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PROVINCIA DI LATINA
MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE
“PERCORSO DELLA MEMORIA”
M.A.V.M. S.Ten.
Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
La mostra, promossa e realizzata nell’ambito del “Percorso della memoria”,
in occasione del 60° Raduno Nazionale dei Bersaglieri,
è stata realizzata dalla PROVINCIA DI LATINA
Ideazione: Domenico TIBALDI
Progetto della mostra: Ada BALESTRA
Ricerche documentarie: Ada BALESTRA, Bers.Giusto MEAZZO,
Bers.Rino MIONI, Magg.Bruno RACCAMARICH, Gen.Elio RICCIARDI,
Domenico TIBALDI.
Coordinamento scientifico e redazione testi: Ada BALESTRA
Un ringraziamento particolare alla signora Benedetta FIORILLO per la
messa a disposizione del prezioso materiale fotografico e delle carte
dell’archivio della famiglia Quartulli.
Crediti
Associazione Nazionale Bersaglieri
Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico
Provincia di Latina, Settore Politiche della Scuola
Comune di Terracina
Archivio di Stato di Latina
Grafica: A2adv
Stampa digitale: M.M.GRAFICA (Latina)
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
I BERSAGLIERI
La storia delle Fiamme Cremisi dal 1836 alla Guerra italo-turca
1. OBBEDIENZA
2. RISPETTO
3. CONOSCENZA ASSOLUTA DELLA PROPRIA CARABINA
4. MOLTO ESERCIZIO DI TIRO
5. GINNASTICA DI OGNI GENERE FINO ALLA FRENESIA
6. CAMERATISMO
7. SENTIMENTO DELLA FAMIGLIA
8. AMORE AL RE
9. AMORE ALLA PATRIA
10. FIDUCIA IN SE’ FINO ALLA PRESUNZIONE
DALLA CAMPAGNA DEL 1866 ALLA BRECCIA DI PORTA PIA
LA NASCITA DEL CORPO
In questo periodo il numero dei battaglioni aumentò di nuovo. Si passò a 45 e successivamente a 50. Solo i primi 40 appartenevano all’esercito operante (di prima linea), il
41° fu aggregato al corpo dei volontari e gli altri 9 passarono alla riserva generale.
I reparti bersaglieri impegnati furono circa quaranta. Otto per ogni corpo d’armata, il
primo comandato dal generale Durando, il secondo dal generale Cucchiari ed il terzo
dal generale Morozzo della Rocca. 16 reprti furono affidati all’Armata del Po comandata
dal generale Cialdini. Presero parte alle più importanti battaglie, ottenendo riconoscimenti come medaglie di bronzo e d’argento al V.M.
Nel settembre del 1866 i battaglioni 46°, 47°, 48°, 49° e 50° furono soppressi e sul finire
dell’anno i reggimenti, costituiti su 9 battaglioni, soppressero la 4° compagnia.
Dopo sei anni di tensioni e falliti tentativi di annessione, il 12 settembre 1870, forti di
60.000 uomini, le truppe italiane passarono il confine dello Stato Pontificio.
Diciassette battaglioni bersaglieri parteciparono all’operazione. L’attacco principale si
ebbe a Roma, a Porta Salaria e a Porta Pia; era il 20 settembre del 1870. lI 12° battaglione, in un impetuoso assalto si gettò sulla braccia aperta dal tiro dell’artiglieria a Porta
Pia. Nelle prime ore del pomeriggio Roma venne occupata interamente, e col plebiscito
del 2 ottobre entrò a far parte del Regno d’Italia.
Il corpo dei bersaglieri nacque per volontà del capitano Alessandro La Marmora, che ottenne dal re Carlo Alberto, con R.D.
del 18 giugno 1836, la creazione della 1° Compagnia del Corpo dei Bersaglieri.
La Marmora voleva formare reparti celeri di carabine che dovevano avere una notevole possibilità di rapidi spostamenti
caratterizzati da un fuoco preciso ed utile alle piccole distanze: l’intento era quello di avere a disposizione reparti di fanteria celere. I bersaglieri dovevano avere grande resistenza alle fatiche, per effettuare tanti e rapidi spostamenti, ottima
mira con la carabina e intelligenza per trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto.
La Marmora riassunse nel noto decalogo l’istruzione e l’educazione bersaglieresca.
I bersaglieri furono armati di una speciale carabina che aveva il vantaggio, rispetto a quelle in uso, di essere più leggera
e di avere un tiro più celere. L’anno successivo, nel 1837, fu costituita la 2° compagnia bersaglieri.
Nel 1848, all’atto della guerra contro l’Austria, le compagnie diventarono 6 più una settima di volontari studenti.
Queste 7 compagnie erano suddivise in 2 battaglioni, il primo di 4 compagnie, con quella dei volontari, il secondo di 3.
La bandiera fu adottata con Regio Decreto di Carlo Alberto dell’11 aprile 1848.
I Bersaglieri, in quanto ordinati al livello massimo di battaglione, non avevano né potevano avere la Bandiera, affidata soltanto ai Reggimenti. Non la ebbero nemmeno alla fine del 1870 quando i loro battaglioni furono ordinati in Reggimenti. Si ritenne, forse, che essa con le sue dimensioni, impedisse all’alfiere di sfilare di corsa alla testa del Reggimento. Quando, infatti, si giunse – il 19 ottobre 1920 –
a consegnare anche ad essi il drappo tricolore, si ricorse al labaro col quale la corsa si effettuava agevolmente.
Il 7 giugno del 1938, infine, il Labaro venne sostituito dalla Bandiera nazionale, adottando un
“formato ridotto” che offrisse meno resistenza al vento nella corsa. Con l’avvento della Repubblica, il “formato ridotto” lasciò il posto al “tipo unico”. L’alfiere dei Bersaglieri, tuttavia, ha
continuato a sostenerla in modo da farla sventolare in alto, visibile da lontano a tutto il reparto.
LA PRIMA GUERRA DI
INDIPENDENZA E LA GUERRA
DI CRIMEA
La guerra del 1848 fu per la neonata specialità l’occasione per dimostrare la sua attitudine al combattimento, distinguendosi negli importanti scontri avvenuti a Goito, Monzambano, Borghetto,
Mantova, Villafranca, Pastrengo, Santa Lucia di Verona, Calmasino, a Monte Torre, Valeggio,
Novara. Nel marzo del 1849 viene creato il 10° battaglione.
Nel 1855 il Piemonte, a seguito dell’aiuto che Francia ed Inghilterra diedero alla Turchia, inviò
Goito, lapide dedicata al Alessandro La Marmora
contro la Russia un contingente di 15.000 uomini. Tra questi, i bersaglieri mandarono le prime 2
compagnie di ogni battaglione, per un totale di 10 compagnie suddivise in 5 battaglioni provvisori che nella notte tra il 15 e il 16 agosto riuscirono a sconfiggere i russi, conquistando
per primi le rive della Cernia. Fu li che il 6 giugno, colto da colera, il fondatore del corpo dei bersaglieri Alessandro La Marmora morì in una capanna nei pressi di Kandikoì.
LE CAMPAGNE DAL 1859 AL 1866:
DA CORPO DEI BERSAGLIERI A BERSAGLIERI
Il 26 aprile 1859 il Piemonte, alleato della Francia, dichiarò guerra all’Austria. Alla campagna parteciparono 10 battaglioni bersaglieri, 2 per ogni divisione, conquistando
importanti decorazioni. Dopo l’armistizio di Villafranca, con il passaggio della Lombardia al Re di Sardegna, i battaglioni bersaglieri divennero 16, e con i reparti provenienti dai governi provvisori di Emilia e di Toscana passarono a 27. Furono costituite quattordici compagnie deposito ed il comando del corpo fu affidato ad un ufficiale
Generale. Nella guerra contro lo Stato Pontificio furono coinvolti diversi reparti di bersaglieri, tutti decorati con Medaglia di Bronzo al V.M.
Con la proclamazione del Regno d’Italia il corpo subì notevoli modifiche. I battaglioni furono portati a 36, e la denominazione passò da Corpo dei Bersaglieri semplicemente a Bersaglieri. Il 31 dicembre 1861 furono creati 6 reggimenti bersaglieri su 6 battaglioni, per un totale appunto di 36. L’anno successivo aumentarono i battaglioni (40)
inquadrati, però solo su 5 reggimenti, 8 battaglioni per reggimento.
Dopo un breve periodo di pace, ai due battaglioni bersaglieri guidati da Garibaldi che combatterono in Aspromonte fu concessa la Medaglia di Bronzo al V.M.
I BERSAGLIERI DOPO LA
COSTITUZIONE DELL’ESERCITO ITALIANO
L’Esercito italiano si costituì, dopo il 1870, su 10 corpi d’armata ed i bersaglieri su 10 reggimenti (di 4 battaglioni),
uno per corpo d’armata. Fu soppressa la numerazione dei battaglioni, sostituita dalla progressione numerica da 1
a 4 per ogni battaglione. Nel 1883 l’Esercito Italiano si ordinò su 12 corpi d’armata ed i reggimenti passarono a 12,
ma su 3 battaglioni. Nel cinquantenario della fondazione dei fanti piumati (1886) Umberto I restituì ai battaglioni
la vecchia numerazione che era stata modificata nei ‘70.
LA GUERRA ITALO-TURCA: 1911-12
NASCE LA PRIMA COMPAGNIA CICLISTI
Nel settembre del 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia sbarcando truppe in Tripolitania ed in Cirenaica. Al corpo di spedizione parteciparono l’8° e l’11° reggimento (successivamente anche il 4°).
Tra i combattimenti più importanti non si può certo tralasciare Sciara Sciat, per il quale l’11° reggimento
fu decorato di Medaglia d’Oro al V.M. Nell’estate del 1912 una compagnia bersaglieri ciclisti fu, per la
prima volta in assoluto, impiegata in zona di guerra. La specialità era nata verso la fine dell’800.
Il capitano Camillo Natali, sulla spinta delle nuove innovazioni tecnologiche, formò, con elementi del 12°
reggimento, la 1° compagnia ciclisti.
A quel capitano e al maggiore Cantù (che divenne poi generale) va il merito della nascita dei reparti ciclisti. Durante le manovre di cavalleria del 1899, visti i risultati ottenuti dalla prima compagnia, si pensò di potenziare la specialità formandone altre due.
Le tre compagnie vennero assegnate ai reggimenti 3°, 4° e 5°. Successivamente, nel 1905, ogni 1° e 2°
compagnia ciclisti dei reggimenti divenne compagnia ciclisti con compiti di coadiuvare la cavalleria.
I bersaglieri ciclisti aumentarono fino a che, nel 1910, ogni reggimento ebbe un battaglione bersaglieri ciclisti con la numerazione del reggimento, per cui il 3° battaglione
bersaglieri ciclisti, divenne il battaglione ciclisti del 3° reggimento bersaglieri. Il 4° reggimento fu inviato a Rodi presidiata dai Turchi, mentre l’11 reggimento si distinse
particolarmente ad Assaba, dove fu nuovamente decorato, stavolta con una Medaglia di Bronzo al V.M.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
I BERSAGLIERI
La storia delle Fiamme Cremisi dalla grande Guerra ad oggi
1. OBBEDIENZA
2. RISPETTO
3. CONOSCENZA ASSOLUTA DELLA PROPRIA CARABINA
4. MOLTO ESERCIZIO DI TIRO
5. GINNASTICA DI OGNI GENERE FINO ALLA FRENESIA
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
E L’IMPRESA DI FIUME
Agli inizi della prima guerra mondiale i bersaglieri erano disposti su 12 reggimenti. Ognuno composto da 1 comando, 3 battaglioni a piedi, 1 ciclisti
e di un deposito.
Dalla fine del 1914 agli inizi del 1915 furono costituiti diversi battaglioni di milizia mobile. Inoltre, per sostituire i battaglioni situati in colonia e
in Albania, furono costituite unità con gli stessi numeri ma bis.
I battaglioni ciclisti avevano una composizione diversa da quelli a piedi. Questi ultimi erano su 3 compagnie da 250 bersaglieri, i ciclisti, sempre
su 3 compagnie ma da 150 unità.
Sia i reggimenti che i battaglioni ciclisti erano dotati di una sezione mitragliatrici da due armi. I bersaglieri ciclisti erano autonomi e dipendevano
dal comando supremo, non dai reggimenti assegnati. Solo nei 1916 furono creati dei Gruppi Battaglioni Bersaglieri Ciclisti che non avevano numerazione, ma prendevano il nome del comandante, che era il più alto in grado dei comandanti di battaglione o, a parità di grado, il più anziano.
Il 15 gennaio 1918 ci fu la nascita ufficiale di 4 gruppi bersaglieri ciclisti (1°, 2°, 3° e 4°) su 3 battaglioni ognuno. Successivamente il 2° ed il 3° vennero sciolti e 2 loro battaglioni confluirono nella 1° e 2° divisione d’assalto.
I battaglioni ciclisti avevano una sezione di pistole mitragliatrici. I bersaglieri a piedi che presero parte alle battaglie sul suolo nazionale erano
inizialmente su 12 reggimenti (con il 10 bis), e nell’ottobre del 1917 diventarono 21. Oltre a questi furono costituiti 3 reparti d’assalto, il 26°, il 72°
ed i 19° (successivamente 23°).
Per breve tempo fu costituito un 22° reggimento bersaglieri di marcia. Le sezioni mitragliatrici, di cui abbiamo accennato, erano in tutto 115, 84 con mitragliatrici Fiat,
31 con Saint Etienne. Nel novembre del 1917 furono costituite alcune sezioni motomitragliatrici e, il 1/8/1918, fu creata una compagnia su 6 armi. Nel periodo tra giugno
e novembre del 1917, un piccolo distaccamento operò in Palestina. In quel periodo fu diminuita la forza dei battaglioni (a piedi), passando a 175 unità per compagnia. Ad
ogni battaglione fu assegnata una sezione lancia torpedini che divenne, per i reparti a piedi nel 1918, sezione lancia-bombe. Nello stesso periodo le compagnie scesero a
145 unità ed ogni reggimento costituì un plotone d’assalto. Tra la fine del ‘17 e la metà del ‘18, furono sciolti 3 reggimenti (9°, 15° e 21°) e 4 battaglioni ciclisti (2°,6°,9° e
10°). Durante la campagna i reparti bersaglieri operarono su tutto il fronte. Ventuno reggimenti bersaglieri ed i 3 reparti d’assalto furono insigniti della Croce di Cavaliere
dell’Ordine Militare di Savoia. Quattro Medaglie d’Oro, 16 d’Argento e 14 di Bronzo fregiarono i vari reggimenti, i battaglioni ciclisti e anche i reparti d’assalto.
All’Impresa di Fiume presero parte alcuni reparti di fanti piumati, e in particolare: 37° e 43° battaglione del 4° reggimento; 46° battaglione del 5° reggimento; 8° battaglione ciclisti; 1 nucleo di bersaglieri dell’11°reggimento.
Oltre a questi reparti altri bersaglieri si unirono all’impresa. I reparti rimasero fino al 10 gennaio 1921, quando gli ultimi bersaglieri lasciarono Fiume.
L’ordinamento del 1919 (R.D 214 deI 21 dicembre 1911) riduceva a 12 i reggimenti, solo i primi con un battaglione ciclisti. L’anno successivo, prima viene creato l’11° reggimento speciale inviato a Marienwerder sulla Vistola a presidio della zona assegnata all’Italia, poi con R.D. 4512 del 20 aprile 1920, il corpo viene ridotto a
soli 4 reggimenti, senza alcun reparto ciclisti. Ma anche questa situazione durò
poco. L’anno successivo (R.D. 12 del 7 gennaio 1923) venne riordinato il Corpo
su 12 reggimenti, 6 a piedi e 6 ciclisti. Intanto i bersaglieri, che non avevano la
bandiera di guerra, ricevettero il labaro. Con la circolare ministeriale n. 3760
del luglio 1924 anche gli altri 6 reggimenti a piedi divennero ciclisti. Nel 1926
con l’ordinamento Mussolini vennero confermati 12 reggimenti, i battaglioni furono caratterizzati dal numero romano (questo fino al 1975) e, con R.D. 247 del
20 maggio 1932, ebbero i loro motti araldici. Nello stesso anno ogni battaglione
ebbe in organico una compagnia mitragliatrici Fiat, su 4 armi in pace e 12 in guerra.
LA SECONDA
GUERRA MONDIALE
Sul fronte dell’occupazione dell’Albania il corpo di spedizione era composto
da 2 scaglioni, del primo facevano parte 12 battaglioni bersaglieri, 9 ciclisti, 1
motociclista, 1 autoportato ed 1 misto. I reparti bersaglieri che parteciparono
all’occupazione dell’Albania erano così inquadrati: Colonna Durazzo: comando
del 2° reggimento; Colonna S. Giovanni di Medua: comando del 9° reggimento;
6. CAMERATISMO
7. SENTIMENTO DELLA FAMIGLIA
8. AMORE AL RE
9. AMORE ALLA PATRIA
10. FIDUCIA IN SE’ FINO ALLA PRESUNZIONE
Colonna di Valona: comando del 1° reggimento; Colonna di Santi Quaranta: comando del 12° reggimento. Nel giugno del 1940 , con l’inizio della Seconda guerra mondiale,
i reparti dei bersaglieri utilizzati per le operazioni contro la Francia furono i reggimenti 4°, 1° e 9°. Altri 4 reggimenti furono trasferiti alla frontiera occidentale ma non
parteciparono alle operazioni, precisamente: il 3°, il 7°, l’8° e il 12°. Le operazioni iniziate l’11 giugno terminarono il 25 dello stesso mese. In Africa Orientale c’era un solo
battaglione, il 3°, aggregato all’11° reggimento Granatieri di Savoia. Tutti gli uomini caddero o furono fatti prigionieri: gli ultimi 50 si arresero l’8 aprile.
Durante la Campagna di Grecia, che durò dal 28 ottobre 1940 al 24 aprile 1941, quattro furono i reggimenti bersaglieri impegnati che pagarono un alto tributo in vite umane
e sofferenze. Il 1° reggimento, il 2°, il 4° ed il 5°. Tra il maggio e l’agosto del 1941, tutti i reparti bersaglieri rientrarono in Italia. Non era ancora terminata la campagna di
Grecia, e I’Italia con la Germania e gli altri alleati attaccò la Jugoslavia: la campagna vera e propria durò dal 6 al 18 aprile, ma nella realtà la guerra in Jugoslavia terminò
alla fine del 1945. Oltre a 5 reggimenti bersaglieri, il 1°, il 3°, il 6°, l’11° ed il 12°, partecipò il battaglione bersaglieri di Zara ed il XXll/5° motociclisti.
Iniziata la campagna sul Fronte Orientale, il nostro esercito inviò un corpo di spedizione (C.S.l.R.) composto da 3 divisioni: Pasubio, Tonno e Principe Amedeo Duca d’Aosta
(celere). In quest’ultima divisione confluì il 3° reggimento bersaglieri, così composto: battaglioni XVIII, XX e XXV, 3 compagnie motociclisti (1°, 2°, 3°), 2 compagnie controcarro (172° e 173°) ed il 122° autoreparto.
Nelle varie azioni i reparti vennero spostati alle dipendenze delle varie unità. Alla fine del 1941 il reggimento aveva perso la metà degli effettivi, così ne fu inviato uno nuovo,
il 6°, reduce dalla Jugoslavia. Questo risultava composto da 3 battaglioni, il VI, XIII e XIX, 106° compagnia motociclisti, 272° cannoni e dal XIV autogruppo. La 17° motociclisti e la 72° cannoni, che appartenevano al 6°, erano in Africa Settentrionale mentre la 2° motociclisti e la 172° cannoni erano già in Russia con il 3° reggimento. Dall’Italia,
per rinforzare il 3° giunse il 103° battaglione complementi bis con 600 uomini. Nell’estate del 1942 arrivò un nuovo battaglione, si trattava del LXVII reparto di bersaglieri
corazzato su carri L6-40. Con 3 compagnie motociclisti, la 106°/6°, la 2°/6° e la 3°/3° fu costituito il XLVII battaglione motociclisti. Il 9 luglio il C.S.I.R. diventò XXXV corpo
d’armata inquadrato neIl’8° armata Italiana. Verso la fine del dicembre 1942, il 3° reggimento venne praticamente distrutto in combattimento! Anche il 6°, a causa delle
gravi perdite, fu ricostituito: comando, VI e XIX battaglione (con alcuni superstiti del 3°) e altri reparti minori.
Il reggimento tornò in Italia verso la fine di marzo deI 1943. Alcuni scampati dalla distruzione deI 3° vennero riuniti Il 14 marzo presso il comando celere, a Sytnlcovo, per
far parte di un nucleo provvisorio deI 3° comandato da un capitano che li riportò in Patria alla fine del marzo 1943. Dopo aver perso l’Africa Orientale, il nostro esercito
presidiava quella Settentrionale. La campagna durò dal 10 giugno 1940 ai primi mesi del 1943, con diversi capovolgimenti di fronte.
I reparti bersaglieri impiegati, in questo lungo periodo, furono i seguenti:10° rgt, su 3 battaglioni, XVI, XXXIV e LXIII, diverse compagnie di bersaglieri motociclisti assegnati alle varie divisioni; plotone bersaglieri motociclisti assegnato alla colonna Maletti; plotone motociclisti assegnato al comando del corpo d’armata libico; 60° compagnia; 22° assegnata alla Divisione Sirte; 8° reggimento su 3 battaglioni, III (Motociclisti), V e XII (Autoportato), 132° e 142° compagnia cannoni e la 72° del 6°; 7° reggimento
su 3 battaglioni, VIII, X e Xl e 1° compagnia cannoni; 9° reggimento, su 4 battaglioni, XXXII, XXVII e XXX, XL compagnia cannoni, più due compagnie del 3° reggimento,
la 30 e la 73; 5° reggimento, dal dicembre deI 1942, su 4 battaglioni, XIV, XXII e XXIV, più la 5° motociclisti; 12° rgt su 3 btg, XXI, XXIII e XXXVI; LXX btg bersaglieri motomitraglieri. Nel maggio del 1943 rientrarono dall’Africa Settentrionale in Italia gli ultimi bersaglieri. Dopo lo sbarco del 10 luglio, la Sicilia era difesa dalla 6° Armata.
I reparti bersaglieri erano i seguenti: 10° reggimento, su 3 battaglioni, XXXV, LXXIII e il LXXIX; 177° reggimento bersaglieri territoriale mobile, su 3 battaglioni formati
dai depositi, DXXV, DXXVI e il DXXVII; 1° battaglione bersaglieri controcarro;
LI battaglione bersaglieri; 542° battaglione costiero; DLVIII battaglione dislocato in Calabria.
IL SECONDO DOPOGUERRA
E LE MISSIONI DI PACE
In questi ultimi cinquant’anni l’Esercito Italiano è stato più volte riorganizzato.
Da reggimenti a battaglioni, poi nuovamente a reggimenti. Attualmente i reggimenti sono 6
e le loro Bandiere sono decorate di 12 Medaglie d’Oro, 11 Medaglie d’Argento, 28 Medaglie di
Bronzo al Valor Militare e di 9 Croci di Cavaliere dell’O.M.I.
Brigate:
B B G.
Reggimenti:
1º B  C, B B G.
3º B  C T (CA), B M “S”.
6º B  T, B M “A”.
7º B  B, B M “P”.
8º B  C, B B G.
11º B  O S (PN), 132ª B  “A”
(tratto dall’articolo “I fanti piumati con le fiamme cremisi”, pubblicato sulla rivista “UNIFORMI E ARMI” del settembre
2001)
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
I BERSAGLIERI
Le vicende del battaglione ciclisti “Zara”e della sua città
dai racconti di Elio Ricciardi e Oddone Talpo
Per comprendere il motivo della costituzione di un reparto militare così peculiare come il Battaglione Zara, e del vincolo che ancora oggi unisce i suoi pochi superstiti, occorre cominciare dal 12 settembre 1919, ossia dalla “Marcia di Ronchi” di Gabriele D’Annunzio e dei suoi Legionari. Un gesto di aperta sfida allo Stato
italiano, che portò all’occupazione di Fiume ed alla proclamazione, un anno dopo, della Reggenza Italiana del Carnaro.
Il 14 novembre 1919 entravano in Zara una compagnia di bersaglieri del reggimento “Bersaglieri di Fiume” (nuova unità che raggruppava i reparti piumati aderenti all’iniziativa dannunziana) e del battaglione “Randaccio”.
Buona parte della Dalmazia veniva annessa all’Italia, realizzando l’aspirazione più profonda dei Dalmati italiani. Il battaglione Zara si portava a Traù (Trogir).
Il 12 novembre 1920 fu siglato tra Italia e Jugoslavia il Trattato di Rapallo, che prevedeva la cessione di Fiume
all’Italia ed il ritorno alla Jugoslavia della Dalmazia, fatta eccezione per Zara e le isole di Lagosta e Pelagosa.
La situazione era ancora tranquilla ed i Bersaglieri erano beni accolti dalla popolazione. Il 2 giugno il battaglione
celebrò la festa dello Statuto sfilando sul lungomare di Spalato fra applausi scroscianti.
Il 24 dicembre 1920 le truppe regolari italiane attaccarono le forze dannunziane sia a Fiume che a Zara, avendone
ragione in breve tempo. Ma le peculiarità della posizione di Zara, lembo d’Italia in terra straniera, portarono
nel 1929 alla dislocazione in città del 9° Reggimento Bersaglieri al comando del Colonnello Giovanni Messe.
Profondo divenne il legame tra i Fanti Piumati e la città dalmata, suggellato da esibizioni quotidiane della fanfare, dalla creazione di un caratteristico inno e dall’elevato numero di matrimoni tra bersaglieri e
donne del posto.
La situazione cominciò gradualmente a peggiorare dopo l’attacco all’URSS, iniziato il 22 giugno 1941: al di fuori
della Dalmazia annessa erano cominciati da parte degli ustascia croati i massacri delle popolazioni serbo-ortodosse, ebraiche e zingare.
Il 3 agosto 1941 il btg. Zara fu fra i primi ad intervenire per fermare le stragi di ortodossi a Gracac, nella Lika.
Rientrò in Dalmazia dopo che nella zona era intervenuto il 6° rgt. bersaglieri, che si distinse nel salvataggio e
nella pacificazione delle popolazioni. Il btg., dopo essere tornato a Traù, fu inviato a Ragusa di Dalmazia e successivamente in Erzegovina.
Nell’ottobre si trasferì in Bosnia, a Sanski Most, fino al giugno successivo.
La situazione era difficilissima. I presidi, come quello di Sanski Most, erano isolati dalla neve (con temperature
frequentemente tra i -20° e i – 30°) e dai partigiani, dai quali erano spesso attaccati.
Nell’opera di pacificazione il btg. fu aiutato dallo spirito zaratino che univa, ad un sentimento nazionale forse
insuperato, l’abitudine a rapportarsi con nazionalità ed etnie diverse. Riuscì così a creare un clima quanto più
disteso possibile tra le diverse etnie e nei suoi confronti, tanto che i reduci riescono a conservarne un ricordo addirittura gradevole.
Frattanto Il 1° gennaio 1936 viene costituito il Comando Truppe del Presidio di Zara articolato su Fronte a Terra (btg. mtr. Diaz, btg. mtr. Cadorna, btg. b., cp. mecc., cp. mista g., cp. t. g., pi. chimico, ecc.)
e Comando Artiglieria (gr. Chiarie, Ederle e Fadini). Successivamente viene costituito anche il btg. mtr.
Rismondo e il III gr. della 10° Legione Milizia Artiglieria Controaerea. Le forze del Comando truppe del
presidio di Zara erano dislocate nell’enclave di Zara, racchiusa in territorio jugoslavo.
Il 9° Reggimento lasciò la città il 21 gennaio 1936, ed al suo posto rimasero due battaglioni mitraglieri (non
bersaglieri) e un battaglione bersaglieri di nuova costituzione, che per l’appunto prese il nome di Battaglione Bersaglieri Zara. Nasce così il Battaglione Zara, mentre il 9° Reggimento lascia la città per portarsi
a Tarvisio e Pontebba, al confine con l’Austria, come guardia di frontiera.
Nel giugno dello stesso anno fu equipaggiato con le biciclette, e divenne dunque Battaglione Bersaglieri
Ciclisti Zara. I bersaglieri del Battaglione provenivano da tutta Italia, ma in particolare da Marche, Emilia, Veneto, Romagna e Toscana. Gli elementi zaratini presenti nei suoi quadri, in special modo fra gli ufficiali, erano numerosissimi; ciò contribuì a conferire al reparto un elevato spirito “di corpo”, accentuato
dalla sensazione di isolamento che il battaglione viveva assieme alla città.
Il battaglione veniva a raccogliere su di sé la tradizione del bersaglierismo dalmata, tradizione particolarmente forte sia perché i bersaglieri erano stati uno dei maggiori simboli dell’Italia durante l’Irredentismo, sia perché i Dalmati italiani ed in particolare gli Zaratini avevano una natura particolarmente portata al bersaglierismo.
Quando il 7 aprile 1941 la Germania invase il paese, i confini vennero chiusi e Zara rimase isolata: le truppe presenti in città ammontavano a circa 7.000 uomini.
Dal 1° aprile iniziò lo sgombero della popolazione civile, circa 12.000 persone, ospitate in gran parte nelle città marchigiane al di là dell’Adriatico.
Quando il 6 aprile del 1941 iniziarono le ostilità contro la Jugoslavia, le truppe di
Zara assunsero, come previsto, un atteggiamento difensivo. L’esercito jugoslavo
si sfaldò però al primo urto, principalmente a causa delle tendenze centrifughe
delle diverse nazionalità.
Le “Truppe Zara”, al di fuori di ogni previsione operativa, passarono così all’offensiva costituendo una colonna di 1.800 uomini, della quale il battaglione Zara
costituiva la parte più importante. Alle 6 del 12 aprile la colonna delle “Truppe
Zara” rompeva l’assedio, raggiungendo a piedi, in serata, Bencovazzo, a 27 Km. Il
giorno successivo, con il Zara in bicicletta, la colonna mosse addirittura su Tenìn
(Knin), ad altri 53 Km di distanza. A 7 Km da Tenìn la colonna fu sorpresa da una
consistente resistenza nemica. La resistenza fu superata per merito del Zara, che
la sera successiva entrava per primo a Tenìn, subito dopo aver preso contatto con
le avanguardie del Corpo d’Armata autotrasportabile (che comprendeva il 3° e il
12° reggimento Berasaglieri).
Questo corpo d’armata aveva infatti iniziato il 12, da Fiume, quell’avanzata attraverso la Dalmazia, che sarebbe stata forse la più rapida di tutta la 2° guerra
mondiale e che portò il 12° reggimento Bersaglieri, in soli 6 giorni, il giorno 18 a
Ragusa di Dalmazia, dove era stato preceduto, il 17, dal 1° reggimento Bersaglieri
proveniente dall’Albania.
Il btg. Zara al principio di luglio 1942 rientrò in Dalmazia, dove la situazione era gravemente deteriorata, per essere
impiegato in numerosi rastrellamenti ed altre azioni di controguerriglia nelle zone intorno a Sebenico.
Il combattimento più duro fu quello condotto per la conquista di M. Sopalj, una collina estremamente aspra e sassosa circa 15 km a Nord di Sebenico. Il btg., per conquistarla, ebbe 13 caduti e 24 feriti. Le perdite dei partigiani
furono di circa 80 caduti. La maggior parte di loro riuscì comunque a sfuggire alla cattura non essendo riuscito il
loro accerchiamento. A questo erano destinati il 3° btg. del 26° rgt. fanteria ed il btg. squadristi Tevere, che però
non era giunto in tempo. Successivamente il 21 gennaio 1943 il btg. Zara, partendo da Tenìn, nell’entroterra dalmata, iniziò un durissimo ciclo operativo che lo porterà, insieme con il 26° btg. del 4° rgt. bersaglieri, a superare
l’altopiano della Lika ed i monti che lo dividono dalla Bosnia, tornando in Dalmazia, a Zara, il 20 marzo.
Fino all’8 settembre 1943 il btg. venne impiegato contro la guerriglia con azioni di rastrellamento, di agguato, scontro a fuoco ed anche per proteggere la mietitura, spesso
collaborando con le Bande Anticomuniste (BAC).
L’8 settembre il btg., che si trovava a Zaravecchia ( Biograd na Moru), si portò a Zara, dove il Comando di Divisione prese accordi con i Tedeschi affinché un’aliquota di
militari potesse rimanere in città con il solo compito della “tutela dell’italianità di Zara e difesa della sua popolazione”. L’italianità di Zara fu conservata ancora dalla
presenza delle truppe italiane, delle quali il Zara costituiva la parte più consistente e, ancor più, con la
costituzione di alcune compagnie di volontari, zaratini e dalmati, anche provenienti dalle BAC.
Il 2 novembre cominciò una serie di bombardamenti anglo-americani, richiesti dagli uomini di Tito per
distruggere la città italiana, che termineranno solo il 31 ottobre 1944 con l’arrivo a Zara degli Slavocomunisti. Frattanto, mentre i reparti rimasti a Zara si andavano sfaldando, il reparto che rimase unito
più a lungo fu il btg. Zara. Dal 9° rgt. bersaglieri aveva ricevuto anche l’inno che diceva, tra l’altro, “o
con Zara nel trionfo, o con Zara noi si muore”. Più di 70 Bersaglieri del btg. lasciarono la città e presero
parte ad un generoso tentativo destinato a finire presto, la costituzione del btg. Mameli, che sarebbe dovuto tornare a Zara con la bandiera italiana scacciandone i Tedeschi con la collaborazione dei partigiani jugoslavi. Naturalmente questi non collaborarono, eliminarono il comandante e dispersero gli altri.
Il 1° gennaio 1944 i Tedeschi, dopo avere allontanato gli ufficiali, disarmarono i circa 200 bersaglieri
rimasti, li suddivisero e li impiegarono da prigionieri come mano d’opera. […]
Nel frattempo la città di Zara, svuotata dall’esodo della quasi totalità dei sopravvissuti ai bombardamenti
che l’avevano distrutta e dagli eccidi perpetrati dai partigiani di Tito, aveva avuto circa 2000 vittime su
poco più di 20000 abitanti. In memoria del sacrificio di Zara italiana il Presidente della Repubblica Ciampi ha conferito la Medaglia d’Oro al VM, da apporre sul vecchio gonfalone del non più esistente Comune. Incredibilmente non vi è ancora stata apposta per ingerenze croate.
I reduci del Battaglione Zara hanno continuato a mantenersi uniti, nel nome del loro reparto ma anche della “loro” città. Gli esuli da Zara, nel loro raduno annuale del
1990, a Senigallia, hanno conferito al “loro” battaglione la cittadinanza onoraria.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
LA DALMAZIA ITALIANA
dal 1918 alla fine del Governatorato
Finita la prima guerra mondiale, in base al Patto di Londra l’Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di Zara, Sebenico e Tenin.
Tuttavia, in ossequio al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano Wilson all’atto della firma del Trattato di Versailles, la Dalmazia venne
annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l’eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell’isola di Lagosta, che con altre isole
(Cherso e Lussino) vennero annesse all’Italia.
Mappa dello smembramento della Jugoslavia nel 1941.
Il verde indica le aree appartenenti all’Italia (il “Governatorato di Dalmazia” ed a nord la “Provincia di
Lubiana”), mentre il rosso alla Croazia di Pavelic.
Il blu le aree occupate dalla Germania ed il marrone
dall’Ungheria
IL GOVERNATORATO DI DALMAZIA
LA DALMAZIA DAL 1918 AL 1941
Tra il 1918 e il 1921 la comunità italiana della Dalmazia subì rappresaglie, tanto che fu necessario addivenire alla firma della Convenzione di
Nettuno, il trattato concluso tra Italia e Jugoslavia il 20 luglio 1925, nel quale venivano regolate la condizione degli italiani presenti in Dalmazia e l’annessione di Fiume all’Italia, oltre che i limiti delle acque territoriali tra Fiume e Sussak.
Nonostante tali accordi, dopo il 1918 molti italiani dalla Dalmazia furono costretti ad emigrare in Italia, specialmente a Zara, che era l’unica
città dalmata annessa all’Italia. Così riporta Diego De Castro nei suoi Appunti sul problema della Dalmazia (Roma, 1945): “L’esodo dei dalmati […] ebbe una portata non indifferente: secondo lo storico Federzoni emigrarono in 50.000, secondo lo studioso Battara 35.000, secondo
lo storico Talpo furono di difficile quantificazione ma comunque in numero di poco minore. Di questi esuli solo alcuni trovarono posto a Zara,
mentre una cinquantina di famiglie delle isole curzolane (Lissa, Lesina, Curzola) si trasferirono a Lagosta. Altri esuli da Veglia ed Arbe scel- Distintivo della Dalmazia italiana
sero le familiari Cherso o Lussino. Altri ancora si fermarono preferibilmente nelle città costiere dove giungevano come Ancona, Bari, (allora anche Pola e, dopo il
gennaio del 1924, Fiume), Pescara e Venezia, nonché a Padova, Milano, Genova, Napoli, Torino
e Roma. Altri ancora lasciarono anche l’Italia andandosene per il mondo (Canada ed Australia
soprattutto). Si parlò in Italia di esuli dalmati in seguito alla così detta “vittoria mutilata”, propagandisticamente ripresa da Mussolini a Milano dopo la fondazione dei Fasci.
La italianità della Dalmazia era ormai legata quasi esclusivamente a Zara, Cherso, Lussino e Lagosta”.
Negli anni venti la Dalmazia iugoslava diventò teatro di scontri tra il movimento autonomista
croato, connesso alla figura di Stjepan Radić, e le forze centraliste legate alla politica serba dei
governi di Belgrado (ORJUNA).
Al contrario, nella Dalmazia italiana si ebbe un notevole sviluppo economico favorito dagli aiuti
economici con matrice politico-propagandistica voluti dal Fascismo.
Nel 1939, alla Croazia fu concessa un’ampia autonomia politica; l’intera Dalmazia iugoslava (salvo le bocche di Cattaro) fu unita alla Banovina della Croazia con sede a Zagabria. Questa entità
politica ebbe però vita breve, a causa della conquista della Jugoslavia da parte dell’Italia e della
Germania nell’aprile del 1941.
Tra il 1939 e il 1941 infatti hanno luogo l’annessione dell’Albania e le massicce occupazioni territoriali di tutta l’area balcanica,
da parte sia italiana che tedesca.
Frattanto nell’arco di tempo tra le due guerre, nel tentativo di neutralizzare le richieste di autonomia di sloveni e
croati, la regione era stata teatro di spinte accentratrici che si erano concretizzate nella riforma amministrativa del
1929, con la quale il Regno dei Serbi, croati e sloveni si era trasformato in Regno di Jugoslavia. La ripartizione interna del territorio era organizzata in banovine (ossia regioni) che, anche nel nome, perdevano qualsiasi riferimento
all’etnia in esse dominante.
Negli anni di guerra 1941-43 l’Italia raggiunge la sua espansione massima nei Balcani, con la conquista di nuovi
territori e l’ulteriore estensione di quelli già controllati. Partendo da Nord, sono annesse la provincia di Lubiana,
le isole di Veglia e Arbe e le province di Zara, che si amplia considerevolmente, Spalato e Cattaro, che costituiscono
il governatorato di Dalmazia, mentre l’Albania si estende ulteriormente, inglobando una parte del Kosovo e parte
della Macedonia. Il Montenegro invece non entra a far parte dello stato italiano con un’annessione, ma è oggetto di
una dura occupazione che, dopo avere alimentato nella popolazione la speranza del raggiungimento dell’autonomia,
tradisce le promesse, suscitando duri scontri tra partigiani montenegrini ed esercito italiano.
La spartizione dei territori tra paesi alleati vede dunque l’Italia attestarsi in un’area piuttosto ampia, il Terzo Reich
occupare il nord della Slovenia, la Serbia e la regione del Banato, la Bulgaria estendersi in Macedonia, mentre al centro dell’area conserva la propria indipendenza lo stato collaborazionista croato, in cui fiorisce l’ultranazionalismo
degli ustascia di Ante Pavelic, appoggiati dai nazifascisti.
Mappa del “Governatorato di Dalmazia” (1941-1943), dove i puntini arancione individuano i confini. I punti blu indicano i limiti dell’
area di territorio croato occupato dall’Esercito Italiano e che, nel 1942,
Mussolini propose di annettere al “Governatorato di Dalmazia”.
I puntini verdi mostrano i limiti della zona d’occupazione italiana in
Jugoslavia tra il 1941 e il 1943.
17 APRILE 1941 – 8 SETTEMBRE 1943
Nell’aprile del 1941 il Regno di Jugoslavia viene occupato dalle potenze dell’Asse.
Quasi tutta la parte costiera della Dalmazia settentrionale (con tutti i principali centri urbani, come Spalato e Sebenico) viene annessa al Regno d’Italia il 18 maggio 1941
con Regio Decreto Legge n. 452 (con patti stabiliti dal Regio Decreto Legge del 7 giugno 1941 n. 453), mentre il resto viene annesso al neocostituito Regno di Croazia, dominato
dagli ustascia di Ante Pavelić. Quest’ultimo offrì il trono del giovane stato a un membro della Casa Savoia, Aimone, il quale, pur senza rifiutarlo, non ne prese mai possesso.
Mussolini creò il “Governatorato di Dalmazia”, che includeva:
 P  Z (  D) che comprendeva il comune di Zara e il suo entroterra ingrandito, più le isole dalmate davanti a Zara che passavano sotto sovranità italiana;
 P  S (1941-1943), che comprendeva le città di Spalato, Traù e Sebenico con il loro
entroterra, più le isole della Solta (meno dunque la Brazza) e le altre Lissa, Curzola, Lagosta, Cazza, Pelagosa
(queste ultime tre scorporate dalla Provincia di Zara alla quale appartenevano dal 1920) e Meleda;
 P  C (1941-1943), che comprendeva i centri di Cattaro, Perasto, Castelnuovo con un
piccolo entroterra (circa 600 km²), seguendo grosso modo i vecchi limiti veneziani ed austriaci, più l’isola di
Saseno, di fronte alle coste dell’Albania vicino a Valona, quest’ultima scorporata dalla Provincia di Zara di cui
faceva parte dal 1920. Le isole di Veglia ed Arbe passavano alla Provincia di Fiume. Nel settembre 1941 Mussolini propone di annettere al
Governatorato di Dalmazia la “Zona II” di occupazione italiana nella
Croazia costiera, creando anche la Provincia di Ragusa di Dalmazia,
ma l’opposizione di Ante Pavelic bloccava il progetto.
Il Governatorato della Dalmazia durò circa un anno e mezzo e fu retto da due governatori: prima da Giuseppe Bastianini e, negli
ultimi mesi, da Francesco Giunta. La Dalmazia annessa contava circa 250.000 abitanti e fu divisa in tre province: Zara, Spalato e
Cattaro. L’impegno profuso da Bastianini fu notevole, egli cercò subito di potenziare l’economia dalmata favorendo la progettazione
e la costruzione di nuove opere pubbliche.
Non fu facile governare la Dalmazia in quegli anni di guerra perché spesso si creavano insanabili conflitti tra autorità militari e autorità civili: le prime all’occorrenza erano inclini a considerare i nuovi territori dalmati acquisiti oggetto di occupazione militare,
le seconde erano pronte a far valere la legge interna dello Stato italiano.
L’ordinamento dei comuni fu adeguato a quello vigente in Italia con l’istituzione dei registri della popolazione (in Dalmazia vigeva
ancora il vecchio sistema asburgico che affidava le registrazioni del movimento della popolazione alle parrocchie), di quelli dello
stato civile, mentre il risanamento dei bilanci fu messo a totale carico dello Stato italiano.
In Dalmazia non fu esteso l’ordinamento sindacale corporativo italiano, perché ritenuto non adatto al clima spirituale delle popolazioni slave. La Dalmazia annessa non conobbe il rigore delle leggi razziali e le conseguenti persecuzioni, anzi, finché rimase l’Italia, molti ebrei croati, perseguitati dal regime ustascia, trovarono asilo in alcune località della costa. Mancando in Dalmazia una
sistematica organizzazione igienico-sanitaria, a parte qualche ospedale e ufficio d’igiene, il governo italiano vi favorì l’attivazione
di un sistema di condotte mediche e ostetriche molto efficiente. Furono altresì avviati nuovi lavori per migliorare la rete stradale, le
strutture portuali di Sebenico e Spalato e la realizzazione di nuovi acquedotti nelle isole minori.
Inizialmente in Dalmazia non ci fu una particolare avversione della popolazione slava contro l’Italia, ma man mano che le fortune
dell’Italia declinavano nei vari fronti di guerra iniziò a farsi sentire da una parte il malcontento nazionalista ustascia, che non aveva digerito la cessione di Spalato e Sebenico, dall’altra parte quello del movimento partigiano comunista di Tito assai più temibile
e pronto a dare battaglia per liberare dalle forze nazifasciste il territorio jugoslavo. Nel settembre del 1943, con la capitolazione
dell’Italia, la parte italiana della Dalmazia - ad esclusione di Zara - viene occupata dall’esercito tedesco ed annessa allo Stato Indipendente di Croazia. Contemporaneamente da parte italiana, accettando l’armistizio di Cassibile che prevede l’annullamento di
tutti gli atti di annessione successivi all’entrata in guerra, il “Governatorato di Dalmazia” viene soppresso anche dal punto di vista
legale, mentre l’area comunale di Zara torna a costituire territorio provinciale fino all’occupazione della città da parte delle truppe di
Tito, che avviene nel 1944 dopo mesi di bombardamenti che avevano raso al suolo la città.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
IL FRONTE JUGOSLAVO
Il fronte di Zara
Il 6 aprile 1941 le forze armate italo-tedesche invadono la Jugoslavia. I tedeschi penetrano nel territorio jugoslavo attraverso l’Austria, l’Ungheria, la Romania e
la Bulgaria. Le nostre truppe varcano il confine giulio, penetrando prima in Slovenia spingendosi lungo la costa dalmata e congiungendosi con le altre forze italiane
provenienti da Zara e dall’Albania. Trovandosi a dover fronteggiare un’invasione lungo tutti i confini nazionali, in pochi giorni l’esercito jugoslavo capitola.
CRONOLOGIA DELLA
CAMPAGNA DI JUGOSLAVIA
27 SETTEMBRE 1940 - Germania, Italia e Giappone firmano a Berlino il Patto Tripartito.
28 OTTOBRE 1940 - L’Italia attacca la Grecia.
25 MARZO 1941 - A Vienna il presidente del consiglio Jugoslavo Dragisa Cvetkovic, così
come in precedenza era già stato fatto da Ungheria, Romania, Slovacchia e Bulgaria, firma
l’adesione al Patto Tripartito.
27 MARZO 1941 - A Belgrado un gruppo di ufficiali dell’aeronautica, guidati dal capo di
stato maggiore Gen. Dusan Simovic attua un colpo di stato rovesciando il governo filotedesco
dei Karageorgevic, depone il reggente Paolo e insedia Re Pietro II che ripudia l’alleanza con
Hitler, il quale ordina di liquidare la Jugoslavia.
1 APRILE 1941 - In Jugoslavia viene ordinata la mobilitazione generale.
5 APRILE 1941 - Trattato di amicizia e di non aggressione tra Jugoslavia e Urss.
6 APRILE 1941 - La Germania invade la Jugoslavia e dichiara guerra alla Grecia.
L’aviazione Tedesca Bombarda Belgrado (Operazione “Castigo”).
Anche L’italia Dichiara Guerra alla Jugoslavia.
10 APRILE 1941 - Occupazione tedesca di Zagabria e nascita della Croazia indipendente
governata dal movimento filofascista degli “Ustascia” di Ante Pavelic.
11 APRILE 1941 - L’Ungheria dichiara guerra alla Jugoslavia. La II armata italiana, comandata dal Generale Ambrosio, entra in Jugoslavia dalla Frontiera Giuliana.
12 A 1941 - Le forze armate tedesche occupano Belgrado.
17 APRILE 1941 - Capitolazione dell’esercito jugoslavo. Re Pietro II e il governo, a bordo
di aerei inglesi, vanno in esilio prima in Grecia e poi a Londra.
3 MAGGIO 1941 - L’Italia si annette la provincia di Lubiana.
5 MAGGIO 1941 - Il partito comunista jugoslavo decide la resistenza armata con la guida
di Tito. Quasi subito, però, ci sono anche sanguinosi scontri tra i vari gruppi di “resistenti”
esistenti in Jugoslavia.
15 MAGGIO 1941 - Viene costituito, sotto il controllo italiano, il regno di Croazia.
18 MAGGIO 1941 - Il Duca Di Spoleto, Ajmone Di Savoia - Aosta, é nominato Re di Croazia con il nome di Tomislao II, ma non si recherà mai nel suo regno.
7 LUGLIO 1941 - Ultimi combattimenti tra partigiani jugoslavi e reparti tedeschi e italiani.
3 OTTOBRE 1941 - Il Montenegro occupato diventa protettorato italiano
Dopo l’armistizio il territorio jugoslavo viene ripartito tra i vari occupanti: alla Germania vanno la Slovenia settentrionale, la Stiria e la Carinzia, l’amministrazione del Banato
orientale (abitato da minoranze rumene) e la costituzione di un regime militare in Serbia, che viene ricondotta ai confini del 1914.
L’Italia ottiene parte della Dalmazia e la provincia di Cattaro, mentre la Slovenia meridionale con Lubiana viene annessa direttamente al territorio nazionale.
Alcuni territori della Macedonia e del Kosovo sono incorporati nell’Albania italiana. Il territorio del Montenegro viene dichiarato indipendente, sotto il protettorato italiano.
La Croazia, con la Slavonia, la Bosnia-Erzegovina e parte della Dalmazia vanno a formare lo Stato Indipendente di Croazia, posto sotto la duplice influenza italiana ad Ovest e
tedesca ad est. Il 15 maggio 1941 la Croazia viene eretta in regno e il premier Ante Pavelic offre la corona ad un Savoia, il Duca Ajmone di Spoleto. Altri “lembi” del territorio jugoslavo vanno alla Bulgaria (gran parte della Macedonia slava) e all’Ungheria (metà della Voivodina e altre zone).
LE FORZE ITALIANE IN CAMPO
SUL FRONTE DI ZARA
L’attacco italiano contro la Jugoslavia si sviluppò in tre differenti aree: lungo la frontiera giulia, alla
piazzaforte di Zara e dal confine albanese.
A nord agì la 2a Armata (comprendente 5 corpi d’armata) del generale Vittorio Ambrosio.
A Zara c’erano circa 9.000 uomini che vennero elevati al rango di divisione.
Sul confine albanese vennero impegnate la 9a Armata del generale Pirzio Biroli e l’11a Armata del generale Geloso. All’inizio di marzo la 2a Armata comprendeva:
’11° C ’A (divisioni di fanteria Re, Isonzo e 3° Gruppo Alpini);
 5° C ’A (divisioni di fanteria Sassari, Bergamo e Lombardia);
 1  ;
alcuni reparti della G  F rinforzati con battaglioni di camice nere;
 6° C ’A (divisione di fanteria Friuli);
 C ’A  (divisione corazzata Littorio, divisioni di fanteria Pasubio
e Torino);
 C ’A  (divisioni Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto e Principe Amedeo Duca d’Aosta).
Prima dell’inizio delle operazioni ricevette di rinforzo altri 3 corpi d’Armata, 3 divisioni di fanteria (Assietta, Ravenna e Piave) e altri reparti.
Il presidio italiano di Zara, dopo il colpo di stato
di Belgrado si trovò subito in prima linea. Nella
piazzaforte c’erano circa 9.000 uomini agli ordini del generale di Brigata Emilio Giglioli. I nostri servizi avevano
segnalato sin dal 28 marzo la presenza di notevoli forze nemiche e localizzate diverse postazioni di artiglieria
nei dintorni della città. Il 2 aprile venne predisposta l’evacuazione della popolazione civile e quindi vennero rinforzate le opere di difesa. Contro la guarnigione italiana erano schierate in prima linea la divisione Jadranska e
pronte ad intervenire le divisioni Mostar e Sebenico.
Dal Comando Supremo era giunto l’ordine di resistere ad oltranza. Per tentare di allentare la morsa nemica intorno alla città, l’8 aprile venne ordinato un bombardamento aereo da parte della nostra aviazione sulle posizioni nemiche. Come ritorsione l’aviazione nemica compì a sua volta incursioni sulla città, che provocarono danni
soprattutto alle abitazioni civili. Da quel momento il generale Giglioli richiese la presenza continua dei nostri
caccia sul cielo della città per evitare altre incursioni aeree nemiche.
La situazione mutò radicalmente dopo l’11 aprile: con le forze italo-tedesche già in Croazia i reparti nemici intorno a Zara iniziarono a ritirarsi verso l’interno. Venne ordinata così dal Comando Supremo un’azione offensiva in territorio nemico verso Knin per mettere in crisi
l’intero schieramento avversario. Il generale Giglioli formò una colonna d’attacco, agli ordini del colonnello Eugenio Morra, comprendente il battaglione bersaglieri
“Zara”, un battaglione di fanteria autotrasportato, un gruppo di artiglieria autotrainato, una compagnia carri ed altri reparti minori.
La colonna, appoggiata da un intenso fuoco di artiglieria mosse all’alba del 12 aprile raggiungendo subito Zemonico inferiore. Il giorno dopo la colonna in direzione di
Rudele venne fatta segno di un violento fuoco di artiglieria nemica. Il generale Giglioli, che aveva raggiunto nel frattempo i suoi uomini, ordinò al colonnello Morra di
mandare avanti i carri. Seguirono furiosi combattimenti che videro impegnati i bersaglieri del battaglione Zara contro forze nemiche superiori appoggiate anche dall’aviazione. Ci furono molti caduti e feriti gravi, tra i quali lo stesso colonnello Morra; il comando della colonna venne assunto dal maggiore dei bersaglieri Pietro Testa.
Durante tutta la notte del 13 e il mattino del 14 aprile, i reparti italiani dovettero difendersi dai ripetuti attacchi della divisione Jadranska.
Il 14 aprile, i reparti della divisione Torino dopo aver ottenuto la resa della guarnigione di Gracac, si spinsero velocemente verso le posizioni tenute dalla colonna del
Giglioli, costringendo il nemico alla fuga. Le forze così congiunte proseguirono la loro avanzata verso Knin. Dopo aver perso il controllo di tutti gli avamposti avanzati,
la guarnigione di Knin si arrese alle forze italiane.
Il 15 aprile di fronte alla catastrofe imminente, il giovane re Pietro fuggì in Grecia per sottomettersi alla protezione britannica; nello stesso giorno un reggimento della
divisione Torino raggiunse Sebenico mentre gli altri reparti della divisione presero Spalato.
Il 16 aprile le forze tedesche entrarono a Sarajevo completando l’annientamento dell’esercito jugoslavo.
Il 17 aprile il Corpo d’armata auto-trasportabile fece il suo ingresso a Ragusa, incontrando i reparti italiani del 18° Corpo d’Armata provenienti dall’Albania.
Sempre il 17 venne presa anche Mostar, l’antica capitale della Erzegovina.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
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IL FRONTE JUGOSLAVO
I principali gruppi armati della Guerra civile
Dopo che l’esercito jugoslavo capitolò il 17 aprile 1941, l’opposizione ai regimi di occupazione causò la formazione di movimenti di resistenza e il Partito
Comunista di Jugoslavia (Komunistička partija Jugoslavije - KPJ), all’epoca attivo clandestinamente, assunse il ruolo di forza principale della resistenza nello
Stato balcanico. Tito e i partigiani comunisti affrontarono l’avversione dell’Esercito Jugoslavo in Patria (Jugoslovenska vojska u otadžbini, JVUO), l’armata dei
cetnici, dando inizio ad una sanguinosa guerra civile.
Il rapido crollo della Jugoslavia ed il suo conseguente smembramento attivarono principalmente due strutture organizzative: il partito comunista e l’apparato militare
dei Cetnici, tradizionalmente organizzato per “bande”.
Questi ultimi, fedeli alla monarchia iugoslava, ricevettero un grande incentivo dalla necessità di proteggere i Serbi dalla minaccia di Ante Pavelic, che mirava a risolvere
il secolare dissidio con i Serbi ricorrendo alla pulizia etnica.
I Cetnici iniziarono la loro attività il 13 luglio 1941, attaccando con l’appoggio delle bande comuniste le truppe italiane di guarnigione nel Montenegro, che era allora un
protettorato italiano. La ribellione fu però domata, ed il fronte unito ne risultò definitivamente spezzato: da una parte i nazionalisti cetnici del Montenegro, Bosnia, Erzegovina e Krajna che si schierarono con gli Italiani, pur conservando il sogno della grande Serbia, contro i comunisti e gli ustascia; e dall’altra parte i comunisti che
continuarono a combattere contro gli occupanti, i cetnici e gli ustascia. Anche i cetnici di Mihajlovic in Serbia combattevano contro tedeschi e comunisti.
LE MILIZIE VOLONTARIE ANTI COMUNISTE
Il Comando della 2a Armata (Supersloda = Comando superiore di Slovenia e Dalmazia), quando comparve la guerriglia comunista, dovette affrontare il problema delle milizie locali, che determinavano una situazione critica. La
costante inadeguatezza delle truppe disponibili costrinse il nostro Comando ad accettare la collaborazione di milizie locali composte in grande maggioranza da greco-ortodossi, suscitando indignazione nei Croati cattolici e diffidenza nei tedeschi.
Le Milizie Volontarie Anti Comuniste, nome ufficiale che assunsero le formazioni locali riconosciute dal nostro Stato Maggiore, raggiunsero la forza di 26.500 uomini, dei quali 6.500 erano alle dipendenze del XVIII
Corpo d’Armata. Di questi, 5.000 costituivano le MVAC Dinara, reparto formato da greco-ortodossi prevalentemente del distretto di Tenin, cioè cetnici indipendenti, mentre i restanti erano MVAC Zara appartenenti
alla zona annessa, queste ultime formazioni erano note anche come BAC Zara, cioè Bande Anticomuniste.
La MVAC Dinara riceveva disposizioni per le operazioni a grande raggio contro i partigiani comunisti dal comando generale di Mihajlovic, mentre le BAC Zara sorsero come iniziativa del Col. Eugenio Morra, Capo Gabinetto Militare del Governatorato, per contrastare ai partigiani il controllo del territorio.
Ufficialmente le Bande nascono nel giugno del 1942 come emanazione del Governatorato ma già in agosto
sono incorporate dalla Divisione Dalmazia. L’arruolamento avveniva tra i nativi della provincia che ne facessero domanda, e i volontari prestavano giuramento col quale si impegnavano di servire l’Italia. Le formazioni della provincia di Zara erano 9 divise in due battaglioni: il XX btg. d’assalto Cattolico, formato dai reparti portanti il n. 1-2-3-6-7-8, ed il XXII battaglione d’assalto Greco-ortodosso, con il n. 4 e 5. I principali compiti di
questi soldati erano: controllo dell’attività svolta dalla popolazione nella zona di giurisdizione; raccolta di informazioni; repressione armata di ogni azione a carattere
partigiano; concorso alle operazioni del Regio Esercito.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, mentre la maggior parte delle truppe italiane saranno catturate ed internate dai tedeschi, le bande continueranno a combattere contro i partigiani comunisti a fianco dei tedeschi o dei cetnici o degli ustascia.
ANTE PAVELIC E GLI USTASCIA
Ante Pavelic nacque a Bradina, nella Bosnia-Erzegovina, il 14 luglio 1889.
Fu il fondatore del movimento nazionalista degli Ustascia (Ustaše) e capo (poglavinik) dello Stato indipendente di Croazia, dal
1941 al 1945. Membro del Partito Croato dei Diritti, un movimento nazionalista che si opponeva alla monarchia yugoslava, venne
eletto consigliere municipale a Zagabria e nel 1927 deputato al parlamento nazionale di Belgrado. Nel 1929 fu costretto all’esilio
dalla dittatura pro-serba presieduta dal re Alessandro I. Rifugiatosi prima a Vienna, dove prese contatto con ufficiali austriaci anti-yugoslavi, e quindi in Italia, fondò insieme ai membri esiliati del Partito dei Diritti un nuovo movimento nazionalista, gli
Ustascia (da ustaš, “insorto”, o “ribelle”), che nel 1934 assassinarono il re Alessandro I a Marsiglia. Con l’appoggio del regime
fascista italiano il movimento si ampliò, installando campi di addestramento nella stessa Italia e in Ungheria.
Il 6 aprile 1941 il Regno di Jugoslavia venne smembrato forzatamente dalle forze dell’Asse, che provvidero a costituire uno stato
fantoccio, la Croazia appunto, riconosciuto solamente da Italia, Germania e Giappone. Pavelic venne messo a capo dello Stato indipendente croato, che riprendenva le istituzioni dell’Italia fascista: in qualità di dittatore assoluto si pose a capo di tre milioni di
Croati cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci nonché numerosi gruppi etnici minori.
La corona di Croazia venne offerta ad Aimone di Savoia-Aosta, che la cinse con il nome Tomislav II, senza però mai recarsi nel
nuovo Stato, così che Ante Pavelic con i suoi “ustascia” – sciovinisti, nazionalisti all’estremo, fortemente razzisti e antiserbi - governarono con il terrore. Subito il governo croato emanò leggi antiebraiche, e immediatamente dopo cominciò ad occuparsi del
popolo serbo; 250.000 serbi furono costretti, dietro minacce, a convertirsi al cattolicesimo, e più di 700.000 vennero assassinati
con metodi barbari, spesso nelle cosiddette “Case del Signore” (le chiese ortodosse). Nello stesso periodo, la maggior parte delle chiese serbo-ortodosse presenti in Croazia vennero depredate, adibite a magazzini, gabinetti pubblici e stalle; molti religiosi ortodossi vennero assassinati e trucidati. La dittatura croata fu un regime istituzionalmente cattolico: innumerevoli religiosi appartenevano al partito fondato da Pavelic, e molti vescovi e preti sedevano sugli scranni del Parlamento croato.
Il regime dittatoriale croato conobbe il suo epilogo nel 1945 in seguito alla sconfitta delle dittature nazi-fasciste nella seconda Guerra Mondiale. Pavelic fu costretto a
fuggire, dapprima in Austria, quindi a Roma, e poi in Argentina. Scampato ad un attentato e accolto da Francisco Franco in Spagna nel 1957, lì morì due anni dopo.
I CETNICI DI DRAŽA MIHAILOVIĆ
Cetnico, prima dell’inizio delle ostilità, era il nome di un movimento jugoslavo che si proponeva di perpetuare il ricordo delle bande armate sorte spontaneamente all’epoca della dominazione ottomana. L’organizzazione aveva il patronato dello stato maggiore ed era addestrata a condurre operazioni di guerriglia contro le forze d’occupazione nell’eventualità di un nuovo conflitto. Fu così che dopo la capitolazione dell’esercito monarchico jugoslavo, nell’aprile del 1941, un colonnello, Draza Mihailovic,
riunì 26 ufficiali, li portò con sé sull’altopiano di Ravna Gora, nella Serbia occidentale, e cominciò a costituire formazioni militari composte prevalentemente da volontari
serbi. Vi furono subito contatti e, per un certo periodo, rapporti di collaborazione con le formazioni che Tito stava riunendo nell’intero Paese. Ma fu evidente, sin dai primi mesi dell’occupazione, che fra i cetnici di Mihailovic e i partigiani di Tito vi erano divergenze tattiche e strategiche. Mihailovic voleva mettere a segno qualche operazione contro gli occupanti, ma era frenato dal timore di scatenare crudeli azioni di rappresaglia contro la popolazione civile; mentre Tito pensava che le rappresaglie
avrebbero attizzato il fuoco della resistenza. Mihailovic era serbo e interessato soprattutto al progetto di una «Grande
Serbia», destinata a un ruolo egemone sull’intera penisola; mentre Tito predicava una dottrina a cui avrebbero potuto
aderire, indifferentemente, serbi, croati, sloveni, macedoni e altre minoranze della vecchia Jugoslavia. Mihailovic era
monarchico e voleva presidiare una parte del territorio per il giorno in cui la dinastia sarebbe tornata dall’esilio; Tito voleva la rivoluzione e l’instaurazione di uno Stato comunista.
Le divergenze divennero ancora maggiori quando la feroce politica anti-serba del regime croato di Ante Pavelic indusse
Mihailovic a stringere rapporti di collaborazione con chiunque gli permettesse di proteggere i suoi connazionali. Collaborò soprattutto con gli italiani e finì per combattere gli ustascia di Pavelic e le formazioni di Tito più di quanto non
avesse combattuto contro le forze d’occupazione. Fu quello il momento in cui la Gran Bretagna smise di considerarlo
un utile alleato nella lotta contro le potenze dell’Asse e puntò ogni sua carta sul maresciallo Tito. Alla fine della guerra
Mihailovic, caduto nelle mani dei partigiani, fu considerato un traditore e condannato a morte.
I COMUNISTI DEL MARESCIALLO TITO
Josip Broz Tito nasce a Kumrovec il 7 maggio 1892, in Croazia, da padre croato e madre slovena. Cofondatore del Partito
Comunista Jugoslavo (KPJ) nel 1920, è membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e della polizia segreta sovietica (NKVD) dal 1935.
La prima risposta di Tito all’invasione tedesca della Jugoslavia è la fondazione di un Comitato Militare come parte del
Comitato Centrale del Partito Comunista (10 aprile 1941). Il 28 aprile, a Lubiana, si registra la formazione del primo
gruppo di resistenza partigiana comunista. Il 1º maggio 1941 viene distribuito un pamphlet redatto da Tito, che chiama la popolazione a raccolta nella battaglia contro l’occupazione. Tito e i partigiani comunisti affrontano l’avversione
dell’Esercito Jugoslavo in Patria (Jugoslovenska vojska u otadžbini, JVUO), l’armata dei cetnici, dando inizio alla guerra
civile. Il 22 giugno 1941, giorno del lancio dell’Operazione Barbarossa contro l’Unione Sovietica, nella foresta di Brezovica presso la città di Sisak, in Croazia, i partigiani jugoslavi formano la Prima Brigata Partigiana di Sisak, per la
maggior parte composta di croati della vicina città, una delle prime formazioni militari antifasciste in Europa. Lo stesso
giorno, 49 uomini della Brigata attaccano un treno della riserva tedesca. Il 4 luglio, in una riunione del Comitato Centrale, Tito viene nominato Comandante Militare dell’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia e lancia la mobilitazione generale per la resistenza. I partigiani comunisti iniziano presto un’estesa e vittoriosa campagna di guerriglia,
iniziando a liberare parti del territorio. Le attività dei partigiani provocano diverse ritorsioni dei tedeschi e degli ustascia, nazionalisti croati, collaborazionisti, insediatisi in Croazia, contro i civili, che sfociano in eccidi.
Nei territori liberati, i partigiani organizzano comitati popolari con funzioni di governo civile. Tito è il principale leader del Comitato Antifascista di Liberazione Nazionale della Jugoslavia - AVNOJ, riunitosi a Bihać il 26 novembre 1942, e
quindi a Jaice il 29 novembre 1943. Nelle sue due sessioni, l’AVNOJ stabilisce le basi federali della Jugoslavia postbellica.
A Jaice, Tito è nominato Presidente del Comitato Nazionale di Liberazione. Il 4 dicembre 1943, mentre la maggior parte del paese è ancora occupata dalle forze naziste, ma dopo l’armistizio richiesto dall’Italia, Tito proclama un Governo
provvisorio democratico di Jugoslavia.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
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IL FRONTE JUGOSLAVO
Il Battaglione Zara sul Fronte di Guerra
Aprile – Maggio 1941. Se la conquista militare della Jugoslavia non incontrò rilevanti ostacoli, la gestione ed il controllo dei territori da parte delle forze
dell’Asse, ed italiane in particolare, fu estremamente difficile. Gli occupatori dovettero ben presto misurarsi con un forte ed esteso movimento di resistenza,
in seno al quale sarebbe emerso nel tempo il ruolo egemone dei comunisti di Tito, ma anche con le aspre divisioni tra gli opposti nazionalismi delle forze
collaborazioniste (cetnici, ustaša, domobranci).
Il Battaglione sostò a Bosanski Petrovac con
il compito di dare sicurezza alle colonne e ai
mezzi che da nord si dirigevano su Dervar.
La zona era in mano dei comunisti, aggressivi particolarmente intorno ad Ostrelj, e
in pochi giorni il Battaglione aveva perduto
sette bersaglieri.
Già nella seconda metà di luglio del 1941 erano entrate in azione le prime bande, i massacri
aumentavano e lo Stato indipendente croato rischiava il crollo. Il governo italiano decise allora
di intervenire, presidiando il territorio croato sino alla linea che separava la zona di influenza
italiana da quella tedesca: la linea di demarcazione.
Nelle atrocità della guerra civile, i Comandi italiani cercarono soprattutto di salvare
le popolazioni, quali esse fossero, cattoliche, ortodosse, mussulmane, finendo però
per appoggiare prevalentemente i gruppi
cetnici: attaccati dai partigiani comunisti,
rimasero invischiati nelle maglie complesse
di quella lotta.
Il 3 agosto il Battaglione Zara, passato agli
ordini della divisione Sassari, si trovava a
Gracac, dove gli ortodossi in rivolta premevano contro domobranzi e ustascia, non più
in grado di reggere all’urto.
E la ribellione dei cetnici, ai quali si erano
unite le prime bande di comunisti, dilagava
sin oltre Gospic.
Allora al Battaglione Zara fu ordinato di attestarsi sulla linea di demarcazione, e quindi si trasferì nell’interno della Bosnia, a Sanski Most, dove sarebbe rimasto fino al marzo 1942.
Compito del Battaglione era quello di presidiare, di proteggere, di prevenire, di intervenire, ed i
soldati ebbero modo di distinguersi in diversi scontri.
La popolazione si sentiva protetta dai bersaglieri, ma per mitigare le tensioni che stavano nascendo con il Governo croato il Battaglione Zara fu costretto a lasciare Sanski Most per trasferirsi a Kljuc e poi successivamente a Bosanski Petrovac, trasferimento difficile a causa delle bande
dei ribelli che premevano lungo le rotabili.
Per effettuare il movimento
furono costituite due colonne, una - Battaglione Zara,
XXXI Battaglione bersaglieri
del 4° reggimento, Battaglione
squadristi Milano, artiglieria
– mosse da Klijc verso ovest, e
la seconda da sud, partendo da
Dervar, puntando sul comune
obiettivo di Bosanski Petrovac.
L’operazione durò dal 5 al 14
maggio 1942: fra ripiegamento da Kljuc e sbloccamento di
Bosanski Petrovac le perdite
complessive della colonna di
cui faceva parte il Battaglione
Zara erano state di 40 morti e
45 feriti.
Il 19 maggio 1942 i bersaglieri dello Zara
erano a Dervar, ma già alla fine di maggio
anche Dervar venne sgomberata (l’operazione sarebbe durata tutto il mese di giugno), e lo Zara, dopo aver sostato a Bosanski
Grahovo e a Tenin, con i primi di luglio raggiungeva Sebenico. La 10° Compagnia venne distaccata fra Vodizze e Trebocconi (Tribunj) ed un’altra a Scardogna.
Durante tutta la permanenza nella zona il
Battaglione Zara fu continuamente impegnato in azioni di controguerriglia, in particolare
in rastrellamenti: la situazione in Dalmazia
si andava rapidamente deteriorando e le zone
intorno a Sebenico erano particolarmente idonee per la guerriglia, oltre che per l’ambiente
umano, anche per quello naturale.
Tali zone infatti, anche quelle maggiormente pianeggianti, sono estremamente rotte e
frammentate da masiere molto più alte e fitte
che nel resto della Dalmazia.
Il 17 luglio il battaglione ricevette l’ordine di
restare a disposizione del XVIII Corpo d’Armata, ritirando la 10° Compagnia dislocata
tra Vodizze (Vodice) e Trebocconi (Tribunj).
Il Battaglione Zara, giunto nella zona di
Sebenico il 3 luglio e trasferitosi dopo pochi giorni in località Maddalena (Mandalina), nei cosiddetti baraccamenti “Cadorna”
in una pineta nell’immediata periferia sud
della città, rimarrà con base a Sebenico fino
al 2 dicembre, quando si trasferirà a Tenìn.
Taluni plotoni e compagnie peraltro durante tale periodo verranno distaccati, mentre
distaccamenti della compagnia reclute del
Battaglione continuavano a fornire presidi
nelle isole.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
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IL FRONTE JUGOSLAVO
Quota 221 di Sopalj: si prepara lo scontro
Lago di Procliano (Prokljan) - 18 luglio 1942.
Una motomaona in navigazione nel lago di Procliano (Prokljan), nell’estuario del fiume Cherca (Krka) viene prima investita dal fuoco di armi automatiche dalla
riva e quindi abbordata con imbarcazioni. La maggioranza dei 15 occupanti rimane uccisa o ferita, così come viene ucciso un carabiniere che aveva cercato di
difendere il natante. La narrazione dello scontro è riprodotta fedelmente dalle parole dei superstiti che di seguito si riportano.
L’impressione dell’evento sulla popolazione fu enorme: il 19 luglio iniziò un’azione di rastrellamento, da
parte del Battaglione Zara e del III Battaglione del 26°
reggimento fanteria, della zona di Rasline, prossima a
dove era avvenuto l’eccidio.
Il Battaglione Zara partì da Vodizze, raggiunta via mare,
il III da Gacelezi e Vodizze, ripetendo il rastrellamento il
giorno dopo ma sempre con esito negativo.
Così Bruno Demonte, uno dei bersaglieri superstiti del plotone comando del Battaglione Bersaglieri
Zara ci racconta gli avvenimenti a partire dalla sera
del 22 luglio1942, fino alla giornata cruciale del 24.
Riportiamo gli stralci più significativi, tra i quali
la terribile e cruenta caduta sul campo di Agostino
Quartulli.
Il S. Tenente Agostino Quartulli, primo della fila,
durante un trasferimento in bicicletta
La ricostruzione degli eventi prosegue con le parole di un altro superstite, Elio Ricciardi: il 23 luglio, da parte
delle forze di polizia appoggiate da una compagnia del Zara e da una compagnia granatieri, venne svolto un
rastrellamento alla ricerca dei familiari dei latitanti passati ai ribelli, nelle isole di Zlarino e Crappano.
Il 24 luglio, in seguito a segnalazioni pervenute, aveva inizio un nuovo rastrellamento a nord del lago di Procliano, più a nord della zona inutilmente rastrellata il 19 e il 20.
Parteciparono all’operazione il Battaglione Zara, il III Battaglione del 26° reggimento fanteria e il battaglione squadristi Tevere, con il concorso del battaglione squadristi Vespri e di una banda anticomunista. I Battaglioni Zara, III del 26° e Tevere dovevano convergere lungo le direttrici segnate nel qui riportato Allegato
“E”, accerchiando i nuclei ribelli indicate nelle località segnate nello stesso e partendo alle ore 5 del 24.
Allo scopo di impedire la fuga dei partigiani una compagnia del battaglione squadristi Vespri, dislocata a
Pirovazzo (Pirovac), doveva occupare la quota V. Vrh (m 180) che dominava la carreggiabile StancovazzoStretto (Tijesno) ed ha di fronte il Monte Gradina, mentre un’altra compagnia dello stesso battaglione con
una banda anticomunista, dislocate tra Zaton e Vodizze, dovevano portarsi sul Kovca (m 124), dove la rotabile proveniente da Mala Cista si biforcava nelle direzioni di Vodizze e di Zaton.
Il comando dell’operazione spettava al Col. Cadorna, comandante del settore di Sebenico, che avrebbe posto
il suo comando a Vodizze.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
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IL FRONTE JUGOSLAVO
Quota 221 di Sopalj: l’ultima battaglia di Agostino Quartulli
Alle ore 5 del giorno 24 il battaglione mosse, con 14 ufficiali e 458 tra sottufficiali e uomini di truppa, con obiettivi quota 221 di Monte Sopalj, quota 273 di Monte
Gradina e quota 103 di Monte Malinica. Si tratta di quote veramente squallide, prive quasi di vegetazione, tranne macchie stentate ed aridi arbusti, dove le
pietre, di un bianco calcareo, diventano d’estate roventi sotto i raggi del sole che riverberano una luce che acceca. I protagonisti ci raccontano il grande valore
di Agostino e degli altri bersaglieri, come lui rimasti sul campo.
Gradina che appariva ancora libero.
Alle ore 12,35 la 11° cp. aveva occupato q. 221 di Sopalj. La 12° cp., che era stata
duramente impegnata, proseguiva l’azione inseguendo i ribelli, con fuoco dei
fucili mitragliatori che aprivano larghi vuoti nei gruppi dei fuggitivi. […]
[…] La 12° compagnia, comandata dal Ten. B. De Gavardo, con i S. Ten. Stefanelli e Quartulli, rinforzata da un plotone mitraglieri, muove sulla sinistra. La 10° compagnia (meno un plotone), comandata dal S. Ten. F. Cossutta, con i S. Ten. Janni e De Paolis, rinforzata da un plotone mitraglieri, muove
a destra. L’11° compagnia, comandata dal Ten. P. Aquilino, con i S. Ten. Canzia, Campanini e Politi,
procede al centro leggermente arretrata. Il comando di battaglione muove dietro l’11° compagnia
con il plotone comando e con due squadre mitraglieri di rincalzo. Un plotone della 10° compagnia
segue come retroguardia. Con il battaglione muovono due radio assegnate per i collegamenti con il
comando superiore e con i battaglioni cooperanti, nonché un nucleo di carabinieri per i contatti con
i civili eventualmente incontrati nella zona.
Alle ore 13,45 la 12° cp. occupava la prima quota di Gradina: contemporaneamente giungevano su q. 273 gli esploratori del III btg. del 26° rgt. con i quali
il comandante della 12° cp. prendeva collegamento. La 10° cp. teneva l’ultima quota di Sopalj alla destra della 11° cp. e successivamente inviava un plt.
a rastrellare quota 103 di Malinica che appariva ormai deserta.
Su q. 221 e q. 273 venivano trovati 9 postazioni per armi automatiche e numerosissimi ripari per fucilieri. Dal numero abbondante di bossoli trovati
dentro tali postazioni è da ritenere che la banda sia stata ben fornita di munizioni.
Il btg. aveva iniziato l’attacco alle ore 9,30 dopo 5 ore di aspro combattimento tutti gli obiettivi erano stati raggiunti.
Lo svolgimento dell’azione è raccontato nella relazione del 26 luglio a firma del Maggiore Ernesto
Nardecchia:
“Per avere ulteriori notizie circa la dislocazione dei ribelli nella zona e per potere meglio riconoscere il terreno, avevo assegnato quale guida ad ogni comandante di cp. un borghese di Trebocconi. Il
btg. percorreva iL primo Km celermente senza alcuna novità.
Dopo il bivio di V. Gospa essendosi fatto il terreno più difficile per la folta vegetazione e per i numerosi dislivelli da superare la marcia si faceva più lenta anche per dar tempo ai reparti di rastrellare
bene la zona […]”
I reparti sostavano sulle posizioni ed iniziavano il ricupero dei nostri caduti.
Perdite subite dal btg.:
2 ufficiali – 1 sottufficiale – 8 bersaglieri morti;
21 bersaglieri feriti.
All’altezza di Spadina la 12° cp. notava un piccolo autocarro che si allontanava verso occidente. Verso
le 10 il btg. sboccava nella piana di Dubrava antistante le quote di Sopalj e di Gradina. Le pattuglie
avanzate stavano iniziando la salita delle pendici del monte allorché raffiche di armi automatiche e
fucileria svelavano la presenza dei ribelli sulle quote antistanti.
La posizione scelta dai ribelli era oltremodo favorevole alla loro difesa: terreno carsico con poca
vegetazione bassa, tutto spuntoni di roccia e terrazze che susseguivano per le ripide pendici fino al
crinale. Su questo terreno avevano appostato armi loro attendendo che i bersaglieri serrassero sotto
per colpirli con tiro mirato.
I reparti acceleravano la marcia ed iniziavano decisamente a salire. Dalla prima reazione nemica il
concentramento delle forze ribelli si era rivelato particolarmente robusto su q. 221 di Sopalj.
La 10° cp. si spostava leggermente più a destra per attaccare sul fianco: la 11° cp. continuava nella sua
direttrice ed attaccava frontalmente q. 221. La 12° cp. era costretta ad inviare un plt. su uno sperone
di q. 85 da dove un centro di fuoco nemico batteva il fianco del btg. Occupata detta quota vi inviava il
plt mtr. affinché potesse efficacemente
accompagnare l’azione. Quindi tutta la cp. puntava sulla sella fra q. 221 ed il Gradina.
Le perdite subite dal nemico devono considerarsi un centinaio circa: fra questi, varie donne di giovane età vestite da uomo.”
[…] L’ultima considerazione della relazione riguarda il comportamento degli
uomini del battaglione: “in questa azione ufficiali, sottufficiali e bersaglieri sono stati pienamente degni delle loro tradizioni: irresistibili nell’attacco, impetuosi nell’assalto con grande sprezzo del pericolo. Conquistate le quote hanno guardato i loro compagni caduti: erano tutti i migliori: sono già stati vendicati. Desiderio e proposito di
seguirne l’esempio, di emularli nel loro ardimento e nel loro valore. I feriti hanno sostato ore sotto il sole implacabile con gravi ferite senza acqua: non un lamento, fieri del
loro sacrificio, di avere battuto l’odioso nemico.” [...]
Il giorno 25 luglio i reparti, che avevano pernottato sugli obiettivi, rientrarono; il III btg. del 26° e il btg. Tevere dopo avere protetto il rastrellamento. Il btg. Zara si reimbarcò a Trebocconi rientrando a Sebenico.
Indimenticabile resta per i reduci il ricordo dei caduti: S. Ten. Antonio de Denaro, S. Ten. Agostino Quartulli, Serg. Evangelista Donati, caporale Proni, bersaglieri Casagrande, Evangelista, Pasquale De Frenza, Armando Carassai, Guido Crisalidi, Settimio Ciculi (colpito accanto al bersagliere Bedini, ferito, che aveva raggiunto per soccorrere), Luigi Terzaroli. Al S. Ten. Antonio de Denaro, nato a Sebenico e residente a Zara, al S. Ten. Agostino Quartulli, di Terracina, ed al bersagliere Pasquale De Frenza di
Bari (già decorato di Medaglia di bronzo) venne conferita la Medaglia d’Argento al Valore alla Memoria. Alla memoria del bersagliere Carassai, marchigiano, venne assegnata la Medaglia di Bronzo al V.M.
Man mano che le cp. avanzavano il tiro dei ribelli si faceva più rabbioso e preciso.
Senza sostare i bersaglieri proseguivano nell’azione: sfruttando il fuoco delle loro armi e la
celerità del movimento superavano di slancio ad una ad una le numerose balze che portavano verso la quota. Particolarmente duro il compito della 11° cp. che doveva avanzare in
terreno completamente battuto dal nemico, ormai a breve distanza.
Per alleggerire la pressione su detta cp. ordinavo alla 10° e alla 11° di stringere sotto q. 221.
[…] Il 29 ed il 30 luglio il btg. Zara fu nuovamente impegnato con due cp., insieme ad una cp. del btg. CC.NN. Vespri, per dare protezione ad un rastrellamento, condotto
dalle forze di polizia per ordine del Governatorato, nella zona di Trebocconi e Vodizze. L’operazione portò al fermo di 194 persone. Il 31 luglio il btg. Zara rastrellò la valle
Dubrava: “le popolazioni sono state trovate tranquille e intente ai lavori agricoli.”
I ribelli dalle loro postazioni sicure continuavano a reagire con fuoco intenso e preciso. I
reparti continuavano a guadagnare terreno: tutti avevano serrato sotto: i mitraglieri s’erano
portati in linea con i fucilieri e sparavano continuamente per facilitare il compito ai compagni.
L’operazione era una conseguenza di quanto era avvenuto il 26 luglio nell’isola di Eso, dove erano state uccise da rivoltosi 8 persone: […] le truppe inviate nell’isola l’avevano trovata quasi completamente abbandonata, mentre 383 fuggiaschi erano stati trovati nella vicina isola di Rava.
Senza esitare lanciano contro le postazioni nemiche ormai vicine le bombe a mano: i bersaglieri si buttarono con impeto contro gli ultimi spalti di roccia.
I ribelli, dopo un ultimo tentativo di fermare col fuoco di tutte le loro armi sparando anche
con i fucili da caccia, lanciando bombe a mano, la nostra avanzata, temendo di essere presi
alle spalle dai reparti di fanteria che stavano allora iniziando la salita delle pendici nordovest del Gradina, abbandonavano precipitosamente la quota buttandosi sul rovescio del
Il 2 agosto due cp. ed il comando del btg. Zara si imbarcarono (alla presenza del Col. Cadorna comandante del Fronte a terra delle Truppe Zara, dal quale il battaglione dipendeva) partendo alle 15,30 per Zara, da dove proseguire per l’Isola Lunga per rastrellare l’isola insieme con due compagnie di fanteria, rispettivamente dei btg. Cadorna
e Rismondo con due B.A.C. e con un nucleo di carabinieri.
Il giorno 3 agosto, alle ore 6,30, il btg. Zara sbarcò a Sale (Sali), nella parte meridionale dell’isola Lunga, ed iniziò il rastrellamento verso nord. [...]
Il 17 e il 18 agosto il btg. Zara (con 580 uomini) rastrellò l’Isola Incoronata, che fu trovata praticamente abbandonata […] Il 24 agosto la 12° cp. si trasferì a Scardona.
Il 1° settembre, nell’ambito della trasformazione delle Truppe Zara in Divisione Zara, il comando Fronte a Terra divenne comando del 291° rgt. fanteria Zara; il comando
Fronte a Mare divenne comando del 292° rgt. fanteria Zara.
I reparti di fanteria già delle Truppe Zara vennero quindi ripartiti fra i due reggimenti. Le cp. del btg. Zara, inserito nel 291° rgt. fanteria, assunsero una nuova denominazione (5°, 6°, 7°, 8°) seguendo nella numerazione le cp. del btg. fanteria Diaz.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
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AGOSTINO QUARTULLI
Il giovane studente si arruola volontario
Agostino Quartulli nasce il 29 dicembre 1919 a Terracina, da Riccardo e dalla madre
Guglielmina Berardi. La vita del giovane Agostino trascorre circondata dai profondi
affetti familiari che lo accompagneranno lungo tutto il suo breve cammino: non soltanto
i genitori, ma le sorelle, le zie, gli zii, tutta la famiglia. E sarà la famiglia a custodirne la
memoria, con la cura e la dedizione con le quali lo aveva sostenuto in vita.
Un rapporto particolarmente confidenziale Agostino
intrattiene con la sorella maggiore Vittoria, con la
quale si scambiano un fitto carteggio epistolare.
Di quel periodo, della generazione del
“libro e moschetto”, tra le carte che ricordano Agostino abbiamo trovato anche i quaderni, e le numerose annotazioni che il ragazzo apponeva
La profondità dei legami familiari è il dato che emerge
costantemente nella sua corrispondenza, ma soprattutto lasciano commossi le testimonianze successive
alla sua morte, l’affetto imperituro che gli viene tributato dalle persone che lo hanno conosciuto.
Ragazzo di viva intelligenza, Agostino frequenta
quale convittore il Liceo Classico “A. Nifo” di Sessa
Aurunca, guadagnandosi la stima degli insegnanti e dei compagni di classe. Uno di loro, Antonino
Romano, più di trenta anni dopo la morte ancora
lo ricorda con immutato affetto nella lettera che
scrive ai familiari nel 1975.
Agostino Quartulli consegue la maturità
classica presso il Regio Liceo Ginnasio di
Frosinone nell’anno scolastico 1937-1938,
come si rileva dal certificato
Soldato di leva della classe 1919,
viene lasciato in congedo illimitato l’8 marzo del 1939.
A guerra ormai iniziata, nel gennaio 1941,
viene ammesso alla continuazione del ritardo del servizio quale studente del 3°
anno di giurisprudenza.
Conseguita la licenza liceale, Agostino si
iscrive al primo anno di Giurisprudenza presso la R. Università degli Studi di
Roma: sappiamo che non potrà terminare gli studi, ma che gli verrà conferita la
laurea alla memoria
Lo stesso anno, ancora prima di iscriversi all’univeristà, Agostino ha già ottenuto dal padre l’atto di assenso per poter
arruolarsi quale volontario anche se ancora nella minore età.
Già due mesi dopo, a marzo del 1941, il giovane Agostino rinuncia ai suoi benefici di
studente per andare alle armi, ed è subito Bersagliere scelto nel 2° Reggimento Bersaglieri in Roma.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Comune di Terracina
Medaglia d’Argento al Valor Civile
AGOSTINO QUARTULLI
In viaggio tra l’Università e il fronte
Dovunque si rechi, da tutte le città nelle quali si ferma, o solamente fa tappa,
il bersagliere Agostino non manca di inviare lettere e cartoline ai suoi genitori.
Ogni data dei suoi viaggi, ogni avvenimento, ogni particolare, tutto racconta il
giovane soldato con l’affetto e il trasporto che ormai ci sono noti.
17  1941, oma.
Agostino si scusa con il padre per non essere tornato
a casa la domenica, perché il Capo Divisione gli ha
negato il permesso.
Si sta applicando molto nello studio, ha intenzione di
dare a maggio ben sei esami fondamentali in modo da
preparare la tesi durante l’estate.
É un brillante studente universitario, ed è impiegato
di ruolo nel gruppo C. presso il Ministero delle Finanze,
Divisione Generale delle imposte indirette sugli affari.
I 17  lascia l’impiego per arruolarsi, volontario a domanda, come allievo sergente presso il Deposito del 2° Reggimento Bersaglieri di stanza a Roma.
1  1941, oma. Nello stesso giorno il
giovane soldato invia una cartolina alla madre
Guglielmina, e una lettera al padre.
Dalla lettera apprendiamo una notizia di straordinaria importanza: entro il primo giugno tutti gli studenti universitari delle classi 1919 e 1920 saranno
chiamati alle armi, nessuno escluso.
Agostino è contento: la vita militare mi sta rendendo
un perfetto soldato e di ciò mi sento fiero ed orgoglioso.
É trascorso poco più di un mese,
siamo al 13   1941, e
Quartulli ha già conseguito il grado
di Sergente.
Brillante allievo, il giovane soldato
ha meritato la lode della commissione esaminatrice, come immediatamente, e con un certo orgoglio,
comunica al padre.
Il grado di Sergente infatti gli viene riconosciuto appena due giorni
dopo, il 15 giugno.
20  1941, oma. Si trova ancora a Roma, quando S.A.R. il Principe
Umberto si reca ad ispezionare la sua compagnia di soldati: il Principe rimane
favorevolmente colpito dal grado di addestramento e dalla capacità militare
dei ragazzi, tanto da farne un elogio davanti a tutto lo Stato Maggiore.
Veniamo a sapere inoltre che il corso per Allievi Ufficiali a Pola è stato spostato
da tre a cinque mesi.
Z, 7  1941. Dopo che il 3 agosto è stato trasferito al Battaglione Mitraglieri Ciclisti Rismondo, che viene mobilitato per recarsi nel deposito
Truppe di Zara, Agostino giunge nella città dalmata 3 giorni dopo.
Si trova ormai in territorio dichiarato in stato di guerra. I soldati arrivano a
Zara via mare, passando da Fiume, e sono in attesa di ordini.
Per Agostino Il viaggio è stato quanto mai bello. Si sono fermati a Firenze, Bologna, Trieste, Postumia, poi hanno attraversato tutta la Croazia fermandosi
a Lubiana e Karlovar. Da molte località, naturalmente, il soldato ha spedito
cartoline di saluto ai suoi cari. E ora si trova a Zara, che è una bella città marittima, tipo orientale e veneziano. Sappiamo che la caserma è nuovo e pulita,
e che gli ufficiali si sono dimostrati cordiali. In complesso, non si sta male .
Maggiori notizie, relativamente alla sua condizione, le troviamo nella lettera
del 10 , della quale si conserva anche la risposta del padre scritta di lì
a pochi giorni: il corso per Allievi Ufficiali lo faranno fare a Zara, dove Agostino insieme ai suoi commilitoni della 15° Compagnia Fronte a Terra si appresta
a raggiungere il Battaglione ciclisti Mitraglieri Zara.
Dopo essere stato per poco più di un mese a Zara, il 16 settembre Agostino
Quartulli è già in partenza per trasferirsi nella Scuola per Allievi Ufficiali di
Complemento di Pola.
P, 9  1941. É ancora a Pola, scrive al padre per ringraziarlo
del denaro inviatogli. Di lì a pochi giorni, come apprendiamo dal foglio matricolare militare, Quartulli viene nominato Allievo Ufficiale di Complemento e
viene inviato in licenza illimitata senza assegni in attesa di nomina a sottotenente di complemento.
P, 6  1942. L’Allievo Ufficiale di Complemento è arrivato nuovamente a Pola dopo un viaggio difficoltoso.
Tuttavia sembrano non pesare nulla al soldato Agostino le fatiche della guerra, i suoi pensieri sono tutti per la famiglia, per il padre, per la madre, per le
sorelle, per gli zii. Persino il Post Scriptum è dedicato agli affetti familiari.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
Provincia di Latina
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AGOSTINO QUARTULLI
Il S.Tenente sul campo dell’ultima battaglia
Mentre i suoi futuri commilitoni attraversano tutta la Bosnia, occupati nelle logoranti azioni di guerriglia che li vedono pesantemente coinvolti per le complesse vicende
della guerra civile, Agostino Quartulli riceve il grado di S. Tenente di complemento il 16 marzo 1942, nella scuola Allievi Ufficiali di Pola.
Inizialmente viene assegnato al 6° Reggimento Bersaglieri di stanza a Bologna, ma nei primi giorni di aprile del 1942 viene trasferito al Battaglione Bersaglieri Zara Posta Militare 141, per raggiungere il Battaglione in Bosnia.
15  1942
5  1942, Posta Militare del Comando Fronte a Terra.
14  1942, Posta Militare del Comando
Agostino Quartulli scrive al padre da Trieste, dove si
trova di passaggio per sottoporsi alla visita medica per
il concorso presso la R. G. di Finanza.
Ricorda al genitore quali sono tutti i passaggi amministrativi da fare per regolare i rapporti con l’Università.
É fiducioso: il posto ove mi trovo ora, è buono, e soprattutto calmo; vedi, quindi, che anche questa volta sono
stato fortunato.
Gli invia anche i soldi per pagare le tasse, e promette di
tornare a giugno per sostenere gli esami.
Il giorno dopo Agostino parte da Trieste, e passando da
Fiume arriverà a Zara, per raggiungere la sua sede.
Una breve cartolina postale indirizzata al signor Riccardo per rassicurarlo
di avere ricevuto la sua ultima lettera, nella quale gli viene assicurato che
le pratiche presso l’Università procedono bene.
Fronte a Terra.
Agostino scrive una nota brevissima al padre,
avendo avuto molto da fare. Iniziano gli ultimi
giorni della sua vita troppo breve, ma intensa:
ha ripreso a studiare, ed il suo pensiero è ancora
rivolto al conseguimento della laurea, che ha ormai programmato di conseguire nel mese di ottobre.
30  1942, Roma.
24  1942, il luogo è la Posta Mili-
Ed ecco uno dei certificati, che porta la data del 4 maggio 1942. Qui conosciamo il vero status di Quartulli:
Sottotenente di Complemento effettivo alla 13° Compagnia del Battaglione Zara presso il Comando del
Fronte a Terra, trovandosi così in territorio dichiarato in stato di guerra e di operazioni.
tare del Comando Fronte a Terra.
Agostino ha raggiunto definitivamente il
Battaglione in cui è effettivo, e naturalmente è contento di trovarsi in territorio di operazioni belliche.
I suoi uomini sono tutti romagnoli e bravi
ragazzi, avvezzi al combattimento ed
a quella vita dura che tempra i caratteri, e
forma gli italiani del tempo fascista.
Ma subito il pensiero torna ai suoi studi, si
preoccupa di ricevere le carte che gli permetteranno di fare domanda per chiedere la
licenza per gli esami universitari.
Agostino è alla facoltà di Giurisprudenza, ha appena sostenuto l’esame di
Diritto Romano, superandolo con punti 27/30.
Chiede al padre di recarsi presso la segreteria della Facoltà per regolarizzare la sua posizione per terminare gli studi quanto prima.
Il suo desiderio di laurearsi emerge da questi passi più che da ogni altra
lettera: io non potrei laurearmi, non avendo le firme di presenza in Cultura
Militare ed Antropologia criminale.
Perciò, quando tu ti recherai dal segretario, vedrai con questo di metterti
d’accordo quanto sopra. Cercherai, pertanto, di far sostituire Antropologia criminale con qualche altra materia, essendo tale materia complementare cioè facoltativa. Alle ore 14 il giovane studente riprende il treno per
tornare dai suoi soldati, la prima tappa del viaggio sarà Ancona.
17  1942, Sebenico.
Uno dei vaglia postali che in pochi mesi di stipendio da Sottotenente Agostino Quartulli invia al padre. Normalmente il denaro viene spedito per pagare le spese universitarie, questa
volta il militare scrive al padre che delle 1.500 lire potrà fare ciò che lui vorrà.
21  1942, Posta Militare del Comando Fronte a Terra.
La situazione sul fronte si sta complicando, ci sono disguidi nella consegna della posta a
causa dei continui spostamenti degli uomini del Battaglione Bersaglieri Zara.
Il giovane chiede al padre di rassicurarlo circa l’arrivo del vaglia postale che ha da pochi
giorni inviato, e gli comunica che presto gli invierà anche la domanda da presentare alla
segreteria dell’Università con tutte le spiegazioni del caso. E’ preoccupato Agostino, non
vuole che il signor Riccardo compili da sé una domanda piena di errori grammaticali. Le
preoccupazioni del ragazzo sono legittime, il battaglione è in continuo movimento, e non è
sicuro che la corrispondenza venga recapitata nei modi dovuti.
23  1942, Sebenico.
Questa è l’ultima cartolina di Agostino al padre.
La sua compagnia si sta organizzando per la battaglia
decisiva sulle asperità delle pietre del Monte Sopalj, dove
troverà la morte insieme ad altri eroici compagni.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
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AGOSTINO QUARTULLI
Il ricordo del ribelle e del coraggioso
Dalle parole di Bruno Demonte abbiamo appreso come valorosamente è caduto in battaglia Agostino Quartulli, e da lì abbiamo potuto immaginare quale fosse il
grado del suo ardimento, e del suo coraggio di soldato. Ma saranno le testimonianze che seguono a meglio descrivere il temperamento e il valore del giovane S.Tenente
di cui, purtroppo, rimangono soltanto l’elenco del corredo assegnatogli in servizio, il certificato di morte, il foglio matricolare militare. Finanche dalle condoglianze
istituzionali, oltre che da quelle di amici e conoscenti, da tutte emerge un afflato di commozione che è difficile contenere, ed impossibile celare.
13  1942, Roma, Ministero delle Finanze.
A scrivere è Paolinelli Cosimo, della Divisione Generale delle imposte indirette sugli affari.
Non un testimone della battaglia, ma un uomo che voleva bene ad Agostino come a un fratello minore disubbidiente ed a volte
ribelle, che spiccava per la nobiltà d’animo e soprattutto sentiva un grande, un immenso amor patrio. Non ha dubbi il Paolinelli
che anche sul campo di battaglia il giovane testardo sia stato dominato dalla sua natura impulsiva.
La fotografia della tomba di Agostino
Quartulli nel cimitero militare di Sebenico, con a tergo appuntati a matita alcuni dei versi più significativi
dei Sepolcri di Ugo Foscolo: la famiglia del bersagliere caduto attribuisce un valore altissimo alla cura della
sua salma, auspicandone il ritorno.
18  1942, P.M. 3550, Terzo Raggruppamento Artiglieria Contraerei, XXXV
1  1942, Battaglione Bersaglieri Zara, P.M. 17.
Gruppo, 3° batteria. Scrive Giovanni Persichini, un collega che lo ha conosciuto a fondo
nei mesi trascorsi sul fronte, e la cui commozione è incontenibile, come si rileva dalle
continue ripetizioni, e da un trasporto affettivo autentico e sincero. L’unica consolazione
dell’uomo è la certezza che Agostino abbia compiuto tutto il suo dovere, anzi più del suo
dovere, perché è troppo difficile da credere che il destino possa averlo punito in modo così
violento, e soprattutto senza averlo meritato.
Ed eccola, la fervida lettera di condoglianze che il S.Tenente Ajmone Finestra scrive a
Riccardo Quartulli. Il bersagliere è tornato al Presidio militare dopo una lunga assenza
per servizio, e subito approfitta per partecipare il suo dolore alla famiglia dell’amico
caduto: In guerra, i soldati spesso cantano sotto il cielo stellato, il loro pensiero vola lontano tra i ricordi più cari, e tra questi ricordi vi è quello del valoroso Tenente Quartulli,
eroe purissimo delle fiamme cremisi.
Il tenente Finestra pensa ad omaggiare la tomba dell’amico, ed è anche lui convinto che
gli verrà conferita la più alta decorazione al Valor Militare. Ora è in attesa che venga accolta la sua richiesta di venire assegnato alle bande cetnico - anticomuniste.
21  1942, Roma, Regia Università degli Studi.
13  1942, Comando delle Truppe di Zara.
Il Tenente colonnello Medico risponde
alla lettera del signor Riccardo, rassicurandolo sul fatto di avere deposto dei
fiori sulla tomba di Agostino, che riposa
per il momento nel cimitero militare di
Sebenico.
Sono state impartite direttive importanti ai custodi e ai manutentori del cimitero, affinché le tombe dei caduti vengano tenute secondo le regole della pietà
cristiana, garantendone l’integrità, ed
assicurando la facile identificazione dei
cadaveri. Sappiamo quindi che il padre
di Agostino ha chiesto di sapere quali
siano le pratiche da seguire per ottenere
la traslazione della salma da Sebenico a
Terracina, ma già si comprende come
questa operazione al momento sia molto
difficoltosa. Benché si tratti di comunicazioni di servizio, il colonnello non si
esime tuttavia dal tributare i più alti riconoscimenti al soldato che nel combattimento ha avuto un comportamento superbo,
meraviglioso, degno delle tradizioni del corpo dei bersaglieri, degno dei fanti d’Italia.
25  1942, P.M. 97, Battaglione Bersaglieri Zara, VII Compagnia.
Finalmente una lettera dal fronte, un altro bellissimo ritratto di Agostino che arriva alla
famiglia Quartulli quando già sono trascorsi due mesi dalla morte.
A scrivere è il S.Tenente Giovanni Battista Nediani, che preferisce ricordare l’amico, in
luogo del soldato, e chiede che come all’amico Ajmone Finestra, che lo custodisce gelosamente, anche a lui possa essere donato un ricordino del commilitone defunto, ogni giorno
nei pensieri e nelle parole dei compagni.
Il Rettore dell’Università Pietro de Francisci, nel tributare i dovuti omaggi al valore di Agostino, comunica al
padre che l’Università di Roma, fiera di Lui, conferirà la laurea “ad honorem” in giurisprudenza alla sua memoria. Questa pratica, al contrario dell’altra, sarà velocissima, perché il Diploma di Laurea porterà
la data del 4 novembre 1942.
3  1942, P.M. 118, Comando
del XVII Corpo d’Armata.
Un’altra brutta notizia, per la famiglia
Quartulli. Il Maggiore Paliaga risponde ad
una lettera inviata dal padre Riccardo il
20 novembre. Non conosciamo il contenuto della richiesta, ma abbiamo ragione di
credere che si tratti del mancato svolgimento della pratica che al padre di Agostino sta tanto a cuore, e cioè della traslazione della salma del figlio a Terracina.
Nessuna rassicurazione, se non vaga, da
parte del Maggiore, che troppo sbrigativamente invita Riccardo Quartulli a sentirsi orgoglioso quale padre di un italiano
che ha saputo ben morire per la patria.
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
Il Bersagliere laureato alla memoria
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Medaglia d’Oro al Merito Civile
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AGOSTINO QUARTULLI
Il tributo alla memoria
È passato un mese dalla morte di Agostino Quartulli, e la famiglia ha voluto omaggiarlo di questo ricordo, con le bellissime immagini e parole che faranno il giro d’Italia
per raggiungere tutti coloro che ne fanno richiesta, per sentire più vicino il compagno di studi, l’amico del battaglione, l’eroe del Monte Sopalj.
E dopo la Laurea ad honorem, che gli viene conferita subito dopo la morte, a consolare la famiglia di Agostino ci saranno la Medaglia d’Argento al Valor Militare nel
1947, e l’intitolazione al giovane caduto della Sezione provinciale dei Bersaglieri di Latina, nel 1954.
Arriva per ultimo, nel 1964, l’evento che la famiglia ha atteso per così lunghi anni, il ritorno della salma a Terracina, con la toccante cerimonia di accoglienza.
LA LAUREA AD HONOREM
IN GIURISPRUDENZA
INAUGURAZIONE SEZIONE DEI
BERSAGLIERI DI LATINA E TERRACINA
data in Roma il 4 novembre 1942: Agostino, come abbiamo visto, aveva in programma di dscutere la
tesi in ottobre, solo quel passaggio mancava per conseguire un obiettivo da lui perseguito con quella
passione e con quella tenacia che abbiamo visto accompagnare in ogni momento la sua breve esistenza.
30  1954: viene solennemente inaugurata la sezione dei bersaglieri di Latina e Terracina:
madrina della cerimonia la signora Quartulli, zia Lalletta sorella del S.
Tenente Agostino.
Una cerimonia ufficiale, quella per la consegna della Laurea alla memoria, che vede protagonista
la sorella Lalletta, colei che rappresenterà la famiglia in tutte le celebrazioni ufficiali in onore di
Agostino Quartulli.
La memoria di Agostino nei versi della poetessa Laura Palombi Ferruzzi, dalla raccolta “Verso la vita e oltre”.
Cerimonia di consegna della Laurea alla memoria di Agostino Quartulli, alla signora Lalletta Quartulli
LA MEDAGLIA D’ARGENTO
AL VALOR MILITARE
Roma, 20 ottobre 1947. E’ la data riportata in calce al Decreto del Ministro della Difesa che conferisce ad Agostino Quartulli la Medaglia d’Argento al V.M. con questa motivazione: “Alla testa dei suoi
uomini si lanciava all’attacco di una posizione occupata da forte banda di ribelli che col fuoco minacciava un fianco della sua compagnia. Ferito, non desisteva dalla lotta ed incitava i suoi dipendenti, portandoli a distanza di assalto. Ferito una seconda volta trovava ancora la forza di guidare
i suoi uomini all’ultimo balzo. Nella conquista della quota, cadeva colpito a morte. - Quota 221 di
Sopali (Zara), 24 luglio 1942.
1964
IL RITORNO
DELLA SALMA
DI AGOSTINO
QUARTULLI
A TERRACINA
M.A.V.M. S.Ten.Agostino Quartulli
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