La Voce del Ribelle - Mensile
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La Voce del Ribelle - Mensile
LaVocedelRibelle raccoltamensile Dicembre2013 Fondatore: MassimoFini DirettoreResponsabile: ValerioLoMonaco([email protected]) Caporedattore: FedericoZamboni Redazione: FerdinandoMenconi Artdirector: AlessioDiMauro ProgettoGrafico: AntalNagy,MauroTancredi LaVocedelRibelleèunmensiledellaMaxAngelo s.r.l. ViaTrionfale8489,00135Roma,P.Iva06061431000 Redazione:ViaTrionfale6415,00136Roma tel.06/92938215,fax06/99369806,email: [email protected] TestataregistratapressoilTribunalediRoma, n°316del18Settembre2008 Sitointernet:www.ilribelle.com Email:[email protected] Sommario MyGod,Mr.Letta:c’èilrischio dell’estremismo (FedericoZamboni,2dicembre 2013) Voglionoprivatizzareanche Bankitalia (MatteoMascia,2dicembre2013) StragediPrato.Benoltrelevittime (IreneSabeni,2dicembre2013) Lastrettacreditiziaalimenta l’usura.Ovvero:leBancheaiutano gli(altri)strozzini (IreneSabeni,3dicembre2013) Politicainversamente proporzionale:l’opposizionedelle “stretteintese” (MarcoManagò,3dicembre2013) Siamotuttideicapriespiatori (TinaBenaglio,3dicembre2013) IlFiscalCompactègiàtranoi (ValerioLoMonaco,3dicembre 2013) Ucraina:guerracivileprossima ventura? (FerdinandoMenconi,4dicembre 2013) RehnbacchettaLetta.Cheora bastoneràgliitaliani (IreneSabeni,4dicembre2013) USA:etuchesanitàpuoi permetterti,man? (FedericoZamboni,4dicembre 2013) GeorgeSoros:“Europa:creareuna classeoperaiaRom” (SebastianoCaputo,4dicembre 2013) Napolitano&C.:viasubitola PorcellumGang (FedericoZamboni,5dicembre 2013) L'Iseeelaguerratra(finti?)poveri (AlessiaLai,5dicembre2013) Putinvaforte,mal’imperoUSAè semprelì (AndreaPerrone,5dicembre2013) TrattativaStato-Mafia:lebombedi Alfano (IreneSabeni,6dicembre2013) Centrafrica:laguerradiNatale (FrancescaDessì,6dicembre2013) Vai,Angelino:haipureilquid dell’imbonitore (FedericoZamboni,6dicembre 2013) Imparareadiventareguerrieri.Ea riconoscereinemici (AlessioMannino,6dicembre 2013) Sfiduciatiedisoccupati (IreneSabeni,9dicembre2013) Italia:mancaunnuovomito fondante (LucianoFuschini,9dicembre 2013) PD:quasi3milionidiillusi (FedericoZamboni,9dicembre 2013) Grilloel'accusaalgiornalismo:e allora? (AlessioMannino,10dicembre 2013) L’Islandacontroipoteriforti.Il mutuolopaganolebanche (AndreaPerrone,10dicembre 2013) Italia:laGiustiziadistortadiuno Statocriminale (MatteoMascia,10dicembre2013) Forconieccetera:machezotici, queimanifestanti! (FedericoZamboni,10dicembre 2013) Venezuela.Amministrativenel segnodiChávez (AlessiaLai,11dicembre2013) Ifocolaidiprotesta:nulladipiù, nulladimeno (FedericoZamboni,11dicembre 2013) Draghicontroil“populismo”.Che inveceavanza,perfortuna (IreneSabeni,11dicembre2013) L'eticadi"OpusGoldmanSachs Dei" (IreneSabeni,12dicembre2013) LarivoltadeiForconiolalottadi classedelterzomillennio (SebastianoCaputo,12dicembre 2013) Forconi,detonatorieipocrisie (IreneSabeni,13dicembre2013) WebRadio:daichecelafacciamo! (LaRedazione,14dicembre2013) Natale2013.EccoavoiRenzie-theRebel (FedericoZamboni,16dicembre 2013) EallorachiamiamoloDecembrismo (AlessioMannino,16dicembre 2013) Italiadarimandare,secondo Standard&Poor's (IreneSabeni,16dicembre2013) Israele.Anchelìc’èlapauradel “diverso” (FrancescaDessì,17dicembre 2013) Laminaccianuclearetornaai confinidell’Europa (FerdinandoMenconi,17dicembre 2013) Tornal'incubodelprimocolpo (LucianoFuschini,17dicembre 2013) LoYuanavanza.Ela cinesizzazioneanche (ValerioLoMonaco,18dicembre 2013) Cile:eoramantienilepromesse, “Presidenta”Bachelet (AlessiaLai,18dicembre2013) Noallapatatachimica,perora (IreneSabeni,19dicembre2013) Rimpiangerel'URSS? (LucianoFuschini,20dicembre 2013) Autoindulgenza:ilviruschenondà scampo (FedericoZamboni,20dicembre 2013) “Contantiauguri”da Standard&Poor's (IreneSabeni,23dicembre2013) Sempremenolavoro.Sempremeno tutele (SaraSantolini,24dicembre2013) Societàliquida,mainunagabbia d'acciaio (LucianoFuschini,27dicembre 2013) NapolitanOplà:eilSalvaRomase neva (FedericoZamboni,27dicembre 2013) Lostatodellecose,inCinaequida noi (LucianoFuschini,30dicembre 2013) Fine2013:panoramicheagogò,e viacosì (FedericoZamboni,30dicembre 2013) Londraüberalles? (IreneSabeni,31dicembre2013) MyGod,Mr.Letta: c’èilrischio dell’estremismo 2 DICEMBRE 2013 Originalità: zero. Esagerazione: dieci (senzalode). EnricoLettavainvisitaallasinagoga di Roma, dove si incontra con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, e prende la palla al balzo per sciorinare una giaculatoria travestita da analisi: prima traccia un quadro a tinte fosche della situazione italiana, dichiarando che «Viviamo un tempo di crisi economica e socialecaratterizzatadallapaura,edalle spinte all'estremismo, all'odio, all'intolleranza: spinte che in Italia stannocrescendoinmodopreoccupante », poi prova a offrire squarci di luce rassicurante srotolando la collana, o la collanina, delle buone intenzioni e degli omaggi accorati, tra la risoluta affermazione che «resisteremo a queste tentazioni che incidono sulla parte più debole del Paese» e l’immancabile sviolinata alla Comunità ebraica che «apporta un inestimabile contenuto in un Paesecomeilnostrochetroppospessofa in fretta a perdere la memoria mentre deve ricordare di tenere alta la guardia rispetto a ogni forma di discriminazione razzismoexenofobia». Ilresocontopotrebbeanchefinirequi, con questo paio di “polaroid” verbali che si aggiungono all’album immenso, e infimo, dei discorsetti di circostanza proferiti da questo o quel politico. Tre quarti di abusate banalità, che tendono a passare inosservate ma che non sono mai del tutto innocue, e un quarto di mistificazione specifica, che è sempre tossica anche in minime dosi. L’ancoraggio retorico è ultra collaudato, conl’ennesimoriferimentoal(cosiddetto) olocausto, e quindi sommamente capzioso: una sorta di citazione dogmatica, quasi fosse tratta dalle Sacre Scritture,cheserveadavvalorareilresto. Detto in maniera colta, si ammanta l’attualità, le cui interpretazioni sono di per sé opinabili, con la Storia, o presunta tale, che viceversa si staglia come una verità assoluta. Detto in maniera più spiccia,eromanesca,lasista“aincartà”. Si prende la propria merce, che è quella che è, e la si avvolge in qualcosa di più attraente. Magari autorevole. Possibilmenteindiscutibile. Enrico Letta, appunto, prende il suo allarme da quattro soldi sull’estremismo, che sorvola completamente sulle vere cause della crisi, e sulle conseguenti responsabilità delle classi dirigenti sia in Italia che all’estero, e prova a incorniciarlocomesefosseuncapolavoro diriflessione:nonsolopolitica,nelsenso corrente,esvalutatissimo,deltermine,ma addirittura sociologica. Eccolo lì, il problema per eccellenza dei nostri anni. Eccola lì, la quintessenza delle difficoltà nazionali. Il ribaltamento è completo. Il travisamento anche. Ciò che ha gettato e continuaagettareneldisagioenell’ansia milioni e milioni di persone – rimaste senza lavoro e quindi senza reddito, oppureconlavorimalpagatievariamente precari – diventa un dato di fatto su cui non vale più la pena di interrogarsi. Logico,sciocchini. Poiché è accaduto, appartiene al passato. All’inevitabile. A ciò da cui dobbiamo ripartire, non già volgendociindietroincercadeicolpevoli, che pure sono ancora tutti, o quasi, in circolazione e persino al potere, ma affratellandocigliuniaglialtriinvistadi un nuovo e più lieto inizio. Oops: non si dice“inizio”;sidice“ripresa”. Letta (Enrico all’anagrafe, Henry per gliamicistatunitensi,nonchéperglialtri confratelliinternazionalidiritobancario) paventa «l’estremismo, l’odio, l’intolleranza». Solo quelli provenienti dal basso, però. Solo quelli che minacciano, o anche solo disturbano, le oligarchie che ci hanno portati alla situazione attuale. Quanto all’estremismo finanziario e speculativo, quanto all’odio verso i governi, ad esempio latinoamericani,chevisicontrappongono, quanto all’intolleranza per chiunque non si prostri davanti al totem del Pil collettivo, e al miraggio dell’arricchimento individuale, il solerte Henrynonbatteciglio. E i suoi ospiti della sinagoga, c’è da supporre,nemmeno. FedericoZamboni Vogliono privatizzareanche Bankitalia 2 DICEMBRE 2013 Nel giro di un paio d'anni la Banca d'Italia potrebbe diventare una lontanissima parente di quell'ente pubblicochevenneistituitoconl’incarico diregolareilcompartodelcredito. Fabrizio Saccomanni, attuale titolare dell'Economia ed ex direttore generale della stessa Bankitalia, è riuscito a far inserire nell'ultimo decreto-legge licenziato dal Governo una norma potenzialmente pericolosissima. L'Istituto di via Nazionale sarà completamente privatizzato e le sue azioni saranno distribuitetraivarisoggetti“controllati”. La proprietà di Bankitalia passerà quindi nelle mani delle società che dovrebbero esseresottoposteallasuavigilanza. Uncapolavorochepotevariusciresolo al ministro tecnico di un Esecutivo politicamentesemprepiùdebole.«Al fine di assicurare alla Banca d'Italia un modello di governance che ne rafforzi l'autonomia e l'indipendenza, nel rispetto dei Trattati Europei, il decreto legge stabilisce nuove norme riguardanti il capitale e gli organi dell'istituto», questo il contenuto del comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi. Un capolavoro dimistificazione:lavolontàdiLettaedei suoi Ministri non è per niente improntata al perseguimento di una maggiore autonomiaedindipendenza. Alcontrario,potrannosedereneiruoli di vertice di Palazzo Koch – e comunque influenzarnefortementel'operato–quegli operatorisucuideveesserefattaricadere la responsabilità di una sempre maggiore finanziarizzazione dell’economia. Parliamo ovviamente di compagnie assicurative e società finanziarie internazionali. Multinazionali cui si potrannoaffiancareancheifondipensione privati.Nonèstatopostonessunrichiamo alla provenienza degli “investitori”, tutti gli operatori dell'Unione Europea potranno sognare di entrare in uno dei ganglivitalidell'economianazionale. Le modifiche non sono finite qui. La Banca d'Italia verrà autorizzata ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzodelleriservestatutariesinoadun massimo di 7,5 miliardi. La Banca potrà distribuire dividendi annuali per un importononsuperioreal6%delcapitale. Ciascunpartecipantealcapitalenonpotrà possedere - direttamente o indirettamente - una quota di capitale superiore al 5%. Per favorire il rispetto di tale limite, la Banca d'Italia potrà acquistare temporaneamente le quote di partecipazione in possesso di altri soggetti. Un evidente regalo agli istituti in difficoltà, che potranno contare sulla liquiditàprovenientedaBankitaliaesulla possibilità di inserire nel “patrimonio di vigilanza” (una variante ampliata del classico concetto di patrimonio, in cui si aggiungono al capitale sociale e alle riserve anche ulteriori elementi di natura non prettamente patrimoniale, come per esempio i fondi costituiti nell’ambito del fondointerbancariodituteladeidepositi) le proprie partecipazioni nell'istituto centrale, con il fine di rafforzare ad un costoirrisoriolapropriacapitalizzazione. L'operazione è talmente “innovativa” che persino la tristemente famosa Banca centrale europea avrebbe manifestato diverse perplessità; nodi che, con tutta probabilità, dovrebbero essere sciolti nel giro di una settimana. Figurati se i tecnocrati di Francoforte si faranno sfuggire la possibilità di entrare indisturbati all'interno di Bankitalia. L'unica speranza deve essere riposta nei deputati e nei senatori non appiattiti sull’appoggio, esplicito od occulto, al Governo. Solo loro potranno riuscire a disinnescare l'articolato del decreto-legge di Saccomanni e Letta, provvedimento legislativo già pienamente operativo all'internodelnostroordinamento. Qualcuno dovrà avere il coraggio di evidenziare la sostanziale abrogazione dellalegge262del2005.Disciplina–mai attuata completamente – che prevedeva comunque la completa pubblicità della nostraautoritàdivigilanzasullafinanzae sulcredito.«LaBancad'Italiaèistitutodi diritto pubblico», questo il secondo comma dell'articolo 19. Una norma semplice e concisa che non lasciava spazio a chi avrebbe voluto privatizzarla. L'articolo prosegue poi con espressi richiamiallanecessitàditrasparenzanelle procedure amministrative – che con l'assetto voluto dal governo Letta diventerebbero societarie – e all'obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti emessi dai suoi dirigenti, così come richiesto per qualsiasi altro ente pubblico esistentenelPaese. Una struttura normativa di cui si potrebbe celebrare il funerale da qui a pochi mesi. Un'evenienza da impedire ad ogni costo, soprattutto per chi sogna di riconquistare quella sovranità monetaria sottratta all'Italia a colpi di trattati e vertici internazionali. Sarebbe del tutto inutileaveremaggiorcapacitàdimanovra in campo economico se poi saranno i privati a decidere le regole cui si dovrannorichiamarebancheefinanziarie. Si aprirebbe in aggiunta il fronte della tutela dei consumatori. Chi assicurerà il pieno rispetto delle normative? Chi vigilerà in materia di anti-usura? Interrogativi a cui si dovrà trovare una rispostaentroiprossimi50giorni. C'è inoltre un problema di non poco momento. I privati che potranno controllare Bankitalia avranno l'indiretta proprietà delle riserve auree italiane, 2.452 tonnellate il cui valore è di gran lunga superiore ai 100 miliardi di euro. Un'ereditàprovenientedaitempiincuila moneta era sovrana ed il controllo dell'economia era considerato perno di qualsiasipoliticastatale. Il Governo italiano si riconferma nemico degli interessi nazionali. Una tendenza ormai ultradecennale, senza distinzionedicolorepolitico. MatteoMascia StragediPrato.Ben oltrelevittime 2 DICEMBRE 2013 La tragedia di Prato non è la prima e nonsaràl'ultima.Permoltiorasaràfacile indicarne la causa nella ricerca ossessiva delprofittoadiscapitodellasaluteedella vitaedeilavoratori.Saràancorapiùfacile mettere sotto accusa la mancanza di controlli da parte delle autorità competenti che avrebbero dovuto aprire più di un occhio su una realtà di degrado benconosciuta. Chedecinedilavoratoricinesi,avolte pure clandestini, fossero letteralmente accatastati in pochi metri quadri a lavorare e a dormire, era una realtà tollerata sulla quale si preferiva tranquillamente sorvolare per non bloccare un meccanismo che ormai da anni va avanti da solo. Non è un mistero infatti che molte aziende di Prato, come altrenellastessacondizioneintuttaItalia, producanononsoloperilmercatointerno eperl'exportmaanchecomefornitoridei grandimarchidelmadeinItaly. Di conseguenza, fare eccessivi controllisulrispettointegraledelleregole scritte in materia di legislazione del lavoro finirebbe per bloccare buona parte del comparto tessile. Lo stesso discorso vale per altri settori produttivi. Una responsabilità che, in una fase di disoccupazione crescente come l'attuale, nessuno vuole assumersi in base alla considerazione: “Non vorrete mica che altre decine di migliaia di persone finiscanoperstrada?”. Lo sanno le imprese che continuano a violare le regole. Lo sanno gli stessi sindacati che soltanto in queste occasioni sisveglianoealzanolavoceindifesadei diritti dei lavoratori, che tanto più sono stranieri,quantopiùsonosfruttati.Anche se a sfruttarli poi sono i loro stessi connazionali. Lo sanno infine i Vigili del Fuoco, le varie Asl e gli Ispettorati del Lavoro che si possono muovere soltanto inpresenzadiunaprecisadenunciaeche finiscono per accodarsi a questo andazzo. Questo è lo scenario generale che è cosa ben differente dalla realtà dell'azienda coinvolta nella strage della fabbrica di Prato,sullaqualeleautoritàcompetenti,a disastro avvenuto, dovranno svolgere i dovuti accertamenti. Ma esso serve comunqueaspiegareperchésivadaavanti adocchichiusisperandochenonavvenga ciò che è destinato ad accadere, come a Prato, in conseguenza delle condizioni fatiscenti dei luoghi di lavoro. Dove ci sono impianti elettrici vetusti che non sono in grado di reggere il nuovo e continuosovraccaricodienergiarichiesta. Èsignificativocomunquechelastrage sia avvenuta in una fabbrica cinese nella quale sono state trasferite le modalità di lavoro tollerate ed incoraggiate in patria dalgovernodiPechino. Salaridafame,otto-diecivolteminori diquellieuropeieditalianiecondizionidi lavoro al limite dello schiavismo. Due peculiarità che spiegano il boom cinese piùdiognialtracosa.Eserveapoco,anzi appare una sorta di presa in giro, sentirsi replicare che anche l'Italia del boom dei primi anni sessanta si concretizzò grazie ad una politica di salari bassi ai quali offrirono una compensazione soltanto le lotte dell'Autunno Caldo e lo Statuto dei lavoratori del 1970. La realtà è oggi ben diversa. La lotta tra poveri di 50 anni fa era uno scontro tra italiani per conquistarsi e mantenersi un lavoro a fronte dell'impossibilità per i sindacati di tutelare adeguatamente i dipendenti. La guerra odierna si svolge al contrario tra poveriperlasopravvivenza.Doveipoveri sonosiagliitalianicheglistranieri,perlo piùextracomunitari. Una lotta per la sopravvivenza che spinge ad accettare le condizioni più infime di lavoro e di salario pur di raggranellare qualche euro, avendo come alternativaladisoccupazionepermanente. Il modello cinese si sta lentamente imponendo anche in Italia, anzi si è già imposto. Lavora, guadagna quello che ti offriamo,altrimentivattene.Ediltragico è che sono gli stessi sindacati, Cisl e Uil intesta,adavereavallatolanuovarealtà, sottoscrivendo la cancellazione dei contrattinazionalidicategoria(comealla Fiat) e il passaggio a contratti aziendali basati sugli straordinari e sui premi di produzione. Laveraquestioneèquindiilclimanel quale è potuta maturare la tragedia di Prato.L'ideacheilmondodebbaessereun unico grande mercato globale sul quale possono essere spostati e ricollocati a piacimentotuttiifattoridellaproduzione. Capitali, materie prime, merci e prodotti finiti. Più ovviamente gli uomini, ormai ridottiamerce.Comeglischiavi. IreneSabeni Lastrettacreditizia alimental’usura. Ovvero:leBanche aiutanogli(altri) strozzini 3 DICEMBRE 2013 Le piccole e medie imprese italiane, penalizzate dalla stretta creditizia delle banche, si trovano costrette a ricorrere agli usurai. È una realtà che non appare sui principali quotidiani nazionali, tutti più o meno legati alle banche da incroci azionari e da rapporti di credito-debito. Maèunarealtàcheincrinapesantemente lepossibilitàdiunaripresaeconomica. In Italia sono infatti le Pmi a rappresentare la struttura portante del nostro sistema industriale. Ma le banche sembrano avere interesse a finanziare soltanto le grandi imprese come la Fiat. Guardacaso,quellachedaannihaavviato uninarrestabiledisimpegnoproduttivodal nostro Paese, dove resteranno soltanto i marchi di lusso come la Ferrari, la Maserati e le vetture sportive dell’Alfa Romeo, destinate ai mercati americano e cinese. Secondo le associazioni che si occupano di contrastare il fenomeno dell’usura, circa 2 milioni di piccole impresesitrovanoaseriorischiodiessere strozzatedagliusurai,conlapossibilitàdi dover chiudere o addirittura di dover cedere l’attività che verrebbe inevitabilmente rilevata da prestanome legati alla criminalità organizzata. Non è unanovitàchemoltedellefinanziarieche prestanosoldiastrozzosianolegatemani e piedi alle varie mafie che hanno abbandonato le regioni del Sud per stabilirsi in pianta stabile da Roma in su, intutteleregionidelNord. Si calcola che nel 2013 le denunce presentate siano aumentate del 15%, una cifra non da poco che testimonia del disastro creato da una politica bancaria scellerata.Siamodifrontealprimoepiù palpabile effetto di una stretta creditizia che appare immotivata visti i tantissimi soldichelebancheitalianehannoricevuto sottoformadipresititriennalidallaBanca Centrale Europea al più che conveniente tasso di interesse dell’1%. Erano prestiti che,almenoaparole,Draghiavevalegato alla necessità di finanziare l’economia “reale”. In altre parole le imprese e le famiglie. In realtà le uniche imprese che sono state finanziate sono stati i grandi gruppi industriali che possono fare pesare sul tavolodelletrattativeiproprilegamicon la politica, e con le stesse banche, e tutte le implicazioni in campo occupazionale. Se chiude laditta Rossi è un conto, se chiude Mirafiori è un altro. Quei soldi le banche li hanno utilizzati invece, in larghissima parte, per comprare titoli di Stato e legare ancora di più il proprio futuro a quello della stabilità dei conti pubblici, a quella dello spread tra Btp e Bund tedeschi decennali ed, in ultima analisi, alla tenuta dell’euro. In questa deriva finanziaria, perché di deriva si tratta, a rimetterci sono state così le piccole e medie aziende costrette a rivolgersi a società finanziarie capaci di imporre tassi di interessi pari fino al 400% annuo. Una scelta quasi obbligata, che rappresenta sempre e comunque l’inizio della fine per gli imprenditori finiti nel tritacarne loro malgrado. Il problemanonèdatosoltantodallascarsa e inesistente concessione di credito ma spessoèdatoanchedall’inattesarichiesta fattadallebanchealleimpresedirientrare delle proprie esposizioni. Ad esempio, quando un mancato pagamento ha fatto scattare la segnalazione alla centrale rischi, chiudendo di fatto la possibilità di ottenere credito legale. In molti casi il mancato pagamento da parte di una impresa è l’effetto del mancato pagamento di una fattura da parte di un cliente. Un effetto domino quindi. Un fenomenocheinquestafasedirecessione sistaparticolarmenteaccentuando. Da parte loro, le banche si difendono sostenendo che non possono fare altro, a frontediunaumentodellesofferenzeche stamandandoinrossoilorobilanci. Secondo i dati ufficiali, banche e finanziarie “legali” hanno respinto quest’anno circa il 45% delle richieste di credito.Questo,prevedonoleassociazioni anti-usura,dovrebbespingereil30%delle imprese interpellate a rivolgersi alle finanziarie degli usurai, in particolare in prossimitàdellescadenzefiscalichesono ineludibili. Un quarto almeno delle imprese ha spiegato di essere stata costretta a questo passo estremo (il 30% prevede che dovrà farlo) dalla volontà di non licenziare i dipendenti che, in particolareneipiccolicentri,sonopersone con le quali ci si conosce da una vita. Così,sigiungealparadosso,cheinrealtà non è tale, che sono le stesse banche a trasformarsi nelle prime alleate degli strozzini. Unica consolazione sono i dati che testimoniano del numero degli usurai denunciati e dei patrimoni illeciti sequestrati. Ma è soltanto la punta di un iceberg che la politica prova imbarazzo a vedere. Siamodifronteadunarealtàinvasiva che ormai si è impiantata nelle ricche, o ex ricche, regioni del Nord industriale e che testimonia del fatto che interi patrimoni(impreseedimmobili)sistanno trasferendo dai loro legittimi proprietari nelletaschedellacriminalitàorganizzata. IreneSabeni Politica inversamente proporzionale: l’opposizionedelle “stretteintese” 3 DICEMBRE 2013 Lamaggioranzadiminuiscemaèpiù forte, la minoranza cresce ma è più debole Il 27 novembre scorso, subito dopo il voto di decadenza al Senato per il Cavaliere, il raggiante Enrico Letta ha affermato: «Il governo è più forte di prima,acceleriamoleriforme».Ilpremier ha rafforzato la propria tesi, sostenendo che la fiducia accordata da 171 senatori alla legge di stabilità «è il miglior incentivo per dare all’esecutivo forza, coesioneeprospettivapertuttoil2014». Esiste un Senato compatto dunque, in grado di chiamare al voto per la decadenzatuttigliaventidiritto,compresi i senatori a vita, in genere poco presenti. Una partecipazione così elevata, in controtendenza rispetto all’assenteismo dellesedutedituttiigiorni,èauspicabile anche nelle occasioni in cui in ballo ci sianoiproblemidegliitalianicomuni. LadecadenzadiBerlusconihasegnato uno spartiacque: tra avversari del Cavaliere (M5s, Pd, Sel, Scelta Civica), chi lo ha “sacrificato” in nome della poltronadadifendere(Ncd)eisostenitori irriducibili(ForzaItalia). Il paradosso delle nuove intese vede ancheunapresenza,fraleopposizioni,di partiti come M5s, Sel e Forza Italia; formazioni tra loro in grande astio e non in grado di costituire una struttura di “minoranzadellelargheintese”comeloè stato per i partiti che hanno sostenuto l’“esecutivopartecipato”diLetta. Il governo di Letta si trova forte non soltantoperinumeri(seppureincalo)che sono dalla sua parte e garantiscono prosperità,nonsoloperinumitutelariche lo sostengono (da Washington, passando per Francoforte e per il Quirinale), ma si avvale anche della minoranza davvero eterogenea che lo fronteggia. Tale minoranza, infatti, a cui occorre aggiungere formazioni come la Lega e Fratelli d’Italia, è un misto di posizioni politiche diverse e contrastanti fra loro, difficili da poter ricondurre verso un anelitodiprotestacoesaecondivisapurdi far cadere l’esecutivo “fantoccio” di Letta. Per poter convogliare, infatti, le esigenzedidissensodiForzaItalia,M5se Sel in contemporanea, deve sussistere davvero una tematica trasversale di spessorenotevole. Superata l’ennesima questione mediatica e politica legata al Cavaliere (con lieve riduzione di spazio, si spera, neiprossimigiorni),standoalleparoledi Letta le carte in tavola cambieranno davvero. In possesso della bacchetta magica, il presidente del Consiglio sta tranquillizzando gli antiberlusconiani e i berlusconiani,proprioconl’assicurazione che ora si fa sul serio. Ciò vuol dire che per 7 mesi, dal suo insediamento di fine aprile, ha scherzato, frenando le riforme perchévincolatodaquelPdlcosìriottoso. Si desume, implicitamente, che il Paese, standosemprealleultimedichiarazionidi Letta,abbiaperso7mesiperpotervedere, con questa nuova maggioranza più salda, ilvarodelleriformeimportanti(unavera beffa). In tal modo, seguendo il suo ragionamento, disoccupati, ragazzi in cerca di prima occupazione, cassaintegrati, pensionati e lavoratori in genere, possono tirare un sospiro di sollievo. Anche iberluscones si facciano una ragione della parziale sconfitta del proprioleader e si sollevino al pensiero delleirrevocabilidecisioniomeglio:delle irrevocabiliriforme. Ora il Pd e la maggioranza hanno le mani slegate, non più tentennanti nei confronti dello scomodo alleato e quale minoranza può fermare l’onda forte delle nuove riforme (a cominciare da quella elettorale,perpoipassareaquellerelative al lavoro e alla ripresa economica)? Non cisonopiùminoranzeingradodifermare il Pd che governa né scomodi alleati di esecutivo,percuilaripresaèinevitabile. Il metalinguaggio attuale è grossomodoquello. E ancora: il Pd dimostrerà come le calunnie (queste sì durate davvero 20 anni)sulfattochelasinistraesistasoloin funzione e di luce riflessa al berlusconismo, siano infondate e, avendo la strada spianata, potrà porre fine alla crisieconomica,aglisprechi,all’evasione fiscale, alla giustizia, alla mancanza di lavoro, alla sicurezza pubblica, al femminicidio. È terminato il cosiddetto “ventennio” (in realtà, per la poltrona di Palazzo Chigi, occorre detrarre i 16 mesi di Dini, i 53 di Prodi, i 18 di D’Alema, i 14diAmato,i17diMontiei7diLetta) che ha paralizzato il Paese, ora si volta davvero. Anche i media si gioveranno della nuova situazione e non saranno più costretti a riempire i loro spazi con le beghe berlusconiane per distrarre, ops, informare l’opinione pubblica italiana e potranno, invece, fornire tante informazioniriguardoalladisoccupazione e alle possibili soluzioni. I lavoratori in sciopero e in lotta contro le proprie aziende che delocalizzano all’estero, potranno giovare, certamente, di spazi adeguatiperleproprierivendicazioni,non essendocipiùbagarresulCavaliere. I berluscones stiano tranquilli: digeriscano l’impasse (provvisoria) del proprioleader,nelfrattempocomincinoa bearsi della ripresa economica, sociale, politicaemoraledell’Italia. Saranno contenti anche i gendarmi d’oltreoceano, nel vedere la colonia, ops, la fedele Italia in sicura ripresa? Loro auspicavano la crescita ma manovravano perchénonsiverificasse,oraèsufficiente un controllo a distanza, meno diretto, contemplandolemiglioriediLetta. Questo sulla carta (e sulle tv, e nelle radio,ovviamente) Tutto ciò salvo il minimo intoppo e allora,unatelefonataallatroikache,asua volta, avvertirebbe Napolitano, darebbe il “la” a un nuovo ribaltone, a nuove maggioranze. Cambiano pelle insomma. Sulla nostra. MarcoManagò Siamotuttidei capriespiatori 3 DICEMBRE 2013 Il 19 settembre scorso la Camera dei Deputati approva la legge “antiomofobia”.Èancorainforsesepasseràin Senato.Sicuramente,intanto,lanormativa ha già scatenato numerose polemiche e parecchie proteste. E non poteva essere checosì.Dalmomentoche,seguardiamo iltestoattraversoisuoisub-emendamenti, dobbiamo prendere atto che, oramai, siamotuttideicapriespiatori. Lo notiamo immediatamente, ad esempio, se leggiamo l’emendamento Gitti, il quale recita: «Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee […] assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni». Il che vuol dire, in pratica, che qualora un uomo politico desse dell’orangutan a una ministra di colore (come infatti è successo), egli potrebbesempregiustificarsidicendoche quel titolo è «assunto dalla natura politica» del suo dire o, addirittura, sostenerechelasuasortitaaltrononèche «l’attuazione dei principi e dei valori di rilevanzacostituzionale». Ecosì,mentreilsemplicecittadinonel discriminare criminoso compie un perseguibile reato, il cittadino “speciale” che opera al riparo delle istituzioni ricomprese nella legge sarà tenuto in salvo, quale che sia la sua azione discriminante, per il solo fatto di appartenere, appunto, ad una istituzione. Altro che il cinismo consigliato al Principe dal Machiavelli! Quel cinismo, infondo,glieraconsigliatoinvirtùdiun ordinato governo necessario al popolo. In questalegge,invece,ilcinismoservesolo a condannare il popolo e salvare il Principe: il popolo ridotto a turbolenta massadiindividui,eilPrincipeinsediato sul trono di un indiscusso e immune potere. Ma vi è anche un altro malanno in questa legge, ed è la legittimazione e l'avallo di tanti anni di malvagità istituzionale e politica. Una politica che ha instillato nell'inconscio del cittadino italiano un’idea distorta di democrazia, che spiana la strada alle più rozze contrapposizioni tra i vari schieramenti, effettiviofittizi.Etniacontroetnia,razza contro razza, nord contro sud. Così come troppo spesso non si è dato peso né politico né culturale alle affermazioni di un Presidente del Consiglio che, con goliardicadisinvoltura,ponevalabellezza delle proprie donne di partito contro la non bellezza delle donne del partito avversario. Perché mai quelle donne, nel vedersiusatecomepurostrumento,nonsi sono ribellate? Perché mai le Istituzioni indicate dalla legge di cui stiamo parlando, non sono insorte a contrastare tale becera discriminazione? Ma perché cavalcando quel silenzio si poteva diventaregruppodiindiscussoeinnocente potere. Certo, il lasciar correre la criminalizzazione di razza o di genere che diloro natura sono innocenti – e giustificare ed esaltare l'agire devastante dei poteri forti, forse non porta alle camereagas,macertamentedegradaogni progettodicivileconvivenza. Per comprendere appieno perché questoavvenga,occorretenerpresentegli stereotipi che portano al formarsi del caproespiatorio. Se leggiamo il libroIl capro espiatoriodiRenéGirard,vediamocheil primo stereotipo che porta verso la persecuzionedeldiversostanellacrisi:ci deveesserecioèundisastrochesconcerta le persone, privandole della capacità di ancorarsi a delle risposte razionali. Cioè, nonnecercanoleverecauseperagiresu diesse,etantomenoaccettanodiesserne in qualche modo compartecipi. Individuano invece delle “persone nocive”: la mela marcia da togliere dal cesto, quella per cui, poi, tutto magicamente dovrebbe tornare come prima. Così, conseguentemente, il secondostereotiposonoappuntoleaccuse mosse a queste persone. Accuse che non sono altro che la risposta al sogno delle folle dipurgare la comunità dagli elementiimpuri.Ilterzostereotipostanel tipodivittimecontrocuiscatenarsi.Esse devono esserediverse efragili. E quand’anche siano davvero colpevoli, il veromotivopercuivengonosceltenonè lalorocolpevolezza,bensìl’appartenenza adunadeterminatacategoria. Ma siccome la ricerca del capro espiatorio c’è solo se la maggior parte delle persone è disposta ad accettare che un certo tipo di individui è “in sé” colpevole(perilsolofattodiappartenere a un certo gruppo o tipologia di persone) una tattica spesso impiegata dai governi per creare il capro espiatorio è quella di criminalizzare un intero gruppo di individui, attribuendogli in blocco la condotta immorale di alcuni dei suoi membri. Oppure di fare, di un gruppo e f f e t t i v a m e n t eproblematico, “il” colpevole di tutta la situazione politico economica. O, ancora, di trasformare una menomazione fisica in una minorazione sociale. Al contrario, bisogna dire con forza che la ricerca del capro espiatorio è qualcosa di profondamente devastante, perché lacera e fa a pezzi il tessuto sociale,mettendogruppidipersonecontro altri gruppi. Una dinamica che ha il preciso obiettivo, da parte del potere, di spingerci a volgere il nostro sguardo verso,econtro,lospauracchioditurno,in modo da celare le cause dei problemi e lasciare che i veri colpevoli restino impuniti.Nonèuncasochequestotipodi manipolazione sia stato utilizzato soprattuttodaigovernitotalitari. Eppureoggisièpropensiacredereche il capro espiatorio e gli stereotipi che lo caratterizzano siano acqua passata, relegati a quei momenti bui in cui si credette, per esempio, che la peste nera (che decimò quasi la metà della popolazione europea nel XIV secolo) non fosse causata dal fatto che le grandi città erano delle discariche a cielo aperto, sovrappopolateesenzafognature,mache la colpa fosse delle donne che facevano patti con il diavolo e degli ebrei che avvelenavanoipozzid’acqua.E,invece,il modo di creare i capri espiatori si è semplicemente evoluto. Come è il caso dellaleggedicuistiamoparlando. La legge in questione, infatti, presentando le Istituzioni in contrapposizioneconicittadini,attuauna manovra che nasconde le vere cause del disagiosociale,proteggeivericolpevolie piegalasovranitàdelcittadinoalpuntodi far essere tutti dei capri espiatori. Ed è proprio la riduzione del cittadino a capro espiatorioilperpetratooltraggiocheoggi laceraefaapezziiltessutosociale. Inaltreparole,questaleggeèuninno che celebra la verità e l’innocenza degli apparati e dell'agire organizzativoistituzionale, e il martellante rintocco di campana a morte della sovranità del cittadino, ridotto invece alla malvagità di uomo-massa. Primo Levi sosteneva che quando l'altro da sé viene istituzionalizzato come nemico, la strada che porta al lager è già aperta. Ed è proprio ciò a cui allude questa legge, che daunapartestabiliscel’innocenzaapriori della Istituzioni e, dall’altra, riduce a massa di capri espiatori, quantomeno potenziali, i cittadini nonorganizzativamenteistituiti. Emblematica, al proposito, la vicenda di Balotelli, che negli stadi viene spesso insultato a suon disporconegro (formula cheingloba,levandol’esseimpura,porco negro):sicuramenteèdifficilescagionare l’estrosacaratterialitàdelgiocatore,anche pernoichesiamopropensiapensareche, forse, quell’inconsulta estrosità possa essere la rivalsa maldestra di una lunga colonizzazione patita. Certo è che la sua maleducazione è fin troppo evidente. Ma la medaglia del porco e sporco negro ha unadoppiafaccia.Eunadelledueèquella d e lbianco beneducato che riempie una bottiglia di psicologia e pedagogia e la scagliaconl’intenzionedicolpireintesta lo sporco/porco negro. E allora la domanda è: delle due facce, qual è la più perversa? Inoltre, forse non sa, il beneducato bianco, che in quel momento sta facendo esattamente ciò in cui è stato bene addestrato? Ben addestrato a fare dell’altro da sé, il proprio capro espiatorio. Ben addestrato a celebrare l’innocenzadegliapparatiefarelaguerra aicittadinisenzapotere. Senza potere. Come, oramai, siamo tutti. TinaBenaglio IlFiscalCompactè giàtranoi 3 DICEMBRE 2013 Le parole pronunciate oggi da Olli Rehn e riferite all'Italia e ai suoi conti pubblici sono importanti, ma non sono fondamentali. Nel senso che non sono tanto rilevanti in sé quanto, semmai, in grado di far chiarire meglio - a chi, beninteso, lo voglia capire - come stanno realmentelecose. Dal punto di vista della cronaca, pertanto, non c'è molto da dire. Il Commissario Ue "prende nota" delle buone intenzioni del governo italiano in merito alle misure già prese e soprattutto riguardoquelleinprocintodiesserloma, ha aggiunto, non stiamo «rispettando l'obiettivo» (del deficit). L'Italia sarebbe in linea, sebbene di pochissimo, con il criteriodel3%,cosachecihaconsentito per un pelo di uscire dalla procedura per deficit eccessivo. Il fatto è che non lo siamo affatto, in linea, con lo sforzo che ci viene richiesto in merito all'aggiustamento strutturale: questo avrebbe dovuto essere di circa mezzo punto di Pil, invece ci siamo presentati conappenalo0.1%. Rehn ha ovviamente taciuto sul fatto cheperrispettarequestomiseroobiettivo cisonounaseriedinormegiàvarate,per esempio all'interno della Legge di Stabilità, che al momento non hanno copertura. Fare dichiarazioni in tal senso sarebbestatoforsetropponeiconfrontidi un governo, il nostro, che sta facendo di tuttopernonscontentarel’Europa.Maha dettoqualcos'altrodipiùimportante. Andiamo con ordine. Le norme accennate, ad esempio, sono quelle relativeallalorocoperturaprevistachesi dovrebbe ottenere con degli anticipi di imposte sul prossimo anno. Come dire: per far quadrare i conti adesso anticipiamo il prelievo sulle tasche degli italiani riguardo al loro guadagno futuro. Cheèpresunto,naturalmente,vistocheil futuro, soprattutto di questi tempi, nessuno lo sa. Ma intanto si fa cassa per coprirelespesuccecorrenti. Riguardo la frase più interessante, invece, si aprono diversi altri scenari. Secondo Rehn, visto che non stiamo centrando l'obiettivo, c'è bisogno di dare una accelerata alle operazioni di privatizzazioniespendingreview.Musica per le orecchie della speculazione e per quellediNapolitanoedeglialtrimanipoli di maggiordomi attualmente in Parlamento:daMontiaLettaatuttiquelli a vario titolo legati con gli ambienti finanziarisovranazionalichecontano. Il programma quello era, già dall'era Monti,equellorimaneancheadesso.Non solo: da oggi, ufficialmente, "l'Europa ce lochiede".Ecichiede“difareinfretta”. ÈpropriodaBruxellesinfattichesilevail monito preciso: privatizzare, cioè svendere,erivederelaspesa,cioètagliare ulteriormente. Patrimonio e aziende pubbliche, e lavoratori pubblici direttamenteoltreatuttiglialtricittadini indirettamente (per via della perdita ulteriorediserviziewelfare)sonodunque avvisati. Enontragganoiningannoleparoledi Napolitano in risposta a Rehn: «siamo orgogliosi dello sforzo fatto» ha dichiarato il Presidente della Repubblica. È un gioco delle parti, evidentemente. Intanto perché bisognerebbe chiedergli come fa ad arrogarsi il diritto di rivendicare un orgoglio per degli sforzi fattidaaltri,cioèdaicittadiniitaliani,che a occhio e croce non crediamo possano essere poi tanto orgogliosi di finire per strada. In secondo luogo perché è stato proprioNapolitano,attraversolesuevarie mosse di palazzo, a rendere obbligatorio pertuttinoisostenerli,queglisforzi. E ovviamente stendiamo un velo pietoso sulle dichiarazioni di Forza Italia che, passata puntualmente all'opposizione dopo la decadenza di Berlusconi, rispetta il clichet comportamentale tipico del luogo nel quale si trova per chiedere le dimissioni di Saccomanni reo, teoricamente, di non essere riuscito a far quadrare i conti. Come se vi potesse essere un altro personaggio in grado di farlo considerata la situazione di blocco totale che viviamo a livello finanziario grazieallepoliticheeuropeesottoscrittea suotempo(sottoscritteanchedagliattuali forzaitalioti,peraltro). Più interessante, invece, la seconda frase proveniente dal colle: «A livello delle istituzioni europee si impone una correzione di rotta e un impegno nuovo perpromuoverecrescitaeoccupazione». Dunque, intanto questa frase è la conferma implicita di quanto asseriamo ormaidaanni:alivellodipoliticainterna e soprattutto per quanto attiene quella economica, in Italia non possiamo fare assolutamente nulla. Tanto che, per favorire, appunto, crescita e occupazione, dobbiamo fare appello a un cambiamento dellepoliticheeuropee.Insecondoluogo, torna qui alla ribalta un argomento che lanciammo proprio su queste pagine subito dopo le elezioni Politiche del febbraio scorso: vista la situazione tecnicamente irrisolvibile di questa crisi, l'unica possibilità di riuscire a mettere in scena l'ennesima illusione da vendere come "via di uscita" non può che provenire a livello europeo, o ancora più elevato.Delleduel'una:oinaltosidecide difararrivaredenarounpo'apioggianei variPaesiincrisi,oquesti,malgradotutte le misure che potranno mettere in campo dietro dettatura europea (sacrifici dei quali andare "orgogliosi", secondo Napolitano, come abbiamo visto) non potrannocheavvitarsiancoradipiùsuse stessi. Con conseguenze dannose anche per la speculazione stessa, che da noi succhia sangue e che deve pertanto, sebbeneastento,mantenercicomunquein vitaperpotercontinuareafarlo. Rehn, infatti, questa cosa la sa benissimo. Per ora, come abbiamo visto che ha dichiarato, si proceda immediatamente e risolutamente con privatizzazionietagli,poisivedrà. Quel "poi" ci porta dritti dritti al punto: il Fiscal Compact prevede scenari da fantascienza. Ci siamo impegnati a ridurreildebitodiunventesimoall'anno. Cioè subito, nel 2014, di circa 40-45 miliardi. Al momento non siamo stati in grado di varare una Legge di Stabilità seria,tantocheLettahadovutoimporrela fiduciaperfarlapassareetantochei3000 emendamentipresentati,traquelliesclusi, quelli accolti e quelli rimasti appesi, si è tirato fuori un pateracchio fiscale i cui effetti si manifestano immediatamente con la confusione relativa (ad esempio) allenuovetassesullacasaperil2014esi manifesteranno ancora di più proprio a partiredalprossimoanno.Masoprattutto, stiamo parlando di una manovra, faticosissima e raggiunta senza, di fatto, far tornare i conti, che per importo complessivo non è minimamente paragonabile a quanto ci aspetta, oltre a tutto il resto, il prossimo anno per rispettareilFiscalCompact. Tirare le somme è oltremodo semplice: la manovra appena varata non convince l'Europa, che intanto non ci concedelapossibilitàdispendereadeficit neanche per gli investimenti produttivi (concessione, appunto, revocata), dall'altrolatocichiededi"farepresto"per svendere e tagliare, e dall'altro lato, infine, ci ammonisce sulle prossime scadenze. Come dire: sino a ora, per racimolare qualche euro, non ci siete riusciti e dovete anzi sbrigarvi ad andare al Monte dei Pegni. Da ora in poi aspettatevi dunque misure ancora più drastiche, visto che le scadenze del 2014 sono molto più ingenti di quelle attuali. Poi magari qualche gioco di prestigio dall'Europa arriverà pure. Ma prima vediamo quanto riuscite a inginocchiarvi perrispettareilFiscalCompact. E chissà se Napolitano si dichiarerà orgogliosoancheallora. ValerioLoMonaco Ucraina:guerra civileprossima ventura? 4 DICEMBRE 2013 Il governo ucraino ha incassato la fiducia del Parlamento, ma la situazione resta estremamente tesa con una enorme folladimanifestantichecontinuaatenere sotto assedio i palazzi delle istituzioni. Unascenachenoncidispiacerebbevedere anche qui in Italia, ma che a Kiev può lasciare giustamente perplessi: lì protestanoperentrarenellaUE,mentrein tutti i paesi della UE chi manifesta lo fa peruscirne. Chevisianodeiburattinai,chemirano a far infilare l’Ucraina nel gorgo della sottomissione ai soliti poteri forti e occulti (occulti ma non troppo), è indubbio, ma che questi possano manovrare masse così ingenti e determinate,almenoaquestostadio,èpiù difficile: non si può dimenticare la storia dell’Ucraina e l’odio che molti provano per la Russia, l’unica attuale alternativa possibileall’Europadell’Unione. CertamentechivuolecheKievdiventi satellite di Bruxelles rimesta nel sentimento nazionalista ucraino, che dovrebbe invece opporglisi, ma la sollevazione antigovernativa ha molti tratti spontanei. La subalternità del governoaMoscaèpaleseeciòèpermolti intollerabile. Su questo sentimento antirusso hanno fatto leva i burattinai stranieri della rivoluzione arancione, ma, nonostante la piazza sia invasa dagli europeisti, non è affatto detto che questi rappresentino la maggioranza della popolazione. Il Presidente ucraino Viktor Yanukovichèlegittimato,infatti,dalvoto popolare e non da alchimie partitiche comeNapolitano. La maggioranza degli ucraini sarebbe quindi col governo, ma, come accade in ognidemocraziarappresentativa,loèsolo in apparenza. Quella maggioranza è risicata e instabile, e potrebbe facilmente ribaltarsi anche perché solo una parte degli elettori è parte dello zoccolo duro attivista dei sostenitori del presidente “filorusso”, ammesso che questi sia così filorusso e non, più semplicemente, pragmatico. La scelta della linea russa, pur inevitabile, può comunque avere una lettura tattica: permette di rilanciare sul tavolodellatrattativaeuropea.Ilgoverno ucraino ha chiesto, sull’onda della protesta popolare o almeno dando l’impressione che sia così, di riaprire le discussioni sull’accordo di adesione alla UEappenacongelato.Bruxelles,perparte sua,haimmediatamentecoltol’occasione per affrettarsi a dichiarare che le porte restano aperte per l’Ucraina. Il rifiuto di Yanucovich appare come una mossa per evitare di firmare un contratto capestro, piùchelavolontàdipiegarsialleminacce diMosca. Per Kiev è stato più facile per Kiev sbattere la porta in faccia al cane che abbaiava che non a quello capace di mordere, chiudendo i rubinetti del gas. L’Ucrainaècostrettaabarcamenarsifrai due ingombranti vicini e non può scontrarsi frontalmente con Mosca, ma neppure subirla passivamente. Se nel breve periodo i vantaggi sono tutti nel conservare i legami con la Russia, in quello medio lungo c’è la necessità di affrancarsi dalla dipendenza economica chenederiva. Ilprezzodapagare,però,nonpuòperò esserequellodipassaredaunasudditanza all’altra, senza peraltro alcuna garanzia reale, come sarebbe stato accettare sic et simpliciter l’accordo predisposto da Bruxelles.AncheMoscanonhainteresse, del resto, a mantenere una posizione rigida: può esserlesufficiente che l’UE riconoscachenonpuòfareedisfaresenza tenere in alcun conto le esigenze del Cremlino. La diplomazia russa aveva richiesto negoziati trilaterali, accettati da Kiev, ma a cui Bruxelles aveva risposto con un arrogante rifiuto, condito dalla spocchiosa dichiarazione di essere invece disposta a trattare, direttamente e per contodell’Ucraina,conisuoi“vicini”per tranquillizzarli. Nessuna menzione esplicita della Russia, quindi, che si risolve in un implicito insulto a questa con relativa assunzione preventiva di prerogative sovrane ucraine: una mossa inaccettabile sia per Kiev che per Mosca, edinfattiiltuttosierarisoltonelrifiutoa firmaredelgovernoucraino. Non è possibile, però, pensare che i vertici governativi non prevedessero una esplosionedirabbiapopolare,che,piùche filo UE, è antirussa. Il gioco era, probabilmente, di cavalcare la tigre e di usarla per ritornare sui propri passi, ma potendoporrenuovecondizionieriaprire ilgiocosiaconBruxellescheconMosca. Una operazione apparentemente riuscita, ma che dovrà essere condotta con molta cautela,nonsolodalgovernomadatutte lepartiincausa. I sentimenti antirussi sono fortemente radicati,manoninvestonolatotalitàdella popolazione, come si vuole che sembri, e nontuttisonodispostiausciredall’orbita russa per diventare sudditi di Bruxelles e dei suoi burattinai da FEMEN: il paese è diviso in due e l’atmosfera è incandescente. Potrebbe bastare una scintillaperfarprecipitarelasituazione,e qualsiasi mossa sbagliata, sia straniera cheinterna,rischiadiportareasommosse che potrebbero non esaurirsi in moti di piazza, ma innescare scenari “arabi” nel cuoredell’Europa. Una guerra civile con possibilità di degenerazioneinconflittoregionale.Eun conflitto regionale da quelle parti non sarebbe solo un problema regionale, ma mondiale. FerdinandoMenconi Rehnbacchetta Letta.Cheora bastoneràgli italiani 4 DICEMBRE 2013 Anche Olli Rehn scarica Letta. Il commissarioeuropeoall'Economianonsi accontenta delle assicurazioni italiane sul tagliodellaspesapubblica,sullariduzione del disavanzo sotto il 3% e sull'entità degli introiti derivanti dalle privatizzazioni delle aziende pubbliche e sulla s-vendita del patrimonio immobiliaredelloStato. Il tecnocrate finlandese si sta caratterizzando per un atteggiamento ondivago verso l'Italia. Concessioni fatte alle buone intenzioni di Letta e di Saccomanni e subito dopo una mazzata che riflette il classico scetticismo del Nord Europa protestante sulle promesse damarinaiofattedaqueicasinistidelSud Europa, cattolico e levantino. Le parole non bastano, ha intimato, ci vogliono i fatti.Dovetescenderesottoil3%rispetto al Prodotto interno lordo. La revisione della spesa pubblica (in inglese spending review) andrà pure bene. La razionalizzazione dei capitoli di spesa è necessariamasitrasformainunapresain girosepoiildebitopubblicodallacaduta di Berlusconi (novembre 2011) ad oggi è passato dal 120,1% ad oltre il 133%. Continuate a spendere e a spandere, ha accusatoRehnchepuòpermettersididare lezioni di bon ton economico, facendosi forte del fatto che la Finlandia è uno dei tre Paesi dell'Unione, unitamente ad Olanda e Germania, il Lussemburgo non conta, a potersi fregiare della triplaA, il massimo giudizio di affidabilità sui titoli pubblici, da parte delle agenzie Usa di rating. Una curiosa presa di posizione quella di Rehn, non fosse altro perché appena pochi mesi fa la Commissione aveva decisodiaccantonareperl'Italial'avviodi una procedura di infrazione per deficit eccessivo, dopo che in conseguenza della crisi, che ha tagliato le entrate fiscali e contributive,sieratornatisoprail3%.A frenare Rehn, e la Commissione nel suo complesso,inquestonuovoattacco,nonè bastata nemmeno la presenza al governo di Letta, apprezzato per le sue relazioni internazionali (fa parte dell'Aspen Institute)eperlasuavisionetecnocratica equelladiSaccomanniche,venendodalla Banca d'Italia, rappresenta “una garanzia di serietà”. La vostra politica economica, ha detto in sostanza Rehn, fa acqua da tutteleparti.NontantoperchéinItaliasi sta assistendo ad una crisi senza precedenti con una disoccupazione di massa che sembra inarrestabile (dovete fare la riforma del mercato del lavoro), quanto perché l'incapacità di tenere sotto controlloladinamicadellaspesapubblica stacreandounasituazionecheminacciadi sfuggire dalle mani del governo e abbattersi sullo stesso sistema della moneta unica. Se fallisse la Grecia, il bottopotrebbeessereassorbito.Sefallisse l'Italia, sarebbe l'euro ad esserne travolto easeguirelastessaUnioneEuropea.Non state rispettando gli obiettivi sui quali vi eravateimpegnati,hainsistitoRehn.Epoi ora non avete più scuse. Con la caduta di SilvioBerlusconi,buttatofuoridalSenato econlanascitadelnuovocentrodestradi Alfano, il governo dispone di una nuova maggioranzachedovràadessovararetutte le misure che già da tempo avrebbe dovutomettereincantiereperrassicurare i fautori europei dell'austerità, Merkel in testa, e gli speculatori, che l'Italia farà finalmente i compiti a casa e che entrerà trionfalmentenellaschieradeiPaesiserie “virtuosi”. Ma proprio su tale punto che Rehn ha sollevatoisuoidubbi.ComepuòunPaese “cicala” a trasformarsi in una formica? Come può improvvisamente mettersi a risparmiare invece di scialare? Per la Commissione di Bruxelles, al di là della visione tecnocratica che ne caratterizza i membri, gli italiani, pur essendo dei geni potenziali, restano sempre e comunque queicasinisti inaffidabili emancatori di parola. Il governo Letta resta troppo condizionato dalle amministrazioni locali che, essendo a corto di soldi dopo una ventennale politica di spesa facile, favorita da un federalismo all'italiana, si mettono a strillare non appena Palazzo Chigi dice di voler mettere mano alle forbici. Gli introiti delle privatizzazioni sono sovrastimati, accusa il commissario. Grazie tanto, lo sapevamo già. Bastava osservare i listini di Borsa. Dovete tagliareildebito,haripetuto.Gliimpegni presi in ambito europeo, che poi sono parte integrante del Patto di Stabilità, prevedevano l'impegno di intervenire per ridurreprogressivamenteildebitoal60% sul Pil. Un impegno che tutti sapevano e sannoessereimpossibiledarispettareper evitare di far precipitare il nostro Paese nelbaratroeconomico. Tutti lo sapevano, da Tremonti a MontifinoaSaccomannieLetta.Pernon parlaredellostesoRehn,dellaMerkeledi Goldman Sachs Draghi. Poi, ha concluso, dovevate diminuire il disavanzo di uno 0,5% ed invece lo avete ridotto soltanto dello 0,1%. Basta scherzi, ha intimato Rehn. L'austerità è una cosa seria. Già, puretroppo. IreneSabeni USA:etuchesanità puoipermetterti, man? 4 DICEMBRE 2013 Lo sappiamo tutti, vero? Negli Stati Uniti d’America l’assistenza sanitaria universale non esiste. La concezione generale, rispetto alla quale i programmi pubblici rimangono solo dei palliativi, è che la medicina è un settore economico come qualsiasi altro. La molla fondamentalenonèfaredelbene,mafare soldi. Lo scopo decisivo, o comunque imprescindibile, non è curare degli altri esseri umani ma curare i propri affari. Business is business. E la solidarietà, semmai, si pratica nel tempo libero, alla streguadiunhobby. Leconseguenzepratichesonointuibili, mapuòvalerelapenadiprecisarleasuon di statistiche. Lasciando momentaneamente da parte le modifiche pianificate, o promesse, dal nuovo “Patient Protection and Affordable Care” (la riforma voluta da Obama e approvata nel 2010, ma la cui attuazione è prevista solonelprossimoannoechecontinuaad averedinanziasédegliostacolienormi,a cominciare dal fatto che gli Stati a guida repubblicana hanno rifiutato di sostenere laquotaalorocarico,precludendocosìai rispettiviabitantidipoterfruiredelnuovo regime), il dato di partenza è che poco menodicinquantamilionidicittadininon hanno nessuna copertura. Essi, infatti, si ritrovano loro malgrado in quell’amplissima zona grigia in cui sono relegati coloro i quali non sono né abbastanza “ricchi” da potersi pagare le costosissime polizze assicurative private su cui si basa l’intero sistema, né abbastanza poveri, o anziani, da rientrare nelle provvidenze pubbliche quali MedicaideMedicare. Il vizio insormontabile, infatti, è proprio nell’aver lasciato in balìa del mercato entrambi i fattori che determinano l’accesso o meno alle cure mediche delle quali si ha bisogno. Da un lato c’è il prezzo delle prestazioni vere e proprie,cheèliberamente/arbitrariamente stabilito da chi le offre, e dall’altro c’è quello delle assicurazioni che si devono stipulare per poterne fruire in caso di necessità, con premi che sono anch’essi fissati in maniera unilaterale e, anzi, col comodissimo alibi di doversi commisurare alle tariffe, esorbitanti, che dominanoilcomparto. Un tipico esempio, insomma, della totale inefficacia del principio liberista secondo cui la concorrenza tra i diversi operatorisirisolverebbeavantaggiodegli acquirenti. Nel momento in cui i beni o i servizi da comprare siano pressoché indispensabili, come appunto nel caso dellecuremediche,lafacoltàdisceltadel pubblico diventa un’opzione astratta, e quindi ininfluente, in quanto va a infrangersi contro il muro di un mercato chenonhaalcunaintenzionedicompetere sulpianodellaconvenienza,matutt’alpiù suquellodellaqualità,veraopresunta,di ciò che vende. Senza necessariamente arrivare a dei veri e propri accordi di cartello,ablindareleposizionidominanti dei grandi operatori basta e avanza la condizione di insormontabile inferiorità del pubblico, ossia della generalità dei cittadini:nonavendoalternativeadeguate, opercepitecometali,essisonofatalmente risucchiati nel meccanismo perverso dell’assistenzaacaroocarissimoprezzo. Le stesse polizze assicurative, d’altronde, non costituiscono affatto un ombrelloonnicomprensivo.Lalogicanon è nemmeno quella brutale, ma nitida, del dentro o fuori. È molto peggio. Ciò che esse garantiscono, o viceversa escludono, dipende dallo specifico contratto sottoscritto dai clienti, con limitazioni della più varia natura che non solo influiscono sull’importo da pagare, ma che possono giungere al rifiuto di stipulare qualsivoglia accordo. Vedi, ad esempio, certe malattie croniche o i malatidicancroarischiodirecidiva. L’unica via d’uscita, rispetto a questo spietato marchingegno che imbottiglia chiunque e che è agli antipodi delle più elementari regole di solidarietà sociale, sarebbe quella di un ripensamento complessivo dell’approccio economicista, quantomeno per ciò che riguarda i beni irrinunciabili ai fini della sopravvivenza. Manco a dirlo, invece, la riforma di Obamasifermaassaiprima,adistanzadi sicurezza dagli immani interessi delle lobby:lasuaideaèchesidebbaarrivarea farsìchetuttiabbianounqualchetipodi copertura sanitaria, facilitando a colpi di sussidi e di sgravi fiscali il pagamento delle polizze relative; ma senza intervenire, drasticamente, su ciò che fa schizzare alle stelle i prezzi, sia dei servizi medici, sia dei contratti di assicurazione,sitrattasolodell’ennesimo puntello pubblico allo strapotere dei privatiacacciadiprofitti. E infatti,come ha recentemente sottolineato America24, «per rendere il premio meno oneroso, le compagnie hanno messo a disposizione degli utenti una rete limitata di ospedali e dottori, escludendo i migliori». Una sorta di “salute prêt-à-porter”: che probabilmente non ti calzerà a pennello, ma che ti devi fareandarebenenellaconsapevolezzache èl’unicachetipuoipermettere. FedericoZamboni GeorgeSoros: “Europa:creare unaclasseoperaia Rom” 4 DICEMBRE 2013 Lo spirito moderno maschera il male attraverso opere di bene. Nel terzo millennioinfatti,fondazionifilantropiche, organizzazioni per la pace, associazioni per i diritti umani, o ancora istitutiper l’ambiente, sono il più delle volte gestiti da ultra-miliardari, potentati economici, grandi famiglie legate al mondo delle banche e della finanza, personaggi influenti negli ambienti politici e lobbistici. Gli esempi sono tanti, basti pensare alladinastiadeiRockefellerchedopoaver fondato la Standard Oil e partecipato alla colonizzazionedeiPaesiricchidipetrolio, edirettolaJMorganperquasiunsecoloe speculato sui patrimoni privati dei cittadini statunitensi, ha fondato la sua Fondazione,la “Rockefeller Foundation”, con lo scopo dichiarato di promuovere il “benessere” del genere umano in tutto il mondo. OppuresipensiaBernhardvanLippeBiesterfeld (1901-2004), principe dei Paesi Bassi, il quale fu fondatore e presidente tra il 1961 e il 1971 del Worldwide Fund for Nature (Wwf), organizzazione mondiale per la conservazione della natura. Nel dopoguerra anche lui assunse importanti posizioni nell’industria petrolifera, in particolareconlaRoyalDutchPetroleum (ShellOil)enell’istitutobancarioSociété GénéraledeBelgique,diventandopersino presidente del Gruppo Bilderberg fino a quandonel1976diedeledimissioniperlo scandalodiunatangenteda1,1milionidi dollari dalla Lockheed Corporation per la vendita di aerei caccia all’aviazione olandese. Altro esempio che incarna lo spirito moderno è il miliardario statunitense di origine ungherese George Soros, noto speculatore internazionale e fondatore della “Open Society”, un istituto “filantropico”chetutelalademocrazianel mondo, i diritti dell’uomo e le riforme economiche, sociali e legali. Una personalità estremamente influente che negli ultimi decenni ha partecipato alla svalutazionedellaliraneglianniNovanta, lottato contro il governo serbo di Milosevic, foraggiato le rivoluzioni colorate in Europa dell’Est, finanziato le Pussy Riot contro Vladimir Putin, sostenuto le Femen nelle loro contestazioni pubbliche, organizzato il GayFest in Bulgaria, formato i blogger durante le cosiddette primavere arabe, e che oggi potrebbe lanciare un nuovo progettopresentatolascorsasettimanasul quotidiano inglese The Guardian: “far nascereunaclasseoperaiaRom”. Pubblichiamo qui sotto la traduzione di questo articolo, lasciando al lettore la più totale possibilità di trarne dovute riflessionieconclusioni. SebastianoCaputo “In tutta Europa, milioni di persone soffrono la disoccupazione e la prospettiva di un lungo periodo di stagnazione economica. Ma nessun gruppoèstatopiùcolpitodeiRom.Cene sono più di 10 milioni che vivono in Europa, principalmente concentrati nei Balcani e nei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, in particolare Romania, Bulgaria, Slovacchia e Ungheria. Quello che è veramente scioccanteèchelelorocondizionidivita sono peggiorate quando sono diventati cittadini dell’Ue. Ed allo stesso tempo, l’opinione della maggioranza della popolazioneèdiventatapiùostileneiloro confronti. Duesonoletendenzechesirafforzano reciprocamente: l’emarginazione genera disprezzo, e viceversa. L’unico modo per sfuggire da questa trappola è quello di investire nella formazione. Si consideri, per esempio che i Rom rappresentano oltre il 20% di nuova forza-lavoro dei Paesi sopracitati. La buona notizia è che sappiamo come preparare i Rom a diventaremembriproduttividellasocietà. Le mie fondazioni sono attive nella formazione di questi ultimi da oltre 25 anni. In tutto questo periodo abbiamo formato un piccolo gruppo di giovani Rom che sanno conservare la propria identità e persino rompere gli stereotipi ostili da parte di coloro con cui interagiscono. Con la Banca Mondiale, abbiamo creato il Fondo per l’istruzione dei Rom nel2005(RomEducationFund,REF)che è pronto ad assistere le autorità nazionali responsabili dell’istruzione in tutta l’Unione Europea per migliorare il loro lavoro che consiste nell’educazione dei bambini Rom. Attualmente questi programmi raggiungono oltre 100.000 studenti ogni anno, tra cui più di 1.600 studentichericevonoborsedistudio.Ma queste cifre sono ben al di sotto della portata del problema. La metà dei Rom è in età scolare, e la loro popolazione sta crescendo più velocemente rispetto alla capacità del REF. Il bilancio annuale del Fondo è di 12 milioni di euro, di cui la mia fondazione copre quasi la metà, ed è difficile per noi raccogliere ulteriori fondi.Questoèinaccettabile.Iprogrammi sviluppati da REF devono essere ridimensionati dai governi, con l’assistenzadell’UnioneEuropea,emessi a disposizione di tutti i bambini Rom in Europa. La Commissione europea ha svolto un ruolo molto importante attraverso i suoi fondi strutturali, che copronofinoal80%deicostiaddizionali legati all’integrazione dei Rom. Purtroppo, il restante 20% sono difficili dasoddisfareacausadelsentimentoantirominEuropa.Perrompereglistereotipi negativiessidovrebberoessereeducatiad esserefieridellalorocultura.Questoèciò cheilREFhafatto.Quandosonoeducati, i Rom non sono associati ai classici stereotipi e s’integrano con la popolazione, anche se spesso qualche ostilità rimane. Nonostante l’approccio sviluppatodalREFsiastatogeneralmente adottato,saràunlungocamminoilnostro. Ma l’educazione non è sufficiente. I Rom devono anche essere in grado di trovare un lavoro. Una soluzione sostenibileènecessariaaffinchéinEuropa vengacreataunaclasseoperaiaRom.Qui, ilsettoreprivatohaunruolodasvolgere. Di fatto con esperti della Commissione Europeadobbiamosviluppareunprogetto di partnership con il settore privato per fornire tirocini per giovani rom iscritti nellescuoleprofessionali.LaRomaniaha già adottato un progetto similare per la popolazione rumena e che sarà esteso anche ai Rom. Inoltre il Ministro dell'IstruzioneRemusPricopiehaesortato altrigoverniadattuaremisureanaloghe. Cerchiamo di essere onesti: c’è un problema con i Rom in Europa, e la situazione peggiora. Ma i problemi peggiori sono l’ostilità e l’abbandono. In realtà, l’educazione dei Rom in Europa dimostra ogni giorno che il problema è eminentemente risolvibile, ma per risolverlo,civorràpiùdiunagenerazione. L’Europanonpuòpermettersidiattendere laripresaeconomicavistol’aumentodella popolazione Rom per cui è necessario cominciareadesso” (Traduzione di Sebastiano Caputo dell’articolo “Europe needs a Roma working class” pubblicato su The Guardiangiovedì26novembre). Napolitano&C.: viasubitola PorcellumGang 5 DICEMBRE 2013 Incostituzionale, punto. Incostituzionalelaleggeelettoraleconcui si è votato dal 2006 in poi e incostituzionale,quindi,tuttociòcheneè conseguito:valeadire,tral’altro,l’ascesa di Napolitano al Quirinale e, per il suo tramite e sotto i suoi auspici, la nomina alla presidenza del Consiglio prima di Mario Monti, nel novembre 2011, e poi del suo successore Enrico Letta, nella scorsaprimaveraeinabbinamentoaquel rivoltante pateracchio che è stato, e che resta dopo il restyling, il governo di “largheintese”. A essereoggettivamente incostituzionale, perciò, è innanzitutto l’arrivo in Parlamento di quelli che vi sonoapprodatinelcorsodegliultimiotto anni,sullabasediunanormativacheieri, finalmente,èstatacassatadallaConsulta, nongiàinqualchedettagliocollateralema nei suoi due assi portanti, ovvero il premiodimaggioranzaelelistebloccate cheimpedisconoaicittadinidisceglierei candidati che preferiscono. Altrettanto incostituzionale, provenendo da assemblee la cui genesi è gravemente viziata da procedure illegittime, è la generalità degli atti che si sono via via compiuti.A cominciare, naturalmente, da quelli che hanno forza di legge. Vedi i provvedimenti ad personam pro Berlusconi.Vedilesciagurateriformealla Forneroinmateriadipensioniedilavoro. Echipiùnehapiùnemetta. La sostanza è questa, e in termini politici equivale a una condanna onnicomprensiva e inappellabile. Come minimo, dovrebbero immediatamente rassegnare le dimissioni lo stesso Napolitano,elettoentrambelevoltedaun Parlamentocheerafigliodiunclamoroso arbitrio, e gli attuali deputati e senatori, con l’ovvia conseguenza di rimuovere all’istanteancheilgovernoincarica.Edi tornare alle urne. Quanto alle leggi promulgate nel frattempo, sull’arco delle due legislature che ci siamo lasciati alle spalle e di quella tuttora in corso, bisognerebbequantomenoenuclearelepiù importanti e sottoporle a un'eventuale nuova ratifica, da parte delle Camere a venire. Manco a dirlo, invece, si farà finta di nulla. Da un lato perché la legge lo consente, visto che nella fattispecie gli effetti della dichiarazione di incostituzionalitànoninvestonoilpassato ma solo l’avvenire; dall’altro perché gli interessi in gioco, a partire da quelli connessi all’asservimento finanziario del nostro Paese ai voleri della Troika, sono troppo cospicui e ramificati perché i politici – questi politici – possano o vogliano prenderne le distanze. Restituendo al popolo sovrano una vera facoltàdidecisione. Da oggi in poi, quindi, scatta la corsa al riposizionamento, che al di là delle singole tesi avrà come filo conduttore universale l’autoassoluzione. Motivo di più per sottolineare alcuni aspetti da non dimenticare. Il primo è di carattere “storico”:ilPorcellumvenneapprovatoil 21dicembre2005,quandoalQuirinalesi trovava ancora Ciampi e a Palazzo Chigi c’era Berlusconi. Ciampi non fece una piega,nonostantelemolteplicivocichesi levarono fin dal primo momento per segnalare i vizi di legittimità costituzionale, e Berlusconi figurarsi: lui eisuoi,allorariunitiinquellaCasadelle Libertàchericomprendevainunsolcolpo Forza Italia, l’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, l’Udc di Pierferdinando Casini e la Lega Nord di Umberto Bossi (nonchéunpo’diascaridisecondaeterza fila), ne erano i promotori e riuscirono a imporla. Il secondo, invece, è di assoluta attualità. Il fatto che solo adesso si sia arrivati alla sentenza, peraltro su ricorso dialcunicittadinicapitanatidall’avvocato 79enne Aldo Bozzi, non può non insospettire:guardacaso,dopoannieanni di inconcludenza parlamentare, la decisione della Consulta sopraggiunge proprio adesso che si mira a rinsaldare il bipolarismo ripristinando una qualche forma di maggioritario che si presti allo scopo. A tutto danno, evidentemente, del MoVimento 5 Stelle, o di qualsiasi altra iniziativa “populista” che dovesse scaturire al di fuori dei partiti irreggimentati al servizio dell’establishment. Al pari di innumerevoli altri casi, quindi, il Porcellum non è che uno dei tanti, tantissimi trucchi adoperati da chi tira i fili della messinscena fintamente democratica.Cosìcomeinpassatoèstato utileintrodurlo,eservirseneapiùriprese, oggièdiventatoutilesbarazzarsene.Echi va in brodo di giuggiole per il riconquistatoprivilegiodipoteresprimere le agognate preferenze – le stesse, peraltro, che a suo tempo assicurarono i ripetuti trionfi dei vari capi, capetti e sottopanza della Prima Repubblica, dalle superstar allaAndreotti e alla Craxi, fino agli accorti tirapiedi che gli stavano in scia–dimostradinonavercapitoniente: anche nei casinò si può scegliere il numero su cui puntare, ma ad avere la meglioèsempreilbanco. FedericoZamboni L'Iseeelaguerra tra(finti?)poveri 5 DICEMBRE 2013 Isee: il documento occulto. Ogni Caf, ogni commercialista lo compila a modo suo.Una“elasticità”moltoitaliana,tipica delpaeseincuiadognileggecorrisponde la possibilità dell’inganno.A chi scrive è capitato, all’uscita della scuola elementare frequentata dalla prole, di vedere genitori acchittati con un campionario di capi di vestiario il cui valoresiscriverebbedicertoconduezeri - ma non esclude i tre – che discutevano del fatidico documento da compilare. E senzaunbriciolodipreoccupazione,tanto «anche quest’anno riuscirò a restare al di sottodellasogliaminima».Venivavoglia di chiedergli con quale artifizio il loro commercialista, meglio del Mago Merlino, riusciva a garantirgli la possibilità di dover sborsare la cifra minimastabilitadalcomuneperlamensa scolastica visto che altri (chi scrive è tra quelli) con il loro umile CUD e la metà dellacasadovevivonoinonninonhamai avuto questa fortuna. Mentre cotanti genitori si allontanavano alla guida dei loroSuvledomandetrovavanoimmediata risposta nella furbizia tutta italica che spesso ci mette alla berlina all’estero: “Italianiaummaumm”. L’episodio è tornato alla mente leggendo un articolo del Corriere della Sera,pubblicato,guardacaso,pocoprima diunaltropezzo,quellosull’annuncioda partediLettadelnuovoIsee.Ilpresidente del Consiglio ha dichiarato la «lotta ai falsi poveri» con un nuovo documento in cui ci sarà meno autocertificazione (che evidentemente in un paese di “aumm aumm” è un’arma impropria a disposizione dei furbi) e più controlli.Ci si chiede se non bastasse farli, questi controlli, incrociando dati o magari con accertamenti diretti sulle attività di chi potenzialmente può omettere della fatturazione. O magari andare a monte e tassare meno il lavoro, ridistribuire la ricchezza. O ancora – esageriamo – più a monte: tornare un paese sovrano, rinegoziareildebitoedestinarelerisorse usate oggi per pagarne gli interessi a uno statosocialeefficienteeprotettivo. Stiamo esagerando, è vero, sembra la tramadelprossimofilmdiNatale.No:la verità è che servono più controlli e un nuovo Isee che tuteli le fasce più deboli, lo dice Letta e lo certifica il Corrierino con un articolo che, tuttavia - nonostante le “buone” intenzioni – è diventato un piccolo boomerang. E se non si è effettivamente ritorto contro l’originaria intenzione di tirare la volata all’ultima dichiarazione governativa, ha però ottenuto l’effetto di far indignare non poche persone, alcune delle quali si sono espresse nella sezione dedicata ai commenti immediatamente sotto l’articolo. La storia (qui), che voleva essere strappalacrime, è quella del signor Francesco, 78 anni, incredulo perché l’Isee di quest’anno gli fa superare la sogliaminimaprevistaperavere130euro disussidioconcuipagarelebollette.Lui prende1200euroalmeseelamoglie470 di indennità di accompagnamento per invalidità. In totale 1670 euro al mese in due. Impossibile (e scorretto) fare i conti in tasca, non sappiamo quanto pesi su questoredditol’invaliditàdellamogliedi Francesco, ma i commenti alla loro lamentela danno la dimensione di quale sialavitarealedeicittadiniitaliani. La maggior parte dei commentatori si sonoindignati,perchégenitoridifamiglia monoreddito che sognano uno stipendio così “alto” e non hanno nessun tipo di aiuto statale o madri sole che prendono 900 euro al mese con due figli a carico. Indignati perché Francesco non può lamentarsi dei mancati 130 euro a fronte di chi non li ha mai ricevuti e mette insieme molto meno di quanto prende lui di pensione. Se l’articolo intendeva spianare la strada alle dichiarazioni di Letta sulla nuova Isee è difficile dire che ci sia riuscito, forse in qualcuno alimenteràlasperanzacheconlariforma del metodo di calcolo chi ne ha davvero bisognopossaaverequalesperanzainpiù. L’unico risultato certo è quello di avere fotografato una situazione che definire “guerra tra poveri” non è azzardato. E forse è proprio questa la vittoria,vera,diLettaedelsuogoverno. AlessiaLai Putinvaforte,ma l’imperoUSAè semprelì 5 DICEMBRE 2013 È in sella da più di un decennio e sembra resistere agli attacchi dell’unipolarismo statunitense e dei suoi lacchè del mondo britannico, sempre pronti a sferrare attacchi al capo del Cremlino: è l’immarcescibile Vladimir VladimirovichPutin,coluichehaportato nuovamentelaRussiaalrangodipotenza dopo il collasso dell’Unione sovietica, riconsegnando al popolo russo quella sovranità nazionale ed energetica che era stata distrutta negli anni della presidenza diBorisEltsin,dominatadaunacriccadi oligarchi pronti a svendere le ricchezze del loro Paese alle multinazionali angloamericane. Negli ultimi mesi il presidente russo ha inanellato una serie di successi mai visti prima: a fianco della Siria e per mantenere un proprio bastione nel Mediterraneo ha annullato l’ingerenza statunitense ed euro-occidentale; ha espresso con successo la più netta opposizione all’ingresso dell’Ucraina nel partenariato orientale con l’Unione europea, presupposto per un futuro ingressodiKievnellaNATOedelemento fondamentale per chiudere la porta di ingresso alla Russia in direzione dell’Europa.Enonètutto. Putin è riuscito infatti a tenere a bada l’esiguaopposizionedeifalsi“fautoridei diritti umani” (da Navalmy alle Ong, passando per le Pussy Riot e fino ai movimenti per il riconoscimento dei diritti di gay e lesbiche, sostenuti dai grandi potentati economici che sognano anche l’omologazione sessuale) al soldo dell’Occidente euro-atlantico. Vedi gli oppositori accolti a braccia aperte e sostenuti palesemente dall’ambasciatore USA a Mosca, studioso e fautore delle “rivoluzioni colorate” per conto dell’intelligence americana, nell’intento diimporreunapresunta“democrazia”con il sostegno della CIA e degli speculatori dellafinanzaapolidecomeGeorgeSoros. Successi, questi ottenuti da Putin, che esprimono la volontà di creare un mondo multipolarecontroleinsidiedellavisione unilaterale di Washington e dei sudditi dellatecnocraziaeuropea.Manonètutto oro quel che luccica. Per impedire i successi dei gendarmi d’oltreoceano il continente eurasiatico da Lisbona a Vladivostok dovrebbe essere unito contro la minaccia dell’Occidente euro-atlantico che, seppur in temporaneo declino, potrebbe risorgere dalle sue ceneri come lafenice,perl’ennesimavoltaepiùforte diprima. A fare il gioco dell’impero a stelle e strisce sarà sicuramente l’utilizzo della “fratturazione idraulica” (fracking) per ottenere shale gas (o gas di scisto) e petrolio,estraendocosìgrandiquantitàdi idrocarburietrasformandogliUSAdaqui a pochi anni nel primo esportatore e produttoremondiale,conricadutepositive sull’economia statunitense nonostante questa tecnica estrattiva costituisca un grandissimo pericolo per la salute umana e animale. A suscitare allarme, in particolare,cisonoilrischioditerremoti e l’inquinamento ambientale, entrambi connessi all’immissione nel terreno delle miscele di sostanze tossiche e acqua necessari a ottenere gas e petrolio dalle roccescistosee/obituminose. La Russia, quindi, deve prepararsi a fareiconticonlapossibilitàdiunaforte diminuzione delle quantità di idrocarburi da inviare in Europa, cercando però di sostituirlo con l’invio degli stessi in direzione della Cina, grande potenza industriale e per questo particolarmente energivora. A giocare a sfavore del Cremlino, inoltre, è l’inflazione galoppante in tutta la Federazione. I ripetuti successi in campo nazionale e internazionale di zar Putin potrebbero, dunque, essere compromessi dal rafforzamento della superpotenza nordamericana, sul piano economico e militare (con lo sviluppo di tecnologia bellicasemprepiùavanzatapermantenere ildominiosulmondo). Certo è che i nemici del dollaro non sembrano diminuire, anzi. Da un lato ci sono i BRICS, ossia la stessa Russia insiemeaBrasile,India,CinaeSudafrica, che sono un’alleanza economicofinanziariaallaricercadiun’alternativaal dominio del dollaro, con la creazione di bancheperloscambioreciprocodibenie ricchezze, ma non rappresentano un’alternativapolitico-militare.Dall’altro c’è la SCO,l’Organizzazione di Shangai per la cooperazione, che ha il problema opposto: essa costituisce un’alternativa politico-militare in rapido sviluppo, e incentrata su Russia e Cina, ma non lo è ancora dal punto di vista economico e finanziario, anche se in passato si era ipotizzata addirittura la nascita di una monetacomune. Il mondo multipolare sognato dai Brics è insomma ancora lontano dal realizzarsi, mentre gli USA sembrano sul punto di risvegliarsi o almeno di rallentare il loro lento e progressivo declinoeconomico,politicoefinanziario. Pochi anni fa era stato il “falco” Edward Luttwak a sostenere in un’intervista al Messaggero, dopo la pubblicazione del volumeLa grande strategia dell’impero bizantino, che l’unica soluzione per gli StatiUnitisarebbestataquelladiadottare le misure in voga all’epoca di Bisanzio, ovvero evitare conflitti, rafforzare la rete diintelligenceepotenziareilpiùpossibile irapportidiplomaticicontuttiiPaesi.In effetti sinora gli USA hanno applicato tutta una serie di consigli sostenuti da Luttwak.Madaquiaqualcheannolecose potrebbero di nuovo cambiare strategia, tanto più che continuano a riarmarsi con strumenti molto sofisticati, e l’arroganza di Washington potrebbe riemergere più forteeoppressivadiprima. Staremo a vedere. Quel che è certo è chelaRussiadiPutin,gliStatiemergenti e gli uomini liberi dai condizionamenti dell’imperoastelleestrisceperorahanno tirato un respiro di sollievo, ma i rischi che qualcosa possa cambiare in peggio ci sono e dovremo tutti essere pronti ad affrontarelesfidedelnuovomillennioper liberarcidaldominiodelbigliettoverdee dei suoi cacciabombardieri, pronti ad alzarsiinvoloperpiegarelaresistenzadi tutti i popoli disposti ad opporsi alla “diplomazia del dollaro” e alla sua tracotanzapolitico-militare. AndreaPerrone TrattativaStatoMafia:lebombedi Alfano 6 DICEMBRE 2013 La Mafia, avverte Angelino Alfano, vuole avviare una nuova stagione stragista. Sotto la mira di Cosa Nostra ci potrebbeessereadessoilprocuratoreNino Di Matteo. L'allarme del ministro dell'Interno sul pericolo di una ripresa della stagione delle bombe, come nel 1993, ha scatenato la reazione tra l'incredulo e lo sdegnato di diversi parlamentarichehannochiestoadAlfano di riferire in aula o in commissione Giustizia su quello che sa, su come lo ha saputo e, presumibilmente, se l'informativaèarrivatadaiservizisegreti. Alcuni si sono posti la domanda se l'ipotesi, al contrario, è frutto di una sua deduzione di esperto che riesce ad “annusare” e a leggere nella giusta maniera i più impercettibili segnali che arrivano dalla Sicilia. Non scordiamoci cheAlfano è un siciliano come i ministri dell'Interno che lo hanno preceduto. Una listasignificativachevederiunitiinsieme Crispi, Di Rudinì, Orlando, Scelba, Restivo e Bianco. Tutti dotati di una marcia in più rispetto ai continentali per percepire cosa bolle nel quadrilatero storicodellaMafia,collocatotraPalermo, Trapani,CaltanisettaeAgrigento. Come sempre succede in Italia, una vicendadelgeneresiprestaadiversipiani di lettura. Non fosse altro perché Di Matteoèunodeimagistratiinquirentiche si sta occupando della trattativa StatoMafia, quella che sarebbe stata avviata dopo la strage di Capaci. Una trattativa sulla quale i protagonisti dell'epoca si guardano bene da parlare soprattutto perché,dopolebombediRoma,Firenzee Milanodel1993,vifueffettivamenteuna attenuazione del carcere duro per diversi capimafiadetenuti. LoStato,quindiiministridell'Interno e della Difesa trattarono? E trattarono attraverso settori dei carabinieri, della polizia e dei servizi segreti? Non quelli deviati che non esistono, perché tutti i servizi segreti sono, in una certa misura, “deviati” considerato che non si limitano afaregliinteressidelloStatomaoperano spesso e volentieri a favore di questa o quella corrente politica. O in alternativa, operano a favore di questo o quell'interesse economico pubblico o privato. E Borsellino, è l'interrogativo diffuso, venne ucciso perché era contrario alla trattativa in corso e voleva denunciarla pubblicamente per bloccarla? Il riferimentofattodaAlfanoallapossibilità diunattentatoterroristicoaDiMatteosi inserisceperaltroinuncontestochevede lo stesso Di Matteo messo sotto accusa dalla Procura generale della Cassazione cheglicontestadiaverlesoildirittoalla riservatezza di Napolitano, con un'intervistaadunquotidiano,nellaquale aveva rivelato l'esistenza delle telefonate fra il presidente della Repubblica e l'ex ministrodell'Interno,NicolaMancino,che era stato intercettato proprio nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa. Una accusa ridicola,sièdifesoDiMatteo.Lanotizia delletelefonateeragiàstatapubblicatada altrigiornali. Il pericolo incombente per Di Matteo richiama alla mente uno scenario che si era già visto per Falcone. Prima venne messo sotto accusa, poi venne isolato e così si crearono le condizioni per farlo uccidere da Cosa Nostra. Un tipico scenario siciliano. Ad attaccare Falcone eranostatiipoliticidisinistra,intestail sindaco di Palermo, Leoluca Orlando Cascio, che lo avevano accusato di avere utilizzato le dichiarazioni di Tommaso Buscetta soltanto per incriminare i mafiosi ma guardandosi bene dall'incriminare Andreotti, Lima e Ciancimino. Considerati i referenti di CosaNostraaRomaeaPalermo. Le minacce a Di Matteo sarebbero emerse in un colloquio di Totò Riina con un suo subalterno nel carcere di Opera a Milano, dove il boss dei corleonesi affermava che “Di Matteo deve morire”. Unaregistrazionechehaportatosubitoad aumentare le misure di sicurezza intorno almagistrato. Messa così, la vicenda sembrerebbe chiara. Ma ci sono alcune cose che non tornano. Ad esempio non si capisce che interessespecificoavrebberoRiinaeCosa Nostra, che da secoli tratta con lo Stato, anzi in Sicilia è lo Stato, per colpire Di Matteo, cercando di frenarne l'inchiesta, quando il grosso delle informazioni sulla trattativaStato-Mafiaèormaididominio pubblico. Semmai, l'accertamento giudiziario e storico dell'esistenza della trattativa sputtanerebbe i politici dell'epoca che la gestirono ma che ormai sonotuttifuorigioco,perraggiuntilimiti di età. Fuori gioco non sono però alcuni funzionari intermedi per le cui mani passarono, sempre presumibilmente, diverse fasi della trattativa e che ora, avanzati di grado, temono di veder emergere il proprio ruolo e di esserne chiamatiarispondere. È quindi tra le “barbe finte” che deve essere trovata la chiave di lettura dell'intera vicenda. Un gioco sottile nel quale la posta è rappresentata dal controllo degli equilibri che si concretizzeranno nei prossimi anni e con l'acquisizione di benemerenze verso questo o quello schieramento politico e verso il governo al quale spetta di nominareiverticideiservizisegreti. LaMafiasicilianahaormaiterminato la fase della accumulazione primitiva di capitale ed ora punta soltanto a fare fruttare. E per farlo ha bisogno di non muovere le acque. È la linea che Provenzano ha imposto a Cosa Nostra contro l'impostazione militare dei vari Riina e Bagarella. Una linea che nessuno nell'attuale gruppo dirigente ha alcuna intenzionedicambiare. IreneSabeni Centrafrica:la guerradiNatale 6 DICEMBRE 2013 La Francia si prepara ad intervenire nella Repubblica Centrafricana. Niente di nuovo sotto il sole d’Africa, dove le guerresifannoperprocura. Costad’Avorio,Libia,Mali…eorail Centrafrica, dove si rischia «un nuovo genocidio».Alanciarel’allarmeèstatoil ministro degli Affari Esteri di Parigi, Laurent Fabius. A poco a poco, si sta diffondendo l’idea di una guerra giusta e necessaria nel Paese africano, dove lo scorso marzo la Coalizione Séléka ha presoilpotereconuncolpodiStato. Ma ci sono guerre giuste? Sembra banale dirlo ma i conflitti portano solo morte, distruzione e sofferenza. I problemi non si risolvono con le bombe. La Francia non ha a cuore, come invece vuol far credere, la sorte del Centrafrica. Ha interessi economici e geostrategici nell’ex colonia, ricchissima di risorse naturali.Mac’èaltro. Di fronte al malcontento popolare in Francia, l’Eliseo ha ben pensato di distogliere l’attenzione dai problemi interni e di far leva sul sentimento nazionale, come già avvenuto tempo addietroconilMali.Ancheseunannofa lasituazioneeramenograve.Oggi,come accade in molti Paesi dell’Europa, i francesi risentono della crisi finanziaria internazionaleedellapressionefiscale.Le tassehannoraggiuntoilmassimostoricoe lepiccoleemedieimprese,comeinItalia, stanno soccombendo. Gli agricoltori sono sulpiedediguerra,ibretonilostesso.Gli impiegati pubblici scioperano e ci sono continui blocchi stradali e scontri con le forze dell’ordine. Ci sono stati anche morti e feriti. La gente è esasperata e il governo di Hollande è corso ai ripari, facendo quello che sa fare meglio: inventareguerre“giuste”. E lo fa attraverso il quarto potere, “i mezzi di comunicazione”. O meglio ancora, attraverso la manipolazione dell’informazione. In pochi giorni, la Francia ha diffuso immagini e notizie sull’ex colonia, denunciando il clima di terrore che vi si respira. Durante una riunione dedicata al Centrafrica, presso il Palazzo di Vetro, Parigi ha presentato un documento per autorizzare la Missione internazionale di sostegno (Misca), per oraunaforzapanafricana,adispiegarsiin Centrafrica per un periodo iniziale di sei mesi. L’obiettivo: « Cercare di ristabilire lasicurezzaeproteggereicivili». Durantel’assemblea,ilvice-segretario generale dell’Onu Jan Eliasson ha sventolato lo spettro di un «conflitto religioso ed etnico» e ha sollecitato «un’azione rapida e decisiva per evitare chelasituazionediventifuoricontrollo»e per impedire che il Centrafrica «sia un vivaioperestremistiegruppiarmati». DifronteallepressionidellaFrancia,i 15 Paesi membri si sono detti d’accordo sullanecessitàdidispiegarecaschibluin appoggiodellaMiscaehannoautorizzato il governo francese a dispiegare, nel frattempo, i suoi soldati e «a prendere tuttiiprovvedimentinecessariasostegno della forza panafricana». Come già successo in Mali, l’Eliseo ha deciso di inviare«unmigliaio»disoldatiasostegno della forza panafricana, che dovrebbe essere costituita da 3600 uomini ma che per mancanza di mezzi finanziari e logistici a livello continentale ha difficoltàadorganizzarsi. Ospiti nei principali canali televisivi francesi, il ministro degli Esteri Fabius e quello della Difesa Le Drian, a turno, hanno ufficializzato il dispiegamento delle forze francesi in Centrafrica per impedire “il genocidio”. A loro fianco, sono scesi in campo anche gli Stati Uniti chehannoparlatodi«una situazione pregenocidio». Nonsembrapensarlacosìilpresidente golpista della Repubblica Centrafricana, DjotodiaMichel,chesabatonegatocheil suoPaesesitrovisull’orlodelgenocidioe di una guerra civile tra le comunità religiose. «Sentiamo parlare di guerra interreligiosa,avolte,digenocidio.Quale gruppovuolesterminarel’altro?Chidice di sterminare chi» si è interrogato Djotodia, secondo cui si tratta di «atti di vendetta». «Un regime che ha commesso abusiècaduto(quellodiFrançoisBozizé, ndr) e ora le sue vittime si stanno vendicando.Maparlaredigenocidioodi guerrainterreligiosaèunamanipolazione della comunità internazionale» ha aggiuntoDjotodia. La verità sta sempre nel mezzo. I ribelli di Séléka, armati di tutto punto, hanno messo a soqquadro il Paese. Si moltiplicano i casi di abusi, stupri e violenza. La popolazione continua a essere arrestata abusivamente senza motivo, messa in prigione, torturata, e liberata solo dopo che la famiglia ha pagato una multa. Durante la notte, le persone scompaionoperché prelevate con la forza e condotte a destinazioni sconosciute.Cisonosaccheggieincendi. Abbandonata a sé stessa, la gente ha creato delle milizie contadine, le cosiddette “anti-balakas” (anti-machete). Cisonostativiolentiscontriecentinaiadi morti.Maparlarediunconflittoetnicotra cristiani e musulmani è sbagliato. Le due etnie,chefinoaqualchemesefavivevano in pace, sono vittime dello stesso carnefice:laCoalizioneSéléka. Perché non si è intervenuti prima? A fine dicembre 2012, l’ex presidente deposto, François Bozizé aveva chiesto l’aiuto di Stati Uniti e Francia contro i ribelli, che avevano ripreso le armi dopo una breve tregua, ma il presidente francese Hollande si era rifiutato d’intervenire nell’ex colonia, spiegando chelaFranciaavrebbepotutofarlosolosu mandato dell’Onu. Lo stesso vale per l’inquilino della Casa Bianca, Barack Obama. A distanza di mesi, Parigi fa la parte delbuonsamaritanochevainaiutodella RepubblicaCentrafricana,riccadiuranio, petrolio, oro, diamanti e legname. Ma la partita non è facile. C’è un ostacolo nel camminodellaFrancia:ilSudafrica.Ilcui presidenteJosephZumahaannunciatoche nonsirecheràalsummit“perlapaceela sicurezza in Africa”, che si svolgerà venerdì a Parigi. «Soluzioni africane per problemi africani» è il messaggio inviato dal presidente Zuma al suo omologo franceseHollande. Si dice che il Sudafrica abbia forti interessi in Centrafrica, primo fra tutti: strappare il controllo del mercato dei diamanti dalle mani di Séléka. Al di là degli interessi economici, il Sudafrica, membro dei Brics e potenza economica emergente, vuole assumere il ruolo di guida dell’Africa. Quello che un tempo eralaLibiadiGheddafi. Intanto, lunedì scorso Parigi ha dispiegato 200 uomini che si aggiungono ai 400 soldati già presenti nella capitale. Per ora hanno avviato lavori di sistemazione e ampliamento nei pressi dell’aeroporto internazionale M’poko per adattare le infrastrutture alle necessità di un prossimo intervento armato in Centrafrica. In attesa che il Consiglio di sicurezza dell’Onuapprovilarisoluzionepresentata dalla Francia, che autorizzerà “l’uso del forza” da parte delle truppe africane, alcuni esponenti della ribellione stanno lasciando Bangui. Ma la gente locale si chiede chi andrà a cacciarli e disarmarli nelle remote foreste al confine con Ciad, Sudan e Repubblica democratica del Congo. FrancescaDessì Vai,Angelino:hai pureilquid dell’imbonitore 6 DICEMBRE 2013 «Abbiamo scelto la forma geometrica del quadrato perché sin dalle origini, dallastoria,ilquadratocidicecheilati sono tutti uguali e questo richiama al principio di uguaglianza che richiama il principio della giustizia, perché il nostro è il movimento politico del merito, di chi ha consenso e sta nel territorio». E ancora: «Il blu dà forza, è la forza del mare,èilcoloredelcielo,dellaserenità, dichihalaforzaelavogliadicombattere elottare.Èilcolorecheserveall'Italia». Chi lo avrebbe mai detto? Alfano ha una limpida vocazione per fare la guida turistica.Oppureilvenditore(televisivo?) di opere d’arte. Nonché, alla bisogna, di qualunque oggetto che dia modo di magnificarne i pregi estetici: quelli veri, quelli presunti, quelli immaginari. E addirittura, perché no, quelli inimmaginabili. Quelli che ai più – certamente a causa della loro modestia intellettualeedellaloroscarsasensibilità – sfuggono completamente, fintanto che un più acuto osservatore non glieli indichi/enumeri/illustri. Così come ieri, appunto, ha fatto lo stesso Alfano presentando il marchio del suo neonato partito, che d’altra parte lasciava presagire una potente trasposizione grafica già dalla propria denominazione:NuovoCentroDestra.Un tris verbale apparentemente dimesso, ma in realtà di grandissima forza espressiva. Difficile, quasi proibitivo, forse impossibile, essere più incisivi. Densi. Icastici. EpoichéilpregiatissimoAngelinonon si è soffermato anche su questo aspetto, assai volentieri ci prestiamo a farlo noi, pur consci di non poter competere con il suoinarrivabileamalgamadierudizionee di lirismo. Perciò, sommessamente, ci azzarderemo a ipotizzare un breve discorso esplicativo: «Abbiamo scelto innanzitutto il termine “Nuovo” (e la maiuscolanonappaiaunvacuo,opeggio supponente, esercizio retorico, bensì la doverosa sottolineatura del nostro rispetto, personale e collettivo, per il complesso impegno di rinnovamento che ci andiamo ad assumere) in quanto, da chemondoèmondo,essoracchiudel’idea – ma potremmo spingerci a dire “il messaggio” – di qualcosa che prima non c’era; o che comunque è stato profondamenterigeneratofinoarenderlo, difatto,una“resnova”. Secondopoi,abbiamovolutoutilizzare il termine “Centro” non soltanto nel sensooggettivodiciòcheèlontanodagli estremi, e a maggior ragione da ogni formadiestremismo,maperchéinessosi condensa – plasticamente, potremmo dire – il senso della centralità. E infatti, ci si permettadisottolinearlo,èconunapiena consonanza di intenti, e prima ancora di sensibilità, che abbiamo ritenuto di collocarlo,appunto,alcentro. Inultimo–manoncertoperultimo– ecco la terza parola: Destra. Anche qui, con una coincidenza che non possiamo ignorare, essa si trova proprio dove era giustochefosse:adestra.Adestraperchi guarda,intendiamo.Aconfermadiquanto ci sia caro – anzi imprescindibile – il puntodivistadeinostrielettori.» P.S. Tornando al logo, così sapientemente illustrato da Alfano, non suoni irrispettoso che a noi, di primo acchito, il quadrato aveva fatto venire in mentetutt’altro:lanotamassimasiciliana “Cunascitunnuunpòmoririquadratu”. FedericoZamboni Impararea diventareguerrieri. Eariconoscerei nemici 6 DICEMBRE 2013 L’esplosionedemografica,chehavisto moltiplicarelapopolazionemondialeda1 miliardoapiùdi6miliardidipersonenel giro di un secolo appena, unita all’implosione dei debiti inestinguibili degli Stati, costituisce una miscela potenzialmente letale per il mondo così come lo conosciamo. Un ridimensionamento drastico del nostro mododiprodurreeconsumare,cioèdella nostra vita compresa tutta fra questi due atti economici, sarà l’equivalente di una Grande Povertà, tanto più dura e abbietta quando più dovremo disabituarci per un verso alla benzina nel serbatoio (il picco delpetroliononèbenchiaroquandosarà raggiunto,madisicuroilsuoprezzoègià ora a livelli insostenibili) e per un altro allapappaprontanelpiatto,contuttiquei comfort senza i quali ci sentiamo persi (elettricità a buon mercato, banchi zeppi d’alimentari, casa di proprietà ritenuta a torto, perché toccherà vendere anche quella,intoccabile). Ma la vita va vissuta sempre, nella quiete come nella tempesta. Sprecarla aspettandol’annomilleèeserciziosterile perpiagnoni.Ancheperchélamiseriapuò far scattare la molla del riscatto ma può fare nascere nuove tirannie. Il compito futuro, allora, è prepararsi a combattere. La libertà è figlia del sangue, non della sola penna. È doloroso immaginare, in qualche modo addirittura invocare la distruzione, coi lutti, le efferatezze, le giustizie sommarie e gli orrori che si porta dietro. Ma se questo ordine sociale si sta autodistruggendo, ciò non avviene permiascelta:èildatodirealtàincuimi trovo a vivere. E allora il mio dovere è fareciòcheègiusto. La politica come continuazione dell’etica: non è una bavosa frase fatta, è la formula contraria all’attuale dominio dell’Economico.Quandosihachiarosotto gli occhi il gigantesco sopruso di un’umanità ridotta a variabile contabile deibilancidelloStato,iovedoingiustizia. Setutto,indiscutibilmentetuttoruotaesi farisucchiaredalgorgodeldenaro,ionon posso non bruciare di sdegno. L’assistere alla repressione di talenti, di passioni, di idealità perché ciò che non collima col metro del massimo profitto viene sacrificato senza pietà, è una cosa che grida vendetta al cielo. È questo “essere contro” per sofferenza morale, questo è senso della giustizia. Perché deve comandare chi non ha i titoli per farlo, ovvero spadroneggia grazie al raggiro, la frode, il calcolo, l’ipocrisia (le squallide virtùdell’homooeconomicus)? Diquilaconseguentepresad’attoche, al contrario, la giustizia consiste in un principio di equilibrio. Il giusto mezzo come punto mediano e baricentrico di valori opposti e tuttavia complementari. Tra l’uso brutale della violenza e il porgere l’altra guancia c’è una giustizia che impone di saper imbracciare le armi, metaforicheenon,quandoèminacciatala propria dignità. Ma cosa vuol dire, nel concreto,farepoliticaperdovereetico,in una società corrotta fino al midollo? Significa ripudiare la dittatura interiore del denaro, e fare del disinteresse per questo pezzo di carta il criterio con cui misurare il valore di una persona. Questa dev’esserelaRegolaperriconoscerechiè dallapropriaparte.Seèattivoilcontrollo psichico,interno,deisoldisudinoi,sarà vano pensare di combattere la dittatura politica del dio quattrino e dei suoi sacerdoti. Individui che non vivono secondo il comandamento “accumula e spendi” ce ne sono. Sono i veri nobili, coloro che si distinguono, gli uomini superiori.Madevonoimparareadiventare guerrieri. Per riuscirci devono capire che rovesciare la tavola dei valori dominanti non è un pranzo di gala, per dirla alla Mao.Nonèappagarelacoscienzafacendo operedibene.Èarmarsidiideeedimezzi per diffonderle. È lottare. E la lotta è sempre contro un nemico. Chi è il nostro nemico? La sciagura che ci taglia le gambe è che l’avversario da battere non ha volto, perché consiste in un’entità immateriale ma al tempo stesso molto concreta: il Capitalismo assoluto e totalitario. Un moloch infiltrato ovunque, eppure sfuggente. Ribellarsi ad una macchina avviata secoli fa, priva di un centrodicomandounicoconunafacciae un indirizzo, è molto peggio rispetto a quando, bei tempi, si faceva fuori l’oppressore con una congiura o si organizzava la resistenza clandestina con un obbiettivo chiaro nel mirino. Oggi il Potere è così indefinito e irresponsabile che un ribelle non sa bene con chi prendersela. E invece no, un nemico chiaro a cui dare un nome preciso va trovato comunque. Altrimenti la lotta finisce primadiiniziare.Esepropriononcisono deiveriepropripadroniassoluti,cisono certamente profittatori acclarati e identificabili. Seppur con responsabilità chedegradanoasecondadelruolosvolto, costorosonosenzadubbioinostrinemici. Chi sono? Sono tutti coloro che appartengono, in ordine decrescente di influenza,allecastedeldenaro(iSovrani, finanzieri,banchieriemultinazionali),del consenso (i Feudatari, vassalli valvassori evalvassini,ipoliticididestraesinistra), della propaganda (il Clero, intellettuali e giornalisti di regime). Se il dovere da assolvere è abbattere questo neofeudalesimo,loèancheconsiderarlicome irriducibili avversari, che solo l’abiura seguita da un comportamento coerente puòemendaredalconcorsodicolpadacui erano macchiati. Nessuna eccezione e nessunosconto. L’attendismo di chi si limita a vagheggiare la crisi definitiva è imbelle. Ilpassoulterioreèadditareilnemicoogni qualvoltasimanifesti,secondounascala di responsabilità che deve fare da propellenteall’incendiodellecoscienze.E finquisiamosulpianoteorico.Suquello pratico, è ancora prematura una sua formazione ma per me è chiaro come il sole che occorrerà una forza organizzata, un nuovo partito-comunità, in cui la condotta personale, dal punto di vista economico, sarà discriminante: chi dimostreràditenerepiùalcontoinbanca oaivantaggimateriali,saràfuori. La corruzione è un male connaturato all’uomo e fior di rivoluzionari del passato si sono venduti il loro bell’idealismoincambiodilussiecifrea molti zeri. Ma essere consapevoli delle debolezzeumanenondevefarrinunciarei valorosi,anzidevespronarliancoradipiù. Ogniimpresaèunasfida. AlessioMannino Sfiduciatie disoccupati 9 DICEMBRE 2013 La fiducia è una cosa seria che si dà alle cose serie. Così recitava una pubblicità televisiva degli anni sessanta. Giorni fa, uno dei tanti istituti europei, i cui dirigenti devono giustificare le laute retribuzioni che incamerano, ci annunciava trionfalmente che in Italia, come nell’Unione, sta aumentando il clima di fiducia nel futuro da parte dei cittadini e delle imprese. Il presente sarà insomma pure nero ma il futuro è invece roseo.Suqualidatiquesticialtronibasino leloroaffermazioninonèdatosapere.Ma èlarealtàdeifattiasmentirli. L’economia italiana ed europea è di fatto ferma. Il minimo di ripresa che si intravedeèdatoinfattidall’aumentodelle esportazioni verso le solite economie rampanti dell’Estremo Oriente, Cina e Corea in testa. Ma sul piano interno è notte fonda. Le imprese continuano a chiudere, la disoccupazione aumenta e i cittadini avvertono perfettamente che ancora per molto tempo non ci sarà una inversioneditendenza.Disoldiingiroce ne sono sempre di meno a causa del livellomiseroraggiuntodalleretribuzioni edallepensioni.Cosìladomandainterna di beni e di servizi continua a scendere. L’unicasoddisfazioneèchel’inflazionesi è fermata ma questo succede soltanto perché i commercianti, almeno alcuni, hannodecisodinonriversaresuiprezzidi vendita l’aumento dell’Iva al 22%. Il ragionamentofattoèchegiàladomandaè bassaechediconseguenzanonconvienea nessuno farla precipitare. All’interno di questo scenario che definire tragico è fin troppo facile, si inseriscono i dati più recenti sulla disoccupazione che in Italia, lo ha certificato l’Istat, ha raggiunto ormaiil12,5%. È il massimo picco raggiunto dal lontano 1977 che scontava gli effetti di lungo corso della crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur del 1973. Altro recordstoriconegativoèquelloraggiunto dalla disoccupazione giovanile, ormai arrivataal41,2%.Gliitalianisenzalavoro sono 3 milioni e 189 mila e in più di un milione hanno meno di 30 anni. Rispetto all’ottobre dell’anno scorso vi è stato un aumento del 9,9%. Non sappiamo se si trattiinvecedel10%esequalcunoabbia voluto togliere uno 0,1% per fare meno impressione. L’aspetto più impressionante, che comunque risultava anche dai precedenti rapportiIstat,èchecontinuaadaumentare il numero degli scoraggiati. Quelli che, anziani e giovani che siano, non cercano piùlavoroperchévihannosemplicemente rinunciato, convinti dai tanti rifiuti ricevuti che in Italia trovare una occupazione stabile sia diventata una c h i m e r a .Una deriva che penalizza soprattutto i giovani che devono scontare sulla propria pelle l’idea diffusa nelle imprese, molto spesso in verità pure motivata, che la scuola e l’università italiane non offrano una preparazione ed unaformazionedibasesufficienti. Visto tutto questo tracollo del nostro tessuto sociale, è incredibile come ci possa essere ancora qualcuno che si permettadiparlarediunclimadifiducia. Insomma: di cosa parla? E soprattutto, dovevive? IreneSabeni Italia:mancaun nuovomito fondante 9 DICEMBRE 2013 Il Porcellum era chiaramente indifendibile, quindi il pronunciamento della Corte Costituzionale ha l’unico difetto di essere venuto tardi. Tuttavia si tratta di un precedente che potrebbe rivelarsipericoloso. Nonacasononsiriesceadapprovare unanuovaleggeelettorale.Ognipartito,o addirittura ogni gruppo organizzato all’interno dei partiti, persegue il proprio interesse elettoralistico immediato, senza curarsidiconcorrereadefinireunsistema di voto che possa durare nel tempo e che dia un responso delle urne indiscutibile. Giàoggi,enonsoloinItalia,semprepiù spesso gli sconfitti denunciano brogli cercando di invalidare le elezioni. Il precedente del pronunciamento della CorteCostituzionalefaràsìcheinfuturoi delusi dalle urne sollevino eccezioni di incostituzionalità. Se il sistema prevede unpremiodimaggioranza,sichiederàuna sentenza che lo dichiari incostituzionale. Sesaràilproporzionalepuro,glisconfitti denunceranno l’illegalità di un sistema chenonconsentelagovernabilità. Diciamocelo senza infingimenti: la vicenda che stiamo vivendo dimostra che l’assetto democratico-parlamentarerappresentativodelnostrosistemapolitico è giunto al capolinea. Prendere atto della realtàèsemprecosabuonaedoverosa. Isistemifunzionanoquandodelineano un quadro civile e istituzionale largamente condiviso. Perché questo avvenga occorre che resti vitale ilmito fondante dello Stato. L’Italia liberale si fondò sul mito del Risorgimento: la nazionenatadaunalottadipopoloperla propriaindipendenza,coisuoisimboli,le sue bandiere, i suoi eroi e martiri. Come tutti i miti, era un racconto in gran parte fantastico. In realtà il Risorgimento è stato opera di minoranze massoniche e anticlericali, di giovani idealisti, vincenti grazie a trame internazionali, nell’indifferenza o nell’ostilità della maggioranza della popolazione. L’impresa dei Mille e l’abbattimento del regime borbonico presentano analogie impressionanticonilrecentescempioche èstatofattodellaLibiadiGheddafi. Niente di scandaloso: tutti i moderni Stati nazionali sono nati dall’iniziativa armatadiminoranze. Quel mito fondante, per quanto falso fosse,hafunzionatofinoallaprimaguerra mondiale, che sconvolgendo il quadro sociale ed economico ha fatto a pezzi lo Statoliberale. Ilmitofondantedelsuccessivoregime fascista fu la marcia su Roma, la rivoluzione reazionaria che avrebbe fatto risorgere l’antico splendore imperiale. Fu vuota retorica, ma per un ventennio funzionò. La nuova Italia nata dalle ceneri della guerra persa fondò il suo mito sulla Resistenza, sullapiù bella Costituzione del mondo, e sull’adesione ai valori dei liberatori. La Resistenza fu in realtà una crudele guerra civile fra due minoranze, col popolo impegnato soprattutto a barcamenarsi per sopravvivere. La Costituzione più bella del mondo è piena di lacune. I liberatori anglo-americani erano invasori esattamente come i tedeschi.Matant’è:quelmitofondanteha funzionato per qualche decennio, i più prosperinellastoriad’Italia. Esauritosi anche quel mito, demolito dagli scandali, dalle mafie, dalla corruzione, si è tentato di fondare la cosiddetta seconda repubblica sull’europeismo. Un mito debolissimo e già al tramonto. Ci troviamo senza mito fondante,quindisenzaunterrenocomune di intesa, senza regole accettate da tutti, senza una rete istituzionale e una morale condivise. Questo e non altro ci dicono i mesiconvulsichestiamovivendo,questo e non altro ci dice il paradosso di istituzioni, dal Presidente al Parlamento, completamentedelegittimate. Diciamocelo senza infingimenti: quandosigiungeaquestopunto,soltanto unadittaturapuòsalvareunanazione.Ma perché una dittatura non sia tirannide, il peggiore dei mali, occorre che nasca da una volontà di rinascita, da una spinta vitale, da un’energia ricostruttiva. Nell’Italia odierna non c’è nulla di tutto ciò. Lo Stato è a pezzi, le attività economiche sono in affanno, i costumi sono corrotti a tutti i livelli, abbiamo perso quel poco di sovranità che ci era rimasta, si dimenticano o si svuotano di contenuto le tradizioni e i costumi che si basanosullareligione,anch’essamorente, le etnìe si sovrappongono senza fondersi (nell’elenco telefonico di Milano il cognomepiùricorrenteècinese),lastessa lingua è in fase di estinzione: ogni anno scompaiono dall’uso scritto e parlato decine di parole, non sostituite da altri termini che siano neologismi italiani o dialettali, ma da vocaboli di lingue straniere,soprattuttoanglo-americani. Questoèloscenariodiunanazionein estinzione, se vogliamo dire le cose col loronome. La storia ci presenta un elenco lunghissimodinazionichefuronograndi, lasciaronoun’improntaprofondasulsuolo insanguinato del mondo, furono protagoniste di splendide civiltà, e sono sparite. Quando lo Stato è corrotto e inefficiente, quando i costumi e le tradizioni si perdono, quando si smarriscono i saperi e le abilità che caratterizzarono un modo di vivere e di produrre, quando la lingua si fossilizza e muore,lenazionisiestinguono. Il fine di queste considerazioni non è indurre alla disperazione, ma invitare a prendere coscienza della posta in palio. Quella che si profila, se continueranno le tendenzeinatto,ènientemenochelafine diunanazione. LucianoFuschini PD:quasi3milioni diillusi 9 DICEMBRE 2013 Hanno gettato gli ami, con tre esche diverse-ma-non-troppo, e puntualmente i pesciolinihannoabboccatoinmassa. Il motivo è semplice: i pesciolini che amano sguazzare nelle urne di qualsiasi genere, dalle primarie in su, sono fatti così. Ed essendo fatti così – poiché così sonostatiallevatiinqueilaghettidipesca “sportiva” che sono i bacini elettorali, specialmente,manonsolo,quiinItaliae nel Terzo millennio – hanno bisogno di rinnovare all’infinito le proprie illusioni. Anche se poi ciò significa rimanere infilzati. Per limitarci alla Seconda repubblica, e al centrosinistra, gli eroi immaginari hanno avuto via via i nomi di Romano Prodi e di Walter Veltroni, e persino di Pierluigi Bersani. Una lista che ieri ha ufficializzato la sua ultima star. Matteo Renzi, ovviamente. L’attore che al televoto di ieri (televoto che resta tale anche se effettuato di persona, recandosi in uno delle migliaia di mini set allestiti per l’occasione) si è aggiudicato poco menodel68percentodeisuffragi.Èluiil novello protagonista, giovane e baldanzoso, sorridente col pubblico ma perentoriocongliavversari,cheinteoria dovrebbe rilanciare questa fiction obiettivamente logora, dopo che i suoi produttori hanno abusato della pazienza deglispettatoriconognisortaditrucchidi infimo ordine: vedi, in ultimo, gli otto anni di voluta indifferenza per la palese incostituzionalità del Porcellum; incostituzionalità che la Consulta ha riconosciutomachenonhacertosvelato. La sua illegittimità era il segreto di Pulcinella. Eppure la recita è andata avanti imperterrita, senza che all’interno dell’establishment politico nessuno avvertisse l’esigenza di rimettere la questione a quei giudici che avrebbero potutoagevolmenteaccertarnel’illegalità, cosìcomehannofattoadessosuricorsodi unprivatocittadino. La nuova superstar, il cui trionfo era del resto annunciato, ha immediatamente ribadito il suo messaggio fondamentale, quasi altrettanto generico dell’obamiano «Yes We Can»: il suo «Ora si cambia davvero» viene rilanciato tale e quale, o con minime variazioni, dai media mainstream,deliziandoisuddettiillusi.E attraendo, sullo slancio, i moltissimi altri che pur avendo resistito alla tentazione dei gazebo si lasceranno soggiogare dalla prospettiva(ah,quantoentusiasmante!ah, quanto decisiva!) del prossimo ArmageddoncontroiSommiNemici.Che nonsonomicaibanchieri,glispeculatori, i globalisti assortiti che ci hanno sprofondati in una crisi ancora più grave, ancora più strutturale, di quella del 1929. No:iSommiNemicidiquestacosiddetta Sinistra sono i “populisti”. I vecchi populisti di Berlusconi. I nuovi populisti di Grillo. Il peccato mortale è questo, nella religione liberista: non schiavizzare i popoli, ma aizzarli. Meglio lasciar fare agli esperti, ai tecnocrati, ai banchieri. MegliolasciarfareaMarioDraghi. Da parte nostra, come facciamo abitualmente, ci sbilanciamo in una serie diprevisionisucomeandràafinireanche questa volta: alla fase uno – quella delle grandi speranze in chissà quale palingenesi della politica interna, sotto la sapiente guida del Pd-New-Version by Matthew Renzi & C., e in chissà quale rilancio dell’economia nazionale, nonostante i vincoli imposti dalla UE, e quindidallaTroika–faràseguitounapiù o meno lunga fase due, in cui seppur a malincuore le poderose aspettative odierne si troveranno a dover fare i conti con questa o quella difficoltà, uscendone fatalmente ridimensionate; infine, ed eccoci alla fase tre, diventerà manifesto c h enemmeno il simpatico, giovanile, innovativo, Rottamatore del Passato è riuscito a compiere il miracolo atteso. O sognato.Odelirato. E proprio come nei deliri, quindi, una nuova allucinazione prenderà il posto dellaprecedente.Perchéilcastpuòessere integratoall’infinito e gli USA ce lo insegnano:c’èsempreunObamanuovodi zecca che prende il posto di un Clinton divenuto inservibile. Con in mezzo una parentesiallaGeorgeW.Bush,magari. Quanti anni saranno trascorsi, nel frattempo? Vedremo. Ma per un sistema che è ormai imploso, e che nel caso dell’Italia somma i vizi cronici del clientelismoagliinsanabilisquilibridella finanza occidentale, ogni dilazione equivale a un successo. Rinviando a oltranza la resa dei conti si vincerà la guerra. O, quantomeno, si debiliterà ogni residua resistenza da parte dei popoli: a forza di fare la fila per votare i più si acquieterannoinquestapantomima.Dove sicrededivotare.Doveinrealtàsifasolo lafila. FedericoZamboni Grilloel'accusaal giornalismo:e allora? 10 DICEMBRE 2013 Cos’avrà mai detto di così tremendo Beppe Grillo sui giornalisti? Secondo il capo politico del Movimento 5 Stelle la nostra categoria è piena di prezzolati e scribacchini che censurano e si autocensurano, vomitando luoghi comuni e balle sesquipedali. C’è qualcuno in buonafedechepuòsostenereilcontrario? Lalargamaggioranzadichifailmestiere simeritagliinsultie,volendodirelecose come stanno, non stiamo parlando neppure di giornalisti, ma di addetti stampadiquestooquelpartito,diquesto o quell’interesse economico e clientelare. È la verità e la sappiamo tutti, in primis noi dell’Ordine corporativo di fascista memoria. Ma a scatenare l’indignazione delle verginiviolate,dalcapodelgovernicchio in giù, è stato un post su Maria Novella Oppo,indicatasulblogcomediffamatrice serialedelmovimento.Nelferoceattacco si invita a segnalare con corredo fotografico il giornalista che disinforma, magari, come la Oppo che scrive sull’Unità, in testate finanziate con soldi pubblici. “Vergogna, ecco le liste di proscrizione”,hannogridatoisanterellini dellaliberastampadiregime. Ora, è illegittimo polemizzare con un giornalistachelegittimamentepolemizza? Di quale delitto di lesa maestà ci si macchia a fare nome e cognome di una firmachehaideediverse,contestandoleil cordoneombelicaledialcunimediaconi finanziamenti di Stato? Semmai si può discutere se sia giusto abolirlo o meno, ma non capisco davvero dove sia lo scandalo. Grillo fa torto alla sua intelligenza, piuttosto, quando ostenta la sua disponibilità a farsi intervistare dai colleghi stranieri, con un’esterofilia che dimenticalapesantedipendenzadalobby epadronichecondizionalastampaanche fuori dall’Italia. Più strutturalmente, il grillismo è colpevole di una pericolosa ingenuità nell’idolatrare il presunto paradiso dell’informazione in Rete, in realtà spesso un letamaio di cazzate in libertà. Internet rappresenta sicuramente unospazioliberatorio,maappuntoperché informare equivale a saper scovare, selezionare e dare il giusto peso alle notizie, cioè proprio perché il buon giornalismoèindispensabile,appuntoper questo servono professionisti qualificati. Senza bisogno di farne una corporazione, ma senza nemmeno buttare nel cesso le professionalità credibili, facendo di tutta l’erbaunfascio. Perché a volte, presi dalla foga e da una certa presunzione, i 5 Stelle rivelano un’intolleranza alle critiche che li fa pisciare fuori dal vaso. Ma non in questo caso.Inquestocaso,Grillodàvoceaduna banalità che essendo banale è verissima: vengono creduti giornalisti certuni che devono lo stipendio alla Causa che li ha messisottocontratto.Epergiuntaconuna percentuale che arriva dalle casse pubbliche. Fanno ufficio stampa, non giornalismo. Quando Claudio Messora è diventato responsabile comunicazione dei gruppi parlamentaridelM5S,laVocedelRibelle hasceltodinonriprenderepiùgliarticoli del suo blog. Non perché non siano interessanti e pregevoli, ma perché non essendopiùluiunbloggerindipendente,il suo lavoro diventava condizionato e di parte.IlpuntoècheMessoraèunfazioso onesto, alla luce del sole, gli altri, le penne in grigio omissione e manipolazione, si raccontano e ci raccontano di essere liberi. Ma che si dianoall’ippica. AlessioMannino L’Islandacontroi poteriforti.Il mutuolopaganole banche 10 DICEMBRE 2013 Ancora una volta l’Islanda ha avuto il coraggio di sfidare l’usura internazionale eilmondialismo. IlgovernodiReykjavikhaannunciato infattilacancellazionedi24milaeurodal mutuo per la casa di quasi 100mila islandesi. Un numero enorme di cittadini se pensiamo soltanto al fatto che l’isola dell’Europa settentrionale conta poco più di 300.000 abitanti. Ma il particolare più interessante è che saranno le banche e le istituzioni finanziarie a pagare lo scotto dellamanovra,cheavverràattraversouna strettasull’imposizionefiscale. Proprio quegli istituti di credito e finanziariche,dopoilcollassodelsettore nel 2008 per la connivenza tra lobby economiche e politica in nome del mercatismo e dell’iperliberismo, avevano portatol’inflazioneallestellee,conessa, provocato un’impennata vertiginosa degli interessi sui mutui legati all’aumento dei prezzi. Era stato in particolare il fallimento della banca Icesave e dei principali istituti di credito islandesi, 5 annifa,dicuibanchieriepoliticieranoa conoscenza a causa della crisi economica irrefrenabile, ma soprattutto il fallimento del libero mercato a dimostrare che il sistemaeconomicocosìcomeèstrutturato non può più farcela, come ha tenuto a sottolineare alcuni mesi fa lo stesso presidente della Repubblica di Islanda ÓlafurRagnarGrímsson. Con la recente manovra decisa dal premier Sigmundur Davíð Gunnlaugsson il popolo islandese avrà finalmente garantiteancheleesenzionifiscaliperuna sommaparia70miliardidicorone,circa 433milionidieuro,chehannounenorme valore per un Paese che vive principalmente di pesca e pastorizia. È quindi un provvedimento giusto quello presodall’attualegovernodicentro-destra guidatodalprimoministroGunnlaugsson, portato avanti con il sostegno del presidente Grímsson, che finora ha dimostratolapienavolontàdiopporsialle ingiustizie della speculazione ai danni di tuttiicetipopolariedellestessefamiglie islandesi. Naturalmente le decisioni prese dalle istituzioni governative della piccola isola del Nord Europa non sono piaciute ai nemici di sempre, quelli che sperano di lucrare a piene mani sul lavoro altrui, come il Fondo monetario internazionale, che ha dichiarato la sua più netta opposizione alla manovra voluta dall’esecutivo, e ancor meno agli altri usurai delle agenzie private di rating, al soldo di Wall Street, con Standard&Poor’s in prima fila che ha minacciatonuoveimminentiretrocessioni delrating. Del resto l’Islanda è nota per le sue posizionidecisamentechiareneiconfronti degli speculatori interni e internazionali avendo già imposto nel recente passato perdite ai creditori olandesi, britannici e internazionali, ma soprattutto ai loro governieallelorobanche,perunasomma equivalentea2miliardididollari,parial 14,6 per cento del Prodotto interno lordo islandese. E questa volta la decisione è stata presa direttamente dal primo ministro di Reykjavik che ha avversato immediatamente i grandi potentati economici, affermando senza timore che la fine della crisi economica passa attraverso questa manovra. A pagare la crisiquindidovrannoesserelebancheper garantire al Paese un futuro di crescita e disviluppo,dimostrandocosìcheinbarba all’usura e alla speculazione un governo nazionaleadifesadellasovranitàpopolare può opporsi senza timore a chi intende speculare ignominiosamente sull’economiadiunPaese. Un modo questo per dimostrare che l’Islanda rappresenta senza dubbio un valido esempio da seguire per tutti gli Stati europei vittime dei grandi speculatori,internieinternazionali,legati a doppio filo con la finanza apolide e le organizzazionimondialiste. AndreaPerrone Italia:laGiustizia distortadiuno Statocriminale 10 DICEMBRE 2013 In uno dei prossimi consigli dei Ministri potrebbe essere presentato un disegnodileggepertentaredirisolverei cronici problemi che ammorbano l'amministrazionedellagiustizia. Questo l'annuncio fatto dal ministro della Giustizia durante un convengo ospitatoaPalazzoMadama.Lecriticità– giusto per usare un eufemismo – non risparmiano nessuna branca del diritto. Il civile, il penale, l'amministrativo ed il contenziosotributariosonoafflittidauna lunga serie di problematiche. Milioni e milioni di fascicoli giacciono nelle cancellerie dei nostri uffici giudiziari. Stando alle ultime statistiche l'arretrato supera i cinque milioni nel civile e i tre milioni e mezzo nel penale. Numeri in grado di far comprendere a chiunque quanto sia difficile far valere le proprie ragionidifronteadungiudice. Unimpegnosemprepiùlungo,sempre più gravoso – e quindi costoso – che diventa sintomo della mancanza di certezza del diritto nel nostro ordinamento. Elementi che da soli basterebbero a giustificare l'approvazione e la pubblicazione di un decreto-legge; rispettandoirequisitiimpostidallanostra leggefondamentale. Enrico Letta ed i suoi Ministri non sembrano però disposti a costringere le Camere a porre all'ordine del giorno queste deficienze. Meglio presentare un ddl e confidare nella buona volontà delle forze politiche presenti a Camera e Senato. Un atteggiamento perpetuato e reiterato nel corso delle ultime due legislature. Nemmeno il recente intervento a gamba tesa del Quirinale è stato sufficiente a costringere i partiti ad occuparsi di tribunali e dintorni. Eppure, almeno gli europeisti in servizio permanentedovrebberoessereinpiazzaa stracciarsilevesti.Chequalcosanonvada nel verso giusto ce lo ha detto più volte l'Unione europea e, soprattutto, la Corte europeaperidirittidell'uomo.Iltribunale di Strasburgo considera le nostre carceri luoghi in cui si pratica la tortura e si sottopongono i ristretti a pratiche «inumane e degradanti». Parole che dovrebbero pesare come piombo nelle coscienze di chi ha a cuore l'efficienza e l'efficacia del nostro ordinamento giudiziario. Almeno per questo, entro la fine del prossimomesedimaggiosidovràtrovare una soluzione al sovraffollamento delle carceri. Strutture in cui oggi si trovano oltre settantamila detenuti, cifra di gran lunga superiore alla capienza regolamentareimpostadallalegge.Norme chenonpossonoessereviolateproprioda chi è chiamato ad approvarle ed applicarle.Ancheperché,propriocomein un'ordinanzaconcuisiordinalacustodia cautelareperunqualsiasiindagato,sipuò ormaiparlaredi“disegnocriminoso”odi criminalità“pertendenza”. Non si possono usare altre parole per uno Stato pienamente cosciente di quello che accade dentro i penitenziari di tutta Italia. Un sistema che – non si sa quanto volutamente – si sta ponendo fuori dalla civiltà giuridica europea. Il “Comitato europeoperlaprevenzionedellatorturae delle pene o trattamenti inumani o degradanti” del Consiglio d'Europa ha recentemente diffuso dei dossier in cui si riassumono i risultati delle ultime visite svolte nelle carceri italiane. Questi rapporti offronoil polso della percezione chefuoridall’Italiasihadellostatodelle nostre strutture e, più in generale, delle condizioni di detenzione nella maggior partediqueste.Granpartedellavisitadel 2012 e delle relative raccomandazioni riguardano anche la detenzione nei Cie e nelle celle di sicurezza delle forze dell’ordine. Per i nostri legislatori rimane molto importante leggere questi rapporti, visto che il Comitato che li redige è uno degli snodi fondamentali di quel sistema sovranazionalediprotezionedeidiritti.La sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti umani che ha motivato il recente messaggio alle Camere del Presidente Napolitano si basa su una giurisprudenzache,propriodairilievidel Cpt, deriva la qualificazione del sovraffollamento come un «trattamento inumanoedegradante». Nel 2012, la delegazione del Cpt ha visitato le camere di sicurezza delle questure di Firenze, Messina, Milano, Palermo e Roma, le caserme dei CarabinieridiMessinaGazziediMilano Ponte Magenta, gli uffici della Polizia municipalediMilanoeMessina,ilCiedi Bologna, le carceri di Bari, Firenze, Milano San Vittore, Palermo Ucciardone, Terni e Vicenza, l’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, il servizio di psichiatria di Milazzo e la Comunità terapeutica di Naso (Messina). Denunce di maltrattamenti sono state presentate da parte degli stranieri nell’area milanese e all’ingresso nel Cie di Bologna, ma anche dai detenuti nel carcerediVicenza.Condizionidegradanti di detenzione dovute alla fatiscenza delle strutture sono state riscontrate nelle camere di sicurezza di Firenze e di Palermo, ma anche nel padiglione maschile del Cie di Bologna e all’Ucciardone. Una situazione limite è stataquellariscontrataaBari:11detenuti in una stanza di 20 mq. Condizioni da bestieallevateinbatteria.Singolare,peril Comitatointernazionale,latotaleassenza di psicologi e il basso livello di qualificazione del personale addetto nell’OpgdiBarcellona. Se l'Esecutivo avesse coraggio e autorevolezza non esiterebbe un attimo nel proporre con decreto-legge l'introduzione del reato di tortura nel nostrocodicepenale.Unalacunachenon può essere giustificata in alcun modo. Purtroppo, con tutta probabilità, le innovazioni in tema di esecuzione penale saranno rimandate per colpa della solita propagandapoliticadibassalega.Cisarà chi parla di “regalo per i delinquenti” e chi si riscoprirà tifoso di indulti ed amnistie solo perché queste possono oggi tornareutiliaBerlusconi. Uno spettacolo indegno che finirà per danneggiare chi è costretto in carcere e chi, più semplicemente, non vuole aspettare otto anni prima di veder riconosciute le proprie ragioni dalla sezione civile di un qualsiasi tribunale italiano. Parlamento e Governo devono fare di tutto perché la formula “giustizia giusta” non sia più percepita come un grottesco ossimoro. Se non sono in grado difarlopossonosicuramentededicarsiad altreattività.Stiamoparlandodiunadelle principali attività dello Stato moderno, non di una delle bagatelle che affollano l'attualità politica. È bene che qualcuno iniziarendersenecontosenzascaderenel becerocalcoloutilitaristico. MatteoMascia Forconieccetera: machezotici,quei manifestanti! 10 DICEMBRE 2013 Cattivacci. E pure ignoranti. E per di più dannosi per l’economia nazionale, visto che con le loro manifestazioni a brutto muso, variamente associate a blocchistradalioferroviari,ostacolanola libera circolazione dei cittadini e quindi, uditeudite,loshoppingnatalizio. Neiconfrontidelleprotestechedaieri si stanno verificando da nord a sud e che vengono impropriamente riunite sotto la d e n o m i n a z i o n edescamisados di Movimento dei Forconi, l’establishment italianopensadicavarselacosì.Asuondi rimproveri da maestrine stizzite. E di ragionamenti,sifaperdire,daquesturini che non hanno nessun altro dio che la legalità, e nessuna altra bibbia che il codice penale, e nessun altro scopo/funzione/orizzonte che il mantenimento dell’ordine pubblico: il puntononècheicittadinisianomessiin condizione di vivere almeno decentemente e cheperciò non abbiano motivodiprotestare;nemmenopersogno: ilpuntoècheessi,puressendoschiacciati dallecrescentidifficoltàeconomichedella crisi, se ne devono restare buoni buoni, accettando come ineluttabile ciò che il destino(olaTroika)hadecisoperloro. Alfano, che tra una cosa e l’altra continua a rivestire il ruolo di ministro degliInterni,riassumelaquestionedapar suo: «Le proteste in Italia sono legittime se rispettano le leggi. Impediremo che vengano violate le leggi e faremo valere la forza dello Stato. Saremo al contempo comprensivi rispetto a proteste che siano dentro i limiti dell'ordine e delle leggi dello Stato». Metà scienza dell’ovvio e metà ottusità da sceriffo fintamente benevolo. Il vero messaggio, dietro le chiacchiere “istituzionali”, è che l’unica protesta che verrà accettata è quella che non darà problemi. Chi vuole scendere in piazza è libero di farlo, purché lo faccia solo di tanto in tanto e limitandosi a sbraitare un po’. E guardandosi bene, sia chiaro, dall’usare parole troppo accese, essendorisaputo che la violenza verbale potrebbe esasperare gli animi e condurre, ahinoi, a violenze anche fisiche. Ossia a veri e propri reati. I quali, naturalmente, andranno rigorosamente sanzionati in quantotali. Rocco Girlanda, sottosegretario ai TrasportieasuavoltapassatodalPdLal neonato Nuovo Centrodestra, ribadisce il concetto: «Se si esce fuori dalle regole bisogna intervenire in modo pesante, con tutti i metodi a disposizione». Dopo di che,aimicrofonidiRadio24,siaccodaai tanti altri che ritengono di aver scovato l’Argomento Supremo per screditare i manifestanti, lamentandosi, anzi accusando, di non aver «capito il motivo per cui protestano». Il Giornale prova ad argomentare: trattasi di protesta «che raccoglie un po' tutti gli aspetti di malcontento sociale e si scaglia contro tasse, governo, disoccupazione, classe politica e chi più ne ha più ne metta al grido – ormai inflazionato – di "Tutti a casa", senza peraltro suggerire soluzioni efficaci». Capito? Secondo questo approccio – cheèunavariantediquelloutilizzatoper liquidare alla stregua di sovversivi incompetenti chi sostiene la necessità di uscire dall’euro o addirittura, più in generale, di ripensare da cima a fondo il modello economico liberista – la rabbia socialenonèammessa,amenochenonsi accompagni a un pacchetto di rivendicazioni specifiche. Ovvero circoscritte. Ovvero tali da poter essere accolte, sempre che invece non si preferisca rigettarle, senza affrontare in alcun modo i problemi di sistema. Possibilmente, inoltre, i manifestanti di turno dovrebbero presentarsi alle Eccellentissime Autorità muniti di indicazioni concrete su come venire a capo delle rispettive angustie, e tanto meglio se avranno anche la capacità, e la cortesia, di chiarire dove andrà trovata la coperturadibilanciodeglieventualicosti. Viceversa, laddove essi non siano in grado di comportarsi in maniera così ragionevole, e costruttiva, dovranno astenersidalcrearescompiglio,opeggio. Si dà infatti il caso, per chi non l’avesse giàcapito,cheicittadininonabbianopiù alcun diritto di esigere dai governi delle risposte stabili alle incertezze, e alle ingiustizie,dellacompetizioneglobale.Ci mancherebbe altro: i governi sono già abbastanza indaffarati a puntellare le banche,eapagaregliinteressisuldebito pubblico,eapianificarelaprivatizzazione di tutto ciò che si può smerciare (a vantaggiodegliacquirenti). Perché mai protestare, allora? Solo perchénonsisapiùdovesbatterelatesta? Mio dio, che atteggiamento rozzo, passatista,pericoloso. FedericoZamboni Venezuela. Amministrativenel segnodiChávez 11 DICEMBRE 2013 Apocopiùdiunannodallavittoriadi Hugo Chávez alle presidenziali, avvenuta pochi mesi prima della sua morte, il PartitoSocialistaUnitodelVenezuelasiè consolidato come la prima forza politica delpaeseguadagnandolaguidadi196dei 337comuninelleelezioniamministrative svoltesidomenica. Dalla morte del leader della Rivoluzione Bolivariana, avvenuta nel marzo scorso, si è più volte parlato delle difficoltà del suo successore Nicolas Maduro, eletto con uno scarto minimo rispetto al suo contendente della destra Capriles, e del Psuv, il partito unitario voluto da Chávez. Tuttavia sembra che Maduro stia superando le prevedibili difficoltà incontrate nei primi mesi della sua presidenza: dalla solita stampa in mano alle oligarchie che non perde occasioneperdipingereunPaesesull’orlo del baratro, alle vere e proprie azioni di sabotaggiomesseinattodaalcunisettori economici per cercare di mettere in difficoltàilsuogoverno. La cosiddetta “guerra economica” denunciata da Maduro nei mesi scorsi ha cercato di scatenare la rabbia popolare attraverso la speculazione sul dollaro, l’accaparramento dei beni di prima necessità e il conseguente, fraudolento, aumentodeiprezzi.Ilgovernohatuttavia iniziatoamettereinattolecontromisuree la recente approvazione parlamentare della Ley Habilitante mette ora in grado Maduro di agire tempestivamente ed efficacemente contro i manovratori della “guerra economica”. Lo scorso 3 dicembre, inoltre, il Parlamento venezuelano ha approvato il Plan de la Patria 2013-2019 come Legge della Repubblica. IlPlandelaPatriaerastatoideatodal comandante Chávez ed elaborato con la partecipazione dei movimenti sociali che compongono il Potere Popolare che accorsero alla chiamata del leader socialista nel novembre 2012, partecipando a dibattiti in tutto il paese. Nelle presidenziali dello scorso aprile, NicolásMaduroloavevapresentatocome suoprogrammadigoverno,segnandocosì unalineadicontinuitàsimbolicaepratica con il suo predecessore. Un documento che traccia le linee per preservare l’indipendenzanazionale,percontinuarea costruire il modello socialista del secolo XXI, trasformare il Venezuela in una potenza,costruireunmondomulticentrico emultipolare,salvarelavitadelpianetae lasopravvivenzadell’umanità. Il presidente Maduro lo ha quindi inviato nello scorso settembre all’Assemblea Nazionale - in base all’articolo 236 della Costituzione nel quale si afferma che spetta al capo dello Stato «formulare il Piano Nazionale di Sviluppo e dirigere la sua esecuzione previa approvazione dell’Assemblea Nazionale» - ed ora è diventato legge. «Dopo la Costituzione della Repubblica BolivarianadelVenezuela,approvataper la forza rivoluzionaria e negata dalla destra, (…) il Plan de la Patria è il documento più importante che reggerà il destino del paese per sei anni (la presidenza di Maduro, ndr). Non è un documento qualunque», ha affermato il presidente del Parlamento venezuelano DiosdadoCabello. In questo scenario, nel quale agli attacchi delle destre all’opposizione si stanno opponendo le contromisure governative, le elezioni amministrative hanno acquistato un forte significato politico, trasformandosi in una prova chiave per il chavismo e per i suoi oppositori in un paese sempre più polarizzato. E la prova ha dato ragione a Maduro. Domenica sera la presidentessa del Consiglio Nazionale Elettorale, Tibisay Lucena, ha annunciato i risultati dopo 12 ore di una giornata elettorale trascorsa in totale normalità e con un’affluenzadel58,92percento.IlPSUV ha ottenuto il 49,24% percento, la MUD (Tavolo dell’Unità Democratica), l’alleanzadiopposizione,il42,72%. Il presidente del Venezuela, dopo l’esito del voto amministrativo ha affermato che il paese ha dimostrato al mondo che la Rivoluzione Bolivariana continua, con il Partito Socialista Unito delVenezuelacheprimaforzapoliticadel paese. «Caracas ha trionfato. L’amore e la lealtà del paese del Venezuela, col Comandante Hugo Chávez e la Rivoluzione Bolivariana», ha detto il Mandatario nel corso di una manifestazione nel centro della capitale venezuelana. «Non ha potuto la guerra economica contro il paese. Non hanno potuto né potranno mai» ha affermato annunciando poi che questa settimana verrà intensificata la lotta per proteggere il paese e la classe media dalla speculazione. «Avevano detto che oggi (domenica, ndr) ci sarebbe stato un plebiscito in Venezuela, o non lo hanno detto?AvevanodettocheoggiMadurose ne sarebbe andato dal Venezuela » ha ricordato riferendosi all’opposizione e concludendo: «Questa è la vittoria dell’amore, della buona volontà, del lavoropermanente». Questaèl’ereditàdiHugoChávez. AlessiaLai Ifocolaidiprotesta: nulladipiù,nulladi meno 11 DICEMBRE 2013 Lorenzo Lenzi è entusiasta, Davide Gaglioneperniente.Puressendoentrambi accomunati da un drastico e consapevole rifiuto nei confronti del sistema oggi dominante, con i governi sempre più asserviti ai diktat della finanza internazionale, esprimono pareri contrapposti in calceall'articolo che abbiamo pubblicato ieri sulle manifestazioni che da lunedì scorso si susseguonounpo’intuttaItalia.Anzi:più che pareri, intesi come punti di vista prettamente teorici,percezioni, nel senso diunarispostainterioremoltopiùampiae coinvolta. Questa divergenza può apparire sconcertante, ma in effetti non lo è. Considerato che le proteste di cui parliamo riuniscono un’ampia gamma di soggetti autonomi e che nascono all’insegna della rabbia contro l’establishment, ovvero in assenza di un singolo movimento politico dotato di una fisonomia teorica ben definita e di programmi altrettanto precisi e compiuti, è del tutto naturale che ognuno ne possa avere delle impressioni assai diverse. A seconda che si dia maggior peso alla voglia di spazzare via l’attuale classe dirigente, benché senza chiarire quali dovrebbero essere le alternative, oppure alla mancanza di un progetto nitido e convincente. Machiharagione,allora?Larisposta, secondo me, presuppone un chiarimento: non bisogna assolutamente confondere i fenomeni sociali, categoria in cui vanno ricomprese le iniziative di questi giorni, con i soggetti politici che potranno eventualmente scaturirne in un secondo tempo.Comehogiàaffermatoaltrevolte, con altre parole, la scala che conduce a un’eventualerivoluzionedipopoloèfatta di diversi gradini, di altezza via via crescente:ilprimodiessi–pocopiùdiun pianerottolo preliminare – segna il passaggio dal malcontento privato a una qualche forma di espressione pubblica, che si può riassumere nella classica formula “scendere in piazza”; quelli successivi sono via via i tumulti occasionali,lerivoltepersistentimapiùo meno localizzate, le sollevazioni su scala nazionale,oquasi,einfinel’iniziodiuna vera e propria dinamica rivoluzionaria. Che, a meno di una pacifica e assai improbabile resa immediata da parte di chi detiene il potere, implica il ricorso alle armi o quantomeno la minaccia di essere in grado di utilizzarle vittoriosamente contro le forze dell’ordine, o i reparti militari, che fossero rimasti fedeli al regime che si intendeabbattere. Nella migliore delle ipotesi, quindi, quella che sta emergendo è una potenzialità di ribellione non solo episodica, alla quale guardare come un segnale, e una conferma, del fatto che la crisi economica sta diventando intollerabile per ampi strati della popolazione. Quanto alla (oggettiva) carenza dei suoi contenuti, che d’altronde è connaturata allo stadionascente della mobilitazione, il presupposto per essere legittimati a coglierla/lamentarsene/stigmatizzarla è nonaverenullaachefarecoiresponsabili del tracollo in corso. Se invece questa stessa critica arriva da parte dei politici alla Alfano, o degli innumerevoli commentatori embedded dei media a maggior diffusione, essa diventa non soltanto strumentale ma capziosa. Strumentaleperchéilsuoveroobiettivoè quellodidelegittimareapriorisiaquesta specifica iniziativa sia ogni altro attacco al sistema nel suo insieme, liquidandoli comepalesementeimmaturievelleitari;e capziosa perché rovescia i termini della questione: anziché assumersi la responsabilità del degrado economico e sociale, che ricade per definizione sull’establishment, ci si trasforma d’incantodaimputatiainquisitori. Mentrelaveracolpaèlaloro,chenon hannosaputoovolutoelaboraresoluzioni efficaci e quindi stanno portando allo stremo milioni e milioni di cittadini, essi si lanciano al contrattacco sulla base di una sorta di “legittimazione negativa”: poiché chi li vuole cacciare via non offre unpacchettodisoluzionidettagliate,sene dovrebbe dedurre che tale mancanza di credibilità renda viceversa credibili, affidabili, imprescindibili, proprio quelli checihannoridotticosì. La conclusione, secondo me, è che almeno per ora non abbiamo a che fare con un movimento prettamente politico ma con una serie di reazioni semi spontanee, che nonostante la simultaneità deipresidirimangonoprivediamalgama. E che perciò, e purtroppo, potrebbero disperdersidiquianonmolto. RispettoalM5S,però,c’èilpregiodi nonfareriferimentoauncapocarismatico alla Grillo, tanto perentorio nei toni quanto approssimativo, e addirittura ondivago,neiprogettidiriorganizzazione, innanzitutto economica. Quello che ci troviamo di fronte, dunque, non è un accampamentoalqualeavvicinarsisolose cisivuolearruolaremaunospazioaperto da tenere d’occhio, ed eventualmente da frequentare come sta facendo Lorenzo. Unica discriminante, la buonafede dei partecipanticoncuisientriincontatto:e sottolineo dei partecipanti, a distanza di sicurezza da chi sta provando a capitanarli. FedericoZamboni Draghicontroil “populismo”.Che inveceavanza,per fortuna 11 DICEMBRE 2013 Di fronte alla prospettiva che le elezioni per il Parlamento europeo, previste per l’anno prossimo, possano segnare un successo delle formazioni euro-scettiche o addirittura contrarie all’Unione europea, Mario Draghi ha lanciatoilsuogridodidoloreribadendola necessità di una cessione della sovranità da parte degli Stati ad una Autorità politica sovranazionale, la Commissione europeaeadun‘altrafinanziaria,laBanca centraledaluipresieduta. L’ex vicepresidente europeo di GoldmanSachs,bancaanglofonadiaffari e di speculazioni, non è la prima volta, e nonsaràl’ultima,cheprendeposizionein nome di una causa che sembra avere i mesi contati. No al ritorno del nazionalismo e del protezionismo, ha tuonato l’ex governatore della Banca d’Italia che molti cialtroni italioti vorrebbero issare al Colle quando Napolitano deciderà di farsi da parte per sopraggiunti limiti di età.A ribadire che, finitalacontrapposizionetraEsteOvest, tra Comunismo ed una presunta Democrazia, l’attività prevalente della maggioranza dei politici italiani sembra essere quella di ricercare occasioni di consensi da parte del mondo dell’Alta Finanzainternazionalechenecessitadiun grande Mercato unico globale per realizzareipropridisegni. Una strategia che prevede la scomparsa degli Stati nazionali, l’abbattimento di ogni frontiera, la fine dei dazi doganali, la cancellazione delle peculiarità in campo agricolo ed alimentarechedifferenziano,adesempio, unPaesedelSudEuropacomel’Italiada quelli dell’area Nord, nei quali, anche in conseguenza del clima, ci sono limitate offerte di prodotti. Ed ancora, si tratta di unastrategiacheimplicalapossibilitàper icapitalifinanziari,compresiovviamente quelli virtuali, di muoversi a proprio piacimento per speculare su questo o su quel titolo pubblico o privato. Uno scenario nel quale gli Stati nazionali e i rispettivi governi sono soltanto di ostacolo ai disegni dell’Alta Finanza e dellemultinazionali. In questo quadro, Draghi, in senso negativo, rappresenta l’uomo giusto al posto giusto. Il suo passato professionale lo testimonia. Da direttore generale del Tesoro, un’altra carica da lui purtroppo ricoperta, gestì le privatizzazioni di aziendepubbliche,comeTelecomedEni, avviate dai governi Prodi, D’Alema ed Amato nella seconda metà degli anni novanta.Edancheinquestasuaattivitàdi smantellamento dell’apparato industriale pubblico italiano, perché di questo si trattò,Draghifuperfettamentefunzionale dallestrategiemondialiste. Restacomunqueassurdocheaguidare la Bce sia stato messo un tecnocrate di cultura e di interessi anglofoni, un banchiere della Goldman Sachs. Una bancachehaspeculatoamanbassacontro i titoli pubblici italiani, spagnoli e portoghesi, con il preciso fine di indebolire l’euro e impedirgli di divenire una moneta alternativa al dollaro nella transazioni internazionali. E questo, al di là di ogni giudizio negativo che si deve esprimere sull’euro per la povertà e la disoccupazione che ha diffuso in tutta Europa. Così, fedele al compito che gli è stato affidato, Draghi ha continuato nella sua tirata, richiamando i soliti principi tipici della tecnocrazia che continua nel suo progetto di creare un governo mondialecapacediimporreatuttiiPaesi il proprio volere con la forza delle armi. Un governo mondiale del quale quella ventilatastrutturaeuropeabicefala,Bcee Commissione,rappresentaunadelletante diramazioni. A Draghi e ai suoi complici e sodali importa poco o niente che i cittadini europei, nel cui interesse dicono di agire, ne abbiano abbastanza di essere trattati e considerati come sudditi e di essere costantemente derubati dalle politiche economiche dei governi europei, trasformatisi volontariamente in agenzie di affari dell’Alta Finanza. Alla tecnocraziaeuropeaedinternazionalenon fa dormire la possibilità che questi cittadiniirritati votino per movimenti definitisprezzantemente“populisti”eche ilprossimoEuroparlamentoadottimisure che vadano a colpire gli interessi della speculazione. Nell'agenda europea non c'è posto per un ritorno al nazionalismo e al protezionismo, ha tuonato insomma Draghi.Comesefosseluiadeciderecosa i cittadini debbano pensare e quali parlamentarimandareaStrasburgo.Ivari LePeneGrillo,eilorocolleghidell’Est, al di là delle singole caratterizzazioni e dei loro errori e difetti, rappresentano il segnaleevidentediunmalessereediuna rabbia diffuse che possono esplodere in ogni momento, cancellando i progetti dei tecnocrati. È patetico quindi che Draghi ricicli le sue ricette per lo sviluppo e la crescita economica. Come l’unione bancaria,iltagliodeldebitopubblicoela riduzione del disavanzo, un mercato del lavoro più precario e più flessibile per aiutarelacompetitivitàdelleimprese. Finora,lemisureimpostedaBruxelles e da Francoforte hanno semplicemente diffuso miseria e disoccupazione, permettendoaigrandigruppiindustrialie alla finanza di muoversi indisturbati. Le altre misure che Draghi e i suoi complici suggeriscono e stanno cercando di imporre determineranno una crisi e una povertàsenzaprecedenti. Effetti tali, peraltro, da creare altro terreno fertile per il successo di quei partitichelatecnocraziatemepiùdiogni altracosa. IreneSabeni L'eticadi"Opus GoldmanSachs Dei" 12 DICEMBRE 2013 Il diavolo e l'acqua santa. Il denaro sterco del demonio. Gli pseudo opposti chesiincontranoesisuggerisconoregole di comportamento. Con tanti saluti alla nuova linea della Chiesa attenta alla povertàconlaqualeFrancescoIhavoluto caratterizzareilsuoPontificato. La Pontificia Università Santa Croce, chedipendedall'OpusDei,hadecisochei suoi studenti, futuri sacerdoti, debbano conoscere l'economia e la finanza, per comprendere meglio il senso del proprio apostolato e dove esso debba indirizzarsi nel sociale. Fino a qui, niente di trascendentale.Nonsivivedisolospirito e poi, come si dice in certi ambienti, il cibo materiale deve poter trasformarsi in cibo spirituale. Non sarà più sufficiente quindi agli studenti dell'Opera fondata da Escrivà de Balaguer essere in grado di maneggiare la teologia, la filosofia, il diritto canonico e la comunicazione. Da qui l'idea di creare un corso denominato “Economics for Ecclesiastic” grazie al quale, questo è l'intendimento, i futuri sacerdoti non si troveranno troppo isolati dalmondoreale. Il problema sta nella personalità del professore che erudirà le future tonache sulsignificatoeticodell'economiaedella finanza nel mondo contemporaneo. Sarà infatti Brian Griffiths of Fforestafch, un cognome impronunciabile che è tutto un programma,adintrattenereglistudentisu “Lesfideeticheeculturaliperlafinanza contemporanea”. Ilpuntoècheilsignoreinquestioneè stato vice presidente esecutivo di Goldman Sachs International, ossia della banca di affari che nell'immaginario del cittadino medio Usa rappresenta il simbolo stesso della più schifosa speculazione che strozza i piccoli risparmiatori e crea le condizioni per portarglivialacasa. InItalia,comeinEuropa,laGoldman Sachs è la banca che ha speculato a man bassa contro i titoli di Stato, i Bonos spagnoli e i Btp italiani, con l'intento di affossarel'euro.Insomma,BrianGriffiths of Fforestafch è un banchiere che vanta non poche responsabilità nell'avere contribuito ad aggravare una situazione interna,comequellaitaliana,giàdipersé grave per l'altissimo debito pubblico. È quasisuperfluoaggiungerecheGriffithsè membro della Camera dei Lords (appartiene quindi alla nomenklatura inglese) ed è stato consigliere di MargarethThatcherperleprivatizzazioni e per deregolamentare il mercato interno. Si tratta di uno di quei tecnocrati che sostienelacreazionediungrandemercato globalesenzavincolidifrontiereedidazi doganali.Unmercatoglobalecheimplica la cancellazione degli Stati nazionali e la loro sottomissione ad un complesso di strutture sovranazionali, di fatto in mano all'AltaFinanza. Una strategia che il mondo cattolico dovrebbeteoricamentevedereconostilità. Questo in teoria perché ci sono, e non sono pochi, banchieri cattolici che sognano lo stesso traguardo, sia pure con una attenzione paternalista verso i poveri egliemarginati. E in Italia i banchieri legati all'Opus Deisonomoltiepotenti,anchesespesso quasisconosciutialgrandepubblico.Trai più noti svetta Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia. In Spagna, fa parte dell'Opus Dei, il presidentedelBancodiSantander,Emilio Botin. Questo per dire che non esiste una finanza “laica” e una finanza “cattolica” maesistesoltantounafinanzacherealizza affari e profitti e intende continuare a farli.Comedimostral'enormepatrimonio mobiliare e immobiliare della chiesa cattolicaedellesuetantediramazioni. Ma nemmeno i protestanti scherzano visto che Griffiths ha presieduto in passato il Lambeth Fund, controllato dall'arcivescovo di Canterbury. Ed allora questo connubio tra Opus Dei e Goldman Sachs trova la sua ragione di essere nel medesimo approccio universalista. Del resto il capitalismo liberista si è sempre fatto forte, basti vedere Max Weber, di una profonda impronta evangelica e biblica. Ma l'Opus Dei non è l'unica struttura in ambito cattolico a tenere buoni rapporti con certi ambienti e ad allevare futuri banchieri. Mario Draghi, anche lui un ex Goldman Sachs, ha studiato dai gesuiti. E questo non gli ha impedito di caratterizzare la sua attività nelladirezionedirafforzareilpoteredelle bancheedellafinanzaealtempostessodi impoverire i cittadini italiani ed europei, comesappiamoormaiamenadito. IreneSabeni Larivoltadei Forconiolalottadi classedelterzo millennio 12 DICEMBRE 2013 Leparolecontenuteinunrecentepost di Beppe Grillo, di cui riportiamo brevemente uno stralcio in apertura, sono inequivocabili, ma vanno intese ben oltre ilmomentoelecircostanzepreciseperle qualisonostatepronunciate. «Vi chiedo di non proteggere piùquestaclassepoliticacheha portato l'Italia allo sfacelo, di non scortarli con le loro macchinebluoalsupermercato, di non schierarsi davanti ai palazzi del potere infangati dalla corruzione e dal malaffare. Le forze dell'Ordine non meritano un ruolo così degradante. Gli italiani sono dalla vostra parte, unitevi a loro». BeppeGrillo Quello dei Forconi viene considerato da i benpensanti come un fenomeno irrilevanteperché“populista”.Isalottidel Partito Democratico sono stati troppo impegnatiagonfiareilnumerodivotanti alleprimarie.SulprofilodiRenzinessuna rigadovesiparladeilavoratoriinpiazza. Ilnuovosegretariopreferisceparlaredella sua squadra di governo composta principalmente da donne e giovani. Nelle democrazie di spettacolo e di opinione è controproducente nominare persone che provengono dal mondo del lavoro produttivo, meglio abbandonarsi a queste pseudo-categorie borghesi. I giovani e le donne. Angelino Alfano del Nuovo Centro Destra avverte che il governo della miseria«nonconsentiràchelecittàsiano messe a ferro e fuoco». Il ministro Lupi condanna la protesta perché «non giustificata». «Smettetela, state sconvolgendo la vita della gente», esclama a gran voce il sindaco di Torino Piero Fassino. Silvio Berlusconi invece dopo aver screditato due anni fa i primi sollevamenti nel Sud Italia invoca adesso undialogo. QuellocheèsuccessoRho,uncomune di50milaabitantiinprovinciadiMilano, è la cornice di quanto sta succedendo in questi giorni e non merita un disinteressamento da parte delle istituzioni e della società civile. Mentre i manifestanti innalzano la protesta, i poliziotti si tolgono i caschi e li scortano pacificamente. «Tutti insieme, tutti insieme» urlano in centinaia. Poi «Italia! Italia! Italia!». Gli applausi della folla. «Sietecomenoi». Lostessoaccadeinaltrecittàitaliane, tuttavia i video che testimoniamo l’accaduto non fanno unanimità tra questure e sindacati. Le voci sono discordanti. C’è chi dice che fosse un gestofattoperpura“prassi”,machicome il Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia (Siulp) che in un comunicato sottoscrittodalSegretarioGeneraleFelice Romano dal titolo “Plauso ai colleghi, monito a politica e palazzi”, ha sottolineato la «totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna di tutti i cittadini che hanno voluto gridare basta allo sfruttamento e al soffocamento deilavoratoriedellefamiglieitaliane». Nessunoèsolo.IForconisonotantie stanno invadendo le piazze d’Italia. Torino, Genova, Treviso, Palermo, Catania, Napoli, Ferrara, Benevento, Roma, Milano, Bari, Arezzo ma anche piccolicentriesnodiautostradali:daSud (dov’ènatanel2012)alNordlaprotestaè un fulmine che deve richiamare l’attenzione di tutti. Contro il governo delle tasse, del carovita e delle banche ci sono tutti. Dai piccoli imprenditori ai disoccupati,daipiccolicommerciantiagli studenti, dagli allevatori agli autotrasportatori, e ancora operai, cassintegratiepensionati. In piazza c’è il corpo produttivo del Paese, quello che il filologo e storico Georges Dumézil (1898-1896) ne “L’ideologia tripartita” chiamava la funzionedei“laboratores”.Unmovimento autonomo, spontaneo, nato dal basso con l’aiutodellarete,cheharifiutatolesigle, l’inganno della dicotomia destra/sinistra, boicottandol’intermediazionedisindacati epartiticollusiconilsistemaoligarchico. Nessuno “sponsor”, nessun esponente dello Star System, non c’è la Cia, non ci sono Organizzazioni Non Governative a sostenereimoti.Larivoltadei“Forconi” non richiama in nessun modo le rivoluzioni colorate svoltesi in Serbia nel 2000, in Georgia nel 2003 oppure in Ucraina nel 2004, come non assomiglia alle tante manifestazioni cinematografiche dove chi protesta indossa la maschera di “Guy Fawkes”. Quella dei “Forconi” è una rivolta di popolo di natura trans-ideologica e interclassista. È il sollevamento dei ceti produttivi che mira al ribaltamento della classe dominante, quella che un tempo chiedeva i tributi ai contadini e dagli artigiani e che oggi reclama denaro nel nome della “responsabilità”. «Una classe di parassiti – scriveva già Engels a fine Ottocento –che si porta via il meglio della produzione sia indigenza che straniera,acquistarapidamentericchezze el’influenzasocialecorrispondente». SebastianoCaputo L'analisi su questo movimento e sui fatti recenti va ovviamente approfondita. Nonmancheremodifarloabreve.(red) Forconi,detonatori eipocrisie 13 DICEMBRE 2013 Ribellarsi è un dovere. No all'Europa dellebanche,noalgovernodelletasse.Il popolo è sovrano. Ora basta siamo alla fame. Queste le scritte sugli striscioni issati dai manifestanti di quello che è stato sintetizzato come “movimento dei forconi”edaglialtrigruppichesonoscesi in piazza con l'intenzione di bloccare il Paese. EnricoAspenLetta,fedelealcopione, aveva auspicato ed ammonito che la protesta non degenerasse in scontri di piazza come in diversi casi si è invece verificato. Il nipote di cotanto zio ha affermato,allarmato,cheinItaliasiamoa rischio ribellismo. Sai che scoperta. Per poi aggiungere con poco senso del ridicolocheilgovernostadallapartedei cittadinienonvuoletrascurarei“segnali diinquietudine”. Inquietudine? Letta evidentemente o non conosce la realtà o non conosce il significatodelleparole.Epretendequindi cheicittadini,semprepiùpoveriesempre più disoccupati, se ne stiano zitti e buoni senzascendereinpiazzaalzandolavocee a volte per menare pure le mani. «I manifestanti rappresentano una minoranza», ha aggiunto il capo del governo baloccandosi con la sociologia e con la logica ed emettendo un giudizio drasticosullecauseeconomiche,emotive, psicologicheepolitichechehannoportato in piazza tante persone. Si tratta, ha spiegato, «di un emergere di sentimenti populisti ed anti-europei all'interno dei quali la richiesta di un ritorno sl protezionismo si sta facendo pericolosamente strada». Guarda caso, la stessa analisi svolta giorni fa da Mario Goldman Sachs Draghi. «L’Europa è il nostro futuro », ha insistito, «e il nostro presente. Indietro non si torna, non ce lo possiamo permettere. Un Paese come l'Italia, o come la stessa Germania, è troppo piccolo per affrontare da solo, e senza l'euro, le sfide che ci troviamo di fonte e la concorrenza di realtà come la Cina che si sta avviando a diventare la prima potenza economica globale». E qui casca l'asino perché i vari Letta, zio (consulente di Goldman Sachs) e nipote, Monti e Prodi (anche loro legati alla banca di affari e di speculazioni Usa) ed infine Draghi, non riescono a vedere (ovviamente) altro destino di quello al quale stanno attivamente collaborando. Un grande mercato globale sul quale possano essere spostati a piacimento materie prime, merci, prodotti finiti, ovviamente i capitali e i lavoratori, ma all'interno del quale perdono progressivamente peso ed importanza le peculiaritànazionaliincampoagricoloed alimentare. Non è un caso che questa volta il movimento dei forconi abbia preso il via dal tentativo di bloccare alle frontiere l'arrivo dall'estero dei Tir contenenti prodotti alimentari che nel nome e nella confezionefannoilversoaiprodottitipici italiani. Il famigerato Parmesan è un tipicoesempiodiquestatendenzachenei PalazzidellaCommissioneeuropealascia indifferente la tecnocrazia, molto più preoccupata delle proteste dei piccoli agricoltori, arrabbiati sia con il governo che con Bruxelles. Del resto, perché stupirsi? Da decenni la tendenza prevalente alla Commissione Agricoltura dell'Unione Europea è quella di penalizzare i prodotti dell'area Sud, Francia, Spagna, Italia e Grecia, caratterizzati da una grande varietà e da unaampiaofferta.Esemplareintaleottica èildestinodell'oliodiolivaperilqualesi è cercato di fare passare l'idea che non fosse importante la provenienza del prodottodibasemaalcontrariolazonadi imbottigliamento. Una scelta che mette sullo stesso piano l'olio del Maghreb imbottigliato in Europa e fatto passare comecontinentale. Una strategia che vuole sostenere al contrario l'industria trasformatrice, in particolare quella del latte, e gli interessi delle multinazionali di Paesi come la Germaniael'Olanda. Una strategia nella quale la questione delle multe ai produttori italiani, e non solo loro, le famigerate quote latte, rappresentaunaltrotassellodiundisegno che l'idiozia della politica italiana sta alimentandoadarte.Undisegnostudiatoa tavolinocheèdimostratodalfattochedal 1973adogginessuncommissarioeuropeo è appartenuto all'area Sud dell'Unione. Unarealtàcheparladasola. Così, quanto sta succedendo con i movimenti dei forconi e simili non è il manifestarsi di undisagio, come sostengonoLettaesoci,madiqualcosadi moltopiùforte.Poi,comesuccedespesso in Italia, ci sono sicuramente forze che intendono cavalcare la piazza a proprio vantaggio e per i propri altri e differenti fini, ma questo è un altro problema che non ha nulla a che fare con la rabbia che staalimentandolaprotesta. Una rabbia contro la Commissione europea e la Bce che stanno accentuando lo sfascio economico del Paese e contro un governo e una politica che, bisogna ribadirlo in ogni circostanza, sono loro complici. IreneSabeni WebRadio:daiche celafacciamo! 14 DICEMBRE 2013 Occorre insistere, assolutamente. Perché la WebRadio oltre che a noi è mancata evidentemente a tanti ascoltatori e lettori che l’avevano seguita sino al giorno stesso della sospensione delle sue trasmissioni. Cenesiamoaccortidalleemailedalle diverse iniziative e testimonianze (e interventi!) che abbiamo ricevuto nelle settimanepassate. Èilmotivoperilquale,purancoranel pieno della tristezza per aver dovuto interromperci di colpo, abbiamo riaperto subito la discussione sul sito, per vedere sesarebbestatopossibileripartire. Allora, i risultati del sondaggio che abbiamo pubblicato giorni addietro sonoincoraggianti. Eccoli: il79%dichiharisposto accetterebbecheilsitodellaradio (dellasolaradio)ospitasse pubblicitàpurdifarriprenderele trasmissioni,elastessapercentuale sarebbedispostaacliccaresui bannerpubblicitaripersostenere Raz24; il74%sosterrebbeun abbonamento/contributomensile purdipotertornareadascoltarela radioelesuetrasmissioni; fatto100iltotaledellerisposte positive,il38%potrebbesostenere con5euroalmese,il29%con10 euroalmeseeil7%con50euroal mese; perquantoattienealledonazioni unatantum,il53%harispostodi nonesseredispostoafarle,mail 40%sitasserebbecon100euro,il 5%con500eil2%con200euro; soprattutto,infine,il71%è dispostoaimpegnarsipertrovare altrifinanziamentiperla WebRadio. Cisonodunqueinumeripertentare. Perché di una cosa siamo profondamente convinti: la WebRadio è il mezzo adatto per“aprire”ilnostroprogetto. Il dato di fatto è che oggi moltissime persone non amano leggere, specie se di trattaditesticonungradodicomplessità superiore agli standard attuali, che sono obiettivamente assai modesti. Soprattutto in prima battuta, quindi, sembra preferibile utilizzare delle forme di comunicazione più incentrate sull’emotività, come permette appunto di fare la radio grazie alla maggiore immediatezzadelparlatoeall’aiutodella musica. Creato questo coinvolgimento istintivo, c’è da sperare che si accenda anche una curiosità intellettuale, facendo venire voglia di scavare più a fondo attraverso gli articoli che pubblichiamo sulgiornale. L’altra grande ragione per cui vogliamo puntare sulla web radio è che riteniamo necessario, oggi più che mai, insistere sulle nostre tematiche fondamentali a cadenza quotidiana, ossia conlamassimatempestivitàpossibile:c’è bisogno di analizzare continuamente le dichiarazioni ingannevoli e i messaggi distorti che i media mainstream propinano, di interpretare quello che accade, di offrire insomma un antidoto costante a tutta la manipolazione con cuicercanodistordirci.Perfarlosideve poter intervenire in modo rapido, praticamente un istante dopo a quello in cuiseneponel’esigenza.ElaWebRadio, la diretta, i live quotidiani, sono i mezzi adattiperfarlo. Infine, tra settembre e novembre ci siamo resi conto come non mai che la radio è necessariaper non far sentire la solitudine che prova, fatalmente, chi è diverso dalla massa, chi è autenticamente Ribelle e sente, perciò, diappartenereaunmondoaltro,auna comunità altra. Questa comunità esiste, eccome!, e c’è bisogno di frequentarla e cementarla. Anche a distanza, anche attraverso dei microfoni e degli altoparlanti. Dobbiamo insistere. Ne abbiamo una granvoglia. Allora, come avevamo detto chiaramente in precedenza, per ripartire dobbiamo raccogliere 9000 euro per 6 mesi di trasmissioni, ovvero per pagare lesolespesefissediemissione,gestionee messainonda,dagennaioall’estate2014, potendocigarantirealmenounsemestredi attività in cui mandare i motori al massimo. Su questa base dobbiamo poi operare per fare in modo che il sito di Raz24possaospitaredeilinkedeibanner pubblicitari al fine di consentire una ulterioreraccoltasubasemensiledifondi necessariasostenerelespesediredazione e le altre trasmissioni che vorremmo mandareinonda. Inmeritoallapubblicità,attenzione: nell’immediato partiremmo adottando il sistema di Google, sul quale noi, oltre a decidere di ospitarlo sul sito, non possiamo intervenire in alcun modo. Non possiamosceglierel’inserzionistachepoi sarà visualizzato sulle pagine, ma allo stesso tempo,non avendo alcun tipo di contatto con questi soggetti, possiamo manteneredeltutto-deltutto!-lanostra indipendenza. Ma è un discorso superfluo, per voi che ci conoscete da tempo. L’unica differenza rispetto al Ribelle, lo ribadiamo ancora una volta, sarà accettare che su Raz24, pur di sopravvivere, siano ospitate delle pubblicità. La soluzione originaria delnessuna pubblicità, che pur continuiamo a preferire, non ha funzionato e non ci permette di proseguire, come abbiamo visto nei mesi scorsi. Fuori di metafora, delle due l’una: o tentiamo quest’altra strada, oppure la WebRadio non può ripartire. Come funziona la pubblicità di Google?Moltosemplice:segliutentici cliccanosopra(esoloselofanno)anoi vengono accreditati alcuni centesimi di europerogniclick. Siamo consapevoli (figuriamoci…) cheperlamaggiorpartedeinostrilettori e ascoltatori questi link pubblicitari non avranno alcun interesse e, anzi, daranno noia,mac’èunmodo-unmodo“ribelle” -attraversoilqualeconsiderarliepoterne beneficiare:anche se non ve ne importa un accidente, cliccateci sopra lo stesso. Il vostro click non farà altro che “prelevare” denaro da loro e girarlo versoilnostroprogetto(pervoiacosto zero). Come dire:sfruttiamo il nemico per finanziare la nostra battaglia contro di lui. Non c’è bisogno di aggiungere altro, veroguerriglieri? Attenzione: ciò non significa che si debba cominciare a cliccare a più non posso sui vari link pubblicitari che troverete sul sito di Raz24. Il Grande Fratello se ne accorgerebbe presto e ci bannerebbediconseguenza.Mainsomma, se cliccherete sui banner con discrezione (econla“periodicità”cheinognicasoci serve)magaripossiamoingaggiarequesta battaglia e vincerla. (E per favore: non copiate e incollate questo post, che rimanga tra noi e dietro la barriera del nostrogiornaleperabbonati). Dunque:comeprocediamo? Intrefasi,dasubitoerapidamente. Un o :prepareremo un form per la raccolta di fondi dandoci una scadenza dicirca20giorni.Searriviamoallacifra base necessaria ripartiamo immediatamente (mentre in caso contrario, ovviamente, restituiremo tutto il denaro a chi ce lo avrà versato sulla fiducia). Du e :predisponiamo anche il form per sottoscrivere gli abbonamenti/contributi mensili alla radio. Tr e :lavoriamo da subito (e questa volta la fiducia è nostra nei vostri confronti)per approntare il nuovo sito diRaz24. Se tutto andrà a buon fine, a inizio gennaio riapriremo i microfoni. E il sito diRaz24diverràaquelpuntotuttociòche ci necessita per rimanere in contatto giorno per giorno. E, se vorrete, per tutto il giorno. Da un lato con le trasmissioni vere e proprie, come “C’è qualcuno lì fuori?” e “La Controra”. Dall’altro con aggiornamenti e segnalazioni a getto continuo. Bene. Noi siamo pronti a stringere questo nuovo impegno, reciproco, con “ciascuno di voi”. Ci basta la base economicapersostenerelespeseviveper almeno sei mesi. Per il resto ci daremo dentro a più non posso e poi alla fine di questa campagna semestrale, ossia a inizioestate,tireremolesomme.Haivisto mai che, in luogo del giornale che non è riuscito a crescere e a diffondersi come vorremmo, non possa essere la radio a permettere di divulgare ancora di più il progetto avviato nell’ottobre 2008 con il mensile. Raz24 diventa la nostra nuova missione. Chi è disposto ad abbracciarla? StayTuned, LaRedazionetutta PSIlRibelle,ilgiornale,noncambia di un millimetro. Lì rimangono e rimarranno le analisi scritte e gli approfondimenti.Èunprodottoeditoriale -ormaineabbiamolacertezza,dopooltre cinque anni di attività - che ha i suoi limiti perché è riservato a persone con caratteristiche precise: devono essere consapevolidellanecessitàdiusufruiredi una informazione e di un approfondimento differenti da quelli di massa; devono aver capito che ciò che pubblichiamononsitrovaaffattoaltrove; devono avere attitudine alla lettura e alla riflessione,piùcheaffidarsiall’emotività; devonoaverintroiettatolaconsapevolezza di dover pagare in prima persona, mediante un abbonamento, per poter far continuare a vivere una realtà del genere. Edevonoavereabbastanzasoldiperfarlo. Sono caratteristiche che, messe assieme, identificano un tipo di persona che al momento apparein via di estinzione,purtroppo.Edèilmotivoperil qualeilgiornaleIlRibellenonècresciuto come pensavamo. Dobbiamo pur prenderneatto,dopooltreunquinquennio diattività.Eallora,ancheinquestocaso, delle due l’una: o ci accontentiamo della “riservaindiana”cheilRibelleloleggee lo sostiene, oppure (ri)proviamo ancora unavoltaad“aprire”iltuttoattraversola WebRadio. In altre parole: i risultati ormai consolidati ma insufficienti del giornale nonsonounbuonmotivoperdesistere,o pernontenerenellagiustaconsiderazione chiincarnaquellettoretipocheoggièuna rarità, e che però dovrebbe diventare la norma in un paese civile.Al momento si tratta di poche centinaia di persone, ma finchécenesarannoilRibellecontinuerà avivere. Per il resto, come detto, dobbiamo assolutamente puntare sulla WebRadio, e su“tuttiglialtri”. Natale2013.Eccoa voiRenzie-theRebel 16 DICEMBRE 2013 Renzi come la Barbie: il pupazzetto base resta sempre lo stesso – così ci si affeziona e quelli del marketing non devono ammattirsi per imporre, ogni volta, un personaggio tutto nuovo – ma viene proposto in innumerevoli versioni successive. Per quanto riguarda Matteo/Matthew (checonquelnomesembrauscitoproprio dalleindustriedellaMattel,laproduttrice della suddetta Barbie, e già da tempo è stato satireggiato di conseguenza) l’ultimo della serie lo hanno presentato ieri, con una raffinata tecnologia che lo faceva sembrare in carne e ossa ma che non poteva bastare, evidentemente, a evitare il ridicolo: “Renzie the Rebel”, ovvero “il Furore di Twitter colpisce ancora”. Tra le molteplici funzioni del giocattolo, infatti, c’è quella di snocciolareunaseriedifrasette,etalvolta di veri e propri slogan, appositamente studiati per assecondare il target di riferimento, che è quello degli elettori e simpatizzanti del Pd. Una bizzarra genia, chenondiradosembrainviad’estinzione ma che purtroppo non riesce a portare a termine neanche questo modestissimo impegno, perennemente bisognosa di sentirsi coinvolta in qualcosa di (apparentemente) grande. E capacissima, perciò, di entusiasmarsi per chiunque le trasmetta un brividino di mobilitazione collettiva, fossero pure due assi della Camomilla Cup come Romano Prodi e WalterVeltroni. Così, prima della prevedibile/inevitabile pausa in coincidenzadellefestivitàdiNataleefine anno, “Renzie The Rebel” scandisce questo bel discorsetto, rivolto direttamenteaGrillo:«Noisiamoprontia rinunciare ai rimborsi elettorali. Però tu ti impegni a cambiare la legge elettorale insieme a noi. Se non lo fai, sei un chiacchierone. Beppe firma qua». La tonante conclusione, figurarsi, diventa l’ennesimohashtag:#Grillofirmaqui. Il contrattacco non si fa attendere. E poiché il circo è comunque lo stesso – dove tutti i contendenti sono talmente smaniosi di strappare l’applauso da strainfischiarsene del fatto che per alzare il livello della politica italiana bisognerebbe, preliminarmente, farla finita con queste sciocchezze – arriva nelle medesime forme: #renziecaccialagrana. Essendoquestoilclima,ilpeggionon hamaifine.Vedi,restandoinambitoPd, la scelta della colonna sonora, che è sempremenodaradioliberaesemprepiù danetwork:nel1996l’Ulivoinalberavala potente “Canzone popolare” di Ivano Fossati; in questo 2013 si è passati dallo zuccheroso “Inno” di Gianna Nannini, selezionatodaundeejayanzianottocome Pierluigi Bersani, all’accattivante/irrilevante “La tua canzone” dei Negrita, utilizzata ieri dal neosegretarioperchéneltesto,siapurein unachiavechehapocoonulladipolitico, compare a più riprese il quasi ritornello «restaribelle,nontibuttarevia». Musichetta per musichetta, molto megliolavecchiahitdegliAqua:"Barbie Girl". Che, se non altro, era ironica e divertente. FedericoZamboni Eallora chiamiamolo Decembrismo 16 DICEMBRE 2013 Olarivoltadelcetomedioimpoverito edesasperatodallaglobalizzazione. A loro non piace essere chiamati “forconi” e hanno ragione, visto che questo è il nome del movimento di agricoltori siciliani, una ma non certo l’unicafralesiglecoinvoltenellaprotesta deicaselliautostradali. I decembristi sono un agglomerato di lavoratoriinproprio,piccoliimprenditori, artigiani, commercianti, autotrasportatori, il cosiddetto “popolo delle partite Iva”, più disoccupati, sottoccupati, studenti, curiosieincazzatidiognirisma. Doveva terminare venerdì 17, la protesta,einvecehaproseguito.Ilmotivo è semplice: ha avuto successo, intercettando un bisogno diffuso, perché estesaèlasuabasesociale,ilcetomedio proletarizzato. O meglio: pauroso di proletarizzarsi, perdere potere sociale ed economico,conlasensazione,cheèpiùdi una sensazione, di soccombere alla crisi. Cinque lunghi anni di recessione, con il quadro politico e istituzionale permanentemente precario ma immobile (ipartitielesiglecambianoognianno,le facce restano uguali) ed una tassazione rimastaalivellidaesproprio,tuttoquesto ha composto la miscela che ha creato simpatia e consenso ad una protesta organizzatadarealtàminoriesettoriali. Il primo dato da sottolineare, dunque, è che padroncini e lavoratori autonomi hannovintol’atavicaostilitàperlaperdita diorelavorativeerelativoincasso,taleè la motivazione che anima la loro rabbia. Una minoranza rumorosa che solo un cretino può liquidare come una massa di neofascisti. Non perché formazioni e singoli di evidente fede neofascista non sianopresentifraidimostranti.Maperché 1)mancanounsoggettopoliticotrainante euncentrodecisionale:perunochespara l’idea (farneticante) di una “transizione militare”, altri la respingono, e i movimenti e le associazioni promotrici sparseperl’Italiasonodifferentifraloro, per interessi e linee di fondo; 2) manca unapiattaformadiobbiettiviinpositivo:a parte sloggiare l’intero establishment dallepoltrone,nonc’èunbarlumed’idea per il dopo; 3) le violenze sono state minoritarie e circoscritte, in giro per le strade non c’è un partito armato di squadracce, quindi certi paragoni storici non reggono; 4) la tipologia sociale dei manifestantipescaapienemani,semmai, nell’elettorato genericamente di destra chehavoltatolespalleaPdleLegaNord: definireunpotenzialebacinodimilionidi simpatizzanti come tutti “fascisti” fa ridere,amenodinonesserevittimediuna propriaossessione,ilfascismoeternoalle porte, mentre nella Storia le esperienze, fortunatamente,nonsiripetonomai;5)si ingigantiscono ad arte affermazioni o episodi per evitare la fatica di capire le ragionidifondodeiblocchi. Prendiamol’intervistaaRepubblicadi uno dei portavoce del movimento, l’agricoltore Andrea Zunino: più che fascista, è uno che non sa quel che dice, quando dice che Hitler si sarebbe «vendicato con l’antisemitismo del voltafaccia dei suoi iniziali finanziatori americani». Dovrebbe leggere un po’ di più, Zunino, così scoprirebbe che l’odio per gli ebrei in Germania aveva radici moltopiùanticheeassommavapregiudizi molto più profondi, ahinoi, non era una reazione emotiva del capo dei nazisti. E avrebbe dovuto, soprattutto, risparmiarsi lafrasesui«5o6banchieriebreifraipiù ricchidelmondo»:nonperchésiaproibito parlarne, come vorrebbe il politicamente correttoimperante,maperchél’oggettivo strapotere della finanza sarebbe identico anche senza banchieri di origine o religioneebraica. Diquiabollarel’interarivoltaconlo stigmadelneonazismo,però,cenecorre. Sarebbe come definire insurrezioni neosovietiche – alla maniera dei trinariciuti didestraspecialmenteberlusconiani,vere e proprie capre – gli scioperi e cortei di sindacatiemovimentidiestremasinistra. Per tutti vale ricordare che siamo nel 2013,nonnel1933onel1917:lasocietà italiana ed europea e l’assetto internazionale sono completamente, imparagonabilmentediversi. In ogni caso, catalogare come “di destra” chi vorrebbe meno tasse e l’autonomia fiscale discende forse dal fatto che la sinistra si è fatta paladina ferocedel“tassareèbello”.Sefossimoin Svezia, paese alquanto noioso, dove ad unatassazionedarecordcorrispondonoin cambio servizi efficienti a costo zero, le buone ragioni di chi è in strada evaporerebberoinunminuto.Maviviamo in Italia, paese degli sprechi, della corruzione, delle opere inutili, delle greppie clientelari e degli assistenzialismi. Anche dell’evasione, certo,prodottodiunsensocivicolascose non inesistente, dei furbi che la fanno ai fessi. Ma resta che il livello di prelievo sul lavoro, dipendente e indipendente, è sproporzionato,ingiusto,succhiasangue. Al fondo, dunque, c’è l’insicurezza economica,colsensodiingiustiziachesi prova a dover girare allo Stato, fra tasse dirette e indirette, ben oltre il 50% del proprio lavoro. C’è anche molto risentimentoversoilsistemabancario,su su fino alla centrale continentale dei banchieri,laBce(sinonimodiUee,perla precisione, anche di Fmi: la famosa Trojka). Colpa di tutto è della politica, dicono i decembristi. Chi, di rimando, accusa loro di aver votato o appoggiato attivamente la destra concausa dello sfasciopuòaverragionesulpianomorale (cioè: ognuno si prenda le proprie responsabilità sul passato), ma non su quellopolitico:undelusononècolpevole delladelusioneediaverapertogliocchi. Il punto da cogliere, invece, è la trasversalità dei motivi, che a parte eccezioni uniche (Revelli sul Manifesto) non viene riconosciuta “a sinistra”, volendo semplificare secondo lo schematismo novecentesco ancora in voga. Oppressione fiscale e tallone della tecnocrazia finanziaria, assieme alla corresponsabilità dei governi di centrodestra e centrosinistra, potrebbero essereragionisottoscrivibilidachiunque, anche da un lavoratore dipendente con trattenuta alla fonte o da un giovane precario flessibilizzato fin dal pacchetto Treu (centrosinistra) e poi dalla legge Biagi-Maroni (centrodestra) o dal pensionando che vede allontanarsi e assottigliarsi la pensione sull’altare dei conti, “perché l’Europa lo vuole”. Invece niente,ledivisionidelsecoloscorsofanno premio sul ripensamento dovuto alla trasformazione sociale. Gli unici che, essendo proiettati sul futuro, hanno l’intuizionegiustasonoglistudenti,perlo menoquellinonmentalmentevecchi. L’essenzialepuntopoliticopostodaii sanculotti con ideale forcone in mano è l’elemento decisivo: non credono più a niente e nessuno. Grillo compreso, che dovrebbemettersidibuzzobuonopernon farsi sfilare lo sbocco delle giornate di dicembre dall’ennesimo Berlusconi. Significacheunafettadisocietàitaliana, minoritaria ma significativa, non ha più fiducia nell’ordinamento esistente in blocco. E ha una confusa voglia di ricominciaretuttodaccapomettendotutto in discussione. Ogni evento lascia tracce dietrodisé,equestosegnaunataccanella progressiva disgregazione della fiducia verso le istituzioni. Qualche casco di poliziaariposononsignificarivoluzione. Significherebberivoluzioneseipoliziotti passassero dall’altra parte della barricata. Ma barricate non ce ne sono, perché non c’è una regìa, non c’è un gruppo di testa chesiacapaceeabbialavolontàditentare l’assaltoalPalazzo:ètroppopoco,troppo presto. C’è solo un sussulto, giustificato ma senzacostrutto,diirapopolare.Comeuna jacquerie anti-feudale, tuttavia ben lontana da un 1789. Ma da dopo questo dicembre,siamopiùfiduciosi. AlessioMannino Italiadarimandare, secondoStandard &Poor's 16 DICEMBRE 2013 Puntuale come la morte, Standard & Poor's ha augurato buon Natale all'Italia, concedendo al governo tre mesi di tempo per operare un cambio di passo nella sua politica economica e tale da innescare i primiverisegnalidiunaripresa. Dettoinsoldoni,lasecondaagenziadi rating Usa ha deciso di non declassare ulteriormenteilgiudiziosullaaffidabilità e sulla solvibilità nel lungo termine dei nostri titoli pubblici decennali, che già si trovano ad un gradino appena superiore a quello che vede l'attribuzione di titolo spazzatura.Untitolodalqualeiclientidi S&P dovrebbero tenersi decisamente lontani per non correre il rischio di ritrovarsi in mano con dei pezzi di carta prividivalore.Èlostessogiudizio,salvo infinitesimali sfumature, espresso dalla primasocietàdelsettore,Moody's,chein passatosièricopertadigloriaassicurando chelapoifallitaLehmanBrotherserapiù che solida, dal punto di vista sia finanziariochepatrimoniale. Le società di rating Usa intravedono segnali positivi nella politica economica del governo Letta ma essi sono ancora troppo timidi e le misure adottate promettono di generare effetti troppo limitati. Intervenire sul cuneo fiscale, ridurre cioè il peso delle tasse sul complessivo costo del lavoro, va bene come idea generale (nel sistema odierno) ma è necessario trovare altre risorse per aiutareleimpreseespingerleadinvestire e contribuire in tal modo alla crescita economica che in Italia tarda a venire mentre nel resto dell'Eurozona è più evidente,ancheseinmisuramodesta.Un cuneofiscalealqualesidovràaggiungere una riforma più generale dell'intero sistema tributario. S&P osserva che l'Italia ha fatto i compiti a casa visto che il governo, almeno nelle dichiarazioni di facciata, ha gettato le premesse per portare il rapporto tra disavanzo e Prodottointernolordoal2,5%afine2014 rispettoall'attuale3%. S&P concede il beneficio del dubbio all'Italiadatocheprevedechesidovrebbe arrivare poco sotto il 3% attuale. Resta l'altissimo debito pubblico che veleggia trail133eil134%.Nonostantequesto,lo spread tra Btp e Bund tedeschi resta stabile tanto che giorni fa è sceso a 222 punti.Sitrattadiunaanomaliasullaquale lasocietàdiratingnonsisoffermapiùdi tantoecheèspiegabileconilruolosvolto dal fondo europeo “salva Stati” che compra titoli a lungo termine dei Paesi sottopostiadattacchispeculativi. Tanto per cambiare, S&P vede nella solitariformadel“mercatodellavoro”la chiaveperaprireleportedellarinascitae della crescita. Un lavoro sempre più precario e flessibile per aiutare la competitivitàdelleimprese,nelquadrodi una riforma dei mercati dei servizi e dei prodotti. Una indicazione significativa, quest’ultima, perché allude alla necessità perl'Italiadismetterladivolerproteggere lepropriepeculiaritàincampoagricoloed alimentare ed accogliere i prodotti similari di altri Paesi anche se taroccati. S&P mette poi sotto accusa quello che indicacome«unmeccanismoinceppatodi trasmissionemonetaria»chehacreatouna pesante stretta creditizia per le imprese private.Appare quindi concreto il rischio di un forte peggioramento delle condizioni del settore finanziario con conseguenzepureperilfinanziamentodel settore pubblico. Previsione inquietante. Finora infatti le banche invece di finanziarelepiccoleemedieimpresecon i soldi presi a prestito dalla Bce, hanno comprato titoli di Stato legando sempre piùilpropriodestinoaquellodelloStato italiano. Riforme ora e sempre è quindi la ricetta di Standard & Poor's che chiede soprattutto la riforma dell'energia. Richiesta che, nell'ottica di Wall Street, significa privatizzare l'Eni e mettere fine al suo ruolo in Italia, nel Mediterraneo, nel Vicino e nel Medio Oriente. Una stradaspianata,peraltro.Dopolamessain venditadellaquotaazionariadel4,375in mano al Tesoro, l'unico socio pubblico resterà infatti la Cassa Depositi e Prestiti con un esiguo 25,7% e di conseguenza i soci privati (per lo più esteri) saranno in maggioranza. L'Eni diventerà in tal modo una succursale della Exxon? Anche questo dobbiamo temere per un'Italia ridotta a terradiconquista. IreneSabeni Israele.Anchelìc’è lapauradel “diverso” 17 DICEMBRE 2013 Lascorsasettimanaèentratainvigore in Israele la legge sull’immigrazione irregolare, proposta dal governo di Benjamin Netanyahu, per fronteggiare l’arrivo di migranti, nella maggior parte deicasidiorigineafricana.Duegiornifa ilparlamentohaemendatolanormativa– bocciata dalla Corte Suprema – che in origine prevedeva la reclusione fino a tre anni per coloro che entreranno illegalmentenelterritorionazionale. Secondo il nuovo testo, i migranti potranno essere detenuti per un anno, senzaprocesso,neicentridiaccoglimento da cui non potranno allontanarsi, né lavorare e saranno costretti a presentarsi tre volte al giorno di fronte ai responsabili. Inoltre il governo di Netanyahuhaapprovatounaumentodella “ricompensa”(da1500a3500dollari)per i migranti disposti a essere rimpatriati “volontariamente”. Gliimmigratieirichiedentiasilo,che sonoscappatidallaguerraedallamiseria, si trovano di fronte a un bivio: essere imprigionatiperunannooriceveredaTel Aviv una somma di denaro per lasciare Israele.Epoicosafaranno?Nellamaggior partedeicasi,tornerannoneiPaesinatiie in seguito intraprenderanno un nuovo viaggio della speranza, che il più delle volte si tramuta in morte. Lo si è visto, qualchemesefa,aLampedusa. Inquell’occasionegliocchidelmondo erano puntati sull’Italia e sull’ennesima strage di innocenti. Oggi, la comunità internazionale,chesiècommossadavanti allebaredeimigrantichehannotrovatola morte in cerca della terra promessa, chiude gli occhi e gira lo sguardo da quello che sta succedendo in Israele. L’altra settimana, a Gerusalemme, in parlamento, durante un’operazione di donazioneorganizzatadallaMagenDavid Adom, l’equivalente israeliano della Croce Rossa, la deputata Pnina TamanoShata, di origine etiope, non ha potuto donareilsangue. Un responsabile di questo organismo, filmato e registrato da una videocamera, ha spiegato che «come indicato dal Ministero della Salute, non è possibile accettare il sangue degli ebrei di origine etiope». È scoppiato subito il caso e i media israeliani hanno rivelato che secondo il ministero della Salute, il sangue degli ebrei di origine etiope, che non sono nati in Israele, rischia di diffondere malattie, tra cui l’AIDS. Non c’èalcunriscontrooggettivochedimostri l’attendibilità di questa disposizione. A prescindere il sangue è “buono” o “cattivo”, quello degli ebrei di origine etiopenonèben“accetto”. Inun’intervistaallatelevisioneprivata «10», la deputata si è scagliata contro «questo insulto verso un’intera comunità a causa del colore della sua pelle». «Ho 32 anni, sono arrivata all’età di tre anni inIsraele,hofattoilserviziomilitareeho due figli, non c’è alcuna ragione di trattarmicosì»,sièindignata. Pnina Tamano-Shata ha ricordato che 16 anni fa ci fu un caso simile contro la comunità degli ebrei etiopi a Gerusalemme,quandoleautoritàsanitarie si liberarono, senza usarlo, del sangue donato dai membri di questa comunità. «Da quel momento nulla è cambiato», ha detto. Dopo l’intervista, la Magen David Adomsièdettadisponibileadaccettareil sangue del deputato, aggiungendo però chesarebbestatocongelatoenonsarebbe statoutilizzato. Oltre 100.000 ebrei provenienti dall’Etiopia sono arrivati in Israele negli ultimi 30 anni, durante quelle che sono state ribattezzate operazioni di “Mosè” e “Salomone”, nel 1984 e nel 1991. Attualmente, più di 120.000 ebrei etiopi, tra cui 80.000 nati in Africa, vivono in Israele e sono vittime di discriminazioni. Non possono lavorare, non possono sposarsi con gli ebrei “bianchi”, non possono mischiarsi con la “razza eletta”. Discriminazione razziale? Quello che sta accadendo in Israele ricorda tanto quello che succedeva in America fino agli anni Sessanta contro la comunità afroamericana. Nel 2011 è uscito il film The Help, diretto da Tate Taylor, che racconta in maniera semplice e toccante la discriminazione razziale contro le donne nere del Mississippi, appunto nella prima della metà degli anni Sessanta. È un film ambientato in un paesino del Mississippi che si chiama Jackson, dove molte donne afroamericane lavoravano come domestiche presso le famiglie bianche benestanti e furono costrette a subire umiliazioni e trattamenti discriminatori, comequellodidoverusarebagniseparati nella convinzione che le persone nere portinomalattie. Ilfilmraccontalalungabattagliadelle donne afro-americane contro la segregazione razziale che in quegli anni scindevainduetuttoilsettoredeiservizi (trasporti, ristoranti, scuole, ospedali). Sullo sfondo due uomini: Martin Luther KingeBobMarley.Entrambilottarono,in maniera diversa, per i diritti civili della comunità afro-americana. Martin Luther King professando quella che è passata nella storia come la “resistenza non violenta”. Bob Marley cantando l’unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà e l’uguaglianza. Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, ladiscriminazionerazzialeèunproblema d’attualità. Ci vantiamo di vivere in una societàmulti-razziale.Manonèvero.Ieri era il nero a farci paura, oggi l’ “immigrato”. FrancescaDessì Laminaccia nuclearetornaai confinidell’Europa 17 DICEMBRE 2013 Mentre l’attenzione occidentale è concentrata su Kiev, dove l’UE sta interferendo negli affari interni e strumentalizzando il nazionalismo ucraino, al punto di riuscire a far dimenticare i deleteri sottoprodotti delle primavere arabe, la Russia rispolvera i suoi missili nucleari e li schiera nell’enclave di Kaliningrad e sulle frontieredeipaesibaltici. Una mossa annunciata, dopo che la NATO non aveva mostrato alcuna intenzione di recedere dal dispiegamento dello scudo antimissile in funzione anti russaenonpiùantiterrorismodeglistati canaglia, anche se per Washington, de facto, non esiste stato più canaglia della Russia, che le sta imponendo il rispetto del diritto e mietendo un successo diplomatico dopo l’altro, proprio a spese degliUSAedeiloroalleati. Così,dopoavermostratolasuaabilità discacchista,Putinmostraimuscolie,se tutto può sembrare rientri nel normale giocodipressionediplomatica,dicuinon preoccuparsi più di tanto, la situazione è più seria di quanto appaia: la Russia è, infatti,impegnatainunbracciodiferroda “pace fredda” con gli Stati Uniti su scala mondialeedicuilacrisiucrainaèsoloun tassello, importante sì, ma che vede coinvolta più l’Unione Europea che il nemicostatunitense. Nella nuova corsa agli armamenti, innescata da questo braccio di ferro, Washingtonhaannunciatonuovestrategie e piattaforme d’arma, che prevedrebbero una capacità di “Global strike” rapida da attuarsiconarmiconvenzionali.Unsimile programmanonèunanovità,maerastato abbandonato da George W. Bush poiché questi temeva che il lancio di un missile ICBM, pur se armato con testate convenzionali, avrebbe potuto portare ad un reazione nucleare. Adesso, però, il Nobel per la Pace Barack Obama ha rilanciato il progetto, grazie anche a nuove, non specificate, piattaforme che permetterebbero agli USA di colpire con estremarapiditàedefficacia. Questo,tuttavia,nonhascongiuratola possibile escalation nucleareaccidentale, mahaanziinnescatolapossibilereazione nuclearecosciente della Russia: stando all’agenziadistampaRiaNovosti,infatti, il Cremlino, a fronte di questa nuova strategia aggressiva di Global strike, ha dichiarato, per bocca del vicepremier Dmitry Rogozin, che non solo sta «preparando una risposta» ai piani statunitensi,macheirussi«seattaccati», anche se solo con armi convenzionali, potrebbero«naturalmente»risponderecon arminucleari. L’avviso mandato agli apprendisti stregoni di Washington, che stanno cercando vie alternative ed economiche per restituire credibilità al deterrente militare statunitense, è chiaro e determinato: la Russia reagirà, ad ogni tentativo espansionista USA che vada a minareinteressivitaledelpaese,conogni mezzo, poco importa se verranno usate armi convenzionali come escamotage “giuridico” per evitare l’incubo che si ritenevafinitoconglianni80:la“guerra termonucleareglobale”. Torna quindi di attualità il terrore del Day After, film sull’olocausto nucleare che turbò i sonni delle generazioni della guerrafreddaechepiùdiognialtroseppe interpretarequellostatodiansialatentein cui si viveva. Stato di ansia che i media occidentali cercano di non rinfocolare, evitando di dare risalto alle dichiarazioni del vicepremier russo ed ai piani aggressividelPentagononeiconfrontidel Cremlino: c’è già un problema di fronte interno, dove il morale è minato dalla crisi economica, che sta suscitando sollevazioni, più o meno preoccupanti, in diversenazionidell’Occidente. Aggiungere adesso anche la preoccupazionediunconflittoterrificante potrebbe avere effetti talmente destabilizzanti sulla psicologia delle masse. Effetti che nessuna arma di distrazione di massa riuscirebbe a contrastare e che potrebbero essere innesco,anchesenonalivelloconscio,di ribellionidiffusecontroquelleoligarchie, che, dopo aver condotto i poli al disastro economico, verrebbero percepite come pronte a sprofondare il mondo anche nell’orrorebellico“globale”. Non resta che da registrare senza infingimenti che, sebbene sottaciuta, la minaccia nucleare è tornata e che la sordinamediaticacuièsottopostalarende ancorpiùinsidiosa,ancheperchécosìnon sipermettel’innescarsidiqueimovimenti diprotestachelacontrastarononeglianni della “guerra fredda”dichiarata. Probabilmente le manifestazioni e le marce di allora non sarebbero sufficienti, oggi come oggi: per frenare l’arroganza dell’establishment adesso ci vorrebbero proprio quelle sommosse che il potere teme. A condizione, però, che esse siano radicaliegliinfligganoun“globalstrike”. FerdinandoMenconi Tornal'incubodel primocolpo 17 DICEMBRE 2013 Il quotidiano tedesco Bild, citando fontideiservizidisicurezza,rivelachela Russia ha già installato missili a breve gittata(finoa500km)lungoiconfinicon le repubbliche baltiche e la Polonia. Si tratta di missili capaci di portare testate atomiche, molto precisi e difficilmente intercettabili. La notizia è di quelle che devonofarriflettere. Una regola di saggezza raramente osservata dice che sarebbe lungimirante essere generosi col nemico sconfitto. Lo fu il congresso di Vienna nel 1815 nei confronti della Francia, dopo la resa di Napoleone. La Francia non subì grandi mutilazioniterritorialiefuriammessanel consesso delle Nazioni europee a pieno titolo,essendotornatisultronoiBorbone che davano ampie garanzie. Questa sostanziale mitezza dei vincitori garantì unperiododi55anniincuinoncifurono guerredivastaportatainEuropa. Viceversa, a Versailles nel 1871 la Prussia vincitrice umiliò la Francia, provocandounrisentimentoeundesiderio di rivincita che fu una delle cause della Grande Guerra.A sua volta, la Germania fupesantementepunitaeumiliata,dopola sconfitta nella prima guerra mondiale. L’inevitabilespiritodirivincitafuunodei motividell’ascesaalpoterediHitler,con le conseguenze catastrofiche per la Germania e per l’intera Europa, che ancora ne risente per la perdita della propriaindipendenza. Il crollo dell’URSS nel 1989-91, che consegnò una Russia mutilata e stremata alla clemenza dell’Occidente, indusse gli USA, invece che a una saggia politica di moderazione e di amicizia verso l’ex nemico,aunosfrenatodisegnodidominio mondiale,inundeliriodionnipotenza. Le promesse di non fare entrare nelle alleanze occidentali i paesi dell’Europa orientale e dell’ex URSS resisi indipendenti dalla Russia, non sono state mantenute.Unacinturadibasiamericane è stata installata ai confini della Russia. Unformidabileapparatodiimpiantiradar e di sistemi antimissile, per rendere impossibile una risposta russa a un eventuale attacco, è stato messo in opera col ridicolo pretesto di proteggere l’Europa dalla minaccia dei “terribili” missiliiraniani.Basidotatediattrezzature fantascientifiche vengono installate nell’estremonorddell’Europainfunzione antiiraniana. Alla gravissima provocazione si aggiunge la beffa di una giustificazione chesuonacomeunosberleffo. Nei decenni dellaguerra fredda un incubo sovrastava il mondo. L’incubo di una guerra nucleare che scoppiasse improvvisa per la tentazione di una delle due superpotenze di sferrare un primo colpocheannientasselebasimissilistiche egliaeroportidelnemico.L’impossibilità difarealtrettantocoisottomarininucleari, ildubbiochenessunprimocolpoavrebbe impedito una risposta devastante da parte delnemicoeilsensodiresponsabilitàdei governanti dell’Occidente e dell’URSS, evitarono che la minaccia diventasse realtà. Ora l’installazione delle basi americane lungo i confini della Russia (e della Cina) ripropone quella minaccia. In pochi minuti il territorio russo (e cinese) può essere colpito in profondità. Ma la mossa della Russia di collocare propri missili modernissimi presso le frontiere europee,rendepossibileancheallaRussia un primo colpo che nel giro di pochi minuti neutralizzerebbe le basi del nemico. Sappiamo che tante volte nei decenni dellaguerra fredda si sfiorò l’incidente che sarebbe stato senza ritorno. Ora lo scenariosiripresenta,piùinquietanteche mai. Nel caso di una grave tensione, e la vicenda dell’Ucraina presenta aspetti di eccezionale gravità, potrebbe tornare la tentazionedelprimocolpo. L’Europa senza spina dorsale, l’Europaservadell’Impero,èpiùchemai inprimalinea,espostaatutteleritorsioni. Solo la stupidità di chi ignora la storia poteva presumere che una grande e orgogliosa nazione come la Russia non rialzasselatestadopoleumiliazionidegli annidiEltsin. Potremmopagarecaro,pagaretutto. LucianoFuschini LoYuanavanza.E lacinesizzazione anche 18 DICEMBRE 2013 La notizia di macroeconomia più importante degli ultimi giorni è relativa alla guerra delle valute. Ovvero a quella guerracheèinattoormaidamoltianni,e che ha avuto una accelerazione notevole dallo scoppio della crisi dei mutui subprimeaigiorninostri. Il3dicembrescorso,inmodoufficiale ancheselacosanonèstatasottolineataa dovere quasi da nessuno, lo Yuan ha superatol’Eurocomevalutadiriservaedi utilizzoperilcommerciointernazionale. Laportatadiunanotiziadelgenereha due significati. Per quanto riguarda l’Europa rappresenta l’ennesima dimostrazione del fatto che la moneta in corso legale (forzoso) nei paesi del Vecchio Continente, malgrado la direzioneverticisticaimpostadallaBanca CentraleEuropea,continuaaperderecolpi unoauno.PerquantoriguardailDollaro, invece,lecosesonoancorapiùallarmanti (per gli statunitensi) e determinanti (per tuttoilrestodelmondo). Gia alcuni giorni addietro avevamo riportato la volontà della Cina di dismettere in maniera consistente la quantità di Dollari e titoli di Stato statunitensi(quil’articolo"SelaCinanon compra più Dollari"). Molto semplicemente, in quella circostanza, la BancaCentraleCineseavevadichiaratodi nonvolerpiùaccumulareriserveinvalute estere. Il che voleva e vuole significare una cosa soltanto: lo Yuan si lancia direttamenteallaconquistaeconomicadel mondo. Dopo averlo fatto con le merci, insomma, la Cina si appresta a usare anchel'armadellamoneta. Le conseguenze per gli Stati Uniti sono facili da immaginare e le abbiamo accennate nell’articolo citato. Per quanto attiene invece alla notizia più recente, è chiaro che essa debba essere letta nel medesimo quadro. O meglio, come un aggiornamentoannunciatodellostesso. È vero, lo Yuan è ancora al secondo posto come valuta per il commercio internazionale,vistocheildollarorimane pur sempre - per ora - al primo. Ma la velocità con la quale la moneta cinese ha superato,anzi“stracciato”quellaeuropea, èfortementeindicativa. Solo nel 2012 la quota di Yuan nella finanza e nel commercio mondiale era dell’1,89% mentre l’Euro si attestava a 7,87%. Ora, nel mese di ottobre 2013, lo Yuan ha raggiunto la quota dell’8,66% mentrel’Euroèscesoal6.64%. I conti sono molto semplici: non solo lo Yuan ha guadagnato e superato molto l’Euro, tanto da piazzarsi al secondo posto, appunto, ma la sua ascesa è stata effettuatainlarghissimapartesullespalle delDollaro. Nelcontestogeneraleciònonèsoloun campanello d’allarme per gli Stati Uniti, ma impone di prendere coscienza di uno scenario mondiale che non è più dietro l’angolo, quanto invece ci si paventa innanziintuttalasuarealtà. Perché oltre Oceano sono alle prese conl’eraYellenallaFederalReserve,con lapoliticadiQuantitativeEasingchenon può che continuare sulla falsariga che sta seguendo ormai da anni e per di più non può che essere così in un quadro che non accenna minimamente a migliorare, visto che,tralealtrecose,ilprossimofebbraio cisitroverànuovamentedavantiilFiscal Cliffsolorimandatodiuntotnella“crisi” di ottobre-novembre scorsi. In quanto all’Europa la situazione è, malgrado la calma piatta che i media di massa si ostinano a voler veicolare nelle ultime settimane,moltodeteriorataerischiosa. Al di là dei dati prettamente italiani secondo i quali circa il 30% della popolazione è a rischio povertà (e commenteremo i risultati presumibilmentedeludentidelcommercio natalizio all’inizio del prossimo anno) l’unico tema che tiene banco nelle sedi europee è quello del salvataggio bancario degli istituti in crisi. Secondo Draghi, in una dichiarazione rilasciata durante una audizione al Parlamento Europeo, «i sistemi anti crisi sono inadeguati»: ciò significa, implicitamente, che il governatore della BCE vuole spingere verso il varo di nuovi e “non convenzionali” sistemi. Quali? Tra gli altri,omeglio,soprattutto,quelloappunto della condivisione del fallimento delle Banche. Ne parliamo da tempo, su queste pagine,mabisognaribadirlo:ilbail-indi Cipro è stata la prova generale, quindi è passato l’accordo “europeo” sulla condivisione dei rischi delle imprese bancarie non solo agli azionisti e agli obbligazionisti ma anche ai correntisti, cioèaimeridepositanti.Eil“progetto”va avanti. AncheselaGermaniavisioppone,ciò è poco indicativo. Essa è già “fuori” o comunque in posizione molto differente rispetto agli altri Paesi europei, e non impiegherebbe più di qualche seduta parlamentareadecideredilasciarel’Euro e tornare a una moneta propria che sarebbeovviamentemoltobenaccettataa livello internazionale. Riuscendo, in questo modo, ad aver avuto tutti i vantaggi possibili dall'era dell'Euro e lasciandotuttiglialtriPaesiconilcerino inmanoalmomentoopportuno(evitando, alcontempo,dilasciarel'Europadecidere come intervenire sulle eventuali Banche tedesche in crisi, oltre che evitando di dover intervenire per salvare quelle residentineglialtriStati). È per gli altri Paesi invece che si paventaloscenariopeggiore.Perchénella situazione di crisi diffusa (sociale, lavorativa, economica) in cui si trovano pressoché tutti, una decisione sul salvataggio diretto delle Banche da parte della troika a incidere sui portafogli di ognicittadinooltrechesuquellidirettidi ogni singolo Paese, avrebbe da una parte terrenofacilesulqualeessereapplicata(i parlamenti nazionali non valgono e servonopiùaunficosecco)edall’altraun ventre molle sul quale agire. Rappresenterebbe la mazzata finale a un popolodepredatofinoall’ultimarisorsa. Mentre nel frattempo, come abbiamo visto,laCina,lasuavisionedelmondoe dellavoro,elasuamoneta,avanzano. ValerioLoMonaco Cile:eoramantieni lepromesse, “Presidenta” Bachelet 18 DICEMBRE 2013 Tutto è andato come ampiamente previsto.L’excapodiStatoecandidatadi centro-sinistra per la Nueva Mayoria, Michelle Bachelet, è stata eletta con più del 60% dei voti nel ballottaggio delle elezionipresidenzialicilene.Larivaledel centrodestra, Evelyn Matthei, ha racimolato poco meno del 38 per cento dellepreferenzeinunsecondoturnoilcui dato più significativo è stata l’altissima astensione, al 59 %. Anche questa largamente prevista, e temuta, dagli analisti. IlritornodellaBacheletallaguidadel Cile segna anche quello della coalizione di centrosinistra, che come Concertación aveva governato il Cile dalla fine della dittatura di Pinochet fino alla vittoria, quattroannifa,diPiñera.Stavoltaperòla coalizione ha preso il nome di Nueva Mayoria e include il Partito Comunista, che promette di essere il pungolo della maggioranza sulle promesse riforme in campo sociale. Quattro anni dopo aver lasciato il palazzo de La Moneda, la Bacheletvirientreràilprossimo11marzo e le sfide che la attendono sono molte. Prima fra tutte quella di tenere fede agli impegni presi con gli elettori, la neo presidenta ha infatti promesso molto ai cileni, sempre più insofferenti rispetto alla iniqua distribuzione della ricchezza nelpaese. Secondo i dati dellaFundación Sol, specializzata in temi sociali e del lavoro, due famiglie su tre vivono con meno di 1.200dollarialmeseemetàdeilavoratori guadagnano meno di 500 dollari al mese, questo mentre l’1% della popolazione, quella ricca, accumula il 30% delle entrate complessive. Ma sarebbe disonesto e poco realista attribuire la responsabilità esclusiva di tutto questo ai quattro anni di governo del centrodestra, specie dopo un ventennio di governi di centrosinistra della Concertación. I precedenti quattro anni sotto la gestione della Bachelet non avevano inciso in mododeterminantenellasituazionesocio- economica del paese e da più parti erano arrivate critiche per il suo governo, accusato di non aver fatto abbastanza per arrivare a una reale redistribuzione della ricchezza. Il governo di centrodestra di Sebastian Piñera non ha, com’era prevedibile, affrontato il problema. Quel che il governo di centrodestra ha fatto è stato acquisire più credito a livello internazionale, facendo crescere l’economia e attirando numerosi investitoristranieri. L’economiadelCilebasail14%delle sue entrate statali sull’esportazione del rame, il cui prezzo è salito nel 2012 per effettodellafortepoliticadiinvestimenti varatanegliultimiannidagrandiaziende come l’australiana BHP Billiton e dalla stataleCodelco(CorporacionNacionaldel Cobre de Chile). Il settore, assieme a quello delle costruzioni, ha trascinato l’economia facendo segnare una crescita media del 5,6% nel 2012, anno nel quale soloil rame ha fruttato 9,5 miliardi di dollari.Glieffettisisonofattisentire:tra il 2010 e il 2012 la domanda interna è salitadel7,1%,laspesaprivatadel7,3%, gli investimenti del 18%, le esportazioni dell’1%eleimportazionidel4,9%. Ma se i dati sulla distribuzione della ricchezza rimangono invariati e continuano a rilevare profonde differenze significa che di questa crescita ha beneficiato la solita piccola parte della popolazione,quellachedetienegranparte della ricchezza nazionale. Quel che eredita la Bachelet è tuttavia un sistema economico in flessione dopo la crescita registrata sino a fine 2012. Nei primi tre mesi del 2013 proprio il settore trainante del rame ha mostrato delle difficoltà e la crescitaèscesaal4,1%,arrivandoal3,5% lo scorso maggio, al di sotto delle aspettative del mercato. Sulla base di questi dati, lo scorso luglio, la Banca Centraleharidottodimezzopuntolasua proiezione di aumento del Prodotto Interno Lordo per l’anno in corso, situandolotrail4eil5percentoepoche settimane prima il Fondo Monetario Internazionale in un documento ufficiale aveva abbassato dal 4,9% al 4,6% le prospettive di crescita del paese segnalando come rischi imminenti quelli relativiallacadutadeiprezzidelrameeal frenodeiflussidicapitalenelPaese. Forse si era trattato di un segnale a una coalizione giudicata eccessivamente sbilanciata a sinistra, quella capeggiata dalla Bachelet, che già risultava vincente nei sondaggi per le presidenziali. Una nuova maggioranza che, eletta alla guida del paese, non può ora tradire una popolazione che da due anni scende in piazza per puntare il dito contro il forte squilibrio economico e le profonde disuguaglianze. Migliaia di cileni che hannotrovatovocenellestrade,trascinati dagli studenti che per mesi hanno manifestato, anche duramente, per una scuolagratuitaediqualitàinunCileche o g g isoffre una profonda arretratezza e mancanzadirisorse,nelqualelefamiglie si indebitano per pagare scuole private nella speranza di dare una educazione di buonlivelloaiproprifigli. È con questo fermento e insofferenza socialechelanuovapresidentaavràache fare,vistochepropriosuquestiproblemi ha cercato di catturare il voto dei cileni, molti dei quali si sono probabilmente chiesti per quale ragione i cambiamenti promessi oggi dalla candidata socialista non sono stati fatti ai tempi della sua prima presidenza. È forse così che si spiega l’altissima astensione al ballottaggio di domenica, sintomo di un elettorato sfiduciato, da troppo tempo rassegnato a veder svanire nel nulla le promesseelettoraliinunpaesenelqualeè stata la socialdemocrazia a detenere, di fatto, quasi ininterrottamente il potere dallafinedelladittatura. Un orientamento mai scalfito dall’ondata socialista che ha cambiato il volto dell’America Latina nell’ultimo decennio. È pur vero che il cambiamento la cui scintilla è stata la Rivoluzione bolivarianadiHugoChávezhainvestitoi paesi latinoamericani in modo diverso, più o meno intenso, a seconda delle loro diverse caratteristiche, ma è difficile annoverare il Cile della Bachelet tra le nazioniprotagonistediquelcambiamento. Il perché lo ha spiegato senza troppi giri di parole il presidente della Bolivia Evo Morales,cheinun’intervistaconcessaalla rivista di cultura La Garganta Poderosa, ha detto la sua sull’elezione della Bachelet. «Quando la stampa parla del “partitosocialistainCile”,iodubitoche sia socialista. Lo dico pubblicamente: se la Bachelet persevererà nell'Alleanza del Pacifico, sarà chiaro a chi risponde, da dove viene e che cosa vuole. Se non parteciperà, potremo pensare che, anche senza politiche socialiste, ha sentimenti socialisti. Lo vedremo al momento opportuno…». L’AlianzadelPacíficoènatanel2011 ed è un blocco economico formato da Cile, Colombia, Perù, Messico e Panama. Giàinoccasionedell’ultimoForumdiSão Paulo in questo 2013, Evo Morales affermò che laAlianza del Pacífico è un soggetto geopolitico voluto dagli Usa per opporsi ai governi progressisti latinoamericani di Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Venezuela e Ecuador. Una organizzazione creata per fare da contrappeso al Mercosur e il cui scopo è la privatizzazione delle risorse naturali come l’acqua e l’energia. Nella riunione finale del Forum l’Alianza era stata definita uno strumento per «attaccare la sovranità delle nazioni dell’America del Sud». Per questa ragione, secondo Morales, l’adesione del Cile all’Alianza sarà il banco di prova al quale la Bachelet potrà dimostrare di essere «realmente socialista». Ma «se proseguirà nell’AlianzadelPacífico,dovesitrovano igoverniproimperialistieprocapitalisti, nonlacapisco,nél’accetto(…)L‘Alianza del Pacífico sarebbe qualcosa come la nuovaAlca,quell’Alcacheseppellimmoa Mar de la Plata, con Néstor Kirchner e Hugo Chávez. Tutti quei piani erano sepolti, fino a che li hanno fatti rivivere tre paesi del Sudamerica: Perù, Cile e Colombia.Ovviamente,noicapiamocheè nellorodiritto,mavediamoanchechein quei paesi ci sono le popolazioni più in fermento, non solamente contro i presidenti,macontroleloropolitiche »ha commentatoMorales. È quel fermento che ha portato nelle strade i cileni contro il governo di centrodestraecheorahainpartesceltodi essere rappresentato da una maggioranza sensibilmente sbilanciata a sinistra. Evo Moralesaspettalaneopresidentaalvarco della Alianza, i cileni alla prova delle riformepromesseincampagnaelettorale. AlessiaLai Noallapatata chimica,perora 19 DICEMBRE 2013 Il tribunale europeo del Lussemburgo, su richiesta di alcuni Paesi membri dell'Unione (Ungheria in testa), ha bocciato la decisione della Commissione europea del 2010 che aveva dato il via libera alla commercializzazione della cosiddetta “super-patata” prodotta dal gigantechimicotedescoBasfgrazie(sifa per dire) all'utilizzo di organismi geneticamentemodificati. La patata Ogm denominataAmflora e brevettatacomeEH92-527-1avevaavuto unitermoltotravagliatoperl'opposizione dimoltiPaesimembri.Siainnomedella difesadellepropriecoltivazioninazionali “tradizionali”, sia in nome della difesa dellasalutedeicittadinisulbrevetermine e per evitare contaminazioni delle produzioninormalisullungotermine. Visto il muro contro muro che si era venutoacreare,laCommissioneeuropea, inbaseallanormativacomunitaria,decise dasoladandoilvialiberatreannifacon l'allora commissario europeo alla Salute, il maltese John Dalli, costretto in seguito adimettersiperchécoinvoltoinungirodi tangenti provenienti dalle multinazionali del settore (oltre 50 milioni di euro) per togliereiltabaccodamasticaredallalista deiprodottisottopostiaivaridivietiantifumo. La stessa Basf, appoggiata dal governo tedesco, aveva incontrato non poche difficoltà in patria ed in Irlanda (dove erano stati avviati i primi esperimenti) tanto da essere costretta ad avviare la sperimentazione di Amflora nella Repubblica Ceca, uno dei cinque Statidell'Unionenellaqualeèpermessala coltivazione degli Ogm. Gli altri sono Slovacchia, Romania ed incredibilmente SpagnaePortogallo. La sentenza della corte del Lussemburgo concede comunque soltanto una tregua alla salute dei cittadini e alla salvaguardia delle coltivazioni tradizionali, visto che la Basf avrà 60 giorniperappellarsieperungereleruote. L'introduzione degli Ogm in agricoltura rappresenta un pericolo mortale per i piccoli produttori che, se cedessero e li adottassero, si troverebbero legati mani e piedi alle multinazionali della chimica che producono sementi non riproducibili come quelle tradizionali. Di conseguenza ogni anno essi dovrebbero compiere un esborso finanziario non indifferente. Senza parlare poi del pericolo più che concreto dell'impoverimento e dell'inaridimentodeiterreni. Eppure, di fronte a tutta questa evidenza,difronteatuttaquestaminaccia per la salute, ci sonoluminari della scienza, come Umberto Veronesi, che hanno preso decisamente posizione a favore della cosiddetta “ricerca” e degli Ogm.Gliinteressiingiocosonoenormie molteplici.L'aspettopiùincredibileèche per tanti cialtroni fautori del Libero Mercato (e della fine della diversificazione dei prodotti agricoli) sia del tutto normale che una multinazionale chimica come la Basf voglia entrare a forza nel settore alimentare sfruttando la connivenza di quella che può essere definita come associazione a delinquere che è la Commissione europea, legata a doppio filo ad interessi industriali e finanziarichesitrovanosopraecontrogli Stati. Scavando la verità però alla fine esce fuori. Non si tratta della volontà dichiaratadiproteggerelecoltivazionida parassitiedaaltro.Nellapatatanormaleè infatti presente un gene che produce un amido chiamato Amilosio in misura maggiore rispetto ad un altro amido chiamato Amilopectina, il quale, guarda caso, è molto adatto alla produzione di carta e di collanti. Nella patata Ogm, l'Amilopectina è molto più presente. Da qui l'interesse della Basf a darsi da fare perimporrel'Amfloraconlacomplicitàdi Bruxelles e dei tanti criminali ed utili idioti presenti nei governi europei come ministri o come consulenti. Il pericolo restacomunqueenorme. IreneSabeni Rimpiangere l'URSS? 20 DICEMBRE 2013 Da venti anni l’imperialismo aggredisce senza remore, accampando pretesti cui possono dare credito solo dei servi: l’ingerenza umanitaria, l’esportazione della democrazia, il contrasto all’estremismo islamico, quello stesso che quando fa comodo, come in Libia o in Siria,diventa prezioso alleato. Qualunque Paese si trovi in posizione strategica e disponga di materie prime appetibili, sa di essere nel mirino dei bombardieridell’Impero. Da venti anni vengono sistematicamente smantellate tutte le conquiste e le protezioni sociali del mondo del lavoro salariato e stipendiato, senza risparmiare nemmeno fasce consistentidilavoratoriautonomi. Che cosa è successo venti anni fa? Perché da allora le cose sono precipitate tantorovinosamente? La globalizzazione, certo, sì. L’egemonia assoluta del capitale finanziario, certo, sì. Le speculazioni sfrenate,iderivati,certo,sì.Peròalfondo ditutto,lagrandesvoltadiventiannifaè stata il crollo dell’URSS. Il suo peso politico e militare era stato il retroterra che aveva permesso il grande moto di indipendenza dei popoli sottomessi agli imperi coloniali. Quegli imperi, prevalentemente europei, si sono dissolti perché gli USA hanno praticato un neocolonialismo più intelligente, incoraggiando la formazione di governi formalmente autonomi ma in realtà al servizio degli interessi imperialistici. Inoltre l’URSS non appoggiava le guerriglie patriottiche per solidarietà ideologica (il famoso “internazionalismo proletario” era solo propaganda) ma perché era interessata a indebolire le potenze avversarie. Resta tuttavia il fatto che la copertura politica e le forniture militaridell’URSSsonostatedecisiveper ilsuccessodelmovimentoanticoloniale. La presenza dell’URSS ha avuto un ruolo decisivo anche nel miglioramento sostanziale delle condizioni di vita e di lavoro dei popoli occidentali. C’erano state conquiste sindacali, sì, c’era una politica economica keynesiana, sì, ma le une erano precarie, l’altra era resa possibiledacontingenzechenonpotevano durare: la ricostruzione dopo una guerra devastante, la grande disponibilità di investimenti in sistemi dove il debito pubblico era ancora basso, il costo contenuto delle materie prime, l’assenza di una coscienza ambientalista. Nessuna di quelle condizioni è riproducibile, per cui chi ripropone rimedi keynesiani è fuoridalmondo. L’altro fattore potentissimo di emancipazionedeiproletarioccidentaliin quegli anni di “paradiso perduto”, fu proprio la presenza minacciosa di un’URSS che sarebbe diventata troppo attraente per i salariati dell’Occidentese ilsistemanonavessesaputodimostraredi poter assicurare un welfare più efficiente di quello sovietico, salari più alti e in clima di libertà personale, soprattutto quellalibertàdimovimentocheèl’unica adattrarrelemasse. L’URSS è stata sconfitta dalla socialdemocrazia, anche se è crollata negliannidelneoliberismoreaganiano. Dunque l’URSS ha avuto il doppio merito storico di aver favorito il moto di liberazione dal colonialismo e di aver indotto il sistema capitalista a fare concessioni ai lavoratori che sembravano impensabili. La prova risiede proprio nel comportamento del capitale subito dopo l’implosionedell’URSS. L’impressione è quella di una belva liberata dalla catena, non più frenata dal guardiano.Undeliriodionnipotenzanella conquista del mondo e un attacco sistematico alle condizioni di vita dei lavoratori, tanto che perfino le socialdemocrazie sono bandite. Sembra proprio che non si aspettasse altro che la fine dell’URSS per scatenare glispiriti animali. Allora dobbiamo rimpiangere le gerontocrazie del Cremlino, impataccate nelle loro medaglie sui mausolei delle mummiedellalororeligioneatea?Nonne è proprio il caso. Quella fu un’ideologia folle, l’ideologia dell’uomo nuovo forgiato dal collettivismo dei Piani Quinquennali, l’ideologia che fucilava e imprigionava i dissidenti “condannati dal tribunale della storia”, come se la storia non fosse il teatro tragico di contraddizioni insolubili ma una linea diretta che porta irresistibilmente verso i “domani che cantano”. Quella fu una prassi di autoritarismo burocratico e di apparati polizieschi fra i più invasivi che ilmondoricordi. Inoltre, è vero che la presenza dell’URSS condizionò positivamente l’Occidente frenando la sua sete di dominio, ma è pure vero che col loro economicismo,colloromaterialismo,con la loro demolizione delle tradizioni religiose e degli antichi costumi, sia il comunismo sovietico sia quello cinese in ultima analisi non hanno fatto altro che spianarelastradaalcapitaleglobalizzato, abbattendo quei residui del passato che ancorapotevanooffrireunaresistenza. Ma ancora: l’esempio orrendo che viene dal modello del comunismo storicamente realizzato, rende poco allettante l’alternativa del socialismo comeviad’uscitaallacrisidelcapitale. Ancheinquestocasoverifichiamoche i sentieri della storia sono sempre contorti, mai lineari: l’URSS svolse un ruoloobiettivamentepositivonellimitare l’imperialismo e nel riscatto del proletariato, ma in ultima analisi ha spianato la strada al totalitarismo del capitale, screditando il socialismo e spazzando via con la forza gli elementi tradizionalistidiunaciviltàantica. LucianoFuschini Autoindulgenza:il viruschenondà scampo 20 DICEMBRE 2013 Negli ultimi tempi ci stiamo riflettendo sempre di più, qui nella redazionedelRibelle.Eleconclusioniche si vanno profilando non sono, purtroppo, quellecheavremmovoluto. Ladomanda,ridottaall’osso,èquesta: nell’Italia odierna esistono ancora delle persone,inunnumerononcosìesiguoda risultareirrilevante,chemettanoalcentro delleloroesistenzelaricercadiunapiena consapevolezza, che spinge a essere esigenti innanzitutto con sé stessi e a esaminare impietosamente anche, o soprattutto, le proprie reazioni/impressioni/convinzioni? Il problema è cruciale, ai fini di una qualsiasiiniziativapolitica.Oppure,come nel nostro caso, metapolitica. L’assunto dal quale siamo partiti finora è stato, infatti, che nel loro insieme gli italiani fossero l’equivalente di un terreno inquinato, ma ancora fertile. Un terreno che attraverso delle ripetute e profonde operazioni di bonifica, ossia a forza di informazionieanalisialternativeaquelle fuorvianti diffuse dai media mainstream, potesse essere riportato al suo potenziale migliore. Che di per sé non implica la garanzia di immensi raccolti senza fare nient’altro, ma che almeno lascia sperare nel successo di una coltivazione assidua, attenta,amorevole. Piùciguardiamointorno,invece,epiù gli indizi vanno in direzione opposta. Per un motivo o per l’altro, ma a cominciare da quell’illusione di capacità decisionale che viene trasmessa dalla cosiddetta democraziaechesiimperniasuldirittodi voto riconosciutoautomaticamenteaogni cittadino che abbia compiuto i 18 anni, l’atteggiamento di moltissimi individui è all’insegna di una compiaciuta e impermeabilesicumera.Magariinconscia e però, proprio per questo, ancora più insidiosa e difficile da far emergere e da far percepire come il difetto (genetico?) cheè. Se è vero che il presupposto di ogni possibile ampliamento delle proprie conoscenze è il dubbio, ovvero la disponibilitàarimettereindiscussioneciò che si è acquisito in precedenza, questa attitudine è diventata una rarità. Beninteso: non parliamo di un dubbio malato epsicologico, che porta a sprofondare tra perenni e angosciose incertezze sul da farsi e tra dilemmi tormentosi e insolubili su di sé e sugli altri,madiundubbiosanoeintellettuale, che induce a essere sempre pronti a verificare la solidità, e quindi la validità, delleproprietesi. A proposito: più che di autentiche “tesi”, nel senso dei punti di approdo di un’elaborazione approfondita e coerente, si tratta assai spesso di nulla di più che opinioni, generate chissà come e scodellate all’impronta, senza minimamente assumersi l’onere di verificarne la fondatezza. D’altronde, come sottintendono i sondaggi (e come affermalasciagurata“teologia”diGrillo, siapurenell’intentodichiarato,edipersé lodevole, di scardinare le oligarchie dominanti),nell’epocaattualel’assiomaè che «uno vale uno». E benché questo dogmadicartapestarimangaletteramorta ai fini della concreta attribuzione del potere, e della distribuzione della ricchezza, esso dispiega appieno i suoi effetti nel consolidare l’arroganza generale: perché mai ci si dovrebbe chiedere se, e fino a che punto, si sia in grado di prendere posizione su un certo tema, quando poi il chiacchiericcio circostante non lo esige affatto, o addiritturaportaaguardareconsospettoe ostilità chi provi ad alzare il livello della discussione? Non sembri esagerato: siamo in presenza di un degrado profondo e forse irreversibile, a meno che non ci si liberi da questa società incentrata sul reddito e sulconsumo.Dettointerminipsicologici (stavoltasì)ildannochesièdeterminato èdicaratterecognitivo.Aforzadiessere manipolatidallapropagandaliberista,che vamoltoaldilàdeisingolimessaggie,a maggior ragione, di quelli prettamente concettuali,sisonoassorbitideglischemi di percezione/interpretazione che comportano una miriade di automatismi. Ilcuifiloconduttoreèunpericolosissimo miscuglio di egocentrismo, sul piano dei desideri e dell’ansia di soddisfarli, e di passività, nei confronti dei modelli in auge e dell’establishment che se ne avvantaggia. Lo stesso malcontento che di quando in quando si manifesta, specialmente adesso che la crisi sta sgretolando qualunque certezza sul lavoro e sul welfare, non deve trarre in inganno: lontanissima da una vera presa di coscienza, e quindi da un’ipotetica palingenesi,essaèpiùchealtrounaforma di insofferenza. Delusi nelle loro aspettative di sicurezza materiale e di gratificazione emotiva, quelli che finora erano stati ben lieti di avallare il l i b e r i s m ogaloppante della crescita infinitasibuttanoallaricercadiuncapro espiatorio, al quale addebitare il disastro, e hanno gioco facile a identificarlo nella classepolitica. Perfaregiustizia?Nemmenoperidea: per credere di aver rimosso quel che impedisce di tornare indietro, alla situazionefelice in cui bastava essere mediamente sottomessi/cinici/collaborativi per assicurarsiunpezzettopiùomenogrande dellatortacomplessiva. La premessa di un cambiamento di rottaètutt’altra.Èunesamedicoscienza, da parte di chiunque non sia completamente ottuso o in malafede, che arrivi a fissare almeno il primo elemento di consapevolezza: benché con le dovute differenzedacasoacaso,eidiversissimi gradi di coinvolgimento nello sfacelo nazionale,ipiùnonsonoaffattolevittime incolpevolidiunatiranniainvisibile,così ben dissimulata da assolvere chi si sia lasciato ingannare. Senza diminuire di un niente le responsabilità di quelli che hanno tirato i fili, e che per molti versi continuanoatirarli,leschieredichiliha assecondati, vuoi con una connivenza attiva, vuoi con un’acquiescenza indolente, sono sterminate. E se non si ripartiràdaqui–daquestovolerapriregli occhi e tenerli aperti, osservando tanto le magagne altrui quanto le proprie e impegnandosi a eliminarle – non si potrà maimigliorarenulla,menchemenocome nazionenelsuoinsieme. Proprio ieri, nel suo ultimo post, Bruno Di Prisco ha sottolineato con la consuetaefficacialanaturapsicologica,e dunque esistenziale, dell’autoindulgenza imperante:«Sodidireunabestemmia,ma Amletoèl’archetipodell’uomodelnostro tempo (sennò, perché sarebbe diventato un luogo comune? Perché lo è), ovvero colui che per essere sceglie di non essere… Amleto è l’archetipo dell’uomo delnostrotempo». Amleto finisce con l’agire, e con gli esititragicichesappiamo,malesuesono più delle reazioni, indotte dalle circostanze,chenondelleazioniscaturite da una limpida volontà. La domanda, o l’accusa,cheglisidovrebberivolgerenon ècomemaisisiacomportatocosì,mache cosa abbia fatto, in precedenza, per temprareilsuoanimoelasuaintelligenza dellarealtà. FedericoZamboni “Contantiauguri” da Standard&Poor's 23 DICEMBRE 2013 Un regalo di Natale da parte delle agenziediratingUsa,all'UnioneEuropea. Si fa per dire, ovviamente. Standard&Poor's, la seconda società del settore dopo Moody's, ha annunciato di averetagliatodaAAAadAA+ilgiudizio sulla stabilità finanziaria dell'Unione sul lungotermine,quindisuititolipluriennali emessiogarantitidaBruxelles. La ragione è presto detta. S&P stima che la coesione e la solidità finanziaria dell'Unione nel suo complesso siano messe a rischio dai paletti che molti dei 28 Stati membri hanno fissato per impedireunaccordoinmateriadibilancio che è troppo oneroso per loro. In particolare quelli che hanno già problemi non indifferenti nel gestire gli altissimi debitoedisavanzopubblici. In altri termini, il giudizio di S&P riflettelaconvinzionechelaGermaniadi Angela Merkel non potrà garantire in eterno la politica dell'austerità che costituisce il fiore all'occhiello, si fa per dire, di una Unione che, sempre più poveraeconmilionidinuovidisoccupati, cerca di piazzare i propri titoli pubblici sui mercati finanziari internazionali. La stima di S&P è in realtà anche una speranza perché le società di rating, attraversoipropriinterventiagambatesa, perseguono da anni il disegno di indebolire il sistema dell'euro per evitare che diventi una moneta alternativa al dollaronelletransazioniinternazionali.Se il giudizio sulla stabilità finanziaria a breve termine resta stabile, lo stesso si può dire per le prospettive (l'outlook) dell'economia europea che, stima S&P, ancoradovràscontarequestalungafasedi recessione. Molti osservatori hanno rilevato, ma noncivolevamolto,cheildeclassamento è arrivato subito dopo il vertice dell'Ecofin, seguito a quello dell'Eurogruppo, che ha registrato un rallentamento dei negoziati sull'Unione bancaria (sebbene sia stato veicolato il messaggioopposto)ilcuipuntocentraleè quello di fare pagare, in caso di fallimento, ai correntisti le responsabilità elespeculazionideibanchieri. Immediata è arrivata la protesta da parte del commissario all'Economia, il finlandese Olli Rehn, espressione di un PaesechevantalatriplaAsuiproprititoli di Stato decennali. Rehn ha replicato piccatocheilratingsull'Unionedovrebbe esserevalutatoinbaseaimeritiacquisitie che la tenuta dell'Unione non è in discussione, considerato che, pure in uno scenariodifortestressfinanziario,iPaesi membri hanno assicurato sempre il proprio contributo pienamente e con la necessaria tempistica. Di tempistica ha parlato pure Enrico Aspen Letta che ha notato come il giudizio di S&P sia stato diffuso subito dopo i due vertici di Bruxelles. Ma se Letta vede questa curiosa tempistica, bisognerebbe domandargli come mai non abbia mai alzato la voce nel corso degli incontri internazionali con gli altri capi di governo.Indignato il commento di Josè Barroso, presidente della Commissione europea, che ha definito la “sua” Unione come «una istituzione politica e finanziaria stabile». Una istituzione con disavanzo e debito pari a zero. Un caso unico, ha insistito. Ma si tratta di un equilibrio che è stato raggiunto soltanto grazie ai contributi dei singoli Stati membri. E se crolla uno dei cinque grandi (Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Spagna), con un effetto domino cadranno tutti gli altri. L'unico punto sul qualeS&Pharagione. IreneSabeni Sempremeno lavoro.Sempre menotutele 24 DICEMBRE 2013 Siamoormaiarrivatialpuntodipoter dire che presto l'aumento della disoccupazione di per sé non farà più notizia: nella mera economia dell'informazione quello che si ripete e che non è più ascrivibile alla lista degli "eventi eccezionali" diventa semplice rumoredifondo. Forse per questo il numero delle persone in cerca di una occupazione non fapiùimpressione,chesitrattidigiovani freschi di laurea, di uomini di mezza età espulsi dal mondo del lavoro perché il loro contratto "costava troppo", di donne alle prese con la maternità o di gente "a spasso" all'indomani del fallimento o della delocalizzazione dell'impresa cui eranodipendenti.Eppure,ilfenomenonon èmailostesso. All'inizioperdevanoillavoroigiovani precari, quelli che non avevano un contrattodilavorodegnodiquestonome. Tra i dipendenti, invece, i primi a cadere sono stati quelli non abbastanza specializzati: ci si diceva così che fosse colpa loro, che avrebbero dovuto studiare eaggiornarsi.E,invece,alloropostosono state messe spesso persone ancora meno specializzate, ma che avrebbero accettato un contratto capestro, a tempo determinato, rinnovabile all'infinito o per un solo giorno, oppure che si sarebbero piegateadaprirsiunapartitaivafacendosi caricodituttiglioneri,purdilavorare. Visto che funzionava, si è cominciato afarloancheconchiinvecespecializzato lo era: ragazzi usciti dall'università pieni di speranze ma anche giovani - e meno giovani - professionisti, dai commercialisti agli avvocati, dai giornalisti agli architetti. E tra gli under 30 il tasso di disoccupazione dei laureati al19%èpiùelevatorispettoaquellodei diplomati, al 16,3. Gli italiani che hanno un lavoro precario sono oltre 3,5 milioni mentre in 2,2 milioni sono sottoccupati e non arrivano a guadagnare che poche centinaiadieuro. Adesso tra le aziende cresce l'invidia per gli imprenditori che non hanno dipendenti ma solo "collaboratori" e serpeggia l'idea che grazie ai giustificati motivi di riorganizzazione del lavoro, crisi aziendale, ragioni attinenti all’attività produttiva o semplicemente perché si è in rosso, si può scendere convenientemente a 15 dipendenti, lasciando fare il resto del lavoro ai "collaboratori" e sgusciando via dalla più stringente tutela dell’odiato articolo 18. Questo è il motivo per il quale le grandi catenedinegozi,quandononsiampliano solo grazie al franchising, fanno in modo diavereunapartitaivaperpuntovendita, anche con meno di una decina di dipendenti. Senzalavorostannorimanendosempre di più padri e madri di famiglia, quarantenni che, una volta usciti dal mondo del lavoro, hanno maggiori difficoltàarientrarcicontuttoquelloche ne consegue per il menage familiare: secondo i dati del Censis il 19% delle famiglienonarrivaafinemeseebenil69 ha subito un peggioramento del proprio livellodivita. Iltuttoloriepilogapiùomenol’Istat, così: «Nel terzo trimestre 2013 prosegue ilcalotendenzialedelnumerodioccupati (-2,3%, pari a -522.000 unità).(…) La riduzione degli uomini (-2,8%, pari a 376.000 unità) si associa a quella delle donne(-1,5%,paria-145.000unità).(…) Il numero dei disoccupati è in ulteriore aumentosubasetendenziale(14,6%,pari a +363.000 unità) e in quasi otto casi su dieci riguarda coloro che hanno perso il lavoro. L'incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre la metà dei casi le persone con almeno 35 anni. Il 56,9% dei disoccupati cerca lavorodaunannoopiù». Senz’altroalcunistudisonomenoutili dialtriperlacomprensionedeifenomeni, soprattutto se non tengono conto di certe variabili che invece sembrano importanti ma, per rispondere a Maura Del Torrione che in un suo recente commento si domandava,aragione,acosamaiservisse lastatistica,sipuòdirechesitrattidiuna dellescienzechedescrivonoilmondo. Tutto sta, poi, a saperla leggere e a volerlainterpretare. SaraSantolini Societàliquida,ma inunagabbia d’acciaio 27 DICEMBRE 2013 Le comunità premoderne obbligavano a forti appartenenze. Si apparteneva alla famiglia, intesa come clan familiare allargato. Ne discendeva l’orgoglio di portare un certo cognome, il sentimento dell’onore, di un nome da non infangare perguadagnarsilaprotezionecheancheil clan familiare più povero poteva garantire. Si apparteneva a una comunità dipaese,odiquartierenelcasodellecittà piùgrandi,coinvoltineisuoiriti,nellesue sagre, nel suo spirito competitivo e campanilistico. In epoca più moderna, l’epoca degli Stati nazionali, lo spirito di appartenenza alla città e alla regione si è esteso alla nazione, con le sue feste celebrative, il suo orgoglio patriottico, la sua bandiera. Si apparteneva a una chiesa o, più modernamente, a un partito, con tutto lo spiritodiconformismoedisentimentodi fedeltà che ciò comporta, ma anche con unacaricaautenticadipassionepersonale. Si apparteneva a un genere, col rigoroso rispettodeirispettiviruoli.Siapparteneva aunceto,aunaclasse,aunmestiere,con tutti i vincoli che ciò comportava ma ancheusufruendodiprotezioni. Erano appartenenze forti che significavano anche impegno, responsabilità, identificazione, in un processo non di dissoluzione della personalità ma di individuazione in una serie di gruppi comunitari. Il processo di modernizzazione, attraverso le forme del capitalismo che ne esprimono compiutamente le dinamiche, giunto ormai al suo punto culminante, tende a dissolverequelleappartenenze. La famiglia, sempre più ristretta e instabile, tanto che in Italia un terzo dei nuclei familiari non sono più nemmeno tali in senso proprio, essendo formati da unasolapersona,nonhapiùilsignificato diuntempo.L’appartenenzaalpaesesiè ridottaalsuoaspettopiùdeleterio,quello del tifo sportivo campanilistico e quello delle bande adolescenziali di teppisti di quartiere. L’appartenenza alla nazione va diluendosi in un generico umanitarismo dolciastro da cittadini del mondo, falso, non sentito, incapace di produrre emozionicollettive. L’appartenenza a una chiesa conserva unsignificatosolonelmondoislamico,un islam che del resto non avendo un clero, almeno nella sua parte sunnita, non è nemmeno propriamente chiesa. Quanto ai partiti,sonoormaiaggregazionielettorali provvisorie, non più agenzie educative e produttricidiideologieidentificative. Perfino l’appartenenza a un genere è diventatalabile.Unmaschiopuòscegliere di diventare gay o bisessuale. Una femmina può scegliere di diventare lesbica o bisessuale. Una coppia dello stesso sesso potrà adottare un figlio oppure trovare un utero accondiscendente o un donatore di seme, e la legge consentiràdifigurarecomegenitoreunoe genitoredue. Icetieleclassisisonoframmentatie dispersi in mille rivoli, omologandosi ancheglistilidivita,gliabbigliamenti,le modalità espressive. Quanto ai mestieri, parcellizzati e automatizzati, quando non restino manovalanza brutalmente sfruttata, non comportano più identificazione corporativa e fierezza del lavoro,anchemanuale,benfatto. Il quadro che ne risulta è quello che Baumanhagenialmentesintetizzatonella formula “società liquida”. Questo è il significato profondo e più autentico di quellalibertàcherestailvalorepiùaltodi riferimento dell’ideologia unica, quella delcapitaletrionfante.Lalibertàpolitica, checonsentedidireciòchesivuolesenza finireinprigioneodavantiaunplotonedi esecuzione, è la meno significativa. La libertàveracuitendelalogicadelcapitale è quella dell’individuo sciolto dai legami comunitari, ridotto a puro produttore e consumatore, senza vincoli morali, senza radiciterritoriali.Facciaquellochevuole e dica quello che vuole, purché si renda disponibile come produttore quando il sistemapuòimpiegarloepurchéconsumi dellemerci. Eccodunqueillimiteincuisiimbatte ancheilconcettodi“societàliquida”.Loè inquantoallentatutteleappartenenzeele identificazioni, ma non lo è in quanto imponeunagabbiasolidissima,unquadro di riferimento indiscutibile: la logica del libero mercato, della concorrenza fra individuiscioltidalegamicomunitari,del meccanismo della riproduzione allargata. Tutto ciò è diventata non una forma storica transeunte come tutte le altre, ma la naturalità di un sistema che segna la fine della storia, il fine cui tendeva il travaglio dei millenni. E l’imperialismo nonesistepiù,essendogliUSAidelegati dalla Storia a essere i garanti della diffusionemondialediquelsistemafinale perfetto. Questaèl’ideologiadominante,ferrea quante altre mai, una gabbiache nessuna crisi sembra incrinare. Per questo l’illusione di M5s di cambiare profondamente le cose per la via elettorale, con cui è iniziato l’anno dal qualecicongediamo,el’altraillusionedi scuotere le coscienze attraverso il movimentismodeiForconi,chehachiuso il 2013, sono già svanite. Finché la forza delle cose non scalfirà il granito che sta dietro l’apparente carattere liquido del sistema, una presa di coscienza generalizzatasaràimpossibile. LucianoFuschini NapolitanOplà:eil SalvaRomaseneva 27 DICEMBRE 2013 VigiliadiNatalecon…NonnoNatale. L’attorechenevesteipannièormaiuno specialista di questo tipo di ruolo, comunemente noto come “salvatore della Patria”: il quasi 90enne Giorgio Napolitano, interprete dalla lunghissima carriera e via via passato dalla scuola russa, vedi la superba perorazione filo sovietica contro gli insorti dell’Ungheria 1956, a quella statunitense, vedi le innumerevoli apparizioni, da duttile e affidabile caratterista, che si sono succedute negli ultimi decenni e che lo hanno reso sempre più gradito ai registi della pluricentenaria White House Production. Il plot di quest’ultima puntata, in particolare, prende le mosse da un superclassico della tragicommedia all’italiana, con ambientazione – o, se preferite,location – parlamentare. Uno sketchcheneltempoèstatoripropostoin molteplici varianti, la cui versione più conosciuta e sfarzosa è denominata Milleproroghe(aproposito:giustooggine è prevista la replica 2013), e che si conclude con una grandiosa pioggia di quattrini. E che, in effetti, fa divertire soprattutto, o soltanto, quelli che gestisconoloshow.Unpo’recitandoeun po’,soprattutto,passandoall’incasso. Su questo canovaccio, dunque, ecco innestarsi la novità alla quale accennavamo all’inizio. Mentre l’antefatto è all’incirca il solito, con un decreto-guazzabuglio che fa da maxi contenitore per erogare fondi a destra e a manca,l’epilogoèstatoasorpresa:invece di assecondare la farsa, che nel caso specifico si intitolava Salva Roma e che all’origine si imperniava su un finanziamento straordinario, da 400 milioncini,afavoredeldisastratobilancio della Capitale, il suddetto Napolitano è statoprotagonistadiuncolpo,ocolpetto, di scena. Come ha riassunto martedì scorso il Corriere, che per questo genere dispettacolièmegliodiSorrisieCanzoni TV, « Il governo rinuncia a convertire il decreto salva Roma in legge, come sarebbe dovuto accadere il 30 dicembre. La scelta, riferisce Palazzo Chigi, è maturata dopo un consulto tra il premier Letta e Napolitano, durante il quale il capo dello Stato ha espresso forti perplessità sull’appesantimento emendativo che in Parlamento aveva di fatto trasformato il decreto legge da lui firmato». Così,benchéilgovernoavessechiesto, e ottenuto, il voto di fiducia, il provvedimento è stato prontamente ritirato, a maggior gloria del suddetto Napolitano e però, curiosamente, non altrettanto a maggior scorno dell’esecutivo e del suo capitan-capataz Enrico Letta. Sia pure senza la consueta apoteosi finale, con un mucchio di soldi che piovono dal cielo su una folla, assai benselezionata,didestinatarifestanti,siè insomma cercato di assicurare l’inevitabile lieto fine: Nonno Natale rimbrotta i bambini cattivi – o se non proprio cattivi, suvvia, pasticcioni – e in tal modo rifulge di sconfinata saggezza, avvalorandodiriflessol’interafiction,ma senzapunirlidavveroefinoinfondo. Laconsegnadeidonièrinviatasoloun po’. E a quanto sembra già oggi, sotto l’albero rilucente del Milleproroghe, i regali di rito verranno dispensati a chi è stato bravo. Bravo a chiederli, si intende. Perché se sbagli destinatario anche la letterinapiùconvincentefiniscenelnulla, nell'incredibillePaesedeiBalocchichesi estende da Montecitorio a Palazzo Madama. FedericoZamboni Lostatodellecose, inCinaequidanoi 30 DICEMBRE 2013 Il supremo organo legislativo cinese haresooperativedueimportantidecisioni prese dal recente Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista al potere. Unaconcernelasoppressionedeicampidi rieducazione e di lavoro per i prigionieri, istituzione tipica delle dittature comuniste. Igulagstalinianinell’URSSdeglianni Trenta ebbero un ruolo importante nella realizzazionedeigrandiobiettivideipiani quinquennali. Milioni di prigionieri costretti ai lavori forzati, al costo di un misero pasto e di una baracca mal riscaldata, significavano una gigantesca estorsione di plusvalore, quindi di colossali profitti da reinvestire. L’economiasovieticahainiziatoaperdere colpi nei decenni successivi, quando quella risorsa umana ha cominciato a scarseggiare. EvidentementelaCinaodiernanonne hapiùbisogno,disponendodiabbondante manodopera a basso costo, più produttiva di quella forzata. Oppure la chiusura dei campi potrebbe essere semplicemente il riconoscimento di quelli che da noi si usano definire “diritti umani”, e tanto megliocosì. Piùsignificativaèl’altradecisione,di abrogare la legge che obbligava alle coppie di avere un solo figlio, consentendo ora ad ogni coppia due figli. Quella legge, voluta da Deng Xiao Ping, l’affossatore del maoismo, il creatore della nuova Cina dei miracoli, voleva affrontare in modo drastico il problema dell’esplosionedemografica. Sicalcolacheinbaseaquellaleggesi sia evitata la nascita di circa 400 milioni di cinesi, che avrebbero portato la popolazionediquelPaesemoltovicinoai due miliardi. Ci si è però finalmente resi conto che quell’obbligo spingeva la Cina alla catastrofe. Già ora la popolazione maschile supera di gran lunga quella femminile, perché molte coppie, volendo il maschio secondo i pregiudizi di una mentalità antica, decidevano l’aborto sapendochesarebbenataunafemmina,o addirittura la eliminavano alla nascita primachevenisseregistrataall’anagrafe. Inoltreunsolofigliosignificachenel girodiqualchedecenniolapercentualedi vecchinelcomplessodellapopolazionesi farà insopportabilmente alta. Ora si fa marcia indietro, ma si riproporrà il problema demografico, irrisolvibile in Cina come nel resto del mondo. La sovrappopolazione del pianeta è forse la più grave delle minacce, ma il controllo delle nascite provoca guasti ancora più seri. Non si tratta di impedire le nascite, ma di non fare vivere troppo a lungo i vecchi. Alta natalità e alta mortalità dovrebbe essere l’obiettivo, ovviamente improponibile. Nessuna tirannia può esseretantospietatadafissareuntermine legale per la durata della vita degli individui. Il ritmo di incremento della popolazionemondialepotràdiminuire,ma l’aumento continuerà, inarrestabile e disastroso nella sua pressione sull’ambienteesullerisorse.Laquestione demografica è una delle tante insolubili. Lo è anche quella della disoccupazione. Nel mercato globale occorre essere competitivi e per esserlo bisogna aumentare la produttività. La produttività aumenta quando si produce la stessa quantitàdimerciounaquantitàsuperiore utilizzandomenomanodopera. Negli anni delle vacche grasse i lavoratori espulsi dal processo produttivo trovavano impiego nei servizi, anche e soprattutto quelli del welfare, ma ora il debito pubblico abissale, altro problema insolubile, non consente più quello sbocco: la disoccupazione è strutturale e crescente. I giovanotti di Renzi che credono di risolverla con i corsi di formazione, o fanno i furbi sapendo di poter spacciare qualunque stupidaggine a unpopolofrastornato,ononhannocapito niente. Capire o non capire non è questionedianagrafe. Altraquestionesenzarimedioèquella dello scempio ambientale. Nell’incremento continuo del PIL richiesto dal funzionamento del sistema, inuninsiemechiusodallerisorselimitate qual è un pianeta, la distruzione dell’ambiente è inevitabile e non l’arresteranno le deliberazioni di Kyoto o dialtriconvegniinutiliinlocalitàamene, carta straccia come tutte le chiacchiere checistannopropinando. Ilcamminodellamodernitàcapitalista è giunto a un ingorgo, a una strettoia che nonconsentespazidimanovrapertornare indietro. Siamo alla fine della corsa. Questo è lo stato delle cose nel mondo all’albadel2014. Potremmo scrivere frasi più rassicuranti ma suonerebbero false. Le lasciamo a Letta e a Renzi, che di belle promessevivonoeprosperano. LucianoFuschini Fine2013: panoramichea gogò,eviacosì 30 DICEMBRE 2013 Siamo al termine di dicembre e sui media, come al solito, fioccano i cosiddetti bilanci di fine anno. In apparenza il riepilogo sembra complessivo,maaguardarebenenonloè. E non lo è – non può esserlo – proprio perché si concentra sul 2013: qualcuno potrebbe dire sull’intero 2013, ma in realtàl’aggettivopiùcalzanteèunaltroe haunsignificatoopposto.Quellodicuisi offreunriassuntoèinfattiilsolo2013. Naturalmente non mancano né alcuni richiami al passato né talune proiezioni sul futuro più o meno immediato, ma la chiave di lettura resta cronologica, anziché strategica. Il sottinteso è che la storia è composta di singole annualità, così come avviene per il campionato di calcio,echeognivoltasiricomincia.Non proprio daccapo, ma quasi. Invece di riflettere a fondo su ciò che ci ha portati alla situazione attuale, e trarne delle conclusioni definitive sui vizi che affliggono il sistema nel suo insieme, si preferisceguardareavanti. Restiamonell’ambitodelparagonecol calcio, allora. C’è la classica giustificazione/autoassoluzione: il contesto in cui muoversi resta quello che è, visto che affrancarsene non è consentito, e neppure pensabile, a causa delleregoleedellestruttureinternazionali allequalicisiamolegati,esottomessi.Ci sonoilimitioggettivichenediscendono: la massima possibilità di intervento, e di rivoluzione,siesauriscenelcambiamento dell’allenatore e di una parte della rosa. Oppure, in casi eccezionali, degli stessi proprietaridiunadatasocietà. La trasposizione in ambito politico dovrebbeessereovvia,maaggiungiamola lo stesso. L’allenatore del 2012 era stato Mario Monti. Nel 2013 gli è subentrato Enrico Letta. Il quale, almeno per il momento è ancora lì. La novità annunciata,senonperil2014certamente per il 2015, è Matteo Renzi. Le squadre deiprimiduesonostaterinnovatedacima a fondo, e quella del terzo è assai probabilecheseguiràlastessasorte–olo stessodisegno. Massiccio ricambio dei giocatori, per far credere che il problema sia tutto lì, e sostituzione di chi li guida, per illudere che si giocherà meglio di prima. Molto meglio. Al punto di trasformare l’attuale squadra alquanto disastrata, e pertanto a rischio (addirittura! miodio! non-sia-mai!) di retrocessione o peggio, in una compagine capacedirilanciarsi. Aicittadini,mancoadirlo,sichiededi continuare a fare quello che finora hanno fatto egregiamente, ovvero ottusamente: glispettatori,itifosi,gliabbonati.Inuna manieracheèfintamenteattiva,machein realtà è passiva. A loro uso e consumo, ecco qua le statistiche dell’anno appena trascorso, o di quella sua porzione che serve alla bisogna, accortamente sciorinate in modo tale da accentuare gli aspetti positivi, benché modesti, e minimizzare quelli negativi, ancorché moltopiùnumerosieconsistenti. Lo avrete già sentito: Enrico Letta punta sulla questione tributaria e gongola viaTwitter(dovelabrevitàèd’obbligoe fa da alibiinevitabile alle sintesi sommarie,efuorvianti)sostenendochele «Tassesullefamiglienel2013sonscesee la tendenza continuerà anche nel 2014. Notizia di oggi importante perché si consoliditrendfiducia».Ineffettilecose sono molto più complesse, ossia molto meno univoche, e la dichiarazione è al limitedelfalso.Comericonoscelastessa Cgia di Mestre, che pure rilancia l’interpretazione ottimistica, da un lato il miglioramento riguarda solo alcune tipologie di famiglie e per lo più, specialmente riguardo al prossimo anno, quelle con redditi da lavoro dipendente che fruiranno della riduzione del cuneo fiscale, mentre dall’altro dipende in massimo grado dalla semi scomparsa dell’Imu.Nonappenailparallelosifaccia con il 2011, quando la stessa Imu non c’era,irisultati(oi“trend”,comedirebbe Letta)appaionoribaltati. Appunto:seinvecedeiconfrontianno per anno si effettuano delle analisi pluriennali, e possibilmente abbastanza ampiedacogliereleverelineedisviluppo dell’offensiva neoliberista che si va sviluppando da tre decenni abbondanti e che si è intensificata dal 2008 in poi, si capisce benissimo che le cose sono drasticamentepeggiorateeche,aldilàdi sporadicirecuperiinquestooquelsettore, continueranno a farlo. Il che, secondo logica, dovrebbe portare dritti alle domande fondamentali: è tutto casuale oppureno?Chisenestaavvantaggiando? Le oligarchie finanziarie o la generalità dellapopolazione?Ecomemaiipartiti,i sindacati, e le altre organizzazioni democratiche, non solo non fermano quegli attacchi sistematici ma neppure li denuncianocometali? Troppo complicato, evidentemente. Meglio focalizzarsi sul 2013 e cavarsela così. Un altro contenitore che si ha fretta di sigillare. Un ennesimo faldone che va chiuso e riposto in archivio, anche se l’archiviohal’aspettodiunoscaffaleche restasottoinostriocchi. Aportatadimano,inteoria.Ignorato, difatto. FedericoZamboni Londraüberalles? 31 DICEMBRE 2013 La Gran Bretagna, fedele al suo retaggioanglofonoeatlantico,nonhamai voluto fare parte del sistema dell'euro, scegliendo al contrario di restare nell'Unioneeuropeaesvolgerviilruolodi quinta colonna degli interessi a stelle e strisce. A Londra e Washington non piace e non può piacere l'ipotesi che l'euro possa trasformarsiinunamonetadiriferimento alternativa al dollaro nelle transazioni internazionali. Un pericolo che in verità sembra doversi ridimensionare sensibilmenteseloyuan,comeungiorno succederà, rifletterà la forza della Cina come prima potenza economica globale dopo essere divenuta il primo Paese esportatore.LaGranBretagnanegliultimi anni si è caratterizzata per una sensibile deindustrializzazioneeperilpassaggioad una finanziarizzazione dell'economia che ha visto il rafforzarsi della City come prima piazza borsistica europea, a discapito di Francoforte che in una situazione normale dovrebbe essere sostenuta da due fattori: riflettere il peso dell’economia tedesca ed essere la sede della Banca centrale europea. Invece, colpevolmente e quasi in maniera masochista,iPaesimembridell'Eurozona hanno tollerato che Londra divenisse la prima piazza finanziaria (con una quota del70%)nellaqualevengonocontrattatii titolipubblicieprivatiespressiineuro. Appare quindi sorprendente che un think tank (un pensatoio, un centro studi) inglese come il Cebr (Centre for Economic and Business Research) di Londra abbia pubblicato uno studio nel qualesiprevedecheentroil2030laGran Bretagna diventerà la nuova locomotiva economica dell'Europa e sopravanzerà anche la Germania. Al di là del ridicolo della previsione di uno scenario che si verificherà tra ben 17 anni (!), un vizio tipico di certi ambienti tecnocratici che giocano con i numeri come se fossero bussolotti, è interessante vedere su quali considerazioni ed analisi il Cebr basi le propriestime.LaGranBretagna,tantoper cominciare, sarebbe l'unico Paese che possa contare su una popolazione in crescita,suunabassapressionefiscaleed ovviamentesulnonfarepartedelsistema dell'euro. Tre premesse che dovrebbero consentire di salire nella graduatoria che vedeattualmenteLondraalsestopostotra le economie mondiali. Il Cebr stima che in 15 anni il Prodotto interno britannico passerà da 1,59 trilioni di sterline a 2,64 trilioni. La Germania, calcolando la sua economiainsterline,passeràda2,2a2,69 trilioni.Poinel2030l'agognatosorpasso. Il rallentamento tedesco sarebbe provocato da euro debole, da una popolazione che invecchia e dalla prospettivaconcretadiunimpegnotroppo gravoso negli inevitabili salvataggi per impedire la bancarotta di alcuni Paesi dell'eurozona. Altra previsione quasi scontata del Cebr è che anche la Francia, gli (da loro) odiati mangia ranocchie di oltre Manica, finirà per scendere nella scala dei Grandi a causa dell'aumento delle tasse volute da Hollande. Non parliamo poi dell'Italia che dall'attuale ottavopostocrolleràalquindicesimo,con sommo gaudio da parte dei sudditi della PerfidaAlbione. L'attuale governo conservatoreliberale ha impostato la propria politica economica sul taglio e sulla riduzione delletasse.Saràsufficiente?Ilquotidiano Daily Telegraph, nel commentare il rapporto,haespressononpochidubbi.La linea di Cameron, ribadita strizzando l'occhioaglielettoriinvistadelleelezioni europee dell'anno prossimo, è quella di bloccare i flussi dell'immigrazione e di fare traballare il rapporto con l'Unione europea, fino ad arrivare al referendum del2017chedovràdecidereseicittadini vogliono o meno rimanervi. Una svolta che conferma, come se poi ve ne fosse bisogno, che era più che fondata l'ostilità di De Gaulle, nei primi anni sessanta, ad una entrata della Gran Bretagna nella alloraComunitàeconomicaeuropea. MaèlostessoCebr,dopoleprevisioni trionfalistiche, a fare una mezza marcia indietro, osservando che Londra non riesce a far crescere le proprie esportazioni nei principali mercati di sbocco extra-comunitari e che di conseguenza pure il saldo della bilancia commerciale resta debole. Non è un caso chesistiaverificandounoscenariosimile a quello degli Stati Uniti che basano la forza della propria economia sulla domanda interna “drogata”, la quale assorbel'offertadibenieservizimanella quale le famiglie sono fortemente indebitate. A questo si deve aggiungere poil'ipotesi,tutt'altrocheperegrina,cheil referendum dell'anno prossimo sancisca l'indipendenza della Scozia e che, di conseguenza, il Pil britannico ne risulti amputato, diventando solo inglese. E allora addio sogni di sorpasso. Si tratta infattidisogni. Non si capisce davvero come il Cebr possa vedere questa impetuosa crescita britannica quando Londra non può più contare su una base industriale adeguata. La deindustrializzazione implica che si è deciso di produrre in quei Paesi dove il costo del lavoro è più basso. Ma non si può pensare di puntare su una economia basatasuiserviziperchésenzaproduzione ed esportazione di manufatti un Paese perde inevitabilmente il proprio know howesitrasformainunsemplicemercato di assorbimento di prodotti realizzati altrove.Inaltriterminisitrasformainuna colonia. In tal modo la terziarizzazione e finanziarizzazione dell'economia diventa fineasestessafinoaquandononcisarà un altro Paese, mettiamo la Cina, che in virtù del suo peso ridurrà la Gran Bretagna ad un ruolo insignificante sullo scenariomondialeancheinquestosettore. L’analisi del Gebr sembra quindi non tanto il frutto di uno studio accurato quanto l'effetto della speranza britannica di riconquistare il ruolo di un tempo, perduto con lo sfaldamento dell'Impero coloniale. Uno studio commissionato con molta probabilità da quelli ambienti finanziarichenonvedonol'oraditagliare i ponti con Bruxelles, stimando che basterà ritornare un'isola separata dal continente,perriacquistareunruolocheè però la realtà odierna ad escludere che possaricrearsi. IreneSabeni