titolo: l`elogio della follia
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titolo: l`elogio della follia
TITOLO: L’ELOGIO DELLA FOLLIA RELATRICE: SZEGO ALESSANDRA AUTRICE: BORTOLOTTI SILVIA MATRICOLA:50963 La presente tesi tratta della disciplina sull’imputabilità ed il vizio di mente nel sistema penale italiano. Nel primo capitolo l’attenzione è rivolta alla norma cardine di tale istituto, l’art.85 c.p., il quale fa discendere l’imputabilità dalla capacità di intendere e volere che deve sussistere nel momento di commissione del fatto costituente reato. Successivamente si sono esaminati, in riferimento al concetto di determinazione della capacità di orientarsi della volontà, i c.d. “paradigmi indeterministici” e le “concezioni psicologiche”.Si è poi passati all’analisi delle norme previste per i soggetti minori di anni diciotto, vale a dire l’art.97 c.p. per i soggetti infraquattordicenni e l’art.98 c.p. per gli individui infradiciottenni: particolare attenzione è stata posta alla critica, mossa dalla dottrina, circa l’infondatezza dei concetti di maturità ed immaturità i quali risultano privi di fondamento in base alle moderne acquisizioni scientifiche. Il secondo capitolo è dedicato al tema del vizio di mente come causa principale di esclusione dell’imputabilità. Si è illustrato il contenuto degli artt. 88 e 89c.p. e sono stati analizzati i tre modelli esplicativi che cercano di inquadrare il concetto di “infermità mentale” penalmente rilevante: il paradigma medico, quello psicologico ed infine, anche se non utilizzato, l’indirizzo sociologico. Si è poi evidenziato come, allo stadio attuale, il linguaggio del giudice e quello del perito non collimino affatto ed anzi divergano in modo non indifferente, con conseguente coesistenza di pronunce giurisprudenziali talora contrastanti. Successivamente si è posto l’accento sulla famosissima sentenza Raso, n.9163/2005, con la quale la Suprema Corte ha affermato che anche i disturbi borderline rilevano se escludono o riducono le capacità intellettive e volitive. Si è poi concluso puntualizzando l’inidoneità del disposto di cui all’art.90 c.p., il quale sancisce l’irrilevanza degli stati emotivi e passionali, in quanto anche le emozioni ed i sentimenti possono incidere sulle capacità intellettive e volitive. Nel terzo capitolo si è affrontata la disciplina in materia di ubriachezza ed intossicazione da stupefacenti, rilevando come anche in tale materia le norme attualmente vigenti si siano rilevate inappropriate. Infatti, fatta eccezione per le ipotesi di ubriachezza accidentale e di cronica intossicazione, il legislatore ha stabilito, in totale contrasto con i principi generali del diritto penale, che soggetti incapaci di intendere e volere vengano puniti. In caso di ubriachezza colposa o abituale è addirittura previsto un aumento di pena. Si è poi posto l’accento sull’inattualità dell’equiparazione tra la disciplina in materia di ubriachezza e quella prevista sull’uso di sostanze stupefacenti. Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, si è sviluppata la disciplina della pericolosità sociale in quanto anche i soggetti non imputabili possono essere ritenuti – ex art. 203 c.p.- pericolosi e pertanto sottoposti a misure di sicurezza. Si è poi osservato come l’art.203 c.p. sia privo di fondamento dal momento che la prognosi di pericolosità sociale non è empiricamente accertabile. Per concludere si sono prese in considerazione le misure di sicurezza previste per i soggetti non imputabili e semi-imputabili, affermando come le strutture presenti sul territorio - ossia gli ospedali psichiatrici giudiziari e case di cura e di custodia- risultino, ai fini di un trattamento terapeutico di recupero ed integrazione, totalmente inadatte. All’esito del presente studio non si è potuto pertanto che rimarcare come la disciplina in tema di imputabilità risulti, oggigiorno, inadeguata e necessiti di un urgente riforma.