Algebra Omologica e Successioni Spettrali

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Algebra Omologica e Successioni Spettrali
Università degli Studi di Roma La Sapienza
Anno Accademico 2008-2009
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Triennale in Matematica
Algebra Omologica
e Successioni Spettrali
Relatore
Prof. Marco Manetti
Laureando
Carmelo Di Natale
Matricola: 1171675
A Zio Antonio
e Zia Lorena
1
Indice
Introduzione
Capitolo 1.
3
Categorie e funtori
5
1.1.
Categorie
5
1.2.
Funtori
7
1.3.
Costruzioni universali
1.4.
Categorie abeliane
11
1.5.
Funtori aggiunti
13
Capitolo 2.
9
Moduli
15
2.1.
La categoria dei moduli
15
2.2.
Successioni esatte di moduli
17
2.3.
Moduli iniettivi e proiettivi
21
2.4.
Complessi ed omologia
23
Capitolo 3.
Funtori derivati
27
3.1.
Complementi sulle categorie abeliane
27
3.2.
Funtori derivati
29
3.3.
I funtori
3.4.
Estensioni di moduli
Capitolo 4.
Ext
e
Tor
32
34
Successioni spettrali
36
4.1.
Limiti e colimiti
36
4.2.
Generalità sulle successioni spettrali
37
4.3.
Successioni spettrali di complessi ltrati
39
4.4.
La successione spettrale di Grothendieck
40
Ringraziamenti
44
Bibliograa
45
2
Introduzione
Lo scopo del presente elaborato è quello di introdurre i concetti e gli strumenti fondamentali dell'Algebra omologica,
con particolare attenzione alla successione spettrale di Grothendieck: questa rappresenta infatti il culmine della dissertazione essendosi dimostrata strumento straordinariamente potente per arontare e risolvere numerosi problemi
sorti in campi diversi della Matematica. La successione di Grothendieck trova infatti applicazioni in svariati settori
dell'Algebra e della Geometria moderne, come ad esempio lo studio della coomologia di fasci o di problemi legati alla
coomologia di algebre di Lie. Ad ogni modo l'analisi di queste applicazioni, seppur interessante, esula dagli scopi del
presente elaborato, che vuole essere solo una presentazione del linguaggio squisitamente algebrico-formale della teoria.
L'introduzione della successione di Grothendieck necessita tuttavia di numerosi preliminari di per sé interessanti.
Si inizierà dunque discutendo nel primo capitolo alcune nozioni basilari di Teoria delle categorie; il linguaggio delle
categorie nasce negli anni Cinquanta dall'esigenza da parte di chi si occupava di Topologia algebrica di formalizzare
idee e strutture il cui contesto di riferimento naturale sarà proprio l'Algebra omologica. Si introdurranno quindi i
fondamentali concetti di categoria, funtore e trasformazione naturale e se ne forniranno numerosi esempi. La nozione
di costruzione universale pemetterà poi di studiare in un'ampia generalità strutture intrinsecamente categoriali come
nuclei, prodotti o somme dirette, che, come è ben noto, si manifestano concretamente in vario modo in settori diversissisimi della Matematica, come l'Algebra, la Topologia, la Geometria dierenziale, l'Analisi funzionale ecc.... Notevole
rilievo sarà poi riservato allo studio di una tipologia particolarmente buona di categorie, le categorie abeliane: tutta
l'Algebra omologica inizia infatti dalle nozioni di categoria abeliana e di successione esatta in una categoria abeliana.
Qualche rapido cenno al concetto di funtore aggiunto chiuderà il primo capitolo della trattazione.
Nel secondo capitolo si presenteranno alcune idee caratteristiche dell'Algebra omologica nel caso particolare, ma di
grande importanza, dei moduli. Dopo qualche rapidissimo richiamo sulla struttura algebrica di
come si comporta la generica successione esatta nella categoria abeliana degli
tori
Hom
R-moduli
R-modulo
si vedrà
soggetta all'azione dei fun-
e prodotto tensoriale: i risultati cui si perverrà ispireranno il prosieguo dell'elaborato. Successivamente si
introdurranno le fondamentali nozioni di modulo proiettivo ed iniettivo (accompagnate per precise ragioni algebriche
da quelle di modulo libero e colibero), che rappresentano un caso particolare ma importante di concetti più generali
discussi più avanti; qui Algebra omologica ed Algebra classica vanno a braccetto...
A conclusione del capitolo si
deniranno, nel contesto dei moduli, i concetti di complesso, omologia, coomologia ed omotopia e si enunceranno dei
risultati di grandissima importanza per la teoria successiva, come ad esempio il fatto che ogni successione esatta corta
di complessi induce in modo naturale una successione esatta (in generale lunga) a livello di omologia invariante per
omotopia.
Il terzo capitolo è dedicato al cuore pulsante dell'intera Algebra omologica, ossia la teoria dei funtori derivati.
Si
generalizzeranno quindi i concetti di oggetto proiettivo, oggetto iniettivo, complesso ed omologia ad una categoria
abeliana qualsiasi e si introdurranno quelli di risoluzione proiettiva ed iniettiva. Una volta fatto ciò saranno pronti
tutti gli ingredienti per parlare di funtori esatti (destri e sinistri) e per denire nalmente il concetto di funtore
derivato
n-esimo
di un funtore additivo, che permetterà tra le altre cose di giusticare in profondità le osservazioni
fatte nel capitolo precedente sulle successioni esatte di moduli. Se ne discuteranno quindi le proprietà fondamentali,
per poi studiare il caso particolare, ma straordidariamente importante, dei funtori
Ext
e
Tor.
Il capitolo si chiuderà
con un'interessante applicazione della teoria dei funtori derivati alla risoluzione del problema algebrico classico delle
estensioni di moduli.
3
Nell'ultimo capitolo si parlerà inne di successioni spettrali. Dopo qualche piccolo complemento di Teoria delle categorie (si accennerà alla teoria di limiti e colimiti) si introdurranno i concetti di successione spettrale, che generalizza
quello di successione esatta, e di convergenza di una successione spettrale. Si discuteranno dunque l'esempio delle
successioni spettrali di complessi ltrati e quello delle successioni di complessi doppi, enunciando qualche criterio di
convergenza.
A questo punto si potranno nalmente introdurre le nozioni di risoluzione di Cartan-Eilenberg e di
funtore iperderivato, ultimo e denitivo preludio alla presentazione della successione spettrale di Grothendieck, che,
come si vedrà, collega in modo esteticamente mirabile funtori derivati e successioni spettrali. Buon divertimento!
4
CAPITOLO 1
Categorie e funtori
Il primo capitolo di questa dissertazione sui concetti fondamentali dell'Algebra omologica è dedicato allo studio degli
elementi più importanti della Teoria delle categorie. Il linguaggio delle categorie - e dei funtori, che sono i morsmi
naturali tra categorie - è un linguaggio relativamente recente, piuttosto astratto ma di grande utilità, perché in grado
di cogliere le analogie strutturali tra teorie matematiche molto diverse e fungendo così da sostrato formale a tutta
la matematica, ed in particolare all'Algebra ed alla Geometria (e Topologia) algebrica.
L'Algebra omologica, in
particolare, rappresenta la naturale evoluzione algebrica della Teoria delle categorie.
1.1. Categorie
Definizione 1.1.1. Una
da un insieme
categoria A è denita da una classe Ob(A), i cui elementi sono detti oggetti, e ∀A, B ∈ Ob(A),
i cui elementi sono detti morsmi da A in B e si indicano con f : A → B , che godono
Hom(A, B ),
delle seguenti proprietà:
(1)
(2)
∀A1 , A2 , B1 , B2 ∈ Ob(A) Hom(A1 , B1 ) ∩ Hom(A2 , B2 ) = ∅
∀A, B, C ∈ Ob(A) è ben denita una mappa
se
A1 6= A2
oppure
B1 6= B2 ;
Hom(A, B ) × Hom(B , C ) −→ Hom(A, C )
(f, g) 7−→ f ◦ g
detta mappa di composizione tale che, comunque considerati tre morsmi
f : A → B, g : B → C, h : C → D
si abbia
(f ◦ g) ◦ h = f ◦ (g ◦ h);
(3)
∀A ∈ Ob(A) ∃1A ∈Hom(A, A) tale
che
∀g : A → B, ∀h : C → A
si abbia
1 A ◦ g = g e h ◦ 1 A = h.
Esempio 1.1.2. Sono categorie:
(1)
Set,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli insiemi, per morsmi le applicazioni tra insiemi e legge di
composizione usuale;
(2)
Grp,
ovvero la categoria che ha per oggetti i gruppi, per morsmi gli omomorsmi di gruppi e mappa di
composizione ovvia;
(3)
Ab, ovvero la categoria che ha per oggetti i gruppi abeliani, per morsmi gli omomorsmi di gruppi e mappa
di composizione ovvia;
(4)
VectK ,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli spazi vettoriali su un dato campo
K,
per morsmi le
applicazioni lineari e mappa di composizione ovvia;
(5)
Top,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli spazi topologici, per morsmi le applicazioni continue e
mappa di composizione ovvia;
(6)
Toph,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli spazi topologici e per morsmi le classi di omotopia di
applicazioni continue. La mappa di composizione è la seguente:
Hom(X , Y ) × Hom(Y , Z ) −→ Hom(X , Z )
([f ], [g]) 7−→ [f ◦ g]
La teoria generale dell'omotopia garantisce che tale mappa è ben denita;
5
(7)
Toph? ,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli spazi topologici dotati di punto base e morsmi e legge di
composizione identici a
(8)
Diff,
Toph;
ovvero la categoria che ha per oggetti le varietà dierenziabili, per morsmi le applicazioni
C∞
e
mappa di composizione ovvia;
(9)
Alg,
ovvero la categoria che ha per oggetti gli insiemi algebrici (ani o proiettivi), per morsmi le applica-
zioni regolari e mappa di composizione ovvia;
Nel prossimo capitolo verrà introdotta e discussa la categoria dei moduli (destri o sinistri) su un anello
R, che rivestirà
un ruolo fondamentale lungo tutta la presente trattazione.
Osservazione 1.1.3. Non è richiesto che la classe degli oggetti di una categoria sia un insieme (non lo è in nessuno
degli esempi precedenti). Nel caso in cui questo succeda si parla di categoria
Definizione 1.1.4. Un morsmo
(1)
(2)
(3)
f ∈ Hom(A, B )
piccola.
è detto:
monomorsmo se ∀α, β : X → A f ◦ α = f ◦ β ⇒ α = β (si indica con f : A ,→ B );
epimorsmo se ∀γ, δ : B → Y γ ◦ f = δ ◦ f ⇒ γ = δ (si indica con f : A B );
∼
isomorsmo se ∃g ∈ Hom(B , A) tale chef ◦ g = 1B e g ◦ f = 1A (si indica con f : A →
B ).
B sono detti isomor, e si scrive A ≈ B .
Gli oggetti
Ae
Si introducono adesso tre tipologie speciali di oggetti, presenti in moltissime categorie di interesse algebrico o
geometrico, che godono di proprietà particolarmente importanti: gli oggetti iniziale, nale ed universale.
Definizione 1.1.5. Sia
(1)
(2)
(3)
A
una categoria; un oggetto
X ∈ Ob(A)
è detto:
iniziale se |Hom(X , Y )| = 1 ∀Y ∈ Ob(A);
nale se |Hom(Y , X )| = 1 ∀Y ∈ Ob(A);
zero o universale se è contemporaneamente iniziale e nale.
Osservazione 1.1.6. Se una categoria
privilegato
A→0→B
Proposizione 1.1.7.
detto
A ha un oggetto zero 0, allora ∀A, B ∈ Ob(A) esiste in Hom(A,B ) un morsmo
morsmo zero
(indicato anch'esso, con leggero abuso di notazione, con 0).
Se una categoria ammette un oggetto iniziale (nale) esso è unico a meno di isomorsmo.
Dimostrazione. La proposizione verrà dimostrata solo nel caso di esistenza di un oggetto iniziale (la dimostra-
zione dell'altro caso è del tutto analoga). Siano dunque
proprietà di
A
e
B
A
e
B
due oggetti iniziali distinti di una categoria
φA,B
/B
φB,A
φB,A
7/ A
B
1A
dove
Dalla
si hanno i diagrammi
A
φB,A
A.
/A
φA,B
/7 B
1B
Hom(A, B) = {φA,B }, Hom(B, A) = {φB,A }, Hom(A, A) = {1A }, Hom(B, B) = {1B }.
sono l'uno inverso dell'altro e deniscono quindi un isomorsmo tra A e B .
Esempio 1.1.8. Il gruppo banale è l'oggetto universale della categoria
rispettivamente gli oggetti nale ed iniziale della categoria
In particolare
φA,B
e
Grp mentre la singoletta e l'insieme vuoto sono
Set.
A e B, la categoria prodotto A×B è la categoria i cui oggetti sono tutte le
0
coppie (A, B ), con A ∈ Ob(A) e B ∈ Ob(B), ed i cui morsmi sono tutte le coppie (f , g), con f ∈ Hom(A, A ),
0
0
0
A, A ∈ Ob(A) e g ∈ Hom(B , B ) B , B ∈Ob(B). La legge di composizione sul prodotto è indotta in modo naturale
Definizione 1.1.9. Date due categorie
dalle mappe di composizione dei fattori.
A conclusione di questa sezione si introducono i concetti di categoria opposta e di sottocategoria.
Definizione 1.1.10. Data una categoria
A,
la categoria
opposta
6
o
duale Aopp
è la categoria denita da:
(1)
(2)
Ob(Aopp )= Ob(A)
∀A, B ∈ Ob(Aopp ) HomAopp (A, B ) = HomA (B , A)
(3) mappa di composizione indotta dalla legge di composizione su
Osservazione 1.1.11. Evidentemente
(Aopp )opp = A.
Definizione 1.1.12. Data una categoria
(1)
(2)
A
A,
una
sottocategoria
S
è una categoria per la quale:
Ob(S)⊆ Ob(A);
∀A, B ∈ Ob(S) HomS (A, B )⊆ HomA (A, B );
(3) mappa di composizione indotta dalla legge di composizione su
A.
S di una categoria A è detta piena
Definizione 1.1.13. Una sottocategoria
se
∀A, B ∈ Ob(S) si ha che HomS (A, B) =
HomA (A, B).
Esempio 1.1.14.
Ab
è una sottocategoria piena di
Grp.
1.2. Funtori
Questa sezione è dedicata allo studio del fondamentale concetto di funtore; i funtori costituiscono le mappe naturali
tra categorie e sono di fondamentale importanza in molte dierenti branche della Matematica.
Definizione 1.2.1. Date due categorie
A
e
B
un
funtore (covariante ) è denito da un'applicazione di classi
F: Ob(A) −→ Ob(B)
A 7−→ FA
e
∀A, B ∈ Ob(A)
da un'applicazione di insiemi
F: HomA (A, B ) −→ HomB (FA,FB )
f 7−→ Ff
in modo che valgano:
(1)
(2)
∀f ∈ HomA (A, B ), ∀g ∈ HomA (B , C )
∀A ∈ Ob(A) F1A = 1FA .
F(f ◦ g) = Ff ◦ Fg ;
Esempio 1.2.2. Sono funtori:
(1) l'identità;
(2) l'inclusione di una sottocategoria in una categoria;
(3) il funtore forgetful dalla categoria
Grp
nella categoria
Set,
che associa ad ogni gruppo il suo insieme
sostegno ed ad ogni omomorsmo l'applicazione insiemistica sottostante.
volta che gli oggetti di una categoria
compatibilità tra i morsmi di
∨
(4) Il funtore
: VectK → VectK ,
A
A
Esistono funtori analoghi ogni
costituiscono il sostegno di quelli di una categoria
e quelli di
B
e vi sia
B;
che associa ad ogni
K-spazio
vettoriale il suo duale ed ad ogni applicazione
lineare la sua applicazione duale;
(5) Il funtore
π1 : Toph? → Grp,
che associa ad ogni spazio topologico (dotato di punto base) il proprio gruppo
fondamentale;
(6) Il funtore
T: Ab → Ab,
(7) Il funtore ⊕ (K · s),
che associa ad ogni gruppo abeliano il suo sottogruppo di torsione.
free dalla categoria Set alla categoria VectK , che associa ad ogni insieme S
che ha
S
il
K-spazio vettoriale
come base. Esistono funtori analoghi per tutte le categorie nelle quali è denito un
s∈S
concetto di base o di sistema di generatori.
7
Definizione 1.2.3. Siano
A1 , A2 , B categorie. Un morsmo F: A1 ×A2 → B è detto bifuntore se è un funtore
∀X ∈ Ob(A1 ) e ∀Y ∈ Ob(A2 ) i morsmi F (·, Y ) : A1 → B e F(X , ·) : A2 → B
categoria prodotto, ossia se
della
sono
funtori.
Il prossimo esempio è di cruciale importanza per tutto il resto della trattazione.
Esempio 1.2.4. Sia
A
una categoria.
∀X ∈ Ob(A)
Hom(X , ·):A −→ Set
denito da
Hom(·, Y ):Aopp −→ Set
sono funtori, per cui
Hom:A × Aopp → Set
i morsmi
denito da

A 7−→ Hom(X , A)
f 7−→ f∗ con f∗ (ϕ) = f ◦ ϕ

A 7−→ Hom(A, Y )
f 7−→ f ∗ con f ∗ (ϕ) = ϕ ◦ f
è un bifuntore.
Nei prossimi capitoli saranno introdotti altri importanti bifuntori.
Osservazione 1.2.5. Un funtore
Definizione 1.2.6. Un funtore
(1)
(2)
F: Aopp → B
F: A → B
è detto a volte
funtore controvariante.
è detto:
pieno se ∀A, B ∈ Ob(A) F: HomA (A, B ) → Hom(FA, FB ) è suriettiva;
fedele se ∀A, B ∈ Ob(A) F: HomA (A, B ) → Hom(FA, FB ) è iniettiva.
Osservazione 1.2.7. Le nozioni n qui introdotte potrebbero indurre a pensare che si possa denire una categoria
delle categorie, avente per oggetti le categorie e per morsmi i funtori (la composizione di due funtori è denita in
modo naturale dalla composizione delle applicazioni indotte dai due funtori sulla classe degli oggetti e sugli insiemi
di morsmi). In realtà questo non è possibile per motivi di natura fondazionale, per cui si ricorre, ove necessario, al
concetto più debole di
quasicategoria.
A conclusione della sezione si introduce il concetto di trasformazione naturale e qualche nozione ad esso collegata.
Definizione 1.2.8. Siano
è una mappa che ad ogni
F, G : A → B due funtori. Una trasforfmazione naturale o morsmo di funtori τ : F⇒G
X ∈ Ob(A) associa un morsmo τX : FX → FY in B in modo che ∀f ∈ Hom(X , Y ) il
diagramma
Ff
sia commutativo. Una trasformazione naturale
τX : FX → FY
è un isomorsmo (in
τ : F⇒G
B).
Gf
/ GY
τY
FY
morsmo
/ GX
τX
FX
è detta poi un
isomorsmo di funtori
se
∀X ∈ Ob(A)
il
Esempio 1.2.9. Sono esempi di trasformazioni naturali le seguenti costruzioni:
(1) L'inclusione
TA ⊆ A
del sottogruppo di torsione di un gruppo abeliano
A
in
A
stesso denisce una
trasformazione naturale T ⇒ idAb
fin
∨∨
: Vectfin
K → VectK , che associa ad ogni
(2) Il funtore
isomorfo al funtore identico nella categoria dei
K-spazio vettoriale nito dimensionale il suo biduale, è
K-spazi vettoriali nito dimensionali. Questa aermazione
traduce in termini categoriali il ben noto risultato di Algebra lineare che aerma l'esistenza di un isomorsmo
canonico tra un
K-spazio
vettoriale ed il suo biduale.
La nozione di isomorsmo di funtori permette di denire un concetto di equivalenza tra categorie.
Definizione 1.2.10. Un funtore
F ◦ G ≈ idB
e
F: A → B è
detto un'
equivalenza di categorie
G ◦ F ≈ idA .
8
se esiste un funtore
G:B → A tale
che
Osservazione 1.2.11. Siano
dei funtori
AI ,
A
I una categoria piccola. Risulta ben denita la categoria
F: I → A ed i cui morsmi sono le trasformazioni naturali τ : F⇒G. Non
categoria I non è piccola.
una categoria qualsiasi e
i cui oggetti sono i funtori
si ottiene in generale una categoria se la
1.3. Costruzioni universali
Uno degli obiettivi importanti della teoria delle categorie è quello di astrarre, a partire da teorie matematiche diverse,
costruzioni che presentano analogie strutturali importanti. Esistono infatti degli oggetti deniti in contesti matematici
diversi che si comportano in maniera assolutamente analoga. Il linguaggio delle categorie coglie questo aspetto così
importante mediante i concetti di
costruzione universale
e
proprietà universale.
In questa sezione si esamineranno
alcune delle costruzioni universali fondamentali, discutendo in particolare quelle che hanno maggior rilievo in relazione
alla teoria dei funtori derivati, che sarà oggetto del Capitolo 3.
Nuclei e conuclei .
Definizione 1.3.1. Sia
k ∈ Hom(K , A)
tale che
A una categoria dotata di oggetto zero 0 e sia f ∈ Hom(A, B ). Un nucleo di f è un morsmo
f ◦ k = 0 e ∀s ∈ Hom(K 0 , A) tale che f ◦ s = 0, ∃!s0 ∈ Hom(K 0 , K ) tale da far commutare il
diagramma:
K `B
/A
O
k
B
s0
B
/B
f
s
B
K0
f ∈ Hom(A, B ) un morsmo c ∈ Hom(B , C ) tale
p ◦ f = 0, ∃!p ∈ Hom(C , C 0 ) tale da far commutare il diagramma:
Dualmente, si dice conucleo di un morsmo
0
∀p ∈ Hom(B , C )
tale che
che
c◦f = 0
e che,
0
/B
f
A
c
p
~}
C
Osservazione 1.3.2. Nelle notazioni precedenti, si indica
}
}
/C
}
p0
0
K = kerf
fornito nella dimostrazione della proposizione 1.1.7 si ottiene che ker
e
C = cokerf .
f
e coker
f
Con argomenti analoghi a quello
sono unici a meno di isomorsmo. Si
ha inoltre che nuclei e conuclei (intesi come morsmi) sono rispettivamente monomorsmi ed epimorsmi.
Esempio 1.3.3. In
Ab, Grp, VectK
la denizione di nucleo e conucleo coincide con quella classica.
Osservazione 1.3.4. Il nucleo di un morsmo è sempre un monomorsmo, mentre il conucleo è un epimorsmo.
Prodotti e coprodotti .
Definizione 1.3.5. Sia
prodotto degli
(1)
(2)
{Xi }i∈I
A
una categoria e sia
{Xi }i∈I
una collezione di suoi oggetti. Si dice che
P ∈ Ob(A)
è un
se:
∀i ∈ I ∃πi ∈ Hom(P , Xi );
∀Z ∈ Ob(A) tale che Hom(Z , Xi ) 6= ∅ ∀i ∈ I
Hom(Z , Xi ).
Nelle notazioni della denizione precedente, se
esiste un unico
f :Z→P
per il quale valga
fi = πi ◦ f
∀fi ∈
|I| = 2, la condizione (2) corrisponde alla commutatività del diagramma
9
Z A
A
f1
f
A
A
π1
P
f2
" / X1
π2
X2
coprodotto
Dualizzando la denizione 1.3.5 si ottiene la denizione di
o
somma diretta.
Anche in questo caso,
supponendo di voler costruire la somma diretta di due oggetti, è richiesta la commutatività di un diagramma, che
non è altro che il diagramma precedente con tutte le frecce invertite.
ZP o`A
A
g1
g
A
A
g2
CO o
i1
X1
i2
X2
Osservazione 1.3.6. Anche in questo caso, con un argomento simile a quello della proposizione 1.1.7 si trova che in
una categoria il prodotto ed il coprodotto sono unici a meno di isomorsmo. Nelle notazioni precedenti, si è soliti
Q
Xi e la somma diretta con ⊕ Xi . Evidentemente il prodotto in una categoria è la somma
i∈I
i∈I
diretta nella categoria opposta, e viceversa.
indicare il prodotto con
Esempio 1.3.7. Prodotto cartesiano, prodotto diretto e prodotto topologico sono rispettivamente i prodotti in
Grp
e
Set,
Top.
Pull-back e Push-out .
A una categoria e siano A, B, X ∈ Ob(A) e ϕ ∈ Hom(A, X ), ψ ∈ Hom(B , X ).
(α, β) ∈ Hom(Y , A)×Hom(Y , B ) è detta un pull-back di (ϕ, ψ) se:
Definizione 1.3.8. Sia
morsmi
(1)
(2)
ϕ ◦ α = ψ ◦ β;
∀Z ∈ Ob(A) tale
fB = β ◦ f .
che
Hom(Z , A) 6= ∅, Hom(B) 6= ∅
esiste unico
f :Z →Y
Una coppia di
per il quale valga
fA = α ◦ f
e
Nelle notazioni della denizione precedente la condizione (2) corrisponde alla commutatività del seguente diagramma.
Z @
@
fB
fA
f
@
@
α
Y
# /A
ϕ
β
ψ
B
/X
push-out si ottiene dualizzando la denizione di pull-back. Alle volte con il termine pull-back (pushout) si intende l'oggetto Y, più che la coppia di morsmi (α, β). Come per le costruzioni precedenti, noti argomenti
La denizione di
mostrano che pull-back e push-out sono unici a meno di isomorsmo.
Osservazione 1.3.9. Si nota una forte somiglianza tra la denizione di pull-back e quella di prodotto. Ciò non è
casuale: nelle notazioni precedenti, al pull-back
cui oggetti sono i morsmi
f :S →X
di
A
Y
A corrisponde un prodotto nella
τ : f → g sono i morsmi τ : S → T
nella categoria
ed i cui morsmi
commutare il diagramma:
10
categoria A/X , i
in
A
tali da far
τ
S1 A
A
AA
AA
AA
f1
X
/ S2
}
}
}}
}}
~}} f2
Questa costruzione peraltro è la stessa che permette di costruire la categoria dei rivestimenti di uno spazio topologico
a partire dalla categoria
Top.
Esempio 1.3.10. Unione disgiunta ed intersezione sono rispettivamente il pull-back ed il push-out nella categoria
Set.
1.4. Categorie abeliane
In questa sezione si introduce il concetto centrale di tutta l'Algebra omologica, ossia la nozione di categoria abeliana.
Definizione 1.4.1. Una categoria
Hom(A, B )
(1) l'insieme
A
dotata di oggetto zero è detta
categoria additiva
se
∀A, B, C ∈ Ob(A):
è dotato di una struttura di gruppo abeliano (indicato tipicamente in notazione
additiva);
(2) la mappa di composizione
Esempio 1.4.2. Le categorie
Ab
e
Hom(A, B ) × Hom(B , C ) → Hom(A, C )
VectK
è bilineare.
sono categorie additive.
Osservazione 1.4.3. Somme dirette e prodotti di un numero nito di oggetti in una categoria additiva sono isomor.
Alla nozione di categoria additiva corrisponde quella di funtore additivo. Si premette a tale denizione una proposizione.
Proposizione 1.4.4.
(1)
(2)
(3)
Sia F: A → B un funtore tra due categorie additive. Sono equivalenti:
F conserva le somme dirette;
F conserva i prodotti;
∀A, B ∈ Ob(A) l'applicazione F: Hom(A, B ) → Hom(FA, FB )
è un omomorsmo di gruppi.
Dimostrazione. Prima di procedere alla dimostrazione si introduce un po' di notazione. Sia la somma che il
A ⊕ B (ciò è lecito per l'osservazione 1.4.3), con iA , iB
somma e con πA , πB le proiezioni sul prodotto. Inoltre si porrà
prodotto saranno indicati con
canonici di
AeB
sulla
hϕA , ϕB i = ϕA ◦ πA + ϕB ◦ πB
(1. ⇒ 2.)
saranno indicati i morsmi
ϕA : A → K, ϕB : B → K, hϕA , ϕB i : A ⊕ B → K.
A ⊕ B e A × B , per dimostrare il punto (2) a partire dal punto (1) è suciente
F preserva le proiezioni πA , πB , ossia che Fh1 , 0 i = h1 , 0 i e Fh0 , 1 i = h0 , 1 i. A tale scopo, è suciente
provare che F trasforma oggetti zero in oggetti zero. Sia dunque 0 un oggetto zero della categoria A. Evidentemente,
∀A ∈ Ob(A) si ha che A è isomorfo ad A⊕0, con 1A e 0 come morsmi canonici. Se dunque B = F0, applicando l'ipotesi che le somme dirette sono preservate, si ottiene che FA è isomorfo a FA⊕B con morsmi canonici 1FA e β = F0.
Stante l'isomorsmo tra
mostrare che
Per la proprietà universale della somma si ottiene il seguente diagramma commutativo
BR ocG
1B
G
0
Gϑ
G
G
o
FA ⊕
O B
β
B
11
1FA
FA
con
ϑ
unica. In paricolare
ottiene che
(1. ⇒ 3.)
1B = ϑ ◦ β
e
0 = ϑ ◦ 1FA ,
da cui
1B = 0
e quindi
B = 0.
Dualizzando la dimostrazione si
(2. ⇒ 1.).
F: Hom(A, B ) → Hom(FA, FB ) è un omomorsmo di gruppi bisogna
morsmi. Siano dunque ϕ1 , ϕ2 due morsmi in Hom(A, B ). Si ha che
Per dimostrare che
conserva la somma di
dimostrare che
F
ϕ1 + ϕ2 = (ϕ1 ◦ πA + ϕ2 ◦ πB ) (1A , 1A ) = hϕA , ϕB i (1A , 1A )
da cui, sfruttando il fatto che
F
conserva somme e prodotti, si ottiene
F(ϕ1 + ϕ2 ) = F (hϕA , ϕB i (1A , 1A )) = F (ϕ1 ) + F (ϕ2 )
(3. ⇒ 2.)
Anche in questo punto, per dimostrare che
F
conserva i prodotti occorre mostrare che sono conservate le
proiezioni canoniche. Ciò equivale a dimostrare che
(FπA , FπB ) : F (A ⊕ B) −→ FA ⊕ FB
è un isomorsmo nella categoria
B.
Semplici calcoli mostrano che
Fi1 ◦ π1 + Fi2 ◦ π2 :FA ⊕ FB −→ F (A ⊕ B)
è il morsmo che inverte
(FπA , FπB ).
Definizione 1.4.5. Un funtore
F: A → B
che soddisfa una delle condizioni equivalenti della proposizione 1.4.4 è
funtore additivo.
detto
A questo punto sono disponibili tutti gli ingredienti per denire la nozione di categoria abeliana e discuterne alcune
proprietà essenziali.
Definizione 1.4.6. Una categoria additiva è una
categoria abeliana
se:
(1) Ogni morsmo ha nucleo e conucleo;
(2) Ogni monomorsmo è il nucleo del proprio conucleo ed ogni epimorsmo è il conucleo del proprio nucleo;
(3) Ogni morsmo si può scrivere come composizione di un monomorsmo e di un epimorsmo.
Osservazione 1.4.7. In ogni categoria abeliana i monomorsmi hanno nucleo 0 e gli epimorsmi conucleo 0.
Esempio 1.4.8. Le categorie
Ab
e
VectK
sono in realtà categorie abeliane.
I morsmi di una categoria abeliana godono di una notevole proprietà di fattorizzazione, di cui non si darà dimo-
1
strazione nella presente trattazione. Una dimostrazione del prossimo enunciato può essere reperita in [ ] a pagina
78-79.
Ogni morsmo
decomposizione canonica)
Proposizione 1.4.9.
ϕ : A → B
µ
in una categoria abeliana
η
ν
A
individua la successione (detta
K ,→ A I ,→ B C
dove ϕ = ν ◦ η, µ è il nucleo di ϕ, ε è il conucleo di ϕ, η è il conucleo di µ e ν è il nucleo di ε. In particolare, la
decomposizione di ϕ nella composizione di un monomorsmo e di un epimirsmo è unica a meno di comporre con
un isomorsmo.
Dalla proposizione 1.4.9 discende il seguente interessante corollario:
Corollario 1.4.10.
è un isomorsmo.
Un morsmo di una categoria abeliana che sia al contempo un monomorsmo ed un epimorsmo
12
Dimostrazione. Sia
ϕ:X→Y
un morsmo che sia al contempo un monomorsmo ed un epimorsmo. Si ha,
per la proposizione 1.4.9 e per l'osservazione 1.4.7, che la decomposizione canonica di
η
ϕ
è
ν
0 → A I ,→ B → 0
D'altra parte il nucleo (come oggetto) del morsmo
isomor rispettivamente ad
0→A
ed il conucleo (come oggetto) del morsmo
B→0
sono
A ed a B, da cui i morsmi η e ν sono isomorsmi e dunque ϕ = ν ◦η è un isomorsmo
Si conclude la sezione con la nozione di successione esatta
Definizione 1.4.11. Una
successione esatta
in una categoria abeliana è una successione
ϕn−1
ϕn
. . . → An−1 → An → An+1 → . . .
dove
ϕ n = µn ◦ ε n ,
con
µn
nucleo di
εn+1
e
εn+1
conucleo di
µn .
Osservazione 1.4.12. La successione:
f
(1)
(2)
0→A→B
g
P →Q→0
è esatta se e solo se
è esatta se e solo se
f
g
è un monomorsmo;
è un epimorsmo.
Un caso particolarmente interessante di successione esatta è il seguente:
Definizione 1.4.13. Una
successione esatta corta
è una successione esatta del tipo
ε
µ
0 → A ,→ C B → 0
dove
µ
è il nucleo di
ε
e
ε
è il conucleo di
µ.
Una successione esatta che non sia corta è detta a volte
successione esatta lunga.
Nei prossimi capitoli saranno fatti
numerosi esempi di successioni esatte sia corte che lunghe.
1.5. Funtori aggiunti
Definizione 1.5.1. Siano F: A→B e G: B → A
∼
η : Hom (F(·), ·) ⇒ Hom (·, G(·)), dove
due funtori tali che esista una trasformazione naturale invertibile
Hom (F(·), ·) , Hom (·, G(·)) : Aopp × B → Set
funtore aggiunto sinistro
prende il nome di coppia aggiunta.
Allora si dice che
F
è un
di
G
e che
G
è un
funtore aggiunto destro
Il linguaggio della denizione 1.5.1 è molto astratto: più concretamente la coppia
∀X ∈ Ob(A), ∀Y ∈ Ob(B)
(F, G)
è una coppia aggiunta se
∼
∀f ∈ HomA (X1 , X2 ), ∀g ∈ HomB (X , Y )
HomB (FA0 , B )
il seguente diagramma è commutativo
Ff ∗
/ HomB (FA, B )
τ
HomA (A0 , GB )
Esempio 1.5.2. Il funtore g∗
/ HomB (FA, B 0 )
τ
τ
Set).
La coppia
ηX,Y : Hom (FX , Y ) → Hom (X , GY )
(1.5.2)
in
F.
si ha un isomorsmo di insiemi (ossia una biezione)
(1.5.1)
e se,
(F, G)
di
f∗
/ HomA (A, GB )
Gg ∗
/ HomA (A, GB 0 )
free (per esempio da Set in VectK ) è un aggiunto sinistro del funtore forgetful (da VectK
Note proprietà di algebra lineare mostrano che valgono le proprietà 1.5.1 e 1.5.2. Altri esempi di funtori
aggiunti sarranno proposti nel seguito della trattazione.
Osservazione 1.5.3. Ogni coppia aggiunta è unica a meno di un isomorsmo di funtori.
I risultati seguenti esprimono alcune delle proprietà fondamentali dei funtori aggiunti.
13
Sia (F,G), con F: A → B e G: B → A, una coppia aggiunta. Restano determinate due trasformazioni naturali δ : idA ⇒ G◦F e : F◦G⇒ idB tali che δF◦F =idA e Gδ ◦ G= idB .
Teorema 1.5.4.
Osservazione 1.5.5. Le trasformazioni
δ ed sono dette rispettivamente unità
e
counità della coppia aggiunta (F,G).
Siano F: A → B e G: B→ A due funtori e siano δ : idA ⇒ G◦F e : F◦G⇒ idB due trasformazioni
naturali tali che δF◦F =idA e Gδ ◦ G= idB . Allora (F,G) è una coppia aggiunta e δ e sono rispettivamente l'unità
e la counità della coppia.
Teorema 1.5.6.
1
Per le dimostrazioni dei due teoremi precedenti si rimanda al testo [ ] a pagina 65-66. I funtori aggiunti hanno un
buon comportamento sulle costruzioni universali.
Proposizione 1.5.7.
i pull-back.
Se un funtore G: B → A possiede un aggiunto sinistro F, allora conserva i prodotti, i nuclei ed
Dimostrazione. Sia
Si deve mostrare che
GY
{Yi }i∈I
una famiglia di oggetti di
A
{fi }i∈I
è il prodotto in
universale del prodotto. Sia dunque
B,
e sia
Y =
Q
Yi
i∈I
degli oggetti GYi con proiezioni
una famiglia di morsmi da
Z
con proiezioni canoniche
π i : Y → Yi .
Gπi , ossia che è vericata la proprietà
GYi e sia η l'isomorsmo di funtori
in
χ) che denisce la coppia aggiunta (F,G). Per la proprietà universale di Y, i morsmi
χ (fi ) : FZ → Yi sono tali che ∃!g : FZ → Y tale che πi ◦ g = χ (fi ). Si ottiene pertanto, ∀i ∈ I , la relazione
fi = η(πi ◦ g) = Gπi ◦ η(g). Il morsmo η(g), che esiste ed è univocamente determinato da χ (e ovviamente dai
morsmi fi ), è il morsmo tramite il quale GY verica la proprietà universale del prodotto. Le veriche nel caso del
pull-back e del kernel sono del tutto analoghe al caso del prodotto.
(con trasformazione inversa
Vale inoltre il risultato duale
Proposizione 1.5.8.
ed i push-out.
Se un funtore F: A → B possiede un aggiunto destro G, allora conserva i coprodotti, i conuclei
14
CAPITOLO 2
Moduli
L'obiettivo fondamentale di questo capitolo è quello di introdurre la categoria abeliana dei moduli (su un ssato
anello), che per varie ragioni è una categoria concreta molto importante in Algebra omologica.
Ogni volta che si
vorranno esemplicare concetti dati in astratto nei prossimi capitoli, infatti, ci si riferirà quasi esclusivamente alla
categoria dei moduli.
immersione
Questa scelta è peraltro giusticata da un profondo risultato noto come
teorema di piena
(la cui analisi va al di là degli scopi della presente trattazione), che aerma che ogni categoria abeliana
piccola può essere vista come sottocategoria piena della categoria dei moduli su un qualche anello.
2.1. La categoria dei moduli
R, o più semplicemente un R-modulo sinistro, è un
R su M tale che, ∀x, x1 , x2 ∈ M ∀r, r1 , r2 ∈ R, siano
Definizione 2.1.1. Un modulo sinistro su un anello (con unità)
gruppo abeliano (additivo)
M
dotato di un'azione sinistra di
vericate le seguenti proprietà:
(1)
(2)
(3)
(4)
(r1 + r2 ) · x = r1 · x + r2 · x;
(r1 r2 ) · x = r1 (r2 · x);
1R · x = x;
r · (x1 + x2 ) = r · x1 + r · x2 .
Osservazione 2.1.2. Se si fosse considerata un'azione destra anziché sinistra di
spondenti a quelle elencate si sarebbe ottenuto un
R-modulo destro.
R
M
su
vericante proprietà corri-
Salvo avviso contrario, la parola modulo sarà
sinonimo di modulo al contempo destro e sinistro.
Esempio 2.1.3. Sono moduli:
(1) Ogni spazio vettoriale. Uno spazio vettoriale è infatti un modulo il cui anello di riferimento è un campo;
(2) Ogni gruppo abeliano.
Un gruppo abeliano
A
ha infatti una naturale struttura di modulo su
Z
tramite
l'azione
Z × A −→ A


a + ... + a n


(n, a) 7−→ na = 0



−(−na)
(3) L'algebra
A (X )
1
1-forme dierenziali su una varietà
0
C∞ sulla varietà stessa
n A (X );
delle
unità) delle funzioni
(4) Il campo delle funzioni razionali
variabile complessa
Definizione 2.1.4. Un
si abbia che
volte
C(z ) =
p(z )
,
q(z )
se
n>0
se
n=0
se
n<0
dierenziabile
X,
p(z ), q(z ) polinomi, z ∈ C
sull'anello (commutativo con
o
, sull'algebra dei polinomi di
C[z].
omomorsmo di R-moduli f
:A→B
è un omomorsmo di gruppi tale che,
∀r ∈ R, ∀a ∈ A,
f (r · a) = r · f (a).
Fissato un anello
R,
la classe degli
categoria, indicata in genere con
R-moduli
ModR
(sinistri, destri) e gli insiemi di omomorsmi tra essi formano una
ModlR ,
ModrR
.
Inoltre i monomorsmi sono tutti e soli gli omomorsmi
iniettivi, gli epimorsmi tutti e soli gli omomorsmi suriettivi e gli isomorsmi tutti e soli gli omomorsmi biettivi.
15
Osservazione 2.1.5.
∀A, B
R-moduli,
l'insieme
Hom(A, B )
ha una naturale struttura di gruppo abeliano rispetto
all'operazione
Hom(A, B ) × Hom(A, B ) −→ Hom(A, B )
def
(f, g) 7−→ f + g
con (f + g) (x ) = f (x ) + g (x )
e la mappa di composizione dei morsmi (che non è altro che la legge usuale di composizione di applicazioni) è
bilineare.
sottomodulo B di un R-modulo A è un sottogruppo di A che sia esso stesso un modulo rispetto
Definizione 2.1.6. Un
all'azione di
R.
Al pari di strutture come gruppi e spazi vettoriali, nella categoria degli
R-moduli
si può denire una nozione di
quoziente.
Definizione 2.1.7. Sia
A un R-modulo e B
un suo sottomodulo. Si denisce
R-modulo quoziente
il modulo avente
per sostegno il gruppo abeliano A/B e denito dall'azione
R × A/B −→ A/B
(r, a + B) 7−→ ra + B
Tecniche ben note mostrano che l'azione precedente è ben denita. Ovviamente esiste un omomorsmo suriettivo
π : A A/B
detto
proiezione canonica.
Definizione 2.1.8. Sia
(1)
(2)
(3)
f :A→B
un omomorsmo di
R-moduli.
nucleo di f l'insieme kerf = {a ∈ A|f (a) = 0};
immagine di f l'insieme Imf = {b ∈ B |b = f (a)
conucleo di f l'insieme cokerf = B/Imf .
Si deniscono:
per qualche
a ∈ A};
R-moduli
Osservazione 2.1.9. Nucleo, immagine e conucleo di un omomorsmo di
evidente che 0 è l'oggetto zero nella categoria degli
ossia, dato
f : A → B
omomorsmo di
R-moduli,
un omomorsmo iniettivo ed uno suriettivo.
il conucleo di
f
R-moduli.
si ha che
sono sottomoduli.
È inoltre
Vale inoltre un analogo del teorema di omomorsmo,
Imf ≈ A/kerf
e che ogni omomorsmo si fattorizza in
Inoltre nucleo e conucleo così deniti sono esattamente il nucleo ed
in senso categoriale: dette infatti
i : kerf ,→A
π : B cokerf
e
rispettivamente l'inclusione e la
proiezione canoniche i seguenti diagrammi sono ben deniti e commutativi:
kerf

aC
/A
O
i
C
γ
C
f
/B
f
A
ϕ
ψ
C
|x
P
dove
γ (p) = ψ (a)
e
/B
/ / cokerf
x
x
π
x
σ
P
σ (b + Imf ) = ν(b).
Nella categoria dei moduli sono inoltre deniti somme dirette e prodotti nel modo seguente.
Definizione 2.1.10. Sia
{Ai }i∈I
una collezione di
R-moduli.
Si deniscono:
(1)
⊕ Ai =
i∈I
∀r ∈ R, r ·
P
ai
Q
ai ∈ Ai
def
P
e
ai 6= 0
per niti indici
i
con le operazioni
i∈I
P
i∈I
(2)
con
P
i∈I
ai =
(r · ai )
ai +
P
i∈I
def
bi =
P
(ai + bi )
e,
i∈I
e le inclusioni canoniche di ovvia denizione;
i∈I
Ai = {(ai ) con ai ∈ Ai } con le operazioni
i∈I
canoniche di ovvia denizione.
def
(ai ) + (bi ) = (ai + bi ) e, ∀r ∈ R, r · (ai ) = (r · ai ) e le proiezioni
Argomenti del tutto analoghi a quelli dell'osservazione 2.1.9 mostrano che gli oggetti appena deniti sono esattamente
la somma diretta ed il prodotto in senso categoriale di
R-moduli.
16
ModR ModlR , ModrR
Osservazione 2.1.11. Le considerazioni svolte no adesso dimostrano che
è una categoria
abeliana.
Si introduce inne un'ultima importante costruzione, il prodotto tensoriale di due moduli.
Definizione 2.1.12. Siano
M
e
N
R-moduli.
due
Si denisce
def
M ⊗R N =
dove
hM × N i
prodotto tensoriale
di
M
e
N
su
R il gruppo abeliano
hM ×N i/H
è il gruppo abeliano libero generato dagli elementi di
* (a + b, c) − (a, c) − (b, c)
H=
(c, d + e) − (c, d) − (c · e)
(r · x, y) − (x, r · y)
M ×N
e
a, b ∈ M c ∈ N +
c ∈ M d, e ∈ N
x∈Ay ∈B r ∈R
è il gruppo abeliano generato dalle relazioni di bilinearità su
M × N.
Gli elementi di
M ⊗R N ,
detti anche
semplici, si indicano in genere con m ⊗ n, con m ∈ M, n ∈ N
tensori
Il prodotto tensoriale ha una naturale struttura di funtore. Infatti i morsmi
M ⊗R ·:ModR −→ Ab
denito da
· ⊗R N :ModR −→ Ab
denito da
sono funtori, come è facile vericare, per cui
Proposizione 2.1.13.
Il funtore M

N −
7 →M ⊗R N
f 7−→ f∗ con f∗ (m ⊗ n) = m ⊗ f (n)

M 7−→M ⊗R N
f 7−→ f∗ con f∗ (m ⊗ n) = f (m) ⊗ n
· ⊗ · : ModR × ModR → Ab
⊗R ·:ModR −→ Ab
è un bifuntore.
è l'aggiunto sinistro del funtore HomZ (M , ·):Ab −→ ModR
Dimostrazione. Prima di dimostrare la proposizione, si ricorda che ad ogni modulo è associato in particolare
un gruppo abeliano e che ad ogni gruppo abeliano è associato in modo standard uno
del funtore Hom è consistente.
∀A ∈ Ob(Ab) ∀N ∈ Ob(ModR ),
l'omomorsmo di
Z-modulo,
per cui la denizione
R-moduli
ηN,A : HomZ (M ⊗R N , A) −→ HomR (N , HomZ (M , A))
ϕ 7−→ ηN,A (ϕ)
in modo che
((ηN ,A (ϕ)) (n)) (m) = ϕ(m ⊗ n)
∀m ∈ M , ∀n ∈ N
è invertibile con inversa
ηeA,N : HomR (N , HomZ (M , A)) −→ HomZ (M ⊗R N , A)
ψ 7−→ ηeA,N (ψ)
in modo che
(ηA,N (ψ)) (m ⊗ n) = (ψ(n)) (m)
∀m ∈ M, ∀n ∈ N
ed induce l'isomorsmo di funtori da cui segue (per denizione di funtore aggiunto) la tesi.
Vale ovviamente un risultato analogo per il funtore
· ⊗R N :ModR −→ Ab.
2.2. Successioni esatte di moduli
Si inizia questa sezione con un'osservazione, che in molti testi è la denizione di successione esatta di
R-moduli o di
strutture simili.
Osservazione 2.2.1. Una successione di
R-moduli (gruppi abeliani, anelli commutativi con unità ecc..)
ϕn−1
ϕn
. . . → Mn−1 → Mn → Mn+1 → . . .
è esatta se e solo se
kerϕn = Imϕn−1 ∀n ∈ Z.
Nella categoria degli
R-moduli è possibile caratterizzare tutte le successioni esatte corte.
17
Proposizione 2.2.2.
A meno di isomorsmo, tutte le successioni esatte corte di R-moduli sono della foma
π
i
0 → N ,→ M M/N → 0
dove N è un sottomodulo di M, i è l'inclusione e π la proiezione canonica.
Dimostrazione. Sia
µ
0 → A ,→ M B → 0
una successione esatta corta di
Si ha dunque che
R-moduli.
A ≈ µ(A) e B ≈
Evidentemente
µ è un omomorsmo iniettivo e ε un omomorsmo suriettivo.
kerε = A, per cui B ≈ M/A. M/kerε, ma per esattezza della successione si ha che
Hom(X , ·):ModR → Ab e del funtore Hom(·,Y ) : (ModR )opp → Ab
Di grande interesse è l'analisi dell'azione del funtore
su una successione esatta di moduli.
Proposizione 2.2.3.
Sia
ε
µ
0 → A ,→ M B → 0
una successione esatta di R-moduli. Allora ∀X ∈ Ob (ModR ) la successione di gruppi abeliani indotta
µ∗
∗
Hom(X , B )
0 → Hom(X , A) → Hom(X , M ) →
(2.2.1)
è esatta.
µ∗
Dimostrazione. Si mostra innanzitutto che
è iniettiva: bisogna vericare che
kerµ∗ = {0}.
Si consideri il
diagramma
X
ϕ

/M
µ
A
e sia
ϕ ∈ kerµ∗ ,
ossia
Si mostra adesso che
µ∗ (ϕ) = µ ◦ ϕ = 0
∗
Imµ ⊆ kerε
∗
. Sia
. Per l'iniettività di
ε
//B
µ, µ(x) = 0 ⇔ x = 0,
∗
per cui
ϕ=0
σ ∈ Imµ , per cui σ = µ ◦ ϕ per qualche ϕ : X → A.
ε∗ (σ) = ε ◦ σ = ε ◦ µ ◦ ϕ = 0 ◦ ϕ = 0 ⇒ σ ∈ kerε∗ .
.
Con riferimento al
diagramma precedente, si ha chiaramente che
Inne, resta da provare che
Imµ∗ ⊇ kerε∗ .
Si consideri il diagramma
X
ψ
A

/M
µ
ε
//B
ψ ∈ kerε∗ , cioé ε∗ (ψ) = ε ◦ ψ = 0. Si vuole mostrare che ψ = µ∗ (λ) per qualche λ : X → A. Dalla relazione
ε ◦ ψ = 0 si ha che Imψ ⊆kerε =Imµ, e, per l'iniettività di µ, esiste (ed è unico) un omomorsmo λ : X → A tale che
ψ = µ ◦ λ = µ∗ (λ).
e sia
Di dimostrazione del tutto analoga è il risultato duale
Proposizione 2.2.4.
Sia
ε
µ
0 → A ,→ M B → 0
una successione esatta di R-moduli. Allora ∀Y
(2.2.2)
∈ Ob (ModR )
la successione di gruppi abeliani indotta
µ∗
ε
∗
0 → Hom(A, Y ) →
Hom(M , Y ) → Hom(B , Y )
è esatta.
18
Osservazione 2.2.5. È di fondamentale importanza sottolineare che i morsmi
µ∗
e
∗
non sono in generale suriettivi,
per cui le successioni 2.2.1 e 2.2.2 non sono esatte corte. Si consideri infatti la successione esatta corta di
i
Z-moduli
π
0→nZ ≈ Z ,→ ZZn ≈ Z/nZ → 0
La successione indotta dall'azione del funtore
Hom(Zn , ·)
è
π∗
∗
i
0 → Hom(Zn , Z) ,→ Hom(Zn , Z) Hom(Zn , Zn )
e
π∗
non può essere suriettiva perché
morsmo
I funtori
∗
|Hom(Zn , Z)| < |Hom(Zn , Zn )|.
Esempi analoghi mostrano che anche l'omo-
è in generale non suriettivo.
M ⊗R ·
e
· ⊗R N ,
Proposizione 2.2.6.
come è intuibile, hanno un comportamento analogo a quello dei funtori Hom.
Sia
ε
µ
0 → A ,→ N B → 0
una successione esatta di R-moduli. Allora ∀M
la successione di gruppi abeliani indotta
∈ Ob (ModR )
µ∗
ε
∗
M ⊗B → 0
M ⊗A→M ⊗N →
è esatta.
Dimostrazione. Il funtore
M ⊗R ·
possiede, in virtù della proposizione 2.1.13, un aggiunto destro e dunque,
per la proposizione 1.5.8, preserva i conuclei, da cui la tesi.
Anologamente si ottiene
Proposizione 2.2.7.
Sia
µ
0 → A ,→ M B → 0
una successione esatta di R-moduli. Allora ∀N
∈ Ob (ModR )
µ∗
la successione di gruppi abeliani indotta
∗
A⊗N →M ⊗N →B ⊗N →0
è esatta.
Osservazione 2.2.8. Come nel caso dei funtori Hom, va osservato che le successioni indotte dai funtori
·⊗R N non sono in generale esatte corte, cioé µ∗ non è in generale un monomorsmo.
di Z-moduli
π
µ
0→2Z ≈ Z ,→ ZZ2 ≈ Z/2Z → 0
dove
µ
è la moltiplicazione per 2. Il funtore
Z2 ⊗Z ·
M ⊗R ·
e
Si consideri infatti la successione
induce la successione
π∗
µ∗
Z2 ⊗Z Z ≈ Z2 → Z2 ⊗Z Z ≈ Z2 Z2 ⊗Z Z2 ≈ Z2 → 0
tuttavia
µ∗ (n ⊗ m) = n ⊗ 2m = 2n ⊗ m = 0 ⊗ m = 0
da cui
µ∗
∀n ∈ Z2 , ∀m ∈ Z
è l'omomorsmo nullo, che non è iniettivo.
Le osservazioni 2.2.5 e 2.2.8 sono di fondamentale importanza: da esse muove infatti la teoria dei funtori derivati,
che sarà oggetto di discussione nel prossimo capitolo. Si conclude la sezione con la nozione di successione di split (di
moduli) e con la caratterizzazione di tutte le successioni di split nella categoria dei moduli.
Definizione 2.2.9. Una
successione esatta corta di split
di
R-moduli è una successione esatta corta
ε
µ
0 → A ,→ M B → 0
tale che l'omomorsmo suriettivo
ε
abbia un inverso a sinistra.
ε1
ε2
Siano 0 → A1 ,→ M1 B1 → 0 e 0 → A2 ,→2 M2 B2 → 0 due successioni esatte corte di
R-moduli e siano α : A1 → A2 , β : M1 → M2 , γ : B1 → B2 omomorsmi tali che il seguente diagramma commuti.
Lemma 2.2.10.
µ1
µ
19
0
/ A1 
0
/ A 
/ M1
µ1
α
//B
/0
γ
β
/ M2
µ2
ε1
ε2
/0
/ / B2
Se α e γ sono isomorsmi, allora anche β lo è.
kerβ = 0
e Imβ = M2 . Sia m ∈ kerβ ⊆ M1 ; per la commutatività del quadrato a destra si ha 0 = ε2 (β(m)) = γ (ε1 (m)), e
quindi, per l'iniettività di γ , si ha ε(m) = 0. Dall'esattezza della successione in alto segue allora che ∃a ∈ A1 tale
che µ1 (a1 ) = m. Dalla commutatività del quadrato sinistro si ottiene allora che 0 = γ (µ1 (a1 )) = µ2 (α(a1 )) e quindi,
poiché l'omomorsmo µ2 ◦ α è iniettivo, si ha a1 = 0 ⇒ m = µ1 (a1 ) = 0.
Sia adesso n ∈ A2 : bisogna dimostrare che ∃m ∈ M tale che n = β(m). Per la suriettività dell'omomorsmo γ ◦ ε1 ,
∃m ∈ M1 tale che γ (ε1 (m)) = ε2 (n), per cui, usando la commutatività del quadrato di destra, si ha ε2 (n − β(m)) =
ε2 (n)−ε2 (β(m)) = ε2 (n)−γ (ε1 (m)) = ε2 (n)−ε2 (n) = 0, cioé n−β(m) ∈ ε2 . Per esattezza della successione in basso
0
0
si ha che ∃a2 ∈ A2 tale che µ2 (a2 ) = n − β(m) e poiché α è un isomorsmo, si ha che ∃a ∈ A1 tale che α(a ) = a2 . A
0
0
questo punto, sfruttando la commutatività del quadrato di sinistra, si ha che β (m + µ1 (a )) = β(m) + β (µ1 (a )) =
0
β(m) + µ2 (α(a )) = β(m) + n − β(m) = n.
Dimostrazione. La tesi è provata se si mostra che l'omomorsmo
β
è iniettivo e suriettivo, ossia che
Osservazione 2.2.11. Vale un risultato più generale del lemma precedente: con tecniche analoghe si può dimostrare
che se due qualsiasi degli omomorsmi
Proposizione 2.2.12.
α, β , γ
sono isomorsmi, allora anche il terzo omomorsmo è un isomorsmo.
Tutte le successioni di split sono isomorfe a
πB
iA
0 → A ,→ A ⊕ B B → 0
πB
iA
0 → A ,→ A ⊕ B B → 0 è di split: l'inclusione
ε
µ
iB : B ,→ A ⊕ B è un inverso sinistro di πB : A ⊕ B B . Sia adesso 0 → A ,→ M B → 0 un'altra successione di
split e sia γ : B → M l'inverso sinistro di ε. Dalla proprietà universale della somma diretta si ha che ∃ϕ : A ⊕ B → M
Dimostrazione. Innanzitutto si osserva che la successione
tale da far commutare il diagramma
o
MQ cF
F
µ
ϕ
F
γ
F
A ⊕O B o
iA
A
iB
B
da cui segue facilmente la commutatività del rettangolo

0
/ A
0

iA
/ A⊕B
πB
//B
/0
ε
//B
/0
ϕ
/A
µ
/M
La commutatività del quadrato di sinistra è ovvia dalla proprietà della somma diretta, mentre, per quanto concerne
il quadrato di destra si ha
a ∈ A, b ∈ B .
(ϕ(a, b)) = (µ(a) + γ(b)) = 0 + (γ(b)) = b e ovviamente πB (a, b) = b,
ϕ è un isomorsmo, da cui la tesi.
Per il lemma precedente,
Definizione 2.2.13. Nelle notazioni della proposizione precedente, i moduli
20
AeB
sono detti
per ogni scelta di
addendi diretti in A⊕B .
2.3. Moduli iniettivi e proiettivi
·⊗·
Come si è visto nella sezione precedente, i bifuntori Hom e
non trasformano in generale successioni esatte corte
in successioni esatte corte. In questa sezione si studieranno alcune importantissime tipologie di moduli per le quali
questo avviene, ossia i moduli iniettivi ed i moduli proiettivi. Nel capitolo 3 si vedrà poi come questi rappresentino
un caso particolare di strutture categoriali più generali.
Definizione 2.3.1. Un
(1)
R-modulo P
è detto:
modulo proiettivo se comunque considerati un epimorsmo ε : B C ed un omomorsmo γ : P → C , B e
C R -moduli, esiste un omomorsmo β : P → B tale che γ = ε ◦ β , cioé tale da far commutare il diagramma
β
~
B
(2)
~
~
~
P
γ
//C
ε
modulo iniettivo se comunque considerati un monomorsmo µ : A ,→ B ed un omomorsmo α : A → I , A e
B R -moduli, esiste un omomorsmo β : B → I tale che α = β ◦ µ, cioé tale da far commutare il diagramma
A

µ
~
α
~
~
/B
~
β
I
(3)
(4)
modulo libero (sull'insieme S ) se M ≈ ⊕ R · s, con R modulo su sé stesso;
s∈SQ
modulo colibero (sull'insieme S ) se M ≈ R∗ · s, con R∗ = HomZ (R, Q/Z) modulo su R.
s∈S
I moduli liberi hanno proprietà molto simili a quelle degli spazi vettoriali. In particolare, come discende direttamente
dalla denizione, è ben denito un concetto di dipendenza lineare e di base (nelle notazioni della denizione, l'insieme
S ),
per cui molti risultati classici di Algebra lineare, come ad esempio la rappresentabilità di ogni elemento come
combinazione lineare unica degli elementi della base, valgono anche per moduli liberi. Particolarmente importante è
il seguente risultato, che fornisce una caratterizzazione universale dei moduli liberi:
Proposizione 2.3.2.
zione dall'insieme
estende f .
S
Siano F un R-modulo libero di base S , M un R-modulo qualsiasi e sia f : S → M un'applicaall'insieme sostegno di M . Allora esiste ed è unico un omomorsmo di moduli f˜ : F → M che
Dimostrazione. Sia
f (s) = ξs
al variare di
s ∈ S.
modo unico come combinazione lineare di elementi di
Poiché
F
è libero su
S, ogni elemento di F
si rappresenta in
S. Allora l'omomorsmo cercato è dato da
!
f˜(m) = f˜
X
ms · s
s∈S
=
X
ms ξs .
s∈S
Corollario 2.3.3.
Ogni modulo libero è proiettivo.
Dimostrazione. Segue immediatamente dalla denizione di modulo proiettivo e dalla proposizione precedente.
Osservazione 2.3.4. Ogni modulo è un quoziente di un modulo libero.
Valgono risultati duali (anche se di dimostrazione non immediata) sostituendo i termini proiettivo e libero con
iniettivo e colibero. Si premettono altre due proposizioni, che non saranno dimostrate, ai risultati fondamentali
6
di questa sezione. Le loro dimostrazioni possono essere trovate, ad esempio, in [ ] a pagina 571-574.
Proposizione 2.3.5.
La somma diretta di una famiglia di R-moduli è proiettiva se e solo se ciascun R-modulo lo è.
21
Proposizione 2.3.6.
Il prodotto di una famiglia di R-moduli è iniettivo se e solo se ciascun R-modulo lo è.
I prossimi risultati danno delle caratterizzazioni molto importanti delle nozioni di modulo proiettivo ed iniettivo ed
hanno un rilievo notevole in tutta la dissertazione.
Teorema 2.3.7.
(1)
(2)
Dato un R-modulo P , sono equivalenti:
è proiettivo;
per ogni successione esatta corta
P
ε
µ
0 → A ,→ M B → 0
la successione indotta
µ∗
∗
Hom(P , B ) → 0
0 → Hom(P , A) → Hom(P , M ) →
(3)
(4)
(5)
è esatta corta;
Se ε : B P è un epimorsmo, allora esiste un omomorsmo β : P
P è un addendo diretto in ogni modulo di cui è un quoziente;
P è un addendo diretto in un modulo libero.
(1. ⇒ 2.) Per la proposizione
proiettività del R-modulo P .
Dimostrazione.
denizione di
(2. ⇒ 3.)
2.2.3 basta dimostrare che
→B
ε∗
tale che ε ◦ β = 1P ;
è suriettiva, ma questo segue dalla
Basta applicare il punto 1. alla successione esatta
ε
i
0 → kerε ,→ M P → 0
(3. ⇒ 4.)
Sia
P ≈ B/A,
sicché risulta ben denita la successione esatta corta
ε
i
0 → A ,→ M P → 0
Per il punto 3. l'epimorsmo
(4. ⇒ 5.)
(5. ⇒ 1.)
ε
ha un inverso sinistro: a questo punto la tesi segue dalla proposizione 2.2.12.
Ogni modulo proiettivo è quoziente di un modulo libero, da cui la tesi applicando il punto 3..
Si ha che, per il punto 5.,
dalla proposizione segue che
P
F ≈ P ⊕ Q,
con
F R-modulo
libero. Sicché tutti i moduli liberi sono proiettivi,
è proiettivo.
Vale il risultato duale
Teorema 2.3.8.
(1)
(2)
Dato un R-modulo I , sono equivalenti:
è iniettivo;
per ogni successione esatta corta
I
ε
µ
0 → A ,→ M B → 0
la successione indotta
µ∗
ε
∗
0 → Hom(A, I ) →
Hom(M , I ) → Hom(B , I ) → 0
(3)
(4)
(5)
è esatta corta;
Se µ : I ,→ M è un monomorsmo, allora esiste un omomorsmo β : M
P è un addendo diretto in ogni modulo di cui è un sottomodulo;
P è un addendo diretto in un modulo colibero.
22
→I
tale che β ◦ µ = 1M ;
Fatto 2.3.9. Le proprietà di proiettività, iniettività, libertà e colibertà di un
R-modulo in generale non si trasportano
a sottomoduli e quozienti. Una condizione suciente per cui questo avvenga è che l'anello (con unità) su cui è costruito
il modulo sia un dominio ad ideali principali. In particolare si può dimostrare (si tratta di un risultato classico di
Algebra) che, in questa ipotesi, ogni sottomodulo di un modulo libero è libero. Da questo importante risultato - la
6
cui dimostrazione può essere trovata ad esempio in [ ] a pagina 639-642 - discende che un modulo su un PID è libero
se e solo se é proiettivo.
Si chiude questa sezione con i concetti di rappresentazione proiettiva ed iniettiva.
Definizione 2.3.10. Dato un
(1)
rappresentazione proiettiva
R-modulo
(2)
R-modulo
di
M, si denisce:
M
una successione esatta corta del tipo
µ
ε
0 → N ,→ P M → 0,
con
P
proiettivo;
rappresentazione iniettiva di M
una successione esatta corta del tipo
µ
ε
0 → M ,→ I S → 0, con I R-modulo
iniettivo;
Osservazione 2.3.11. L'osservazione 2.3.4 e la sua duale garantiscono che ogni
R-modulo ammette sia rappresenta-
zioni proiettive che iniettive.
2.4. Complessi ed omologia
In questa sezione si introducono nella categoria dei moduli alcune nozioni fondamentali di Algebra omologica che
possono essere agevolmente generalizzate (come sarà fatto brevemente nel prossimo capitolo) a qualunque categoria
abeliana. Si studieranno in qualche dettaglio i complessi di moduli e si deniranno i funtori omologia e coomologia,
che saranno lo strumento principale per costruire la teoria dei funtori derivati.
Definizione 2.4.1. Un
complesso di catene, o semplicemente complesso, di R-moduli è una successione
∂n+1
∂
n
C : · · · → Mn+1 → Mn →
Mn−1 → . . .
Mn , n ∈ Z sono R-moduli e i ∂n sono omomorsmi e ∂n ◦ ∂n+1 = 0 ∀n ∈ Z. Un morsmo di complessi, o
mappa di catene, ϕ : C → C0 è una collezione di omomorsmi ϕn : Mn → Mn0 tali che, ∀n ∈ Z, commuti il diagramma
dove gli
Mn
/ Mn−1
∂n
ϕn
Mn0
0
(∂n )
ϕn−1
0
/ Mn−1
Osservazione 2.4.2. Nelle notazioni precedenti, la condizione
∂n ◦ ∂n+1 = 0
Nel linguaggio della topologia algebrica gli elementi dei moduli
Mn
quelli di
Im∂n+1
equivale a dire che
Im∂n+1 ⊂ ker∂n .
n-catene, gli elementi di ker∂n n-cicli,
sono chiamati dierenziali.
sono detti
n-frontiere, mentre gli omomorsmi di transizione ∂n
Osservazione 2.4.3. La classe dei complessi di moduli e gli insiemi delle mappe di catene (con legge di composizione
indotta da quella in
ModR )
formano una categoria abeliana, indicata con
Ch (ModR ).
n-catena, n-ciclo e n-frontiera si dualizzano in modo naturale a quelle di complesso
di cocatene, n-cocatena, n-cociclo e n-cofrontiera. Con un leggero abuso di notazione, si indicherà con Ch (ModR )
anche la categoria dei complessi di cocatene di R-moduli.
Le nozioni di complesso di catene,
Esempio 2.4.4. Sono esempi di complessi di moduli:
(1) le successioni esatte, che sono al contempo complessi di catene e di cocatene;
23
(2) il complesso di De Rham
d
d
0 → A0 (X) → A1 (X) → · · · An−1 (X) → An (X) → 0
X
dove
Ak (X)
è una varietà dierenziabile (complessa) e
(olomorfe) su
X.
sono le
R(C)-algebre
delle
k-forme
dierenziali
Il complesso di De Rham è un complesso di cocatene;
(3) il complesso singolare su uno spazio topologico
X
d
d
· · · → Sn → Sn−1 → · · · → S1 → S0 → 0
generati dall'insieme delle funzioni continue dal k -simplesso standard
Sk sono gli R-moduli liberi
k
P
k+1
∆k = (x0 , . . . , xk ) ∈ R
t.c.
xi = 1, xi ≥ 0 allo spazio X e gli omomorsmi di transizione sono le
dove gli
i=0
mappe
d=
k
P
i
(−1) ∂i ,
∂i : Sk → Sk−1
con
R-moduli indotti dalla restrizione delle funzioni
omomorsmi di
i=0
continue
f : ∆k → X
al
k-simplesso
privato di una faccia. Il complesso singolare è un complesso di catene.
Alla nozione di complesso sono associati naturalmente i concetti di omologia e coomologia.
C un complesso di catene di R-moduli.
def
Hn (C) = ker∂n/Im∂n+1 . Dualmente, se C0 è un
n-esimo
modulo di omologia
Definizione 2.4.5. Sia
Si denisce
modulo quoziente
complesso di cocatene di
modulo di coomologia
Sia
ϕ : C → C0
è per denizione
def
Hn (C0 ) =
R-moduli,
C l'Rn-esimo
di
il suo
ker∂n/Im∂
n−1 .
un omomorsmo tra complessi di (co)catene:
∀n ∈ Z
risulta indotto l'omomorsmo di
R-moduli
Hn (n )(ϕ) : Hn (n )(C) −→ Hn (n )(C0 )
m + Im∂n+1 (n ) 7−→ ϕn (m) + Im∂n+1 (n )
Hn (n )(ϕ)
Tecniche ben note dimostrano che le mappe
composizione ed identità.
∀n ∈ Z
Pertanto,
sono omomorsmi di
R-moduli ben deniti e preservano
Hn (n ) : Ch (ModR ) → ModR ,
restano deniti dei funtori (covarianti)
detti funtori (co)omologia.
La proprietà principale dei funtori omologia e coomologia è quella di connettere successioni esatte distinte. Al ne
di mostrare in dettaglio questa proprietà, si premette un celebre risultato noto come
Lemma 2.4.6.
Lemma del Serpente.
Sia
0
/ M2
µ
M1
ψ1
/ N1
µ0
ε
/ M3
ψ2
/ N2
ε0
/0
ψ3
/ N3
un diagramma commutativo con morsmi esatti di R-moduli. Allora esistono morsmi µ∗ , ε∗ , ω, µ0∗ , ε0∗ tali che la
successione
µ∗
ε∗
µ0∗
ω
ε0∗
kerψ1 → kerψ2 → kerψ3 → cokerψ1 → cokerψ2 → cokerψ3
sia esatta.
Dimostrazione. L'esistenza e l'esattezza di
omomorsmi
µ
∗
e
ε
∗
sono indotti per restrizione
µ∗
µ0∗
ε∗
ε0∗
kerψ1 → kerψ2 → kerψ3 e di cokerψ1 → cokerψ2 → cokerψ3
0∗
0∗
0
da µ e ε, mentre gli omomorsmi µ
e ε
sono indotti da µ
(gli
e
ε0
per passaggio all'applicazione quoziente) segue immediatamente dalla commutatività ed esattezza del diagramma.
ω : kerψ3 → cokerψ1 . Sia dunque m ∈ kerψ3 . Per l'esattezza del
0
commutatività, si ha che ε (ψ2 (m)) = ψ3 (ε (m)) = ψ3 (m) = 0, da cui, per
Occorre dunque costruire il morsmo di connessione
diagramma
∃m ∈ M2 t.c. m = ε (m);
per
def
ψ2 (m) ∈ kerε0 = Imµ0 ⇒ ∃!n ∈ N1 t.c. µ0 (n) = µ0 (n). Per denizione si pone ω(m) = n + Imψ1
vericare che ω è un omomorsmo di R-moduli ben denito (ossia che non dipende dalla scelta di m)
esattezza,
Bisogna
la successione
µ∗
ε∗
µ0∗
ω
ε0∗
kerψ1 → kerψ2 → kerψ3 → cokerψ1 → cokerψ2 → cokerψ3
24
e che
è esatta sia in
kerψ3
che in
cokerψ1 .
Sia dunque
m̃
m
un'altra preimmagine di
tramite
ε.
Si ha allora, sfruttando le
proprietà del diagramma, che
ε (m̃ − m) = 0 ⇒ m̃ − m ∈ kerε = Imµ ⇒ m̃ = m + µ (m1 ) m1 ∈ M1 ⇒
ψ2 (m̃) = m + ψ2 (µ (m1 )) = m + µ (ψ1 (m1 )) ⇒ ω(m) = n + ψ1 (m1 ) + Imψ1 = n + Imψ1
ω
è dunque un'applicazione ben denita ed è ovvio che sia un omomorsmo. Restano da vericare le proprietà di
m ∈ Imε∗ ⊆ kerψ3 . Per denizione di ε∗ , ∃m ∈ kerψ2 ⊆ M2 t.c. m = ε (m). Segue che
∃n ∈ N1 t.c. µ0 (n) = ψ2 (m) = 0, da cui, per l'iniettività, di µ0 si ha che n = 0, da cui ω(m) = 0. Si ha dunque che
Imε∗ ⊆ kerω .
∗
Sia adesso m ∈ kerω ⊆ kerψ3 . Per denizione di ε ed esattezza del diagramma ∃m̃ ∈ M2 t.c. m = ε (m̃). Ne
0
consegue che ε (m̃) = µ (n̂) = 0, per cui N1 3 n̂ = 0, e n̂ = ψ1 (m̂) , m̂ ∈ M1 . Si consideri adesso l'elemento
m = m − µ (m̂) ∈ M2 . Si ha che ε (m) = ε (m − µ (m̂)) = m e ψ2 (m) = ψ2 (m) − ψ2 (µ (m̂)) = ψ2 (m) − µ0 (n̂) = 0; si
∗
ha dunque che m ∈ kerω è immagine secondo ε di un elemento di kerψ2 , cioé kerω ⊆ Imε . La verica dell'esattezza
della successione in cokerψ1 è analoga.
esattezza.
Sia pertanto
Teorema 2.4.7.
Sia
µ
ε
0 → C1 → C2 → C3 → 0
una sucessione esatta corta di complessi di (co)catene di R-moduli. Si ha allora che
Hn−1 (n+1 )(C1 ) tali che la successione
µn
εn
ω
µn−1 ∗
µn ∗
ε ∗
ω
µn−1 ∗
n
· · · → Hn (C1 ) →∗ Hn (C2 ) →∗ Hn (C3 ) →
Hn−1 (C1 )
n
n
Hn+1 (C1 )
Hn (C3 ) →
· · · → Hn (C1 ) → Hn (C2 ) →
→
→
∀n ∈ Z ∃ωn (n ) : Hn (n )(C3 ) →
Hn−1 (C2 ) → · · ·
Hn+1 (C2 ) → · · ·
sia esatta lunga.
Dimostrazione. Si dimostrerà il teorema solo nel caso dei complessi di catene e del funtore omologia, in quanto
il caso duale dei complessi di cocatene e del funtore coomologia è del tutto analogo. Il diagramma
0
0
0
0
0
/ ker∂n (1)
_
/ ker∂n (2)
_
/ ker∂n (3)
_
/ Mn (1) 
0
µn ∗
/ Mn (2)
∂n (1)
/ Mn−1

(1) coker∂n
0
(1)
µn−1 ∗
εn ∗
∂n (2)
/ Mn−1 (2)
/ coker∂n (2)
0
εn−1 ∗
/ / Mn (3)
/0
∂n (3)
/ / Mn−1 (3)
/0
/ coker∂n (3)
/0
0
è commutativo ed è costituito da omomorsmi esatti. Per il lemma del Serpente resta indotto il seguente diagramma,
commutativo e costituito da frecce esatte
25
/ coker∂n+1 (2)
coker∂n+1 (1)
˜
∂n (1)
/ ker∂n−1 (1)
0
/ coker∂n+1 (3)
˜
∂n (2)
˜
∂n (3)
/ ker∂n−1 (2)
/0
/ ker∂n−1 (3)
∂n˜(i) : coker∂n+1 (i) → ker∂n−1 (i) è indotta da ∂n : Mn → Mn−1 per passaggio al quoziente. Si ha che ker∂n˜(i) =
Hn (Ci ) e coker∂n˜(i) = Hn−1 (Ci ), per cui un'altra applicazione del lemma del Serpente fornisce la successione esatta
dove
Hn (C1 ) → Hn (C2 ) → Hn (C3 ) → Hn−1 (C1 ) → Hn−1 (C2 ) → Hn−1 (C3 )
Incollando insieme queste successioni esatte, al variare di
n ∈ Z,
si ottiene la successione esatta lunga cercata.
A conclusione di questa sezione si accenna brevemente alla nozione di omotopia di (co)catene. La teoria sarà discussa
solo per mappe di catene, giacché è agevole dualizzarla al caso delle mappe di cocatene.
ϕ, ψ : C → C0 due mappe di catene
omomorsmo di R-moduli Λn tale che
Definizione 2.4.8. Siano
∀n ∈ Z
esiste un
di
R-moduli.
Λ:ϕ→ψ
Si dice che
è un'
omotopia
se,
def
0
◦ Λn + Λn−1 ◦ ∂n .
δn = ϕn − ψn = ∂n+1
Come è immediato dalla denizione, le mappe
...
...
ϕ
e
ψ
sono omotope se e solo se il seguente diagramma è commutativo
∂n+1
/ Mn ∂n / Mn−1
y
yy
yy
yy
δn
δn+1 yy
δn−1
y
y Λn
y
0
|yy∂n+1
|yy ∂n0Λn−1 0
0
/ Mn+1
/ Mn0
/ Mn−1
/ Mn+1
Si può dimostrare che la relazione di omotopia tra mappe di catene di
/ ...
/ ...
R-moduli
è un'equivalenza e che la relazione
di omotopia si conserva per composizione ed azione di funtori additivi. Le veriche di queste proprietà, piuttosto
1
agevoli, si possono trovare in [ ] a pagina 125.
La proprietà fondamentale della relazione di omotopia è che mappe di catene omotope inducono lo stesso omomorsmo
a livello di omologia.
Proposizione 2.4.9.
Se ϕ, ψ : C → C0 sono omotope allora Hn (ϕ) = Hn (ψ) ∀n ∈ Z
Dimostrazione. Sia
Λ:ϕ→ψ
un'omotopia tra
ϕ
e
ψ
e sia
m ∈ ker∂n .
Si ha che
0
(ϕn − ψn ) (m) = ∂n+1
(Λn (m)) + Λn−1 (∂n (m)) = ∂n+1 (Λn (m))
Si ha dunque che ϕn (m) e ψn (m) dieriscono
Im∂n = ψn (m) + Im∂n , da cui la tesi
per un elemento di
Im∂n ,
ossia per un
n-frontiera,
per cui
ϕn (m) +
Osservazione 2.4.10. Il concetto di omotopia di catene deriva dalla topologia algebrica. Due funzioni continue tra
spazi topologici
f, g : X → Y
omotope (in senso topologico) inducono infatti due mappe omotope (nel senso della
denizione 2.4.8) tra i corrispondenti complessi singolari.
26
CAPITOLO 3
Funtori derivati
In questo capitolo si tratterà nalmente la teoria dei funtori derivati, che rappresenta il cuore di tutta l'Algebra
omologica. Si denirà il concetto di funtore derivato per categorie abeliane generiche e se ne discuteranno le proprietà
fondamentali; successivamente si studierà più in dettaglio il caso della categoria dei moduli, con l'introduzione dei
bifuntori derivati
Extn (·, ·)
e
Torn (·, ·).
Il capitolo sarà concluso con l'analisi di un'interessante applicazione della
teoria ad un problema classico di Algebra.
3.1. Complementi sulle categorie abeliane
f1 : S1 → A e f2 : S2 → A due monomorsmi tra oggetti di A con lo stesso
f1 ≤ f2 se ∃θ : S1 → S2 tale che f1 = f2 ◦ θ. In particolare, si scriverà f1 ∼ f2 se
contemporaneamente f1 ≤ f2 e f2 ≤ f1 . Chiaramente la relazione ∼ è un'equivalenza nella classe dei monomorsmi
con codominio ssato A. Dualmente, dati due epimorsmi g1 : B → T1 e g2 : B → T2 con il medesimo dominio, si
scriverà che g1 g2 se ∃Θ : T2 → T1 tale che g1 = Θ ◦ g2 , e g1 v g2 se contemporaneamente g1 g2 e g2 g1 . Anche
la relazione v è un'equivalenza nella classe degli epimorsmi con dominio ssato B .
Sia
A
una categoria abeliana e siano
codominio.
Si scriverà che
Definizione 3.1.1. Nelle notazioni precedenti si deniscono:
(1)
(2)
sottoggetti di A le classi di equivalenza della relazione ∼;
quozienti di B le classi di equivalenza della relazione v.
Nelle categorie dell'Algebra classica (Grp,
Ab, ModR ,
ecc...)
le nozioni di sottoggetto e quoziente corrispondono
naturalmente a quelle classiche di sottostruttura e quoziente, ma così non è per categorie come
Top
o
Diff.
Ad ogni
modo sottoggetti e quozienti di una categoria abeliana saranno sempre indicati con la notazione classica.
Osservazione 3.1.2. In ogni categoria abeliana
l'oggetto
ciascun
unione
Ai
∪ Ai
e l'oggetto
intersezione
A, comunque considerata una collezione di oggetti {Ai }i∈I , esistono
∩ Ai , che sono rispettivamente il più piccolo oggetto di A in cui
i∈I
i∈I
è sottoggetto ed il più grande oggetto che sia sottooggetto di ciascun
Ai .
La nozione di quoziente permette di estendere i concetti di complesso di (co)catene, (co)omologia ed omotopia ad una
generica categoria abeliana
alcuna modica ad
A.
Le denizioni date per la categoria dei moduli si trasportano naturalmente e senza
Restano così deniti la categoria abeliana Ch (A) dei complessi di (co)catene su A e ∀n ∈ Z
Hn (n ) : Ch (A) → A. Tutte le proprietà dimostrate per i complessi nella categoria dei moduli
per i complessi su A. In particolare continua a valere il Lemma del Serpente. Si trasporta anche
A.
i funtori (co)omologia
continuano a valere
il teorema di omomorsmo, per cui nelle categorie abeliane è ben denito un concetto di immagine di un morsmo
(cosa in generale falsa in una categoria generica).
Si possono inoltre generalizzare ad una qualunque categoria abeliana le nozioni di modulo proiettivo, iniettivo, libero
e colibero.
Definizione 3.1.3. Sia
A
una categoria abeliana dotata di un funtore forgetful sulla categoria
Set.
Un oggetto
Z
è detto:
(1)
proiettivo se comunque considerati un epimorsmo ε : B C ed un morsmo γ : Z → C esiste un morsmo
β:Z→B
tale che
γ = ε ◦ β,
cioé tale da far commutare il diagramma
27
β
B
(2)
(3)
(4)
~
~
~
~
Z
γ
//C
ε
iniettivo se è proiettivo in A ;
libero se Z = Fr(S), dove S ∈ Ob(Set) e Fr : A → Set è il funtore aggiunto sinistro del funtore forgetful ;
colibero se è libero in Aopp ;
opp
Si noti che la denizione di oggetto libero, benché data in termini di funtori aggiunti, coincide nel caso dei moduli
con quella di modulo libero.
Anche in questo caso, tutte le proprietà discusse nel contesto dei moduli valgono in
1
generale. In particolare ogni oggetto libero è proiettivo (per una verica rigorosa si può consultare [ ] a pagina 81-83).
Teorema del confronto.
Fondamentale invece è il seguente risultato, noto come
∂1
∂2
P1 →
categoria abeliana, e f˜ ∈ Hom(A, B). Siano poi P : · · · → P2 →
η0
η
P0 → A → 0 e Q : · · · → Q2 → Q1 → Q0 → B → 0 due complessi (di catene) tali che Pi , Qj siano oggetti proiettivi
∀i, j ∈ N. Allora esiste una mappa di catene f : P → Q tale che il diagramma
Teorema 3.1.4.
Siano
A, B ∈ Ob(A), A
0
∂1
0
∂2
/ P2
...
∂2
f2
0
∂2
/ Q2
...
/ P1
∂1
/ P0
f1
/ Q1
0
∂1
η
/A
f0
/ Q0
η
0
/0
f−1 =f˜
/0
/B
sia commutativo. Inoltre f è unica a meno di omotopia.
f : P → Q sarà costruita ricorsivamente. Se n = −1, si pone f−1 = f˜. Se
0
n ≥ 0 si suppone fi denita ∀i ≤ n e si costruisce fi+1 . Per l'ipotesi di ricorsione, si ha che fn−1 ◦ ∂n−1 = ∂n−1
◦ fn ,
0
0
per cui rimane indotto un morsmo f : ker∂n → ker∂n tale che i seguenti diagrammi commutino
Dimostrazione. La mappa di catene
...
...
/ Pn+1
∂n+1
/ ker∂n
fn+1
/ Qn+1
0
∂n+1
/0 0
/ ker∂n
0
fn
/0 0
/ ker∂n0
In particolare risulta ben denito il morsmo
∂n+1
/ Pn
0
fn
/ ker∂n0
fn+1 : Pn+1 → Qn+1 ,
0
∂n+1
/ Pn−1
∂n
fn
/ Qn
0
∂n
/ ...
fn−1
/ Qn−1
/ ...
tale da far commutare il diagramma precedente,
in virtù della proprietà universale che denisce un oggetto proiettivo. Si vuole adesso provare che la mappa di catene
costruita
f : P → Q
è unica a meno di omotopia.
Sia dunque
g : P → Q
un'altra mappa di catene che soddisfa
all'enunciato del teorema. Si vuol mostrare che h = f − g è omotopa alla mappa nulla, ossia che esistono dei morsmi
0
Λn : Pn → Qn+1 per i quali hn = ∂n+1
◦Λn +Λn−1 ◦∂n . Anche l'omotopia Λ sarà costruita ricorsivamente. Se n = −1 si
0
0
pone Λ−1 = 0. Se n = 0 si ha, per commutatività, che η ◦h0 = (f˜− f˜)◦η = 0, per cui h0 (P0 ) = ker∂0 , e dunque, per la
0
0
proprietà di proiettività di P0 , risulta ben denito un morsmo Λ0 : P0 → Q0 tale che h0 = ∂1 ◦Λ0 = ∂1 ◦Λ0 +Λ−1 ◦∂0 .
Sia adesso n > 0 e si supponga induttivamente che Λi sia stata denita ∀i ≤ n, per cui in particolare si ha che
0
hn = ∂n+1
◦ Λn + Λn−1 ◦ ∂n . Si considera il morsmo hn − Λn ◦ ∂n+1 : Pn+1 → Qn+1 . Si ha che
0
0
∂n+1
◦ (hn+1 − Λn ◦ ∂n+1 ) = ∂n+1
◦ hn+1 − (hn − Λn−1 ◦ ∂n ) ◦ ∂n+1 =
0
∂n+1 ◦ hn+1 − hn ◦ ∂n+1 + Λn−1 ◦ ∂n ◦ ∂n+1 = 0
Pertanto, ragionando come per il caso
n = 0,
si ottiene l'esistenza di un morsmo
Λn : Pn+1 → Qn+2
0
hn+1 = ∂n+2
◦ Λn+1 + Λn ◦ ∂n+1
Vale ovviamente un risultato analogo per complessi di cocatene costituiti da oggetti iniettivi.
L'ultima importante nozione di questa sezione è quella di risoluzione (proiettiva, iniettiva).
Definizione 3.1.5. Dato un oggetto
tale che
A
di una categoria abeliana
28
A
si denisce:
(1)
risoluzione proiettiva
una successione esatta
P : · · · → Pn → Pn−1 → · · · → P1 → P0 A → 0
con
(2)
Pi , i ∈ N
oggetti proiettivi in
risoluzione iniettiva
A;
una successione esatta
I : · · · ← In ← In−1 ← · · · ← I1 ← I0 ←- A ← 0
con
Ij , j ∈ N
oggetti proiettivi in
A.
Osservazione 3.1.6. Il teorema 3.1.4 ed il suo duale garantiscono in particolare che ogni risoluzione proiettiva ed
ogni risoluzione iniettiva è unica a meno di equivalenza omotopica.
In particolare una categoria è detta avere
abbastanza proiettivi (iniettivi )
se ogni oggetto ammette una risoluzione
proiettiva (iniettiva).
Osservazione 3.1.7. L'esistenza di rappresentazioni proiettive (iniettive) garantisce che la categoria dei moduli ha
abbastanza proiettivi (iniettivi).
3.2. Funtori derivati
Il problema centrale dell'Algebra omologica è studiare il comportamento di un funtore su una successione esatta in
una categoria abeliana. In generale il funtore non preserverà l'esattezza della successione: si è già visto l'esempio dei
funtori
Hom(·, ·)
e
·⊗·
per quanto concerne la categoria dei moduli. La nozione di funtore derivato aggira questo
problema.
Definizione 3.2.1. Un funtore tra due categorie abeliane
(1)
esatto sinistro
ε∗
FB → FC
(2)
ε
A 0 → A ,→ B C → 0
la successione indotta
µ∗
0 → FA ,→
è esatta;
µ∗
ε
µ
∗
esatto
è esatta;
se è contemporaneamente esatto destro e sinistro.
Definizione 3.2.2. Una successione di funtori additivi
(1)
è detto:
µ
ε
esatto destro se per ogni successione esatta in A 0 → A ,→ B C → 0 la successione indotta FA ,→ FB →
FC → 0
(3)
se per ogni successione esatta in
F:A→B
esatta sui proiettivi
τ0
τ 00
F0 ⇒ F00 ⇒ F000
tra categorie abeliane
P ∈ Ob(A)
la successione indotta
se per ogni oggetto proiettivo
A
e
B
è detta:
00
τP
0
τP
0 → F0 P ,→ F00 P F000 P → 0
è esatta;
(2)
esatta sugli iniettivi
I ∈ Ob(A)
se per ogni oggetto iniettivo
la successione indotta
τI00
τI0
0 → F0 I ,→ F00 I F000 I → 0
è esatta;
Si consideri adesso un funtore additivo esatto destro
F : A → B
e si supponga che la categoria abeliana
A
abbia
abbastanza proiettivi.
Definizione 3.2.3. Si denisce
n-esimo
funtore derivato sinistro
il funtore
Ln F : A −→ B
def
A 7−→ Ln FA = Hn (FP)
dove
P : · · · → P1 → P0 A → 0
è una qualsiasi risoluzione proiettiva di
il complesso (di catene) indotto dall'azione di
F.
29
A
e
FP : · · · → FP1 → FP0 → FA → 0
è
Analogamente
Definizione 3.2.4. Si denisce
n-esimo
funtore derivato destro
il funtore
Rn F : A −→ B
def
A 7−→ Rn FA = Hn (FI)
dove
I : · · · ← I1 ← I0 ←- A ← 0
è una qualsiasi risoluzione iniettiva di
complesso (di cocatene) indotto dall'azione di
A
e
FI : · · · ← FI1 ← FI0 ← FA ← 0
è il
F.
La denizione di funtore derivato sinistro (destro) implica la scelta di una risoluzione proiettiva (iniettiva) del suo
argomento. In realtà non vi è reale dipendenza da questa scelta nel senso della proposizione seguente.
Sia F : A → B un funtore additivo esatto destro e siano P e Q due risoluzioni proiettive distinte
dell'oggetto A ∈ Ob(A). Allora gli oggetti Hi (FP) e Hi (FQ) sono isomor in B ∀i ∈ N. In particolare risoluzioni
proiettive distinte inducono funtori derivati naturalmente isomor.
Proposizione 3.2.5.
Dimostrazione. Dal Teorema del Confronto e dalla proposizione 2.4.9 si ha che esiste ed è unico un morsmo
f∗ : Hi (FP) → Hi (FQ) indotto da una mappa di catene f : P → Q che solleva 1A . Analogamente esiste ed è unico
un morsmo g∗ : Hi (FQ) → Hi (FP) indotto da una mappa di catene g : Q → P che solleva anch'essa l'identità 1A .
Poiché g ◦ f, 1P : P → P e f ◦ g, 1Q : Q → Q sollevano il morsmo 1A si ha, a livello di omologia
g∗ ◦ f∗ = (g∗ ◦ f∗ ) = (1P )∗
f∗ ◦ g∗ = (f∗ ◦ g∗ ) = (1Q )∗
Nelle notazioni precedenti, se
morsmo naturale Ln Ff : Ln FA → Ln FA0 .
Proposizione 3.2.6.
f : A → A0
è un morsmo in A, allora
∀i ∈ N
è indotto un
P e P0 risoluzioni proiettive rispettivamente di A ed A0 . Per il Teorema del Confronto
0
0
˜
esiste una mappa di catene f : P → P che solleva il morsmo f : A → A . Giacché tutte le altre possibili mappe di
0
catene che sollevano f sono omotope a f˜ rimangono ben deniti a livello di omologia i morsmi f˜∗ : Hn (P) → Hn (P ).
Chiaramente Ln Ff = f˜∗ , al variare di n ∈ N.
Dimostrazione. Siano
Osservazione 3.2.7. Il primo funtore derivato sinistro
Se
P
è un oggetto proiettivo
Proposizione 3.2.8.
additivi.
I funtori derivati sinistri
Dimostrazione. Siano
L0 F
di un funtore additivo esatto destro
F
è isomorfo a
F.
Ln FP = 0 ∀n ∈ N.
A1 , A2 ∈ Ob(A)
e
di un funtore additivo esatto destro
Ln F
P(1) , P(2)
F : A → B
risoluzioni proiettive rispettivamente di
A1
e
sono funtori
A2 .
Chiara-
mente la successione
(1)
P(1) ⊕ P(2) : · · · → P2
è una risoluzione proiettiva di
A1 ⊕ A2 .
(2)
⊕ P2
(1)
→ P1
(2)
⊕ P1
(1)
→ P0
Ne consegue, sfruttando l'additività di
(2)
⊕ P0
F,
→0
che,
∀n ∈ N,
Ln F (A1 ⊕ A2 ) = Ln FA1 ⊕ Ln FA2
con monomorsmi canonici
Ln FiA1
e
Ln FiA2 .
Ovviamente risultati duali alle proposizioni precedenti valgono per i funtori derivati destri. I teoremi seguenti rappresentano le proprietà fondamentali dei funtori derivati, forse la ragione stessa dell'intera teoria. Per non appesantire
le scritture si faranno alcuni piccoli abusi di notazione dal signicato del tutto ovvio.
30
Sia F : A → B un funtore additivo esatto destro tra due categorie abeliane e sia 0 → A0 ,→ A00 000
A → 0 una successione esatta in A. Allora ∀n ∈ N esistono dei morsmi ωn : Ln FA000 → Ln−1 FA0 tali da rendere
esatta la successione
µ
Teorema 3.2.9.
(µ∗ )
(ε∗ )
ε
ω
n
· · · → Ln FA0 →n Ln FA00 →n Ln FA000 →
Ln−1 FA0 → · · · → FA000 → 0
Dimostrazione. Siano
P0 , P00 , P000 ,
risoluzioni proiettive rispettivamente di
A0 , A00 , A000 ,
con
P00 = P0 ⊕ P000 .
Resta pertanto denito il diagramma commutativo con frecce esatte
.
.
.

/ Pn0 0
dove
in
e
πn
.
.
.
in
.
.
.
/ Pn0 ⊕ Pn000
πn
/ / Pn000
.
.
.
.
.
.
.
.
.
/0
0
/ P00 
i0
/ P00 ⊕ P0000
π0
/ / P0000
/0
0

/ A0 µ
/ A00
ε
/ / P 000
/0
sono rispettivamente il monomorsmo e l'inclusione canonici.
esatta di complessi di catene di
Si è denita pertanto una successione
A
0 → P 0 ,→ P 00 P 000 → 0
e, sfruttando le proprietà del funtore
F
e la proprietà di proiettività, si ottiene che anche la successione indotta
0 → FP 0 ,→ FP 00 FP 000 → 0
è esatta. A questo punto la tesi segue da un'applicazione della proposizione 2.4.7. La proposizione 3.2.5 garantisce
che la costruzione fatta non dipende dalla scelta delle risoluzioni proiettive.
Applicazioni successive del Lemma del Serpente dimostrano il seguente risultato, che garantisce che la successione
00 ε
0 µ
esatta lunga costruita nel precedente teorema è naturale sia nel funtore F che nella successione 0 → A ,→ A A000 → 0.
Proposizione 3.2.10.
(1)
Se τ : F ⇒
commutativo
Nelle notazioni precedenti:
G
è una trasformazione naturale di funtori additivi esatti destri il diagramma seguente è
···
···
(2)
/ Ln FA0
(µ∗ )n
τA0
/ Ln GA0
(µ∗ )n
/ Ln FA00
(ε∗ )n
/ Ln FA000
τA00
/ Ln GA00
(ε∗ )n
ωn
/ Ln−1 FA0
τA000
/ Ln GA000
ωn
0
/ A0 
0
/ B0 
µ
φ0
µ̄
allora è commutativo anche il diagramma indotto
31
/ A00
ε
φ00
/ B 00
ε̄
/ / A000
/0
φ000
/ / A000
τA0
/ Ln−1 GA0
Se i morsmi φ0 , φ00 , φ000 rendono commutativo il diagramma
/0
/ ···
/ ···
/ Ln FA0
···
(µ∗ )n
(φ0∗ )n
/ Ln GA0
···
/ Ln FA00
(φ00
∗ )n
(µ∗ )n
/ Ln GA00
/ Ln FA000
(ε∗ )n
ωn
/ Ln GA000
/ ···
(φ0∗ )n−1
(φ000
∗ )n
(ε∗ )n
/ Ln−1 FA0
ωn
/ Ln−1 GA0
/ ···
Altro risultato, semplice ma molto importante, con cui si conclude questa sezione, è il seguente
0
00
τ
τ
Sia F0 ⇒
F00 ⇒ F000 , F(i) : A → B, una successione di funtori additivi tra categorie abeliane
esatta sui proiettivi. Allora ∀X ∈ Ob(A), ∀n ∈ N esistono dei morsmi ωn : Ln F000 X → Ln−1 F0 X tali da rendere
esatta la successione
Proposizione 3.2.11.
τ0
τ 00
ω
n
Ln−1 F0 X → · · · → F000 X → 0
· · · → Ln F0 X → Ln F00 X 00 → Ln F000 X →
Dimostrazione. Basta considerare una risoluzione proiettiva di
X
ed applicare la proposizione 2.4.7.
Anche per il teorema precedente vale un risultato di naturalità analogo alla proposizione 3.2.10. Ovviamente i risultati
precedenti si dualizzano al caso dei funtori derivati destri mediante le risoluzioni iniettive.
3.3. I funtori
Ext
e
Tor
Extn (·, ·)
opp
e Tor (·, ·). Nel capitolo 2 sono stati introdotti i basilari funtori Hom(M, ·) : ModR → Ab, Hom(·, N ) : (ModR )
→
Ab, M ⊗R · : ModR → Ab e · ⊗R N :ModR → Ab: le proposizioni 2.2.3, 2.2.4, 2.2.6 e 2.2.7 dimostrano che Hom(M, ·)
e Hom(·, N ) sono funtori additivi esatti sinistri, mentre ·M ⊗R · e · ⊗R N sono esatti destri. Si è inoltre vericato
In questa sezione si tratteranno due esempi eccezionalmente importanti di funtori derivati, ossia i bifuntori
n
con opportuni esempi che tali funtori in generale non sono esatti. Ha dunque senso chiedersi chi siano i loro funtori
derivati.
Definizione 3.3.1. Si deniscono,
(1)
(2)
n
∀n ∈ N:
opp
Ext (·, N ) : Mod R → Ab il funtore derivato destro n-esimo del funtore Hom(·, N );
Extn (M, ·) : ModR → Ab il funtore derivato destro n-esimo del funtore Hom(M, ·);
Analogamente
Definizione 3.3.2. Si deniscono,
(1)
(2)
n
∀n ∈ N:
opp
Tor (·, N ) : Mod R → Ab il funtore derivato sinistro n-esimo del funtore · ⊗R N ;
Torn (M, ·) : ModR → Ab il funtore derivato sinistro n-esimo del funtore M ⊗R ·.
Risultati che saranno presto illustrati permetteranno di sopprimere quell'inestetica barra orizzontale. . .
La teoria generale dei funtori derivati sviluppata nella sezione precedente implica una serie di proprietà dei funtori
appena deniti.
Proposizione 3.3.3.
(1)
Valgono le seguenti asserzioni:
Per ogni successione esatta di R-moduli 0 → M1 ,→ M2 M3 →
ωn : Extn (M3 , N ) → Extn+1 (M1 , N ) tali che la successione indotta
0
esistono omomorsmi (di gruppi)
ω
n
· · · → Extn (M1 , N ) → Extn (M2 , N ) → Extn (M3 , N ) →
Extn+1 (M1 , N ) → · · ·
(2)
(3)
sia esatta e naturale (tale successione è detta Ext-successione esatta lunga nella prima variabile);
Per ogni R-modulo proiettivo P ed ogni iniettivo I si ha Extn (P, N ) = Extn (M, I) = 0;
Per ogni successione esatta di R-moduli 0 → N1 ,→ N2 N3 → 0 esistono omomorsmi (di gruppi)
ωn : Extn (M, N3 ) → Extn+1 (M, N1 ) tali che la successione indotta
ω
n
· · · → Extn (M, N1 ) → Extn (M, N2 ) → Extn (M, N3 ) →
Extn+1 (M, N1 ) → · · ·
sia esatta e naturale (tale successione è detta Ext-successione esatta lunga nella seconda variabile);
32
(4)
Extn (·, ·)
è un bifuntore.
Extn (M, ·), anzi la proposizione
Torn (·, N ) e Torn (M, ·). Si osserva dunque
Il risultato precedente si dualizza naturalmente al caso dei funtori
3.3.3 è sostan-
zialmente autoduale.
che i bifuntori
Extn (·, ·)
e
Extn (·, ·)
Risultati analoghi valgono per
godono delle stesse proprietà formali: questo fatto non è assolutamente casuale nel senso della
proposizione seguente.
Proposizione 3.3.4.
I bifuntori Extn (·, ·) e Extn (·, ·) sono naturalmente isomor
n
Φn : Extn (·, ·)⇒Ext
˜
. Tali
0
trasformazioni naturali saranno denite ricorsivamente. Se n = 0, giacché Ext (·, ·) = Ext (·, ·) = Hom(·, ·), basta
0
i
porre Φ = idHom(·,·) . Sia allora n > 0 e si supponga Φ denita ∀i ≤ n; ∀M, N , scelta una rappresentazione iniettiva
0 → N ,→ I S → 0 di N , la proposizione 3.3.3 e la sua duale garantiscono l'esistenza delle Ext e Ext-successioni
n+1
n+1
n+1
esatte lunghe (nella prima variabile). Si denirà ΦM,N : Ext
(M, N ) → Ext
(M, N ) un morsmo (di gruppi)
Dimostrazione. Si deve costruire,
∀n ∈ N,
un opportuno isomorsmo di funtori
0
tale da far commutare il diagramma
/0
/ / Extn+1 (M, N )
Φn+1
M,N
ωn
/ / Extn+1 (M, N )
ωn
Extn (M, S)
Φn
M,S
Extn (M, S)
/0
Bisogna vericare che non vi è dipendenza dalla scelta della rappresentazione iniettiva e che la costruzione è naturale.
Si supponga dunque che il seguente diagramma sia commutativo

0
/ N
0
/ N0 
//S
/I
χ1
/ I0
χ2
/0
χ3
/ / S0
/0
dove entrambe le successioni orizzontali sono risoluzioni iniettive. A questo punto entrambe le aermazioni seguono dalla commutatività (ovvia) del diagramma indotto (non si riportano i nomi dei morsmi per non appesantire
ulteriormente la notazione)
/ Extn+1 (M, N 0 )
o7
ooo
Extn (M, S 0 )
o7
ooo
/ Extn+1 (M, N 0 )
Extn (M, S)
/ Extn+1 (M, N 0 )
7
ooo
Extn (M, S 0 )
7
oooo
/ Extn+1 (M, N )
Extn (M, S)
Similmelte si prova la seguente proposizione, che mostra la compatibilità dell'isomorsmo naturale
Ext-successioni
Proposizione 3.3.5.
commutativo
Φ
con le
Ext
e
esatte lunghe nella seconda variabile.
Per ogni successione esatta corta 0 → N1 ,→ N2 N3 → 0 e ∀n ∈ N il seguente diagramma è
Extn (M, N3 )
ωn
Φn
M,N
3
Extn (M, N3 )
ωn
33
/ Extn+1 (M, N1 )
Φn+1
M,N
1
/ Extn+1 (M, N1 )
Le proposizioni 3.3.4 e 3.3.5 asseriscono che non vi è alcuna dierenza sostanziale tra i bifuntori
per cui si è autorizzati a parlare semplicemente di funtori
Ext.
Extn (·, ·) e Extn (·, ·),
Si è inoltre provato che è del tutto equivalente
n
Ext (A, B), A e B R-moduli, a partire da risoluzioni proiettive o iniettive
Extn è bilanciato ∀n ∈ N. Risultati del tutto analoghi sono veri
computare i gruppi abeliani
ciò si esprime dicendo che il bifuntore
Torn (·, ·):
A
di
o di
B:
per i funtori
anch'essi sono bifuntori bilanciati.
3.4. Estensioni di moduli
Un problema classico nello studio di ogni struttura algebrica è quello delle estensioni: si è cioé interessati a studiare,
date due strutture algebriche (ovviamente dello stesso tipo)
Ad esempio, se
M
e
N
A
e
B,
S
chi sono le strutture
tali che
A≤B
B = S/A.
Z tale da
e
R-moduli, questo problema è equivalente alla ricerca di un R-modulo
ε
µ
0 → M ,→ Z N → 0. La teoria dei funtori derivati, ed in particolare i bifuntori
studiare e risolvere un problema algebrico più generale, ossia quello delle n-estensioni.
sono due
rendere esatta la successione
Extn (·, ·),
permettono di
Definizione 3.4.1. Dati due
R-moduli
R-moduli M
N,
ed
n-estensione
una
N
di
M
tramite
è una successione esatta di
del tipo
EM,N : 0 → M ,→ En → En−1 → · · · → E2 → E1 N → 0
Ovviamente le estensioni classiche di
n-estensioni
di
N
tramite
M
R-moduli
1-estensioni.
non sono altro che
Nell'insieme
E(N, M )
di tutte le
si introduce la relazione
/M
0

EM,N 99K E0 ⇐⇒ ∃ϕ1 , . . . , ϕn t.c.
ϕn
/ M 
0
/ E1
/ ···
/ En
/ En0
/0
//N
/0
ϕ1
/ E10
/ ···
//N
sia commutativo
È immediato convincersi che la relazione appena denita è riessiva e transitiva, ma in generale non simmetrica. Si
considera allora la relazione d'equivalenza
E ≡ E0 ⇐⇒ ∃E1 , . . . , Ek ∈ E(N, M ), k ∈ N t.c. E 99K E1 L99 · · · 99K Ek−1 L99 E0
cioé l'equivalenza generata dalla relazione
Definizione 3.4.2. Si denisce
99K.
def
Yext(N, M ) = E/≡.
Si consideri adesso un omomorsmo di
R-moduli ψ : N → N 0
e sia
E
una
n-estensione
di
N
tramite il
R-modulo M ;
si può denire il seguente diagramma commutativo

0
_ _ _/ · · · _ _ _/ E20 _ _ _/ E10 _ _ _/ / N 0 _ _ _/ 0
0 _ _ _/ M 0 _ _ _/ E n _ _ _/ En−1
/M
0

ψn PB
/ En
ψn−1
/ En−1
/ ···
ψ2 PB
ψ1 PB
/ E1
/ E2
ψ
//N
dove ogni quadrato è ottenuto dal precedente considerando il pull-back. L'omomorsmo
cazione di insiemi
ψ̂ : E(N, M ) → E(N 0 , M ).
D'altra parte, se
E(1) , E(2) ∈ [E],
ψ
/0
induce dunque un'appli-
si ha che il diagramma (che non viene
chiuso con i moduli nulli per non appesantire ulteriormente la notazione)
M
M

  
M
M

  


/ E 0 (2)
n

/ E 0 (1)
n
/ E (1)
n

/ E (2)
n

/ E 0 (1)
n−1
/ E 0 (2)
n−1

/ ···
/ E (1)
n−1

/ E (2)
n−1
/ ···
/ E 0 (2)
2
/ ···
/ ···
/ E (1)
2

/ E (2)
2
34
/ E 0 (1)
2

/ E 0 (2)
1
/ E 0 (1)
1
/ / N0
/ E (1)
1

/ E (2)
1
/ / N0




//N


//N
0
è commutativo:
sia l'esistenza degli omomorsmi
diagonali
Ei
0
(1)
→ Ei
(2)
che la commutatitività dell'intero
diagramma seguono in modo abbastanza agevole (per induzione) dalla proprietà universale del pull-back.
provato pertanto che
(1)
ψ̂ E
≡ ψ̂ E
(2)
E(N , M ):
0
in
Si è
rimane quindi indotta in modo naturale un'applicazione
Yext(·, M ) : (ModR )opp → Set è un funtore
Dalla costruzione duale segue in modo del tutto analogo che Yext(N, ·) : ModR → Set è un funtore
ψ∗ : Yext(N, M ) → Yext(N 0 , M ).
(controvariante).
Le asserzioni fatte mostrano che
(covariante). In denitiva, resta dimostrata la seguente proposizione:
Proposizione 3.4.3.
Yext : (ModR )opp × ModR → Set
La proprietà più interessante del funtore
Proposizione 3.4.4.
∀n ∈ N
naturalmente isomor.
Yext
I bifuntori
è un bifuntore.
è la seguente:
Yextn (·, ·)
e
Extn (·, ·)
(come funtore a valori nella categoria
Set)
sono
Dimostrazione. Poiché le veriche richieste dalla dimostrazione sono piuttosto tecniche, si darà solo uno sketch
∀M, N ∈ Ob(ModR ), ∀n ∈ N si vuole costruire un'applicazione di insiemi
θnN,M : Yextn (N, M ) → Extn (N, M ) che sia biettiva e naturale. Per denire tale mappa si consideri una risoluzione
proiettiva di N P : · · · → P1 → P0 → N e sia E ∈ [E], E : 0 → M → En → · · · → E1 → N → 0, un rappresentante
n
di un elemento di Yext (N, M ). Si può dimostrare che esiste una mappa di catene f : P → E, unica a meno di
della prova, per illustrarne le idee di fondo.
omotopia, tale che il seguente diagramma commuti
Pn+1
/ Pn
/ M 
/ Pn−1
fn
0
Si ha quindi che
Si può vericare che la denizione di
D'altra parte, se
ϕ : Im∂n → M
θ
fn−1
f n : Pn → M
//N
/0
//N
/0
f0
/ ···
/ En
Per la proprietà di proiettività, l'omomorsmo
∂n : Pn Im∂n ⊆ Pn−1 .
/ P0
/ ···
/ E1
fattorizza attraverso (con un piccolo abuso di notazione)
def
n
unica. Si porrà θ(E) = [ϕ] ∈ Ext (N, M ).
fn = ϕ ◦ ∂n , con ϕ : Im∂n → M
è una buona denizione, ossia non dipende dalle scelte eetuate.
è un rappresentante dell'elemento
[ϕ] ∈ Extn (N, M ),
rimane ben denito il
diagramma commutativo
C:0
/ Im∂n 
Cϕ : 0
/ M 
ϕ
dove il modulo
ponendo
θ̂ ([ϕ])
/ Pn−1
/ Pn−2
/ ···
/ P0
//N
/0
/ Pn−2
/ ···
/ E1
//N
/0
χ
PO
/E
n
n
è indotto per push-out. Si denisce pertanto l'applicazione θ̂nN,M : Ext (N, M ) → Yext (N, M )
def
= [ϕ]. Si può vericare che tale mappa è ben denita e che θ e θ̂ sono l'una l'inversa dell'altra.
E
θnN,M e
θn : Yextn (·, ·) → Extn (·, ·) è un
Tecniche simili a quelle utilizzate nella dimostrazione della proposizione 3.3.4 mostrano che le applicazioni
θ̂nN,M
sono naturali in
N
e
M,
per cui segue che
∀n ∈ N
il morsmo indotto
isomorsmo di funtori.
θn , ∀n ∈ N, ∀M, N ∈ Ob(ModR ), induce su Yextn (N, M ) una naturale struttura
n
fatto Yext (·, ·) un funtore a valori in Ab.
Osservazione 3.4.5. L'isomorsmo
di gruppo abeliano, rendendo di
Il gruppo abeliano
modulo
M:
Extn (N, M )
descrive dunque la struttura delle
n-estensioni
di un
R-modulo N
tramite un
R-
è interessante notare che si è risolto un problema di Algebra classica utilizzando strutture e linguaggi
propri dell'Algebra omologica.
35
CAPITOLO 4
Successioni spettrali
L'ultimo capitolo della presente trattazione è dedicato alla teoria delle successioni spettrali, che costituisce una
robusta generalizzazione del concetti di successione esatta e complesso. Dopo qualche piccolo preliminare categoriale
si introdurranno quindi nozioni e risultati generali riguardanti il concetto di successione spettrale, discutendo alcuni
notevoli esempi, per poi soermarsi sullo studio di una particolare successione, la successione di Grothendieck, che
ha molte applicazioni interessanti in Geometria algebrica.
4.1. Limiti e colimiti
Definizione 4.1.1. Sia
funtore
F
(1)
(2)
F:I→A
un funtore tra due categorie. Si dice che un oggetto
L ∈ Ob(A)
è un
limite
del
se:
∀i ∈ Ob(I) esistono in A morsmi πi : L → Fi tali che
πi = Fα ◦ πj ;
∀Z ∈ Ob(A) tale che Hom(Z , Fi) 6= ∅ ∀i ∈ Ob(I) esiste
fi = πi ◦ f ∀fi ∈ Hom(Z , Xi ).
per ogni morsmo
uno ed un solo
α : i → j
f : Z → L
in
I
si abbia che
per il quale valga
La condizione (2) è la proprietà universale del limite. I soliti argomenti mostrano che, se esiste, il limite di un funtore
F con la notazione lim F. La categoria I, per
←
Se la categoria degli indici consta di due soli oggetti, la proprietà
è unico a meno di isomorsmo. Si suole indicare il limite del funtore
evidenti ragioni, è detta
categoria degli indici.
universale del limite corrisponde alla commutatività del diagramma:
Z B
B
f2
f1
B
f
B!
/ Fi1
←
z
zz
π2
zz
z
z Fα
" |zz
lim F
π1
Fi2
Nel caso in cui la categoria degli indici
categoria
A
è detta
sia piccola ed ogni funtore da
I
in
A
ammetta limite (in questo caso la
A ∈ Ob(A)
lim : AI → A
è l'aggiunto destro del funtore diagonale ∆
←
il funtore costantemente uguale ad A ed ad ogni morsmo
Osservazione 4.1.2. Il funtore
a ciascun oggetto
I
completa ), rimane denito un funtore lim
: AI → A.
←
trasformazione naturale costantemente uguale a
: A → AI ,
che associa
ϕ ∈ HomA (A1 , A2 )
la
ϕ.
Esempio 4.1.3. Nuclei, prodotti e pull-back sono particolari limiti.
La nozione duale di limite è quella di
colimite
di un funtore
F : I → A,
che si indica con la notazione
lim F:
la denizione formale si ottiene semplicemente invertendo tutte le frecce presenti nella denizione di limite.
categoria nella quale ogni funtore ammette colimite è detta
denito il funtore
I
lim : A → A,
→
cocompleta.
Sotto ipotesi identiche al caso dei limiti, è
che risulta essere l'aggiunto destro del funtore diagonale.
Esempio 4.1.4. Conuclei, coprodotti e push-out sono particolari colimiti.
36
→
Una
Osservazione 4.1.5. Le nozioni di limite, colimite, completezza e cocompletezza consentono di riscrivere l'assiomatica
di categoria abeliana in modo equivalente a quella fornita, ma assai più elegante. La denizione di categoria abeliana
9
che utilizza questi concetti può essere trovata nel celebre articolo [ ] a pagina 127-130.
A conclusione di questa sezione si introducono i concetti di limite diretto e di limite inverso, che, come si vedrà in
dettaglio nella prossima sezione, sono intrinsecamente collegati al concetto di convergenza di una successione spettrale.
Definizione 4.1.6. Una categoria piccola
(1)
I
è detta
categoria ltrata
se:
∀i, j ∈ Ob(I) ∃k ∈ I t.c. Hom(i, k) 6= ∅ e Hom(j, k) 6= ∅;
f, g ∈ Hom(i, j) esiste h ∈ Hom(j, k)
(2) Per ogni coppia di morsmi
Definizione 4.1.7. Un funtore (covariante) da una categoria ltrata
I
tale che
h ◦ f = h ◦ g.
ad una una categoria
A
è detto
ltrazione
su
A.
Esempio 4.1.8. Ogni insieme parzialmente ordinato può essere visto come categoria ltrata, mentre le usuali catene
ascendenti (di insiemi, gruppi, ideali ecc...) sono ltrazioni.
Definizione 4.1.9. Un
limite diretto
(o
colimite ltrato )
F : I → A,
è il limite di una ltrazione
e si indica con
lim F(i).
→
Le denizioni di ltrazione e di limite diretto si dualizzano in modo naturale a quelli di
(detto anche
limite ltrato ).
coltrazione e limite inverso
4.2. Generalità sulle successioni spettrali
In questa sezione si deniranno i concetti di successione spettrale di omologia e di coomologia e si discuterà la
fondamentale nozione di convergenza.
Definizione 4.2.1. Una
successione spettrale di omologia
r
E∗,∗
in una categoria abeliana
A
è una successione
denita da:
r Em,n m, n ∈ Z, r ≥ 0 di oggetti di A;
r
r
r
∀m, n, r ∈ Z, morsmi ∂m,n
: Em,n
→ Em−r,n+r−1
tali che (con abuso di
r
successioni diagonali E di pendenza −(r+1)/r sono complessi di catene);
(1) una collezione
(2)
in modo che si abbia che
notazione)
∂r ◦ ∂r = 0
(per cui le
r+1
Em,n
= H(m,n) (Er )
Gracamente, una successione spettrale di omologia si può visualizzare tramite una successione di diagrammi del tipo
r
E∗∗
n
O
• gOO • gOO • gOO •
•
OOO OOO OOO
OOO OOO OOO
O
O
O
• gOO • gOO • gOO •
•
OOO OOO OOO
OOO OOO OOO
O
O
O
• gOO • gOO • gOO •
•
OOO OOO OOO
OOO OOO OOO
O
O
O
• gOO • gOO • gOO •
•
OOO OOO OOO
OOO OOO OOO
O
O
O
•
Nelle notazioni precedenti, la quantità
d=n+m
•
•
è detta
•
m
•
grado totale
37
/
del termine
r
Em,n
.
Definizione 4.2.2. Un morsmo
r
r
di morsmi fm,n : Em,n
r+1
r
fm,n = H(m,n) fm,n .
→
f :
r
E∗,∗
→
n 0 o
r
E∗,∗
tra due successioni spettrali di omologia è una collezione
0
r
Em,n
tali che (con abuso di notazione)
dr ◦ f r = f
0
r
0
◦d
r
e che
Resta così denita la categoria delle successioni spettrali di omologia su una categoria abeliana
con
SS(A).
SS : A → SS(A)
Tale categoria è abeliana ed il morsmo
A,
A.
si abbia
che sarà indicata
è un funtore additivo. Le denizioni date si
successione spettrale di coomologia
dualizzano senza dicoltà: è dunque possibile denire la nozione di
delle successioni spettrali di coomologia su una categoria abeliana
∀m, n ∈ Z
e la categoria
Salvo avviso contrario, per successione spettrale
si intenderà sempre una successione spettrale di omologia.
Particolarmte importanti nelle applicazioni alla Geometria ed alla Topologia algebrica sono le successioni spettrali
caratterizzate da una qualche proprietà di limitatezza.
Definizione 4.2.3. Una successione spettrale
(1)
(2)
(3)
(4)
r
E∗,∗
è detta:
r
limitata inferiormente se ∀d ∈ Z ∃µd ∈ Z t.c. Em,d−m
= 0, ∀m < µd ;
r
limitata superiormente se ∀d ∈ Z ∃νd ∈ Z t.c. Ed−n,n
= 0, ∀n > νd ;
limitata se ∀d ∈ Z Ek,d−k 6= 0 per niti k ∈ Z, ossia se è limitata sia superiormente che inferiormente.
regolare se ∀m, n ∈ Z drm,n = 0 se r >> 0.
Esempio 4.2.4. Una successione spettrale i cui termini sono caratterizzati da un numero nito di righe o colonne
sono limitate, mentre una successione spettrale che giace nel primo quadrante è limitata inferiormente ma in generale
non limitata.
A questo punto sono disponibili tutti gli strumenti per introdurre il concetto centrale riguardante le successioni
spettrali, ossia il concetto di convergenza.
Sia data una successione spettrale
ltrazione
r
E∗,∗
. La denizione di successione spettrale induce
∀n, m ∈ Z
l'esistenza della
0
r
r
0
0
0 = ker∂m,n
⊆ · · · ⊆ ker∂m,n
⊆ · · · ⊆ Im∂m,n
⊆ · · · ⊆ Im∂m,n
= Em,n
Si deniscono pertanto gli
oggetti limite
∞
r
∩ Im∂m,n
∞ def r=0
Em,n
= ∞
r
∪ ker∂m,n
r=0
Definizione 4.2.5. Una successione spettrale:
(1)
r
E∗,∗
converge debolmente a H∗ se ∀k ∈ Z esistono
· · · ⊆ Fm−1 Hk ⊆ Fm Hk ⊆ · · · ⊆ Hk , tali che
oggetti
∞
Em,n
≈
(2)
(3)
∞
Hk
di
A,
ciascuno dei quali dotato di una ltrazione
Fm Hm+n
Fm−1 Hm+n
∞
si avvicina a H∗ se Hk = m=0
∪ Fm Hk e ∩ Fm Hk = 0;
m=0
r
converge a H∗ (e si scrive E∗,∗
⇒ H∗ ) se è regolare, si avvicina a H∗
e
∀k ∈ Z Hn = lim Hk/FHn .
←
Osservazione 4.2.6. Una successione spettrale limitata inferiormente che converga debolmente è convergente.
La convergenza di una successione spettrale è data dunque dall'esistenza di un certo limite inverso. Ovviamente tutte
le nozioni fornite si possono dualizzare al caso delle successioni spettrali di coomologia.
In generale lo studio la convergenza di una successione spettrale è aare assai complicato: nei prossimi paragra si
considereranno alcuni importanti esempi di successioni spettrali e se ne discuterà la convergenza.
38
4.3. Successioni spettrali di complessi ltrati
Il primo esempio non banale di successione spettrale riguarda lo studio dei complessi ltrati (di moduli).
Definizione 4.3.1. Una
ltrazione F su un complesso di catene C in una categoria abeliana A è una famiglia ordinata
di sottooggetti del complesso
C
· · · ⊆ Fk C ⊆ Fk+1 C ⊆ · · · ⊆ C
Osservazione 4.3.2. Naturalmente la denizione sottintende la compatibilità tra la ltrazione ed i dierenziali di
Definizione 4.3.3. Nelle notazioni precedenti,
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
F
C.
è detta:
esaustiva se C = ∪ Ck ;
k∈Z
di Hausdor se 0 = ∩ Ck
k∈Z
C/F C;
completa se C = lim
k
←
limitata inferiormente se Fk Cs = 0 ∀k < k0 , k0 , s ∈ Z;
limitata superiormente se Fk Cs = Fk ∀k > k, k, s ∈ Z;
limitata se è limitata sia superiormente che inferiormente.
Osservazione 4.3.4. La proprietà di limitatezza (inferiore) implica quella di completezza da cui, a sua volta, segue
la proprietà di Hausdor.
Ogni ltrazione su un complesso di catene induce in modo canonico una successione spettrale.
teoria sarà sviluppata nel caso di complessi ltrati di
R-moduli.
Per semplicità la
Ad ogni modo i risultati dati valgono in qualunque
categoria abeliana. Siano dunque
∂h+1
∂
h
C : · · · → Ch+1 → Ch →
Ch−1 → . . .
un complesso di catene di
R-moduli
e
· · · ⊆ Fk C ⊆ Fk+1 C ⊆ · · · ⊆ C
una ltrazione su di esso. Detta
εm,n : Fm Cn →
Fm Cn/F
m−1 Cn
la proiezione canonica al quoziente si deniscono gli
oggetti
def
Arm,n = {c ∈ Fm Cn t.c. ∂n (c) ∈ Fm−r Cn }
def
r
Zm,n
= εm,n Arm,n
def
r
Bm,n
= εm,n ∂n Arm,n
Restano inoltre deniti gli oggetti
∞
def
r
∞
= ∪ Zm,n
Zm,n
r=0
∞
def
∞
r
Bm,n
= ∩ Zm,n
r=0
da cui la ltrazione
0
1
∞
∞
1
0
0 = Bm,n
⊆ Bm,n
⊆ · · · ⊆ Bm,n
⊆ Zm,n
⊆ · · · ⊆ Zm,n
⊆ Zm,n
= Fm Cm+n/Fm−1 Cm+n
per cui ha senso denire ricorsivamente

def
0

=
Em,n
def
r

Em,n =
Fm Cm+n/F
m−1 Cm+n
r
Arm,n
Zm,n
≈
r−1
r
Bm,n
∂n Am+r−1,n + Ar−1
m−1,n
r
r
r
∂m,n
: Em,n
→ Em−r,n
indotte dai dierenziali del complesso C. Anché la successione di diagrammi
r
r+1
r
con le mappe ∂m,n sia una successione spettrale bisogna soltanto vericare che Em,n = H(m,n) (E ). Ciò segue
e le mappe
r
E∗,∗
2
con qualche noiosa manipolazione algebrica. Il lettore interessato può trovare i dettagli sul testo [ ] a pagina 133-134.
Si è dunque associata in modo canonico la successione spettrale
R-moduli C.
39
r
E∗,∗
alla ltrazione
F
sul complesso di catene di
Osservazione 4.3.5. La successione spettrale indotta su un complesso
def
Ĉ = C/lim Fn C.
tamento
C
è identica a quella indotta sul suo
comple-
←
Osservazione 4.3.6. Una ltrazione
F
di omologia: infatti l'immagine dell'omomorsmo indotto
ltrazione su
C
R-moduli) C induce una ltrazione a livello
Hk (im ) : Hk (Fm C) → Hk (C) è Fm Hk (C). Inoltre se la
su un complesso di catene (di
è esaustiva o limitata inferiormente, anche la ltrazione indotta a livello di omologia lo è.
Come per ogni successione spettrale, anche nel caso delle successioni spettrali di complessi ltrati è naturale porsi il
problema della convergenza: a conclusione di questa sezione sarà dunque discusso un criterio di convergenza classico
R-moduli,
per successioni di complessi ltrati. I risultati saranno enunciati e dimostrati nel caso di complessi ltrati di
ma valgono in generale su qualunque categoria abeliana.
Teorema 4.3.7.
(1)
(2)
Sia F una ltrazione su un complesso di catene (di R-moduli) C:
Se la ltrazione è limitata anche la successione spettrale indotta è limitata e converge a H∗ (C);
Se la ltrazione è limitata inferiormente ed esaustiva la successione spettrale indotta converge a H∗ (C) e la
convergenza è naturale, cioé dato un morsmo di complessi ltrati f : C → C0 , l'applicazione indotta a livello
di omologia f∗ : H∗ (C) → H∗ (C0 ) è compatibile con il morsmo di successioni spettrali corrispondente.
In formula si ottene
1
Em,n
= Hm+n (Fm C/Fm−1 C) =⇒ Hm+n (C)
Dimostrazione. Si dimostrerà solo il punto (2), dacché il punto (1) ne è un semplice corollario. Sia dunque
F
esaustiva e limitata inferiormente:
ne consegue che la ltrazione a livello di omologia è esaustiva e limitata
inferiormente e che la successione spettrale associata ad
F è anch'essa limitata inferiormente.
In virtù dell'osservazione
4.2.6 il teorema è dimostrato se si prova che tale successione spettrale converge debolmente a
suciente osservare che, data la proprietà di limitatezza, gli oggetti
r >>
∞
1, per cui (per la proprietà di esaustività) Zm,n
Fm Hk (C) ≈
= εm,n
Arm,n
H∗ (C).
A tal ne, è
si stabilizzano ad un oggetto
A∞
m,n
per
A∞
m,n . Si ha quindi la catena di isomorsmi
A∞
A∞
m,n
∞
∞
∞
∞
≈
m,n
= Zm,n
/Bm,n
= Em,n
∞
r
r
+
∂
∪
A
A∞
ε
∂
∪
A
n
m,n
n
m+r,n
m+r,n
m−1,n
r=0
r=0
che conclude la dimostrazione.
Per completezza, si riporta l'enunciato di un criterio di convergenza per successioni spettrali di complessi ltrati più
generale, noto come
Teorema di convergenza completa.
Sia F una ltrazione completa ed esaustiva su un complesso di catene (di R-moduli)
successione spettrale indotta sia regolare. Allora:
Teorema 4.3.8.
(1)
(2)
C
tale che la
La successione spettrale indotta converge debolmente a H∗ (C);
Se la successione spettrale è superiormente limitata, c' è convergenza a H∗ (C).
2
Il lettore interessato troverà una dimostrazione del teorema 4.3.8 sul testo [ ] a pagina 136-140.
4.4. La successione spettrale di Grothendieck
A conclusione del presente elaborato si discute una delle successioni spettrali più importanti di tutta l'Algebra omologica, che trova peraltro vastissime applicazioni in Geometria algebrica, ossia la successione di Grothendieck. Essa
mette in relazione i due strumenti fondamentali introdotti in questa dissertazione, ossia la teoria dei funtori derivati
e quella delle successioni spettrali: la successione di Grothendieck infatti è inerente al problema della composizione
di funtori derivati.
Prima di enunciare il Teorema di Grothendieck è necessario però introdurre qualche concetto
preliminare.
Definizione 4.4.1. Un
complesso doppio (di catene)
C
in una categoria abeliana
40
A
è un diagramma
.
.
.
.
.
.
Cm−1,n+1 o
··· o
··· o
Cm+1,n+1 o
···
h
∂m+1,n+1
v
∂m−1,n+1
Cm−1,n o
Cm,n+1 o
h
∂m,n+1
··· o
.
.
.
v
∂m,n+1
Cm,n o
h
∂m,n
v
∂m−1,n
Cm,n−1 o
h
∂m,n−1
Cm+1,n o
h
∂m+1,n
v
∂m,n
Cm−1,n−1 o
v
∂m+1,n+1
···
v
∂m+1,n
Cm+1,n−1 o
···
h
∂m+1,n−1
.
.
.
.
.
.
.
.
.
h
v
Cm,n , m, n ∈ Z sono oggetti in A e i ∂m,n
, ∂m,n
sono morsmi tali che
v
h
h
v
h
∂m,n ◦ ∂m+1,n + ∂m,n−1 ◦ ∂m+1,n = 0 ∀n ∈ Z. I morsmi ∂∗,∗
sono detti
v
∂∗,∗ sono detti
.
dove i
h
h
v
v
∂m,n
◦ ∂m+1,n
= ∂m,n
◦ ∂m+1,n
=
dierenziali orizzontali,
dierenziali verticali
Osservazione 4.4.2. Così com'è il diagramma precedente non è commutativo, bensì
renderlo commutatico è suciente sostituire i dierenziali verticali con i morsmi
mentre i morsmi
anticommutativo.
def
v
v˜
∂m,n
= (−1)m ∂m,n
.
Al ne di
Con questo
trucco si possono denire in modo ovvio delle mappe tra complessi doppi tali da rendere i complessi doppi con i loro
morsmi una categoria abeliana, che è naturalmente equivalente alla categoria
Ch (Ch (A)).
Ovviamente le nozioni denite si dualizzano al caso dei complessi doppi di cocatene. Nel prosieguo della trattazione,
salvo avviso contrario, per complesso doppio si intenderà sempre un complesso doppio di catene. Esistono inoltre
nozioni naturali di limitatezza anche per i complessi doppi.
Ad ogni complesso doppio
C si possono associare funtorialmente i complessi,
detti
complessi totali, TotΠ (C) e Tot⊕ (C)
deniti dagli oggetti
TotΠ (C)
def
=
k
Tot⊕ (C)
e dalla mappa
h
v
∂∗ = ∂∗,∗
+ ∂∗,∗
,
k
Y
Cm,n
m+n=k
def
=
⊕
Cm,n
m+n=k
che verica la proprietà di un dierenziale di complessi. La nozione di omotopia di
complessi si estende in modo naturale al caso dei complessi doppi.
A partire da un complesso doppio
C qualsiasi è possibile costruire in modo canonico due buone successioni spettrali di
C può essere ltrato in modo naturale nei seguenti
complessi ltrati collegate ai complessi totali. Infatti il complesso
modi
I

def Cm,n se m ≤ k
Fk C =
0 se m ≥ k
II
ltrazione lungo le colonne

def Cm,n se n ≤ k
Fk C =
0 se n ≥ k
Tali ltrazioni ne inducono altrettante sul complesso
Tot⊕ (C),
ltrazione lungo le righe
per cui si possono costruire induttivamente due suc-
I
r
II r
cessioni spettrali E∗,∗ e
E∗,∗ (inducendo i morsmi che le
dai dierenziali verticali ed orizzontali del
deniscono
def
def
(h)
(v)
(v)
(h)
I 2
2
complesso doppio) i cui primi termini sono Em,n = Hn
Hm (C) e II Em,n
= Hn Hm (C) . Se c'è conver-
genza, è facile vericare che le due successioni convergono entrambe a
se si sotituisce il complesso totale
Tot⊕ (C)
con
TotΠ (C).
41
H∗ Tot⊕ (C) .
Risultati analoghi si ottengono
Definizione 4.4.3. Sia
A
una categoria abeliana con abbastanza prioettivi e sia
risoluzione sinistra di Cartan-Eilenberg
tale che,
(1)
(2)
(3)
(4)
di
C
è un complesso doppio
P
C
A. Una
ε : P∗,0 → C
un complesso di catene su
dotato di una mappa di catene
∀m ∈ Z:
Pm,n è un oggetto proiettivo;
Pm,n = 0 ∀n < 0;
La colonna Pm,∗ è nulla se Cm = 0;
Le mappe Bm (ε) e Hn (ε) indotte a
Dualmente, è possibile denire il concetto di
livello di frontiere ed omologia sono risoluzioni proiettive in
A.
risoluzione destra di Cartan-Eilenberg di un complesso doppio di cocatene
in una categoria abeliana.
Con ripetute applicazioni del Lemma del Serpente non è dicile provare che ogni complesso di catene (cocatene)
ammette una risoluzione destra (sinistra) di Cartan-Eilenberg e che questa è unica a meno di omotopia, cioé che due
2
risoluzioni dierenti dello stesso complesso sono omotope. I dettagli delle dimostrazioni possono essere trovati in [ ]
a pagina 146. Le ultime nozioni necessarie per l'introduzione della successione spettrale di Grothendieck sono quelle
di funtore iperderivato e di oggetto
F-aciclico.
F : A → B un funtore additivo tra due categorie abeliane con A avente abbastanza proiettivi.
A e P una risoluzione di Cartan-Eilenberg su di esso, allora si denisce n-esimo
sinistro di F il funtore
Ln F : A −→ B
A 7−→ Ln F(A) = Hn Tot⊕ (FP)
Definizione 4.4.4. Sia
Se
C
è un complesso di catene su
funtore iperderivato
Sostituendo
Tot⊕
con
TotΠ
e dualizzando il resto si ottiene la denizione di
n-esimo
funtore iperderivato destro.
Dalla teoria delle successioni spettrali indotte da un complesso doppio e dai teoremi di convergenza discussi nella
sezione precedente segue immediatamente la proposizione
Proposizione 4.4.5.
(1)
(2)
Nelle notazioni precedenti:
2
Rimane indotta una successione spettrale di primo temine II Em,n
= Lm FHn (C) (dove Lm F è il funtore
derivato sinistro m-esimo di F) e convergente a Lm+n FC;
Se C è un complesso doppio limitato inferiormente rimane indotta una successione spettrale di primo temine
I 2
Em,n = Hn (Lm FC) e convergente a Lm+n FC.
Naturalmente è vero anche il risultato duale.
Definizione 4.4.6. Sia
F:A→B
un funtore esatto destro (sinistro). Un oggetto
tutti i funtori derivati sinistri (destri)
n-esimi Li F Ri F
svaniscono su
B
Adesso sono disponibili tutti gli ingredienti per enunciare e dimostrare il
B ∈ Ob(B)
i > 0.
è detto
F-aciclico
se
per ogni
Teorema di Grothendieck, che permette di
determinare i funtori derivati (destri o sinistri) della composizione di due funtori additivi (esatti sinistri o destri).
Siano A, B e C categorie abeliane tali che A e B abbiano abbastanza proiettivi. Siano inoltre
e F : B → C funtori esatti destri tali che G mappi aggetti proiettivi di A su oggetti F-aciclici di B.
Allora è ben denita ∀A ∈ Ob(A) la successione spettrale convergente, detta successione spettrale di Grothendieck
Teorema 4.4.7.
G : A → B
2
Em,n
= (Lm F ◦ Ln G) A =⇒ Lm+n (F ◦ G) A
Dimostrazione. Si scelga una risoluzione proiettiva
P
di
A
e si costruisca il complesso (di catene)
GP.
Si
può trovare una risoluzione di Cartan-Eilenberg limitata nel primo quadrante tramite la quale costruire i funtori
iperderivati sinistri
LF (G (P)).
In virtù della proposizione 4.4.5 esistono due successioni spettrali convergenti
I
2
Em,n
= Hm (Lm F ◦ G) P =⇒ Lm+n (F ◦ G) P
II
2
Em,n
= (Lm F ◦ Hn ) GP =⇒ Lm+n (F ◦ G) P
42
Usando il fatto che il funtore
G manda oggetti proiettivi in oggetti F-aciclici si ottiene che (Ln F ◦ G) Pm = 0 ∀m > 0,
per cui si ha
Lm (F ◦ G) P ≈ Hm (FGP) = Lm (F ◦ G) A
pertanto
II
2
Em,n
= (Lm F ◦ Hn ) GP = (Lm F ◦ Ln G) A =⇒ Lm+n (F ◦ G) P
da cui la tesi.
Il Teorema di Grothendieck si può ovviamente dualizzare al caso dei funtori esatti destri.
A conclusione dell'elaborato si discuterà un'applicazione geometrica del Teorema di Grothendieck. Siano
un morsmo tra varietà complesse (ani o proiettive) e
OX , OY
i fasci strutturali rispettivamente di
X
f :X→Y
e Y , ossia
gli anelli (commutativi con unità) delle applicazioni regolari su tali varietà. Rimangono quindi indotti i funtori
def
def
f ∗ = · ⊗OX OY e f∗ = OX ⊗OY ·. Un noto risultato di Geometria Algebrica aerma che, se M è un OX -modulo e
N un OY -modulo si ha che HomOX (f ∗ M, N ) = HomOY (M, f∗ N ): una dimostrazione di tale uguaglianza può essere
10] a pagina 110-111.
trovata in [
Proposizione 4.4.8.
Da queste premesse discende il seguente interessante risultato:
Se f ∗ è esatto allora esiste una successione spettrale convergente
m+n
n
∗
E2m,n = Extm
OY (N, R f∗ M ) =⇒ ExtOX (f N, M )
(1)
f ∗ il modulo f ∗ I è ancora iniettivo e dall' ugua∗
glianza precedentemente ricordata HomOX (f M, N ) = HomOY (M, f∗ N ) segue che f∗ I è un OY -modulo iniettivo. A
∗
∗
questo punto basta osservare che il funtore HomOX (f N, ·) è la composizione dei funtori f e HomOY (N, ·) e che la
successione (1) è la successione spettrale di Grothendieck associata a tale composizione.
Dimostrazione. Sia
I
un modulo iniettivo. Per esattezza di
Nelle notazioni precedenti, se il funtore
Osservazione 4.4.9. L'ipotesi che
non è esatto il funtore
derivati destri di
f∗
f∗
f
f∗
è esatto il morsmo inducente
sia piatto, ossia che che
f∗
f
è detto
piatto.
sia esatto, non può essere eliminata: infatti se
f∗
non preserva in generale le risoluzioni iniettive, per cui non sarebbero ben deniti i funtori
e con essi la successione spettrale (1).
43
Ringraziamenti
Preparare questa dissertazione è stato per me un'esperienza estremamente interessante e formativa, che mi ha fatto
crescere e mi ha dato una volta di più la misura di quanto sia piccolo lo studente, per quanto voglioso ed interessato,
rispetto a ciò di cui si occupa.
L'argomento scelto si è rivelato spesso assai ostico, ma valeva davvero la pena di
lavorarci visti il suo fascino, la sua potenza concettuale e, direi soprattutto, la sua eccezionale eleganza e bellezza
estetica. Da solo tuttavia non credo che sarei riuscito ad arontarlo. Desidero dunque ringraziare chi, più o meno
direttamente, mi ha aiutato in questo lavoro.
Ringrazio in primo luogo il mio Dio, il Signore della vita che mi ha sostenuto con paterno amore da quel lontano
Luglio 2008 in cui iniziavo lo studio dell'Algebra omologica: la sua presenza discreta nella preghiera e nel silenzio
è stata una componente essenziale per la progettazione e la stesura di questa tesi di laurea. Ringrazio poi la mia
famiglia: papà, mamma, nonno, nonna e la mia adorata sorellina Nina, faro insostituibile nella mia vita. Un caloroso
e sentito ringraziamento va al mio relatore, il Prof. Marco Manetti, che ha scelto per me un argomento così bello, ed
a tutti i professori che ho conosciuto in questi tre anni e che, in modi diversi, hanno fatto crescere sempre più in me
la passione e l'amore per la Matematica. Il mio pensiero va poi a tutti i miei amici, Giuseppe, Salvatore, Marcella,
Mikaela, Alessandro, gli amici dell'università e del gruppo giù in Sicilia ecc...: non proseguo l'elenco perché sarebbe
troppo lungo e dimenticherei di certo qualcuno. Un ringraziamento tutto speciale va al Collegio Universitario LamaroPozzani, che contribuisce in modo determinante alla mia formazione personale, al suo direttore Stefano Semplici ed
al fantastico, insostituibile terzo anno del Collegio: Claudia, Natalia, Piera, Soa, Lin, Damiano, Davide, Emanuele,
Giorgio, Renato, Enrico, Matteo, Andrea.
Un pensiero particolare va alla Comunità di Sant'Egidio ed agli amici
che vi ho incontrato e con cui ho condiviso l'amicizia con i poveri: la mia vita non sarebbe la stessa senza di essa.
Inne, il mio grazie più grande va alla Matematica, sirena bella e maledetta, sensuale e traditrice: possa aogarmi
lentamente e dolcemente tra le sue braccia deliziose ed assassine...
44
Bibliograa
[1] P.J. Hilton, U. Stammbach A Course in Homological Algebra
Springer-Verlag New York Heidelberg Berlin, 1971.
[2] C. Weibel An Introduction to Homological Algebra Cambridge University Press, 1994.
[3] S. I. Gelfand, Y. I. Manin Methods of Homological Algebra Springer, 1988.
[4] S. Mac Lane Categories for the Working Mathematician Springer-Verlag New York Heidelberg Berlin, 1971.
[5] S. Lang Algebra Addison-Wesley Publishing Company, 1965.
[6] M. Curzio, P. Longobardi, M. Maj Lezioni di Algebra Liguori Editore, 1994.
[7] M. Manetti Topologia Springer, 2008.
[8] M. Manetti Degenerations of Algebraic Surfaces and applications to Moduli problems Scuola Normale Superiore, Pisa, 1995.
[9] A. Grothendieck Sur Quelques Points d'Algébre Homologique Tohoku Mathematical Journal 9 (1957): 119-221.
[10] R. Hartshorne Algebraic Geometry Springer-Verlag New York Heidelberg Berlin, 1977.
45