East_49_Il_Brasile_non_si_illude
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79-81 Brasile Patrono_Layout 1 08/08/13 11:41 Pagina 79 BRASILE Il Brasile non s’illude L’organizzazione di Mondiali e Olimpiadi porta con sé una storia di debiti, corruzione e consuntivi regolarmente superiori ai preventivi. L’unico effetto positivo veramente riscontrabile è che dopo simili eventi, la gente è più felice e ha una maggiore fiducia nel futuro. S ostiene Jerome Valcke, segretario generale della Fifa, che per chi deve organizzare un Mondiale di calcio la democrazia rappresenta un rognoso rompicapo con cui fare i conti: sarebbe meglio averne un po’ meno. “Dirò pure qualcosa di pazzesco – buttò lì lo scorso aprile – ma se c’è un capo di stato forte che può prendere le decisioni in autonomia, per noi organizzatori è tutto più facile”. Si riferiva al Presidente della Federazione russa Vladimir Putin, Z Il Team greco di ginnastica ritmica al completo durante le Olimpiadi di Londra 2012. Nello stesso anno, Roma ha ritirato la propria candidatura per le Olimpiadi 2020. che tre anni fa usò tutto il suo potere e la sua influenza per far assegnare a Mosca i Mondiali del 2018. Mostrando come prova della sua poco democratica ma indiscutibile efficienza, l’allestimento di quelle che si preparano a essere le Olimpiadi più costose della storia: i Giochi invernali di Sochi 2014. A pagare il conto, sproporzionato e in odor di tangenti, hanno provveduto gli oligarchi più fedeli allo zar. Gli stessi che hanno già cominciato a finanziare l’organizzazione dei Mondiali del 2018 tanto cari a Jerome Valcke. Il quale, ignaro della “primavera brasiliana” che stava per esplodere a un anno di distanza dai Mondiali del 2014, si era permesso di chiosare il suo elogio delle dittature: “Le vere difficoltà noi le incontriamo quando entriamo in un paese con una struttura politica divisa e complessa come il Brasile. Qui siamo costretti a trattare con persone e interessi diversi. E allora si fa tutto più maledettamente complicato.” Le proteste che lo scorso giugno hanno portato in strada milioni di Brasiliani in concomi- REUTERS/CONTRASTO/MIKE BLAKE di Matteo Patrono DOSSIER numero 49 settembre/ottobre 2013 79 79-81 Brasile Patrono_Layout 1 08/08/13 11:41 Pagina 80 DOSSIER I NUOVI CAMPIONI stima ancora provvisoria e molto ottimistica, il Brasile ne sacrificherà sull’altare dei Giochi di Rio 2016. Mondiali e Olimpiadi, i due grandi eventi planetari che l’ex Presidente Lula aveva strappato in accoppiata alla fine del 2000 come simbolo dell’ascesa del più dinamico tra i colossi del BRICS. Che l’organizzazione di una grande manifestazione sportiva serva a comprarsi la legittimazione internazionale, è cosa nota. I Paesi emergenti del nuovo millennio ne hanno fatto una sorta di coming out party ma anche consolidate potenze come Germania e Inghilterra hanno usato il palcoscenico globale dello sport per rifarsi l’immagine in chiave post-moderna. Tutti convinti dal mantra con cui politici, dirigenti sportivi e media sono soliti giustificare la distrazione d’ingenti fondi pubblici verso il grande affare dei Mondiali o delle Olimpiadi: cioè che queste manifestazioni siano un formidabile volano per l’economia, un catalizzatore di investimenti, crescita, lavoro e ricchezza per tutti. REUTERS/CONTRASTO/ISSEI KATO tanza con lo svolgimento della Confederations Cup, avevano come slogan l’interrogativo Copa pra quem? (La Coppa per chi?). Così i costosissimi stadi dal design super moderno fatti costruire per i Mondiali con i soldi dei contribuenti sono diventati il simbolo degli sprechi contestati al governo di Dilma Rousseff: 2,3 miliardi di euro solo per gli impianti, su un conto totale che alla voce spese ha già sfondato il muro degli 11 miliardi e da qui alla prossima estate potrebbe salire fino a 13. Altrettanti, ma è una 80 east european crossroads 79-81 Brasile Patrono_Layout 1 19/08/13 14:27 Pagina 81 BRASILE numero 49 settembre/ottobre 2013 politici e imprenditori, con a capo le organizzazioni che governano lo sport mondiale, la Fifa e il Comitato olimpico internazionale, che stringono con i Paesi ospitanti accordi di sfruttamento economico esentasse degni dell’era coloniale. Dalla Coppa del mondo del prossimo anno, la Fifa incasserà circa un miliardo e mezzo di euro. Quindi traslocherà il suo registratore di cassa in Russia dove, mal che vada, dovrà vedersela con le attiviste di Femen. Uno spauracchio molto meno preoccupante della rivolta brasiliana. Alla quale il colonnello Sepp Blatter, padre-padrone della Fifa, ha recapitato l’omaggio di un sincero democratico. “Ricordo con piacere l’ultima volta che il Sudamerica ospitò i Mondiali di calcio. Era il ’78, vinse l’Argentina e fu una bella riconciliazione del popolo col sistema politico dei militari”. Lui era in tribuna ad applaudire gol e coriandoli col generale Videla. A pochi metri dai campi di gioco, una generazione d’indignati spariva per sempre nel buio. Il costo della Coppa uanto costa organizzare un Campionato Mondiale di calcio? I dati ufficiali delle ultime tre edizioni dicono che il Brasile spenderà da solo più di quanto pagato insieme da Giappone e Corea del Sud (2002, 3,6 miliardi di euro), Germania (2006, 3,5 miliardi di euro) e Sudafrica (2010, 2,7 miliardi di euro). Ma le discrepanze tra stime ufficiali di Fifa e governi e i numeri non ufficiali di università, istituti di ricerca e think-tank lasciano più di un dubbio sui debiti effettivi lasciati in eredità ai Paesi organizzatori (secondo il Labour Research Service di Città del Capo per esempio la Coppa del mondo costò al Sudafrica fino a 15 miliardi di euro). Per i Q Mondiali del 2018, la Russia ha stanziato un budget record di 34 miliardi di euro che si somma ai 39 previsti per i Giochi invernali di Sochi 2014. Quattro anni fa per quelli di Vancouver ne erano bastati 10 e per l’edizione estiva di Londra 2012 si era arrivati a 12, col premier David Cameron costretto a difendersi da mille polemiche e dal fantasma di Atene 2004, costato 18 miliardi di euro e il quasi fallimento dell’Eurozona. Nel 2008 Pechino aveva investito 38 miliardi di euro per l’edizione più sfarzosa di sempre, una cifra destinata a impallidire di fronte ai 50 miliardi promessi dagli emiri del Qatar per i Mondiali nel deserto del 2022. REUTERS/SIPHIWE SIBEKO Per dire, il Governo brasiliano ha calcolato in un aumento dello 0,4% del Pil l’impatto che il biennio magico 2014-16 avrà sull’economia locale. Si evocano orde di turisti maniaci dello shopping, riqualificazioni urbanistiche, ammodernamenti di strade e aeroporti, posti di lavoro a pioggia. Si tratta in realtà di una colossale e comprovata bugia che numerosi e autorevoli studi economici hanno contribuito a svelare in tutta la sua evidenza. Un falso mito dalle conseguenze talvolta catastrofiche come dimostra l’esempio della Grecia, ridotta sull’orlo della bancarotta anche dagli effetti collaterali delle Olimpiadi di Atene 2004, costate 18 miliardi di euro, quasi cinque volte il budget iniziale stanziato dal governo per riportare a casa il mito degli antichi giochi di Olimpia. Dall’inizio del gigantismo sportivo degli anni ’90, nessun paese che abbia ospitato un’edizione delle Olimpiadi o dei Mondiali di calcio ha mai chiuso in attivo il bilancio economico di queste avventure. Neppure la Cina, che ha registrato un improvviso rallentamento economico negli anni a seguire la sfarzosa edizione dei giochi di Pechino 2008. Quando nel 2012 il Governo italiano ha annunciato il ritiro della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020, l’allora Presidente del consiglio Mario Monti non usò mezzi termini per spiegarne il motivo: “Sarebbe da irresponsabili garantire di poterne coprire i costi. Non vogliamo ipotecare il futuro di questo paese”. Ad arricchirsi è sempre e soltanto una percentuale minima di affaristi, DOSSIER 81