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Scandalo all’Elba, dove la giustizia non vede gli
abusi
Stefano Fabio Martinenghi
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Abusi edilizi, paesaggi devastati. E denunce rese inutili da una magistratura fin troppo inerte
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La spiaggia di Fatovaia, dell’Isola dell’Elba
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Richiesta di due diligence in Comune di Campo nell’Elba e Procura e Prefettura di Livorno
"Se dovessi guardare ai risultati della lotta alla corruzione in Italia parafraserei un passo del Vangelo:
“Beati coloro che hanno sete di giustizia, perché saranno giustiziati”
(Alfredo Robledo Procuratore Agg. di Milano a l’Espresso del 9.5.13).
1. Il precedente appello del 26 ottobre
Signor Presidente,
sono un piccolo imprenditore, non mi chiamo Berlusconi e non faccio politica, ma all’Elba per difendere la
spiaggia di Fetovaia, fra le sei più belle d’Italia (v.all.14) e il piccolo stabilimento balneare di famiglia che vi
insiste (www.bagnibarbatoja.it) dagli atti del Comune di Campo nell’Elba che li scempierebbero ho dovuto
impegnarmi in 35 procedimenti giudiziari di ogni ordine e grado, fra i quali esposti penali che Procura e
Prefettura di Livorno costantemente archiviano o ignorano lasciando sconcertati i legali che mi assistono.
Prendiamo l’ultimo clamoroso esempio dei parcheggi pubblici realizzati abusivamente all’Elba in
pieno Parco Nazionale (v.all.1) sulla famosa Punta di Fetovaia. Memore che nella Pubblica
Amministrazione vige il principio gerarchico, mi ero appellato fiducioso a Lei e al Ministro Cancellieri per
chiedere una due diligence di verifica della legalità degli atti del Comune di Campo nell’Elba e della Procura
e Prefettura di Livorno, in passato più volte sollecitata in Parlamento dalla vicepresidente della commissione
parlamentare antimafia pro tempore On. Angela Napoli. A sostegno della mia richiesta, con il riepilogo della
mia vicenda avevo prodotto: A) copia dell’ultimo esposto da me depositato nel 2012 presso le Procure di
Livorno e Genova per lo scempio ambientale dei parcheggi abusivi e per le varianti al Piano di
Fabbricazione, tra le quali quella approvata nel 2009 da me impugnata perché prevede colossali vasche di
contenimento in cemento armato dal devastante impatto proprio a ridosso della spiaggia di Fetovaia
(approfondisco al successivo punto 3.); B) le quattro interrogazioni parlamentari dell’On. Napoli ai Ministri
dell’Interno e di Giustizia, con le quali chiedeva una commissione di accesso in Comune e ispettori
ministeriali al Tribunale di Livorno; C) un articolo del Corriere della Sera: (v.all. 2) che riassumeva i
numerosi procedimenti giudiziari contro amministratori e funzionari di un Comune con soli 4.164 residenti
(poi assolti e tornati ai loro posti); D) un articolo de “La Nazione” sullo scandalo “Elbopoli” (v.all.3) che
nel 2005 aveva decapitato Tribunale e Prefettura di Livorno con l’arresto del capo dei Gip e di Prefetto e
vice prefetto distaccato all’Elba (poi condannati per corruzione e peculato); E) un articolo del quotidiano
elbano online “TENEWS.IT’” (v.all.4); F) email dell’On. Napoli nell’esercizio delle sue funzioni, per la
quale le archiviazioni dipenderebbero dalla protezione assicurata al Comune da politica, massoneria, Procura
e Prefettura di Livorno (v.all.5).
Pertanto, sono rimasto interdetto quando nel luglio scorso ho ricevuto la risposta dal Gabinetto
della Prefettura di Livorno: “In relazione alla nota in data 26 ottobre 2012 con la quale la S. V si è rivolta
al Capo dello Stato alfine di rappresentare l’annosa vicenda di contenziosi con l’Amministrazione
Comunale di Campo nell’Elba, si comunica che la Presidenza della Repubblica ha fatto presente di non
poter svolgere alcun intervento in merito alla questione rappresentata che rientra nell’ambito di valutazione
e determinazione di altre Istituzioni e che, peraltro, è stata oggetto di ripetute pronunce della
Magistratura” (nota del 8.7.2013 Prot. N° 0021631 Classifica: 12.092). Che sia pervenuta da uno dei
soggetti oggetto delle accuse dell’On. Napoli (v.all.5) e della mia richiesta di due diligence, invece che dal
Suo Gabinetto (come avvenuto in occasione della Sua premiazione della onlus di mia moglie Paola
Brodoloni, che forma studenti e professori delle scuole primarie e secondarie di tutta Italia, anche alla
legalità www.cuoreparole.org) suscita perplessità per il messaggio intrinseco, che escludo possa pervenire
dal Suo entourage. Pertanto questa volta indirizzo la presente all’attenzione del Suo consulente giuridico Dr.
Salvatore Sechi, unitamente alla mia precedente del 26.10.12.
Dobbiamo a Lei, Presidente, se il Paese è uscito rafforzato nel valore di unità nazionale e nella
credibilità internazionale, ma ora volga lo sguardo alle Istituzioni preposte alla salvaguardia della legalità. A
Livorno Procura e Prefettura in certe situazioni paiono “dormienti”, come già denunciato dall’On. Napoli e
comprovato dal precedente di “Elbopoli”. Urge evitare, parafrasando F. Goya, che: “il sonno delle Istituzioni
generi mostri”.
2. Siamo tutti membri della grande famiglia europea
Trasmetto la presente anche agli avvocati che mi assistono e possono fornire ogni documentazione utile alla
due diligence; all’On. Angela Napoli e al Dott. Gherardo Colombo che hanno fatto della legalità la missione
della vita; al quotidiano nazionale Libero, l’unico ad avere pubblicato la notizia dello scempio ambientale
nel Parco Nazionale dell’Elba a rischio di archiviazione; al Corriere della Sera che della legalità nel
Comune di Campo nell’Elba e delle interrogazioni dell’Ono Napoli si è già occupato; al Sole 24Ore perché
il problema giustizia è oggi il maggior deterrente a investire in Italia; a Milena Gabanelli di Report , raro
esempio di giornalismo al servizio della democrazia come ovunque la vera informazione; alle associazione
ambientaliste rimaste finora stranamente inetti; infine ai grandi quotidiani europei che spesso si occupano
del nostro Paese. Siamo ormai tutti membri della grande famiglia europea e ognuno contribuisce come può
alla comune causa, io assumendomi le mie responsabilità nell’interesse di tutti. Perché sull’Europa la penso
come Wolgang Munchau del Financial Times (“Voglio l’unione europea perché la voglio. Forse per
una questione culturale, forse perché ho studiato il latino come prima lingua straniera, forse per qualche
lungo viaggio in gioventù...ma so per certo che non è stata la prospettiva dei vantaggi economici legati
al mercato unico” - F.T. del 20.5.13) e sono consapevole che ci è figlia per l’impronta creatrice dell’impero
romano, della Chiesa cattolica e del Rinascimento, ma ci è madre quando richiama al rispetto delle regole le
nostre Istituzioni inadempienti, incapaci di contenere la spesa pubblica (+7,3% 1° trim. 2013; 130% del PIL)
e così risanare realmente il Paese. Ma ogni famiglia ha i suoi pregi e difetti e quella europea non fa
eccezione, né vedo chi possa ergersi a maestro.
3. I parcheggi pubblici abusivi nel Parco Nazionale e le colossali vasche in cemento armato previste
sulla spiaggia di Fetovaia
E vengo al caso dell’esposto per lo scempio ambientale riassunto dal giornale Libero, documentato nel mio
ultimo esposto del 2012 ai Tribunali di Livorno e Genova trasmesso a Lei, Presidente, ed al Ministro
Cancellieri. Sapete che ho denunciato con lettera aperta al Sindaco i parcheggi pubblici realizzati sui miei
terreni nel Parco protetto, che ruspe hanno sbancato e inquinato con quintali di frammenti di mattonelle
colorate per estirpare la macchia mediterranea protetta e realizzare vasti piazzali “vista mare” (vedi all. 6, 7,
depositati in tribunale); e che il Sindaco ha replicato che avrebbe fatto fare accertamenti per dare risposte
certe. Dovete adesso sapere che il magistrato inquirente (Pm) di Livorno, esaminata l’esaustiva
documentazione da me prodotta ha sorprendentemente escluso che fossero stati commessi reati e ha chiesto
al magistrato giudicante (Gip) l’ennesima archiviazione (v. all.8). Anche il Pm di Genova, curiosamente con
gli stessi termini del collega di Livorno, ha escluso reati nella realizzazione dei parcheggi abusivi nel parco
nazionale, ma diversamente dal Pm di Livorno il 4 giugno 2013 l’esposto se lo è archiviato da sé, senza
sottoporlo al Gip né avvertirmi (v.all.9), con buona pace dell’art. 408 C.p.p. Gli avvocati dicono che in
Cassazione la vittoria sarà certa perché la norma serve proprio a evitare che in Italia un Pm archivi
arbitrariamente senza controlli e dunque segnalo il fatto al competente Ministro Cancellieri. Perché al Pm di
Genova in questione è stato anche assegnato il mio precedente esposto del 20Il, che in 930 pagine di
documenti svela modalità e protagonisti di quel «sistema» denunciato dall’On. Napoli e dei magistrati
livornesi che se ne sono occupati (v. successivo punto 4).
A Livorno, in questo caso, ho invece potuto oppormi e segnalare al Gip che invece erano stati
commessi i reati indicati agli art. 633 c.p. (invasione di terreni), art. 635 c.p.(danneggiamento), art. 734 c.p.
(distruzione o deturpamento di bellezze naturali). Senza contare il parere del Dott. Salvatore Cosentino
magistrato e tutor all’Università del Salento, che in “Elementi di Diritto Penale dell’Ambiente” scrive che in
casi come questo si applica l’art. 44 lett. C del DPR 380/01, che punisce con l’arresto fino a 3 anni e
l’ammenda da 30.000 a 100.000 euro chi, senza la prescritta autorizzazione, esegue lavori di qualsiasi genere
su beni paesaggistici ambientali; specificando che per “lavori di qualsiasi genere” si intende anche la
realizzazione di strade sterrate e la potatura di piante, proprio come avvenuto sulla Punta di Fetovaia ed
espressamente vietato dal Regolamento dell’Ente Parco agli art. 18.2 e 19.2. Il Gip ha rinviato in camera di
consiglio, dove il 29 maggio 2013 gli ho consegnato nuove fotografie con l’articolo di Libero pubblicato il
giorno prima, e due mesi dopo ha emesso: “ORDINANZA diNON ACCOGLIMENTO della RICHIESTA di A
RCHIVIAZIONE e di EFFETTUAZIONE di ULTERIORI INDAGINi” (v. all.13).
Si noti che Il Gip di Livorno ha disposto la prosecuzione delle indagini, però limitandole ai soli
parcheggi abusivi nel Parco, in tal modo archiviando di fatto ogni indagine relativa alle tre varianti al PDF
richiamate nello stesso esposto. Compresa quella del 2009 assai più devastante dei parcheggi per l’ambiente,
perché prevede colossali quanto inutili vasche di contenimento idraulico in cemento armato alle spalle della
spiaggia di Fetovaia. Variante per questo da me impugnata con “Ricorso Straordinario al Presidente della
Repubblica”, i cui atti sono stati in seguito acquisiti dai Ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture per
“approfondimenti istruttori” (v. n° protocolli in AR del 26.10.12 a pago 11-12) Sarebbe utile per la
collettività, Vice Premier Alfano, verificare se tali accertamenti sono conclusi dopo quattro anni. Si trattava
di verificare se sono errate le relazioni tecniche della variante che hanno dichiarato il fosso di Fetovaia privo
di argini e dunque previsto ciclopiche vasche di contenimento idraulico di messa in sicurezza, o se è errato lo
Studio di noto ingegnere idraulico (che ho offerto gratuitamente al Comune) che all’opposto ha fotografato
gli esistenti massicci argini in granito alti due metri e mezzo e dopo studi pluviometrici areali li ha certificati
idonei a contenere piene duecentennali, citando a riprova la piena del 2002 contenuta in piena sicurezza
senza danni a persone e cose.
Ci sono dunque almeno cinque buone ragioni che a dispetto delle evidenze mi inducono alla
prudenza sull’esito del mio esposto e a insistere per la due diligence (non me ne voglia la cortesissima Gip).
La prima è che l’ordinanza del GTP dispone che il Pm deve “assumere informazioni presso l’Ufficio tecnico
del Comune (UTC) di Campo nell’Elba circa l’esistenza di autorizzazioni alla esecuzione delle opere ”. È lo
stesso Ufficio che nel 2004 negò ai Carabinieri di avere mai rilasciato da almeno dieci anni autorizzazioni
edilizie per un chiosco bar di terzi, illegittimo ictu oculii perché costruito sull’argine del fosso, fatto che
avevo denunciato perché al contempo quello del mio stabilimento balneare in concessione demaniale
autorizzato dalle Belle Arti era stato imposto di chiusura e di demolizione. Per effetto di tale verbale (agli
atti) altro Pm chiese ad altro Gip la prima archiviazione, alla quale anche allora mi opposi con foto del
chiosco bar “fantasma” e indicazioni sulle licenze edilizie “inesistenti”, che infatti la Guardia di Finanza
rinvenne presso terzi e il Ctu del Tribunale dichiarò gravemente contra legem. Il funzionario nell’Utc che le
firmò è ancora in servizio con molti dei colleghi di allora e anzi è stato promosso, pronto per essere
interrogato. La seconda si ricollega alle archiviazioni più volte denunciate dall’On. Napoli. Nel 2004, dopo il
primo tentativo di archiviazione ne seguirono altri nonostante tale verbale di interrogatorio per il chiosco bar
(rimasto senza seguito), finché al quarto l’inchiesta fu archiviata. Per farla avviare avevo dovuto prima
chiedere l’avocazione delle indagini alla Procura Generale di Firenze, poi appellarmi al Ministro di Giustizia
che era intervenuto, invano (v. all.15e AR del 26.10.12).
La terza, come abbiamo visto, è che il mio esposto 2012 contro lo scempio ambientale a Fetovaia, di
fatto è stato archiviato per la parte riguardante le varianti al PDF, la più importante quanto a conseguenze per
l’ambiente di Fetovaia ed eventuali responsabilità del Comune, che a Livorno adesso nessuno accerterà più.
La quarta è che anche il mio più importante esposto del 2011 (v. precedente punto 3) sta avendo un
iter indecifrabile, per usare un eufemismo. Lo scorso febbraio 2013 ho appreso per caso che a Livorno era
stato archiviato ancora una volta ad insaputa mia e del mio legale. Era vero, ma all’interno del fascicolo a me
intestato, oltre al mio esposto, c’erano atti di altri illeciti di terzi che nulla c’entravano, risolti per via
amministrativa. Segnalata la stranezza, prima mi è stato detto che era un errore inspiegabile, poi che
comunque l’esposto aveva originato un diverso fascicolo però irreperibile, poi ancora che anche
quest’ultimo risultava archiviato, infine che di quanto precede non è vero niente, perché alla fine il mio
esposto è risultato trasferito per competenza al Tribunale di Genova.
La quinta ragione consegue alle altre quattro: è impossibile comprendere con quali criteri viene
amministrata la giustizia a Livorno, Ministro Cancellieri, dunque avere fiducia. Non si riesce a comprendere
nemmeno quale Procura abbia trasferito il fascicolo a Genova, dove mi hanno riferito che proviene da
Grosseto (?) non da Livorno. Ad oggi non sono ancora riuscito a prenderne visione né a Livorno dopo
quattro istanze al Procuratore capo, una per ogni verità rivelatami in cancelleria; né a Genova perché risulta
“pendente” dunque non consultabile. Se accadesse a Voi (impossibile) la metà di ciò che sta capitando a me,
Presidente e Ministri, la due diligence la ordinereste d’imperio.
Per concludere sul parcheggi abusivi nel Parco, dopo la camera di consiglio del Gip, grazie all’articolo di
Libero ed ai followers del profilo twitter:@Salviamolelba (perché l’Elba è amata in Italia ed Europa dai
tempi di Napoleone per le sue bellezze naturali ancora intatte) sono stato informato che in precedenza il
Sindaco aveva fatto “outing” sul quotidiano regionale “Il Tirreno” (v.all.10) lamentando di non doversi
giustificare per aver ripristinato un’antica strada vicinale con diritto di passo a beneficio dei turisti, che
adesso possono parcheggiare in tutta sicurezza e gratuitamente per andare al mare. A fronte di tale
assunzione di responsabilità a mezzo stampa ho commissionato una perizia tecnica che ha accertato dalle
mappe catastali che l’antica mulattiera era larga circa mt. 2,20 (v.all.11). Ne consegue che, come da me
denunciato, i parcheggi sono stati realizzati proprio sui miei terreni e nel Parco, presumibilmente senza
autorizzazioni, per legge impossibili da ottenere in quel contesto. Staremo a vedere.
4. Il «sistema »del Comune di Campo nell’Elba denunciato dalla vice presidente della commissione
parlamentare antimafia pro tempore On, Angela Napoli
Questa vicenda dei parcheggi abusivi nel Parco illustra efficacemente quel particolare concetto di legalità
denunciato dall’On. Angela Napoli ai Ministri di Giustizia e dell’Interno che Vi hanno preceduto, Ministri
Cancellieri ed Alfano. C’è un Sindaco che rivendica infastidito a mezzo stampa di non doversi scusare per la
semplice messa in sicurezza di una mulattiera preesistente con diritto di passo (Sui parcheggi della punta di
Fetovaia non c’è niente di irregolare, perché dobbiamo giustificarci .... ? Dichiara a II Tirreno) e ci sono
magistrati che esaminato il mio esposto, le stesse foto dello scempio ambientale sotto ai Vostri occhi, il
regolamento del Parco, le visure catastali dei miei terreni nel Parco, codici alla mano concordano con il
Sindaco: non c’è niente di irregolare. È la riprova della famosa tesi di Marshall McLuhan “il medium è il
messaggio”: la realtà virtuale diffusa dai mass-media si impone su quella reale, con buona pace
dell’evidenza e delle norme a tutela dell’ambiente e della proprietà privata. “Nel nostro ordinamento
giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (art. 9 e 32) ed assurge a valore
primario e assoluto” ribadisce la Corte Costituzionale (Sent. N° 641 del 30.12.1987), mentre la proprietà
privata, sacra e inviolabile, è tutelata dall’art. 42 della Costituzione italiana con l’eccezione dell’esproprio
per pubblica utilità, qui impraticabile. Se per un’attimo riuscite a immedesimarVi nei miei panni di cittadino
italiano od in quelli dei cittadini europei Franz, Henry, Pedro, Pierre, che vorrebbero investire in Italia, non
avrete più dubbi sul!’opportunità della due diligence e sulle ragioni che indussero l’On. Napoli a reiterame
quattro volte la richiesta con toni e termini inequivocabili.
Prendiamo la sua prima interrogazione parlamentare n° 4-06407 del 26. 05. 2003 (atto pubblico
scaricabile dal sito internet della Camera dei Deputati come le altre n° 04-08304 del 12.04.2003; n° 4-16186
del 27.07.2005; n° 04-17307 del 17.10.2005): “Al Ministro dell’interno, al Ministro della Giustizia – Per
sapere – premesso che: fin dal 1996 sono stati presentati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale
di Livorno numerosi esposti-denuncia nei confronti di amministratori comunali di Campo nell’Elba; le
denunce presentate da singoli
cittadini e da cittadini riunitisi in comitati, riguardano numerosi atti illegali, eseguiti da amministratori e
funzionari del Comune di Campo nell’Elba , che hanno causato e continuano a causare un grave danno a
persone elo attività commerciali mettendo in atto un particolare «sistema»; infatti, gli atti amministrativi
emanati da amministratori e funzionari di quel Comune, con il perpetuarsi della reiterazione, hanno messo
in atto un particolare «sistema» di «tensione»probabilmente mirato ad impaurire e far desistere dal
contendere anche quei cittadini che cercano di far valere i propri sacrosanti diritti utilizzando i mezzi
consentiti dalla normativa vigente....nonostante le varie sentenze emesse dal Tar Toscana e dal Consiglio di
Stato, la Procura della Repubblica di Livorno non ha, a tutt’oggi, assunto gli opportuni interventi giudiziari
....se non ritenga di dover autorizzare urgentemente l’insediamento di una commissione d’accesso presso il
Comune diCampo nell’Elba; se non ritenga necessario ed urgente verificare se siano stati avviati
procedimenti giudiziari nei confronti degli amministratori del Comune di Campo nell’Elba”.
AI riguardo, l’Avv. Taddeucci Sassolini scrisse al Procuratore Generale di Firenze allegando
l’articolo del Corriere della Sera: “La vicenda giudiziaria del Sig. Martinenghi, sembra coincidere in modo
quasi imbarazzante con l’oggetto della interpellanza (dell’On. Napoli) così come l’inazione della Procura
della Repubblica (di Livorno) trova perfetta corrispondenza con l’istanza di avocazione depositata presso
codesta Procura Generale”. Il numero dei 35 procedimenti giudiziari fa comprendere intuitivamente come
si sostanzi quel “perpetuarsi della reiterazione degli atti” e come abbia l’effetto di “impaurire e far
desistere dal contendere i cittadini” al pari delle forme di intimidazione più consuete (che pure ignoti non
mi hanno risparmiato – v.all.4).
L’assoggettamento del cittadino è completato facendo leva sull’asimmetria anche economica del
rapporto pubblico-privato, perché l’ente paga i contenziosi con le tasse dello stesso cittadino costretto a
difendersi a proprie spese. Quando un «sistema» del genere viene attuato sotto gli occhi distratti delle
Istituzioni preposte al controllo di legalità – Procure e Prefetture in primis – l’esito è scontato e le attività
prese di mira finiscono per essere cedute a chi si offre non richiesto. A me si è offerto un assessore al
turismo, come invano denunciato in Procura e Prefettura, ed un ex assessore, entrambi albergatori.
Una ipotesi di come tutto ciò possa accadere nella civilissima Toscana è espressa nella email dell’On.
Napoli (v.all.5 ed a pag. 921 all’esposto del 2011): “Da tutte le vicende, da me seguite nel corso degli anni
passati e dalle denunzie che insieme a Lei sono state fatte da altri cittadini, ho potuto percepire che in quel
comune c’è lo protezione della politica, della magistratura edella massoneria. La stessa archiviazione del
Suo esposto (nel 2008 ndr) è dimostrativa della protezione che la Procura di Livorno ha sempre mantenuto
sull’amministrazione di Campo nell’Elba. Naturalmente non posso sottacere delle protezioni che
l’amministrazione comunale ha avuto e continua ad avere da parte della Prefettura di Livorno....”. Da
quanto precede non stupisce che il 90% degli italiani crede che ai magistrati deve essere applicata la
responsabilità civile per farli tornare cittadini come gli altri (Ferrari Nasi & A. 3/20l3), il 58% ha sfiducia
nella magistratura (Eurispes 2013), il 56% vuole la separazione delle carriere dei magistrati (Mannheimer
3/2011), il 38% crede che nel sistema giudiziario italiano si diano o ricevano tangenti (quando nelle nazioni
solitamente citate per rettitudine civile, come la Germania o il Regno Unito, i valori sono del 19% e de1
21% (Eurobarometro 2/2012), il 68% (due cittadini su tre) sono convinti che i giudici dovrebbero essere
controllati da un organo indipendente, non composto da magistrati loro colleghi come avviene ora con il
Csm.
In attesa delle riforme prossime venture, Ministro Cancellieri, poiché l’art. 110 della Costituzione Le
assegna il compito di “curare l’organizzazione ed il fun zionamento dei servizi relativi alla Giustizia”
(ferme le competenze del Csm) da non addetto ai lavori penso che dei miglioramento potrebbero ottenersi
celermente con un più frequente invio di ispettori ministeriali nei tribunali dove avvengono disservizi come
quelli suesposti. Com’è consentito al potere giurisdizionale “ispezionare” con i Pm gli atti anomali di quello
esecutivo, ugualmente è previsto che il potere esecutivo possa inviare ispettori ministeriali in Tribunale allo
stesso scopo. Ciò garantisce l’uguaglianza e la correttezza dei poteri dello Stato nel rispetto della reciproca
indipendenza -–“L’indipendenza del potere giudiziario non può essere onnipotenza” scrive Antonio Polito
sul Corriere della Sera del 7 agosto 2013 – e impedisce la nascita di pericolose “supercaste” immuni da ogni
controllo, che la composizione mista del Csm, da Lei purtroppo presieduto solo formalmente e
simbolicamente, Presidente, pare non basti a evitare.
5. Le leggi ci sono e buone, basta applicarle
Tornando all’On. Napoli, se si presta attenzione ai termini utilizzati nelle interrogazioni parlamentari per
descrivere il «sistema» di Campo nell’Elba, si nota che richiamano una norma a tutela dell’ordine pubblico
come l’art. 416 bis (associazione mafiosa). Sembra eccessivo perché la civilissima Elba è immune dalla
criminalità organizzata comunemente intesa, tuttavia l’art. 416 bis al comma 3 recita: “L’associazione è di
tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo
associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per
acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o
per altri ovvero alfine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o diprocurare voli a sè o ad altri
in occasione di consultazioni elettorali” . Il fatto che ai commi successivi specifichi che l’associazione
armata o la denominazione locale dell’ associazione – camorra, ’ndrangheta, sacra corona unita, etc. –
costituiscono elementi accidentali, non essenziali del reato, conferma che il legislatore lo ha separato
dall’omonima associazione criminosa ed ha stabilito che ovunque tre o più persone realizzano i citati
elementi del reato, lì si perfeziona un’associazione mafiosa.
È quanto confermato stabilmente dalla giurisprudenza di Cassazione citata dal Consigliere della Corte
di Cassazione Dott. Giovanni De Roberto ne “L’Evoluzione Giurisprudenziale in Materia di Reati
Associativi”, che è utile riassumere: “La giurisprudenza della Corte di Cassazione, non ha ritenuto
indispensabile, perché venga realizzato il delitto di associazione di tipo mafioso, che l’associaz
ione abbia origine mafìosa o sia ispirata o collegata necessariamente alla mafia. L’espressione legislativa “
di tipo mafioso”, si è subito detto, significa soltanto “modello mafioso”. Così da ricomprendere nella
previsione dell’art. 416-bis anche le nuove organizzazioni, disancorate dalla mafia tradizionale...
secondo le linee interpretative costantemente percorse dalla giurisprudenza l’associazione mafiose
delineata dall’art. 416 bis prescinde sia da profili di ordine territoriale sia da aspetti di caratteri
organizzativo che richiamino gli ordinamenti mafiosi tradizionali ... Circa gli scopi e i conseguenti riverberi
sull’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 416-bis, l° comma, c.p., l’alternatività dei fini che
caratterizzano e specializzano la norma del 3° comma dello stesso articolo ha fatto escludere che per aversi
delitto di partecipazione ad associazione mafiosa sia necessario che l’agente consegua direttamente un
profitto ingiusto, essendo sufficiente, invece, che l’associato si avvalga della forza di intimidazione
propria dell’associazione della quale egli fa parte edel conseguente stato di omertà e degli estranei per
commettere i delitti scopo, anche se questi non siano caratterizzati dall’uso strumentale della violenza (Sez.
I, 6 aprile 1987, Aruta, 177304). Non è, dunque, necessario che siano raggiunti effettivamente e
concretamente uno o più degli scopi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice; né è necessario
che la forza di intimidazione dalla quale derivi la condizione di assoggettamento e di omertà degli stessi
associati e dei terzi, sia utilizz ata dai singoli associati perché si realizzi la condizione di partecipazione,
né, tanto meno, che ciascuno consegua direttamente il profitto ingiusto, per sé o altri (Sez . 1, 25 febbraio
1991, GRASSONELLI, Casso pen., 1992, 2725).
In conclusione, stando alle pronunce giurisprudenziali prese in esame l’elemento materiale del reato è
costituito dalla condotta di partecipazione, intendendosi per tale la stabile permanenza di vincolo
associativo fra gli autori del reato (almeno in numero di tre), allo scopo di realizzare una serie di attività
tipiche dell’associazione e per “tipo mafioso” la sussistenza degli elementi elencati del 3° comma dell’art.
416-bis, qualificanti tal genere di organizzazione criminosa, mentre quello soggettivo è rappresentato dal
dolo specifico caratterizzato dalla cosciente volontà di partecipare a detta associazione con il fine di
realizzarne il particolare programma e con la permanente consapevolezza di ciascun associato di far parte
del sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l’attuazione del comune programma
delinquenziale con qualsivoglia condotta idonea alla conservazione ovvero al rafforzamento della struttura
associativa (Sez . II, 1 5 maggio 1994, Clementi, 198328).
L ’art. 416 comma 1 (associazione a delinquere) invece recita: “Quando tre o più persone si
associano allo scopo di commettere più delitti coloro che promuovono o costituiscono od organizzano
l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni”. Riguardo gli ambiti di
applicazione dell’art. 416 bis o dell’art. 416, specifica il giudice De Roberto: “Ciò che differenzia l’associaz
ione di tipo mafioso dalla comune associazione per delinquere, conferendo alla prima carattere di
specialità, è la previsione sia dei particolari
obiettivi criminosi, costituiti, non soltanto dalla perpetrazione di fatti antigiuridici, sebbene anche dalla
gestione e dal controllo di settori di attività economiche, sia della particolare efficacia intimidatrice
sprigionantesi dal sodalizio, nel senso che esso assume il connotato di mafioso allorché gli associati si
avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di
omertà che ne deriva per realizzare le finalità indicate nel 3° comma dell ’art. 4l6-bis (Sez. 1, 30 settembre
1986, Amerato, 174636).
Dunque una commissione di accesso in Comune è nell’interesse di tutti, Ministro Alfano, perché chiarirà se
gli atti del Comune realizzano quel «sistema» denunciato senza mezzi termini dall’On. Napoli o se ha ragione
chi sostiene che non c’è niente di irregolare.
6. Responsabilità della Politica e della Magistratura
Mi scuso per la lunga digressione, ma è bene si sappia che nell’ex “patria del diritto” le leggi sono ben fatte,
ma spesso non applicate (con le dovute eccezioni). L’art. 416 bis – emanato sull’onda emotiva della strage di
Capaci dove perì il giudice Falcone – è stato in seguito adattato dal legislatore alla moderna società dei
“colletti bianchi”. [ giudici paiono non essersene accorti e quando si occupano di pubblica amministrazione della quale fanno parte – se non archiviano applicano l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) che in Italia si
prescrive prima della sentenza definitiva, ed in rari casi l’associazione a delinquere (art. 416 c.p.). Questa
sostanziale impunità è la prima causa della rovina etica che ha cagionato quella sociale ed economica
dell’Italia, retrocessa al 73° posto nella classifica mondiale dell’indice di corruzione percepita della pubblica
amministrazione (Transparency International 20l2). Peggio del Rwanda (49°), di Cuba (58°) e del Ghana
(64°). Corruzione che persino il presidente della Corte dei Conti Giampaolillo afferma nella sua relazione
2013 aver assunto “natura sistemica” e costare all’Italia 60170 miliardi di euro l’anno. Quando si giunge a
tanto uno Stato di Diritto viene meno ed i cittadini scendono nelle piazze come sta avvenendo in Turchia
(57°) e Brasile (69°), che pure ci precedono in classifica. Da noi è forte la percezione di degrado e
regressione a quel “bellum omnium contra omnes” dello stato di natura di Hobbes in cui i cittadini traditi
recedono dal “patto sociale” con lo Stato e può accadere di tutto, ma duemila anni di civiltà ci inducono a
regolarci prudentemente nelle urne. Già alle scorse elezioni politiche il 50% degli elettori ha voltato le spalle
a questa politica, astenendosi per il 25% e votando Grillo per l’altro 25%, a fronte del 97,7% degli italiani
che ha dichiarato sfiducia nella politica e nei partiti (Istat 2013), del 95% convinti che le istituzioni nazionali
sono corrotte, dell’87% che crede che la corruzione è un problema grave del Paese (Eurobarometro 2012).
Un plebiscito.
Persino un giudice di Cassazione rigoroso come Pierluigi Davigo, ex Pm di “mani pulite”, non si è
trattenuto: “Siamo passati da 1.714 condanne per corruzione e concussione nel 1996 a sole 263 condanne
nel 2010 (il 15%). Qualche cialtrone ne deduce che avremmo meno corrotti della Finlandia, mentre negli
indici internazionali di percezione della corruzione l’Italia è in ascesa libera, al 4° posto in Europa accanto
a Bulgaria, Romania e Grecia” ("L’Espresso n° 19/2013).
Invece il suo ex collega di mani pulite Gherardo Colombo ha preferito spogliarsi della toga per
insegnare gratuitamente la legalità alla futura classe dirigente nelle scuole di tutta Italia (www.sulleregole.it).
Ma questo è il no profit, segretario politico Alfano, uno dei più preziosi lasciti della millenaria civiltà
italiana, il solo a godere della fiducia del 75,4% degli italiani (Eurispes 2013) che uno su tre (35%)
continuano a sostenerlo con donazioni nonostante il mordere della crisi (nel 2008 erano il 50%, uno su due –
IPR Marketing-Sole 24 Ore 25.2.13).
Giunto alla fine, forse Vi stupirà che scriva che nonostante tutto confido ancora nella Magistratura
dove so esservi molti magistrati capaci e probi, quali il Pm di Genova Paola Calleri per restare in tema di
Elba. Ha arrestato e fatto condannare il capo dei Gip del Tribunale di Livorno ed i Prefetto e viceprefetto
della stessa città nell’inchiesta c.d. “Elbopoli” (v.all.3), dimostrando che è ingiusto pensare sempre come i
latini che “canis canem non est”. Che l’Italia possieda magistrati di rara eticità e capacità ne ho avuto
personale conferma quando la Cassazione S.U. nel 2009 mi ha dato ragione nel ventennale contenzioso che
mi opponeva alla multinazionale Disney per i diritti di “Biancaneve e i sette nani” e altri famosi cartoons (
v.all.12). Una vicenda che aveva generato forti pressioni internazionali, che si è risolta secondo Giustizia
perché a Roma ho trovato il mio “giudice a Berlino”, indifferente ai valori in gioco e all’abissale differenza
di “peso” dei due contendenti.
Però sono stato anche fortunato, perché con gli attuali criteri di assegnazione di certe cause e con i
tempi biblici per giungere al terzo grado di giudizio (note eccezioni a parte) ottenere Giustizia vera oggi in
Italia è statisticamente come vincere un temo al lotto. O come meglio espresso dall’inimitabile Giuseppe
Prezzolini: «La giustizia non è un diritto dell’uomo, ma un accidente del caso, come il buono o il cattivo
tempo» (“L’Italia finisce ecco quel che resta"). Che nel 2013 in Italia per ottenere giustizia si debba ancora
fare conto sul “fattore C.” è una sconfitta di civiltà del Paese. Lo sanno bene alla Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo di Strasburgo, presi d’assalto da italiani vittime di ingiustizia. Per questo, Presidente, l’ho
invitata a occuparsi anche di questa materia...
E poiché la responsabilità di ultima istanza è sempre della politica , da Voi rappresentata al massimo
livello, mi pare questa una bella occasione per smentire il detto popolare che: “il pesce puzza dalla testa".
Se non ci riuscite Voi con le qualità morali, il potere ed i mezzi di cui disponete, chi può? Certo non vorrete
che finiamo sudditi di un Paese di neoemigranti, con l’unica attrattiva delle nostre bellezze, della buona
cucina e di un glorioso passato.
Con ossequi,
Stefano Fabio Martinenghi
argomenti: nord italia / pubblica amministrazione / tribunali
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