracchiudel’idea
– ma potremmo spingerci a dire “il
messaggio” – di qualcosa che prima non
c’era; o che comunque è stato
profondamenterigeneratofinoarenderlo,
difatto,una“resnova”.
Secondopoi,abbiamovolutoutilizzare
il termine “Centro” non soltanto nel
sensooggettivodiciòcheèlontanodagli
estremi, e a maggior ragione da ogni
formadiestremismo,maperchéinessosi
condensa – plasticamente, potremmo dire
– il senso della centralità. E infatti, ci si
permettadisottolinearlo,èconunapiena
consonanza di intenti, e prima ancora di
sensibilità, che abbiamo ritenuto di
collocarlo,appunto,alcentro.
Inultimo–manoncertoperultimo–
ecco la terza parola: Destra. Anche qui,
con una coincidenza che non possiamo
ignorare, essa si trova proprio dove era
giustochefosse:adestra.Adestraperchi
guarda,intendiamo.Aconfermadiquanto
ci sia caro – anzi imprescindibile – il
puntodivistadeinostrielettori.»
P.S. Tornando al logo, così
sapientemente illustrato da Alfano, non
suoni irrispettoso che a noi, di primo
acchito, il quadrato aveva fatto venire in
mentetutt’altro:lanotamassimasiciliana
“Cunascitunnuunpòmoririquadratu”.
FedericoZamboni
Impararea
diventareguerrieri.
Eariconoscerei
nemici
6 DICEMBRE 2013
L’esplosionedemografica,chehavisto
moltiplicarelapopolazionemondialeda1
miliardoapiùdi6miliardidipersonenel
giro di un secolo appena, unita
all’implosione dei debiti inestinguibili
degli Stati, costituisce una miscela
potenzialmente letale per il mondo così
come
lo
conosciamo.
Un
ridimensionamento drastico del nostro
mododiprodurreeconsumare,cioèdella
nostra vita compresa tutta fra questi due
atti economici, sarà l’equivalente di una
Grande Povertà, tanto più dura e abbietta
quando più dovremo disabituarci per un
verso alla benzina nel serbatoio (il picco
delpetroliononèbenchiaroquandosarà
raggiunto,madisicuroilsuoprezzoègià
ora a livelli insostenibili) e per un altro
allapappaprontanelpiatto,contuttiquei
comfort senza i quali ci sentiamo persi
(elettricità a buon mercato, banchi zeppi
d’alimentari, casa di proprietà ritenuta a
torto, perché toccherà vendere anche
quella,intoccabile).
Ma la vita va vissuta sempre, nella
quiete come nella tempesta. Sprecarla
aspettandol’annomilleèeserciziosterile
perpiagnoni.Ancheperchélamiseriapuò
far scattare la molla del riscatto ma può
fare nascere nuove tirannie. Il compito
futuro, allora, è prepararsi a combattere.
La libertà è figlia del sangue, non della
sola penna. È doloroso immaginare, in
qualche modo addirittura invocare la
distruzione, coi lutti, le efferatezze, le
giustizie sommarie e gli orrori che si
porta dietro. Ma se questo ordine sociale
si sta autodistruggendo, ciò non avviene
permiascelta:èildatodirealtàincuimi
trovo a vivere. E allora il mio dovere è
fareciòcheègiusto.
La politica come continuazione
dell’etica: non è una bavosa frase fatta, è
la formula contraria all’attuale dominio
dell’Economico.Quandosihachiarosotto
gli occhi il gigantesco sopruso di
un’umanità ridotta a variabile contabile
deibilancidelloStato,iovedoingiustizia.
Setutto,indiscutibilmentetuttoruotaesi
farisucchiaredalgorgodeldenaro,ionon
posso non bruciare di sdegno. L’assistere
alla repressione di talenti, di passioni, di
idealità perché ciò che non collima col
metro del massimo profitto viene
sacrificato senza pietà, è una cosa che
grida vendetta al cielo. È questo “essere
contro” per sofferenza morale, questo è
senso della giustizia. Perché deve
comandare chi non ha i titoli per farlo,
ovvero spadroneggia grazie al raggiro, la
frode, il calcolo, l’ipocrisia (le squallide
virtùdell’homooeconomicus)?
Diquilaconseguentepresad’attoche,
al contrario, la giustizia consiste in un
principio di equilibrio. Il giusto mezzo
come punto mediano e baricentrico di
valori opposti e tuttavia complementari.
Tra l’uso brutale della violenza e il
porgere l’altra guancia c’è una giustizia
che impone di saper imbracciare le armi,
metaforicheenon,quandoèminacciatala
propria dignità. Ma cosa vuol dire, nel
concreto,farepoliticaperdovereetico,in
una società corrotta fino al midollo?
Significa ripudiare la dittatura interiore
del denaro, e fare del disinteresse per
questo pezzo di carta il criterio con cui
misurare il valore di una persona. Questa
dev’esserelaRegolaperriconoscerechiè
dallapropriaparte.Seèattivoilcontrollo
psichico,interno,deisoldisudinoi,sarà
vano pensare di combattere la dittatura
politica del dio quattrino e dei suoi
sacerdoti. Individui che non vivono
secondo il comandamento “accumula e
spendi” ce ne sono. Sono i veri nobili,
coloro che si distinguono, gli uomini
superiori.Madevonoimparareadiventare
guerrieri.
Per riuscirci devono capire che
rovesciare la tavola dei valori dominanti
non è un pranzo di gala, per dirla alla
Mao.Nonèappagarelacoscienzafacendo
operedibene.Èarmarsidiideeedimezzi
per diffonderle. È lottare. E la lotta è
sempre contro un nemico. Chi è il nostro
nemico? La sciagura che ci taglia le
gambe è che l’avversario da battere non
ha volto, perché consiste in un’entità
immateriale ma al tempo stesso molto
concreta: il Capitalismo assoluto e
totalitario. Un moloch infiltrato ovunque,
eppure sfuggente. Ribellarsi ad una
macchina avviata secoli fa, priva di un
centrodicomandounicoconunafacciae
un indirizzo, è molto peggio rispetto a
quando, bei tempi, si faceva fuori
l’oppressore con una congiura o si
organizzava la resistenza clandestina con
un obbiettivo chiaro nel mirino. Oggi il
Potere è così indefinito e irresponsabile
che un ribelle non sa bene con chi
prendersela.
E invece no, un nemico chiaro a cui
dare un nome preciso va trovato
comunque. Altrimenti la lotta finisce
primadiiniziare.Esepropriononcisono
deiveriepropripadroniassoluti,cisono
certamente profittatori acclarati e
identificabili. Seppur con responsabilità
chedegradanoasecondadelruolosvolto,
costorosonosenzadubbioinostrinemici.
Chi sono? Sono tutti coloro che
appartengono, in ordine decrescente di
influenza,allecastedeldenaro(iSovrani,
finanzieri,banchieriemultinazionali),del
consenso (i Feudatari, vassalli valvassori
evalvassini,ipoliticididestraesinistra),
della propaganda (il Clero, intellettuali e
giornalisti di regime). Se il dovere da
assolvere è abbattere questo neofeudalesimo,loèancheconsiderarlicome
irriducibili avversari, che solo l’abiura
seguita da un comportamento coerente
puòemendaredalconcorsodicolpadacui
erano macchiati. Nessuna eccezione e
nessunosconto.
L’attendismo di chi si limita a
vagheggiare la crisi definitiva è imbelle.
Ilpassoulterioreèadditareilnemicoogni
qualvoltasimanifesti,secondounascala
di responsabilità che deve fare da
propellenteall’incendiodellecoscienze.E
finquisiamosulpianoteorico.Suquello
pratico, è ancora prematura una sua
formazione ma per me è chiaro come il
sole che occorrerà una forza organizzata,
un nuovo partito-comunità, in cui la
condotta personale, dal punto di vista
economico, sarà discriminante: chi
dimostreràditenerepiùalcontoinbanca
oaivantaggimateriali,saràfuori.
La corruzione è un male connaturato
all’uomo e fior di rivoluzionari del
passato si sono venduti il loro
bell’idealismoincambiodilussiecifrea
molti zeri. Ma essere consapevoli delle
debolezzeumanenondevefarrinunciarei
valorosi,anzidevespronarliancoradipiù.
Ogniimpresaèunasfida.
AlessioMannino
Sfiduciatie
disoccupati
9 DICEMBRE 2013
La fiducia è una cosa seria che si dà
alle cose serie. Così recitava una
pubblicità televisiva degli anni sessanta.
Giorni fa, uno dei tanti istituti europei, i
cui dirigenti devono giustificare le laute
retribuzioni
che
incamerano,
ci
annunciava trionfalmente che in Italia,
come nell’Unione, sta aumentando il
clima di fiducia nel futuro da parte dei
cittadini e delle imprese. Il presente sarà
insomma pure nero ma il futuro è invece
roseo.Suqualidatiquesticialtronibasino
leloroaffermazioninonèdatosapere.Ma
èlarealtàdeifattiasmentirli.
L’economia italiana ed europea è di
fatto ferma. Il minimo di ripresa che si
intravedeèdatoinfattidall’aumentodelle
esportazioni verso le solite economie
rampanti dell’Estremo Oriente, Cina e
Corea in testa. Ma sul piano interno è
notte fonda. Le imprese continuano a
chiudere, la disoccupazione aumenta e i
cittadini avvertono perfettamente che
ancora per molto tempo non ci sarà una
inversioneditendenza.Disoldiingiroce
ne sono sempre di meno a causa del
livellomiseroraggiuntodalleretribuzioni
edallepensioni.Cosìladomandainterna
di beni e di servizi continua a scendere.
L’unicasoddisfazioneèchel’inflazionesi
è fermata ma questo succede soltanto
perché i commercianti, almeno alcuni,
hannodecisodinonriversaresuiprezzidi
vendita l’aumento dell’Iva al 22%. Il
ragionamentofattoèchegiàladomandaè
bassaechediconseguenzanonconvienea
nessuno farla precipitare. All’interno di
questo scenario che definire tragico è fin
troppo facile, si inseriscono i dati più
recenti sulla disoccupazione che in Italia,
lo ha certificato l’Istat, ha raggiunto
ormaiil12,5%.
È il massimo picco raggiunto dal
lontano 1977 che scontava gli effetti di
lungo corso della crisi petrolifera seguita
alla guerra del Kippur del 1973. Altro
recordstoriconegativoèquelloraggiunto
dalla disoccupazione giovanile, ormai
arrivataal41,2%.Gliitalianisenzalavoro
sono 3 milioni e 189 mila e in più di un
milione hanno meno di 30 anni. Rispetto
all’ottobre dell’anno scorso vi è stato un
aumento del 9,9%. Non sappiamo se si
trattiinvecedel10%esequalcunoabbia
voluto togliere uno 0,1% per fare meno
impressione.
L’aspetto più impressionante, che
comunque risultava anche dai precedenti
rapportiIstat,èchecontinuaadaumentare
il numero degli scoraggiati. Quelli che,
anziani e giovani che siano, non cercano
piùlavoroperchévihannosemplicemente
rinunciato, convinti dai tanti rifiuti
ricevuti che in Italia trovare una
occupazione stabile sia diventata una
c h i m e r a .Una deriva che penalizza
soprattutto i giovani che devono scontare
sulla propria pelle l’idea diffusa nelle
imprese, molto spesso in verità pure
motivata, che la scuola e l’università
italiane non offrano una preparazione ed
unaformazionedibasesufficienti.
Visto tutto questo tracollo del nostro
tessuto sociale, è incredibile come ci
possa essere ancora qualcuno che si
permettadiparlarediunclimadifiducia.
Insomma: di cosa parla? E soprattutto,
dovevive?
IreneSabeni
Italia:mancaun
nuovomito
fondante
9 DICEMBRE 2013
Il Porcellum era chiaramente
indifendibile, quindi il pronunciamento
della Corte Costituzionale ha l’unico
difetto di essere venuto tardi. Tuttavia si
tratta di un precedente che potrebbe
rivelarsipericoloso.
Nonacasononsiriesceadapprovare
unanuovaleggeelettorale.Ognipartito,o
addirittura ogni gruppo organizzato
all’interno dei partiti, persegue il proprio
interesse elettoralistico immediato, senza
curarsidiconcorrereadefinireunsistema
di voto che possa durare nel tempo e che
dia un responso delle urne indiscutibile.
Giàoggi,enonsoloinItalia,semprepiù
spesso gli sconfitti denunciano brogli
cercando di invalidare le elezioni. Il
precedente del pronunciamento della
CorteCostituzionalefaràsìcheinfuturoi
delusi dalle urne sollevino eccezioni di
incostituzionalità. Se il sistema prevede
unpremiodimaggioranza,sichiederàuna
sentenza che lo dichiari incostituzionale.
Sesaràilproporzionalepuro,glisconfitti
denunceranno l’illegalità di un sistema
chenonconsentelagovernabilità.
Diciamocelo senza infingimenti: la
vicenda che stiamo vivendo dimostra che
l’assetto
democratico-parlamentarerappresentativodelnostrosistemapolitico
è giunto al capolinea. Prendere atto della
realtàèsemprecosabuonaedoverosa.
Isistemifunzionanoquandodelineano
un quadro civile e istituzionale
largamente condiviso. Perché questo
avvenga occorre che resti vitale ilmito
fondante dello Stato. L’Italia liberale si
fondò sul mito del Risorgimento: la
nazionenatadaunalottadipopoloperla
propriaindipendenza,coisuoisimboli,le
sue bandiere, i suoi eroi e martiri. Come
tutti i miti, era un racconto in gran parte
fantastico. In realtà il Risorgimento è
stato opera di minoranze massoniche e
anticlericali, di giovani idealisti, vincenti
grazie
a
trame
internazionali,
nell’indifferenza o nell’ostilità della
maggioranza
della
popolazione.
L’impresa dei Mille e l’abbattimento del
regime borbonico presentano analogie
impressionanticonilrecentescempioche
èstatofattodellaLibiadiGheddafi.
Niente di scandaloso: tutti i moderni
Stati nazionali sono nati dall’iniziativa
armatadiminoranze.
Quel mito fondante, per quanto falso
fosse,hafunzionatofinoallaprimaguerra
mondiale, che sconvolgendo il quadro
sociale ed economico ha fatto a pezzi lo
Statoliberale.
Ilmitofondantedelsuccessivoregime
fascista fu la marcia su Roma, la
rivoluzione reazionaria che avrebbe fatto
risorgere l’antico splendore imperiale. Fu
vuota retorica, ma per un ventennio
funzionò.
La nuova Italia nata dalle ceneri della
guerra persa fondò il suo mito sulla
Resistenza, sullapiù bella Costituzione
del mondo, e sull’adesione ai valori dei
liberatori. La Resistenza fu in realtà una
crudele guerra civile fra due minoranze,
col popolo impegnato soprattutto a
barcamenarsi per sopravvivere. La
Costituzione più bella del mondo è piena
di lacune. I liberatori anglo-americani
erano invasori esattamente come i
tedeschi.Matant’è:quelmitofondanteha
funzionato per qualche decennio, i più
prosperinellastoriad’Italia.
Esauritosi anche quel mito, demolito
dagli scandali, dalle mafie, dalla
corruzione, si è tentato di fondare la
cosiddetta
seconda
repubblica
sull’europeismo. Un mito debolissimo e
già al tramonto. Ci troviamo senza mito
fondante,quindisenzaunterrenocomune
di intesa, senza regole accettate da tutti,
senza una rete istituzionale e una morale
condivise. Questo e non altro ci dicono i
mesiconvulsichestiamovivendo,questo
e non altro ci dice il paradosso di
istituzioni, dal Presidente al Parlamento,
completamentedelegittimate.
Diciamocelo senza infingimenti:
quandosigiungeaquestopunto,soltanto
unadittaturapuòsalvareunanazione.Ma
perché una dittatura non sia tirannide, il
peggiore dei mali, occorre che nasca da
una volontà di rinascita, da una spinta
vitale, da un’energia ricostruttiva.
Nell’Italia odierna non c’è nulla di tutto
ciò.
Lo Stato è a pezzi, le attività
economiche sono in affanno, i costumi
sono corrotti a tutti i livelli, abbiamo
perso quel poco di sovranità che ci era
rimasta, si dimenticano o si svuotano di
contenuto le tradizioni e i costumi che si
basanosullareligione,anch’essamorente,
le etnìe si sovrappongono senza fondersi
(nell’elenco telefonico di Milano il
cognomepiùricorrenteècinese),lastessa
lingua è in fase di estinzione: ogni anno
scompaiono dall’uso scritto e parlato
decine di parole, non sostituite da altri
termini che siano neologismi italiani o
dialettali, ma da vocaboli di lingue
straniere,soprattuttoanglo-americani.
Questoèloscenariodiunanazionein
estinzione, se vogliamo dire le cose col
loronome.
La storia ci presenta un elenco
lunghissimodinazionichefuronograndi,
lasciaronoun’improntaprofondasulsuolo
insanguinato del mondo, furono
protagoniste di splendide civiltà, e sono
sparite.
Quando lo Stato è corrotto e
inefficiente, quando i costumi e le
tradizioni si perdono, quando si
smarriscono i saperi e le abilità che
caratterizzarono un modo di vivere e di
produrre, quando la lingua si fossilizza e
muore,lenazionisiestinguono.
Il fine di queste considerazioni non è
indurre alla disperazione, ma invitare a
prendere coscienza della posta in palio.
Quella che si profila, se continueranno le
tendenzeinatto,ènientemenochelafine
diunanazione.
LucianoFuschini
PD:quasi3milioni
diillusi
9 DICEMBRE 2013
Hanno gettato gli ami, con tre esche
diverse-ma-non-troppo, e puntualmente i
pesciolinihannoabboccatoinmassa.
Il motivo è semplice: i pesciolini che
amano sguazzare nelle urne di qualsiasi
genere, dalle primarie in su, sono fatti
così. Ed essendo fatti così – poiché così
sonostatiallevatiinqueilaghettidipesca
“sportiva” che sono i bacini elettorali,
specialmente,manonsolo,quiinItaliae
nel Terzo millennio – hanno bisogno di
rinnovare all’infinito le proprie illusioni.
Anche se poi ciò significa rimanere
infilzati.
Per limitarci alla Seconda repubblica,
e al centrosinistra, gli eroi immaginari
hanno avuto via via i nomi di Romano
Prodi e di Walter Veltroni, e persino di
Pierluigi Bersani. Una lista che ieri ha
ufficializzato la sua ultima star. Matteo
Renzi, ovviamente. L’attore che al
televoto di ieri (televoto che resta tale
anche se effettuato di persona, recandosi
in uno delle migliaia di mini set allestiti
per l’occasione) si è aggiudicato poco
menodel68percentodeisuffragi.Èluiil
novello
protagonista,
giovane
e
baldanzoso, sorridente col pubblico ma
perentoriocongliavversari,cheinteoria
dovrebbe rilanciare questa fiction
obiettivamente logora, dopo che i suoi
produttori hanno abusato della pazienza
deglispettatoriconognisortaditrucchidi
infimo ordine: vedi, in ultimo, gli otto
anni di voluta indifferenza per la palese
incostituzionalità
del
Porcellum;
incostituzionalità che la Consulta ha
riconosciutomachenonhacertosvelato.
La sua illegittimità era il segreto di
Pulcinella. Eppure la recita è andata
avanti imperterrita, senza che all’interno
dell’establishment politico nessuno
avvertisse l’esigenza di rimettere la
questione a quei giudici che avrebbero
potutoagevolmenteaccertarnel’illegalità,
cosìcomehannofattoadessosuricorsodi
unprivatocittadino.
La nuova superstar, il cui trionfo era
del resto annunciato, ha immediatamente
ribadito il suo messaggio fondamentale,
quasi altrettanto generico dell’obamiano
«Yes We Can»: il suo «Ora si cambia
davvero» viene rilanciato tale e quale, o
con minime variazioni, dai media
mainstream,deliziandoisuddettiillusi.E
attraendo, sullo slancio, i moltissimi altri
che pur avendo resistito alla tentazione
dei gazebo si lasceranno soggiogare dalla
prospettiva(ah,quantoentusiasmante!ah,
quanto
decisiva!)
del
prossimo
ArmageddoncontroiSommiNemici.Che
nonsonomicaibanchieri,glispeculatori,
i globalisti assortiti che ci hanno
sprofondati in una crisi ancora più grave,
ancora più strutturale, di quella del 1929.
No:iSommiNemicidiquestacosiddetta
Sinistra sono i “populisti”. I vecchi
populisti di Berlusconi. I nuovi populisti
di Grillo. Il peccato mortale è questo,
nella religione liberista: non schiavizzare
i popoli, ma aizzarli. Meglio lasciar fare
agli esperti, ai tecnocrati, ai banchieri.
MegliolasciarfareaMarioDraghi.
Da parte nostra, come facciamo
abitualmente, ci sbilanciamo in una serie
diprevisionisucomeandràafinireanche
questa volta: alla fase uno – quella delle
grandi speranze in chissà quale
palingenesi della politica interna, sotto la
sapiente guida del Pd-New-Version by
Matthew Renzi & C., e in chissà quale
rilancio
dell’economia
nazionale,
nonostante i vincoli imposti dalla UE, e
quindidallaTroika–faràseguitounapiù
o meno lunga fase due, in cui seppur a
malincuore le poderose aspettative
odierne si troveranno a dover fare i conti
con questa o quella difficoltà, uscendone
fatalmente ridimensionate; infine, ed
eccoci alla fase tre, diventerà manifesto
c h enemmeno il simpatico, giovanile,
innovativo, Rottamatore del Passato è
riuscito a compiere il miracolo atteso. O
sognato.Odelirato.
E proprio come nei deliri, quindi, una
nuova allucinazione prenderà il posto
dellaprecedente.Perchéilcastpuòessere
integratoall’infinito e gli USA ce lo
insegnano:c’èsempreunObamanuovodi
zecca che prende il posto di un Clinton
divenuto inservibile. Con in mezzo una
parentesiallaGeorgeW.Bush,magari.
Quanti anni saranno trascorsi, nel
frattempo? Vedremo. Ma per un sistema
che è ormai imploso, e che nel caso
dell’Italia somma i vizi cronici del
clientelismoagliinsanabilisquilibridella
finanza occidentale, ogni dilazione
equivale a un successo. Rinviando a
oltranza la resa dei conti si vincerà la
guerra. O, quantomeno, si debiliterà ogni
residua resistenza da parte dei popoli: a
forza di fare la fila per votare i più si
acquieterannoinquestapantomima.Dove
sicrededivotare.Doveinrealtàsifasolo
lafila.
FedericoZamboni
Grilloel'accusaal
giornalismo:e
allora?
10 DICEMBRE 2013
Cos’avrà mai detto di così tremendo
Beppe Grillo sui giornalisti? Secondo il
capo politico del Movimento 5 Stelle la
nostra categoria è piena di prezzolati e
scribacchini che censurano e si
autocensurano, vomitando luoghi comuni
e balle sesquipedali. C’è qualcuno in
buonafedechepuòsostenereilcontrario?
Lalargamaggioranzadichifailmestiere
simeritagliinsultie,volendodirelecose
come stanno, non stiamo parlando
neppure di giornalisti, ma di addetti
stampadiquestooquelpartito,diquesto
o quell’interesse economico e clientelare.
È la verità e la sappiamo tutti, in primis
noi dell’Ordine corporativo di fascista
memoria.
Ma a scatenare l’indignazione delle
verginiviolate,dalcapodelgovernicchio
in giù, è stato un post su Maria Novella
Oppo,indicatasulblogcomediffamatrice
serialedelmovimento.Nelferoceattacco
si invita a segnalare con corredo
fotografico il giornalista che disinforma,
magari, come la Oppo che scrive
sull’Unità, in testate finanziate con soldi
pubblici. “Vergogna, ecco le liste di
proscrizione”,hannogridatoisanterellini
dellaliberastampadiregime.
Ora, è illegittimo polemizzare con un
giornalistachelegittimamentepolemizza?
Di quale delitto di lesa maestà ci si
macchia a fare nome e cognome di una
firmachehaideediverse,contestandoleil
cordoneombelicaledialcunimediaconi
finanziamenti di Stato? Semmai si può
discutere se sia giusto abolirlo o meno,
ma non capisco davvero dove sia lo
scandalo.
Grillo fa torto alla sua intelligenza,
piuttosto, quando ostenta la sua
disponibilità a farsi intervistare dai
colleghi stranieri, con un’esterofilia che
dimenticalapesantedipendenzadalobby
epadronichecondizionalastampaanche
fuori dall’Italia. Più strutturalmente, il
grillismo è colpevole di una pericolosa
ingenuità nell’idolatrare il presunto
paradiso dell’informazione in Rete, in
realtà spesso un letamaio di cazzate in
libertà. Internet rappresenta sicuramente
unospazioliberatorio,maappuntoperché
informare equivale a saper scovare,
selezionare e dare il giusto peso alle
notizie, cioè proprio perché il buon
giornalismoèindispensabile,appuntoper
questo servono professionisti qualificati.
Senza bisogno di farne una corporazione,
ma senza nemmeno buttare nel cesso le
professionalità credibili, facendo di tutta
l’erbaunfascio.
Perché a volte, presi dalla foga e da
una certa presunzione, i 5 Stelle rivelano
un’intolleranza alle critiche che li fa
pisciare fuori dal vaso. Ma non in questo
caso.Inquestocaso,Grillodàvoceaduna
banalità che essendo banale è verissima:
vengono creduti giornalisti certuni che
devono lo stipendio alla Causa che li ha
messisottocontratto.Epergiuntaconuna
percentuale che arriva dalle casse
pubbliche. Fanno ufficio stampa, non
giornalismo.
Quando Claudio Messora è diventato
responsabile comunicazione dei gruppi
parlamentaridelM5S,laVocedelRibelle
hasceltodinonriprenderepiùgliarticoli
del suo blog. Non perché non siano
interessanti e pregevoli, ma perché non
essendopiùluiunbloggerindipendente,il
suo lavoro diventava condizionato e di
parte.IlpuntoècheMessoraèunfazioso
onesto, alla luce del sole, gli altri, le
penne
in
grigio
omissione
e
manipolazione, si raccontano e ci
raccontano di essere liberi. Ma che si
dianoall’ippica.
AlessioMannino
L’Islandacontroi
poteriforti.Il
mutuolopaganole
banche
10 DICEMBRE 2013
Ancora una volta l’Islanda ha avuto il
coraggio di sfidare l’usura internazionale
eilmondialismo.
IlgovernodiReykjavikhaannunciato
infattilacancellazionedi24milaeurodal
mutuo per la casa di quasi 100mila
islandesi. Un numero enorme di cittadini
se pensiamo soltanto al fatto che l’isola
dell’Europa settentrionale conta poco più
di 300.000 abitanti. Ma il particolare più
interessante è che saranno le banche e le
istituzioni finanziarie a pagare lo scotto
dellamanovra,cheavverràattraversouna
strettasull’imposizionefiscale.
Proprio quegli istituti di credito e
finanziariche,dopoilcollassodelsettore
nel 2008 per la connivenza tra lobby
economiche e politica in nome del
mercatismo e dell’iperliberismo, avevano
portatol’inflazioneallestellee,conessa,
provocato un’impennata vertiginosa degli
interessi sui mutui legati all’aumento dei
prezzi. Era stato in particolare il
fallimento della banca Icesave e dei
principali istituti di credito islandesi, 5
annifa,dicuibanchieriepoliticieranoa
conoscenza a causa della crisi economica
irrefrenabile, ma soprattutto il fallimento
del libero mercato a dimostrare che il
sistemaeconomicocosìcomeèstrutturato
non può più farcela, come ha tenuto a
sottolineare alcuni mesi fa lo stesso
presidente della Repubblica di Islanda
ÓlafurRagnarGrímsson.
Con la recente manovra decisa dal
premier Sigmundur Davíð Gunnlaugsson
il popolo islandese avrà finalmente
garantiteancheleesenzionifiscaliperuna
sommaparia70miliardidicorone,circa
433milionidieuro,chehannounenorme
valore per un Paese che vive
principalmente di pesca e pastorizia. È
quindi un provvedimento giusto quello
presodall’attualegovernodicentro-destra
guidatodalprimoministroGunnlaugsson,
portato avanti con il sostegno del
presidente Grímsson, che finora ha
dimostratolapienavolontàdiopporsialle
ingiustizie della speculazione ai danni di
tuttiicetipopolariedellestessefamiglie
islandesi.
Naturalmente le decisioni prese dalle
istituzioni governative della piccola isola
del Nord Europa non sono piaciute ai
nemici di sempre, quelli che sperano di
lucrare a piene mani sul lavoro altrui,
come il Fondo monetario internazionale,
che ha dichiarato la sua più netta
opposizione alla manovra voluta
dall’esecutivo, e ancor meno agli altri
usurai delle agenzie private di rating, al
soldo
di
Wall
Street,
con
Standard&Poor’s in prima fila che ha
minacciatonuoveimminentiretrocessioni
delrating.
Del resto l’Islanda è nota per le sue
posizionidecisamentechiareneiconfronti
degli speculatori interni e internazionali
avendo già imposto nel recente passato
perdite ai creditori olandesi, britannici e
internazionali, ma soprattutto ai loro
governieallelorobanche,perunasomma
equivalentea2miliardididollari,parial
14,6 per cento del Prodotto interno lordo
islandese.
E questa volta la decisione è stata
presa direttamente dal primo ministro di
Reykjavik
che
ha
avversato
immediatamente i grandi potentati
economici, affermando senza timore che
la fine della crisi economica passa
attraverso questa manovra. A pagare la
crisiquindidovrannoesserelebancheper
garantire al Paese un futuro di crescita e
disviluppo,dimostrandocosìcheinbarba
all’usura e alla speculazione un governo
nazionaleadifesadellasovranitàpopolare
può opporsi senza timore a chi intende
speculare
ignominiosamente
sull’economiadiunPaese.
Un modo questo per dimostrare che
l’Islanda rappresenta senza dubbio un
valido esempio da seguire per tutti gli
Stati europei vittime dei grandi
speculatori,internieinternazionali,legati
a doppio filo con la finanza apolide e le
organizzazionimondialiste.
AndreaPerrone
Italia:laGiustizia
distortadiuno
Statocriminale
10 DICEMBRE 2013
In uno dei prossimi consigli dei
Ministri potrebbe essere presentato un
disegnodileggepertentaredirisolverei
cronici problemi che ammorbano
l'amministrazionedellagiustizia.
Questo l'annuncio fatto dal ministro
della Giustizia durante un convengo
ospitatoaPalazzoMadama.Lecriticità–
giusto per usare un eufemismo – non
risparmiano nessuna branca del diritto. Il
civile, il penale, l'amministrativo ed il
contenziosotributariosonoafflittidauna
lunga serie di problematiche. Milioni e
milioni di fascicoli giacciono nelle
cancellerie dei nostri uffici giudiziari.
Stando alle ultime statistiche l'arretrato
supera i cinque milioni nel civile e i tre
milioni e mezzo nel penale. Numeri in
grado di far comprendere a chiunque
quanto sia difficile far valere le proprie
ragionidifronteadungiudice.
Unimpegnosemprepiùlungo,sempre
più gravoso – e quindi costoso – che
diventa sintomo della mancanza di
certezza del diritto nel nostro
ordinamento. Elementi che da soli
basterebbero a giustificare l'approvazione
e la pubblicazione di un decreto-legge;
rispettandoirequisitiimpostidallanostra
leggefondamentale.
Enrico Letta ed i suoi Ministri non
sembrano però disposti a costringere le
Camere a porre all'ordine del giorno
queste deficienze. Meglio presentare un
ddl e confidare nella buona volontà delle
forze politiche presenti a Camera e
Senato. Un atteggiamento perpetuato e
reiterato nel corso delle ultime due
legislature. Nemmeno il recente
intervento a gamba tesa del Quirinale è
stato sufficiente a costringere i partiti ad
occuparsi di tribunali e dintorni. Eppure,
almeno gli europeisti in servizio
permanentedovrebberoessereinpiazzaa
stracciarsilevesti.Chequalcosanonvada
nel verso giusto ce lo ha detto più volte
l'Unione europea e, soprattutto, la Corte
europeaperidirittidell'uomo.Iltribunale
di Strasburgo considera le nostre carceri
luoghi in cui si pratica la tortura e si
sottopongono i ristretti a pratiche
«inumane e degradanti». Parole che
dovrebbero pesare come piombo nelle
coscienze di chi ha a cuore l'efficienza e
l'efficacia del nostro ordinamento
giudiziario.
Almeno per questo, entro la fine del
prossimomesedimaggiosidovràtrovare
una soluzione al sovraffollamento delle
carceri. Strutture in cui oggi si trovano
oltre settantamila detenuti, cifra di gran
lunga
superiore
alla
capienza
regolamentareimpostadallalegge.Norme
chenonpossonoessereviolateproprioda
chi è chiamato ad approvarle ed
applicarle.Ancheperché,propriocomein
un'ordinanzaconcuisiordinalacustodia
cautelareperunqualsiasiindagato,sipuò
ormaiparlaredi“disegnocriminoso”odi
criminalità“pertendenza”.
Non si possono usare altre parole per
uno Stato pienamente cosciente di quello
che accade dentro i penitenziari di tutta
Italia. Un sistema che – non si sa quanto
volutamente – si sta ponendo fuori dalla
civiltà giuridica europea. Il “Comitato
europeoperlaprevenzionedellatorturae
delle pene o trattamenti inumani o
degradanti” del Consiglio d'Europa ha
recentemente diffuso dei dossier in cui si
riassumono i risultati delle ultime visite
svolte nelle carceri italiane. Questi
rapporti offronoil polso della percezione
chefuoridall’Italiasihadellostatodelle
nostre strutture e, più in generale, delle
condizioni di detenzione nella maggior
partediqueste.Granpartedellavisitadel
2012 e delle relative raccomandazioni
riguardano anche la detenzione nei Cie e
nelle celle di sicurezza delle forze
dell’ordine.
Per i nostri legislatori rimane molto
importante leggere questi rapporti, visto
che il Comitato che li redige è uno degli
snodi fondamentali di quel sistema
sovranazionalediprotezionedeidiritti.La
sentenza Torreggiani della Corte europea
dei diritti umani che ha motivato il
recente messaggio alle Camere del
Presidente Napolitano si basa su una
giurisprudenzache,propriodairilievidel
Cpt, deriva la qualificazione del
sovraffollamento come un «trattamento
inumanoedegradante».
Nel 2012, la delegazione del Cpt ha
visitato le camere di sicurezza delle
questure di Firenze, Messina, Milano,
Palermo e Roma, le caserme dei
CarabinieridiMessinaGazziediMilano
Ponte Magenta, gli uffici della Polizia
municipalediMilanoeMessina,ilCiedi
Bologna, le carceri di Bari, Firenze,
Milano San Vittore, Palermo Ucciardone,
Terni e Vicenza, l’ospedale psichiatrico
giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto,
il servizio di psichiatria di Milazzo e la
Comunità terapeutica di Naso (Messina).
Denunce di maltrattamenti sono state
presentate da parte degli stranieri
nell’area milanese e all’ingresso nel Cie
di Bologna, ma anche dai detenuti nel
carcerediVicenza.Condizionidegradanti
di detenzione dovute alla fatiscenza delle
strutture sono state riscontrate nelle
camere di sicurezza di Firenze e di
Palermo, ma anche nel padiglione
maschile del Cie di Bologna e
all’Ucciardone. Una situazione limite è
stataquellariscontrataaBari:11detenuti
in una stanza di 20 mq. Condizioni da
bestieallevateinbatteria.Singolare,peril
Comitatointernazionale,latotaleassenza
di psicologi e il basso livello di
qualificazione del personale addetto
nell’OpgdiBarcellona.
Se l'Esecutivo avesse coraggio e
autorevolezza non esiterebbe un attimo
nel
proporre
con
decreto-legge
l'introduzione del reato di tortura nel
nostrocodicepenale.Unalacunachenon
può essere giustificata in alcun modo.
Purtroppo, con tutta probabilità, le
innovazioni in tema di esecuzione penale
saranno rimandate per colpa della solita
propagandapoliticadibassalega.Cisarà
chi parla di “regalo per i delinquenti” e
chi si riscoprirà tifoso di indulti ed
amnistie solo perché queste possono oggi
tornareutiliaBerlusconi.
Uno spettacolo indegno che finirà per
danneggiare chi è costretto in carcere e
chi, più semplicemente, non vuole
aspettare otto anni prima di veder
riconosciute le proprie ragioni dalla
sezione civile di un qualsiasi tribunale
italiano. Parlamento e Governo devono
fare di tutto perché la formula “giustizia
giusta” non sia più percepita come un
grottesco ossimoro. Se non sono in grado
difarlopossonosicuramentededicarsiad
altreattività.Stiamoparlandodiunadelle
principali attività dello Stato moderno,
non di una delle bagatelle che affollano
l'attualità politica. È bene che qualcuno
iniziarendersenecontosenzascaderenel
becerocalcoloutilitaristico.
MatteoMascia
Forconieccetera:
machezotici,quei
manifestanti!
10 DICEMBRE 2013
Cattivacci. E pure ignoranti. E per di
più dannosi per l’economia nazionale,
visto che con le loro manifestazioni a
brutto muso, variamente associate a
blocchistradalioferroviari,ostacolanola
libera circolazione dei cittadini e quindi,
uditeudite,loshoppingnatalizio.
Neiconfrontidelleprotestechedaieri
si stanno verificando da nord a sud e che
vengono impropriamente riunite sotto la
d e n o m i n a z i o n edescamisados
di
Movimento dei Forconi, l’establishment
italianopensadicavarselacosì.Asuondi
rimproveri da maestrine stizzite. E di
ragionamenti,sifaperdire,daquesturini
che non hanno nessun altro dio che la
legalità, e nessuna altra bibbia che il
codice penale, e nessun altro
scopo/funzione/orizzonte
che
il
mantenimento dell’ordine pubblico: il
puntononècheicittadinisianomessiin
condizione
di
vivere
almeno
decentemente e cheperciò non abbiano
motivodiprotestare;nemmenopersogno:
ilpuntoècheessi,puressendoschiacciati
dallecrescentidifficoltàeconomichedella
crisi, se ne devono restare buoni buoni,
accettando come ineluttabile ciò che il
destino(olaTroika)hadecisoperloro.
Alfano, che tra una cosa e l’altra
continua a rivestire il ruolo di ministro
degliInterni,riassumelaquestionedapar
suo: «Le proteste in Italia sono legittime
se rispettano le leggi. Impediremo che
vengano violate le leggi e faremo valere
la forza dello Stato. Saremo al contempo
comprensivi rispetto a proteste che siano
dentro i limiti dell'ordine e delle leggi
dello Stato». Metà scienza dell’ovvio e
metà ottusità da sceriffo fintamente
benevolo. Il vero messaggio, dietro le
chiacchiere “istituzionali”, è che l’unica
protesta che verrà accettata è quella che
non darà problemi. Chi vuole scendere in
piazza è libero di farlo, purché lo faccia
solo di tanto in tanto e limitandosi a
sbraitare un po’. E guardandosi bene, sia
chiaro, dall’usare parole troppo accese,
essendorisaputo che la violenza verbale
potrebbe esasperare gli animi e condurre,
ahinoi, a violenze anche fisiche. Ossia a
veri e propri reati. I quali, naturalmente,
andranno rigorosamente sanzionati in
quantotali.
Rocco Girlanda, sottosegretario ai
TrasportieasuavoltapassatodalPdLal
neonato Nuovo Centrodestra, ribadisce il
concetto: «Se si esce fuori dalle regole
bisogna intervenire in modo pesante, con
tutti i metodi a disposizione». Dopo di
che,aimicrofonidiRadio24,siaccodaai
tanti altri che ritengono di aver scovato
l’Argomento Supremo per screditare i
manifestanti,
lamentandosi,
anzi
accusando, di non aver «capito il motivo
per cui protestano». Il Giornale prova ad
argomentare: trattasi di protesta «che
raccoglie un po' tutti gli aspetti di
malcontento sociale e si scaglia contro
tasse, governo, disoccupazione, classe
politica e chi più ne ha più ne metta al
grido – ormai inflazionato – di "Tutti a
casa", senza peraltro suggerire soluzioni
efficaci».
Capito? Secondo questo approccio –
cheèunavariantediquelloutilizzatoper
liquidare alla stregua di sovversivi
incompetenti chi sostiene la necessità di
uscire dall’euro o addirittura, più in
generale, di ripensare da cima a fondo il
modello economico liberista – la rabbia
socialenonèammessa,amenochenonsi
accompagni a un pacchetto di
rivendicazioni
specifiche.
Ovvero
circoscritte. Ovvero tali da poter essere
accolte, sempre che invece non si
preferisca rigettarle, senza affrontare in
alcun modo i problemi di sistema.
Possibilmente, inoltre, i manifestanti di
turno dovrebbero presentarsi alle
Eccellentissime Autorità muniti di
indicazioni concrete su come venire a
capo delle rispettive angustie, e tanto
meglio se avranno anche la capacità, e la
cortesia, di chiarire dove andrà trovata la
coperturadibilanciodeglieventualicosti.
Viceversa, laddove essi non siano in
grado di comportarsi in maniera così
ragionevole, e costruttiva, dovranno
astenersidalcrearescompiglio,opeggio.
Si dà infatti il caso, per chi non l’avesse
giàcapito,cheicittadininonabbianopiù
alcun diritto di esigere dai governi delle
risposte stabili alle incertezze, e alle
ingiustizie,dellacompetizioneglobale.Ci
mancherebbe altro: i governi sono già
abbastanza indaffarati a puntellare le
banche,eapagaregliinteressisuldebito
pubblico,eapianificarelaprivatizzazione
di tutto ciò che si può smerciare (a
vantaggiodegliacquirenti).
Perché mai protestare, allora? Solo
perchénonsisapiùdovesbatterelatesta?
Mio dio, che atteggiamento rozzo,
passatista,pericoloso.
FedericoZamboni
Venezuela.
Amministrativenel
segnodiChávez
11 DICEMBRE 2013
Apocopiùdiunannodallavittoriadi
Hugo Chávez alle presidenziali, avvenuta
pochi mesi prima della sua morte, il
PartitoSocialistaUnitodelVenezuelasiè
consolidato come la prima forza politica
delpaeseguadagnandolaguidadi196dei
337comuninelleelezioniamministrative
svoltesidomenica.
Dalla morte del leader della
Rivoluzione Bolivariana, avvenuta nel
marzo scorso, si è più volte parlato delle
difficoltà del suo successore Nicolas
Maduro, eletto con uno scarto minimo
rispetto al suo contendente della destra
Capriles, e del Psuv, il partito unitario
voluto da Chávez. Tuttavia sembra che
Maduro stia superando le prevedibili
difficoltà incontrate nei primi mesi della
sua presidenza: dalla solita stampa in
mano alle oligarchie che non perde
occasioneperdipingereunPaesesull’orlo
del baratro, alle vere e proprie azioni di
sabotaggiomesseinattodaalcunisettori
economici per cercare di mettere in
difficoltàilsuogoverno.
La cosiddetta “guerra economica”
denunciata da Maduro nei mesi scorsi ha
cercato di scatenare la rabbia popolare
attraverso la speculazione sul dollaro,
l’accaparramento dei beni di prima
necessità e il conseguente, fraudolento,
aumentodeiprezzi.Ilgovernohatuttavia
iniziatoamettereinattolecontromisuree
la recente approvazione parlamentare
della Ley Habilitante mette ora in grado
Maduro di agire tempestivamente ed
efficacemente contro i manovratori della
“guerra economica”. Lo scorso 3
dicembre, inoltre, il Parlamento
venezuelano ha approvato il Plan de la
Patria 2013-2019 come Legge della
Repubblica.
IlPlandelaPatriaerastatoideatodal
comandante Chávez ed elaborato con la
partecipazione dei movimenti sociali che
compongono il Potere Popolare che
accorsero alla chiamata del leader
socialista
nel
novembre
2012,
partecipando a dibattiti in tutto il paese.
Nelle presidenziali dello scorso aprile,
NicolásMaduroloavevapresentatocome
suoprogrammadigoverno,segnandocosì
unalineadicontinuitàsimbolicaepratica
con il suo predecessore. Un documento
che traccia le linee per preservare
l’indipendenzanazionale,percontinuarea
costruire il modello socialista del secolo
XXI, trasformare il Venezuela in una
potenza,costruireunmondomulticentrico
emultipolare,salvarelavitadelpianetae
lasopravvivenzadell’umanità.
Il presidente Maduro lo ha quindi
inviato
nello
scorso
settembre
all’Assemblea Nazionale - in base
all’articolo 236 della Costituzione nel
quale si afferma che spetta al capo dello
Stato «formulare il Piano Nazionale di
Sviluppo e dirigere la sua esecuzione
previa approvazione dell’Assemblea
Nazionale» - ed ora è diventato legge.
«Dopo la Costituzione della Repubblica
BolivarianadelVenezuela,approvataper
la forza rivoluzionaria e negata dalla
destra, (…) il Plan de la Patria è il
documento più importante che reggerà il
destino del paese per sei anni (la
presidenza di Maduro, ndr). Non è un
documento qualunque», ha affermato il
presidente del Parlamento venezuelano
DiosdadoCabello.
In questo scenario, nel quale agli
attacchi delle destre all’opposizione si
stanno opponendo le contromisure
governative, le elezioni amministrative
hanno acquistato un forte significato
politico, trasformandosi in una prova
chiave per il chavismo e per i suoi
oppositori in un paese sempre più
polarizzato. E la prova ha dato ragione a
Maduro. Domenica sera la presidentessa
del Consiglio Nazionale Elettorale,
Tibisay Lucena, ha annunciato i risultati
dopo 12 ore di una giornata elettorale
trascorsa in totale normalità e con
un’affluenzadel58,92percento.IlPSUV
ha ottenuto il 49,24% percento, la MUD
(Tavolo
dell’Unità
Democratica),
l’alleanzadiopposizione,il42,72%.
Il presidente del Venezuela, dopo
l’esito del voto amministrativo ha
affermato che il paese ha dimostrato al
mondo che la Rivoluzione Bolivariana
continua, con il Partito Socialista Unito
delVenezuelacheprimaforzapoliticadel
paese. «Caracas ha trionfato. L’amore e
la lealtà del paese del Venezuela, col
Comandante Hugo Chávez e la
Rivoluzione Bolivariana», ha detto il
Mandatario nel corso di una
manifestazione nel centro della capitale
venezuelana. «Non ha potuto la guerra
economica contro il paese. Non hanno
potuto né potranno mai» ha affermato
annunciando poi che questa settimana
verrà intensificata la lotta per proteggere
il paese e la classe media dalla
speculazione. «Avevano detto che oggi
(domenica, ndr) ci sarebbe stato un
plebiscito in Venezuela, o non lo hanno
detto?AvevanodettocheoggiMadurose
ne sarebbe andato dal Venezuela » ha
ricordato riferendosi all’opposizione e
concludendo: «Questa è la vittoria
dell’amore, della buona volontà, del
lavoropermanente».
Questaèl’ereditàdiHugoChávez.
AlessiaLai
Ifocolaidiprotesta:
nulladipiù,nulladi
meno
11 DICEMBRE 2013
Lorenzo Lenzi è entusiasta, Davide
Gaglioneperniente.Puressendoentrambi
accomunati da un drastico e consapevole
rifiuto nei confronti del sistema oggi
dominante, con i governi sempre più
asserviti ai diktat della finanza
internazionale,
esprimono
pareri
contrapposti in calceall'articolo che
abbiamo
pubblicato
ieri
sulle
manifestazioni che da lunedì scorso si
susseguonounpo’intuttaItalia.Anzi:più
che pareri, intesi come punti di vista
prettamente teorici,percezioni, nel senso
diunarispostainterioremoltopiùampiae
coinvolta.
Questa divergenza può apparire
sconcertante, ma in effetti non lo è.
Considerato che le proteste di cui
parliamo riuniscono un’ampia gamma di
soggetti autonomi e che nascono
all’insegna
della
rabbia
contro
l’establishment, ovvero in assenza di un
singolo movimento politico dotato di una
fisonomia teorica ben definita e di
programmi altrettanto precisi e compiuti,
è del tutto naturale che ognuno ne possa
avere delle impressioni assai diverse. A
seconda che si dia maggior peso alla
voglia di spazzare via l’attuale classe
dirigente, benché senza chiarire quali
dovrebbero essere le alternative, oppure
alla mancanza di un progetto nitido e
convincente.
Machiharagione,allora?Larisposta,
secondo me, presuppone un chiarimento:
non bisogna assolutamente confondere i
fenomeni sociali, categoria in cui vanno
ricomprese le iniziative di questi giorni,
con i soggetti politici che potranno
eventualmente scaturirne in un secondo
tempo.Comehogiàaffermatoaltrevolte,
con altre parole, la scala che conduce a
un’eventualerivoluzionedipopoloèfatta
di diversi gradini, di altezza via via
crescente:ilprimodiessi–pocopiùdiun
pianerottolo preliminare – segna il
passaggio dal malcontento privato a una
qualche forma di espressione pubblica,
che si può riassumere nella classica
formula “scendere in piazza”; quelli
successivi sono via via i tumulti
occasionali,lerivoltepersistentimapiùo
meno localizzate, le sollevazioni su scala
nazionale,oquasi,einfinel’iniziodiuna
vera e propria dinamica rivoluzionaria.
Che, a meno di una pacifica e assai
improbabile resa immediata da parte di
chi detiene il potere, implica il ricorso
alle armi o quantomeno la minaccia di
essere in grado di utilizzarle
vittoriosamente
contro
le
forze
dell’ordine, o i reparti militari, che
fossero rimasti fedeli al regime che si
intendeabbattere.
Nella migliore delle ipotesi, quindi,
quella che sta emergendo è una
potenzialità di ribellione non solo
episodica, alla quale guardare come un
segnale, e una conferma, del fatto che la
crisi
economica
sta
diventando
intollerabile per ampi strati della
popolazione.
Quanto alla (oggettiva) carenza dei
suoi contenuti, che d’altronde è
connaturata allo stadionascente della
mobilitazione, il presupposto per essere
legittimati
a
coglierla/lamentarsene/stigmatizzarla è
nonaverenullaachefarecoiresponsabili
del tracollo in corso. Se invece questa
stessa critica arriva da parte dei politici
alla Alfano, o degli innumerevoli
commentatori embedded dei media a
maggior diffusione, essa diventa non
soltanto strumentale ma capziosa.
Strumentaleperchéilsuoveroobiettivoè
quellodidelegittimareapriorisiaquesta
specifica iniziativa sia ogni altro attacco
al sistema nel suo insieme, liquidandoli
comepalesementeimmaturievelleitari;e
capziosa perché rovescia i termini della
questione:
anziché
assumersi
la
responsabilità del degrado economico e
sociale, che ricade per definizione
sull’establishment, ci si trasforma
d’incantodaimputatiainquisitori.
Mentrelaveracolpaèlaloro,chenon
hannosaputoovolutoelaboraresoluzioni
efficaci e quindi stanno portando allo
stremo milioni e milioni di cittadini, essi
si lanciano al contrattacco sulla base di
una sorta di “legittimazione negativa”:
poiché chi li vuole cacciare via non offre
unpacchettodisoluzionidettagliate,sene
dovrebbe dedurre che tale mancanza di
credibilità renda viceversa credibili,
affidabili, imprescindibili, proprio quelli
checihannoridotticosì.
La conclusione, secondo me, è che
almeno per ora non abbiamo a che fare
con un movimento prettamente politico
ma con una serie di reazioni semi
spontanee, che nonostante la simultaneità
deipresidirimangonoprivediamalgama.
E che perciò, e purtroppo, potrebbero
disperdersidiquianonmolto.
RispettoalM5S,però,c’èilpregiodi
nonfareriferimentoauncapocarismatico
alla Grillo, tanto perentorio nei toni
quanto approssimativo, e addirittura
ondivago,neiprogettidiriorganizzazione,
innanzitutto economica. Quello che ci
troviamo di fronte, dunque, non è un
accampamentoalqualeavvicinarsisolose
cisivuolearruolaremaunospazioaperto
da tenere d’occhio, ed eventualmente da
frequentare come sta facendo Lorenzo.
Unica discriminante, la buonafede dei
partecipanticoncuisientriincontatto:e
sottolineo dei partecipanti, a distanza di
sicurezza da chi sta provando a
capitanarli.
FedericoZamboni
Draghicontroil
“populismo”.Che
inveceavanza,per
fortuna
11 DICEMBRE 2013
Di fronte alla prospettiva che le
elezioni per il Parlamento europeo,
previste per l’anno prossimo, possano
segnare un successo delle formazioni
euro-scettiche o addirittura contrarie
all’Unione europea, Mario Draghi ha
lanciatoilsuogridodidoloreribadendola
necessità di una cessione della sovranità
da parte degli Stati ad una Autorità
politica sovranazionale, la Commissione
europeaeadun‘altrafinanziaria,laBanca
centraledaluipresieduta.
L’ex vicepresidente europeo di
GoldmanSachs,bancaanglofonadiaffari
e di speculazioni, non è la prima volta, e
nonsaràl’ultima,cheprendeposizionein
nome di una causa che sembra avere i
mesi contati. No al ritorno del
nazionalismo e del protezionismo, ha
tuonato l’ex governatore della Banca
d’Italia che molti cialtroni italioti
vorrebbero issare al Colle quando
Napolitano deciderà di farsi da parte per
sopraggiunti limiti di età.A ribadire che,
finitalacontrapposizionetraEsteOvest,
tra Comunismo ed una presunta
Democrazia, l’attività prevalente della
maggioranza dei politici italiani sembra
essere quella di ricercare occasioni di
consensi da parte del mondo dell’Alta
Finanzainternazionalechenecessitadiun
grande Mercato unico globale per
realizzareipropridisegni.
Una strategia che prevede la
scomparsa degli Stati nazionali,
l’abbattimento di ogni frontiera, la fine
dei dazi doganali, la cancellazione delle
peculiarità in campo agricolo ed
alimentarechedifferenziano,adesempio,
unPaesedelSudEuropacomel’Italiada
quelli dell’area Nord, nei quali, anche in
conseguenza del clima, ci sono limitate
offerte di prodotti. Ed ancora, si tratta di
unastrategiacheimplicalapossibilitàper
icapitalifinanziari,compresiovviamente
quelli virtuali, di muoversi a proprio
piacimento per speculare su questo o su
quel titolo pubblico o privato. Uno
scenario nel quale gli Stati nazionali e i
rispettivi governi sono soltanto di
ostacolo ai disegni dell’Alta Finanza e
dellemultinazionali.
In questo quadro, Draghi, in senso
negativo, rappresenta l’uomo giusto al
posto giusto. Il suo passato professionale
lo testimonia. Da direttore generale del
Tesoro, un’altra carica da lui purtroppo
ricoperta, gestì le privatizzazioni di
aziendepubbliche,comeTelecomedEni,
avviate dai governi Prodi, D’Alema ed
Amato nella seconda metà degli anni
novanta.Edancheinquestasuaattivitàdi
smantellamento dell’apparato industriale
pubblico italiano, perché di questo si
trattò,Draghifuperfettamentefunzionale
dallestrategiemondialiste.
Restacomunqueassurdocheaguidare
la Bce sia stato messo un tecnocrate di
cultura e di interessi anglofoni, un
banchiere della Goldman Sachs. Una
bancachehaspeculatoamanbassacontro
i titoli pubblici italiani, spagnoli e
portoghesi, con il preciso fine di
indebolire l’euro e impedirgli di divenire
una moneta alternativa al dollaro nella
transazioni internazionali. E questo, al di
là di ogni giudizio negativo che si deve
esprimere sull’euro per la povertà e la
disoccupazione che ha diffuso in tutta
Europa. Così, fedele al compito che gli è
stato affidato, Draghi ha continuato nella
sua tirata, richiamando i soliti principi
tipici della tecnocrazia che continua nel
suo progetto di creare un governo
mondialecapacediimporreatuttiiPaesi
il proprio volere con la forza delle armi.
Un governo mondiale del quale quella
ventilatastrutturaeuropeabicefala,Bcee
Commissione,rappresentaunadelletante
diramazioni.
A Draghi e ai suoi complici e sodali
importa poco o niente che i cittadini
europei, nel cui interesse dicono di agire,
ne abbiano abbastanza di essere trattati e
considerati come sudditi e di essere
costantemente derubati dalle politiche
economiche dei governi europei,
trasformatisi volontariamente in agenzie
di affari dell’Alta Finanza. Alla
tecnocraziaeuropeaedinternazionalenon
fa dormire la possibilità che questi
cittadiniirritati votino per movimenti
definitisprezzantemente“populisti”eche
ilprossimoEuroparlamentoadottimisure
che vadano a colpire gli interessi della
speculazione.
Nell'agenda europea non c'è posto per
un ritorno al nazionalismo e al
protezionismo, ha tuonato insomma
Draghi.Comesefosseluiadeciderecosa
i cittadini debbano pensare e quali
parlamentarimandareaStrasburgo.Ivari
LePeneGrillo,eilorocolleghidell’Est,
al di là delle singole caratterizzazioni e
dei loro errori e difetti, rappresentano il
segnaleevidentediunmalessereediuna
rabbia diffuse che possono esplodere in
ogni momento, cancellando i progetti dei
tecnocrati. È patetico quindi che Draghi
ricicli le sue ricette per lo sviluppo e la
crescita economica. Come l’unione
bancaria,iltagliodeldebitopubblicoela
riduzione del disavanzo, un mercato del
lavoro più precario e più flessibile per
aiutarelacompetitivitàdelleimprese.
Finora,lemisureimpostedaBruxelles
e da Francoforte hanno semplicemente
diffuso miseria e disoccupazione,
permettendoaigrandigruppiindustrialie
alla finanza di muoversi indisturbati. Le
altre misure che Draghi e i suoi complici
suggeriscono e stanno cercando di
imporre determineranno una crisi e una
povertàsenzaprecedenti.
Effetti tali, peraltro, da creare altro
terreno fertile per il successo di quei
partitichelatecnocraziatemepiùdiogni
altracosa.
IreneSabeni
L'eticadi"Opus
GoldmanSachs
Dei"
12 DICEMBRE 2013
Il diavolo e l'acqua santa. Il denaro
sterco del demonio. Gli pseudo opposti
chesiincontranoesisuggerisconoregole
di comportamento. Con tanti saluti alla
nuova linea della Chiesa attenta alla
povertàconlaqualeFrancescoIhavoluto
caratterizzareilsuoPontificato.
La Pontificia Università Santa Croce,
chedipendedall'OpusDei,hadecisochei
suoi studenti, futuri sacerdoti, debbano
conoscere l'economia e la finanza, per
comprendere meglio il senso del proprio
apostolato e dove esso debba indirizzarsi
nel sociale. Fino a qui, niente di
trascendentale.Nonsivivedisolospirito
e poi, come si dice in certi ambienti, il
cibo materiale deve poter trasformarsi in
cibo spirituale. Non sarà più sufficiente
quindi agli studenti dell'Opera fondata da
Escrivà de Balaguer essere in grado di
maneggiare la teologia, la filosofia, il
diritto canonico e la comunicazione. Da
qui l'idea di creare un corso denominato
“Economics for Ecclesiastic” grazie al
quale, questo è l'intendimento, i futuri
sacerdoti non si troveranno troppo isolati
dalmondoreale.
Il problema sta nella personalità del
professore che erudirà le future tonache
sulsignificatoeticodell'economiaedella
finanza nel mondo contemporaneo. Sarà
infatti Brian Griffiths of Fforestafch, un
cognome impronunciabile che è tutto un
programma,adintrattenereglistudentisu
“Lesfideeticheeculturaliperlafinanza
contemporanea”.
Ilpuntoècheilsignoreinquestioneè
stato vice presidente esecutivo di
Goldman Sachs International, ossia della
banca di affari che nell'immaginario del
cittadino medio Usa rappresenta il
simbolo stesso della più schifosa
speculazione che strozza i piccoli
risparmiatori e crea le condizioni per
portarglivialacasa.
InItalia,comeinEuropa,laGoldman
Sachs è la banca che ha speculato a man
bassa contro i titoli di Stato, i Bonos
spagnoli e i Btp italiani, con l'intento di
affossarel'euro.Insomma,BrianGriffiths
of Fforestafch è un banchiere che vanta
non poche responsabilità nell'avere
contribuito ad aggravare una situazione
interna,comequellaitaliana,giàdipersé
grave per l'altissimo debito pubblico. È
quasisuperfluoaggiungerecheGriffithsè
membro della Camera dei Lords
(appartiene quindi alla nomenklatura
inglese) ed è stato consigliere di
MargarethThatcherperleprivatizzazioni
e per deregolamentare il mercato interno.
Si tratta di uno di quei tecnocrati che
sostienelacreazionediungrandemercato
globalesenzavincolidifrontiereedidazi
doganali.Unmercatoglobalecheimplica
la cancellazione degli Stati nazionali e la
loro sottomissione ad un complesso di
strutture sovranazionali, di fatto in mano
all'AltaFinanza.
Una strategia che il mondo cattolico
dovrebbeteoricamentevedereconostilità.
Questo in teoria perché ci sono, e non
sono pochi, banchieri cattolici che
sognano lo stesso traguardo, sia pure con
una attenzione paternalista verso i poveri
egliemarginati.
E in Italia i banchieri legati all'Opus
Deisonomoltiepotenti,anchesespesso
quasisconosciutialgrandepubblico.Trai
più noti svetta Antonio Fazio, ex
governatore della Banca d'Italia. In
Spagna, fa parte dell'Opus Dei, il
presidentedelBancodiSantander,Emilio
Botin. Questo per dire che non esiste una
finanza “laica” e una finanza “cattolica”
maesistesoltantounafinanzacherealizza
affari e profitti e intende continuare a
farli.Comedimostral'enormepatrimonio
mobiliare e immobiliare della chiesa
cattolicaedellesuetantediramazioni.
Ma nemmeno i protestanti scherzano
visto che Griffiths ha presieduto in
passato il Lambeth Fund, controllato
dall'arcivescovo di Canterbury. Ed allora
questo connubio tra Opus Dei e Goldman
Sachs trova la sua ragione di essere nel
medesimo approccio universalista. Del
resto il capitalismo liberista si è sempre
fatto forte, basti vedere Max Weber, di
una profonda impronta evangelica e
biblica. Ma l'Opus Dei non è l'unica
struttura in ambito cattolico a tenere
buoni rapporti con certi ambienti e ad
allevare futuri banchieri. Mario Draghi,
anche lui un ex Goldman Sachs, ha
studiato dai gesuiti. E questo non gli ha
impedito di caratterizzare la sua attività
nelladirezionedirafforzareilpoteredelle
bancheedellafinanzaealtempostessodi
impoverire i cittadini italiani ed europei,
comesappiamoormaiamenadito.
IreneSabeni
Larivoltadei
Forconiolalottadi
classedelterzo
millennio
12 DICEMBRE 2013
Leparolecontenuteinunrecentepost
di Beppe Grillo, di cui riportiamo
brevemente uno stralcio in apertura, sono
inequivocabili, ma vanno intese ben oltre
ilmomentoelecircostanzepreciseperle
qualisonostatepronunciate.
«Vi chiedo di non proteggere
piùquestaclassepoliticacheha
portato l'Italia allo sfacelo, di
non scortarli con le loro
macchinebluoalsupermercato,
di non schierarsi davanti ai
palazzi del potere infangati
dalla corruzione e dal
malaffare. Le forze dell'Ordine
non meritano un ruolo così
degradante. Gli italiani sono
dalla vostra parte, unitevi a
loro».
BeppeGrillo
Quello dei Forconi viene considerato
da i benpensanti come un fenomeno
irrilevanteperché“populista”.Isalottidel
Partito Democratico sono stati troppo
impegnatiagonfiareilnumerodivotanti
alleprimarie.SulprofilodiRenzinessuna
rigadovesiparladeilavoratoriinpiazza.
Ilnuovosegretariopreferisceparlaredella
sua squadra di governo composta
principalmente da donne e giovani. Nelle
democrazie di spettacolo e di opinione è
controproducente nominare persone che
provengono dal mondo del lavoro
produttivo, meglio abbandonarsi a queste
pseudo-categorie borghesi. I giovani e le
donne.
Angelino Alfano del Nuovo Centro
Destra avverte che il governo della
miseria«nonconsentiràchelecittàsiano
messe a ferro e fuoco». Il ministro Lupi
condanna la protesta perché «non
giustificata».
«Smettetela,
state
sconvolgendo la vita della gente»,
esclama a gran voce il sindaco di Torino
Piero Fassino. Silvio Berlusconi invece
dopo aver screditato due anni fa i primi
sollevamenti nel Sud Italia invoca adesso
undialogo.
QuellocheèsuccessoRho,uncomune
di50milaabitantiinprovinciadiMilano,
è la cornice di quanto sta succedendo in
questi giorni e non merita un
disinteressamento da parte delle
istituzioni e della società civile. Mentre i
manifestanti innalzano la protesta, i
poliziotti si tolgono i caschi e li scortano
pacificamente. «Tutti insieme, tutti
insieme» urlano in centinaia. Poi «Italia!
Italia! Italia!». Gli applausi della folla.
«Sietecomenoi».
Lostessoaccadeinaltrecittàitaliane,
tuttavia i video che testimoniamo
l’accaduto non fanno unanimità tra
questure e sindacati. Le voci sono
discordanti. C’è chi dice che fosse un
gestofattoperpura“prassi”,machicome
il Sindacato Italiano Unitario Lavoratori
Polizia (Siulp) che in un comunicato
sottoscrittodalSegretarioGeneraleFelice
Romano dal titolo “Plauso ai colleghi,
monito a politica e palazzi”, ha
sottolineato la «totale condivisione delle
ragioni a base della protesta odierna di
tutti i cittadini che hanno voluto gridare
basta allo sfruttamento e al soffocamento
deilavoratoriedellefamiglieitaliane».
Nessunoèsolo.IForconisonotantie
stanno invadendo le piazze d’Italia.
Torino, Genova, Treviso, Palermo,
Catania, Napoli, Ferrara, Benevento,
Roma, Milano, Bari, Arezzo ma anche
piccolicentriesnodiautostradali:daSud
(dov’ènatanel2012)alNordlaprotestaè
un fulmine che deve richiamare
l’attenzione di tutti. Contro il governo
delle tasse, del carovita e delle banche ci
sono tutti. Dai piccoli imprenditori ai
disoccupati,daipiccolicommerciantiagli
studenti,
dagli
allevatori
agli
autotrasportatori, e ancora operai,
cassintegratiepensionati.
In piazza c’è il corpo produttivo del
Paese, quello che il filologo e storico
Georges Dumézil (1898-1896) ne
“L’ideologia tripartita” chiamava la
funzionedei“laboratores”.Unmovimento
autonomo, spontaneo, nato dal basso con
l’aiutodellarete,cheharifiutatolesigle,
l’inganno della dicotomia destra/sinistra,
boicottandol’intermediazionedisindacati
epartiticollusiconilsistemaoligarchico.
Nessuno “sponsor”, nessun esponente
dello Star System, non c’è la Cia, non ci
sono Organizzazioni Non Governative a
sostenereimoti.Larivoltadei“Forconi”
non richiama in nessun modo le
rivoluzioni colorate svoltesi in Serbia nel
2000, in Georgia nel 2003 oppure in
Ucraina nel 2004, come non assomiglia
alle
tante
manifestazioni
cinematografiche dove chi protesta
indossa la maschera di “Guy Fawkes”.
Quella dei “Forconi” è una rivolta di
popolo di natura trans-ideologica e
interclassista. È il sollevamento dei ceti
produttivi che mira al ribaltamento della
classe dominante, quella che un tempo
chiedeva i tributi ai contadini e dagli
artigiani e che oggi reclama denaro nel
nome della “responsabilità”. «Una classe
di parassiti – scriveva già Engels a fine
Ottocento –che si porta via il meglio
della produzione sia indigenza che
straniera,acquistarapidamentericchezze
el’influenzasocialecorrispondente».
SebastianoCaputo
L'analisi su questo movimento e sui
fatti recenti va ovviamente approfondita.
Nonmancheremodifarloabreve.(red)
Forconi,detonatori
eipocrisie
13 DICEMBRE 2013
Ribellarsi è un dovere. No all'Europa
dellebanche,noalgovernodelletasse.Il
popolo è sovrano. Ora basta siamo alla
fame. Queste le scritte sugli striscioni
issati dai manifestanti di quello che è
stato sintetizzato come “movimento dei
forconi”edaglialtrigruppichesonoscesi
in piazza con l'intenzione di bloccare il
Paese.
EnricoAspenLetta,fedelealcopione,
aveva auspicato ed ammonito che la
protesta non degenerasse in scontri di
piazza come in diversi casi si è invece
verificato. Il nipote di cotanto zio ha
affermato,allarmato,cheinItaliasiamoa
rischio ribellismo. Sai che scoperta. Per
poi aggiungere con poco senso del
ridicolocheilgovernostadallapartedei
cittadinienonvuoletrascurarei“segnali
diinquietudine”.
Inquietudine? Letta evidentemente o
non conosce la realtà o non conosce il
significatodelleparole.Epretendequindi
cheicittadini,semprepiùpoveriesempre
più disoccupati, se ne stiano zitti e buoni
senzascendereinpiazzaalzandolavocee
a volte per menare pure le mani. «I
manifestanti
rappresentano
una
minoranza», ha aggiunto il capo del
governo baloccandosi con la sociologia e
con la logica ed emettendo un giudizio
drasticosullecauseeconomiche,emotive,
psicologicheepolitichechehannoportato
in piazza tante persone. Si tratta, ha
spiegato, «di un emergere di sentimenti
populisti ed anti-europei all'interno dei
quali la richiesta di un ritorno sl
protezionismo
si
sta
facendo
pericolosamente strada». Guarda caso, la
stessa analisi svolta giorni fa da Mario
Goldman Sachs Draghi. «L’Europa è il
nostro futuro », ha insistito, «e il nostro
presente. Indietro non si torna, non ce lo
possiamo permettere. Un Paese come
l'Italia, o come la stessa Germania, è
troppo piccolo per affrontare da solo, e
senza l'euro, le sfide che ci troviamo di
fonte e la concorrenza di realtà come la
Cina che si sta avviando a diventare la
prima potenza economica globale». E qui
casca l'asino perché i vari Letta, zio
(consulente di Goldman Sachs) e nipote,
Monti e Prodi (anche loro legati alla
banca di affari e di speculazioni Usa) ed
infine Draghi, non riescono a vedere
(ovviamente) altro destino di quello al
quale stanno attivamente collaborando.
Un grande mercato globale sul quale
possano essere spostati a piacimento
materie prime, merci, prodotti finiti,
ovviamente i capitali e i lavoratori, ma
all'interno
del
quale
perdono
progressivamente peso ed importanza le
peculiaritànazionaliincampoagricoloed
alimentare.
Non è un caso che questa volta il
movimento dei forconi abbia preso il via
dal tentativo di bloccare alle frontiere
l'arrivo dall'estero dei Tir contenenti
prodotti alimentari che nel nome e nella
confezionefannoilversoaiprodottitipici
italiani. Il famigerato Parmesan è un
tipicoesempiodiquestatendenzachenei
PalazzidellaCommissioneeuropealascia
indifferente la tecnocrazia, molto più
preoccupata delle proteste dei piccoli
agricoltori, arrabbiati sia con il governo
che con Bruxelles. Del resto, perché
stupirsi? Da decenni la tendenza
prevalente alla Commissione Agricoltura
dell'Unione Europea è quella di
penalizzare i prodotti dell'area Sud,
Francia, Spagna, Italia e Grecia,
caratterizzati da una grande varietà e da
unaampiaofferta.Esemplareintaleottica
èildestinodell'oliodiolivaperilqualesi
è cercato di fare passare l'idea che non
fosse importante la provenienza del
prodottodibasemaalcontrariolazonadi
imbottigliamento. Una scelta che mette
sullo stesso piano l'olio del Maghreb
imbottigliato in Europa e fatto passare
comecontinentale.
Una strategia che vuole sostenere al
contrario l'industria trasformatrice, in
particolare quella del latte, e gli interessi
delle multinazionali di Paesi come la
Germaniael'Olanda.
Una strategia nella quale la questione
delle multe ai produttori italiani, e non
solo loro, le famigerate quote latte,
rappresentaunaltrotassellodiundisegno
che l'idiozia della politica italiana sta
alimentandoadarte.Undisegnostudiatoa
tavolinocheèdimostratodalfattochedal
1973adogginessuncommissarioeuropeo
è appartenuto all'area Sud dell'Unione.
Unarealtàcheparladasola.
Così, quanto sta succedendo con i
movimenti dei forconi e simili non è il
manifestarsi
di
undisagio, come
sostengonoLettaesoci,madiqualcosadi
moltopiùforte.Poi,comesuccedespesso
in Italia, ci sono sicuramente forze che
intendono cavalcare la piazza a proprio
vantaggio e per i propri altri e differenti
fini, ma questo è un altro problema che
non ha nulla a che fare con la rabbia che
staalimentandolaprotesta.
Una rabbia contro la Commissione
europea e la Bce che stanno accentuando
lo sfascio economico del Paese e contro
un governo e una politica che, bisogna
ribadirlo in ogni circostanza, sono loro
complici.
IreneSabeni
WebRadio:daiche
celafacciamo!
14 DICEMBRE 2013
Occorre insistere, assolutamente.
Perché la WebRadio oltre che a noi è
mancata evidentemente a tanti ascoltatori
e lettori che l’avevano seguita sino al
giorno stesso della sospensione delle sue
trasmissioni.
Cenesiamoaccortidalleemailedalle
diverse iniziative e testimonianze (e
interventi!) che abbiamo ricevuto nelle
settimanepassate.
Èilmotivoperilquale,purancoranel
pieno della tristezza per aver dovuto
interromperci di colpo, abbiamo riaperto
subito la discussione sul sito, per vedere
sesarebbestatopossibileripartire.
Allora, i risultati del sondaggio che
abbiamo pubblicato giorni addietro
sonoincoraggianti.
Eccoli:
il79%dichiharisposto
accetterebbecheilsitodellaradio
(dellasolaradio)ospitasse
pubblicitàpurdifarriprenderele
trasmissioni,elastessapercentuale
sarebbedispostaacliccaresui
bannerpubblicitaripersostenere
Raz24;
il74%sosterrebbeun
abbonamento/contributomensile
purdipotertornareadascoltarela
radioelesuetrasmissioni;
fatto100iltotaledellerisposte
positive,il38%potrebbesostenere
con5euroalmese,il29%con10
euroalmeseeil7%con50euroal
mese;
perquantoattienealledonazioni
unatantum,il53%harispostodi
nonesseredispostoafarle,mail
40%sitasserebbecon100euro,il
5%con500eil2%con200euro;
soprattutto,infine,il71%è
dispostoaimpegnarsipertrovare
altrifinanziamentiperla
WebRadio.
Cisonodunqueinumeripertentare.
Perché di una cosa siamo profondamente
convinti: la WebRadio è il mezzo adatto
per“aprire”ilnostroprogetto.
Il dato di fatto è che oggi moltissime
persone non amano leggere, specie se di
trattaditesticonungradodicomplessità
superiore agli standard attuali, che sono
obiettivamente assai modesti. Soprattutto
in prima battuta, quindi, sembra
preferibile utilizzare delle forme di
comunicazione
più
incentrate
sull’emotività, come permette appunto di
fare la radio grazie alla maggiore
immediatezzadelparlatoeall’aiutodella
musica. Creato questo coinvolgimento
istintivo, c’è da sperare che si accenda
anche una curiosità intellettuale, facendo
venire voglia di scavare più a fondo
attraverso gli articoli che pubblichiamo
sulgiornale.
L’altra grande ragione per cui
vogliamo puntare sulla web radio è che
riteniamo necessario, oggi più che mai,
insistere
sulle
nostre
tematiche
fondamentali a cadenza quotidiana, ossia
conlamassimatempestivitàpossibile:c’è
bisogno di analizzare continuamente le
dichiarazioni ingannevoli e i messaggi
distorti che i media mainstream
propinano, di interpretare quello che
accade, di offrire insomma un antidoto
costante a tutta la manipolazione con
cuicercanodistordirci.Perfarlosideve
poter intervenire in modo rapido,
praticamente un istante dopo a quello in
cuiseneponel’esigenza.ElaWebRadio,
la diretta, i live quotidiani, sono i mezzi
adattiperfarlo.
Infine, tra settembre e novembre ci
siamo resi conto come non mai che la
radio è necessariaper non far sentire la
solitudine che prova, fatalmente, chi è
diverso
dalla
massa,
chi
è
autenticamente Ribelle e sente, perciò,
diappartenereaunmondoaltro,auna
comunità altra. Questa comunità esiste,
eccome!, e c’è bisogno di frequentarla e
cementarla. Anche a distanza, anche
attraverso dei microfoni e degli
altoparlanti.
Dobbiamo insistere. Ne abbiamo una
granvoglia.
Allora, come avevamo detto
chiaramente in precedenza, per ripartire
dobbiamo raccogliere 9000 euro per 6
mesi di trasmissioni, ovvero per pagare
lesolespesefissediemissione,gestionee
messainonda,dagennaioall’estate2014,
potendocigarantirealmenounsemestredi
attività in cui mandare i motori al
massimo. Su questa base dobbiamo poi
operare per fare in modo che il sito di
Raz24possaospitaredeilinkedeibanner
pubblicitari al fine di consentire una
ulterioreraccoltasubasemensiledifondi
necessariasostenerelespesediredazione
e le altre trasmissioni che vorremmo
mandareinonda.
Inmeritoallapubblicità,attenzione:
nell’immediato partiremmo adottando il
sistema di Google, sul quale noi, oltre a
decidere di ospitarlo sul sito, non
possiamo intervenire in alcun modo. Non
possiamosceglierel’inserzionistachepoi
sarà visualizzato sulle pagine, ma allo
stesso tempo,non avendo alcun tipo di
contatto con questi soggetti, possiamo
manteneredeltutto-deltutto!-lanostra
indipendenza. Ma è un discorso
superfluo, per voi che ci conoscete da
tempo.
L’unica differenza rispetto al Ribelle,
lo ribadiamo ancora una volta, sarà
accettare che su Raz24, pur di
sopravvivere, siano ospitate delle
pubblicità.
La soluzione originaria delnessuna
pubblicità, che pur continuiamo a
preferire, non ha funzionato e non ci
permette di proseguire, come abbiamo
visto nei mesi scorsi. Fuori di metafora,
delle due l’una: o tentiamo quest’altra
strada, oppure la WebRadio non può
ripartire.
Come funziona la pubblicità di
Google?Moltosemplice:segliutentici
cliccanosopra(esoloselofanno)anoi
vengono accreditati alcuni centesimi di
europerogniclick.
Siamo consapevoli (figuriamoci…)
cheperlamaggiorpartedeinostrilettori
e ascoltatori questi link pubblicitari non
avranno alcun interesse e, anzi, daranno
noia,mac’èunmodo-unmodo“ribelle”
-attraversoilqualeconsiderarliepoterne
beneficiare:anche se non ve ne importa
un accidente, cliccateci sopra lo stesso.
Il vostro click non farà altro che
“prelevare” denaro da loro e girarlo
versoilnostroprogetto(pervoiacosto
zero).
Come dire:sfruttiamo il nemico per
finanziare la nostra battaglia contro di
lui.
Non c’è bisogno di aggiungere altro,
veroguerriglieri?
Attenzione: ciò non significa che si
debba cominciare a cliccare a più non
posso sui vari link pubblicitari che
troverete sul sito di Raz24. Il Grande
Fratello se ne accorgerebbe presto e ci
bannerebbediconseguenza.Mainsomma,
se cliccherete sui banner con discrezione
(econla“periodicità”cheinognicasoci
serve)magaripossiamoingaggiarequesta
battaglia e vincerla. (E per favore: non
copiate e incollate questo post, che
rimanga tra noi e dietro la barriera del
nostrogiornaleperabbonati).
Dunque:comeprocediamo?
Intrefasi,dasubitoerapidamente.
Un o :prepareremo un form per la
raccolta di fondi dandoci una scadenza
dicirca20giorni.Searriviamoallacifra
base
necessaria
ripartiamo
immediatamente (mentre in caso
contrario, ovviamente, restituiremo tutto
il denaro a chi ce lo avrà versato sulla
fiducia).
Du e :predisponiamo anche il form
per
sottoscrivere
gli
abbonamenti/contributi mensili alla
radio.
Tr e :lavoriamo da subito (e questa
volta la fiducia è nostra nei vostri
confronti)per approntare il nuovo sito
diRaz24.
Se tutto andrà a buon fine, a inizio
gennaio riapriremo i microfoni. E il sito
diRaz24diverràaquelpuntotuttociòche
ci necessita per rimanere in contatto
giorno per giorno. E, se vorrete, per tutto
il giorno. Da un lato con le trasmissioni
vere e proprie, come “C’è qualcuno lì
fuori?” e “La Controra”. Dall’altro con
aggiornamenti e segnalazioni a getto
continuo.
Bene. Noi siamo pronti a stringere
questo nuovo impegno, reciproco, con
“ciascuno di voi”. Ci basta la base
economicapersostenerelespeseviveper
almeno sei mesi. Per il resto ci daremo
dentro a più non posso e poi alla fine di
questa campagna semestrale, ossia a
inizioestate,tireremolesomme.Haivisto
mai che, in luogo del giornale che non è
riuscito a crescere e a diffondersi come
vorremmo, non possa essere la radio a
permettere di divulgare ancora di più il
progetto avviato nell’ottobre 2008 con il
mensile.
Raz24 diventa la nostra nuova
missione. Chi è disposto ad
abbracciarla?
StayTuned,
LaRedazionetutta
PSIlRibelle,ilgiornale,noncambia
di un millimetro. Lì rimangono e
rimarranno le analisi scritte e gli
approfondimenti.Èunprodottoeditoriale
-ormaineabbiamolacertezza,dopooltre
cinque anni di attività - che ha i suoi
limiti perché è riservato a persone con
caratteristiche precise: devono essere
consapevolidellanecessitàdiusufruiredi
una
informazione
e
di
un
approfondimento differenti da quelli di
massa; devono aver capito che ciò che
pubblichiamononsitrovaaffattoaltrove;
devono avere attitudine alla lettura e alla
riflessione,piùcheaffidarsiall’emotività;
devonoaverintroiettatolaconsapevolezza
di dover pagare in prima persona,
mediante un abbonamento, per poter far
continuare a vivere una realtà del genere.
Edevonoavereabbastanzasoldiperfarlo.
Sono caratteristiche che, messe
assieme, identificano un tipo di persona
che al momento apparein via di
estinzione,purtroppo.Edèilmotivoperil
qualeilgiornaleIlRibellenonècresciuto
come pensavamo. Dobbiamo pur
prenderneatto,dopooltreunquinquennio
diattività.Eallora,ancheinquestocaso,
delle due l’una: o ci accontentiamo della
“riservaindiana”cheilRibelleloleggee
lo sostiene, oppure (ri)proviamo ancora
unavoltaad“aprire”iltuttoattraversola
WebRadio.
In altre parole: i risultati ormai
consolidati ma insufficienti del giornale
nonsonounbuonmotivoperdesistere,o
pernontenerenellagiustaconsiderazione
chiincarnaquellettoretipocheoggièuna
rarità, e che però dovrebbe diventare la
norma in un paese civile.Al momento si
tratta di poche centinaia di persone, ma
finchécenesarannoilRibellecontinuerà
avivere.
Per il resto, come detto, dobbiamo
assolutamente puntare sulla WebRadio, e
su“tuttiglialtri”.
Natale2013.Eccoa
voiRenzie-theRebel
16 DICEMBRE 2013
Renzi come la Barbie: il pupazzetto
base resta sempre lo stesso – così ci si
affeziona e quelli del marketing non
devono ammattirsi per imporre, ogni
volta, un personaggio tutto nuovo – ma
viene proposto in innumerevoli versioni
successive.
Per quanto riguarda Matteo/Matthew
(checonquelnomesembrauscitoproprio
dalleindustriedellaMattel,laproduttrice
della suddetta Barbie, e già da tempo è
stato satireggiato di conseguenza)
l’ultimo della serie lo hanno presentato
ieri, con una raffinata tecnologia che lo
faceva sembrare in carne e ossa ma che
non poteva bastare, evidentemente, a
evitare il ridicolo: “Renzie the Rebel”,
ovvero “il Furore di Twitter colpisce
ancora”. Tra le molteplici funzioni del
giocattolo, infatti, c’è quella di
snocciolareunaseriedifrasette,etalvolta
di veri e propri slogan, appositamente
studiati per assecondare il target di
riferimento, che è quello degli elettori e
simpatizzanti del Pd. Una bizzarra genia,
chenondiradosembrainviad’estinzione
ma che purtroppo non riesce a portare a
termine neanche questo modestissimo
impegno, perennemente bisognosa di
sentirsi coinvolta in qualcosa di
(apparentemente) grande. E capacissima,
perciò, di entusiasmarsi per chiunque le
trasmetta un brividino di mobilitazione
collettiva, fossero pure due assi della
Camomilla Cup come Romano Prodi e
WalterVeltroni.
Così,
prima
della
prevedibile/inevitabile
pausa
in
coincidenzadellefestivitàdiNataleefine
anno, “Renzie The Rebel” scandisce
questo
bel
discorsetto,
rivolto
direttamenteaGrillo:«Noisiamoprontia
rinunciare ai rimborsi elettorali. Però tu
ti impegni a cambiare la legge elettorale
insieme a noi. Se non lo fai, sei un
chiacchierone. Beppe firma qua». La
tonante conclusione, figurarsi, diventa
l’ennesimohashtag:#Grillofirmaqui.
Il contrattacco non si fa attendere. E
poiché il circo è comunque lo stesso –
dove tutti i contendenti sono talmente
smaniosi di strappare l’applauso da
strainfischiarsene del fatto che per alzare
il livello della politica italiana
bisognerebbe, preliminarmente, farla
finita con queste sciocchezze – arriva
nelle
medesime
forme:
#renziecaccialagrana.
Essendoquestoilclima,ilpeggionon
hamaifine.Vedi,restandoinambitoPd,
la scelta della colonna sonora, che è
sempremenodaradioliberaesemprepiù
danetwork:nel1996l’Ulivoinalberavala
potente “Canzone popolare” di Ivano
Fossati; in questo 2013 si è passati dallo
zuccheroso “Inno” di Gianna Nannini,
selezionatodaundeejayanzianottocome
Pierluigi
Bersani,
all’accattivante/irrilevante
“La
tua
canzone” dei Negrita, utilizzata ieri dal
neosegretarioperchéneltesto,siapurein
unachiavechehapocoonulladipolitico,
compare a più riprese il quasi ritornello
«restaribelle,nontibuttarevia».
Musichetta per musichetta, molto
megliolavecchiahitdegliAqua:"Barbie
Girl". Che, se non altro, era ironica e
divertente.
FedericoZamboni
Eallora
chiamiamolo
Decembrismo
16 DICEMBRE 2013
Olarivoltadelcetomedioimpoverito
edesasperatodallaglobalizzazione.
A loro non piace essere chiamati
“forconi” e hanno ragione, visto che
questo è il nome del movimento di
agricoltori siciliani, una ma non certo
l’unicafralesiglecoinvoltenellaprotesta
deicaselliautostradali.
I decembristi sono un agglomerato di
lavoratoriinproprio,piccoliimprenditori,
artigiani, commercianti, autotrasportatori,
il cosiddetto “popolo delle partite Iva”,
più disoccupati, sottoccupati, studenti,
curiosieincazzatidiognirisma.
Doveva terminare venerdì 17, la
protesta,einvecehaproseguito.Ilmotivo
è semplice: ha avuto successo,
intercettando un bisogno diffuso, perché
estesaèlasuabasesociale,ilcetomedio
proletarizzato. O meglio: pauroso di
proletarizzarsi, perdere potere sociale ed
economico,conlasensazione,cheèpiùdi
una sensazione, di soccombere alla crisi.
Cinque lunghi anni di recessione, con il
quadro
politico
e
istituzionale
permanentemente precario ma immobile
(ipartitielesiglecambianoognianno,le
facce restano uguali) ed una tassazione
rimastaalivellidaesproprio,tuttoquesto
ha composto la miscela che ha creato
simpatia e consenso ad una protesta
organizzatadarealtàminoriesettoriali.
Il primo dato da sottolineare, dunque,
è che padroncini e lavoratori autonomi
hannovintol’atavicaostilitàperlaperdita
diorelavorativeerelativoincasso,taleè
la motivazione che anima la loro rabbia.
Una minoranza rumorosa che solo un
cretino può liquidare come una massa di
neofascisti. Non perché formazioni e
singoli di evidente fede neofascista non
sianopresentifraidimostranti.Maperché
1)mancanounsoggettopoliticotrainante
euncentrodecisionale:perunochespara
l’idea (farneticante) di una “transizione
militare”, altri la respingono, e i
movimenti e le associazioni promotrici
sparseperl’Italiasonodifferentifraloro,
per interessi e linee di fondo; 2) manca
unapiattaformadiobbiettiviinpositivo:a
parte sloggiare l’intero establishment
dallepoltrone,nonc’èunbarlumed’idea
per il dopo; 3) le violenze sono state
minoritarie e circoscritte, in giro per le
strade non c’è un partito armato di
squadracce, quindi certi paragoni storici
non reggono; 4) la tipologia sociale dei
manifestantipescaapienemani,semmai,
nell’elettorato genericamente di destra
chehavoltatolespalleaPdleLegaNord:
definireunpotenzialebacinodimilionidi
simpatizzanti come tutti “fascisti” fa
ridere,amenodinonesserevittimediuna
propriaossessione,ilfascismoeternoalle
porte, mentre nella Storia le esperienze,
fortunatamente,nonsiripetonomai;5)si
ingigantiscono ad arte affermazioni o
episodi per evitare la fatica di capire le
ragionidifondodeiblocchi.
Prendiamol’intervistaaRepubblicadi
uno dei portavoce del movimento,
l’agricoltore Andrea Zunino: più che
fascista, è uno che non sa quel che dice,
quando dice che Hitler si sarebbe
«vendicato con l’antisemitismo del
voltafaccia dei suoi iniziali finanziatori
americani». Dovrebbe leggere un po’ di
più, Zunino, così scoprirebbe che l’odio
per gli ebrei in Germania aveva radici
moltopiùanticheeassommavapregiudizi
molto più profondi, ahinoi, non era una
reazione emotiva del capo dei nazisti. E
avrebbe dovuto, soprattutto, risparmiarsi
lafrasesui«5o6banchieriebreifraipiù
ricchidelmondo»:nonperchésiaproibito
parlarne, come vorrebbe il politicamente
correttoimperante,maperchél’oggettivo
strapotere della finanza sarebbe identico
anche senza banchieri di origine o
religioneebraica.
Diquiabollarel’interarivoltaconlo
stigmadelneonazismo,però,cenecorre.
Sarebbe come definire insurrezioni neosovietiche – alla maniera dei trinariciuti
didestraspecialmenteberlusconiani,vere
e proprie capre – gli scioperi e cortei di
sindacatiemovimentidiestremasinistra.
Per tutti vale ricordare che siamo nel
2013,nonnel1933onel1917:lasocietà
italiana ed europea e l’assetto
internazionale sono completamente,
imparagonabilmentediversi.
In ogni caso, catalogare come “di
destra” chi vorrebbe meno tasse e
l’autonomia fiscale discende forse dal
fatto che la sinistra si è fatta paladina
ferocedel“tassareèbello”.Sefossimoin
Svezia, paese alquanto noioso, dove ad
unatassazionedarecordcorrispondonoin
cambio servizi efficienti a costo zero, le
buone ragioni di chi è in strada
evaporerebberoinunminuto.Maviviamo
in Italia, paese degli sprechi, della
corruzione, delle opere inutili, delle
greppie
clientelari
e
degli
assistenzialismi. Anche dell’evasione,
certo,prodottodiunsensocivicolascose
non inesistente, dei furbi che la fanno ai
fessi. Ma resta che il livello di prelievo
sul lavoro, dipendente e indipendente, è
sproporzionato,ingiusto,succhiasangue.
Al fondo, dunque, c’è l’insicurezza
economica,colsensodiingiustiziachesi
prova a dover girare allo Stato, fra tasse
dirette e indirette, ben oltre il 50% del
proprio lavoro. C’è anche molto
risentimentoversoilsistemabancario,su
su fino alla centrale continentale dei
banchieri,laBce(sinonimodiUee,perla
precisione, anche di Fmi: la famosa
Trojka). Colpa di tutto è della politica,
dicono i decembristi. Chi, di rimando,
accusa loro di aver votato o appoggiato
attivamente la destra concausa dello
sfasciopuòaverragionesulpianomorale
(cioè: ognuno si prenda le proprie
responsabilità sul passato), ma non su
quellopolitico:undelusononècolpevole
delladelusioneediaverapertogliocchi.
Il punto da cogliere, invece, è la
trasversalità dei motivi, che a parte
eccezioni uniche (Revelli sul Manifesto)
non viene riconosciuta “a sinistra”,
volendo semplificare secondo lo
schematismo novecentesco ancora in
voga. Oppressione fiscale e tallone della
tecnocrazia finanziaria, assieme alla
corresponsabilità dei governi di
centrodestra e centrosinistra, potrebbero
essereragionisottoscrivibilidachiunque,
anche da un lavoratore dipendente con
trattenuta alla fonte o da un giovane
precario flessibilizzato fin dal pacchetto
Treu (centrosinistra) e poi dalla legge
Biagi-Maroni (centrodestra) o dal
pensionando che vede allontanarsi e
assottigliarsi la pensione sull’altare dei
conti, “perché l’Europa lo vuole”. Invece
niente,ledivisionidelsecoloscorsofanno
premio sul ripensamento dovuto alla
trasformazione sociale. Gli unici che,
essendo proiettati sul futuro, hanno
l’intuizionegiustasonoglistudenti,perlo
menoquellinonmentalmentevecchi.
L’essenzialepuntopoliticopostodaii
sanculotti con ideale forcone in mano è
l’elemento decisivo: non credono più a
niente e nessuno. Grillo compreso, che
dovrebbemettersidibuzzobuonopernon
farsi sfilare lo sbocco delle giornate di
dicembre dall’ennesimo Berlusconi.
Significacheunafettadisocietàitaliana,
minoritaria ma significativa, non ha più
fiducia nell’ordinamento esistente in
blocco. E ha una confusa voglia di
ricominciaretuttodaccapomettendotutto
in discussione. Ogni evento lascia tracce
dietrodisé,equestosegnaunataccanella
progressiva disgregazione della fiducia
verso le istituzioni. Qualche casco di
poliziaariposononsignificarivoluzione.
Significherebberivoluzioneseipoliziotti
passassero dall’altra parte della barricata.
Ma barricate non ce ne sono, perché non
c’è una regìa, non c’è un gruppo di testa
chesiacapaceeabbialavolontàditentare
l’assaltoalPalazzo:ètroppopoco,troppo
presto.
C’è solo un sussulto, giustificato ma
senzacostrutto,diirapopolare.Comeuna
jacquerie anti-feudale, tuttavia ben
lontana da un 1789. Ma da dopo questo
dicembre,siamopiùfiduciosi.
AlessioMannino
Italiadarimandare,
secondoStandard
&Poor's
16 DICEMBRE 2013
Puntuale come la morte, Standard &
Poor's ha augurato buon Natale all'Italia,
concedendo al governo tre mesi di tempo
per operare un cambio di passo nella sua
politica economica e tale da innescare i
primiverisegnalidiunaripresa.
Dettoinsoldoni,lasecondaagenziadi
rating Usa ha deciso di non declassare
ulteriormenteilgiudiziosullaaffidabilità
e sulla solvibilità nel lungo termine dei
nostri titoli pubblici decennali, che già si
trovano ad un gradino appena superiore a
quello che vede l'attribuzione di titolo
spazzatura.Untitolodalqualeiclientidi
S&P dovrebbero tenersi decisamente
lontani per non correre il rischio di
ritrovarsi in mano con dei pezzi di carta
prividivalore.Èlostessogiudizio,salvo
infinitesimali sfumature, espresso dalla
primasocietàdelsettore,Moody's,chein
passatosièricopertadigloriaassicurando
chelapoifallitaLehmanBrotherserapiù
che solida, dal punto di vista sia
finanziariochepatrimoniale.
Le società di rating Usa intravedono
segnali positivi nella politica economica
del governo Letta ma essi sono ancora
troppo timidi e le misure adottate
promettono di generare effetti troppo
limitati. Intervenire sul cuneo fiscale,
ridurre cioè il peso delle tasse sul
complessivo costo del lavoro, va bene
come idea generale (nel sistema odierno)
ma è necessario trovare altre risorse per
aiutareleimpreseespingerleadinvestire
e contribuire in tal modo alla crescita
economica che in Italia tarda a venire
mentre nel resto dell'Eurozona è più
evidente,ancheseinmisuramodesta.Un
cuneofiscalealqualesidovràaggiungere
una riforma più generale dell'intero
sistema tributario. S&P osserva che
l'Italia ha fatto i compiti a casa visto che
il governo, almeno nelle dichiarazioni di
facciata, ha gettato le premesse per
portare il rapporto tra disavanzo e
Prodottointernolordoal2,5%afine2014
rispettoall'attuale3%.
S&P concede il beneficio del dubbio
all'Italiadatocheprevedechesidovrebbe
arrivare poco sotto il 3% attuale. Resta
l'altissimo debito pubblico che veleggia
trail133eil134%.Nonostantequesto,lo
spread tra Btp e Bund tedeschi resta
stabile tanto che giorni fa è sceso a 222
punti.Sitrattadiunaanomaliasullaquale
lasocietàdiratingnonsisoffermapiùdi
tantoecheèspiegabileconilruolosvolto
dal fondo europeo “salva Stati” che
compra titoli a lungo termine dei Paesi
sottopostiadattacchispeculativi.
Tanto per cambiare, S&P vede nella
solitariformadel“mercatodellavoro”la
chiaveperaprireleportedellarinascitae
della crescita. Un lavoro sempre più
precario e flessibile per aiutare la
competitivitàdelleimprese,nelquadrodi
una riforma dei mercati dei servizi e dei
prodotti. Una indicazione significativa,
quest’ultima, perché allude alla necessità
perl'Italiadismetterladivolerproteggere
lepropriepeculiaritàincampoagricoloed
alimentare ed accogliere i prodotti
similari di altri Paesi anche se taroccati.
S&P mette poi sotto accusa quello che
indicacome«unmeccanismoinceppatodi
trasmissionemonetaria»chehacreatouna
pesante stretta creditizia per le imprese
private.Appare quindi concreto il rischio
di un forte peggioramento delle
condizioni del settore finanziario con
conseguenzepureperilfinanziamentodel
settore pubblico. Previsione inquietante.
Finora infatti le banche invece di
finanziarelepiccoleemedieimpresecon
i soldi presi a prestito dalla Bce, hanno
comprato titoli di Stato legando sempre
piùilpropriodestinoaquellodelloStato
italiano.
Riforme ora e sempre è quindi la
ricetta di Standard & Poor's che chiede
soprattutto la riforma dell'energia.
Richiesta che, nell'ottica di Wall Street,
significa privatizzare l'Eni e mettere fine
al suo ruolo in Italia, nel Mediterraneo,
nel Vicino e nel Medio Oriente. Una
stradaspianata,peraltro.Dopolamessain
venditadellaquotaazionariadel4,375in
mano al Tesoro, l'unico socio pubblico
resterà infatti la Cassa Depositi e Prestiti
con un esiguo 25,7% e di conseguenza i
soci privati (per lo più esteri) saranno in
maggioranza.
L'Eni diventerà in tal modo una
succursale della Exxon? Anche questo
dobbiamo temere per un'Italia ridotta a
terradiconquista.
IreneSabeni
Israele.Anchelìc’è
lapauradel
“diverso”
17 DICEMBRE 2013
Lascorsasettimanaèentratainvigore
in Israele la legge sull’immigrazione
irregolare, proposta dal governo di
Benjamin Netanyahu, per fronteggiare
l’arrivo di migranti, nella maggior parte
deicasidiorigineafricana.Duegiornifa
ilparlamentohaemendatolanormativa–
bocciata dalla Corte Suprema – che in
origine prevedeva la reclusione fino a tre
anni per coloro che entreranno
illegalmentenelterritorionazionale.
Secondo il nuovo testo, i migranti
potranno essere detenuti per un anno,
senzaprocesso,neicentridiaccoglimento
da cui non potranno allontanarsi, né
lavorare e saranno costretti a presentarsi
tre volte al giorno di fronte ai
responsabili. Inoltre il governo di
Netanyahuhaapprovatounaumentodella
“ricompensa”(da1500a3500dollari)per
i migranti disposti a essere rimpatriati
“volontariamente”.
Gliimmigratieirichiedentiasilo,che
sonoscappatidallaguerraedallamiseria,
si trovano di fronte a un bivio: essere
imprigionatiperunannooriceveredaTel
Aviv una somma di denaro per lasciare
Israele.Epoicosafaranno?Nellamaggior
partedeicasi,tornerannoneiPaesinatiie
in seguito intraprenderanno un nuovo
viaggio della speranza, che il più delle
volte si tramuta in morte. Lo si è visto,
qualchemesefa,aLampedusa.
Inquell’occasionegliocchidelmondo
erano puntati sull’Italia e sull’ennesima
strage di innocenti. Oggi, la comunità
internazionale,chesiècommossadavanti
allebaredeimigrantichehannotrovatola
morte in cerca della terra promessa,
chiude gli occhi e gira lo sguardo da
quello che sta succedendo in Israele.
L’altra settimana, a Gerusalemme, in
parlamento, durante un’operazione di
donazioneorganizzatadallaMagenDavid
Adom, l’equivalente israeliano della
Croce Rossa, la deputata Pnina TamanoShata, di origine etiope, non ha potuto
donareilsangue.
Un responsabile di questo organismo,
filmato e registrato da una videocamera,
ha spiegato che «come indicato dal
Ministero della Salute, non è possibile
accettare il sangue degli ebrei di origine
etiope». È scoppiato subito il caso e i
media israeliani hanno rivelato che
secondo il ministero della Salute, il
sangue degli ebrei di origine etiope, che
non sono nati in Israele, rischia di
diffondere malattie, tra cui l’AIDS. Non
c’èalcunriscontrooggettivochedimostri
l’attendibilità di questa disposizione. A
prescindere il sangue è “buono” o
“cattivo”, quello degli ebrei di origine
etiopenonèben“accetto”.
Inun’intervistaallatelevisioneprivata
«10», la deputata si è scagliata contro
«questo insulto verso un’intera comunità
a causa del colore della sua pelle». «Ho
32 anni, sono arrivata all’età di tre anni
inIsraele,hofattoilserviziomilitareeho
due figli, non c’è alcuna ragione di
trattarmicosì»,sièindignata.
Pnina Tamano-Shata ha ricordato che
16 anni fa ci fu un caso simile contro la
comunità degli ebrei etiopi a
Gerusalemme,quandoleautoritàsanitarie
si liberarono, senza usarlo, del sangue
donato dai membri di questa comunità.
«Da quel momento nulla è cambiato», ha
detto. Dopo l’intervista, la Magen David
Adomsièdettadisponibileadaccettareil
sangue del deputato, aggiungendo però
chesarebbestatocongelatoenonsarebbe
statoutilizzato.
Oltre 100.000 ebrei provenienti
dall’Etiopia sono arrivati in Israele negli
ultimi 30 anni, durante quelle che sono
state ribattezzate operazioni di “Mosè” e
“Salomone”, nel 1984 e nel 1991.
Attualmente, più di 120.000 ebrei etiopi,
tra cui 80.000 nati in Africa, vivono in
Israele e sono vittime di discriminazioni.
Non possono lavorare, non possono
sposarsi con gli ebrei “bianchi”, non
possono mischiarsi con la “razza eletta”.
Discriminazione razziale? Quello che sta
accadendo in Israele ricorda tanto quello
che succedeva in America fino agli anni
Sessanta contro la comunità afroamericana.
Nel 2011 è uscito il film The Help,
diretto da Tate Taylor, che racconta in
maniera semplice e toccante la
discriminazione razziale contro le donne
nere del Mississippi, appunto nella prima
della metà degli anni Sessanta. È un film
ambientato in un paesino del Mississippi
che si chiama Jackson, dove molte donne
afroamericane
lavoravano
come
domestiche presso le famiglie bianche
benestanti e furono costrette a subire
umiliazioni e trattamenti discriminatori,
comequellodidoverusarebagniseparati
nella convinzione che le persone nere
portinomalattie.
Ilfilmraccontalalungabattagliadelle
donne
afro-americane
contro
la
segregazione razziale che in quegli anni
scindevainduetuttoilsettoredeiservizi
(trasporti, ristoranti, scuole, ospedali).
Sullo sfondo due uomini: Martin Luther
KingeBobMarley.Entrambilottarono,in
maniera diversa, per i diritti civili della
comunità afro-americana. Martin Luther
King professando quella che è passata
nella storia come la “resistenza non
violenta”. Bob Marley cantando
l’unificazione dei popoli di colore come
unico modo per raggiungere la libertà e
l’uguaglianza.
Oggi, a distanza di oltre sessant’anni,
ladiscriminazionerazzialeèunproblema
d’attualità. Ci vantiamo di vivere in una
societàmulti-razziale.Manonèvero.Ieri
era il nero a farci paura, oggi l’
“immigrato”.
FrancescaDessì
Laminaccia
nuclearetornaai
confinidell’Europa
17 DICEMBRE 2013
Mentre l’attenzione occidentale è
concentrata su Kiev, dove l’UE sta
interferendo negli affari interni e
strumentalizzando
il
nazionalismo
ucraino, al punto di riuscire a far
dimenticare i deleteri sottoprodotti delle
primavere arabe, la Russia rispolvera i
suoi missili nucleari e li schiera
nell’enclave di Kaliningrad e sulle
frontieredeipaesibaltici.
Una mossa annunciata, dopo che la
NATO non aveva mostrato alcuna
intenzione di recedere dal dispiegamento
dello scudo antimissile in funzione anti
russaenonpiùantiterrorismodeglistati
canaglia, anche se per Washington, de
facto, non esiste stato più canaglia della
Russia, che le sta imponendo il rispetto
del diritto e mietendo un successo
diplomatico dopo l’altro, proprio a spese
degliUSAedeiloroalleati.
Così,dopoavermostratolasuaabilità
discacchista,Putinmostraimuscolie,se
tutto può sembrare rientri nel normale
giocodipressionediplomatica,dicuinon
preoccuparsi più di tanto, la situazione è
più seria di quanto appaia: la Russia è,
infatti,impegnatainunbracciodiferroda
“pace fredda” con gli Stati Uniti su scala
mondialeedicuilacrisiucrainaèsoloun
tassello, importante sì, ma che vede
coinvolta più l’Unione Europea che il
nemicostatunitense.
Nella nuova corsa agli armamenti,
innescata da questo braccio di ferro,
Washingtonhaannunciatonuovestrategie
e piattaforme d’arma, che prevedrebbero
una capacità di “Global strike” rapida da
attuarsiconarmiconvenzionali.Unsimile
programmanonèunanovità,maerastato
abbandonato da George W. Bush poiché
questi temeva che il lancio di un missile
ICBM, pur se armato con testate
convenzionali, avrebbe potuto portare ad
un reazione nucleare. Adesso, però, il
Nobel per la Pace Barack Obama ha
rilanciato il progetto, grazie anche a
nuove, non specificate, piattaforme che
permetterebbero agli USA di colpire con
estremarapiditàedefficacia.
Questo,tuttavia,nonhascongiuratola
possibile escalation nucleareaccidentale,
mahaanziinnescatolapossibilereazione
nuclearecosciente della Russia: stando
all’agenziadistampaRiaNovosti,infatti,
il Cremlino, a fronte di questa nuova
strategia aggressiva di Global strike, ha
dichiarato, per bocca del vicepremier
Dmitry Rogozin, che non solo sta
«preparando una risposta» ai piani
statunitensi,macheirussi«seattaccati»,
anche se solo con armi convenzionali,
potrebbero«naturalmente»risponderecon
arminucleari.
L’avviso mandato agli apprendisti
stregoni di Washington, che stanno
cercando vie alternative ed economiche
per restituire credibilità al deterrente
militare statunitense, è chiaro e
determinato: la Russia reagirà, ad ogni
tentativo espansionista USA che vada a
minareinteressivitaledelpaese,conogni
mezzo, poco importa se verranno usate
armi convenzionali come escamotage
“giuridico” per evitare l’incubo che si
ritenevafinitoconglianni80:la“guerra
termonucleareglobale”.
Torna quindi di attualità il terrore del
Day After, film sull’olocausto nucleare
che turbò i sonni delle generazioni della
guerrafreddaechepiùdiognialtroseppe
interpretarequellostatodiansialatentein
cui si viveva. Stato di ansia che i media
occidentali cercano di non rinfocolare,
evitando di dare risalto alle dichiarazioni
del vicepremier russo ed ai piani
aggressividelPentagononeiconfrontidel
Cremlino: c’è già un problema di fronte
interno, dove il morale è minato dalla
crisi economica, che sta suscitando
sollevazioni, più o meno preoccupanti, in
diversenazionidell’Occidente.
Aggiungere
adesso
anche
la
preoccupazionediunconflittoterrificante
potrebbe
avere
effetti
talmente
destabilizzanti sulla psicologia delle
masse. Effetti che nessuna arma di
distrazione di massa riuscirebbe a
contrastare e che potrebbero essere
innesco,anchesenonalivelloconscio,di
ribellionidiffusecontroquelleoligarchie,
che, dopo aver condotto i poli al disastro
economico, verrebbero percepite come
pronte a sprofondare il mondo anche
nell’orrorebellico“globale”.
Non resta che da registrare senza
infingimenti che, sebbene sottaciuta, la
minaccia nucleare è tornata e che la
sordinamediaticacuièsottopostalarende
ancorpiùinsidiosa,ancheperchécosìnon
sipermettel’innescarsidiqueimovimenti
diprotestachelacontrastarononeglianni
della
“guerra
fredda”dichiarata.
Probabilmente le manifestazioni e le
marce di allora non sarebbero sufficienti,
oggi come oggi: per frenare l’arroganza
dell’establishment adesso ci vorrebbero
proprio quelle sommosse che il potere
teme. A condizione, però, che esse siano
radicaliegliinfligganoun“globalstrike”.
FerdinandoMenconi
Tornal'incubodel
primocolpo
17 DICEMBRE 2013
Il quotidiano tedesco Bild, citando
fontideiservizidisicurezza,rivelachela
Russia ha già installato missili a breve
gittata(finoa500km)lungoiconfinicon
le repubbliche baltiche e la Polonia. Si
tratta di missili capaci di portare testate
atomiche, molto precisi e difficilmente
intercettabili. La notizia è di quelle che
devonofarriflettere.
Una regola di saggezza raramente
osservata dice che sarebbe lungimirante
essere generosi col nemico sconfitto. Lo
fu il congresso di Vienna nel 1815 nei
confronti della Francia, dopo la resa di
Napoleone. La Francia non subì grandi
mutilazioniterritorialiefuriammessanel
consesso delle Nazioni europee a pieno
titolo,essendotornatisultronoiBorbone
che davano ampie garanzie. Questa
sostanziale mitezza dei vincitori garantì
unperiododi55anniincuinoncifurono
guerredivastaportatainEuropa.
Viceversa, a Versailles nel 1871 la
Prussia vincitrice umiliò la Francia,
provocandounrisentimentoeundesiderio
di rivincita che fu una delle cause della
Grande Guerra.A sua volta, la Germania
fupesantementepunitaeumiliata,dopola
sconfitta nella prima guerra mondiale.
L’inevitabilespiritodirivincitafuunodei
motividell’ascesaalpoterediHitler,con
le conseguenze catastrofiche per la
Germania e per l’intera Europa, che
ancora ne risente per la perdita della
propriaindipendenza.
Il crollo dell’URSS nel 1989-91, che
consegnò una Russia mutilata e stremata
alla clemenza dell’Occidente, indusse gli
USA, invece che a una saggia politica di
moderazione e di amicizia verso l’ex
nemico,aunosfrenatodisegnodidominio
mondiale,inundeliriodionnipotenza.
Le promesse di non fare entrare nelle
alleanze occidentali i paesi dell’Europa
orientale e dell’ex URSS resisi
indipendenti dalla Russia, non sono state
mantenute.Unacinturadibasiamericane
è stata installata ai confini della Russia.
Unformidabileapparatodiimpiantiradar
e di sistemi antimissile, per rendere
impossibile una risposta russa a un
eventuale attacco, è stato messo in opera
col ridicolo pretesto di proteggere
l’Europa dalla minaccia dei “terribili”
missiliiraniani.Basidotatediattrezzature
fantascientifiche vengono installate
nell’estremonorddell’Europainfunzione
antiiraniana.
Alla gravissima provocazione si
aggiunge la beffa di una giustificazione
chesuonacomeunosberleffo.
Nei decenni dellaguerra fredda un
incubo sovrastava il mondo. L’incubo di
una guerra nucleare che scoppiasse
improvvisa per la tentazione di una delle
due superpotenze di sferrare un primo
colpocheannientasselebasimissilistiche
egliaeroportidelnemico.L’impossibilità
difarealtrettantocoisottomarininucleari,
ildubbiochenessunprimocolpoavrebbe
impedito una risposta devastante da parte
delnemicoeilsensodiresponsabilitàdei
governanti dell’Occidente e dell’URSS,
evitarono che la minaccia diventasse
realtà.
Ora l’installazione delle basi
americane lungo i confini della Russia (e
della Cina) ripropone quella minaccia. In
pochi minuti il territorio russo (e cinese)
può essere colpito in profondità. Ma la
mossa della Russia di collocare propri
missili modernissimi presso le frontiere
europee,rendepossibileancheallaRussia
un primo colpo che nel giro di pochi
minuti neutralizzerebbe le basi del
nemico.
Sappiamo che tante volte nei decenni
dellaguerra fredda si sfiorò l’incidente
che sarebbe stato senza ritorno. Ora lo
scenariosiripresenta,piùinquietanteche
mai. Nel caso di una grave tensione, e la
vicenda dell’Ucraina presenta aspetti di
eccezionale gravità, potrebbe tornare la
tentazionedelprimocolpo.
L’Europa senza spina dorsale,
l’Europaservadell’Impero,èpiùchemai
inprimalinea,espostaatutteleritorsioni.
Solo la stupidità di chi ignora la storia
poteva presumere che una grande e
orgogliosa nazione come la Russia non
rialzasselatestadopoleumiliazionidegli
annidiEltsin.
Potremmopagarecaro,pagaretutto.
LucianoFuschini
LoYuanavanza.E
lacinesizzazione
anche
18 DICEMBRE 2013
La notizia di macroeconomia più
importante degli ultimi giorni è relativa
alla guerra delle valute. Ovvero a quella
guerracheèinattoormaidamoltianni,e
che ha avuto una accelerazione notevole
dallo scoppio della crisi dei mutui
subprimeaigiorninostri.
Il3dicembrescorso,inmodoufficiale
ancheselacosanonèstatasottolineataa
dovere quasi da nessuno, lo Yuan ha
superatol’Eurocomevalutadiriservaedi
utilizzoperilcommerciointernazionale.
Laportatadiunanotiziadelgenereha
due significati. Per quanto riguarda
l’Europa
rappresenta
l’ennesima
dimostrazione del fatto che la moneta in
corso legale (forzoso) nei paesi del
Vecchio Continente, malgrado la
direzioneverticisticaimpostadallaBanca
CentraleEuropea,continuaaperderecolpi
unoauno.PerquantoriguardailDollaro,
invece,lecosesonoancorapiùallarmanti
(per gli statunitensi) e determinanti (per
tuttoilrestodelmondo).
Gia alcuni giorni addietro avevamo
riportato la volontà della Cina di
dismettere in maniera consistente la
quantità di Dollari e titoli di Stato
statunitensi(quil’articolo"SelaCinanon
compra
più
Dollari").
Molto
semplicemente, in quella circostanza, la
BancaCentraleCineseavevadichiaratodi
nonvolerpiùaccumulareriserveinvalute
estere. Il che voleva e vuole significare
una cosa soltanto: lo Yuan si lancia
direttamenteallaconquistaeconomicadel
mondo. Dopo averlo fatto con le merci,
insomma, la Cina si appresta a usare
anchel'armadellamoneta.
Le conseguenze per gli Stati Uniti
sono facili da immaginare e le abbiamo
accennate nell’articolo citato. Per quanto
attiene invece alla notizia più recente, è
chiaro che essa debba essere letta nel
medesimo quadro. O meglio, come un
aggiornamentoannunciatodellostesso.
È vero, lo Yuan è ancora al secondo
posto come valuta per il commercio
internazionale,vistocheildollarorimane
pur sempre - per ora - al primo. Ma la
velocità con la quale la moneta cinese ha
superato,anzi“stracciato”quellaeuropea,
èfortementeindicativa.
Solo nel 2012 la quota di Yuan nella
finanza e nel commercio mondiale era
dell’1,89% mentre l’Euro si attestava a
7,87%. Ora, nel mese di ottobre 2013, lo
Yuan ha raggiunto la quota dell’8,66%
mentrel’Euroèscesoal6.64%.
I conti sono molto semplici: non solo
lo Yuan ha guadagnato e superato molto
l’Euro, tanto da piazzarsi al secondo
posto, appunto, ma la sua ascesa è stata
effettuatainlarghissimapartesullespalle
delDollaro.
Nelcontestogeneraleciònonèsoloun
campanello d’allarme per gli Stati Uniti,
ma impone di prendere coscienza di uno
scenario mondiale che non è più dietro
l’angolo, quanto invece ci si paventa
innanziintuttalasuarealtà.
Perché oltre Oceano sono alle prese
conl’eraYellenallaFederalReserve,con
lapoliticadiQuantitativeEasingchenon
può che continuare sulla falsariga che sta
seguendo ormai da anni e per di più non
può che essere così in un quadro che non
accenna minimamente a migliorare, visto
che,tralealtrecose,ilprossimofebbraio
cisitroverànuovamentedavantiilFiscal
Cliffsolorimandatodiuntotnella“crisi”
di ottobre-novembre scorsi. In quanto
all’Europa la situazione è, malgrado la
calma piatta che i media di massa si
ostinano a voler veicolare nelle ultime
settimane,moltodeteriorataerischiosa.
Al di là dei dati prettamente italiani
secondo i quali circa il 30% della
popolazione è a rischio povertà (e
commenteremo
i
risultati
presumibilmentedeludentidelcommercio
natalizio all’inizio del prossimo anno)
l’unico tema che tiene banco nelle sedi
europee è quello del salvataggio bancario
degli istituti in crisi. Secondo Draghi, in
una dichiarazione rilasciata durante una
audizione al Parlamento Europeo, «i
sistemi anti crisi sono inadeguati»: ciò
significa, implicitamente, che il
governatore della BCE vuole spingere
verso il varo di nuovi e “non
convenzionali” sistemi. Quali? Tra gli
altri,omeglio,soprattutto,quelloappunto
della condivisione del fallimento delle
Banche.
Ne parliamo da tempo, su queste
pagine,mabisognaribadirlo:ilbail-indi
Cipro è stata la prova generale, quindi è
passato l’accordo “europeo” sulla
condivisione dei rischi delle imprese
bancarie non solo agli azionisti e agli
obbligazionisti ma anche ai correntisti,
cioèaimeridepositanti.Eil“progetto”va
avanti.
AncheselaGermaniavisioppone,ciò
è poco indicativo. Essa è già “fuori” o
comunque in posizione molto differente
rispetto agli altri Paesi europei, e non
impiegherebbe più di qualche seduta
parlamentareadecideredilasciarel’Euro
e tornare a una moneta propria che
sarebbeovviamentemoltobenaccettataa
livello internazionale. Riuscendo, in
questo modo, ad aver avuto tutti i
vantaggi possibili dall'era dell'Euro e
lasciandotuttiglialtriPaesiconilcerino
inmanoalmomentoopportuno(evitando,
alcontempo,dilasciarel'Europadecidere
come intervenire sulle eventuali Banche
tedesche in crisi, oltre che evitando di
dover intervenire per salvare quelle
residentineglialtriStati).
È per gli altri Paesi invece che si
paventaloscenariopeggiore.Perchénella
situazione di crisi diffusa (sociale,
lavorativa, economica) in cui si trovano
pressoché tutti, una decisione sul
salvataggio diretto delle Banche da parte
della troika a incidere sui portafogli di
ognicittadinooltrechesuquellidirettidi
ogni singolo Paese, avrebbe da una parte
terrenofacilesulqualeessereapplicata(i
parlamenti nazionali non valgono e
servonopiùaunficosecco)edall’altraun
ventre molle sul quale agire.
Rappresenterebbe la mazzata finale a un
popolodepredatofinoall’ultimarisorsa.
Mentre nel frattempo, come abbiamo
visto,laCina,lasuavisionedelmondoe
dellavoro,elasuamoneta,avanzano.
ValerioLoMonaco
Cile:eoramantieni
lepromesse,
“Presidenta”
Bachelet
18 DICEMBRE 2013
Tutto è andato come ampiamente
previsto.L’excapodiStatoecandidatadi
centro-sinistra per la Nueva Mayoria,
Michelle Bachelet, è stata eletta con più
del 60% dei voti nel ballottaggio delle
elezionipresidenzialicilene.Larivaledel
centrodestra, Evelyn Matthei, ha
racimolato poco meno del 38 per cento
dellepreferenzeinunsecondoturnoilcui
dato più significativo è stata l’altissima
astensione, al 59 %. Anche questa
largamente prevista, e temuta, dagli
analisti.
IlritornodellaBacheletallaguidadel
Cile segna anche quello della coalizione
di centrosinistra, che come Concertación
aveva governato il Cile dalla fine della
dittatura di Pinochet fino alla vittoria,
quattroannifa,diPiñera.Stavoltaperòla
coalizione ha preso il nome di Nueva
Mayoria e include il Partito Comunista,
che promette di essere il pungolo della
maggioranza sulle promesse riforme in
campo sociale. Quattro anni dopo aver
lasciato il palazzo de La Moneda, la
Bacheletvirientreràilprossimo11marzo
e le sfide che la attendono sono molte.
Prima fra tutte quella di tenere fede agli
impegni presi con gli elettori, la neo
presidenta ha infatti promesso molto ai
cileni, sempre più insofferenti rispetto
alla iniqua distribuzione della ricchezza
nelpaese.
Secondo i dati dellaFundación Sol,
specializzata in temi sociali e del lavoro,
due famiglie su tre vivono con meno di
1.200dollarialmeseemetàdeilavoratori
guadagnano meno di 500 dollari al mese,
questo mentre l’1% della popolazione,
quella ricca, accumula il 30% delle
entrate complessive. Ma sarebbe
disonesto e poco realista attribuire la
responsabilità esclusiva di tutto questo ai
quattro anni di governo del centrodestra,
specie dopo un ventennio di governi di
centrosinistra della Concertación. I
precedenti quattro anni sotto la gestione
della Bachelet non avevano inciso in
mododeterminantenellasituazionesocio-
economica del paese e da più parti erano
arrivate critiche per il suo governo,
accusato di non aver fatto abbastanza per
arrivare a una reale redistribuzione della
ricchezza. Il governo di centrodestra di
Sebastian Piñera non ha, com’era
prevedibile, affrontato il problema. Quel
che il governo di centrodestra ha fatto è
stato acquisire più credito a livello
internazionale,
facendo
crescere
l’economia e attirando numerosi
investitoristranieri.
L’economiadelCilebasail14%delle
sue entrate statali sull’esportazione del
rame, il cui prezzo è salito nel 2012 per
effettodellafortepoliticadiinvestimenti
varatanegliultimiannidagrandiaziende
come l’australiana BHP Billiton e dalla
stataleCodelco(CorporacionNacionaldel
Cobre de Chile). Il settore, assieme a
quello delle costruzioni, ha trascinato
l’economia facendo segnare una crescita
media del 5,6% nel 2012, anno nel quale
soloil rame ha fruttato 9,5 miliardi di
dollari.Glieffettisisonofattisentire:tra
il 2010 e il 2012 la domanda interna è
salitadel7,1%,laspesaprivatadel7,3%,
gli investimenti del 18%, le esportazioni
dell’1%eleimportazionidel4,9%.
Ma se i dati sulla distribuzione della
ricchezza rimangono invariati e
continuano a rilevare profonde differenze
significa che di questa crescita ha
beneficiato la solita piccola parte della
popolazione,quellachedetienegranparte
della ricchezza nazionale. Quel che
eredita la Bachelet è tuttavia un sistema
economico in flessione dopo la crescita
registrata sino a fine 2012. Nei primi tre
mesi del 2013 proprio il settore trainante
del rame ha mostrato delle difficoltà e la
crescitaèscesaal4,1%,arrivandoal3,5%
lo scorso maggio, al di sotto delle
aspettative del mercato. Sulla base di
questi dati, lo scorso luglio, la Banca
Centraleharidottodimezzopuntolasua
proiezione di aumento del Prodotto
Interno Lordo per l’anno in corso,
situandolotrail4eil5percentoepoche
settimane prima il Fondo Monetario
Internazionale in un documento ufficiale
aveva abbassato dal 4,9% al 4,6% le
prospettive di crescita del paese
segnalando come rischi imminenti quelli
relativiallacadutadeiprezzidelrameeal
frenodeiflussidicapitalenelPaese.
Forse si era trattato di un segnale a
una coalizione giudicata eccessivamente
sbilanciata a sinistra, quella capeggiata
dalla Bachelet, che già risultava vincente
nei sondaggi per le presidenziali. Una
nuova maggioranza che, eletta alla guida
del paese, non può ora tradire una
popolazione che da due anni scende in
piazza per puntare il dito contro il forte
squilibrio economico e le profonde
disuguaglianze. Migliaia di cileni che
hannotrovatovocenellestrade,trascinati
dagli studenti che per mesi hanno
manifestato, anche duramente, per una
scuolagratuitaediqualitàinunCileche
o g g isoffre una profonda arretratezza e
mancanzadirisorse,nelqualelefamiglie
si indebitano per pagare scuole private
nella speranza di dare una educazione di
buonlivelloaiproprifigli.
È con questo fermento e insofferenza
socialechelanuovapresidentaavràache
fare,vistochepropriosuquestiproblemi
ha cercato di catturare il voto dei cileni,
molti dei quali si sono probabilmente
chiesti per quale ragione i cambiamenti
promessi oggi dalla candidata socialista
non sono stati fatti ai tempi della sua
prima presidenza. È forse così che si
spiega
l’altissima
astensione
al
ballottaggio di domenica, sintomo di un
elettorato sfiduciato, da troppo tempo
rassegnato a veder svanire nel nulla le
promesseelettoraliinunpaesenelqualeè
stata la socialdemocrazia a detenere, di
fatto, quasi ininterrottamente il potere
dallafinedelladittatura.
Un orientamento mai scalfito
dall’ondata socialista che ha cambiato il
volto dell’America Latina nell’ultimo
decennio. È pur vero che il cambiamento
la cui scintilla è stata la Rivoluzione
bolivarianadiHugoChávezhainvestitoi
paesi latinoamericani in modo diverso,
più o meno intenso, a seconda delle loro
diverse caratteristiche, ma è difficile
annoverare il Cile della Bachelet tra le
nazioniprotagonistediquelcambiamento.
Il perché lo ha spiegato senza troppi giri
di parole il presidente della Bolivia Evo
Morales,cheinun’intervistaconcessaalla
rivista di cultura La Garganta Poderosa,
ha detto la sua sull’elezione della
Bachelet. «Quando la stampa parla del
“partitosocialistainCile”,iodubitoche
sia socialista. Lo dico pubblicamente: se
la Bachelet persevererà nell'Alleanza del
Pacifico, sarà chiaro a chi risponde, da
dove viene e che cosa vuole. Se non
parteciperà, potremo pensare che, anche
senza politiche socialiste, ha sentimenti
socialisti. Lo vedremo al momento
opportuno…».
L’AlianzadelPacíficoènatanel2011
ed è un blocco economico formato da
Cile, Colombia, Perù, Messico e Panama.
Giàinoccasionedell’ultimoForumdiSão
Paulo in questo 2013, Evo Morales
affermò che laAlianza del Pacífico è un
soggetto geopolitico voluto dagli Usa per
opporsi
ai
governi
progressisti
latinoamericani di Brasile, Argentina,
Uruguay, Bolivia, Venezuela e Ecuador.
Una organizzazione creata per fare da
contrappeso al Mercosur e il cui scopo è
la privatizzazione delle risorse naturali
come l’acqua e l’energia. Nella riunione
finale del Forum l’Alianza era stata
definita uno strumento per «attaccare la
sovranità delle nazioni dell’America del
Sud».
Per questa ragione, secondo Morales,
l’adesione del Cile all’Alianza sarà il
banco di prova al quale la Bachelet potrà
dimostrare di essere «realmente
socialista».
Ma
«se
proseguirà
nell’AlianzadelPacífico,dovesitrovano
igoverniproimperialistieprocapitalisti,
nonlacapisco,nél’accetto(…)L‘Alianza
del Pacífico sarebbe qualcosa come la
nuovaAlca,quell’Alcacheseppellimmoa
Mar de la Plata, con Néstor Kirchner e
Hugo Chávez. Tutti quei piani erano
sepolti, fino a che li hanno fatti rivivere
tre paesi del Sudamerica: Perù, Cile e
Colombia.Ovviamente,noicapiamocheè
nellorodiritto,mavediamoanchechein
quei paesi ci sono le popolazioni più in
fermento, non solamente contro i
presidenti,macontroleloropolitiche »ha
commentatoMorales.
È quel fermento che ha portato nelle
strade i cileni contro il governo di
centrodestraecheorahainpartesceltodi
essere rappresentato da una maggioranza
sensibilmente sbilanciata a sinistra. Evo
Moralesaspettalaneopresidentaalvarco
della Alianza, i cileni alla prova delle
riformepromesseincampagnaelettorale.
AlessiaLai
Noallapatata
chimica,perora
19 DICEMBRE 2013
Il tribunale europeo del Lussemburgo,
su richiesta di alcuni Paesi membri
dell'Unione (Ungheria in testa), ha
bocciato la decisione della Commissione
europea del 2010 che aveva dato il via
libera alla commercializzazione della
cosiddetta “super-patata” prodotta dal
gigantechimicotedescoBasfgrazie(sifa
per dire) all'utilizzo di organismi
geneticamentemodificati.
La patata Ogm denominataAmflora e
brevettatacomeEH92-527-1avevaavuto
unitermoltotravagliatoperl'opposizione
dimoltiPaesimembri.Siainnomedella
difesadellepropriecoltivazioninazionali
“tradizionali”, sia in nome della difesa
dellasalutedeicittadinisulbrevetermine
e per evitare contaminazioni delle
produzioninormalisullungotermine.
Visto il muro contro muro che si era
venutoacreare,laCommissioneeuropea,
inbaseallanormativacomunitaria,decise
dasoladandoilvialiberatreannifacon
l'allora commissario europeo alla Salute,
il maltese John Dalli, costretto in seguito
adimettersiperchécoinvoltoinungirodi
tangenti provenienti dalle multinazionali
del settore (oltre 50 milioni di euro) per
togliereiltabaccodamasticaredallalista
deiprodottisottopostiaivaridivietiantifumo. La stessa Basf, appoggiata dal
governo tedesco, aveva incontrato non
poche difficoltà in patria ed in Irlanda
(dove erano stati avviati i primi
esperimenti) tanto da essere costretta ad
avviare la sperimentazione di Amflora
nella Repubblica Ceca, uno dei cinque
Statidell'Unionenellaqualeèpermessala
coltivazione degli Ogm. Gli altri sono
Slovacchia, Romania ed incredibilmente
SpagnaePortogallo.
La sentenza della corte del
Lussemburgo concede comunque soltanto
una tregua alla salute dei cittadini e alla
salvaguardia
delle
coltivazioni
tradizionali, visto che la Basf avrà 60
giorniperappellarsieperungereleruote.
L'introduzione degli Ogm in agricoltura
rappresenta un pericolo mortale per i
piccoli produttori che, se cedessero e li
adottassero, si troverebbero legati mani e
piedi alle multinazionali della chimica
che producono sementi non riproducibili
come quelle tradizionali. Di conseguenza
ogni anno essi dovrebbero compiere un
esborso finanziario non indifferente.
Senza parlare poi del pericolo più che
concreto
dell'impoverimento
e
dell'inaridimentodeiterreni.
Eppure, di fronte a tutta questa
evidenza,difronteatuttaquestaminaccia
per la salute, ci sonoluminari della
scienza, come Umberto Veronesi, che
hanno preso decisamente posizione a
favore della cosiddetta “ricerca” e degli
Ogm.Gliinteressiingiocosonoenormie
molteplici.L'aspettopiùincredibileèche
per tanti cialtroni fautori del Libero
Mercato
(e
della
fine
della
diversificazione dei prodotti agricoli) sia
del tutto normale che una multinazionale
chimica come la Basf voglia entrare a
forza nel settore alimentare sfruttando la
connivenza di quella che può essere
definita come associazione a delinquere
che è la Commissione europea, legata a
doppio filo ad interessi industriali e
finanziarichesitrovanosopraecontrogli
Stati.
Scavando la verità però alla fine esce
fuori. Non si tratta della volontà
dichiaratadiproteggerelecoltivazionida
parassitiedaaltro.Nellapatatanormaleè
infatti presente un gene che produce un
amido chiamato Amilosio in misura
maggiore rispetto ad un altro amido
chiamato Amilopectina, il quale, guarda
caso, è molto adatto alla produzione di
carta e di collanti. Nella patata Ogm,
l'Amilopectina è molto più presente. Da
qui l'interesse della Basf a darsi da fare
perimporrel'Amfloraconlacomplicitàdi
Bruxelles e dei tanti criminali ed utili
idioti presenti nei governi europei come
ministri o come consulenti. Il pericolo
restacomunqueenorme.
IreneSabeni
Rimpiangere
l'URSS?
20 DICEMBRE 2013
Da venti anni l’imperialismo
aggredisce senza remore, accampando
pretesti cui possono dare credito solo dei
servi:
l’ingerenza
umanitaria,
l’esportazione della democrazia, il
contrasto all’estremismo islamico, quello
stesso che quando fa comodo, come in
Libia o in Siria,diventa prezioso alleato.
Qualunque Paese si trovi in posizione
strategica e disponga di materie prime
appetibili, sa di essere nel mirino dei
bombardieridell’Impero.
Da
venti
anni
vengono
sistematicamente smantellate tutte le
conquiste e le protezioni sociali del
mondo del lavoro salariato e stipendiato,
senza risparmiare nemmeno fasce
consistentidilavoratoriautonomi.
Che cosa è successo venti anni fa?
Perché da allora le cose sono precipitate
tantorovinosamente?
La globalizzazione, certo, sì.
L’egemonia assoluta del capitale
finanziario, certo, sì. Le speculazioni
sfrenate,iderivati,certo,sì.Peròalfondo
ditutto,lagrandesvoltadiventiannifaè
stata il crollo dell’URSS. Il suo peso
politico e militare era stato il retroterra
che aveva permesso il grande moto di
indipendenza dei popoli sottomessi agli
imperi coloniali. Quegli imperi,
prevalentemente europei, si sono dissolti
perché gli USA hanno praticato un
neocolonialismo
più
intelligente,
incoraggiando la formazione di governi
formalmente autonomi ma in realtà al
servizio degli interessi imperialistici.
Inoltre l’URSS non appoggiava le
guerriglie patriottiche per solidarietà
ideologica (il famoso “internazionalismo
proletario” era solo propaganda) ma
perché era interessata a indebolire le
potenze avversarie. Resta tuttavia il fatto
che la copertura politica e le forniture
militaridell’URSSsonostatedecisiveper
ilsuccessodelmovimentoanticoloniale.
La presenza dell’URSS ha avuto un
ruolo decisivo anche nel miglioramento
sostanziale delle condizioni di vita e di
lavoro dei popoli occidentali. C’erano
state conquiste sindacali, sì, c’era una
politica economica keynesiana, sì, ma le
une erano precarie, l’altra era resa
possibiledacontingenzechenonpotevano
durare: la ricostruzione dopo una guerra
devastante, la grande disponibilità di
investimenti in sistemi dove il debito
pubblico era ancora basso, il costo
contenuto delle materie prime, l’assenza
di una coscienza ambientalista. Nessuna
di quelle condizioni è riproducibile, per
cui chi ripropone rimedi keynesiani è
fuoridalmondo.
L’altro fattore potentissimo di
emancipazionedeiproletarioccidentaliin
quegli anni di “paradiso perduto”, fu
proprio la presenza minacciosa di
un’URSS che sarebbe diventata troppo
attraente per i salariati dell’Occidentese
ilsistemanonavessesaputodimostraredi
poter assicurare un welfare più efficiente
di quello sovietico, salari più alti e in
clima di libertà personale, soprattutto
quellalibertàdimovimentocheèl’unica
adattrarrelemasse.
L’URSS è stata sconfitta dalla
socialdemocrazia, anche se è crollata
negliannidelneoliberismoreaganiano.
Dunque l’URSS ha avuto il doppio
merito storico di aver favorito il moto di
liberazione dal colonialismo e di aver
indotto il sistema capitalista a fare
concessioni ai lavoratori che sembravano
impensabili. La prova risiede proprio nel
comportamento del capitale subito dopo
l’implosionedell’URSS.
L’impressione è quella di una belva
liberata dalla catena, non più frenata dal
guardiano.Undeliriodionnipotenzanella
conquista del mondo e un attacco
sistematico alle condizioni di vita dei
lavoratori, tanto che perfino le
socialdemocrazie sono bandite. Sembra
proprio che non si aspettasse altro che la
fine dell’URSS per scatenare glispiriti
animali.
Allora dobbiamo rimpiangere le
gerontocrazie del Cremlino, impataccate
nelle loro medaglie sui mausolei delle
mummiedellalororeligioneatea?Nonne
è proprio il caso. Quella fu un’ideologia
folle, l’ideologia dell’uomo nuovo
forgiato dal collettivismo dei Piani
Quinquennali, l’ideologia che fucilava e
imprigionava i dissidenti “condannati dal
tribunale della storia”, come se la storia
non fosse il teatro tragico di
contraddizioni insolubili ma una linea
diretta che porta irresistibilmente verso i
“domani che cantano”. Quella fu una
prassi di autoritarismo burocratico e di
apparati polizieschi fra i più invasivi che
ilmondoricordi.
Inoltre, è vero che la presenza
dell’URSS condizionò positivamente
l’Occidente frenando la sua sete di
dominio, ma è pure vero che col loro
economicismo,colloromaterialismo,con
la loro demolizione delle tradizioni
religiose e degli antichi costumi, sia il
comunismo sovietico sia quello cinese in
ultima analisi non hanno fatto altro che
spianarelastradaalcapitaleglobalizzato,
abbattendo quei residui del passato che
ancorapotevanooffrireunaresistenza.
Ma ancora: l’esempio orrendo che
viene dal modello del comunismo
storicamente realizzato, rende poco
allettante l’alternativa del socialismo
comeviad’uscitaallacrisidelcapitale.
Ancheinquestocasoverifichiamoche
i sentieri della storia sono sempre
contorti, mai lineari: l’URSS svolse un
ruoloobiettivamentepositivonellimitare
l’imperialismo e nel riscatto del
proletariato, ma in ultima analisi ha
spianato la strada al totalitarismo del
capitale, screditando il socialismo e
spazzando via con la forza gli elementi
tradizionalistidiunaciviltàantica.
LucianoFuschini
Autoindulgenza:il
viruschenondà
scampo
20 DICEMBRE 2013
Negli ultimi tempi ci stiamo
riflettendo sempre di più, qui nella
redazionedelRibelle.Eleconclusioniche
si vanno profilando non sono, purtroppo,
quellecheavremmovoluto.
Ladomanda,ridottaall’osso,èquesta:
nell’Italia odierna esistono ancora delle
persone,inunnumerononcosìesiguoda
risultareirrilevante,chemettanoalcentro
delleloroesistenzelaricercadiunapiena
consapevolezza, che spinge a essere
esigenti innanzitutto con sé stessi e a
esaminare impietosamente anche, o
soprattutto,
le
proprie
reazioni/impressioni/convinzioni?
Il problema è cruciale, ai fini di una
qualsiasiiniziativapolitica.Oppure,come
nel nostro caso, metapolitica. L’assunto
dal quale siamo partiti finora è stato,
infatti, che nel loro insieme gli italiani
fossero l’equivalente di un terreno
inquinato, ma ancora fertile. Un terreno
che attraverso delle ripetute e profonde
operazioni di bonifica, ossia a forza di
informazionieanalisialternativeaquelle
fuorvianti diffuse dai media mainstream,
potesse essere riportato al suo potenziale
migliore. Che di per sé non implica la
garanzia di immensi raccolti senza fare
nient’altro, ma che almeno lascia sperare
nel successo di una coltivazione assidua,
attenta,amorevole.
Piùciguardiamointorno,invece,epiù
gli indizi vanno in direzione opposta. Per
un motivo o per l’altro, ma a cominciare
da quell’illusione di capacità decisionale
che viene trasmessa dalla cosiddetta
democraziaechesiimperniasuldirittodi
voto riconosciutoautomaticamenteaogni
cittadino che abbia compiuto i 18 anni,
l’atteggiamento di moltissimi individui è
all’insegna di una compiaciuta e
impermeabilesicumera.Magariinconscia
e però, proprio per questo, ancora più
insidiosa e difficile da far emergere e da
far percepire come il difetto (genetico?)
cheè.
Se è vero che il presupposto di ogni
possibile ampliamento delle proprie
conoscenze è il dubbio, ovvero la
disponibilitàarimettereindiscussioneciò
che si è acquisito in precedenza, questa
attitudine è diventata una rarità.
Beninteso: non parliamo di un dubbio
malato
epsicologico, che porta a
sprofondare tra perenni e angosciose
incertezze sul da farsi e tra dilemmi
tormentosi e insolubili su di sé e sugli
altri,madiundubbiosanoeintellettuale,
che induce a essere sempre pronti a
verificare la solidità, e quindi la validità,
delleproprietesi.
A proposito: più che di autentiche
“tesi”, nel senso dei punti di approdo di
un’elaborazione approfondita e coerente,
si tratta assai spesso di nulla di più che
opinioni, generate chissà come e
scodellate
all’impronta,
senza
minimamente assumersi l’onere di
verificarne la fondatezza. D’altronde,
come sottintendono i sondaggi (e come
affermalasciagurata“teologia”diGrillo,
siapurenell’intentodichiarato,edipersé
lodevole, di scardinare le oligarchie
dominanti),nell’epocaattualel’assiomaè
che «uno vale uno». E benché questo
dogmadicartapestarimangaletteramorta
ai fini della concreta attribuzione del
potere, e della distribuzione della
ricchezza, esso dispiega appieno i suoi
effetti nel consolidare l’arroganza
generale: perché mai ci si dovrebbe
chiedere se, e fino a che punto, si sia in
grado di prendere posizione su un certo
tema, quando poi il chiacchiericcio
circostante non lo esige affatto, o
addiritturaportaaguardareconsospettoe
ostilità chi provi ad alzare il livello della
discussione?
Non sembri esagerato: siamo in
presenza di un degrado profondo e forse
irreversibile, a meno che non ci si liberi
da questa società incentrata sul reddito e
sulconsumo.Dettointerminipsicologici
(stavoltasì)ildannochesièdeterminato
èdicaratterecognitivo.Aforzadiessere
manipolatidallapropagandaliberista,che
vamoltoaldilàdeisingolimessaggie,a
maggior ragione, di quelli prettamente
concettuali,sisonoassorbitideglischemi
di
percezione/interpretazione
che
comportano una miriade di automatismi.
Ilcuifiloconduttoreèunpericolosissimo
miscuglio di egocentrismo, sul piano dei
desideri e dell’ansia di soddisfarli, e di
passività, nei confronti dei modelli in
auge e dell’establishment che se ne
avvantaggia.
Lo stesso malcontento che di quando
in quando si manifesta, specialmente
adesso che la crisi sta sgretolando
qualunque certezza sul lavoro e sul
welfare, non deve trarre in inganno:
lontanissima da una vera presa di
coscienza, e quindi da un’ipotetica
palingenesi,essaèpiùchealtrounaforma
di insofferenza. Delusi nelle loro
aspettative di sicurezza materiale e di
gratificazione emotiva, quelli che finora
erano stati ben lieti di avallare il
l i b e r i s m ogaloppante della crescita
infinitasibuttanoallaricercadiuncapro
espiatorio, al quale addebitare il disastro,
e hanno gioco facile a identificarlo nella
classepolitica.
Perfaregiustizia?Nemmenoperidea:
per credere di aver rimosso quel che
impedisce di tornare indietro, alla
situazionefelice in cui bastava essere
mediamente
sottomessi/cinici/collaborativi
per
assicurarsiunpezzettopiùomenogrande
dellatortacomplessiva.
La premessa di un cambiamento di
rottaètutt’altra.Èunesamedicoscienza,
da parte di chiunque non sia
completamente ottuso o in malafede, che
arrivi a fissare almeno il primo elemento
di consapevolezza: benché con le dovute
differenzedacasoacaso,eidiversissimi
gradi di coinvolgimento nello sfacelo
nazionale,ipiùnonsonoaffattolevittime
incolpevolidiunatiranniainvisibile,così
ben dissimulata da assolvere chi si sia
lasciato ingannare. Senza diminuire di un
niente le responsabilità di quelli che
hanno tirato i fili, e che per molti versi
continuanoatirarli,leschieredichiliha
assecondati, vuoi con una connivenza
attiva, vuoi con un’acquiescenza
indolente, sono sterminate. E se non si
ripartiràdaqui–daquestovolerapriregli
occhi e tenerli aperti, osservando tanto le
magagne altrui quanto le proprie e
impegnandosi a eliminarle – non si potrà
maimigliorarenulla,menchemenocome
nazionenelsuoinsieme.
Proprio ieri, nel suo ultimo post,
Bruno Di Prisco ha sottolineato con la
consuetaefficacialanaturapsicologica,e
dunque esistenziale, dell’autoindulgenza
imperante:«Sodidireunabestemmia,ma
Amletoèl’archetipodell’uomodelnostro
tempo (sennò, perché sarebbe diventato
un luogo comune? Perché lo è), ovvero
colui che per essere sceglie di non
essere… Amleto è l’archetipo dell’uomo
delnostrotempo».
Amleto finisce con l’agire, e con gli
esititragicichesappiamo,malesuesono
più delle reazioni, indotte dalle
circostanze,chenondelleazioniscaturite
da una limpida volontà. La domanda, o
l’accusa,cheglisidovrebberivolgerenon
ècomemaisisiacomportatocosì,mache
cosa abbia fatto, in precedenza, per
temprareilsuoanimoelasuaintelligenza
dellarealtà.
FedericoZamboni
“Contantiauguri”
da
Standard&Poor's
23 DICEMBRE 2013
Un regalo di Natale da parte delle
agenziediratingUsa,all'UnioneEuropea.
Si
fa
per
dire,
ovviamente.
Standard&Poor's, la seconda società del
settore dopo Moody's, ha annunciato di
averetagliatodaAAAadAA+ilgiudizio
sulla stabilità finanziaria dell'Unione sul
lungotermine,quindisuititolipluriennali
emessiogarantitidaBruxelles.
La ragione è presto detta. S&P stima
che la coesione e la solidità finanziaria
dell'Unione nel suo complesso siano
messe a rischio dai paletti che molti dei
28 Stati membri hanno fissato per
impedireunaccordoinmateriadibilancio
che è troppo oneroso per loro. In
particolare quelli che hanno già problemi
non indifferenti nel gestire gli altissimi
debitoedisavanzopubblici.
In altri termini, il giudizio di S&P
riflettelaconvinzionechelaGermaniadi
Angela Merkel non potrà garantire in
eterno la politica dell'austerità che
costituisce il fiore all'occhiello, si fa per
dire, di una Unione che, sempre più
poveraeconmilionidinuovidisoccupati,
cerca di piazzare i propri titoli pubblici
sui mercati finanziari internazionali. La
stima di S&P è in realtà anche una
speranza perché le società di rating,
attraversoipropriinterventiagambatesa,
perseguono da anni il disegno di
indebolire il sistema dell'euro per evitare
che diventi una moneta alternativa al
dollaronelletransazioniinternazionali.Se
il giudizio sulla stabilità finanziaria a
breve termine resta stabile, lo stesso si
può dire per le prospettive (l'outlook)
dell'economia europea che, stima S&P,
ancoradovràscontarequestalungafasedi
recessione.
Molti osservatori hanno rilevato, ma
noncivolevamolto,cheildeclassamento
è arrivato subito dopo il vertice
dell'Ecofin,
seguito
a
quello
dell'Eurogruppo, che ha registrato un
rallentamento dei negoziati sull'Unione
bancaria (sebbene sia stato veicolato il
messaggioopposto)ilcuipuntocentraleè
quello di fare pagare, in caso di
fallimento, ai correntisti le responsabilità
elespeculazionideibanchieri.
Immediata è arrivata la protesta da
parte del commissario all'Economia, il
finlandese Olli Rehn, espressione di un
PaesechevantalatriplaAsuiproprititoli
di Stato decennali. Rehn ha replicato
piccatocheilratingsull'Unionedovrebbe
esserevalutatoinbaseaimeritiacquisitie
che la tenuta dell'Unione non è in
discussione, considerato che, pure in uno
scenariodifortestressfinanziario,iPaesi
membri hanno assicurato sempre il
proprio contributo pienamente e con la
necessaria tempistica. Di tempistica ha
parlato pure Enrico Aspen Letta che ha
notato come il giudizio di S&P sia stato
diffuso subito dopo i due vertici di
Bruxelles. Ma se Letta vede questa
curiosa
tempistica,
bisognerebbe
domandargli come mai non abbia mai
alzato la voce nel corso degli incontri
internazionali con gli altri capi di
governo.Indignato il commento di Josè
Barroso, presidente della Commissione
europea, che ha definito la “sua” Unione
come «una istituzione politica e
finanziaria stabile». Una istituzione con
disavanzo e debito pari a zero. Un caso
unico, ha insistito. Ma si tratta di un
equilibrio che è stato raggiunto soltanto
grazie ai contributi dei singoli Stati
membri.
E se crolla uno dei cinque grandi
(Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna
e Spagna), con un effetto domino
cadranno tutti gli altri. L'unico punto sul
qualeS&Pharagione.
IreneSabeni
Sempremeno
lavoro.Sempre
menotutele
24 DICEMBRE 2013
Siamoormaiarrivatialpuntodipoter
dire che presto l'aumento della
disoccupazione di per sé non farà più
notizia:
nella
mera
economia
dell'informazione quello che si ripete e
che non è più ascrivibile alla lista degli
"eventi eccezionali" diventa semplice
rumoredifondo.
Forse per questo il numero delle
persone in cerca di una occupazione non
fapiùimpressione,chesitrattidigiovani
freschi di laurea, di uomini di mezza età
espulsi dal mondo del lavoro perché il
loro contratto "costava troppo", di donne
alle prese con la maternità o di gente "a
spasso" all'indomani del fallimento o
della delocalizzazione dell'impresa cui
eranodipendenti.Eppure,ilfenomenonon
èmailostesso.
All'inizioperdevanoillavoroigiovani
precari, quelli che non avevano un
contrattodilavorodegnodiquestonome.
Tra i dipendenti, invece, i primi a cadere
sono stati quelli non abbastanza
specializzati: ci si diceva così che fosse
colpa loro, che avrebbero dovuto studiare
eaggiornarsi.E,invece,alloropostosono
state messe spesso persone ancora meno
specializzate, ma che avrebbero accettato
un contratto capestro, a tempo
determinato, rinnovabile all'infinito o per
un solo giorno, oppure che si sarebbero
piegateadaprirsiunapartitaivafacendosi
caricodituttiglioneri,purdilavorare.
Visto che funzionava, si è cominciato
afarloancheconchiinvecespecializzato
lo era: ragazzi usciti dall'università pieni
di speranze ma anche giovani - e meno
giovani
-
professionisti,
dai
commercialisti agli avvocati, dai
giornalisti agli architetti. E tra gli under
30 il tasso di disoccupazione dei laureati
al19%èpiùelevatorispettoaquellodei
diplomati, al 16,3. Gli italiani che hanno
un lavoro precario sono oltre 3,5 milioni
mentre in 2,2 milioni sono sottoccupati e
non arrivano a guadagnare che poche
centinaiadieuro.
Adesso tra le aziende cresce l'invidia
per gli imprenditori che non hanno
dipendenti ma solo "collaboratori" e
serpeggia l'idea che grazie ai giustificati
motivi di riorganizzazione del lavoro,
crisi aziendale, ragioni attinenti
all’attività produttiva o semplicemente
perché si è in rosso, si può scendere
convenientemente a 15 dipendenti,
lasciando fare il resto del lavoro ai
"collaboratori" e sgusciando via dalla più
stringente tutela dell’odiato articolo 18.
Questo è il motivo per il quale le grandi
catenedinegozi,quandononsiampliano
solo grazie al franchising, fanno in modo
diavereunapartitaivaperpuntovendita,
anche con meno di una decina di
dipendenti.
Senzalavorostannorimanendosempre
di più padri e madri di famiglia,
quarantenni che, una volta usciti dal
mondo del lavoro, hanno maggiori
difficoltàarientrarcicontuttoquelloche
ne consegue per il menage familiare:
secondo i dati del Censis il 19% delle
famiglienonarrivaafinemeseebenil69
ha subito un peggioramento del proprio
livellodivita.
Iltuttoloriepilogapiùomenol’Istat,
così: «Nel terzo trimestre 2013 prosegue
ilcalotendenzialedelnumerodioccupati
(-2,3%, pari a -522.000 unità).(…) La
riduzione degli uomini (-2,8%, pari a 376.000 unità) si associa a quella delle
donne(-1,5%,paria-145.000unità).(…)
Il numero dei disoccupati è in ulteriore
aumentosubasetendenziale(14,6%,pari
a +363.000 unità) e in quasi otto casi su
dieci riguarda coloro che hanno perso il
lavoro. L'incremento, diffuso su tutto il
territorio nazionale, interessa in oltre la
metà dei casi le persone con almeno 35
anni. Il 56,9% dei disoccupati cerca
lavorodaunannoopiù».
Senz’altroalcunistudisonomenoutili
dialtriperlacomprensionedeifenomeni,
soprattutto se non tengono conto di certe
variabili che invece sembrano importanti
ma, per rispondere a Maura Del Torrione
che in un suo recente commento si
domandava,aragione,acosamaiservisse
lastatistica,sipuòdirechesitrattidiuna
dellescienzechedescrivonoilmondo.
Tutto sta, poi, a saperla leggere e a
volerlainterpretare.
SaraSantolini
Societàliquida,ma
inunagabbia
d’acciaio
27 DICEMBRE 2013
Le comunità premoderne obbligavano
a forti appartenenze. Si apparteneva alla
famiglia, intesa come clan familiare
allargato. Ne discendeva l’orgoglio di
portare un certo cognome, il sentimento
dell’onore, di un nome da non infangare
perguadagnarsilaprotezionecheancheil
clan familiare più povero poteva
garantire. Si apparteneva a una comunità
dipaese,odiquartierenelcasodellecittà
piùgrandi,coinvoltineisuoiriti,nellesue
sagre, nel suo spirito competitivo e
campanilistico.
In epoca più moderna, l’epoca degli
Stati nazionali, lo spirito di appartenenza
alla città e alla regione si è esteso alla
nazione, con le sue feste celebrative, il
suo orgoglio patriottico, la sua bandiera.
Si apparteneva a una chiesa o, più
modernamente, a un partito, con tutto lo
spiritodiconformismoedisentimentodi
fedeltà che ciò comporta, ma anche con
unacaricaautenticadipassionepersonale.
Si apparteneva a un genere, col rigoroso
rispettodeirispettiviruoli.Siapparteneva
aunceto,aunaclasse,aunmestiere,con
tutti i vincoli che ciò comportava ma
ancheusufruendodiprotezioni.
Erano appartenenze forti che
significavano
anche
impegno,
responsabilità, identificazione, in un
processo non di dissoluzione della
personalità ma di individuazione in una
serie di gruppi comunitari. Il processo di
modernizzazione, attraverso le forme del
capitalismo
che
ne
esprimono
compiutamente le dinamiche, giunto
ormai al suo punto culminante, tende a
dissolverequelleappartenenze.
La famiglia, sempre più ristretta e
instabile, tanto che in Italia un terzo dei
nuclei familiari non sono più nemmeno
tali in senso proprio, essendo formati da
unasolapersona,nonhapiùilsignificato
diuntempo.L’appartenenzaalpaesesiè
ridottaalsuoaspettopiùdeleterio,quello
del tifo sportivo campanilistico e quello
delle bande adolescenziali di teppisti di
quartiere. L’appartenenza alla nazione va
diluendosi in un generico umanitarismo
dolciastro da cittadini del mondo, falso,
non sentito, incapace di produrre
emozionicollettive.
L’appartenenza a una chiesa conserva
unsignificatosolonelmondoislamico,un
islam che del resto non avendo un clero,
almeno nella sua parte sunnita, non è
nemmeno propriamente chiesa. Quanto ai
partiti,sonoormaiaggregazionielettorali
provvisorie, non più agenzie educative e
produttricidiideologieidentificative.
Perfino l’appartenenza a un genere è
diventatalabile.Unmaschiopuòscegliere
di diventare gay o bisessuale. Una
femmina può scegliere di diventare
lesbica o bisessuale. Una coppia dello
stesso sesso potrà adottare un figlio
oppure trovare un utero accondiscendente
o un donatore di seme, e la legge
consentiràdifigurarecomegenitoreunoe
genitoredue.
Icetieleclassisisonoframmentatie
dispersi in mille rivoli, omologandosi
ancheglistilidivita,gliabbigliamenti,le
modalità espressive. Quanto ai mestieri,
parcellizzati e automatizzati, quando non
restino
manovalanza
brutalmente
sfruttata,
non
comportano
più
identificazione corporativa e fierezza del
lavoro,anchemanuale,benfatto.
Il quadro che ne risulta è quello che
Baumanhagenialmentesintetizzatonella
formula “società liquida”. Questo è il
significato profondo e più autentico di
quellalibertàcherestailvalorepiùaltodi
riferimento dell’ideologia unica, quella
delcapitaletrionfante.Lalibertàpolitica,
checonsentedidireciòchesivuolesenza
finireinprigioneodavantiaunplotonedi
esecuzione, è la meno significativa. La
libertàveracuitendelalogicadelcapitale
è quella dell’individuo sciolto dai legami
comunitari, ridotto a puro produttore e
consumatore, senza vincoli morali, senza
radiciterritoriali.Facciaquellochevuole
e dica quello che vuole, purché si renda
disponibile come produttore quando il
sistemapuòimpiegarloepurchéconsumi
dellemerci.
Eccodunqueillimiteincuisiimbatte
ancheilconcettodi“societàliquida”.Loè
inquantoallentatutteleappartenenzeele
identificazioni, ma non lo è in quanto
imponeunagabbiasolidissima,unquadro
di riferimento indiscutibile: la logica del
libero mercato, della concorrenza fra
individuiscioltidalegamicomunitari,del
meccanismo della riproduzione allargata.
Tutto ciò è diventata non una forma
storica transeunte come tutte le altre, ma
la naturalità di un sistema che segna la
fine della storia, il fine cui tendeva il
travaglio dei millenni. E l’imperialismo
nonesistepiù,essendogliUSAidelegati
dalla Storia a essere i garanti della
diffusionemondialediquelsistemafinale
perfetto.
Questaèl’ideologiadominante,ferrea
quante altre mai, una gabbiache nessuna
crisi sembra incrinare. Per questo
l’illusione di M5s di cambiare
profondamente le cose per la via
elettorale, con cui è iniziato l’anno dal
qualecicongediamo,el’altraillusionedi
scuotere le coscienze attraverso il
movimentismodeiForconi,chehachiuso
il 2013, sono già svanite. Finché la forza
delle cose non scalfirà il granito che sta
dietro l’apparente carattere liquido del
sistema, una presa di coscienza
generalizzatasaràimpossibile.
LucianoFuschini
NapolitanOplà:eil
SalvaRomaseneva
27 DICEMBRE 2013
VigiliadiNatalecon…NonnoNatale.
L’attorechenevesteipannièormaiuno
specialista di questo tipo di ruolo,
comunemente noto come “salvatore della
Patria”: il quasi 90enne Giorgio
Napolitano, interprete dalla lunghissima
carriera e via via passato dalla scuola
russa, vedi la superba perorazione filo
sovietica contro gli insorti dell’Ungheria
1956, a quella statunitense, vedi le
innumerevoli apparizioni, da duttile e
affidabile caratterista, che si sono
succedute negli ultimi decenni e che lo
hanno reso sempre più gradito ai registi
della pluricentenaria White House
Production.
Il plot di quest’ultima puntata, in
particolare, prende le mosse da un
superclassico
della
tragicommedia
all’italiana, con ambientazione – o, se
preferite,location – parlamentare. Uno
sketchcheneltempoèstatoripropostoin
molteplici varianti, la cui versione più
conosciuta e sfarzosa è denominata
Milleproroghe(aproposito:giustooggine
è prevista la replica 2013), e che si
conclude con una grandiosa pioggia di
quattrini. E che, in effetti, fa divertire
soprattutto, o soltanto, quelli che
gestisconoloshow.Unpo’recitandoeun
po’,soprattutto,passandoall’incasso.
Su questo canovaccio, dunque, ecco
innestarsi la novità alla quale
accennavamo
all’inizio.
Mentre
l’antefatto è all’incirca il solito, con un
decreto-guazzabuglio che fa da maxi
contenitore per erogare fondi a destra e a
manca,l’epilogoèstatoasorpresa:invece
di assecondare la farsa, che nel caso
specifico si intitolava Salva Roma e che
all’origine si imperniava su un
finanziamento straordinario, da 400
milioncini,afavoredeldisastratobilancio
della Capitale, il suddetto Napolitano è
statoprotagonistadiuncolpo,ocolpetto,
di scena. Come ha riassunto martedì
scorso il Corriere, che per questo genere
dispettacolièmegliodiSorrisieCanzoni
TV, « Il governo rinuncia a convertire il
decreto salva Roma in legge, come
sarebbe dovuto accadere il 30 dicembre.
La scelta, riferisce Palazzo Chigi, è
maturata dopo un consulto tra il premier
Letta e Napolitano, durante il quale il
capo dello Stato ha espresso forti
perplessità
sull’appesantimento
emendativo che in Parlamento aveva di
fatto trasformato il decreto legge da lui
firmato».
Così,benchéilgovernoavessechiesto,
e ottenuto, il voto di fiducia, il
provvedimento è stato prontamente
ritirato, a maggior gloria del suddetto
Napolitano e però, curiosamente, non
altrettanto
a
maggior
scorno
dell’esecutivo e del suo capitan-capataz
Enrico Letta. Sia pure senza la consueta
apoteosi finale, con un mucchio di soldi
che piovono dal cielo su una folla, assai
benselezionata,didestinatarifestanti,siè
insomma
cercato
di
assicurare
l’inevitabile lieto fine: Nonno Natale
rimbrotta i bambini cattivi – o se non
proprio cattivi, suvvia, pasticcioni – e in
tal modo rifulge di sconfinata saggezza,
avvalorandodiriflessol’interafiction,ma
senzapunirlidavveroefinoinfondo.
Laconsegnadeidonièrinviatasoloun
po’. E a quanto sembra già oggi, sotto
l’albero rilucente del Milleproroghe, i
regali di rito verranno dispensati a chi è
stato bravo. Bravo a chiederli, si intende.
Perché se sbagli destinatario anche la
letterinapiùconvincentefiniscenelnulla,
nell'incredibillePaesedeiBalocchichesi
estende da Montecitorio a Palazzo
Madama.
FedericoZamboni
Lostatodellecose,
inCinaequidanoi
30 DICEMBRE 2013
Il supremo organo legislativo cinese
haresooperativedueimportantidecisioni
prese dal recente Plenum del Comitato
Centrale del Partito Comunista al potere.
Unaconcernelasoppressionedeicampidi
rieducazione e di lavoro per i prigionieri,
istituzione
tipica
delle
dittature
comuniste.
Igulagstalinianinell’URSSdeglianni
Trenta ebbero un ruolo importante nella
realizzazionedeigrandiobiettivideipiani
quinquennali. Milioni di prigionieri
costretti ai lavori forzati, al costo di un
misero pasto e di una baracca mal
riscaldata, significavano una gigantesca
estorsione di plusvalore, quindi di
colossali
profitti
da
reinvestire.
L’economiasovieticahainiziatoaperdere
colpi nei decenni successivi, quando
quella risorsa umana ha cominciato a
scarseggiare.
EvidentementelaCinaodiernanonne
hapiùbisogno,disponendodiabbondante
manodopera a basso costo, più produttiva
di quella forzata. Oppure la chiusura dei
campi potrebbe essere semplicemente il
riconoscimento di quelli che da noi si
usano definire “diritti umani”, e tanto
megliocosì.
Piùsignificativaèl’altradecisione,di
abrogare la legge che obbligava alle
coppie di avere un solo figlio,
consentendo ora ad ogni coppia due figli.
Quella legge, voluta da Deng Xiao Ping,
l’affossatore del maoismo, il creatore
della nuova Cina dei miracoli, voleva
affrontare in modo drastico il problema
dell’esplosionedemografica.
Sicalcolacheinbaseaquellaleggesi
sia evitata la nascita di circa 400 milioni
di cinesi, che avrebbero portato la
popolazionediquelPaesemoltovicinoai
due miliardi. Ci si è però finalmente resi
conto che quell’obbligo spingeva la Cina
alla catastrofe. Già ora la popolazione
maschile supera di gran lunga quella
femminile, perché molte coppie, volendo
il maschio secondo i pregiudizi di una
mentalità antica, decidevano l’aborto
sapendochesarebbenataunafemmina,o
addirittura la eliminavano alla nascita
primachevenisseregistrataall’anagrafe.
Inoltreunsolofigliosignificachenel
girodiqualchedecenniolapercentualedi
vecchinelcomplessodellapopolazionesi
farà insopportabilmente alta. Ora si fa
marcia indietro, ma si riproporrà il
problema demografico, irrisolvibile in
Cina come nel resto del mondo. La
sovrappopolazione del pianeta è forse la
più grave delle minacce, ma il controllo
delle nascite provoca guasti ancora più
seri. Non si tratta di impedire le nascite,
ma di non fare vivere troppo a lungo i
vecchi. Alta natalità e alta mortalità
dovrebbe essere l’obiettivo, ovviamente
improponibile. Nessuna tirannia può
esseretantospietatadafissareuntermine
legale per la durata della vita degli
individui.
Il ritmo di incremento della
popolazionemondialepotràdiminuire,ma
l’aumento continuerà, inarrestabile e
disastroso
nella
sua
pressione
sull’ambienteesullerisorse.Laquestione
demografica è una delle tante insolubili.
Lo è anche quella della disoccupazione.
Nel mercato globale occorre essere
competitivi e per esserlo bisogna
aumentare la produttività. La produttività
aumenta quando si produce la stessa
quantitàdimerciounaquantitàsuperiore
utilizzandomenomanodopera.
Negli anni delle vacche grasse i
lavoratori espulsi dal processo produttivo
trovavano impiego nei servizi, anche e
soprattutto quelli del welfare, ma ora il
debito pubblico abissale, altro problema
insolubile, non consente più quello
sbocco: la disoccupazione è strutturale e
crescente. I giovanotti di Renzi che
credono di risolverla con i corsi di
formazione, o fanno i furbi sapendo di
poter spacciare qualunque stupidaggine a
unpopolofrastornato,ononhannocapito
niente. Capire o non capire non è
questionedianagrafe.
Altraquestionesenzarimedioèquella
dello
scempio
ambientale.
Nell’incremento continuo del PIL
richiesto dal funzionamento del sistema,
inuninsiemechiusodallerisorselimitate
qual è un pianeta, la distruzione
dell’ambiente è inevitabile e non
l’arresteranno le deliberazioni di Kyoto o
dialtriconvegniinutiliinlocalitàamene,
carta straccia come tutte le chiacchiere
checistannopropinando.
Ilcamminodellamodernitàcapitalista
è giunto a un ingorgo, a una strettoia che
nonconsentespazidimanovrapertornare
indietro. Siamo alla fine della corsa.
Questo è lo stato delle cose nel mondo
all’albadel2014.
Potremmo
scrivere
frasi
più
rassicuranti ma suonerebbero false. Le
lasciamo a Letta e a Renzi, che di belle
promessevivonoeprosperano.
LucianoFuschini
Fine2013:
panoramichea
gogò,eviacosì
30 DICEMBRE 2013
Siamo al termine di dicembre e sui
media, come al solito, fioccano i
cosiddetti bilanci di fine anno. In
apparenza
il
riepilogo
sembra
complessivo,maaguardarebenenonloè.
E non lo è – non può esserlo – proprio
perché si concentra sul 2013: qualcuno
potrebbe dire sull’intero 2013, ma in
realtàl’aggettivopiùcalzanteèunaltroe
haunsignificatoopposto.Quellodicuisi
offreunriassuntoèinfattiilsolo2013.
Naturalmente non mancano né alcuni
richiami al passato né talune proiezioni
sul futuro più o meno immediato, ma la
chiave di lettura resta cronologica,
anziché strategica. Il sottinteso è che la
storia è composta di singole annualità,
così come avviene per il campionato di
calcio,echeognivoltasiricomincia.Non
proprio daccapo, ma quasi. Invece di
riflettere a fondo su ciò che ci ha portati
alla situazione attuale, e trarne delle
conclusioni definitive sui vizi che
affliggono il sistema nel suo insieme, si
preferisceguardareavanti.
Restiamonell’ambitodelparagonecol
calcio, allora. C’è la classica
giustificazione/autoassoluzione:
il
contesto in cui muoversi resta quello che
è, visto che affrancarsene non è
consentito, e neppure pensabile, a causa
delleregoleedellestruttureinternazionali
allequalicisiamolegati,esottomessi.Ci
sonoilimitioggettivichenediscendono:
la massima possibilità di intervento, e di
rivoluzione,siesauriscenelcambiamento
dell’allenatore e di una parte della rosa.
Oppure, in casi eccezionali, degli stessi
proprietaridiunadatasocietà.
La trasposizione in ambito politico
dovrebbeessereovvia,maaggiungiamola
lo stesso. L’allenatore del 2012 era stato
Mario Monti. Nel 2013 gli è subentrato
Enrico Letta. Il quale, almeno per il
momento è ancora lì. La novità
annunciata,senonperil2014certamente
per il 2015, è Matteo Renzi. Le squadre
deiprimiduesonostaterinnovatedacima
a fondo, e quella del terzo è assai
probabilecheseguiràlastessasorte–olo
stessodisegno. Massiccio ricambio dei
giocatori, per far credere che il problema
sia tutto lì, e sostituzione di chi li guida,
per illudere che si giocherà meglio di
prima. Molto meglio. Al punto di
trasformare l’attuale squadra alquanto
disastrata, e pertanto a rischio
(addirittura! miodio! non-sia-mai!) di
retrocessione o peggio, in una compagine
capacedirilanciarsi.
Aicittadini,mancoadirlo,sichiededi
continuare a fare quello che finora hanno
fatto egregiamente, ovvero ottusamente:
glispettatori,itifosi,gliabbonati.Inuna
manieracheèfintamenteattiva,machein
realtà è passiva. A loro uso e consumo,
ecco qua le statistiche dell’anno appena
trascorso, o di quella sua porzione che
serve alla bisogna, accortamente
sciorinate in modo tale da accentuare gli
aspetti positivi, benché modesti, e
minimizzare quelli negativi, ancorché
moltopiùnumerosieconsistenti.
Lo avrete già sentito: Enrico Letta
punta sulla questione tributaria e gongola
viaTwitter(dovelabrevitàèd’obbligoe
fa da alibiinevitabile alle sintesi
sommarie,efuorvianti)sostenendochele
«Tassesullefamiglienel2013sonscesee
la tendenza continuerà anche nel 2014.
Notizia di oggi importante perché si
consoliditrendfiducia».Ineffettilecose
sono molto più complesse, ossia molto
meno univoche, e la dichiarazione è al
limitedelfalso.Comericonoscelastessa
Cgia di Mestre, che pure rilancia
l’interpretazione ottimistica, da un lato il
miglioramento riguarda solo alcune
tipologie di famiglie e per lo più,
specialmente riguardo al prossimo anno,
quelle con redditi da lavoro dipendente
che fruiranno della riduzione del cuneo
fiscale, mentre dall’altro dipende in
massimo grado dalla semi scomparsa
dell’Imu.Nonappenailparallelosifaccia
con il 2011, quando la stessa Imu non
c’era,irisultati(oi“trend”,comedirebbe
Letta)appaionoribaltati.
Appunto:seinvecedeiconfrontianno
per anno si effettuano delle analisi
pluriennali, e possibilmente abbastanza
ampiedacogliereleverelineedisviluppo
dell’offensiva neoliberista che si va
sviluppando da tre decenni abbondanti e
che si è intensificata dal 2008 in poi, si
capisce benissimo che le cose sono
drasticamentepeggiorateeche,aldilàdi
sporadicirecuperiinquestooquelsettore,
continueranno a farlo. Il che, secondo
logica, dovrebbe portare dritti alle
domande fondamentali: è tutto casuale
oppureno?Chisenestaavvantaggiando?
Le oligarchie finanziarie o la generalità
dellapopolazione?Ecomemaiipartiti,i
sindacati, e le altre organizzazioni
democratiche, non solo non fermano
quegli attacchi sistematici ma neppure li
denuncianocometali?
Troppo complicato, evidentemente.
Meglio focalizzarsi sul 2013 e cavarsela
così. Un altro contenitore che si ha fretta
di sigillare. Un ennesimo faldone che va
chiuso e riposto in archivio, anche se
l’archiviohal’aspettodiunoscaffaleche
restasottoinostriocchi.
Aportatadimano,inteoria.Ignorato,
difatto.
FedericoZamboni
Londraüberalles?
31 DICEMBRE 2013
La Gran Bretagna, fedele al suo
retaggioanglofonoeatlantico,nonhamai
voluto fare parte del sistema dell'euro,
scegliendo al contrario di restare
nell'Unioneeuropeaesvolgerviilruolodi
quinta colonna degli interessi a stelle e
strisce.
A Londra e Washington non piace e
non può piacere l'ipotesi che l'euro possa
trasformarsiinunamonetadiriferimento
alternativa al dollaro nelle transazioni
internazionali. Un pericolo che in verità
sembra
doversi
ridimensionare
sensibilmenteseloyuan,comeungiorno
succederà, rifletterà la forza della Cina
come prima potenza economica globale
dopo essere divenuta il primo Paese
esportatore.LaGranBretagnanegliultimi
anni si è caratterizzata per una sensibile
deindustrializzazioneeperilpassaggioad
una finanziarizzazione dell'economia che
ha visto il rafforzarsi della City come
prima piazza borsistica europea, a
discapito di Francoforte che in una
situazione normale dovrebbe essere
sostenuta da due fattori: riflettere il peso
dell’economia tedesca ed essere la sede
della Banca centrale europea. Invece,
colpevolmente e quasi in maniera
masochista,iPaesimembridell'Eurozona
hanno tollerato che Londra divenisse la
prima piazza finanziaria (con una quota
del70%)nellaqualevengonocontrattatii
titolipubblicieprivatiespressiineuro.
Appare quindi sorprendente che un
think tank (un pensatoio, un centro studi)
inglese come il Cebr (Centre for
Economic and Business Research) di
Londra abbia pubblicato uno studio nel
qualesiprevedecheentroil2030laGran
Bretagna diventerà la nuova locomotiva
economica dell'Europa e sopravanzerà
anche la Germania. Al di là del ridicolo
della previsione di uno scenario che si
verificherà tra ben 17 anni (!), un vizio
tipico di certi ambienti tecnocratici che
giocano con i numeri come se fossero
bussolotti, è interessante vedere su quali
considerazioni ed analisi il Cebr basi le
propriestime.LaGranBretagna,tantoper
cominciare, sarebbe l'unico Paese che
possa contare su una popolazione in
crescita,suunabassapressionefiscaleed
ovviamentesulnonfarepartedelsistema
dell'euro. Tre premesse che dovrebbero
consentire di salire nella graduatoria che
vedeattualmenteLondraalsestopostotra
le economie mondiali. Il Cebr stima che
in 15 anni il Prodotto interno britannico
passerà da 1,59 trilioni di sterline a 2,64
trilioni. La Germania, calcolando la sua
economiainsterline,passeràda2,2a2,69
trilioni.Poinel2030l'agognatosorpasso.
Il rallentamento tedesco sarebbe
provocato da euro debole, da una
popolazione che invecchia e dalla
prospettivaconcretadiunimpegnotroppo
gravoso negli inevitabili salvataggi per
impedire la bancarotta di alcuni Paesi
dell'eurozona. Altra previsione quasi
scontata del Cebr è che anche la Francia,
gli (da loro) odiati mangia ranocchie di
oltre Manica, finirà per scendere nella
scala dei Grandi a causa dell'aumento
delle tasse volute da Hollande. Non
parliamo poi dell'Italia che dall'attuale
ottavopostocrolleràalquindicesimo,con
sommo gaudio da parte dei sudditi della
PerfidaAlbione.
L'attuale
governo
conservatoreliberale ha impostato la propria politica
economica sul taglio e sulla riduzione
delletasse.Saràsufficiente?Ilquotidiano
Daily Telegraph, nel commentare il
rapporto,haespressononpochidubbi.La
linea di Cameron, ribadita strizzando
l'occhioaglielettoriinvistadelleelezioni
europee dell'anno prossimo, è quella di
bloccare i flussi dell'immigrazione e di
fare traballare il rapporto con l'Unione
europea, fino ad arrivare al referendum
del2017chedovràdecidereseicittadini
vogliono o meno rimanervi. Una svolta
che conferma, come se poi ve ne fosse
bisogno, che era più che fondata l'ostilità
di De Gaulle, nei primi anni sessanta, ad
una entrata della Gran Bretagna nella
alloraComunitàeconomicaeuropea.
MaèlostessoCebr,dopoleprevisioni
trionfalistiche, a fare una mezza marcia
indietro, osservando che Londra non
riesce a far crescere le proprie
esportazioni nei principali mercati di
sbocco extra-comunitari e che di
conseguenza pure il saldo della bilancia
commerciale resta debole. Non è un caso
chesistiaverificandounoscenariosimile
a quello degli Stati Uniti che basano la
forza della propria economia sulla
domanda interna “drogata”, la quale
assorbel'offertadibenieservizimanella
quale le famiglie sono fortemente
indebitate. A questo si deve aggiungere
poil'ipotesi,tutt'altrocheperegrina,cheil
referendum dell'anno prossimo sancisca
l'indipendenza della Scozia e che, di
conseguenza, il Pil britannico ne risulti
amputato, diventando solo inglese. E
allora addio sogni di sorpasso. Si tratta
infattidisogni.
Non si capisce davvero come il Cebr
possa vedere questa impetuosa crescita
britannica quando Londra non può più
contare su una base industriale adeguata.
La deindustrializzazione implica che si è
deciso di produrre in quei Paesi dove il
costo del lavoro è più basso. Ma non si
può pensare di puntare su una economia
basatasuiserviziperchésenzaproduzione
ed esportazione di manufatti un Paese
perde inevitabilmente il proprio know
howesitrasformainunsemplicemercato
di assorbimento di prodotti realizzati
altrove.Inaltriterminisitrasformainuna
colonia. In tal modo la terziarizzazione e
finanziarizzazione dell'economia diventa
fineasestessafinoaquandononcisarà
un altro Paese, mettiamo la Cina, che in
virtù del suo peso ridurrà la Gran
Bretagna ad un ruolo insignificante sullo
scenariomondialeancheinquestosettore.
L’analisi del Gebr sembra quindi non
tanto il frutto di uno studio accurato
quanto l'effetto della speranza britannica
di riconquistare il ruolo di un tempo,
perduto con lo sfaldamento dell'Impero
coloniale. Uno studio commissionato con
molta probabilità da quelli ambienti
finanziarichenonvedonol'oraditagliare
i ponti con Bruxelles, stimando che
basterà ritornare un'isola separata dal
continente,perriacquistareunruolocheè
però la realtà odierna ad escludere che
possaricrearsi.
IreneSabeni