MORTE DI UN CELTIC BOY - R. Girotto - Che cos`è `sta

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MORTE DI UN CELTIC BOY - R. Girotto - Che cos`è `sta
 MORTE DI UN CELTIC BOY ‐ R. Girotto ‐
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Che cos’è ‘sta roba? Non ci capisco un cazzo! Il maresciallo sventola il foglio a quadretti pieno di parole incomprensibili scritte con grafia di bambino sotto il naso dell’appuntato. Credo che sia irlandese. Mi hanno detto che il ragazzo era un fanatico dell’Irlanda e che si era fatto una gran cultura sui miti, la musica e la lingua… Irlandese? Ma non parlano inglese in Irlanda? Sì, ma c’è la loro lingua. Gaelico, si chiama. Ma Asterix non stava in Francia? Asterix è gallico. Il gaelico è un’altra cosa, una lingua che c’è in Irlanda, Scozia, da quelle parti lì… Vabbè, dobbiamo sapere che ci sta scritto qua, magari è importante, e mo’ dove lo troviamo uno che sa il gaelico. Madonna! Cerca su internet, a Milano, un’università, un consolato, l’ufficio del turismo… e poi dobbiamo aspettare chissà quanto tempo per sapere che ci ha scritto il suicidato… che palle! Pensa che sia una lettera d’addio? E perché l’avrebbe scritta in una lingua praticamente sconosciuta, che ci vorranno giorni per sapere che cos’è successo? E che cacchio ne so! Anzi no, lo so, te lo dico io perché: perché così fa tanto siessai, enneciaesse, quella roba lì americana, o il codice da vinci che arrivano gli esperti di lingue antiche e i cripto‐cosi.. Criptografi… Uno si ammazza nella doccia e diventa il protagonista di un film. Metti ‘sto foglio nella busta trasparente e vediamo di capire che dice. Mi è venuta in mente una cosa. Prima di cercare a Milano, giù a Sesto c’è un irlandese, quel vedovo anziano che ogni tanto la mattina legge il giornale al bar sotto i portici. Possiamo rintracciarlo e mostrargli la lettera. Oppure quella ragazza che organizza le danze irlandesi, quella che scrive, la rossa… La figlia del professore? Eh! Trovali e convocali in caserma per mostrargli la lettera. Prima accertati che conoscano ‘sto gallico, vabbè, gaelico. Subito! Comandi! Il maresciallo si tolse il cappello e si asciugò la fronte con un pezzo di carta igienica. Si guardò intorno, il corpo del ragazzo era già stato portato via e il bagno era tutto sommato in ordine e pulito. Il sangue era rimasto confinato nella cabina della doccia ed era stato quasi del tutto lavato via dal getto dell’acqua. Soltanto i cocci di vetro e qualche sottile colata rossa tra i rubinetti e sulle piastrelle, che sembrava più pummarola che sangue, facevano capire che forse era successo qualcosa di poco piacevole, lì dentro. Già. Quanto tempo ci aveva messo a morire, ‘sto ragazzotto di ventinove anni, cento chili di peso per un metro e ottantasette? Il medico legale l’aveva portato via che non aveva più una goccia di 1 sangue in corpo, un polso tagliato e l’arteria femorale recisa dalle lame di cristallo satinato che il suicida si era procurato infrangendo con un pugno la vetrata del box doccia. Vide il timbro rosso di un palmo sul tappetino azzurro. E dove voleva andare il morituro? In ogni caso, si ripetè, tutto sommato il bagno era in ordine, e pulito. L’irlandese anziano conosceva il gaelico, veniva da Dingle, disse ai carabinieri, lì lo parlano tutti anche i bambini. Peccato che la traduzione diretta irlandese ‐ italiano faticasse a trovare un guado veloce nel fiume di Guinness che inondava la lingua e si arenasse più volte sugli scogli di un inglese incomprensibile anche per l’appuntato, che eppure di corsi di aggiornamento ne aveva fatti! Fu convocata quindi anche la rossa figlia del professore che oltre a nuotare perfettamente tra i flutti di birra e di inglese, qualcosa ci capiva anche di gaelico, oltre ad andare d’amore e d’accordo col vedovo anziano. Insomma, dalla lettera emerse che il ragazzo era ben intenzionato a togliersi la vita perchè gli faceva schifo: il lavoro non era sicuro, i soldi sempre troppo pochi e la donna che amava l’aveva lasciato per un altro conosciuto al bar anche se forse era incinta di lui. Vorrei mollare tutto, andare in Irlanda e avere un’altra vita, qui tutto è insopportabile e i giorni davanti a me troppo bui, così finiva il testo in gaelico, firmato Alberto the celtic‐boy. Sì, il celtic‐boy era davvero depresso dissero gli amici del bar, il barista e la madre del barista. E poi la sorella, che lo aveva trovato cadavere nella doccia, dopo che la madre le aveva telefonato al lavoro dicendo di tornare a casa che Alberto forse non era uscito dal bagno. E ancora la mamma, che era sorda e non si era accorta di niente fino alle nove, aveva sentito qualcosa verso le sette e mezza, l’Alberto che cantava di sopra forse, ma lei è sorda e poi alla mattina guarda Luca Giurato su raiuno. L’aveva detto tante volte, il celtic‐boy, che sarebbe stato meglio esser morto, ma poi sembrava riprendersi, peccato un così bravo ragazzo. Caso chiuso. L’anziano vedovo irlandese e la rossa figlia del professore avevano firmato il verbale. Un ispettore della Polizia di Stato si era recato alla Caserma dei Carabinieri e aveva ritirato tutto il fascicolo previa autorizzazione del Questore e del Magistrato. Sì, lo sapevano che il lavoro lo avevano fatto tutto i Carabinieri, no, nessuno gli voleva togliere il merito però… a Golasecca c’era stata quella questione delle Bestie di Satana e preferivano controllare… no, in effetti non c’erano collegamenti e sì, sì ma certo che era un suicidio regolare, il caso in fondo è chiuso, buon lavoro Maresciallo. Il maresciallo pensa al timbro rosso a forma di mano sul tappetino azzurro. Alla voglia di scappare in Irlanda. A uno che si taglia le vene nella doccia, chiude l’acqua e si mette a cantare a squarciagola. Chiama l’appuntato: ‐ c’è qualcosa contro il mal di testa? L’appuntato gli porta un moment e un bicchiere d’acqua, il maresciallo ha una crisi di emicrania terribile, ha la nausea e vede le lucine. Manda giù il moment e va a sdraiarsi nel bugigattolo del piantone, sulla brandina, al buio. 2 La mano rossa viene avanti, nell’oscurità, pulsando come un cuore in sincope emorragica, pulsa e si ingrossa, tu‐tum tu‐tum, afferra il maresciallo per il colletto allentato della camicia, lui sente il sangue colargli giù per il collo sotto la divisa, fino all’ombelico, la mano lo trascina nel buio e lo scaraventa dentro al box doccia, lo sbatte contro le piastrelle, il maresciallo sente la nuca ghiacciarsi, le gambe cedere, così si accascia contro la parete. La divisa è inzuppata di acqua calda e bagnoschiuma, la mano rossa è ancora lì, si posa sul viso come una maschera orrenda e il sangue gli entra negli occhi insieme al sapone. C’è qualcun altro nel box doccia. Il maresciallo vede una schiena muscolosa, ciocche di capelli lunghi e un polpaccio tatuato. Celtic‐boy, c’è scritto. Apre la bocca per gridare ma la mano gli schiaccia il volto, le dita si allungano nel naso, nella gola, sente il sapore ferroso del sangue misto all’amaro del sandalo del bagnoschiuma. La schiena muscolosa del ragazzo sussulta, sta piangendo il celtic‐boy, singhiozza, stringe i pugni. No, grida il maresciallo mentre la mano rossa gli stringe la gola e il torace come un grosso ragno predatore. Il pugno si abbatte sulla vetrata del box doccia, e il polso rimane intrappolato in una stella dalle punte di cristallo. Uno strattone per riprendersi il pugno, e una ginocchiata per allargare quella stella luccicante e troppo, troppo stretta. Una scheggia di vetro accarezza la coscia destra, l’arteria femorale. La stella si è già presa le vene del polso. Il sangue cola nello scarico, il celtic boy si inginocchia come per volerselo riprendere questo suo sangue, il cuore accelera, il respiro si confonde col vapore dell’acqua calda. NOOO! gridano il ragazzo e il maresciallo insieme, sembra un coro di angeli dell’inferno. Trema il celtic boy, il braccio sinistro gelato, la gamba destra non ha più forze, il cuore sta correndo fuori dall’ombelico. Dio, ho scritto quella roba in gaelico, cosa penseranno, si inginocchia sul piatto di ceramica, la voce è una preghiera gridata. Mamma, mammaaaa, aiuto, è sorda, è sorda non sente un cazzo, io muoio, muoio, come un cazzone sto morendo. Allunga il braccio destro e riesce a chiudere il rubinetto, senza il rumore dell’acqua forse mi sentirà, mamma, mamma, cazzo, spegni quella tele. Ma Luca Giurato urla più di te, coglione. Il maresciallo se ne sta lì in ginocchio nella doccia, tappa con le mani lo scarico, per non far scendere il sangue, come se potesse ridarglielo, tutto, fino all’ultima goccia, quel sangue al ragazzo, mio Dio… Lui stesso è di sangue ormai, la divisa, le scarpe, i gradi sulla giacca, tutto il mondo intorno è sangue che finisce nelle fogne. Il celtic boy cerca di mettere la testa fuori dalla stella di cristallo, per un ultimo grido, allunga il braccio sinistro e appoggia la mano che timbra di rosso il tappetino azzurro. L’ ultimo grido, fa’ che lo senta. Ma la voce non esce. Lo scarico è come un risucchio che si riprende la testa, la spalla, la mano, il respiro. Si rannicchia contro le piastrelle, il celtic‐boy, e guarda la vita che gli faceva tanto schifo, andare giù, nello scarico. Ha sonno. Gli sembra di sentire qualcuno vicino. Mamma sei tu? Fa freddo. Chiude gli occhi. Che morte del cazzo. - Bene, sono lieta che non si sia offeso. Ha fatto un buon lavoro, maresciallo, lei sa che la stimo molto. - Certo, dottoressa, la ringrazio. - Come magistrato ci tenevo a dirglielo di persona, è semplicemente una questione burocratica, lei capisce. E comunque abbiamo archiviato il caso. Banale suicidio. Purtroppo non è mai bello, quando si tratta di giovani poi… Però, son cose che succedono! - Certo, dottoressa. Arrivederci. ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ 3