La collezione e la sua storia
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La collezione e la sua storia
La collezione e la sua storia Livia Giacardi, Dipartimento di Matematica I primi acquisti La creazione della collezione di modelli geometrici per le Scuole di Matematica dell’Università di Torino è una fra le molteplici iniziative intraprese dal geometra Enrico D’Ovidio (1843-1933) negli anni del suo mandato di rettore (1880-1885) dell’Ateneo torinese. L’insegnamento di Geometria superiore che all’epoca teneva per incarico e il ruolo di direttore della Scuola di Magistero (1882/831906/07) annessa alla Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, lo rendevano particolarmente sensibile alle esigenze didattiche. Si impegnava pertanto attivamente per avere sovvenzioni, strumenti, modelli e libri per i corsi matematici e per la Biblioteca speciale di matematica che si sarebbe costituita in modo ufficiale nel 18831 a sostegno degli studi nelle Scuole di Magistero. I primi acquisti di modelli risalgono già al 1880-1881, infatti nella relazione inaugurale dell’anno accademico successivo D’Ovidio scriveva: ciata ed intarsiata con tre sportelli a vetri coperti di seta verde» per riporre i modelli e di appositi «piedistallini di diverse forme coloriti e verniciati attorno, foderati sopra di panno verde»3 su cui collocarli. Negli anni dal 1885 al 1889 vennero acquistati altri «modelli matematici di Brill in filo, gesso, ecc.» delle serie VIII-XVI, «modelli geometrici di Schlegel» ed altri ancora in gesso e in filo di ferro non meglio specificati. La Germania all’avanguardia nella costruzione di modelli Il primo chiaro riferimento alla costruzione di modelli4 si trova nella rivista «Monatsberichte der K. Preußischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin» del 1863 dove si accenna alla presentazione da parte di Ernst Eduard Kummer di «E siami anche concesso di ringraziare il Consorzio per la bella collezione di modelli geometrici di cui ha dotato le nostre Scuole di Matematica, e che considero come arra di nuovi validi sussidi»2. Si trattava di modelli di superfici, in cartone, gesso, fil di ferro, da utilizzarsi a fini didattici acquistati con il contributo del Consorzio Universitario, creato dalla Provincia e dal Comune di Torino nel 1877 allo scopo di «contribuire con… determinata misura di concorso materiale al lustro e all’incremento degli Istituti Universitari di Torino». Gli inventari delle proprietà mobili della sezione matematica della Scuola di Magistero, attualmente conservati nella Biblioteca speciale di matematica Giuseppe Peano, consentono di risalire alle date di acquisto e di conoscere i costi. Il 26 gennaio 1882, per esempio, è registrato l’accesso di quarantasette «modelli di figure geometriche in gesso del Dott. L. Brill» delle prime serie I-VI, di sette «modelli di quadriche in cartone» e di otto «modelli di sviluppabili in filo del Prof. Björling» per un totale di 1265,60 lire. Dallo stesso inventario risulta anche l’acquisto di una «scansia di legno verni6 Enrico D’Ovidio un modello in gesso della superficie di Steiner che egli stesso aveva costruito5. È però a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento che prese l’avvio, in particolare in Germania, una produzione sistematica di modelli incentivata anche dal fiorire degli studi geometrici nel campo della geometria algebrica. Fra i primi centri ad interessarsi del settore vi era il Mathematische Institut der k. technischen Hochschule di Monaco che, sotto la direzione di Alexander Brill e di Felix Klein, promuoveva lo studio dettagliato e la produzione di modelli considerati un utile «Anschauungsmittel» nello studio e nella ricerca6. Il crescere dell’interesse fece sì che nel 1877 la casa editrice L. Brill di Darmstadt venisse incaricata della vendita dei modelli, che furono ripartiti in serie, ciascuna delle quali accompagnata da una spiegazione matematica, e messi a catalogo. In Italia Eugenio Beltrami (1835-1900), che nel suo Saggio di interpretazione della geometria non euclidea (1868) aveva fornito un’interpretazione della planimetria lobačevskiana per mezzo delle superfici a curvatura costante negativa o pseudosferiche, fu sicuramente uno dei primi a interessarsi della costruzione materiale di modelli. A quanto ci risulta, Beltrami costruì quattro modelli in cartone di superficie pseudosferica uno dei quali è tuttora conservato all’Istituto matematico dell’Università di Pavia, ma aveva anche pensato a una possibile realizzazione di tipo industriale, idea questa che lo indusse a scrivere una memoria allo scopo, come dice egli stesso, «di preparare gli elementi geometrici di una costruzione materiale, possibilmente facile ed esatta, della superficie stessa»7. Nella sua corrispondenza scientifica egli non perde occasione per insistere sulla duplice valenza dei modelli concreti, sia come strumento di verifica dei risultati ottenuti, sia come mezzo di scoperta. Nel 1899 la casa editrice Brill fu rilevata da Martin Schilling (prima ad Halle an der Saale e più tardi a Leipzig) che non solo propose la riproduzione delle vecchie serie, ma ne realizzò di nuove avvalendosi della collaborazione scientifica di Friedrich Schilling dell’Università di Göttingen. Nella circolare diffusa per dare l’annuncio del passaggio di consegne è scritto: «In avvenire, come in passato, rivolgeremo le nostre cure principali alla preparazione di modelli di matematica pura, in particolare a quelli relativi alla teoria delle cur- ve e superfici e alla teoria delle funzioni, entrambe intese nel loro significato più ampio; ma poi rivolgeremo la nostra attenzione alla matematica applicata, in particolare alla tecnica, in parte per la ragione che, corrispondentemente ai nuovi programmi d’esame per gli uffici scolastici superiori… essa verrà in avvenire maggiormente curata anche nelle Università»8. Il catalogo dei modelli pubblicato da Schilling si arricchì in breve tempo di nuovi esemplari tanto che nel 1911 contava quaranta serie con almeno 400 fra modelli e strumenti vari. Corrado Segre e l’uso dei modelli nella didattica Corrado Segre I modelli acquistati dalla Biblioteca speciale di matematica di Torino provengono perlopiù dai cataloghi di Brill prima e di Schilling poi, e rimane documentazione degli acquisti fino al 1919, anche se spesso non è indicata la relativa distinta o descrizione. Fra essi figurano anche i cinque solidi regolari - cubo, tetraedro, ottaedro, dodecaedro, icosaedro - prodotti dalla Casa editrice G. B. Paravia che da tempo realizzava, accanto ai testi scolastici, sussidi didattici per la scuola secondaria rispondenti ai nuovi indirizzi educativi, quali alfabetieri mobili, globi terrestri, carte geografiche, materiali naturalistici, collezioni di figure geometriche e altro ancora9. Altri modelli furono venduti alla biblioteca nel 1912 da Giuliano Pagliero, assistente di Giuseppe Peano10. A testimoniare l’uso frequente dei modelli per la didattica nelle lezioni di geometria e nelle conferenze per la Scuola di Magistero, rimane la documentazione relativa alle operazioni di restauro eseguite dai fratelli Pallardi di Torino. Nel novembre 1907 a D’Ovidio subentrò nella 7 direzione della biblioteca Corrado Segre (18631924), che mantenne questo incarico fino alla morte. Fondatore della celebre scuola italiana di geometria algebrica che annovera fra i suoi ranghi illustri matematici quali G. Castelnuovo, F. Severi, F. Enriques, G. Fano, B. Levi, A. Terracini, Segre incrementò la collezione di modelli che utilizzava ampiamente sia nelle sue lezioni di geometria superiore, sia in quelle per la scuola di Magistero: «Le lezioni di Corrado Segre avevano luogo il martedì, giovedì e sabato mattina dalle 10 alle 11, anticamente al primo piano nell’aula che occupava il posto preso poi dall’attuale antiaula magna, e più tardi, credo, in quell’aula XVII del secondo piano del Palazzo Universitario di via Po, alle cui pareti correvano gli armadi a vetri coi modelli geometrici di Brill»11. Come Beltrami, Segre era infatti convinto che i modelli consentissero talvolta di «vedere certe proprietà che con il solo ragionamento deduttivo non si sanno ottenere»12. Questa convinzione discendeva immediatamente dal suo modo di concepire la ricerca scientifica che si rifletteva anche sulla sua visione della didattica della matematica. Nelle lezioni che per diciannove anni (dall’a.a. 1887/88 all’a.a. 1891/92 e poi ancora dall’a.a. 1907/08 all’a.a. 1920/21) impartì alla Scuola di Magistero, egli affrontava anche questioni di tipo metodologico, mostrando di preferire nell’insegnamento secondario della matematica un approccio sperimentale e intuitivo in modo che l’allievo imparasse «non solo a dimostrare le verità già note, ma anche a fare le scoperte, a risolvere da sé i problemi». Segre era convinto che lo scopo della matematica fosse quello di insegnare «a ragionar bene; a non contentarsi di parole vacue; a trarre conseguenze dalle premesse, a riflettere e scoprire da sé;… a parlare con precisione», e che nell’insegnamento secondario non dovesse essere considerata come fine a se stessa, ma «nascere dal mondo esterno e poi a quello applicarsi»13. Per quanto riguarda la geometria, pertanto, proponeva un insegnamento di tipo sperimentale operativo che utilizzasse come sussidi didattici la carta millimetrata, il disegno e modelli di figure geometriche. Gino Loria, compagno di studi e amico di Segre, nella sua rivista «Bollettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche», pubblicata a Torino, forniva ai suoi lettori frequenti notizie sull’edizione di nuovi modelli14, e quando il comitato organizzatore del III Congresso interna8 zionale dei matematici (Heidelberg, 8-13 agosto 1904) decise di allestire una esposizione di modelli, dalle pagine della sua rivista invitò i matematici italiani a partecipare: «Sarebbe desiderabile che anche l’Italia partecipasse a siffatta mostra; ad es. non sarebbe possibile rintracciare ed inviare quel modello di superficie pseudosferica costruito dal Beltrami nell’epoca in cui elaborava il suo celebre Saggio d’interpretazione della geometria non euclidea?»15. Il resoconto sull’esposizione, che comprendeva anche una sezione libraria, si può leggere sugli atti del congresso dove è riportato anche l’elenco degli espositori, da cui risulta che l’Italia, presente con cinque case editrici, non espose modelli16. L’importanza dell’uso dei modelli nella didattica come mezzo per favorire l’intuizione fu sottolineata in due conferenze nel corso di un incontro della Commissione internazionale per l’insegnamento della matematica a Bruxelles nel 1910 da Felix Klein e da Peter P. Treutlein che presentarono in quell’occasione alcuni modelli appena editi dalla casa Teubner offrendo anche una dimostrazione del loro uso nella scuola17. Felix Klein La distruzione e la successiva ricostruzione della collezione L’8 dicembre del 1942 un bombardamento aereo su Torino colpì con spezzoni incendiari l’ultimo piano del palazzo dell’Università in via Po, in cui si trovava la Biblioteca. Se la maggior parte del patrimonio librario non subì danni, fu grazie a un gruppo di studenti e di docenti che alcuni giorni prima avevano trasportato i volumi nei sotterranei dell’edificio, guidati da M. Zeuli che coadiuvava R. Einaudi nella gestione della biblioteca, insieme a C. Agostinelli e G. Tanturri. Nell’incendio, insieme agli arredi e ad una sessantina di volumi, andò completamente distrutta la preziosa raccolta di modelli geometrici, come pure la ricca collezione di opuscoli che comprendeva, fra l’altro, dissertazioni di laurea o di dottorato pubblicate in Germania18. Solo quando la biblioteca si trasferì nella sede del palazzo di San Filippo, in via Carlo Alberto 1019 fu possibile iniziare l’opera di recupero e di riorganizzazione. Allo scopo di offrire un sostegno finanziario là dove se ne sentisse maggiormente l’esigenza, il rettore Mario Allara promosse nell’ottobre del 1951 una raccolta di dati e di fotografie relative all’opera di ricostruzione, sia per quanto concerneva l’edilizia, sia per il rinnovo del materiale tecnicoscientifico. Alessandro Terracini (1889-1968), dal 1948 direttore della biblioteca - che all’epoca aveva i caratteri di un vero istituto matematico - rispose che, per quanto concerneva il materiale tecnico-scientifico, «nel periodo 1945-50 la scuola aveva comperato due planimetri e tre regoli calcolatori, e aveva fatto eseguire alcuni pochi modelli geometrici per sostituire i più semplici fra quelli della preesistente collezione che era andata distrutta», che «non aveva avuto alcun contributo sul piano Marshall» e che il materiale suddetto era stato acquistato «su un fondo speciale messo a disposizione durante l’anno 1948/49»20. Per ricostituire almeno in parte la collezione andata distrutta, Terracini ottenne in prestito dal Politecnico di Torino una trentina di modelli fra quelli più in uso21. Il periodo d’oro per la costruzione di modelli in Germania era finito con la prima guerra mondiale. Nel 1932 M. Schilling informava l’Istituto matematico di Göttingen che negli ultimi anni non era apparso nessun nuovo esemplare. Il primo modello costruito dopo la guerra era stato quello della su- perficie di Peano e sebbene ve ne fossero di nuovi in preparazione, la loro produzione era stata rinviata a causa delle sfavorevoli condizioni di mercato22. Le ragioni economiche non furono sicuramente le uniche a determinare il perduto interesse per la costruzione di modelli, fu soprattutto il prevalere nella ricerca matematica di un punto di vista più astratto. In Italia invece nel 1951 l’Unione Matematica Italiana23, durante il suo IV Congresso nazionale a Taormina, promosse la ricostruzione dei modelli di superfici in gesso o in filo metallico andati distrutti durante la guerra e diede l’incarico al geometra Luigi Campedelli dell’Università di Firenze di coordinare l’iniziativa. Terracini vi aderì immediatamente e si mise in contatto con Campedelli che così gli scriveva: «Firenze, 16 febbr.1952 Carissimo Terracini, Ti chiedo scusa di non aver risposto subito alla Tua cartolina, della quale molto Ti ringrazio. L’indugio è dovuto al mio desiderio di poterTi dare qualche assicurazione concreta, cosa che per il momento non mi è possibile. Mi limito quindi ad esporti la situazione. Occorre fare una netta distinzione fra “modelli in gesso” e “in metallo”: poiché richiedono tutta una diversa organizzazione. E poiché è necessario fare una cosa alla volta, così ho cominciato ad occuparmi dei primi, pur non trascurando i secondi (per i quali Ti dirò che ho studiato la possibilità di sostituire i fili in metallo leggeri colorati con fili di nylon, ciò che porta una semplificazione di lavoro e una riduzione di spesa). Per i gessi non ho trovato la possibilità di farli fare a Roma: non c’è (o non ho saputo scoprire) un artigianato idoneo, come invece abbiamo a Firenze. Per di più qui posso valermi dell’Istituto di plastica della Facoltà di Architettura, che ho presieduto per molti anni e mi usa dei riguardi. Nasce quindi il problema di avere a Firenze i modelli dell’Università di Roma. Dal punto di vista pratico non esistono difficoltà, poiché qualunque buon spedizioniere si assume la responsabilità di fare il trasporto e l’imballaggio. Ed anche la spesa relativa è certamente inferiore a quella che implica un lavoro fatto a Roma e che richiederebbe dei miei sopralluoghi. C’è la difficoltà di poter avere il permesso di portar via i modelli (sempre, per ora, parlo dei gessi) dall’Istituto di Roma. Se si pretende di ottenere una autorizzazione ufficiale si fa nascere una questione di stato, o poco meno! Queste cose si risolvono invece sempre con grande semplicità attraverso rapporti personali. Occorre quindi esclusivamente l’aiuto del prof. Bompiani: a lui non mi sono rivolto perché mi ha promesso di farlo il prof. Sansone. Credo che gliene parlerà a marzo, in occasione del Congresso. Se ci sarai anche Tu, potrai autorevol9 mente, appoggiare la richiesta. Intanto io mi sono rivolto ad alcuni dei quotati “formatori” in gesso, e sto attendendo i preventivi: s’intende molto approssimativi, perché fino a quando non potrò mostrare gli originali non posso pretendere di conoscere la spesa esatta. Questo è tutto quanto per ora posso dirTi. Sono lieto che questa circostanza mi dia modo di ricordarmi a Te e di inviarTi i più cordiali saluti. Tuo Luigi Campedelli»24. I primi modelli a essere costruiti furono le cinque quadriche, delle quali Terracini acquistò solo l’iperboloide a una falda avendo già fatto riprodurre a Torino le rimanenti25. Nel «Bollettino della Unione Matematica Italiana» del dicembre 1952 sono elencati i primi modelli in gesso fatti costruire presso l’Università di Firenze da Campedelli: oltre alle cinque quadriche, compaiono quattro curve gobbe del terzo ordine tracciate su cilindri quadrici, diciannove superfici cubiche non rigate, quattro rigate gobbe del terzo ordine, sei superfici del quarto ordine, una superficie dell’ottavo ordine e le tre superfici pseudosferiche26. Fu l’Istituto matematico di Pavia che mise a disposizione la sua ricca collezione di modelli e furono alcuni artigiani di Firenze che si occuparono della riproduzione sotto il controllo della dottoressa Cesarina Dolfi che coadiuvava Campedelli nell’iniziativa. I modelli sono costruiti in «gesso duro finissimo e sono verniciati con sistemi moderni in sostituzione delle vecchie rivestiture con colle a base di caseina, che talvolta provocavano il formarsi di muffe e macchie»27. La biblioteca torinese acquistò trentadue di questi modelli28 rinunciando alle tre superfici pseudosferiche e alle tre di Kummer perché presenti fra quelle che erano state ricevute in prestito dal Politecnico di Torino. Nel giugno del 1953 Campedelli progettò la costruzione di una seconda serie di modelli «in filo di nylon, pluricolore, appositamente studiato, con castello in metallo (ottone, nichelio od alpacca)» e le prime superfici a essere costruite furono: l’iperboloide ad una falda con il cono asintotico, il paraboloide iperbolico e l’elicoide rigato in cinque casi diversi. La Società Rhodiatoce Italiana fece omaggio all’Unione Matematica Italiana del filo di nylon necessario per la costruzione29. Tutti i modelli furono ordinati da Terracini30, anche se attualmente gli elicoidi risultano essere solo tre. Nel 1956 la presidenza dell’Unione Matematica Italiana progettò la costruzione di una seconda serie di modelli in gesso particolarmente interessan10 ti per il settore della geometria differenziale31 e, Terracini, anche in questa occasione, inoltrò un ordine per la Biblioteca matematica32. Non risulta però che quest’ultima serie sia stata effettivamente realizzata. Nella Biblioteca speciale di matematica Giuseppe Peano33 è tuttora conservato un inventario che elenca settantasette modelli fra cui figurano, oltre a quelli fatti riprodurre da Campedelli, quelli acquistati dall’Istituto di geometria, quelli avuti in prestito dal Politecnico e quelli ricevuti in dono. L’inventario non è datato, ma risale quasi sicuramente al 1952, in quanto vi compaiono i modelli della prima serie realizzata da Campedelli, ma non quelli della seconda del 1953 che sono tuttora conservati nella biblioteca. La collezione di modelli oggi Attualmente la collezione consta di settantacique modelli che sono stati completamente restaurati nel 1997/98 da Piero Damarco per iniziativa del direttore del Dipartimento di matematica Franco Pastrone con un finanziamento del Centro Servizi Didattici (Ce.Se.Di)34 a cui si aggiungono due modelli in cartone ed un arco di parabola in metallo non restaurati. Esposte in apposite teche di vetro inserite fra le moderne strutture in verde turchino della biblioteca, queste belle “sculture” matematiche fanno ora mostra di sé nell’ampia sala delle riviste e delle collane conferendole un tocco di grande suggestione. In occasione del centenario della nascita della Mathesis (1995/96) e poi ancora per le celebrazioni dei 150 anni della Facoltà di Scienze dell’Università di Torino (1999/2000), i più suggestivi fra questi modelli sono stati esposti in mostra35. Oggi naturalmente esistono programmi sempre più sofisticati di computer-graphics che consentono di rappresentare gli oggetti matematici, di modificarli, di vederli da ogni angolazione, di entrare al loro interno e di scrutarne le proprietà, quindi sono venuti meno gli scopi per cui fu avviata la costruzione di modelli geometrici, ma le collezioni iniziate a partire dalle ultime decadi dell’Ottocento, oltre a costituire una testimonianza storica della didattica e della ricerca matematica di un’epoca, sono comunque oggetti dotati di un valore intrinseco per la loro bellezza plastica che la collezione della Biblioteca speciale di matematica “Giuseppe Peano” evidenzia in modo particolare. Note 1 Cfr. L. GIACARDI, C. S. ROERO, La Biblioteca speciale di matematica “Giuseppe Peano” in La Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali di Torino, 1848-1998, a cura di C. S. ROERO, Deputazione subalpina di storia patria, Torino, 1999, vol. I, pp. 437-458. 2 E. D’OVIDIO, Relazione delle cose più notevoli accadute durante l’anno scolastico 1880-81 nella R. Università di Torino, «Annuario Univ. Torino», 1881-1882, pp. 3-7, cit. p. 7. 3 4 Cfr. Inventario… dal 1 aprile 1881 al 31 marzo 1883, in Biblioteca speciale di matematica Giuseppe Peano (d’ora in poi BMP), Faldone Inventari Consorzio. G. FISCHER, Mathematical Models from the Collections of Universities and Museums, F. Vieweg & Sohn, Braunschweig, (bilingue tedesco-inglese) 1986. 5 Gesammtsitzung vom 26. November 1863, «Monatsberichte der Königlichen Preußischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin», 1863 (1864), p. 539. 6 Cfr. G. FISCHER, 1986, p. V; una documentazione sulla realizzazione tecnica dei modelli si trova nel Catalog der Modellsammlung des Mathematischen Instituts der kgl. Technischen Hochschule München, aufgestellt im Januar 1882 unter Leitung von Prof. A. Brill, citato da Fischer. 7 E. BELTRAMI, Sulla superficie di rotazione che serve di tipo alle superficie pseudosferiche, «Giornale di Matematiche», n. 10, 1872, pp. 147-159, cit. p. 147; Opere vol. II, pp. 394409. Cfr. in proposito anche L. GIACARDI, Beltrami, la pseudosfera e le geometrie non euclidee, in Conferenze e seminari, 1995-1996, Associazione Subalpina Mathesis e Seminario T. Viola, Torino, pp. 331-342. 8 Cfr. Pei collettori di modelli di matematica, «Bollettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche», a. II, 1899, p. 140. 9 Cfr. BMP, Faldone Fondi Consorzio, 1907-1911 e P. CASANA TESTORE, La Casa Editrice Paravia. Due secoli di attività: 1802-1984, Paravia, Torino, 1984, pp. 62-63. 10 Cfr. BMP, Faldone Fondi Consorzio, 1912-1926. 11 A. TERRACINI, Ricordi di un matematico. Un sessantennio di vita universitaria, Ed. Cremonese, Roma, 1968, p. 10. 12 C. SEGRE, Su alcuni indirizzi nelle investigazioni geometriche. Osservazioni dirette ai miei studenti, «Rivista di Matematica», n. 1, 1891, pp. 42-66, cit. p. 54.; Opere, vol. IV, pp. 387-412. 13 Cfr. le lezioni manoscritte di C. SEGRE, [Appunti relativi alle lezioni tenute per la Scuola di Magistero] in BMP, Fondo Segre; ora in I quaderni di Corrado Segre, a cura di L. GIACARDI, CD-ROM, Dipartimento di Matematica, Università di Torino, Torino, 2002, pp. 15, 16, 42. 14 Cfr. per esempio «Bollettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche», a. II, 1899, p. 140; a. IV, 1901, p. 126; a. VII, 1904, p. 64; a. VIII, 1905, p. 96; a. X, 1907, p. 32; a. XIV, 1912, p. 128 e a. XV, 1913, p. 32. 15 «Bollettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche», a. VII, 1904, p. 64. 16 Cfr. Modellaustellung, in Verhandlungen des dritten interna- tionalen Mathematiker-Kongresses in Heidelberg vom 8 bis 13 August 1904, G. B. Teubner, Leipzig, 1905, pp. 731-736. 17 Cfr. Compte rendu des séances de la Commission et des conférences sur l’enseignement scientifique et sur l’enseignement technique moyen, «L’Enseignement mathématique», a. XII, 1910, pp. 391-392 e p. 388. 18 Cfr. Parole del prof. Alessandro Terracini, in Atti del Conve- gno Internazionale di Geometria algebrica tenuto a Torino nei giorni 24-27 maggio 1961, Rattero, Torino, 1962, p. 11; TERRACINI 1968, p. 10 e BMP, Fondo Corrispondenza, anno 1952, Inchiesta sulle biblioteche, dicembre 1949, Nota illustrativa sulle distruzioni e ricostruzione delle apparecchiature scientifiche della Biblioteca Matematica, n. 1628. 19 Cfr. Archivio Storico dell’Università di Torino, Affari ordina- ti per classe, XIV B 419. 20 Cfr. la lettera di M. Allara ad A. Terracini, Torino, 23.10.1951 e quella di A. Terracini a M. Allara, Torino, 3.11.1950, in BMP, Fondo Corrispondenza, anno 1950, n. 967. 21 Cfr. A. TERRACINI, Elenco dei Modelli Geometrici ricevuti in prestito dal Politecnico da parte della Biblioteca Matematica, Torino, 15.3.1949, in BMP, Faldone Modelli. 22 Cfr. G. FISCHER, 1986, p. X. 23 Modelli per gli insegnamenti di Geometria e di Analisi, «Bollettino della Unione Matematica Italiana», n. 3, a. VI, 1951, p. 366. 24 Cfr. la lettera di L. Campedelli ad A. Terracini, Firenze, 16.2.1952, in BMP Fondo Corrispondenza, a. 1952, n. 1445. 25 Cfr. la lettera di A. Terracini a L. Campedelli, Torino, 18.3.1952, in BMP, Fondo Corrispondenza, a. 1952, n. 1486. 26 Primo elenco di modelli fatti costruire presso l’Università di Firenze a cura del prof. L. Campedelli, «Bollettino della Unione Matematica Italiana», n. 3, a. VII, 1952, pp. 465-467. 27 Costruzione di modelli geometrici, «Bollettino della Unione Matematica Italiana», n. 3, a. VII, 1952, p. 362. 28 Cfr. la lettera di L. Campedelli ad A. Terracini, Firenze, 29.1.1953, in BMP Fondo Corrispondenza, a. 1953, n. 1753. 29 Modelli geometrici a cura del Prof. L. Campedelli, «Bollet- tino della Unione Matematica Italiana», n. 3, a. VIII, 1953, p. 229, e la lettera di L. Campedelli ad A. Terracini, Firenze, 7.6.1953, in BMP Fondo Corrispondenza, a. 1953, n. 1945. 30 Cfr. la lettera di A. Terracini a L. Campedelli, Torino, 10.7.1953, in BMP Fondo Corrispondenza, a. 1953, n. 1945. 31 Modelli geometrici, «Bollettino della Unione Matematica Italiana», n. 3, a. XI, 1956, p. 635. 32 Cfr. la lettera di A. Terracini a L. Campedelli, Torino, 14.1.1957, in BMP Fondo Corrispondenza, a. 1957, n. 3208. 33 Cfr. BMP, Faldone Modelli. 34 Per una descrizione cfr. A. CAVAGNERO, G. FERRARESE, La collezione dei modelli di superfici del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, in Conferenze e Seminari 1997-1998, Associazione Subalpina Mathesis, a cura di E. GALLO, L. GIACARDI, C. S. ROERO, Torino, 1998, pp. 219-234 e G. FERRARESE, F. PALLADINO, Sulle collezioni dei modelli matematici dei Dipartimenti di Matematica dell’Università e del Politecnico di Torino, «Nuncius. Annali di Storia della Scienza», n. 13, 1998, pp. 169-185. Cfr. anche L. GIACARDI, La collezione di modelli geometrici della Biblioteca speciale di matematica”G. Peano”, in La memoria della scienza. Musei e collezioni dell’Università di Torino, a cura di G. GIACOBINI, Torino, Fondazione CRT 2003, pp. 251-256. Nel sito http://www.dm.unito.it/modelli/index.html compare la descrizione matematica dei modelli e una loro raffigurazione con la computer-graphics. 35 Cfr. Dal compasso al computer. Guida alle mostre, a cura di L. GIACARDI, C. S. ROERO, Associazione Subalpina Mathesis, Torino, 1996, pp. 48-49 e M. BARRA, L. GIACARDI, I due Volti del Sapere. Centocinquant’anni delle Facoltà di Scienze e di Lettere a Torino, Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, 1999, p. 197 e 204. 11