View - Società Italiana di Diagnostica di Laboratorio Veterinaria

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SOCIETÀ ITALIANA DI DIAGNOSTICA DI LABORATORIO VETERINARIA
XVII Congresso Nazionale S.I.Di.L.V.
VOLUME DEGLI ATTI
Pacengo di Lazise (VR), 28 -­30 Settembre 2016
Hotel Parchi del Garda
Società Italiana
di Diagnostica di Laboratorio Veterinaria
XVII Congresso Nazionale
S.I.Di.L.V.
Pacengo di Lazise (VR)
Hotel Parchi del Garda
28 - 30 Settembre 2016
VOLUME DEGLI ATTI
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
INDICE
INDICE
PREFAZIONE
7
COMITATI
9
PROGRAMMA FINALE
11
RELAZIONI AD INVITO
17
COMUNICAZIONI LIBERE
25
POSTER 01
BENESSERE ANIMALE
101
POSTER 02
EPIDEMIOLOGIA/ANALISI
E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
109
POSTER 03
GENOMICA
127
POSTER 04
IMMUNOLOGIA E VACCINI
147
POSTER 05
SANITÀ ANIMALE
155
POSTER 06
SICUREZZA ALIMENTARE
251
POSTER 07
ZOONOSI/MALATTIE
TRASMESSE DA VETTORI
325
INDICE DEGLI AUTORI
349
5
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
INDICE
PREFAZIONE
Cari colleghi, siamo giunti alla diciassettesima edizione del Convegno nazionale SIDILV, che avrà come cornice la
lacustre Lazise, scelta per riportare per il 2016 ad una sede del Nord Italia il nostro evento senza il rimpianto delle
meravigliose location marine del Sud che ci hanno ospitato per tanti anni consecutivi.
I partecipanti avranno così modo di apprezzare le ricchezze culturali e le bellezze paesaggistiche del Lago di Garda,
che offre in questa stagione sapori e colori indimenticabili.
Quest’anno l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, insieme alla facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, saranno
co-organizzatori dell’evento e desidero ringraziarli per la fattiva collaborazione.
Il programma scientifico si profila eccellente, grazie alla partecipazione, quali relatori ad invito, di esperti di fama
internazionale su tematiche emergenti di sanità animale e di sicurezza alimentare. Anche quest’anno abbiamo
riservato un’intera sessione dedicata ai giovani, per dare spazio alle relazioni delle Borse di studio “Paolo Cordioli”,
iniziativa che permette ai nostri giovani ricercatori di effettuare stage formativi presso prestigiose Istituzioni estere,
relativamente a problematiche sanitarie e tecnologie di punta. La novità è invece rappresentata da una sessione
dedicata alla genomica, in considerazione del neo-nato Comitato tecnico della Genomica, istituito quest’anno presso
la nostra società. L’iniziativa ha lo scopo di promuovere la diffusione delle conoscenze sulla tematica e stimolare
la discussione sull’utilizzo della genomica e della metagenomica per la diagnosi di laboratorio delle malattie
infettive degli animali, per lo studio dell’ecologia delle malattie a trasmissione alimentare e per la caratterizzazione
molecolare degli isolati, finalizzata allo sviluppo di programmi di monitoraggio, sorveglianza e controllo di queste
malattie.
E’ anche ora di rinnovare il direttivo SIDiLV, giunto al suo terzo anno di mandato; pertanto nel corso dell’evento tutti
i soci saranno chiamati a votare i candidati che si presenteranno per rivestire questo incarico, che vede tra gli altri,
quale imminente impegno, l’organizzazione del prossimo convegno WALVD a Sorrento nel 2017.
Nell’augurare a tutti i convenuti un proficuo lavoro e una piacevole permanenza, rivolgiamo un sincero riconoscimento
ed apprezzamento allo staff di M.V. Congressi che come sempre ha collaborato con efficienza e professionalità alla
realizzazione del nostro Congresso e agli sponsor che anche quest’anno hanno aderito numerosi organizzando
anche interessanti simposi satellite.
Vi ricordo l’evento sociale che si svolgerà la sera del 29, per il quale abbiamo in serbo per voi una piacevole sorpresa:
vi aspettiamo numerosi!
Il Presidente SIDiLV
Dr.ssa Elena Bozzetta
7
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
CONSIGLIO DIRETTIVO S.I.Di.L.V.
Elena Bozzetta, Presidente
Fabrizio Vitale, Vice Presidente
Nicola Decaro Segretario
Giovanna Fusco, Tesoriere
Antonio Battisti, Membro
Giovanni Pezzotti, Membro
Aldo Marongiu, Membro
Alfredo Caprioli, Past President
Antonio Parisi, Revisore dei Conti
Antonia Ricci, Revisore dei Conti
Paolo Daminelli, Revisore dei Conti
COMITATO SCIENTIFICO
Antonia Ricci, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Gaddo Vicenzoni, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Franco Mutinelli, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Salvatore Catania, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Giancarlo Biancotto, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Marco Martini, Dipartimento MAPS, UniPD
Il Consiglio Direttivo S.I.Di.L.V
COMITATO ORGANIZZATORE
Antonia Ricci, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
Carmen Losasso, IZS delle Venezie, Legnaro (PD)
con il patrocinio di
9
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
PROGRAMMA FINALE
11
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Giovedì 29 Settembre
Mercoledì 28 Settembre
13.30
Registrazione partecipanti
14.00
Saluto delle Autorità e apertura del Congresso
14.30 - 15.45
14.30
1° Sessione di comunicazioni libere
L’ALVEARE QUALE CENTRALINA PER IL MONITORAGGIO AMBIENTALE IN CAMPANIA: ELEMENTI IN TRACCIA IN API
(APIS MELLIFERA) E MIELE
Serpe F.P., Gallo A., Caiazzo M., D’Auria L.J., Picazio G., Sansone D., Pizzolante A., Cerino P., Esposito M.
14.40
UN’INDAGINE ESPLORATIVA DEI PERICOLI MICROBIOLOGICI DERIVANTI DAL CONSUMO DI GRILLI (ACHETA DOMESTICUS)
Belluco S., Barco L., Patuzzi I., Drigo I., Ricci A.
14.50
METODI ALTERNATIVI ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE: ORGAN ON CHIP E BIOREATTORE
Dotti S., Bilato D., Visone R., Zanotti C., Villa R., Ferrari M.
15.00
TASSI ELEVATI DI RESISTENZA ALLA COLISTINA LEGATA ALLA PRESENZA DEL GENE TRASFERIBILE MCR-1 NEGLI
ALLEVAMENTI DI TACCHINO ITALIANI
Alba P., Feltrin F., Iurescia M., Amoruso R., Donati V., Caprioli A., Leekitcharoenphon P., Hendriksen R., Battisti A., Franco A.
15.10
INDAGINE SU ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI VEROCITOTOSSINA (VTEC) DI SIEROGRUPPO O26 IN UNA FATTORIA
DIDATTICA ASSOCIATA A UN CASO PEDIATRICO DI SINDROME EMOLITICO UREMICA (SEU)
Pierasco A., Targhetta C., Maugliani A., Ustulin M., Farina G., Fasoli F., Monsorno G., Tita M., Caprioli A., Morabito S.,
Conedera G.
15.20 - 15.45
DISCUSSIONE
RELAZIONE AD INVITO
15.45 - 16.15
I MICOPLASMI: LUPI TRAVESTITI DA AGNELLI
Robin A.J. Nicholas, FrcPath Consultant Farnham Surrey, United Kingdom
16.15 - 16.45
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Coffee break e visita poster
9.00 - 10.30
3° Sessione (parallela, sanità animale) (sessione non accreditata ECM) di comunicazioni libere
Sala Benacus
9.00
METODI A CONFRONTO PER LA DIAGNOSI SIEROLOGICA DI HERPESVIRUS 1 IN BUFALI DEL SUD ITALIA
Marullo A., Montagnaro S., Pellicanò R., Brunetti R., Caligiuri V., Pugliese A.M., Brandi S., Carlino G., Aprea G., Ciaramella R.,
Pagnini U., Iovane G., De Martino L., Prosperi S., Fusco G.
9.10
IDENTIFICAZIONE DI CLOSTRIDIUM PERFRINGENS NETB POSITIVO IN ALLEVAMENTI AVICOLI DEL CENTRO ITALIA
MEDIANTE CAMPIONAMENTO AMBIENTALE: RISULTATI PRELIMINARI
Profeta F., Di Francesco C.E., Di Serafino G., Di Provvido A., Averaimo D., Toscani T., Marsilio F.
9.20
DIAGNOSI DI AGALASSIA CONTAGIOSA DA MYCOPLASMA MYCOIDES SUBSP, CAPRI E MYCOPLASMA CAPRICOLUM
SUBSP. CAPRICOLUM MEDIANTE PCR-RFLP E PCR
Manca M.G., Cillara G., Longheu C.M., Azara E., Nuvoli V., Rosa M.N., Spazziani A., Tola S.
9.30
VALUTAZIONE DELLO STATO SANITARIO DI UN GRUPPO DI POLLI RIPRODUTTORI VACCINATI MS-H MEDIANTE DIVERSE
METODICHE DI LABORATORIO
Moronato M.L., Boscarato M., Gigli A., Mainenti M., Gobbo F., Catania S.
9.40
JD-LUMINEX: RICERCA DI ANTICORPI CONTRO ANTIGENI MULTIPLI DI MYCOBACTERIUM AVIUM SSP. PARATUBERCULOSIS
MEDIANTE ARRAY IN FASE LIQUIDA
Gastaldelli M., Stefani E., Fontana S., Boniotti B., Koets A., Koehler H., Bakker D., Vicenzoni G., Pacciarini M.L., Pozzato N.
9.50
UN NUOVO SIEROTIPO DEL VIRUS DELLA BLUETONGUE IN CAPRE ASINTOMATICHE IN SARDEGNA
Lorusso A., Capobianco-dondona A., Puggioni G., Marcacci M., Spedicato M., Carmine I., Teodori L., Leone A., Di Gennaro A.,
Marini V., Malatesta D., Casaccia C., Portanti O., Orsini M., Savini G.
10.00 - 10.30
9.00 - 10.30
DISCUSSIONE
4° Sessione (parallela, sicurezza alimentare) (sessione non accreditata ECM) di comunicazioni libere
Sala Rocca
ERADIKIT BULK MILK SURVEILLANCE KIT PLUS: NUOVE PROSPETTIVE PER LA SORVEGLIANZA DI IBR IN AZIENDE
DA LATTE VACCINATE E UFFICIALMENTE INDENNI
Bulk Milk Surveillance Kit plus: presentazione del prodotto e risultati di due anni di applicazione su campo
Chiara Nogarol, RQ and Research Unit In3diagnostic s.r.l.
Bovine Herpesvirus 1 (BHV1): Problems and Solutions
Dr. Jens Böttcher, Diagnostic Department Bavarian Animal Health Service
9.00
VALUTAZIONE ATTIVITÀ INIBENTE VS LISTERIA MONOCYTOGENES IN FORMAGGI PRODOTTI CON AGGIUNTA DI BATTERI
LATTICI PRODUTTORI DI BACTERIOCIN -LIKE INHIBITORY SUBSTANCES (BLIS)
Mancuso I., Gaglio R., Carrozzo A., Ducato B., Arcuri L., Scatassa M.L.
9.10
UNA NUOVA STRATEGIA PER IL MONITORAGGIO ISTOLOGICO DEI TRATTAMENTI ILLECITI: DALL’APPROCCIO TARGETED
AL NON-TARGETED
Botta M., Baioni E., Maurella C., Varello K., Meistro S., Barbarino G., Audino V., Abbamonte G., Pezzolato M., Bozzetta E.
17.45 - 19.00
2° Sessione di comunicazioni libere
9.20
17.45
IL CEPPO NOROVIRUS GII.17 KAWASAKI 2014 IN ITALIA
Giammanco G.M., De Grazia S., Bonura F., Vincenzo C., Pepe A., Li Muli S., Medici M.C., Tummolo F., Adriana C., Di Bernardo F.,
Chironna M., Morea A., Loconsole D., Catella C., Terio V., Bányai K., Martella V.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI TRASMISSIONE DI TOXOPLASMA GONDII ATTRAVERSO IL CONSUMO DEL
“PROSCIUTTO DI PARMA” DOP
Fabbi M., Vismarra A., Faccini S., Kramer L., Vicari N., Prati P., Mangia C., Marino A.M., Rosignoli C., Rigamonti S.,
Zannella G., Genchi M.
9.30
17.55
NUOVA ONDATA EPIDEMICA DI DIARREA EPIDEMICA SUINA IN ITALIA
Papetti A., Giacomini E., Bertasio C., Cerioli M., Lazzaro M., Faccini S., Bonilauri P., Vezzoli F., Tironi M., Salogni C.,
Giovannini S., Lavazza A., Alborali G.L., Boniotti M.B.
ISOLAMENTO E CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI SHIGA-TOSSINA (STEC)
DA SUINI MACELLATI IN ITALIA
Arancia S., Tozzoli R., Chiani P., Iurescia M., Lorenzetti S., Sorbara L., Buccella C., Caprioli A., Franco A.,
Battisti A., Morabito S.
9.40
USO DI NANOPARTICELLE DI ARGENTO NELL’ALLEVAMENTO AVICOLO ED IMPLICAZIONI DI SICUREZZA ALIMENTARE
Gallocchio F., Biancotto G., Cibin V., Losasso C., Belluco S., Cascio C., Peters R., Weigel S., Ricci A.
18.05
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI PESTIVIRUS CIRCOLANTI NEGLI ALLEVAMENTI BOVINI DEL SUD ITALIA
Lanave G., Decaro N., Lucente M.S., Guercio A., Cavaliere N., Purpari G., Padalino I., Larocca V., Antoci F., Marino P.A.,
Elia G., Buonavoglia C.
9.50
IDENTIFICAZIONE DI SPECIE IN ALIMENTI: SVILUPPO DI METODICHE MOLECOLARI QUALITATIVE E QUANTITATIVE
Bertasi B., Tilola M., Delibato E., Anniballi F., De Santis P., Varcasia B.M., Scaramagli S., Gottardo S., De Medici D., Losio M.N.
18.15
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI VTEC VTX2-POSITIVI BOVINI E UMANI: TECNICHE A CONFRONTO
Spelta C., Bianchini V., Romanò A., Maisano A.M., Bertasi B., Tilola M., Scavia G., Morabito S., Vitali A., Arghittu M.,
Dodaro A., Picicco D., Ardissino G., Luini M.
SIMPOSIO SATELLITE a cura di:
16.45 - 17.45
18.25
18.35 - 19.00
(sessione non accreditata ECM)
STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO RESISTENTI (MRSA) IN SUINI ALLEVATI E/O MACELLATI IN PUGLIA E BASILICATA
E NEL PERSONALE A CONTATTO CON ESSI: DATI PRELIMINARI
Caruso M., Latorre L., Santagada G., Fraccalvieri R., Miccolupo A., Intini F., Manginelli T., Parisi A..
10.00 - 10.30
10.30 - 11.00
Assemblea dei soci in prima convocazione e scadenza dei termini
per la presentazione delle candidature per il rinnovo del Consiglio Direttivo
19.15
Termine della prima giornata
12
Coffee break e visita poster
RELAZIONE AD INVITO
11.00 - 11.30
DISCUSSIONE
19.00
DISCUSSIONE
THE GLOBAL BURDEN OF FOODBORNE DISEASES - A WHO ENDEAVOR
Tine Hald, Technical University of Denmark, Lyngby, Denmark
SIMPOSIO SATELLITE a cura di:
(sessione non accreditata ECM)
11.30 - 12.30
Dal campione al risultato con la Q PCR ID VET GENETICS: un’offerta integrata, ergonomica e standardizzata
Lise Gewis, ID VET Genetics
12.30 - 14.00
Lunch, visita poster e chiusura seggio elettorale
13
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
14.00 - 16.05
Sessione YOUNG SIDILV
YOUNG
14.00
WHOLE GENOME SEQUENCING (WGS) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA MOLLUSCHI BIVALVI
Chierichetti S., Cowley L.A., Ottaviani D., Latini M., Grant K.A., Leoni F.
14.10
CARATTERIZZAZIONE DEL MICROBIOMA DI CAMPIONI FECALI PRELEVATI DA PAZIENTI CON INFEZIONE DA STEC
Gigliucci F., Raangs E., Rossen J., Friedrich A., Morabito S.
DISCUSSIONE
15.00 - 15.45
RELAZIONE AD INVITO
L’IMPIEGO DI NANOMATERIALI NEGLI ALIMENTI: PROBLEMI E PROSPETTIVE
Federica Aureli, Istituto Superiore di Sanità, Roma
15.45
COLTURA DI BATTERI INTRACELLULARI E SVILUPPO DI MICRO-IFA IN-HOUSE PER LA DIAGNOSI DI RICKETTSIOSI
Lucchese L., Fournier P.E., Mion M., Selli L., Natale A.
15.55
NEW SEQUENCE VARIANTS OF STAPHYLOCOCCAL ENTEROTOXINS DETECTED: HOST SPECIFICITY AND
CHARACTERIZATION STUDY
Macori G., Gallina S., Johler S., Sihto H.M., Stephan R., Decastelli L.
DISCUSSIONE
16.15 - 16.45
Coffee break e visita poster
16.45 - 17.30
16.55
ESPOSIZIONE AL CADMIO E MODULAZIONE DELL’IMMUNITÀ INTESTINALE: STUDI IN VITRO
Mignone G., Lazzara F., Vencia W., Vito G., Ferrari A., Bozzetta E., Amadori M., Razzuoli E.
17.05
IL GENE TIA CONFERISCE AI CEPPI STEC LEE-NEGATIVI CHE POSSIEDONO L’ISOLA DI PATOGENICITÀ SE-PAI, LA CAPACITÀ DI
INVADERE MONOSTRATI DI CELLULE EPITELIALI IN COLTURA
Bondì R., Chiani P., Michelacci V., Minelli F., Caprioli A., Morabito S.
RUOLO DELLE METALLOPROTEASI NELLA MODULAZIONE DEI LIVELLI DELL’ANTIGENE PROTETTIVO NEL SECRETOMA
DI BACILLUS ANTHRACIS
Donatiello A., Rondinone V., Iatarola M., Campese E., Adone R., Francia M., Fasanella A.
9.00
9.10
STUDIO DELLE CARATTERISTICHE MOLECOLARI DELLA POPOLAZIONE ITALIANA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS CC398
NEGLI ALLEVAMENTI ED EVIDENZA DI TRASMISSIONE ZOONOSICA
Alba P., Feltrin F., Amoruso R., Argudìn M.D.L.A., Monaco M., Lauzat B., Iurescia M., Sorbara L., Dottarelli S., Carfora V.,
Menichini E., Stravino F., Larsen J., Battisti A.
9.20
STUDIO FILOGENETICO DI CEPPI STEC O26 CIRCOLANTI IN ITALIA MEDIANTE COMPARAZIONE GENOMICA E DEL CONTENUTO
PLASMIDICO
Michelacci V., Flamini F., Maugliani A., Minelli F., Tozzoli R., Scavia G., Morabito S.
Assemblea dei Soci e premiazione contributi scientifici
19.30
SERATA SIDILV
Aperitivo e cena con degustazione
10.00 - 10.30
GLOBAL SURVEILLANCE TAKING ADVANTAGE
OF DEVELOPLMENTS IN GENOMICS AND DATA-SHARING
Frank Møller Aarestrup, Technical University of Denmark, Lyngby, Denmark
10.30 - 11.00
Coffee break e visita poster
11.00 - 12.15
7° Sessione di comunicazioni libere
11.00
IL SUCCESSO ECOLOGICO DI S. 1,4,[5],12:I:- : UNO STUDIO GENOMICO COMPARATIVO
Mastrorilli E., Pietrucci D., Longo A., Petrin S., Barco L., Losasso C., Desideri A., Ricci A.
11.10
CORE GENOME MLST PER LA TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI BRUCELLA MELITENSIS
Garofolo G., Sacchini L., Zilli K., Ancora M., Cammà C., Caprioli A., Franco A., Battisti A., Di Giannatale E., De Massis F.
11.20
ANALISI DI MICROBIOTA E MIRNOMA DI ECTOPARASSITI EMATOFAGI DA UCCELLI MIGRATORI MEDIANTE NEXT
GENERATION SEQUENCING
Cerutti F., Modesto P., Rizzo F., Mandola M.L., Costa S., Giammarino M., Goria M., Cravero A., Cattonaro F., Radovic S.,
Savini G., Caracappa S., Orusa R., Acutis P.L., Peletto S.
11.30
APPLICAZIONE DI UN APPROCCIO DEEP SEQUENCING PER LO STUDIO DELL’EFFETTO DELLA PRESSIONE IMMUNITARIA
NELL’EVOLUZIONE DI VIRUS INFLUENZALI AVIARI IN OSPITI MAMMIFERI
Fusaro A., Zamperin G., Milani A., Salviato A., Romero A., Cattoli G., Monne I., Bonfante F.
11.40 - 12.15
12.15 - 13.00
14
DISCUSSIONE
RELAZIONE AD INVITO
DISCUSSIONE
17.40 - 18.00
6° Sessione di comunicazioni libere
FULL GENOME CHARACTERIZATION OF BETA-COV VIRUSES RELATED TO MIDDLE EAST RESPIRATORY SYNDROME
FROM TWO BATS IN EUROPE WITH NGS
Vaccari G., De Sabato L., Cella E., Lavazza A., Zaccaria G., Boni A., Lo Presti A., Sozzi E., Ciccozzi M., Prosperi A.,
Lelli D., Moreno A.
5° Sessione di comunicazioni libere
MOLECULAR INVESTIGATION OF LEISHMANIA STRAINS ISOLATED FROM HUMAN SAMPLES IN AN ITALIAN REGION
Reale S., Fontana I., Mario C., Piazza M., Migliazzo A., Zaffora G., Vitale F.
17.25 - 17.40
Giornata dedicata alla Genomica in Sanità Pubblica Veterinaria
(con la collaborazione del Comitato tecnico S.I.Di.L.V.per la Genomica)
9.30 - 10.00
16.45
17.15
Venerdì 30 Settembre
9.00 - 10.00
14.20 - 15.00
16.05 - 16.15
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
DISCUSSIONE
Valutazione dell’apprendimento e termine del XVII Congresso
15
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
RELAZIONI AD INVITO
17
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
MYCOPLASMAS: WOLVES IN SHEEP’S CLOTHING
Robin Nicholas1 PhD FRCPath
Consultant, The Oaks, Nutshell Lane, Farnham, Surrey, UK
1
Key words: Mycoplasmas, origin, next generation sequencing
SUMMARY
Important diseases like contagious bovine and caprine pleuropneumonia, avian mycoplasmosis and contagious agalatia are caused by
small degenerate wall-less organisms called mycoplasmas which evolved from gram positive bacteria about 2.5 billion years ago. The smallest of them are close to the theoretical limit for free-living existence
with less than 500 genes. Recently American workers have created the
first synthetic organism, called M. laboratorium, using the whole genome sequence of the human pathogen M. genitalium. While mycoplasmas are thought to have emerged from wall-less precursors about
0.1 billion years ago, there is genetic evidence that M mycoides, the
cause of CBPP, may have evolved as recently as 1700 which matches
closely with the clinical emergence of the disease. Modern molecular
methods, including next generation sequencing, are providing a unique insight into the evolution of this mysterious group of organisms
It is not well known that some of the most important diseases of livestock are caused by mycoplasmas. Four are listed by the World
Association for Animal Health (OIE) because of their socio-economic
impacts and comprise: contagious bovine pleuropneumonia (CBPP),
contagious agalactia, contagious caprine pleuropneumonia (CCPP)
and avian mycoplasmosis. Others include enzootic pneumonia, a
costly world-wide disease of pigs, bovine mycoplasmosis, which is
characterised by respiratory disease, mastitis and arthritis, and the
community-acquired atypical pneumonia in humans. New outbreaks
of mycoplasma disease in desert tortoises and big horn sheep have
caused great concern for the future of these endangered species.
quencing of genes such as the 16S rDNA gene which act as a reliable
biological clock. From this information we can see that mycoplasmas
were created around 0.1 billion years ago. Of course evolution continues and we can track the creation of new species possibly triggered
by social changes such as the domestication or changes in animal husbandry of livestock species.
The Mycoplasma mycoides cluster consists of 5 ruminant pathogens
which show a great variation in intra-specific genetic variability: M
mycoides subsp.capri is highly variable suggesting a long period of
evolution whereas M mycoides subsp. mycoides, the cause of CBPP,
is remarkably homogenous indicating recent emergence. Using next
generation sequencing, French workers were able to date the most
recent common ancestor of M. mycoides to about the year 1700 and
may have evolved following infection of cattle by the goat pathogen
M.m. capri (Dupuy et al., 2012)
The emergence of another bovine pathogen, M bovis, may also have
derived from the closely related small ruminant mycoplasma, M agalactiae, as European strains of M. bovis show closer genetic similarity
to the type strain of M agalactiae than to its bovine counterpart (Nicholas et al., 2008). The raised virulence of both M mycoides and M
bovis could reflect their recent colonisation of the bovine host.
It is however unclear how mycoplasmas cause pathological effects in
their host although it should be remembered that the vast majority of
them are commensals residing harmlessly in the mucosal surfaces. It
is believed that a combination of factors, metabolic products, membrane components, nutrient competition with host cells and immunomodulation, may contribute to host damage. However a great deal
of genetic effort is linked to defence mechanisms such as antigenic
variation and biofilm formation enabling the mycoplasmas to avoid
the host immune system.
Mycoplasmas, or more correctly mollicutes, are the smallest self-replicating organisms on the planet and composed of wall-less, triplelayered membrane surrounding a matrix of nucleic acid and ribosomes. However once thought of as simple and possibly the precursors
of more complex life they are highly sophisticated bacteria with elaborate defence mechanisms; in fact they have undergone degenerative evolution from lactobacillus-clostridial ancestors which began
some 2.5 billion years ago with the loss of the cell wall. Further huge
gene loss occurred over the next few millennia until about 0.1 billion
years the mycoplasma branch was created leading to the smallest of
all mollicute, the human pathogen M genitaliu which consists of less
than 500 genes: about a quarter of their original size and 1/10th of the
size of E.coli..
Despite the complete sequencing of over 20 Mycoplasma species,
these wall-less bacteria remain a mystery. Only about 59% of the putative genes identified in M m mycoides have been assigned a function
with about 30% being unique to this mycoplasmas and 15% having no
known function (Westberg et al 2004).
References
The size of these organisms has generated interest in the minimum cell
concept:” how many genes are essential for life?” with some estimating
this figure at about 250. Attracted by this question, Craig Venter and his
team in the USA attempted to put together a synthetic mycoplasma armed with the complete genome sequence of Mycoplasma genitalium.
After showing that they could successfully transplant genomes, they
painstakingly assembled the genes and inserted into a closely related
carrier mycoplasma. Within a few subdivisions the new mycoplasma,
M. laboratorium was created. In the process they discovered that at
least 20% of the genes were not essential which probably represented
redundant and truncated genes and perhaps viral sequences.
Dupuy, V., Manso-Silvan, L., Barbe, V., Thebault, P., Dordet-Frisoni,
E., Citti, C., Poumarat, F., Blanchard, A., Breton, M., Sirand-Pugnet, P.,
Thiaucourt, F. (2012) Evolutionary history of CBPP using next generation sequencing of Mycoplasma mycoides subsp. mycoides “small
colony” PLOS one 7, e46821
Nicholas, R., Ayling, R.D. and McAuliffe, L. (2008) Bovine respiratoty
disease. In: Mycoplasma diseases of ruminants, CABI pp 138-139
Westberg, J., Persson, A., Holmberg, A., Goesmann, A., Lundeberg, J.,
Johansson, K-E., Pettersson, B. and Uhlen, M. (2004) The genome sequence of Mycoplasma mycoides subsp. mycoides SC type PG1, the
causative agent of CBPP. Genome Research 14, 221-227
Because of their lack of cell wall and paucity of proof-reading genes,
mycoplasmas have high mutation rates which can be measured by se-
19
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
THE GLOBAL BURDEN OF FOODBORNE DISEASES - A WHO ENDEAVOR
Arie H. Havelaar1,2,3, Martyn D. Kirk4, Paul R. Torgerson5, Herman J. Gibb6, Tine Hald7, Robin J. Lake8, Nicolas Praet9,
David C. Bellinger10, Nilanthi R. de Silva11, Neyla Gargouri12, Niko Speybroeck13, Amy Cawthorne14, Colin Mathers14,
Claudia Stein15, Frederick J. Angulo16, Brecht Devleesschauwer2,9,13,17,
on behalf of World Health Organization Foodborne Disease Burden Epidemiology Reference Group§
1
National Institute for Public Health and the Environment, Bilthoven, The Netherlands, 2University of Florida, Gainesville, Florida, United States
of America, 3Utrecht University, Utrecht, The Netherlands, 4The Australian National University, Canberra, Australia, 5University of Zurich, Zurich,
Switzerland, 6Gibb Epidemiology Consulting, Arlington, Virginia, United States of America, 7Danish Technical University, Copenhagen, Denmark,
8
Institute of Environmental Science and Research, Christchurch, New Zealand, 9Institute of Tropical Medicine, Antwerp, Belgium, 10Boston Children’s Hospital, Boston, Massachusetts, United States of America, 11University of Kelaniya, Ragama, Sri Lanka, 12Hikma Pharmaceuticals, Amman,
Jordan, 13Université catholique de Louvain, Brussels, Belgium, 14World Health Organization, Geneva, Switzerland, 15World Health Organization,
Regional Office for Europe, Copenhagen, Denmark, 16Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta, Georgia, United States of America,
17
Ghent University, Merelbeke, Belgium. § Membership of the World Health Organization Foodborne Disease Burden Epidemiology Reference
Group is provided in the Acknowledgments
Keywords: Foodborne hazards, DALY, disease burden
SUMMARY
We present here a summary of the WHO initiative to estimate the global burden of foodborne diseases. A detailed description of the whole
study including the final WHO report can be found at the WHO website.
Here is also a link to the collection of all the papers published as part of
the study.
deaths in 2010. The most frequent causes of foodborne illness were diarrhoeal disease agents. Foodborne diarrhoeal disease agents caused
230,000 (95% UI 160,000–320,000) deaths, particularly non-typhoidal
Salmonella. Other major causes of foodborne deaths were Salmonella
Typhi, Taenia solium, hepatitis A virus, and aflatoxin (Havelaar et al.,
2015).
INTRODUCTION
Foodborne diseases are an important cause of morbidity and mortality,
and a significant impediment to socioeconomic development worldwide, but the full extent and disease burden of caused by contaminated
food has been largely unknown. Improved information on the burden
of foodborne diseases can inform decision makers and support the
allocation of resources for food safety control and intervention. The
Foodborne Disease Burden Epidemiology Reference Group (FERG) was
established in 2007 by the World Health Organization (WHO) to provide
the first estimates of global foodborne disease incidence, mortality, and
disease burden in terms of Disability Adjusted Life Years (DALYs) (WHO,
2015).
The total global burden of foodborne diseases was 33 (95% UI 25–46)
million DALYs in 2010. Forty percent of the foodborne disease burden was among children under 5 years of age. Worldwide, 18 (95% UI
12–25) million DALYs were attributed to foodborne diarrhoeal disease
agents, particularly non-typhoidal Salmonella and enteropathogenic
Escherichia coli (EPEC) (Figure 1) (Havelaar et al., 2015).
METHODS AND MATERIALS
The study included 31 foodborne hazards causing 32 diseases, being 11
diarrhoeal disease agents (1 virus, 7 bacteria, 3 protozoa), 7 invasive
infectious disease agents (1 virus, 5 bacteria, 1 protozoon), 10 helminths
and 3 chemicals. Hazards were chosen based on a critical review of the
epidemiology of all the disease-causing agents potentially transmitted
by food. Incidence and duration of diseases caused by each hazard as
well as their associated mortality in 2010 were estimated based on systematic reviews, complemented with other literature sources, surveillance data and expert inputs. For each hazard, the impact of all disease
outcomes attributed to the primary exposure to a hazard was represented by a disease model (Devleesschauwer et al., 2015).
Figure 1. Ranking of foodborne hazards globally for 2010, expressed as
Disability Adjusted Life Years. White dots indicate the median burden,
black boxes the inter-quartile range (50% UI), black lines the 5 and 95
percentiles (90%UI) and grey lines the 2.5 and 97.5 percentiles (95% UI).
Note the y-axis is on a logarithmic scale. Abbreviations: EPEC: Enteropathogenic Escherichia coli; ETEC: Enterotoxigenic E. coli; STEC: Shiga
toxin-producing E. Coli (Havelaaar et al., 2015).
Most of the hazards causing foodborne disease are not transmitted
solely by food, but have several potential transmission routes including
transmission from animals, humans, and environmental routes including water. In order to estimate the relative contribution of food to the
global burden of diseases commonly transmitted through the consumption of food, a structured expert elicitation study was conducted for 19
of the 31 hazards. A total of 72 experts with different expertise and from
all over the world were enrolled in the study (Hald et al., 2016).
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
high-income subregions. The burden of aflatoxin was high in the AFR D,
Western Pacific (WPR) B and SEAR D subregions. In the SEAR subregions
there was a considerable burden of Salmonella Typhi. The burden of
Opisthorchis spp. was concentrated in the SEAR B subregion, where the
seafood-borne trematodes Paragonimus spp. and Clonorchis sinensis
were also important. In the Americas (AMR) B and D subregions, Taenia solium and Toxoplasma gondii contributed significantly to the foodborne disease burden (Havelaar et al., 2015).
The findings of the structured expert study, showed that pathogens
with animal reservoirs (e.g. non-typhoidal Salmonella spp. and Toxoplasma gondii) were in general assessed by the experts to have a higher
proportion of illnesses attributable to food than pathogens with mainly
a human reservoir, where human-to-human transmission (e.g. Shigella
spp. and Norovirus) or waterborne transmission (e.g. Salmonella Typhi
and Vibrio cholerae) were judged to dominate. For many pathogens, the
foodborne route was assessed as relatively more important in developed subregions than in developing subregions (Hald et al., 2016).
The presented foodborne disease burden estimates are conservative.
Further studies are needed to address data gaps and limitations of this
study. However, despite the uncertainty of these initial estimates, it is
apparent that the global burden of foodborne disease is considerable,
and affects individuals of all ages, but particularly children under 5 years
of age and persons living in low-income subregions of the world. The
global burden of foodborne disease was also found to be comparable
to those of the major infectious diseases, HIV/AIDS, malaria and tuberculosis. All stakeholders can contribute to improvements in food safety
throughout the food chain by incorporating these estimates into policy
development at national, regional and international levels (Havelaar et
al., 2015).
BIBLIOGRAPHY
• Devleesschauwer B, Haagsma JA, Angulo FJ, Bellinger DC, Cole D,
Döpfer D, et al. (2015). Methodological Framework for World Health Organization Estimates of the Global Burden of Foodborne Disease. PLoS
ONE 10(12): e0142498. doi:10.1371/journal.pone.0142498
• Hald T, Aspinall W, Devleesschauwer B, Cooke R, Corrigan T, Havelaar AH, et al. (2016). World Health Organization Estimates of the Relative Contributions of Food to the Burden of Disease Due to Selected
Foodborne Hazards: A Structured Expert Elicitation. PLoS ONE 11(1):
e0145839. doi:10.1371/ journal.pone.0145839.
• Havelaar AH, Kirk MD, Torgerson PR, Gibb HJ, Hald T, Lake RJ, et al.
(2015). World Health Organization Global Estimates and Regional Comparisons of the Burden of Foodborne Disease in 2010. PLoS Med 12(12):
e1001923. doi:10.1371/journal.pmed.1001923.
• WHO (2015). WHO estimates of the global burden of foodborne diseases: foodborne disease burden epidemiology reference group 20072015. World Health Organization, Geneva, Switzerland. ISBN 978 92 4
156516 5. Available from http://www.who.int/foodsafety/publications/
foodborne_disease/fergreport/en/
There were considerable differences in the burden of foodborne disease
among subregions delimited on the basis of child and adult mortality.
The highest burden per population was observed in Africa (AFR) (AFR D
and AFR E subregions), followed by South-East Asia (SEAR) (SEAR B and
SEAR D) and the Eastern Mediterranean (EMR) D subregion. Diarrhoeal
disease agents were the leading cause of foodborne disease burden in
most subregions. Non-typhoidal Salmonella was an important burden
in all subregions, particularly in Africa. Other main diarrhoeal causes of
foodborne disease burden were EPEC, Enterotoxigenic E. coli (ETEC) and
Vibrio cholerae in low-income subregions, and Campylobacter spp. in
RESULTS AND DISCUSSION
Together, the 31 hazards caused 600 (95% uncertainty interval [UI] 420–
960) million foodborne illnesses and 420,000 (95% UI 310,000–600,000)
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
NANOTECHNOLOGIES IN THE FOOD SECTOR: PROBLEMS AND PERSPECTIVES
Federica Aureli, Maria Nunzia De Luca, Andrea Raggi, Alberto Mantovani, Francesco Cubadda
Department of Food Safety and Veterinary Public Health, Istituto Superiore di Sanità-Italian National Institute of Health, Rome, Italy
technology is a challenge, since new concepts and tools for safety assessment of nanomaterials are needed, including appropriate analytical methods.
Nanotechnologies deal with the application of scientific knowledge to manipulate and control matter in the nanoscale - i.e. approximately 1 to 100 nm - in order to make use of size- and structuredependent properties and phenomena distinct from those associated
with larger sizes of the same material. In the food sector, three main
categories of products/applications of nanotechnologies and nanomaterials can be identified, namely agricultural production (e.g.
nano-formulated agrochemicals and animal feeds), food processing
(nano-sized ingredients, additives, nutritional supplements and functional foods), and food contact materials. As a result, according to the
different use scenarios, nanomaterials - or the chemicals resulting
from their degradation/dissolution (if any) - might be found in food as
residues, as intentionally added substances or due to migration from
packaging.
With the new European Regulation on Novel Food, (EC) No
2015/2283, a food consisting of engineered nanomaterial is defined
as a novel food. Vitamins, minerals or other substances that contain
or consist of engineered nanomaterial are also novel foods and they
have to be re-assessed first in accordance with this Regulation and
subsequently in accordance with the relevant specific legislation. The
engineered nanomaterial definition for food use is incorporated in this
Regulation and deleted from the FIC Regulation. Engineered nanomaterial thus require a novel food authorization, with EFSA assessing potential risks. In particular, EFSA will have to verify that the most up-todate analytical methods are used and that the appropriateness of the
testing methods used is substantiated by the applicants.
There is still insufficient knowledge on how altered physicochemical properties and potentially increased systemic bioavailability of engineered nanomaterials may influence their toxicological properties.
Moreover, approaching the safety assessment of products of nano-
An up-to-date overview of this rapidly growing area from the
standpoint of food safety will be given.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
COMUNICAZIONI LIBERE
25
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
1° SESSIONE DI COMUNICAZIONI LIBERE
01
L’ALVEARE QUALE CENTRALINA PER IL MONITORAGGIO AMBIENTALE IN CAMPANIA: ELEMENTI IN
TRACCIA IN API (APIS MELLIFERA) E MIELE
Keywords: elements, honey, bee
Serpe F.P.[1], Gallo A.[1], Caiazzo M.[1], D’Auria L.J.[1], Picazio G.[1], Sansone D.[1], Pizzolante A.[1], Cerino P.[1], Esposito M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (NA) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The Campania Region and Istituto Zooprofilattico Sperimentale del
Mezzogiorno (IZSM) have developed in 2015 the project “Campania
Trasparente” aimed at investing in systems and tools for quality assurance and traceability of products to highlight the quality and safety of
food from Campania.
One of the most useful tool resulted the use of honeybees and honey
as bio-indicators of the environmental presence of chemical pollutants, as trace elements. In the present work, results of the research of trace elements, carried out in 2015 on 204 bees and honey
samples, are reported. Levels of elements in bees, moreover, were
coupled with data on honey contamination collected from the same
farms, with the aim of defining the trasferring factors of these pollutants from bees to honey.
INTRODUZIONE:
Le api da miele (Apis mellifera) possono intercettare e bio-accumulare contaminanti ambientali in seguito al contatto con l’aria, l’acqua,
il suolo e la vegetazione. In particolare, l’ape è in grado di coprire
in una sola giornata fino a 7 km2 di superficie (1). È una specie non
migratoria e per tale ragione può fornire informazioni relative allo
stato di contaminazione del sito di prelievo, rappresentando così un
valido indicatore della qualità ambientale. Questo dato può integrare e completare le informazioni per loro natura parziali derivanti dai
dati di contaminazione del suolo, dell’aria e dell’acqua. Nella Regione
Campania sussiste una situazione di allarme legata alla presenza di
contaminanti ambientali che possono fare il loro ingresso nella catena alimentare, inclusi elementi e metalli pesanti. La loro presenza e persistenza nei comparti ambientali minaccia continuamente la
qualità delle produzioni agro-zootecniche, attività di fondamentale
importanza per questa regione sia dal punto di vista della sicurezza
alimentare che economico.
In questo contesto, la Regione Campania e l’Isituto Zooprofilattico
Sperimentale del Mezzogiorno, hanno promosso nel 2015 un progetto di monitoraggio delle produzioni zootecniche in collaborazione con
i produttori stessi, denominato “Campania Trasparente”. Lo scopo
del lavoro è stato quello di utilizzare le api quali bio-indicatori della
presenza ambientale di elementi in traccia in Campania di cui, parallelamente, è stato stimato il fattore di trasferimento nel miele.
Nel corso del monitoraggio, sono stati raccolti 102 campioni di Apis
mellifera, associati ad altrettanti campioni di miele provenienti dallo
stesso sito, nelle cinque province campane al fine di determinare i
livelli di contaminazione ed i fattori di trasferimento al miele di elementi tossici quali piombo, cadmio ed arsenico. Sono stati ricercati
inoltre elementi in traccia essenziali sebbene tossici in quantità elevate quali rame, zinco, cromo, cobalto, selenio e stagno; infine sono stati considerati elementi privi di funzioni biologiche note ma ottimi indicatori di contaminazione di varia origine, quali uranio, manganese,
tallio e stronzio. In figura 1 sono riportati i punti di campionamento.
Figura 1 - Distribuzione geografica dei punti di campionamenti di
campioni di api e miele in Campania.
MATERIALI E METODI:
Le api raccolte sono state conservati a -20°C ed inviate al laboratorio di analisi, mentre i campioni di miele sono stati conservati a
temperatura ambiente. Prima della determinazione chimica degli
elementi e dei metalli pesanti, le api sono state liofilizzate. I campioni di miele invece sono stati analizzati tal quali. L’analisi è stata
condotta mediante la tecnica ICP-MS (Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometer) in seguito ad un pre-trattamento costituito da
una mineralizzazione per via umida assistita da microonde in presenza di acido nitrico e acqua ossigenata. La concentrazione di ogni
elemento è stata espressa in mg/kg di peso umido sia per api che per
miele e gli elementi risultati non rilevabili sono stati considerati nel
trattamento dei dati ad una concentrazione pari alla metà del limite
di quantificazione.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nel presente studio, le concentrazioni degli elementi in traccia sono
state determinate in 204 campioni di api e miele raccolti nell’agosto
del 2015 (tabella 1). Andando a confrontare i dati della contaminazione ambientale, ovvero quelli riscontrati nelle api, si nota che non
sussistono differenze apprezzabili tra le cinque province campane,
ad eccezione di alcuni elementi tossici per i quali il coefficiente di
variazione percentuale dei valori medi è risultato maggiore di 20,
27
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1. Matin G., Kargar N., Buyukisik H.B. (2016) Bio-monitoring of cadmium, lead, arsenic and mercury in industrial district of Izmir, Turkey
by using honey bees, propolis and pine tree leaves. Ecological Engineering, 90, 331-335.
2. Ru Q.M., Feng Q., He J.Z. (2013) Risk assessment of heavy metals in
honey consumed in Zhejiang province, southeastern China. Food and
Chemical Toxicology, 53, 256-262.
ovvero arsenico, piombo, tallio ed uranio, come mostrato in figura 2.
Relativamente al miele, le concentrazioni riportate mostrano dei
valori inferiori rispetto ai risultati ottenuti in un’area a forte impatto
industriale in particolare per il cadmio, ma anche per il piombo, laddove per l’arsenico e il mercurio i livelli risulatno bassi e vicini al limite di
quantificazione del metodo in entrambi i casi (1). Dal confronto invece
con un miele millefiori commerciale, si nota che la concentrazione di
rame nel miele campano risulta superiore, la concentrazione di zinco
inferiore, mentre in questo caso cadmio, piombo, arsenico e mercurio
sono stati riscontrati a livelli bassi e vicini al limite di quantificazione
del metodo in entrambi i casi (2). Da ciò si evince uno stato di contaminazione nella norma per questa tipologia di produzione.
In merito al fattore di trasferimento degli elementi ricercati dalle api
al miele, si è riscontata una certa varietà tra i vari elementi, passando da fattori estremamente bassi come nel caso del rame e dello
zinco (1.4 - 2 %) a fattori più importanti come nel caso del nickel e
dello stagno (55 - 71 %), rendendo così questo aspetto meritevole di
ulteriori approfondimenti in quanto in grado di fornire una misura
diretta dell’impatto della contaminazione ambientale sulla salubrità
dell’alimento prodotto.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
02
UN’INDAGINE ESPLORATIVA DEI PERICOLI MICROBIOLOGICI DERIVANTI DAL CONSUMO DI GRILLI
(ACHETA DOMESTICUS)
Keywords: Insetti, Microbiologia, Entomofagia
Belluco S.[1], Barco L.[1], Patuzzi I.[1], Drigo I.[2], Ricci A.[1]
Dipartimento di sicurezza alimentare, Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (PD) ~ Italy, [2]Laboratorio di batteriologia diagnostica. Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Treviso ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Insects are considered among the potential solutions to satisfy the
growing protein demand. The legislative news and the interest of
public opinion make the study of food safety aspects needed to
identify potential risks, and define correct practices of production
and consumption. In the present work the microbiological aspects
of edible crickets (Acheta domesticus) were explored. Results highlight the importance of heat treatment in the reduction of the high
Enterobacteriaceae and Total Aerobic Counts observed in live crickets. The high counts of Bacillus cereus in processed meals require
an evaluation of toxigenic potential. A full microbiological characterization of insects species intended for human consumption is
needed to define potential risks and guarantee consumers’ safety
through appropriate processing and consumption pratices.
Ringraziamenti:
Si ringraziano Andrea Pierri e Amedeo Ferro per la geo-referenziazione delle aziende.
microbiologiche sono state effettuate in conformità alle rispettive norme ISO e indirizzate alla determinazione di: carica aerobica
totale, Enterobacteriaceae, Bacillus cereus presunto, staffilococchi
coagulasi positive, Clostridium perfringens. Tutti i campioni (10
g) sono stati analizzati per rilevare la presenza di Salmonella spp.
mentre la ricerca di Campylobacter è stata limitata ai campioni derivanti dall’allevamento. Alcune colonie (2-3 per ogni terreno) sono
state inoltre selezionate e caratterizzate a livello di genere e specie
usando il MALDI-TOF.
INTRODUZIONE:
Gli insetti sono un’importante fonte di nutrienti in molte aree del
pianeta e annoverate tra le possibili soluzioni atte a contribuire a
crescente fabbisogno di proteine dovuto alla crescita della popolazione mondiale. Attualmente, tuttavia, non è possibile commercializzare insetti ai fini alimentari nell’Unione Europea. Essi infatti
rientrano nella definizione di Novel Food (Reg. 268/1997) e richiedono una valutazione del rischio prima dell’autorizzazione al commercio. Dal 1 Gennaio 2018, a seguito dell’approvazione del nuovo
regolamento Novel Food (Reg. 2283/2015) il loro iter autorizzativo dovrebbe risultare semplificato i quanto “alimenti tradizionali
in paesi terzi”. Oltre l’inquadramento normativo esiste anche un
problema di caratterizzazione microbiologica di tali alimenti, utile
non solo ai fini autorizzativi ma anche alla definizione di pratiche
corrette di allevamento, preparazione e consumo di insetti e derivati. EFSA ha infatti pubblicato un’opinion in cui traccia il profilo di
rischio di alcune specie di insetti edibili, non ravvisando particolari
problematiche quando questi derivano da allevamenti idonei, gestiti igienicamente e alimentati con mangimi autorizzati. In questo
caso il problema principale è rappresentato dalla carenza di dati
e, nonostante le evidenze circa rischi alimentari diversi da quelli
comunemente affrontati nel settore alimentare siano scarse in letteratura (1,2), attualmente è difficile concludere circa la sicurezza
di tali alimenti. Obiettivo di questo lavoro è esplorare la composizione microbiologica di grilli Acheta domesticus e di farine da esso
derivate, allevati per uso alimentare e di discutere i risultati analitici nel contesto dei possibili rischio microbiologici derivanti dal
consumo di tale specie.
Tabella 1 - Elementi e metalli pesanti in api e miele espressi in mg/kg
peso umido.
Tabella 1: caratteristiche dei campioni analizzati e delle eventuali processazioni applicate.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le cariche aerobiche totali e di Enterobacteriaceae (Figura 1) mostrano un andamento tra loro simile (Figura 1) con valori più bassi
nelle farine sottoposte a trattamenti prolungati e valori molto alti
nei Grilli vivi (fino a 9 log/CFU g-1). Questi valori sono compatibili con quanto precedentemente riportato da Stoops e colleghi in
cavallette e tarme della farina (3). La normativa, ad oggi, non definisce specificamente criteri microbiologici per gli insetti commestibili ma è possibile usare come valori guida criteri riferiti ad altri
alimenti, in accordo con quanto stabilito dall’Agenzia federale per
la Sicurezza della catena Alimentare belga che ha dato parere favorevole alla commercializzazione di insetti interi nel territorio nazionale. Se consideriamo ad esempio il criterio del reg. 1441/2007
relativo alle carni macinate (limite inferiore (m) di 5 x 105 CFU/g
e limite superiore (M) di 5 x 106 ) possiamo notare come tutti i
campioni di grilli e farina di grillo eccedano tali limiti eccetto due
campioni, provenienti dalle farine con tempi di essicazione più lunghi. Bacillus cereus è stato riscontrato in cariche più alte (tra 5.0
e 8.3 log/ CFU g-1) nelle farine sottoposte a trattamenti termici
più intensi probabilmente a causa della sopravvivenza delle spore
alla temperatura e alla successiva capacità di beneficiare di un’assenza di competizione nei media di crescita. B. cereus comprende
sei specie patogene e non, difficilmente differenziabili tra loro che
includono B. thuringiensis un noto patogeno degli insetti (Schmidt
et al. 2011). Di interesse per la sicurezza alimentare è il potenzia-
MATERIALI E METODI:
I grilli (Acheta domesticus) sono stati allevati in condizioni di umidità e temperature controllate e alimentati con un mix di carote,
mais, frumento e lievito. Sono stati analizzati 3 campioni di grilli,
3 campioni di farina per ognuno dei 3 processi di produzione testati e 3 campioni derivanti da farina acquistata online e utilizzata
come “controllo”. I dettagli sono riportati in Tabella 1. Le analisi
Figura 2 - Livelli di arsenico, piombo, tallio e uranio nelle api suddivisi
per provincia.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
03
METODI ALTERNATIVI ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE: ORGAN ON CHIP E BIOREATTORE
le tossigenico di questi batteri e ulteriori indagini, genomiche ed
epidemiologiche, sono necessarie in tal senso. Gli Stafilococchi coagulasi positive sono risultati quantificabili in solo due campioni e
Cl. perfringens solo in uno. Salmonella e Campylobacter non sono
mai stati isolate nei campioni analizzati ma resta la necessità di
valutare la capacità di questi insetti di fungere da reservoir mantenedo il batterio per lunghi periodi di tempo. Le analisi mediante
MALDI-TOF hanno portato all’identificazione di 20 ceppi di Bacillus
cereus, 11 di Enterobacter cloacae, 14 di Escherichia coli e 13 di
Klebsiella oxytoca. L’assenza di patogeni alimentari tradizionali è
un risultato preliminare positivo ma resta la necessità di caratterizzare in modo completo la flora microbica degli insetti per poter
definire condizioni di allevamento ottimali e valutare i trattamenti
migliori per consentire la gestione sicura di questi nuovi alimenti
durante l’intera filiera.
Keywords: 3D, in vitro, Metodi Alternativi
Dotti S.[1], Bilato D.[1], Visone R.[2], Zanotti C.[1], Villa R.[1], Ferrari M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Reparto Substrati Cellulari e Immunologia Cellulare, Centro di Referenza Nazionale per i Metodi Alternativi, Benessere e Cura degli Animali da Laboratorio ~ Brescia ~ Italy,
[2]
Politecnico di Milano, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria ~ Milano ~ Italy
[1]
SUMMARY:
A strategy of 3Rs (i.e. reduction, refinement and replacement) is
being applied for laboratory use of animals. Different alternative
methods are applied to implement this strategy.
In this terms, recently, 3D cell culture models have gained attention because of their great potential level of application not possible with conventional 2D or 3D static culture systems.
New different approaches, such as microfluidic cell culture device
(organ-on-a-chip) and bioreactor, create cell cultures that allow to
study physiology in an organ specific context and enable development of novel in vitro disease model and replacement of animals
used in different toxin-drugs testing and diagnostic.
stemi che mantengano le cellule per periodi di tempo sufficienti a
garantire il differenziamento in funzioni complesse, fino ad ottenere in vitro condizioni fisiologiche e patologiche di organi e tessuti.
Lo studio ha permesso una valutazione preliminare di un sistema
in 3D mediante due tecnologie: riproduzione di tessuto corneale di
coniglio (SIRC) e miocardico di ratto (H9c2;2-1) in condizioni biomimetiche differenti.
Lo scopo iniziale era quello di verificare l’effettiva capacità di crescita degli elementi cellulari sopra riportati e l’individuazione del
supporto biologico più adeguato. Nello specifico, i risultati preliminari ottenuti hanno permesso di rilevare la crescita e differenziamento dei mioblasti cardiaci di ratto in una struttura tridimensionale all’interno del chip. Su tali chips verranno effettuate prove
di pacing e valutazione dell’espressione di TroponinaI e Connessina-43, oltre a prove di farmaci con effetti noti quali isoproterenolo
e verapamil.
Il sistema relativo alla crescita e differenziazione tridimensionale in
bioreattore della linea cellulare di cornea di coniglio (SIRC), ha previsto la “comunicazione” tra cellule appartenenti a tessuti differenti, ma interconnessi tra di loro. Su tali basi verrà in futuro valutata
l’attività di farmaci con tropismo per il tessuto corneale.
INTRODUZIONE:
Con il termine metodi alternativi viene indicato l’insieme delle
procedure adottate allo scopo di ridurre l’utilizzo di animali nella
sperimentazione. Tali metodi devono seguire il principio delle 3Rs.
Tale principio si basa su tre concetti, i cosiddetti “3Rs”, formulati
da Russel e Burch (3): Refinement (raffinamento delle condizioni
sperimentali per ridurre al massimo la sofferenza provocata all’animale), Reduction (riduzione del numero di animali utilizzati, tale
comunque da ottenere una quantità di dati statisticamente significativa) e Replacement (completa sostituzione degli animali con
metodi alternativi come fase finale) (1). La Direttiva n. 2010/63/UE
prevede che si possano utilizzare metodi di sperimentazione alternativi, purché approvati dalla legislazione europea.
Nel nostro Centro di Referenza Nazionale per i Metodi Alternativi
degli Animali da Laboratorio, sono in fase di studio modelli innovativi in tridimensionale con la finalità di ottenere in vitro sistemi
cellulari utilizzabili per indagini di tipo farmacologico e tossicologico, oltre a possibili applicazioni future nel campo diagnostico sia
umano che veterinario (studi di principi attivi).
Grazie alla bioingegneria, è oggi possibile allestire colture cellulari
su particolari supporti (scaffolds o matrici di diversa origine) sui
quali le cellule possono aderire, migrare e crescere, riempiendo gli
interstizi formando una coltura 3D.
Rispetto all’approccio tradizionale,che consente di apprezzare la
crescita cellulare solamente nelle due dimensioni, i nuovi sistemi
di coltura in modello 3D garantiscono l’acquisizione di informazioni
relative al comportamento delle cellule (proliferazione, differenziamento, metabolismo e interazione), e a caratteristiche peculiari
del tessuto (gradienti di ossigeno e nutrienti, esposizione delle cellule non uniforme alle molecole testate e zone a diversa proliferazione cellulare) (1). Il sistema di crescita cellulare in 3D, quindi,
simula al meglio le condizioni riscontrabili in vivo nell’organismo
ed è ampiamente utilizzato in medicina rigenerativa e indagini in
vitro pre-clinico.
Questi metodi possono essere inseriti in strumenti ingegnerizzati, quali bioreattori o chips, per permettere la crescita di cellule
e tessuti in ambienti fluidi (scala milli- e micrometrica) altamente
controllati. Tramite stimolazioni dinamiche è possibile ottenere si-
Figura 1: valori (carica batterica totale, Enterobacteriaceae e Bacillus
cereus in log(CFU/g) in grilli e farina di grillo.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Belluco, S., Losasso, C., Maggioletti, M., Alonzi, C.C., Paoletti, M.G.,
Ricci, A., 2013. Edible insects in a food safety and nutritional perspective: A critical review. Compr. Rev. Food Sci. Food Saf. 12, 296-313.
(2) EFSA, 2015. Risk profile related to production and consumption of
insects as food and feed EFSA Scientific Committee. EFSA J. 13.
(3) Stoops, J., Crauwels, S., Waud, M., Claes, J., Lievens, B., Van
Campenhout, L., 2016. Microbial community assessment of mealworm larvae (Tenebrio molitor) and grasshoppers (Locusta migratoria
migratorioides) sold for human consumption. Food Microbiol.
(4) Federal Agency for the Safety of the Food Chain, 2014. Circular concerning the breeding and marketing of insects and insect-based food
for human consumption. PCCB/S3/ENE/KBE/1158552.
(5) Schmidt, T.R., Scott, E.J., Dyer, D.W., 2011. Whole-genome phylogenies of the family Bacillaceae and expansion of the sigma factor gene
family in the Bacillus cereus species-group. BMC Genomics 12, 430.
30
MATERIALI E METODI:
Preparazione del tessuto miocardico:
sono state utilizzate le seguenti linee cellulari H9c2(2-1) (Rat heartmyoblast; BS CL 151, IZSLER) e cellule staminali mesenchimali da
tessuto adiposo di ratto (AdCSM).
Le cellule sono state coltivate secondo le metodiche di routine
di laboratorio, inglobate in matrici gelatinose (5 mg/ml Collagen
type I; combinazione di fibrinogeno 20 mg/mL e trombina 5U/mL),
iniettate all’interno dei chips, e incubate a 37°C in condizioni sterili
per permettere la reticolazione del gel. Giornalmente, il terreno
è stato sostituito ed i chips osservati per verificare la vitalità e le
caratteristiche tridimensionali della crescita cellulare.
Preparazione del tessuto corneale di coniglio:
Le cellule SIRC (Statens Serum Institut Rabbit Cornea) e cellule
staminali di epitelio limbale di coniglio (CSEL) sono state seminate
a diverse concentrazioni su scaffolds di fibroina concentrata della
seta. Dopo 4-7 giorni in coltura statica, gli scaffolds sono stati trasferiti nel sistema fluidico a bioreattore con un sistema di comunicazione in grado di garantire gli scambi tra i differenti tipi cellulari
e la conseguente colonizzazione dello scaffold di supporto. Tale
risultato è stato valutato mediante indagini istologiche, analisi al
microscopio a fluorescenza e a trasmissione elettronica.
Chip
I biochips sono stati prodotti dal Dipartimento di Ingegneria del
Politecnico di Milano e utilizzati come indicato dal fornitore.
Scaffolds di fibroina della seta
Gli stessi sono stati prodotti e forniti dal Dipartimento di Scienze
del Farmaco dell’Università degli Studi di Pavia.
Bioreattore
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
E’ stato utilizzato come modello il bioreattore modulare con configurazione a singolo flusso LiveBox1 (LB1) (IVTech Srl), secondo le
indicazioni riportate dal fornitore.
04
TASSI ELEVATI DI RESISTENZA ALLA COLISTINA LEGATA ALLA PRESENZA DEL GENE TRASFERIBILE
MCR-1 NEGLI ALLEVAMENTI DI TACCHINO ITALIANI
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati preliminari hanno evidenziato la capacità degli elementi
cellulari selezionati di crescere in un sistema 3D. La messa a punto
delle due metodiche ha messo in luce aspetti importanti per predisporre un modello realmente predittivo e funzionale nell’ottica dei
metodi alternativi alla sperimentazione animale.
Lo scaffold di fibroina, ha evidenziato ottime potenzialità funzionali, con problematiche nell’individuazione del corretto spessore
dello scaffold medesimo e della modalità di rilevazione dell’effettiva colonizzazione degli elementi cellulari adesi. Per quanto riguarda la metodica del chip, la concentrazione corretta degli elementi
cellulari coinvolti e del supporto biologico utilizzato sono stati gli
elementi più critici.
Alla luce di quanto evidenziato, i risultati ottenuti hanno permesso
una prima valutazione della reale applicabilità di tali metodiche in
vitro. I dati ottenuti con le colture cellulari 3D sembrano essere in
grado di simulare il comportamento anatomo-fisiologico dei diversi
tessuti permettendo di ottenere informazioni relative al metabolismo tissutale e alla cinetica di diverse molecole rispetto ai modelli
2D. In generale, entrambi i sistemi possono fornire nuovi input allo
studio di interazioni cellulari sia nell’ambito della ricerca di base
che nella ricerca specialistica, oltre che in diversi campi applicativi
della diagnostica, nel rispetto del principio delle 3Rs.
Keywords: resistenza colistina, mcr-1, Whole Genome Sequencing
Alba P.[1], Feltrin F.[1], Iurescia M.[1], Amoruso R.[1], Donati V.[1], Caprioli A.[1], Leekitcharoenphon P.[2], Hendriksen R.[2],
Battisti A.[1], Franco A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e la Toscana “M. Aleandri” ~ Roma ~ Italy,
[2]
Technical University of Denmark, National Food Institute ~ Lyngby ~ Denmark
[1]
SUMMARY:
Colistin resistance is an emerging worldwide problem. In the last
years, the transferable mcr-1 gene, responsible for this resistance,
is been detected in almost all the countries. The aim of the present study is to estimate the prevalence of colistin-resistance and the
presence of the transferable colistin-resistance mcr-1 gene in the
Italian population of turkey flocks.
A total 300 caecal contents of slaughtered batches from different
flocks were tested, representing >90% of the slaughtered throughput in Italy in 2014. The prevalence of COL-R was 22.9% in indicator
E. coli and of 25.89% in the ESC-R, ESBL-producing E. coli. All the
tested isolated, except one, presented the mcr-1 gene. The WGS results confirm the spread of this gene. This results shown a high prevalence of colistin resistant in the Italian fattening turkey industry.
Concerns raise from the high percentage of co-resistances detected
in the ESBL-producing E. coli.
BIBLIOGRAFIA:
1) Balls, M. 1994. Replacement of animal procedures: alternatives
in research, education and testing. Lab. Anim. 28, 193-211.
2) Biman B. Mandal, Subhas C. Kundu. 2009. Cell proliferation and
migration in silk fibroin 3D scaffolds. Biomaterials 30; 2956-2965.
3) Russell, W.M.S., Burch, R.L., 1959, reprinted 1992. The Principles
of Humane Experimental Technique. Universities Federation for
Animal Welfare, London, UK.
e di 3 Salmonelle COL-R sono stati sequenziati e analizzati.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La prevalenza riscontrata alla colistina negli isolati di E. coli indicatori è stata dal 22,9% (39/170, 95% CI 16.85-30.00%), associata a multiresistenza (resistenza a 3 o più antibiotici) in tutti gli isolati, tranne
uno. I valori di MIC rilevati sono stati nel range di 4-8 mg/L, eccetto
per un isolato con un valore di 32 mg/L. Tutti gli isolati, tranne uno,
sono risultati positivi alla presenza del gene mcr-1. Per quanto riguarda Salmonella, 3/146 (2,0%) isolati (MIC= 8 mg/L) sono stati
confermati mcr-1 positivi (figura 1).
A livello di allevamento, nella sottopopolazione di E. coli, produttori di ESBL, ESC-R, la prevalenza è stata del 25.89% (58/224, 95%
CI 20.29-32.15%), essendo in tutti i casi isolati MDR. Inoltre, 51 di
questi isolati erano anche co-resistenti alla ciprofloxacina, 35 di cui
nel rango di resistenza clinica. Tutti gli isolati sono risultati positivi
alla presenza del gene mcr-1. Nella mostra generale di allevamenti
analizzati per E.coli ESC-R, la prevalenza di E. coli COL-R riscontrata è
stata del 19.33% (58/300, 95% CI 15.02-24.26%) (figura 1).
INTRODUZIONE:
Il gene mcr-1, che codifica per la resistenza alla colistina, è stato
descritto per la prima volta in isolati di Escherichia coli da diversi
origini: animali, alimenti e pazienti, di origine cinese (3). In Europa,
Danimarca è stato il primo paese in riscontrare plasmidi contenenti
il gene mcr-1 in E. coli, isolati da carne di pollo e di campioni provenienti di essere umani (2). Di seguito, la presenza di questo gene è
stato riscontrato in altri paesi europei, includendo anche la descrizione di due nuove varianti del gene, mcr-2 trovato in Belgio (4) e
mcr-1.2 in Italia (1).
Gli obiettivi del presente studio sono determinare la prevalenza della resistenza fenotipica alla colistina negli allevamenti di tacchino
Italiani e rilevare l’eventuale presenza del gene trasferibile mcr-1 e il
suo ambiente genetico.
L’analisi della sequenza genomica e plasmidica degli isolati sequenziati conferma la presenza del gene mcr-1, associato nella maggiore
parte degli isolati, al plasmide IncX4. Tra gli isolati sono presenti due
variati di mcr-1, una identica 100% a mcr-1 (3) e un’altra identica
100% a mcr-1.2 (1). In tutti i casi, il gene mcr-1 viene preceduto da
una transposasi. Tra gli isolati sequenziati, è evidente una certa eterogeneità di ST, di geni di virulenza e di resistenza specifici.
In conclusione, i risultati della survey dimostrano che la resistenza
alla colistina mediata da mcr-1 è molto diffusa nell’industria italiana
del tacchino, con elevate prevalenze nella flora commensale del intestino degli animali a livello di mattatoio. L’ulteriore diffusione tramite trasmissione orizzontale del plasmide contenente il gene mcr1, può avere preoccupanti implicazioni nell’incremento della frequenza di questa resistenza in patogeni zoonosici come Salmonella,
nel contesto degli allevamenti intensivi, ed in commensali patogeni
opportunisti trasmissibili tra animali ed uomo. Inoltre, l’alta percentuale di co-resistenze osservate in E. coli produttori di ESBL, indica
una coevoluzione delle resistenze e una selezione dei patogeni MDR.
Questi dati saranno molto utili per sviluppare strategie di gestione
del rischio, che comportino una riduzione dell’uso complessivo degli
antibiotici nell’allevamento del tacchino ed in genere nelle produzioni primarie intensive. In particolare, sarà necessario ridurre in modo
drastico e significativo l’uso della colistina nelle produzioni animali
intensive nelle quali si fa estensivo uso di questa molecola per via
orale. L’obiettivo è di ridurre la pressione di selezione, la prevalenza
di resistenza, il rischio di ulteriori diffusione tra le diverse produzioni
animali e il trasferimento fino all’Uomo lungo le filiere produttive
che da esse derivano.
MATERIALI E METODI:
Per stimare la prevalenza di E. coli ESC-R e Salmonella, sono stati
prelevati al macello 300 e 558 contenuti cecali di diverse unità epidemiologiche (allevamenti) di tacchino, rispettivamente (in Regioni
con >90% degli animali macellati in Italia). Il campionamento e le indagini colturali e di caratterizzazione fenotipica sono stati effettuati
in accordo alle specifiche della Dec. 2013/652/EU e ai protocolli dal
EURL-AR. Brevemente, i campioni sono stati incubati overnight in
BPW, e poi seminati in agar Mac Conkey (MAC) per la ricerca di E. coli
indicatori, in RVS semisolido e XLD per Salmonella, e in agar selettivo
MAC + 1mg/L Cefotaxime (CTX-MAC) per E. coli e Salmonella ESBL/
produttori di AmpC (ESC-R).
La sensibilità agli antibiotici è stata valutata col metodo di microdiluzioni seriali, per calcolare la MIC (Minima concentrazione Inibente).
In totale sono stati casualmente selezionati 170 E. coli commensali
indicatori, scelti in modo casuale, e 224 E. coli ESC-R. Tutti gli isolati
con valori di MIC≥ 4 mg/L per la colistina sono stati caratterizzati geneticamente tramite una PCR specifica per la presenza del gene mcr1 (3). Inoltre, il genoma completo di 14 E. coli COL-R rappresentativi
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
05
INDAGINE SU ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI VEROCITOTOSSINA (VTEC)
DI SIEROGRUPPO O26 IN UNA FATTORIA DIDATTICA ASSOCIATA A UN CASO PEDIATRICO
DI SINDROME EMOLITICO UREMICA (SEU)
Keywords: Escherichia coli produttori di Verocitotossina (VTEC), Sindrome Emolitico Uremica (SEU), fattoria didattica
Pierasco A.[1], Targhetta C.[1], Maugliani A.[2], Ustulin M.[1], Farina G.[4], Fasoli F.[3], Monsorno G.[3], Tita M.[3], Caprioli A.[2],
Morabito S.[2], Conedera G.[1]
[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Sezione di Pordenone ~ Cordenons (PN) ~ Italy,
Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
[3]
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Provincia Autonoma di Trento, UU.OO. Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria ~ Trento ~ Italy,
[4]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Sezione di Trento ~ Trento ~ Italy
[2]
SUMMARY:
VTEC O26 represents a major and emerging cause of HUS in Italy
and other countries but animal reservoirs and possible transmission routes of infections have been rarely identified. A survey
was conducted in a didactic farm in Italy associated with a HUS
case caused by VTEC O26 in a 13-month-old child who visited the
farm with her family in June 2015. Food, environmental and animal samples were collected. E. coli O26 vtx2 eae sharing 100% of
homology in the PFGE profile with the human strain was isolated
from two sheep during the first sampling visit and from three bovines during further visits. This survey clarified the epidemiology
of this human case, allowing the development of measures to mitigate the risk of further infections.
Figura 1: Prevalenza di E. coli indicatori, E. coli ESC-R e Salmonella con valori di MIC ≥ 4 mg/L per la colistina. Per Salmonelle anche la
prevalenza di Salmonella con MIC = 8 mg/L. NSM: Non Selective methods; ESC-R: CTX-MAC (1mg/L Cefotaxime ) agar; MDR: Multi Drug
Resistant; ESC: Extended-spectrum cephalosporins CIP: ciprofloxacin
BIBLIOGRAFIA:
1.Di Pilato V, Arena F, Tascini C, Cannatelli A, Henrici De Angelis L,
Fortunato S, Giani T, Menichetti F, Rossolini GM. 2016. MCR-1.2: a
new MCR variant encoded by a transferable plasmid from a colistinresistant KPC carbapenemase-producing Klebsiella pneumoniae of
sequence type 512. Antimicrob Agents Chemother. DOI:10.1128/
AAC.01075-16
2.Hasman H, Hammerum AM, Hansen F, Hendriksen RS, Olesen B, Agersø Y, Zankari E, Leekitcharoenphon P, Stegger M, Kaas RS, Cavaco LM,
Hansen DS, Aarestrup FM, Skov RL. 2015. Detection of mcr-1 encoding plasmid-mediated colistin-resistant Escherichia coli isolates from
human bloodstream infection and imported chicken meat, Denmark
2015. Euro Surveill. 10;20(49).
3.Liu YY, Wang Y, Walsh TR, Yi LX, Zhang R, Spencer J, Doi Y, Tian G,
Dong B, Huang X, Yu LF, Gu D, Ren H, Chen X, Lv L, He D, Zhou H, Liang Z, Liu JH, Shen J. 2016. Emergence of plasmid-mediated colistin
resistance mechanism MCR-1 in animals and human beings in China:
a microbiological and molecular biological study. Lancet Infect Dis.
16:161-8.
4.Xavier BB, Lammens C, Ruhal R, Kumar-Singh S, Butaye P, Goossens
H, Malhotra-Kumar S. 2016. Identification of a novel plasmid-mediated colistin-resistance gene, mcr-2, in Escherichia coli, Belgium, June
2016. Eurosurveill. 21 (27)
La fattoria didattica:
sita in ambiente prealpino, a conduzione familiare, possiede animali (20 bovini, 60 pecore, 3 suini, 10 capre) e un piccolo caseificio, con produzione propria di prodotti lattiero-caseari.
I campionamenti:
matrici alimentari: 3 campioni di latte e 3 di formaggio (bovino,
ovino, caprino); campioni fecali: 100 ovini, 50 bovini, 3 suini;
campioni ambientali: 4 filtri di impianto di mungitura e 6 di acqua di abbeverata, prelevati nel corso di 5 visite nel periodo luglio
2015-febbraio 2016.
Metodi:
è stato utilizzato il metodo ISO/TS 13136:2012 (3) basato su Real
Time PCR per l’identificazione dei geni vtx eae e sierogruppi “top
five” ed isolamento di VTEC. I ceppi isolati sono stati ulteriormente caratterizzati mediante PFGE analizzando i profili ottenuti con il
software BioNumerics (coefficiente “Dice”, valori di ottimizzazione
e tolleranza pari a 1,5% (2)).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
A seguito di segnalazione del caso da parte del LNR E. coli al Servizio Veterinario e al Servizio Igiene Pubblica dell’APPS di Trento
e all’IZS Venezie, sono stati immediatamente prelevati campioni
alimentari, ambientali e animali presso la fattoria didattica. L’isolamento di VTEC ha dato esito negativo per tutti i campioni alimentari, pur con alcune positività per geni vtx ed eae, ma non O26.
Nessun VTEC è stato isolato da campioni ambientali, tuttavia 3/4
filtri erano positivi per i geni O26 vtx1, vtx2 ed eae, mentre 2/6
campioni di acqua per geni O26 ed eae.
I risultati dei campioni fecali nei singoli campionamenti sono illustrati in Tabella 1. Nel corso della prima visita nessun isolamento,
né positività per geni O26, è stata riscontrata nei campioni fecali
bovini e suini, mentre è stato isolato VTEC O26 vtx2 eae da 2/20
campioni fecali ovini; da ulteriori 7 ovini venivano rilevati geni
O26 vtx2 ed eae. La caratterizzazione mediante PFGE ha dimostrato un’omologia al 100% tra i ceppi ovini e quello isolato dal caso,
fornendo evidenza microbiologica all’associazione di quest’ultimo
con la visita alla fattoria didattica, già ipotizzata nell’indagine epidemiologica. Nei successivi campionamenti, effettuati per verificare il possibile ruolo di serbatoio degli animali presenti, nessun
VTEC O26 è stato isolato dagli ovini mentre è stato isolato dai bovini, ricontrollati dopo il rientro dal pascolo, al quarto e al quinto
campionamento (rispettivamente positivi 1/11 e 2/19). La PFGE ha
confermato l’identità dei ceppi bovini con quelli ovini ed umano.
Dai risultati delle indagini, è presumibile che l’infezione sia stata
acquisita attraverso il contatto indiretto con animali o l’ingestione
della cagliata, assaggiata durante la dimostrazione, il cui contenitore con il latte era stato toccato da altri bambini che avevano
avuto contatto con gli ovini. Coerentemente con i dati del registro Nazionale delle SEU e altri recenti dati internazionali, il ceppo
VTEC O26 è risultato portatore del gene vtx2, marcatore associato
INTRODUZIONE:
Escherichia coli produttore di Verocitotossina (VTEC) è un patogeno zoonotico in grado di causare varie patologie nell’uomo, la
più grave delle quali è la Sindrome Emolitico Uremica (SEU), che
può insorgere soprattutto in bambini ed anziani, con possibili gravi
sequele. I ruminanti, in particolare bovini, ovi-caprini e ruminanti
selvatici, rappresentano il serbatoio principale di VTEC. Le infezioni umane da VTEC sono per la maggior parte di origine alimentare,
ma possono derivare anche da contatto con animali e da esposizione ad acqua e ambiente contaminati da deiezioni animali; è
possibile inoltre la trasmissione da persona a persona. I sierogruppi associati a grave patologia umana sono principalmente i cosiddetti “top five”: O157, O26, O111, O103, O145. I dati del Registro
nazionale delle SEU in età pediatrica, attivo dal 1988 e coordinato
dall’ISS, evidenziano che O26 è il sierogruppo emergente in Italia,
similmente ad altri Paesi industrializzati (1), con un trend temporale d’incidenza in costante aumento. In un numero relativamente
elevato di casi di SEU da VTEC O26 rilevati nel nostro Paese (2), le
indagini non sono riuscite ad evidenziare serbatoi e vie di trasmissione in modo conclusivo. Scopo del presente lavoro è descrivere
le indagini microbiologiche effettuate in una fattoria didattica in
provincia di Trento per verificare la sua possibile associazione con
un caso pediatrico di SEU da VTEC O26 insorto a giugno 2015.
MATERIALI E METODI:
Il caso:
una bambina di 13 mesi residente nelle Marche è stata ricoverata
con diagnosi di SEU il 27 giugno 2015, avendo presentato diarrea
prodromica non emorragica dal 19 giugno. Dal campione di feci
è stato isolato, presso LNR per E. coli all’ISS, un ceppo VTEC O26
vtx2 eae, e l’analisi sierologica ha evidenziato la presenza di anticorpi sierici anti LPS O26. La famiglia aveva trascorso una vacanza
in Trentino, con visita (16 giugno) presso fattoria didattica, con
possibilità di contatti con animali e partecipazione a preparazione
dimostrativa di formaggio.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
2° SESSIONE DI COMUNICAZIONI LIBERE
alle manifestazioni cliniche più gravi, mentre gli stipiti VTEC O26
più frequentemente rinvenuti nei ruminanti generalmente possiedono il gene vtx1.
La pronta collaborazione tra LNR E. coli, IZSVE e le Autorità Sanitarie coinvolte, con corretta gestione del caso, ha permesso di
definire con certezza il contesto di acquisizione dell’infezione.
Sono state adottate tempestivamente strategie di mitigazione sotto forma di prescrizioni all’azienda in merito alle criticità rilevate
(gestione degli animali e deiezioni, igiene mungitura, GHP nella
caseificazione, informazioni ai visitatori, percorsi durante le visite,
norme igieniche durante le attività), aggiornamenti specifici degli
operatori sanitari, formazione dei gestori di fattorie didattiche sul
rischio e modalità di trasmissione delle infezioni da VTEC in tali
contesti.
06
IL CEPPO NOROVIRUS GII.17 KAWASAKI 2014 IN ITALIA
Keywords: norovirus, GII.17, vaccini
Giammanco G.M.[1], De Grazia S.[1], Bonura F.[1], Vincenzo C.[1], Pepe A.[1], Li Muli S.[1], Medici M.C.[2], Tummolo F.[2],
Adriana C.[2], Di Bernardo F.[3], Chironna M.[4], Morea A.[4], Loconsole D.[4], Catella C.[5], Terio V.[5], Bányai K.[6], Martella V.[5]
Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile “G. D’Alessandro”, Università di Palermo ~ Palermo ~ Italy,
Unità di Microbiologia e Virologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Parma ~ Parma ~ Italy,
[3]
ARNAS Ospedale Civico e Di Cristina ~ Palermo ~ Italy,
[4]
Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università Aldo Moro di Bari ~ Bari ~ Italy,
[5]
Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università Aldo Moro di Bari ~ Bari ~ Italy, [6]Institute for Veterinary Medical Research, Centre for
Agricultural Research ~ Budapest ~ Hungary
[1]
[2]
SUMMARY:
The novel major epidemic norovirus strain GII.P17_GII.17, Kawasaki 2014, started circulating in Italy, sporadically, in the early 2015.
In the winter season 2015/16, however, the variant Kawasaki 2014
emerged as a relevant cause of sporadic gastroenteritis in Italian children. Upon genetic analysis, the Kawasaki 2014 norovirus
strains circulating in the winter season 2015/2016 were genetically
related to noroviruses detected earlier in Italy, USA and Asia in
2014-2015. The median age of the Kawasaki 2014-infected patients
was higher (4,6 vs 2) than the age of GII.4-infected patients, indicating that Kawasaki 2014 noroviruses are able to escape the herd
immunity raised to GII.4 norovirus strains, that are usually more
common in human population. Whether, and to which extent, this
could impact on the NoV vaccines under development should be
assessed carefully.
Tab.1: Risultati per VTEC O26 dei campioni fecali ovini e bovini nei 5
campionamenti.
BIBLIOGRAFIA:
1. Bielaszewska M, Mellmann A, Bletz S, Zhang W, et al. Enterohemorrhagic Escherichia coli O26:H11/H-: a new virulent clone emerges in
Europe. Clinical Infectious Desease 2013, 56:1373-81.
2. Scavia G, Minelli F, Escher M, Maugliani A, Tozzoli R, Morabito S, Michelacci V, Caprioli A. DA O157 a O26: cosa è cambiato nell’epidemiologia delle infezioni da Escherichia coli produttore di verocitotossina in
Italia. Atti del Convegno SIDILV, 2015.
3. ISO/TS 13136:2012 “Horizontal method for the detection of Shiga
toxin-producing Escherichia coli (STEC) and the determination of
O157, O111, O26, O103 and O145 serogroups”.
Parma e a Bari ed i virus erano altamente correlati geneticamente
ai ceppi NoV riscontrati in USA ed Asia nel 2014 e 2015 (7). Riportiamo qui i risultati della sorveglianza ISGEV per NoV relativa al
2015 e l`emergenza della variante Kawasaki 2014 durante la stagione invernale 2015-16.
MATERIALI E METODI:
Dal gennaio 2015 al febbraio 2016, ISGEV ha analizzato un totale
di 2,063 campioni fecali di bambini di età compresa fra 0 e 14 anni,
ospedalizzati in Parma, Bari e Palermo. I tre ospedali partecipanti
servono cumulativamente una popolazione pediatrica (0-14 anni)
di 426,569 pazienti. Da gennaio 2015 a febbraio 2016, la prevalenza dei NoV è stata pari al 12.1% (316/2603). Nei primi due mesi
dell’anno, quando si verifica il picco di circolazione dei NoV in Italia,
la prevalenza dei NoV è passata dal 17.3% del 2015 al 24.1% del
2016. Il 57.6% (182/316) dei campioni NoV positivi è stato caratterizzato completamente (139, 44.0%) o parzialmente (43, 13.6%)
nelle regioni diagnostiche A (ORF1, RdRp) e C (ORF2, capside).
INTRODUZIONE:
I noroviruses (NoV) sono considerati una delle maggiori cause di
gastroenterite in pazienti pediatrici e adulti. Sebbene oltre 30 genotipi possano infettare l’uomo, fin dalla metà degli anni 1990 un
unico genotipo, GII.4, è stato associato con la maggior parte dei focolai e dei casi sporadici di gastroenterite da NoV su scala globale. I
virus GII.4 vanno incontro a evoluzione genetica/antigenica tramite
accumulo di mutazioni puntiformi e ricombinazione, generando varianti in grado di sfuggire l’immunità di popolazione (1).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La distribuzione dei genotipi di NoV rilevati in Italia da gennaio a
dicembre 2015 e da gennaio a febbraio 2016 per i ceppi tipizzati è
riportata nella figura 1. Nel 2015 i ceppi GII.P17_GII17 sono stati
rilevati sporadicamente (due casi a febbraio e uno a settembre)
rappresentando solo il 3.3% dei ceppi completamente tipizzati
mentre il ceppo ricombinante GII.P4 New Orleans 2009 (NO09) /
GII.4 Sydney 2012 (SYD12) (38.9%; 35/90) ed il ceppo pandemico
GII.Pe/GII.4 SYD12 (32.2%; 29/90) sono stati predominanti. Di contro, nei mesi di gennaio e febbraio 2016 la variante Kawasaki ha
raggiunto una prevalenza del 18.4% (9/49) ed è stato il terzo ceppo
più comune dopo il ceppo ricombinante GII.P4 NO09/GII.4 SYD12
(34.7%; 17/49) e la variante pandemica GII.Pe/GII.4 SYD12 (24.5%;
12/49). L’analisi di sequenza di un’ampia porzione (3.2 Kb) del genoma all’estremità 3’ per tre ceppi GII.P17_GII.17 e il confronto
con altre sequenze GII.P17_GII.17 disponibili in database ha mostrato che i ceppi italiani Kawasaki 2014 sono simili a virus rilevati
in Cina e Hong Kong durante il 2014-15, in USA nel novembre 2014
e Italia in Febbraio 2015, anche a livello degli epitopi capsidici A-E.
Durante la stagione invernale 2014-15 un nuovo ceppo di Nov
GII.17_GII.17, detto Kawasaki 2014, è emerso in diversi paesi asiatici sostituendo la precedente variante NoV GII.4 Sydney 2012 (2,
3). La diffusione epidemica della variante NoV Kawasaki 2014 nel
continente asiatico è stata inaspettata in quanto si è trattato del
primo caso in cui ceppi NoV non-GII.4 hanno acquistato una tale
rilevanza epidemiologica. Se questo pattern epidemiologico potesse verificarsi in altri paesi non asiatici non era prevedibile. Finora
la variante Kawasaki 2014 è stata riscontrata in paesi non asiatici
in un numero limitato di casi. In Europa sono stati descritti solo
pochi casi sporadici (in Francia, Italia, Olanda e Russia) e un singolo focolaio in Romania durante il periodo Ottobre-dicembre 2015
(4-6). Inoltre non è chiaro se i vaccini per NoV attualmente in fase
di sviluppo, allestiti con i ceppi GI.1 e GII.4, siano in grado di proteggere adeguatamente verso i ceppi GII.17 (4). Il gruppo italiano
di studio dei virus enterici (ISGEV, http://isgev.net) ha identificato l`insorgenza della variante Kawasaki 2014 in Italia all`inizio del
2015. Nel Febbraio 2015 sono stati riportati due casi sporadici a
36
L’età mediana dei pazienti con infezione da NoV GII.17 è risultata più alta (4,6 anni) di quella dei pazienti con infezione da NoV
GII.4 (2 anni). Questo dato è compatibile con una scarsa o ridotta
immunità di popolazione, e con una limitata cross-protezione, che
consentono anche l’infezione di soggetti più grandi, solitamente
37
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
protetti da immunità dovuta a infezioni precedenti da comuni NoV
GII.4. Questo pattern d’infezione legato all’età per i virus GII.17 è
stato anche descritto in Hong Kong (3).
5. Dinu S, Nagy M, Negru DG, Popovici ED, Zota L, Oprișan G. Molecular identification of emergent GII.P17-GII.17 norovirus genotype,
Romania, 2015. 2016. Eurosurveillance [Internet]. Feb 18 [cited 2016
Jul 10];21(7). Available from: http://www.eurosurveillance.org/ViewArticle.aspx?ArticleId=21387
6. Medici MC, Tummolo F, Calderaro A, Chironna M, Giammanco GM,
De Grazia S, et al. 2015. Identification of the novel Kawasaki 2014
GII.17 human norovirus strain in Italy, 2015. Euro Surveill Bull Eur Sur
Mal Transm Eur Commun Dis Bull. 20(35):30010.
7. Giammanco GM, De Grazia S, Tummolo F, Bonura F, Calderaro A,
Buonavoglia A, et al. Norovirus GII.4/Sydney/2012 in Italy, winter
2012-2013. 2013. Emerg Infect Dis. 19:1348-9.
8. Bernstein DI, Atmar RL, Lyon GM, Treanor JJ, Chen WH, Jiang X, et
al. Norovirus vaccine against experimental human GII.4 virus illness:
a challenge study in healthy adults. 2015. J Infect Dis. 211(6):870-8.
9. Chan MCW, Kwok K, Hung T-N, Chan PKS. Reduced Diagnostic Performance of Two Norovirus Antigen Enzyme Immunoassays for the
Emergent Genogroup II Genotype 17 Kawasaki 2014 Variant. 2016. J
Clin Microbiol. 54(6):1650-2.
In conclusione, la sorveglianza ospedaliera di ISGEV per NoV ha
monitorato un marcato aumento nella circolazione del virus emergente GII.17 Kawasaki 2014 in Italia nei primi due mesi del 2016.
Questa rappresenta la prima segnalazione del virus Kawasaki 2014
come ceppo epidemico in un paese Europeo. La diffusione globale
di tale ceppo potrebbe rappresentare una sfida per lo sviluppo dei
vaccini, in quanto non è chiaro se, e in che misura, ci sia cross-protezione tra gli antigeni vaccinali ed il ceppo GII.17 Kawasaki 2014
(8). Inoltre, la capacità degli strumenti diagnostici basati su immuno-reagenti di identificare in modo affidabile il virus Kawasaki 2014
dovrebbe essere attentamente valutata, al fine di pianificare delle
misure di controllo appropriate ed efficaci (9).
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
07
NUOVA ONDATA EPIDEMICA DI DIARREA EPIDEMICA SUINA IN ITALIA
Keywords: PEDV, Italia, S-INDEL
Papetti A.[1], Giacomini E.[1], Bertasio C.[1], Cerioli M.[1], Lazzaro M.[1], Faccini S.[2], Bonilauri P.[3], Vezzoli F.[4], Tironi M.[1],
Salogni C.[1], Giovannini S.[1], Lavazza A.[1], Alborali G.L.[1], Boniotti M.B.[1]
IZSLER ~ Brescia ~ Italy, [2]IZSLER ~ Mantova ~ Italy, [3]IZSLER ~ Reggio Emilia ~ Italy, [4]IZSLER ~ Lodi ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Porcine Epidemic Diarrhea Virus (PEDV) causes watery diarrhea, dehydration and a high mortality among suckling pigs. In the last years, PED had a
large economic impact on swine industry in Asia and United States of America (USA). In Europe, the last reported outbreak occurred in 2005-2006 in
Italy. In 2014, PEDV has also re-emerged in many European countries. This
study reports a new epidemic wave in Italy during 2015-2016. PEDV was
detected by Real-time PCR in 335 farms located mainly in the North of Italy
and few in the Centre and South of Italy. Most of the outbreaks were in
grower-producer, nursery-finisher and finisher farms. Clinical signs and
mortality rates were similar to those described in USA and other European
countries in the same period. S1 gene sequence was obtained from 285
samples. These strains have a high nucleotide identity to the PEDV S-INDEL
strains from United States. Based on S1 gene sequencing more than one
virus entry could have occurred in Italy.
stati raccolti, rispettivamente, in 59 e 31 allevamenti. Tutti i campioni sono
stati sottoposti ad estrazione di RNA ed analizzati mediante Real-Time PCR
che amplifica un frammento del gene S1 PEDV. Per gli allevamenti positivi,
è stata ottenuta la sequenza del gene S1 al fine di confermare la presenza
della variante S-INDEL. Sulle sequenze ottenute è stata effettuata un’analisi filogenetica utilizzando il metodo neighbor-joining con un bootstrap di
1000 replicati in MEGA6.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Da Gennaio 2015, il ceppo PEDV S-INDEL si è rapidamente diffuso in un’area ad alta densità di produzione di suini del Nord Italia. PEDV è stato rilevato mediante Real-Time PCR in 335 allevamenti localizzati principalmente
nella Pianura Padana (Figura 1). Il picco epidemico osservato sulla base dei
campioni pervenuti, si è verificato a Febbraio-Aprile 2015 ed è andato diminuendo a Giugno-Settembre 2015 (Figura 2). Da Ottobre 2015, il numero
di allevamenti positivi è aumentato nuovamente con un picco tra Dicembre 2015 e Marzo 2016 e con il 29% di casi di reinfezione da PEDV anche
negli allevamenti da ingrasso dove si applica la gestione tutto-pieno-tuttovuoto. Dei 335 allevamenti positivi, 155 erano ingrasso, 99 riproduzioneciclo aperto, 18 riproduzione-ciclo chiuso, 1 svezzamento, 45 svezzamentoingrasso, 2 ingrasso famigliare, 10 ingrasso intermedio magronaggio e 5
sconosciuti. I sintomi clinici sono stati osservati in animali di tutte le classi di
età, ma le percentuali maggiori di animali diarroici (35-50%) si sono osservate negli ingrassi e nei suinetti sottoscrofa. La mortalità è stata più elevata
nei suinetti lattanti con picchi fino al 50%. I tassi di mortalità osservati sono
simili a quelli descritti in America e in altri paesi Europei nello stesso periodo, anche se nessun paese in Europa ha registrato un numero così elevato
di allevamenti colpiti da PED.
La sequenza del gene S1 è stata ottenuta da 285 campioni. Tutti i focolai sono stati causati da ceppi che mostrano un’identità maggiore del 98%
con la variante S-INDEL OH851. La variabilità genetica tra di loro è del 98.7100%. L’analisi filogenetica ha mostrato la presenza di diversi clusters, ipotizzando diversi eventi di ingresso del virus in Italia.
INTRODUZIONE:
La Diarrea Epidemica del suino (Porcine Epidemic Diarrhea, PED) è una
malattia virale che causa diarrea acuta, disidratazione e mortalità elevata
nei suinetti sottoscrofa. Il virus responsabile della PED (PEDV) appartiene
alla famiglia Coronaviridae. Sin dal 2000, PEDV è diventato un problema
sanitario ed economico sempre più importante nei paesi asiatici (5). Da
Maggio 2013, la PED è diventata un’emergenza negli Stati Uniti (7) e in
Canada. Nel 2014, negli Stati Uniti si è verificato l’ingresso di una variante
PEDV considerata a minor patogenicità, definita S-INDEL (8) e di un altro
coronavirus enterico suino, chiamato deltacoronavirus suino (Porcine Deltacoronavirus, PDCoV) (9). In Italia, la PED è presente sin dai primi anni ‘90 e
la sua diffusione è andata aumentando con il contemporaneo declino delle
infezioni causate dal coronavirus della gastroenterite trasmissibile del suino
(Transmissible Gastroenteritis Coronavirus, TGEV). L’ultima epidemia severa risale agli anni 2005-2006 (4). Da allora si sono verificati ogni anno focolai
sporadici caratterizzati da sintomatologia lieve e mortalità di poco superiore alla media. Un nostro studio retrospettivo basato su campioni raccolti
nel periodo 2007-2012, ci ha permesso di evidenziare un’elevata variabilità
genetica nei ceppi circolanti sul territorio italiano (1). In particolare è stato
identificato un nuovo coronavirus ricombinante PEDV/TGEV, chiamato Swine Enteric Coronavirus (SeCoV), presente in Italia dal 2009 al 2012. A luglio
2014 sono stati rilevati due nuovi casi di PED con segni clinici lievi. Sulla
base della sequenza del gene spike S1, questi nuovi ceppi presentano una
maggiore identità con i ceppi americani definiti come meno virulenti. Dagli
ultimi mesi del 2014 la PED è stata segnalata anche in Belgio (3), Germania
(3), Olanda (3), Francia (3), Spagna, Slovenia (3), Austria (6), Portogallo (3)
e i ceppi responsabili sono stati identificati come geneticamente correlati
allo stipite americano S-INDEL OH851 a moderata patogenicità. In Ucraina
invece è stato identificato il ceppo più virulento (2).
Scopo di questo studio è descrivere la nuova ondata epidemica PEDV che
ha colpito l’Italia nel 2015-2016.
Genotipi dei ceppi NoV identificati in Italia dalla sorveglianza ISGEV tra
Gennaio e Dicembre 2015 (a) e Gennaio e Febbraio 2016 (b).
BIBLIOGRAFIA:
1. Lindesmith LC, Beltramello M, Donaldson EF, Corti D, Swanstrom J,
Debbink K, et al. 2012. Immunogenetic mechanisms driving norovirus
GII.4 antigenic variation. PLoS Pathog. 8:e1002705.
2. Matsushima Y, Ishikawa M, Shimizu T, Komane A, Kasuo S, Shinohara
M, et al. 2015. Genetic analyses of GII.17 norovirus strains in diarrheal
disease outbreaks from December 2014 to March 2015 in Japan reveal a novel polymerase sequence and amino acid substitutions in the
capsid region. Euro Surveill Bull Eur Sur Mal Transm Eur Commun Dis
Bull. 20(26).
3. Chan MCW, Lee N, Hung T-N, Kwok K, Cheung K, Tin EKY, et al. 2015.
Rapid emergence and predominance of a broadly recognizing and fastevolving norovirus GII.17 variant in late 2014. Nat Commun. 6:10061.
4. de Graaf M, van Beek J, Vennema H, Podkolzin AT, Hewitt J, Bucardo F, et al. 2015. Emergence of a novel GII.17 norovirus - End of the
GII.4 era? Euro Surveill Bull Eur Sur Mal Transm Eur Commun Dis Bull.
20(26).
MATERIALI E METODI:
Tra Gennaio 2015 e Giugno 2016, sono stati analizzati 3902 feci e 670 tessuti di suino ricevuti per approfondimenti diagnostici in seguito a casi di enterite provenienti da 528 allevamenti. La maggior parte dei campioni originava dal Nord e solo pochi dal resto dell’Italia. La mortalità e i dati clinici sono
38
Figura 1: Distribuzione geografica dei casi positivi di PEDV in Italia.
39
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
08
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI PESTIVIRUS CIRCOLANTI NEGLI ALLEVAMENTI BOVINI
DEL SUD ITALIA
Keywords: bovini, pestivirus, epidemiologia molecolare
Lanave G.[1], Decaro N.[1], Lucente M.S.[1], Guercio A.[2], Cavaliere N.[3], Purpari G.[2], Padalino I.[3], Larocca V.[1],
Antoci F.[2], Marino P.A.[3], Elia G.[1], Buonavoglia C.[1]
Dipartimento di Medicina Veterinaria Università di Bari ~ Bari ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, Palermo ~ Palermo ~ Italy,
[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, Foggia ~ Foggia ~ Italy
[1]
[2]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Un totale di 74 campioni appartenenti a 70 diversi allevamenti
sono risultati positivi in real-time RT-PCR panpestivirus. Utilizzando un approccio multiplex real-time RT-PCR (9), 73 ceppi sono stati
caratterizzati come BVDV-1, mentre un singolo campione è risultato
positivo per BVDV-2. Altri pestivirus non sono stati rilevati nel corso
dell’indagine.
Mediante RT-PCR e successivo sequenziamento sono state ottenute 55 sequenze 5’UTR su un totale di 74 campioni positivi per BVDV.
La ricerca su BLAST (http://blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) e l’allineamento nucleotidico con le sequenze pestivirus di riferimento
hanno mostrato che i ceppi BVDV-1 appartenevano ai sottotipi 1b
(n = 37), 1d (n = 5), 1e (n = 5), 1h (n = 4), 1r (n = 2), 1u (n = 1). L’unico
ceppo BVDV-2 è stato caratterizzato come BVDV-2c.
Per la costruzione dell’albero filogenetico, è stato analizzato un
frammento di 204 nucleotidi (nt) della regione 5’UTR (Fig. 1). L’albero costruito con il metodo neighbor-joining ha confermato il sottotipo ottenuto con l’analisi di sequenza. È interessante notare che
il ceppo BVDV-2c italiano forma un cluster con i virus dello stesso
sottotipo circolanti nel Nord Europa.
Per confermare il raggruppamento ottenuto dalla regione 5’UTR,
è stato analizzato un frammento di 272 nt del gene Npro di 7 virus
rappresentativi dei sottotipi meno frequenti. L’albero filogenetico
risultante ha mostrato che questi virus sono raggruppati negli stessi
rami filogenetici dell’albero 5’UTR, mostrando valori di bootstrap
simili (Fig 2).
La maggior parte degli animali analizzati in questo studio sono risultati infetti con i ceppi BVDV-1b, BVDV-1d e BVDV-1e e BVDV-1h,
mentre i rimanenti sottotipi sono stati ritrovati solo sporadicamente. È interessante notare che un ceppo è stato caratterizzato come
BVDV-2c. Una grave epidemia di infezione da BVDV-2c si è verificata in Germania e nei Paesi Bassi nel periodo 2013-2014 (10,12).
In Italia, BVDV-2 ha mostrato una circolazione molto limitata nei
bovini (4,8) e BVDV-2a è stato l’unico sottotipo rilevato di questa
specie virale (3,6,8). In conclusione, i risultati presentati in questo
lavoro rivelano un elevato livello di eterogeneità genetica di BVDV1, che può avere implicazioni nella profilassi e nella diagnostica.
Inoltre, considerata la grave epidemia causata da BVDV-2c in Nord
Europa, l’identificazione di un virus altamente correlato a quello
nord-europeo evidenzia la necessità di una sorveglianza continua
per la comparsa di segni clinici indotti da pestivirus negli allevamenti bovini italiani.
Questo lavoro è stato supportato dai finanziamenti del Ministero
della Salute, Ricerca Corrente 2011, progetto “Epidemiologia del
virus della diarrea virale bovina tipo 3 (BVDV-3) nel Sud Italia” (RC
IZS-PB 07/2011) e Ricerca Corrente 2013, progetto “Indagine sugli
aborti infettivi dei ruminanti con particolare riferimento agli agenti
abortigeni emergenti” (RC IZS-SI 13/2013).
SUMMARY:
Pestiviruses of cattle include bovine viral diarrhoea virus types 1
(BVDV-1) and 2 (BVDV-2) plus an emerging group, named HoBi-like
pestivirus. In the present paper, we report the result of an epidemiological survey for pestiviruses circulating in cattle in southern
Italy. Molecular assays carried out on a total of 924 bovine samples
detected 74 BVDV strains, including 73 BVDV-1 and 1 BVDV-2 viruses. Phylogenetic analysis on partial 5’UTR and Npro sequences
revealed the presence of 6 different subtypes of BVDV-1 and a single BVDV-2c strain. BVDV-1 demonstrated a high level of genetic
heterogeneity, which can have both prophylactic and diagnostic
implications. In addition, the detection of BVDV-2c in southern Italy
highlights the need for a continuous surveillance for the emergence
of pestivirus-induced clinical signs in cattle farms.
Figura 2: Distribuzione mensile dei casi positivi di PEDV in Italia.
BIBLIOGRAFIA:
1) Boniotti MB, Papetti A, Lavazza A, Alborali G, Sozzi E, Chiapponi C,
Faccini S, Bonilauri P, Cordioli P, Marthaler D. 2016. Porcine Epidemic
Diarrhea Virus and Discovery of a Recombinant Swine Enteric Coronavirus, Italy. Emerg Infect Dis. 22(1):83-7;
2) Dastjerdi A, Carr J, Ellis RJ, Steinbach F, Williamson S. 2015. Porcine
Epidemic Diarrhea Virus among Farmed Pigs, Ukraine. Emerg Infect
Dis. 21(12):2235-7;
3) Lin CM, Saif LJ, Marthaler D, Wang Q. 2016. Evolution, antigenicity
and pathogenicity of global porcine epidemic diarrhea virus strains.
Virus Res. In Press;
4) Martelli P, Lavazza A, Nigrelli AD, Merialdi G, Alborali LG, Pensaert
MB. 2008. An epidemic of diarrhoea caused by Porcine Epidemic Diarrhoea virus in Italy. Vet Rec. 162(10):307-10;
5) Song D, Park B. 2012. Porcine epidemic diarrhoea virus: a comprehensive review of molecular epidemiology, diagnosis and vaccines.
Virus Genes. 44:167-75;
6) Steinrigl A, Revilla Fernández S, Stoiber F, Pikalo J, Sattler T, Schmoll
F. 2015. First detection, clinical presentation and phylogenetic characterization of Porcine epidemic diarrhea virus in Austria. BMC Vet Res.
11:310;
7) Stevenson GW, Hoang H, Schwartz KJ, Burrough EB, Sun D, Madson
D, Cooper VL, Pillatzki A, Gauger P, Schmitt BJ, Koster LG, Killian ML,
Yoon KJ. 2013. Emergence of Porcine epidemic diarrhea virus in the
United States: clinical signs, lesions, and viral genomic sequences. J
Vet Diagn Invest. 25:649-54;
8) Wang L, Byrum B, Zhang Y. 2014. New Variant of Porcine Epidemic
Diarrhea Virus, United States, 2014. Emerg Infect Dis. 20(5):917-9;
9) Wang L, Byrum B, Zhang Y. 2014. Detection and genetic characterization of Deltacoronavirus in Pigs, Ohio, USA, 2014. Emerg Infec Dis.
20:1227-30;
INTRODUZIONE:
I pestivirus sono virus a RNA a singolo filamento con polarità positiva e provvisti di envelope, che presentano alti tassi di mutazione con possibile comparsa di nuove varianti. Il genere Pestivirus
comprende 4 specie virali riconosciute: Bovine viral diarrhoea virus
(BVDV) 1, BVDV-2, Classical swine fever virus (CSFV) e Border disease virus (BDV). Inoltre, sono state isolate ulteriori specie di pestivirus da ungulati domestici e selvatici (2).
BVDV-1b e BVDV-2a sono i principali sottotipi rilevati in Europa
(1,5,6,11). Nella popolazione bovina italiana negli ultimi 20 anni
sono stati rilevati quasi esclusivamente ceppi BVDV-1 (5), mentre
BVDV-2 è stato ritrovato solo sporadicamente (4, 8). Nel presente
lavoro, sono riportati i risultati di un’indagine epidemiologica per
pestivirus nei bovini del Sud Italia, da cui emerge la circolazione di
diversi sottotipi di BVDV-1 e il rilevamento occasionale di un ceppo
BVDV-2c.
MATERIALI E METODI:
I campioni sono stati raccolti da allevamenti bovini nel corso di
una indagine epidemiologica per pestivirus dei ruminanti effettuata in tre diverse regioni del Sud Italia (Puglia, Basilicata e Sicilia)
nel periodo 2009-2015. Sono stati analizzati in totale 920 campioni biologici bovini. L’RNA è stato estratto da campioni utilizzando
il QIAamp® cador®Pathogen Mini Kit (Qiagen S.p.A.). Per il primo
screening è stata utilizzata una real-time RT-PCR (7) in grado di riconoscere tutti i pestivirus circolanti nei bovini, compresi i ceppi
emergenti HoBi-like. Tutti i campioni positivi per pestivirus sono
stati sottoposti ad una triplex real-time RT-PCR che consente una
rapida caratterizzazione di BVDV-1, BVDV-2 e HoBi-like pestivirus
(9). I prodotti di PCR generati sono stati sequenziati direttamente
da Eurofins Genomics (Vimodrone, Italia). Le analisi di sequenza e
filogenetica sono state effettuate utilizzando il pacchetto software
Geneious versione 9.1.4 (Biomatters LTD, Nuova Zelanda). Le sequenze parziali di 5’UTR e di Npro generate sono state allineate con
stipiti pestivirus di referenza disponibili in GenBank.
40
41
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
survey in Poland. Vet. Microbiol. 166, 639-644
7 Losurdo M, Mari V, Lucente MS, Colaianni ML, Padalino I, Cavaliere
N, Buonavoglia C, Decaro N, 2015. Development of a TaqMan assay
for sensitive detection of all pestiviruses infecting cattle, including the
emerging HoBi-like strains. J. Virol Methods 224, 77-82.
8 Luzzago C, Bandi C, Bronzo V, Ruffo G, Zecconi A, 2001. Distribution
pattern of bovine viral diarrhoea virus strains in intensive cattle herds
in Italy. Vet. Microbiol. 83, 265-274.
9 Mari V, Losurdo M, Lucente MS, Lorusso E, Elia G, Martella V, Patruno G, Buonavoglia D, Decaro N, 2016. Multiplex real-time RT-PCR assay
for bovine viral diarrhea virus type 1, type 2 and HoBi-like pestivirus. J.
Virol. Methods 229, 1-7.
10 Moen A, 2013: Severe case of BVDV type II in veal calves. http://
promedmail.org/post/20130326.1603817 (accessed 20 Jul 2016).
11 Polak MP, Kuta A, Rybałtowski W, Rola J, Larska M, Zmudziński JF,
2014. First report of bovine viral diarrhoea virus-2 infection in cattle in
Poland. Vet. J. 202, 643-645.
12 Schirrmeier U, 2014: Three years of mandatory BDV control in Germany - lessons to be learned. proceedings of the XXVIII World Buiatrics Congress. Cairns, Australia. pp. 245-248.
Figura 1 Albero filogenetico basato su di un frammento di 204 nt della
porzione 5’UTR del genoma di pestivirus. Il ceppo di Border Disease
Virus (BDV) X 818 è stato utilizzato come outgroup.
Figura 2 Albero filogenetico basato su di un frammento di 272 nt della
porzione Npro del genoma di pestivirus. Il ceppo di BDV X 818 è stato
utilizzato come outgroup.
BIBLIOGRAFIA:
1 Aduriz G, Atxaerandio R, Cortabarria N, 2015. First detection of bovine viral diarrhoea virus type 2 in cattle in Spain. Vet. Rec. Open 2,
e000110
2 Bauermann FV, Ridpath JF, Weiblen R, Flores EF, 2013. HoBi-like viruses: an emerging group of pestiviruses. J. Vet. Diagn. Invest. 25, 6-15
3 Bertolotti L, Nogarol C, Decaro N, Colitti B, Lucente MS, Elia G, Buonavoglia C, Rosati S, 2016. Characterization of BVDV-2 outbreak in
north-west Italy: from milk to NGS. Atti LXX Convegno S.I.S.Vet. Italia
pp.357-358.
4 Decaro N, Camero M, Elia G, Martella V, Pratelli A, Gargano P, Tinelli
S, Leogrande G, Buonavoglia C, 2004. Malattia delle mucose da BVDV
tipo 2: descrizione di un focolaio in Puglia. Large Animals Review, 10,
29-34.
5 Giammarioli M, Ceglie L, Rossi, E, Bazzucchi, M, Casciari, C, Petrini, S,
De Mia, GM, 2015. Increased genetic diversity of BVDV-1: recent findings and implications thereof. Virus Genes 50, 147-151.
6 Kuta A, Polak MP, Larska M, Żmudziński JF, 2013. Predominance of
bovine viral diarrhea virus 1b and 1d subtypes during eight years of
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
09
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI VTEC VTX2-POSITIVI BOVINI E UMANI:
TECNICHE A CONFRONTO
Keywords: Hemolytic Uremic Syndrome, Human VTEC, Bovine VTEC
Spelta C.[1], Bianchini V.[3], Romanò A.[1], Maisano A.M.[1], Bertasi B.[2], Tilola M.[2], Scavia G.[4], Morabito S.[4], Vitali A.[5],
Arghittu M.[6], Dodaro A.[6], Picicco D.[6], Ardissino G.[6], Luini M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Sezione di Lodi ~ Lodi ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Reparto Tecnologie degli Acidi Nucleici Applicate agli
Alimenti ~ Brescia ~ Italy, [3]Parco Tecnologico Padano, Piattaforma Genomica ~ Lodi ~ Italy, [4]Istituto Superiore di Sanità, European
Union Reference Laboratory VTEC ~ Roma ~ Italy, [5]Regione Lombardia, Direzione Generale Welfare, U.O. Veterinaria ~ Milano ~ Italy,
[6]
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico ~ Milano ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Fifty-six VTEC strains positive for vtx2-eae, isolated in 2013-2016
in Lombardy Region from bovine feces and patients suffering from
hemorrhagic colitis or hemolytic uremic syndrome, were typed.
Two genotyping techniques, RAPD and PFGE have been used. The
majority of the bovine strains didn’t belong to any of the 13 serogroups investigated. Human strains mainly belonged to the top-five
serogroups. A great variability of RAPD and PFGE profiles was identified. The analysis of the bovine strains showed that one profile
per farm prevailed. When the comparative analysis was limited to
the human strains, the degree of similarity of the profiles obtained
by both methods was compatible with events of inter-human
transmission or a common source of infection, and a case due to
the consumption of a contaminated bovine cheese was revealed.
Although PFGE is the gold standard, RAPD is an easy and low-cost
analysis that would be suitable for strains comparison and epidemiological investigations.
VTEC negli allevamenti lombardi e da pazienti affetti da CE o SEU
portati all’attenzione di un importante ospedale del Nord Italia (n =
20). È stato considerato anche un ceppo isolato da un alimento nel
corso di una indagine epidemiologica.
Determinazione dei sierogruppi - I geni associati agli antigeni O dei
sierogruppi top-five e O104 sono stati indagati tramite Real-Time
PCR, mentre altri 7 sierogruppi STEC (O45, O55, O91, O113, O121,
O128, O146) più comunemente riportati nelle infezioni umane
sono stati ricercati mediante PCR end-point [2].
RAPD - Il DNA dei ceppi è stato amplificato con il primer M13[3].
Gli amplificati sono stati analizzati con QIAxcel Advanced System
e QIAxcel ScreenGel kit (QIAgen) usando il metodo AM420. QX
Alignment Marker 50bp/5kb è stato incluso nella corsa. QIAxcel
ScreenGel software v1.0 è stato usato per correre i campioni e
esportare i dati grezzi, successivamente importati nel software BioNumerics v7.1 tramite il plugin QIAxcel v1.0. Per l’analisi è stato applicato l’algoritmo di clustering Ward e il coefficiente di similarità di
Pearson. PFGE - Tutti gli isolati VTEC sono stati sottoposti anche a
PFGE secondo le Standard Operating Procedures for VTEC [4].
INTRODUZIONE:
Escherichia coli verocitotossici (VTEC) sono causa di diarrea, colite
emorragica (CE) e sindrome emolitico-uremica (SEU). I ruminanti, in particolare bovini, sono considerati il serbatoio naturale di
VTEC[1] e il consumo di acque o alimenti contaminati e il contatto
con animali infetti rappresentano le principali vie di trasmissione
all’uomo.
Numerosi fattori e tossine contribuiscono alla virulenza dei ceppi
VTEC, ma al momento non esiste un marcatore (o una combinazione di marcatori) che permetta di identificare i ceppi VTEC patogeni. È noto tuttavia, che i casi di SEU sono quasi esclusivamente
causati da produttori di verocitotossina di tipo 2 (Vtx2), codificata
dal gene vtx2, da sola o in associazione a quella di tipo 1 (Vtx1),
e che possiedono il gene eae, codificante un’adesina responsabile
della formazione delle lesioni attaching and effacing (A/E) sulle cellule dell’epitelio intestinale. Inoltre, nonostante nella popolazione
animale siano stati riconosciuti oltre 400 sierogruppi VTEC, quelli
principalmente associati a malattia umana si limitano a pochi sierogruppi tra cui i cosiddetti top-five (O157, O26, O111, O103, O145)
[1]
. Scopo del lavoro è stato tipizzare ceppi VTEC positivi per vtx2 ed
eae isolati in Lombardia da bovini e da pazienti con sintomatologia
clinica manifesta nel periodo 2013-2016 al fine di confrontarne le
caratteristiche di virulenza e di confrontare due metodiche di genotipizzazione: Random amplified polymorphic DNA PCR (RAPD) e
Pulsed-Field Gel Electrophoresis (PFGE).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Determinazione dei sierogruppi - La maggior parte dei ceppi bovini
(70.6%) non apparteneva a nessuno dei sierogruppi indagati (ONd).
Sette ceppi (20.6%) sono risultati di sierogruppo O157, due O111
(5.9%) e uno O145 (2.9%). Tra i ceppi di origine umana si è osservata una predominanza di sierogruppi top-five: sette O157 (35,0%),
sei O26 (30.0%) e cinque O145 (25,0%, di cui quattro isolati nel
corso di un focolaio). Un solo ceppo apparteneva al sierogruppo
O111 e un altro è risultato ONd (5,0%). VTEC O26 è il principale sierogruppo isolato nelle infezioni umane in Italia. Questo sierogruppo e non era rappresentato fra i ceppi bovini della nostra casistica,
che includeva invece (dati non riportati) numerosi O26 portatori
del gene vtx1, notoriamente associato ad infezione nei vitelli, ma
scarsamente patogeno per l’uomo. Al contrario, da un alimento
(formaggella da latte bovino) è stato isolato un ceppo O157 e dai
bovini, anche ceppi O157, O111 e O145. Genotipizzazione - È stata
riscontrata una grande variabilità nei profili molecolari generati sia
dalla tecnica RAPD che PFGE ed entrambi i metodi si sono rivelati
utili nell’indagine epidemiologica. Infatti, i ceppi bovini provenienti
dal medesimo allevamento tendevano a raggruppare, con il prevalere di un unico profilo, suggerendo la presenza di un solo ceppo
circolante. Alcuni profili, sono stati osservati in più allevamenti. Per
quanto riguarda gli isolati umani, entrambe le metodiche hanno
dimostrato la correlazione fra i ceppi responsabili di due clusters
epidemici di infezione (uno da O145, verificatosi nel 2015 e uno da
O26, avvenuto nel 2016) e hanno avvalorato il sospetto di infezione interumana. In un altro caso RAPD e PFGE hanno permesso di
confermare che all’origine dell’infezione vi fosse il consumo di una
MATERIALI E METODI:
Ceppi batterici - Sono stati considerati 55 ceppi VTEC positivi per
vtx2-eae isolati in Lombardia da feci di bovini di diverse categorie
(n = 34) campionate nel corso di un monitoraggio sulla presenza di
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43
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
010
STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO RESISTENTI (MRSA) IN SUINI ALLEVATI E/O MACELLATI IN
PUGLIA E BASILICATA E NEL PERSONALE A CONTATTO CON ESSI: DATI PRELIMINARI
formaggella bovina contaminata da un ceppo vtx2-vtx1-eae O157,
in quanto il profilo dei ceppi umani e di quello isolato dall’alimento
era identico. In generale non è stato osservato alcun profilo PFGE o
RAPD comune tra i ceppi bovini e umani investigati.
La figura 1 riassume i profili di genotipizzazione e le caratteristiche
dei ceppi analizzati. L’utilizzo di queste metodiche si è confermato
di estrema utilità nelle indagini epidemiologiche e, sebbene la PFGE
sia considerata il gold standard per il suo elevato potere discriminante e la possibilità di standardizzazione, l’utilizzo della RAPD può
rivestire notevole utilità, per il suo basso costo e la rapidità operativa. Tale metodica, se eseguita con reagenti standardizzati e risolta
in elettroforesi capillare, si è dimostrata applicabile per il confronto
rapido di ceppi in corso di focolai e indagini epidemiologiche, con
risultati paragonabili a quelli della PFGE.
Keywords: MRSA, pigs, humans
Caruso M.[1], Latorre L.[1], Santagada G.[1], Fraccalvieri R.[1], Miccolupo A.[2], Intini F.[3], Manginelli T.[3], Parisi A.[2]
IZS Puglia e Basilicata ~ Matera ~ Italy, [2]IZS Puglia e Basilicata ~ Putignano (BA) ~ Italy, [3]ASL BA ~ Bari ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Prevalence of MRSA in local (L) and imported (I) pigs and in the
personnel (P) in contact with them was assessed. Nasal swabs
were collected from 1) 355 L pigs of different kind of farms [fattening, breeding, both breeding and fattening, familiar], sampled
in the farms or in two abattoirs (M1 and M2), 2) from 63 I pigs,
sampled in M1 and 3) from the P of farms (130) and abattoirs (20).
Prevalence was higher in I (90%) than in L (54%) pigs and in the
P of farms (19%) than abattoirs (5%). Among farms, the highest
prevalence was recorded in fattening farms for both pigs (100%)
and humans (80%). Genotyping revealed 12 genotypes in L pigs,
3 in I pigs and 7 in humans. The genotype of most of MRSA from
humans (88%) was identical to strains from pigs sampled in the
same farms and/or abattoirs. The high prevalence in pigs and the
detection of human and porcine strains with the same genetic
profile, confirm the role of pigs as source of MRSA for humans
above all in industrial fattening farms.
Screen Agar Biolife indicava resistenza del ceppo all’oxacillina); c)
Etest per oxacillina (breakpoints minima concentrazione inibente:
R ≥ 4 µg/ml, S ≤ 2 µg/ml). Conferma molecolare: il DNA genomico
è stato estratto con kit GenomicPrep®, GE Healthcare e sottoposto a PCR Real-Time utilizzando primers per il gene mecA riportati
in letteratura (3). Genotipizzazione degli MRSA - I ceppi sono stati
genotipizzati mediante spa-typing e Multilocus Sequence Typing
(MLST) secondo quanto riportato in letteratura (1, 4).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La prevalenza di MRSA nei suini è risultata pari al 59%, con valori significativamente più elevati nei suini di origine estera (90%)
rispetto a quelli locali (54%) (Tabella 1). La percentuale di allevamenti con suini positivi è risultata pari al 65%; valori significativamente più elevati sono stati riscontrati nelle aziende da I rispetto
a quelle da RCA, RCC e F e nelle aziende da RCA e RCC rispetto a
quelle F (Tabella 1). La prevalenza di MRSA nel personale a contatto con i suini è risultata pari al 17%, con valori significativamente più elevati negli allevamenti (19%) rispetto ai macelli (5%)
(Tabella 2). La percentuale di allevamenti con personale positivo
è risultata pari al 22%; valori significativamente più elevati sono
stati riscontrati nelle aziende da I rispetto a quelle da RCA, RCC e
F, nelle aziende da RCA rispetto a quelle da RCC e F e nelle aziende
da RCC rispetto alle F (Tabella 2). Le analisi di genotipizzazione dei
247 ceppi MRSA isolati dai suini hanno identificato 12 genotipi
(Tabella 3). Dalle 55 aziende positive sono stati isolati190 ceppi,
appartenenti a tutti e 12 i genotipi (Tabella 3); ceppi con diverso profilo genetico sono stati isolati nello stesso allevamento nel
70% (7/10) delle aziende da I, nel 12,5 % (1/8) di quelle da RCA e
nel 28% (10/36) di quelle da RCC (Tabella 3). I 57 ceppi isolati dai
suini di provenienza estera appartenevano invece a 3 soli genotipi: t011/ST398 (49%), t1451/ST398 (46%), t034/ST398 (5%). La
genotipizzazione dei 26 ceppi isolati dal personale a contatto con i
suini ha evidenziato 7 genotipi (Tabella 3). Nei 17 allevamenti con
personale positivo, i 25 ceppi appartenevano a tutti e 7 i genotipi
(Tabella 3); solo in 3 (33%) delle 9 aziende da I sono stati isolati
ceppi con diverso genotipo. L’unico ceppo isolato da personale
dei macelli era t034/ST398. Dei 26 ceppi isolati da personale a
contatto con i suini, ben 23 (88%) presentavano profilo genetico
identico a quello dei ceppi isolati dai suini prelevati nelle stesse
aziende e/o macelli (Tabella 3). L’elevata prevalenza di MRSA nei
suini e l’evidenza che la maggior parte dei ceppi umani presentavano profilo genetico identico a quello dei ceppi suini confermano il ruolo di questa specie quale fonte di MRSA per l’uomo,
principalmente negli allevamenti da ingrasso di tipo intensivo/
industriale.
INTRODUZIONE:
Gli MRSA sono ampiamente diffusi nella specie suina (2); la maggior parte degli isolati appartiene al Complesso Clonale (CC) 398,
responsabile di infezione anche nell’uomo, soprattutto tra alcune
categorie professionali (allevatori, macellatori e veterinari) (2). Il
presente lavoro descrive l’isolamento e la caratterizzazione molecolare di MRSA in suini e nel personale a contatto con essi in
Puglia e Basilicata.
MATERIALI E METODI:
Campionamento - Suini: sono stati analizzati 418 tamponi nasali,
355 di suini di origine nazionale provenienti da 85 allevamenti
locali [10: Ingrasso (I); 11: Riproduzione ciclo aperto (RCA); 60: Riproduzione ciclo chiuso (RCC); 4: Familiari (F)], campionati in allevamento o in due macelli (M1 e M2), e 63 di suini di origine estera
prelevati presso il macello M1. Personale a contatto con i suini:
sono stati campionati 150 tamponi nasali, 130 in 79 aziende [10:
I; 11: RCA; 57: RCC; 1: F] e 20 nei macelli M1 (18) e M2 (2). Ricerca
e identificazione di MRSA - I tamponi sono stati posti in MuellerHintonBrothal 6,5% NaCl (W/v) per 24 h a 37°C; 20 µl di brodocoltura sono stati poi seminati su MRSASelect TM BIORAD (terreno selettivo cromogeno per l’isolamento e l’identificazione di MRSA).
Dopo 24-48-72h di incubazione a 37°C, le colonie sospette MRSA
(rosa) sono state sub-coltivate su Agar Sangue e sottoposte a prove di conferma per la meticillino resistenza mediante analisi microbiologiche e molecolari. Conferma microbiologica: a) Test di
sensibilità con dischetti di oxacillina (1 µg) e cefoxitina (30 µg)
secondo Kirby-Bauer (breakpoints aloni di inibizione: oxacillina,
resistente (R) ≤10 mm, intermedio (I) 11-12 mm, sensibile (S) ≥13
mm; cefoxitina, R ≤21 mm, S ≥22 mm); b) Agar screening test per
oxacillina (la crescita anche di una sola colonia su Oxacillin - Salt
Figura 1 - Dendrogramma costruito sui profili PFGE, profili RAPD e caratteristiche di 34 ceppi VTEC bovini, 20 umani e 1 da alimento, isolati
in Lombardia nel periodo 2013-2016.
BIBLIOGRAFIA:
1. Caprioli A, Morabito S, Brugère H, Oswald E (2005). Enterohaemorragic Escherichia coli: emerging issues on virulence and modes of
transmission. Vet Res 36:289311.
2. European Union Reference Laboratory VTEC - Sezione VTEC related
documents e Sezione Laboratory methods for VTEC detection and typing. Available at http://www.iss.it/vtec/.
3. Huey B, Hall J (1989). Hypervariable DNA fingerprinting in Escherichia coli: Minisatellite probe from bacteriophage M13. J Bacteriol
171:252832.
4. Caprioli A, Maugliani A, Michelacci S, Morabito S. Molecular typing
of Verocytotoxin-producing E. coli (VTEC) strains isolated from food,
feed and animals: state of play and standard operating procedures for
pulsed field gel electrophoresis (PFGE) typing, profiles interpretation
and curation. EFSA supporting publication 2014:EN-704, 55 pp.
44
45
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1 Enright M.C., Day N.P., Davies C.E., Peacock S.J., Spratt B.G. 2000.
Multilocus sequence typing for characterization of methicillin-resistant and methicillin-susceptible clones of Staphylococcus aureus. J.
Clin. Microbiol.38:1008-1015.
2 Smith T.C., Pearson N. The emergence of Staphylococcus aureus
ST398. 2011. Vector Borne Zoonotic Dis. 11: 327-339.
3 Strommenger B., Kettliz C., Werner G., Witte W. 2003. Multiplex
PCR assay for simultaneous detection of nine clinically relevant antibiotic resistance genes in Staphylococcus aureus. J Clin Microbiol.41:4089-94.
4 Strommenger B, Kettlitz C, Weniger T, Harmsen D, Friedrich AW,
Witte W. 2006. Assignment of Staphylococcus Isolates to Groups by
spa Typing, SmaI Macrorestriction Analysis, and Multilocus Sequence
Typing. J Clin Microbiol. 44(7): 2533-2540.
Ringraziamenti: si ringraziano per la preziosa collaborazione i Dott.ri
de Martino G., de Miccolis F., Marchese F., Mari A., Miccolis A., Pansini
G., Paradiso V., Perniola G., Santochirico A., Scandiffio E., Uva T. e i
tecnici
di laboratorio Sig.re Laviero C. e Mitidieri A.
Tabella 1. MRSA da suini.
Tabella 2. MRSA da personale a contatto con i suini.
Tabella 3. Caratteristiche genetiche dei ceppi MRSA isolati da suini e
da personale a contatto con essi. Le aziende/macelli in cui sono stati
isolati ceppi con profilo genetico identico sono riportati in grassetto.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
3° SESSIONE PARALLELA - SANITÀ ANIMALE
011
METODI A CONFRONTO PER LA DIAGNOSI SIEROLOGICA DI HERPESVIRUS 1 IN BUFALI DEL SUD ITALIA
Keywords: herpesvirus, ELISA, sieroneutralizzazione
Marullo A.[1], Montagnaro S.[2], Pellicanò R.[4], Brunetti R.[4], Caligiuri V.[4], Pugliese A.M.[3], Brandi S.[3], Carlino G.[3], Aprea
G.[3], Ciaramella R.[5], Pagnini U.[2], Iovane G.[2], De Martino L.[2], Prosperi S.[1], Fusco G.[3]
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Università Alma Mater Studiorum di Bologna ~ Bologna ~ Italy,
[2]
Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, Università Federico II ~ Napoli ~ Italy,
[3]
Dipartimento di Virologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (Napoli) ~ Italy,
[4]
Osservatorio Epidemiologico Veterinario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (NA) ~ Italy,
[5]
Medico veterinario Libero professionista ~ Caserta ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The purpose of the present study was to evaluate the accuracy of 4
commercial ELISA and serum neutralization test using buffaloes sera.
Serological kits of pharmaceutical companies IN3 dignostic, IDEXX, and
serum neutralization tests against anti-BoHV-1 and anti-BuHV-1 antibodies were used. 194 buffalo sera were collected from 16 dairy herds of
the Caserta province. A statistical analysis of the comparison was made
through the Cohen K test. The test Eradikit BuHV-1 IN3diagnostic was
the most suitable to make a diagnosis of infection BuHV-1 in buffaloes.
inoltre effettuate su tutti i sieri prove di SN comparativa, utilizzando il
ceppo Cooper BoHV-1 e il ceppo Metzler BuHV-1 per la ricerca di anticorpi specifici.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La Tabella 1 illustra gli esiti dei 194 sieri bufalini esaminati. In dettaglio, i risultati ottenuti tramite l’utilizzo dei kit della ditta IDEXX sono
stati i seguenti: 20 animali (10,31%) sono risultati negativi, 147 animali
(75,77%) sono risultati positivi al BoHV-1 (profilo reattivo gB+/gE+), 27
(13,92%) al BuHV-1 (profilo reattivo gB+/gE-). In merito al test Eradikit
Discrimination BoHV-1/BuHV-1 della ditta IN3 diagnostic, 25 animali
(12,9%) sono risultati positivi a BoHV-1, 134 (69,07%) positivi al BuHV1, 22 (11,34%) coinfetti, 13 (6,70%) non caratterizzati. I risultati ottenuti
mediante l’utilizzo del kit ELISA indiretto Eradikit BuHV-1 IN3 diagnostic sono stati i seguenti: 20 (10,31%) negativi, 174 (89,69%) positivi a
BuHV-1. Infine la prova di SN ha fornito i seguenti esiti: 179 (92,27%)
campioni risultarono positivi a herpesvirus 1, e 15 (7,73%) negativi. E’
stato osservato che la prova di cross-SN ha mostrato una capacità discriminante verso il ceppo omologo di almeno 2 diluizioni in 125 animali, dei quali 50 (40%) risultavano infetti a BoHV-1 e 75 (60%) infetti
a BuHV-1. Questi ultimi dati non hanno confermato quanto dichiarato
in studi precedenti, nei quali gli autori hanno riferito che nel bufalo la
prova di virus neutralizzazione non presentava alcun potere discriminante (2,6,7), dato che non risultava essere in grado di differenziare, in
caso di positività, anticorpi evocati dal ceppo BuHV-1 piuttosto che dal
ceppo BoHV-1 (3). Nella Tabella 2 si illustra il grado di accordo tra i test
diagnostici, calcolato tramite il test K di Cohen. L’analisi statistica indica
un accordo buono, valore di k = 0.781, quando sono stati confrontati i
risultati del kit ELISA indiretto Eradikit BuHV-1 IN3 diagnostic (G) con
quelli della prova cross-SN che utilizzava il ceppo BuHV-1 (E). Un accordo modesto (K tra 0.254 e 0.403) è stato riscontrato dal confronto dei
seguenti kit: IN3 Eradikit Discrimination BuHV-1 (F) con il test SN con
ceppo BuHV-1 (E), IN3 Eradikit Discrimination BuHV-1 (F) con il kit IN3
Eradikit BuHV-1 (G) e il kit IDEXX (profilo reattivo gB+/gE+) (A) con la
prova SN con ceppo BoHV-1 (B). In conclusione, sebbene lo studio abbia riguardato solo 16 allevamenti bufalini, il numero di animali testati
è stato sufficiente per poter concludere che il test Eradikit BuHV-1 IN3
diagnostic è il più adatto da utilizzare se desideriamo effettuare una
diagnosi di infezione da BuHV-1 in bufali tramite un test ELISA specifico,
veloce e di facile esecuzione. Sulla base dei nostri risultati i campioni
individuati “non caratterizzati”, con il kit Eradikit Discrimination BoHV1/BuHV-1 IN3 diagnostic e risultati come negativi alla prova cross-SN
con entrambi i ceppi BoHV-1 e BuHV-1, potrebbero essere categorizzati
come negativi. Infatti si tratta di campioni con valori di densità ottica
(OD) non validi, ovvero con valori al di sotto della soglia minima richiesta per la caratterizzazione del ceppo virale in esame.
INTRODUZIONE:
Bovine herpesvirus type 1 (BoHV-1) e Bubaline herpesvirus type 1 (BuHV1) appartengono entrambi alla sottofamiglia degli α-herpesvirinae. Tali
virus, pur essendo altamente correlati tra di loro, si classificano come
patogeni diversi (3). Essi inducono patologie a carico dell’apparato
riproduttore e respiratorio e il contagio avviene per via orizzontale e
verticale. Le specie animali di interesse zootecnico sensibili all’infezione eterologa da herpesvirus tipo 1 sono due: Bubalus bubalis (bufalo
mediterraneo italiano) e Bos taurus (bovino domestico) (4,5). In letteratura è noto che i virus erpetici 1 inducono nella specie bovina una
sintomatologia clinica conclamata, diversamente nella specie bufalina
è quasi sempre subclinica. Sono patogeni capaci di stabilire latenza nei
gangli craniali (trigeminali) e/o sacrali, e questo meccanismo consente
loro di persistere nell’animale con infezione silente e potersi poi riattivare in condizioni di stress.
Nel presente contributo è stato condotto uno studio preliminare di
confronto tra metodi diagnostici sierologici per la ricerca di anticorpi
anti-herpesvirus 1 nei bufali (1). Gli scopi principali sono stati:
1 - confrontare i risultati ottenuti, dall’analisi di sieri bufalini, con l’utilizzo di kit ELISA indiretti presenti in commercio e prove di sieroneutralizzazione (SN);
2 - valutare, nei sieri di bufalo, la capacità discriminante sia delle prove
immunoenzimatiche che della SN nei confronti di anticorpi anti-BoHV-1
e anti-BuHV-1.
MATERIALI E METODI:
Durante il periodo gennaio 2014 e maggio 2016 sono state campionate
16 aziende bufaline (ad indirizzo produttivo latte) i cui proprietari avevano dato il consenso informato a poter eseguire prelievi di sangue. E’
stato effettuato un campionamento “di convenienza” nella provincia di
Caserta e sono stati raccolti complessivamente 194 sieri di bufalo. Tutte le aziende testate non avevano mai effettuato trattamenti vaccinali
nei confronti del virus erpetico. Tutti i sieri sono stati esaminati con i
seguenti kit diagnostici ELISA: 1) IDEXX IBR gB X3 test; 2) IDEXX IBR gE
Ab test; 3) Eradikit BuHV-1 IN3 diagnostic (Cod. 2848-2); 4) Eradikit Discrimination BoHV-1/BuHV-1 IN3 diagnostic (Cod. 2628-2). Sono state
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
012
IDENTIFICAZIONE DI CLOSTRIDIUM PERFRINGENS NETB POSITIVO IN ALLEVAMENTI AVICOLI DEL
CENTRO ITALIA MEDIANTE CAMPIONAMENTO AMBIENTALE: RISULTATI PRELIMINARI
Keywords: Clostridium perfringens, NetB, real-time PCR
Profeta F.[1], Di Francesco C.E.[1], Di Serafino G.[2], Di Provvido A.[2], Averaimo D.[2], Toscani T.[3], Marsilio F.[1]
Confronto dei 4 kit diagnostici ELISA e della sieroneutralizzazione (SN)
comparativa per la ricerca di anticorpi anti-BoHV-1 e anti-BuHV-1.
194 sieri di bufalo saggiati. (°) Positivo [POS.]; positivo al virus BoHV1 [POS.Bo]; positivo al virus BuHV-1 [POS.Bu]; indeterminato-positivo
a coinfezione [POS.indet.(coinfezione)]; negativo [NEG.]; risultato non
caratterizzato, ma da considerarsi negativo [n.c.].
Università degli Studi di Teramo, Facoltà di Medicina Veterinaria, Loc. Piano D’Accio, 64100 ~ Teramo ~ Italy,
[2]
IZS dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, Via Campo Boario, 64100 ~ Teramo ~ Italy,
[3]
Gesco Cons. Coop a r.l., Via Bacchelli 1, Loc. Casemolino, 64020, Castellalto ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Clostridium perfringens (CP) is one of the main pathogen involved in
enteric diseases in poultry. The primary focus of current research is
investigating sub-clinical forms of infection, since they cause major
economic losses. NetB, is the main toxin responsible for mucosal necrosis during infection. The aim of this study is to evaluate the efficacy
of an environmental sampling performed by the bootsocks method to
detect NetB+ strains in flocks located in Abruzzo region. Furthermore,
the impact of subclinical forms in Central Italy will be evaluated. Preliminary data are shown: n. 96 DNA samples have been screened for
both α and NetB genes by real-time PCR.
Seventy-one/ninety-six isolates (74%) samples were toxinotype A and,
amongst them, 7/71 were also NetB+ (10%). All NetB+ strains came
from turkeys showing mild clinical signs of enteric disease, and demonstrating, for the first time in Italy, C. perfringens NetB+ circulation
in turkeys flocks.
Confronto dei 4 test diagnostici ELISA e delle SN contro gli anticorpi anti-BoHV-1 e anti-BuHV-1 mediante il calcolo del K di Cohen. (°)
A=IDEXX (profilo reattivo gB+/gE+); B=SN(Bo)=sieroneutralizzazione
utilizzando il virus BoHV-1; C=test IN3 Discriminante per il virus BoHV1; D=IDEXX (profilo reattivo gB+/gE-); E=SN(Bu)=sieroneutralizzazione
utilizzando il virus BuHV-1; F=test IN3 Discriminante per il virus BuHV1; G=test IN3 specifico per il virus BuHV-1. Potere dell’accordo: k <0.2
= insufficiente; k fra 0.2 e 0.4 = modesto ; k fra 0.41 e 0.61 = moderato;
k fra 0.61 e 0.80 = buono; k >0.80 = eccellente.
mero complessivo di n. 72 paia di soprascarpe.
Il materiale così raccolto è stato sottoposto a diluizione 1:10 p/v con
soluzione fisiologica sterile, quindi miscelato mediante Stomacher
(Vwr International pbi, Milano, Italia).
Un ml della miscela ottenuta è stato prima sottoposto a trattamento
termico (75 °C per 20 minuti) allo scopo di eliminare le forme batteriche vegetative presenti nel campione, quindi trasferito in Brain Hearth
Infusion (BHI) in rapporto 1:5.
Le indagini hanno coinvolto anche n. 24 carcasse, di cui n. 13 broiler,
n. 7 pollastre da riproduzione e n. 4 tacchini, da ciascuna delle quali
sono stati prelevati tre porzioni d’intestino. Questi campioni sono stati
trasferiti ciascuno in 10 ml di Brodo tioglicolato, previo trattamento
termico.
Tutti i brodi sono stati incubati in anaerobiosi per 24 ore alla temperatura di 37 °C. In seguito, 100 µl di brodo sono stati impiegati per
la semina su Agar sangue, e 300 µl sono stati destinati all’estrazione
del DNA mediante Maxwell® 16 Tissue DNA Purification Kit (Promega,
Italia).
Il DNA estratto è stato sottoposto a real-time PCR (qPCR) per l’amplificazione simultanea dei geni codificanti per le tossine α e NetB (1).
Le colonie in purezza eventualmente ottenute sono state confermate
mediante qPCR e i relativi ceppi sono stati refrigerati a -80 °C. Come
controlli positivi sono stati utilizzati n. 2 ceppi di C. perfringens cortesemente forniti dal dott. Luca Bano (IZS delle Venezie) e dal Prof. Filip
Van Immerseel (Università di Gent).
INTRODUZIONE:
L’infezione da Clostridium perfringens (CP) costituisce una delle principali cause di enterite necrotica (NE) nelle specie avicole d’interesse
zootecnico; i tossinotipi responsabili d’infezione sono il tipo A e, occasionalmente, il tipo C (7).
L’elemento chiave nell’induzione di NE nei polli è la proteina NetB, in
grado di causare la lisi osmotica della cellula aggredita. Ceppi di clostridi privi del plasmide codificante per la tossina esprimono un ridotto
potere patogeno (5).
In Italia un’indagine condotta nel 2009 ha rivelato la presenza del gene
NetB nel 27% dei 107 ceppi di CP testati, provenienti da broiler e ovaiole, di cui il 93 % con NE (3), mentre durante un focolaio verificatosi
nel 2013 in galline ovaiole sono stati isolati 2 ceppi di CP NetB-positivi
(2). Recentemente, uno studio eseguito su 106 ceppi di CP isolati da
tacchini sintomatici, non ha portato, invece, ad alcuna identificazione
del gene NetB (4).
Il presente studio riporta i risultati preliminari di uno screening epidemiologico condotto in allevamenti avicoli (broiler e tacchini) della
regione Abruzzo per valutare la circolazione di ceppi NetB positivi di
CP mediante campionamento ambientale e da carcasse, al fine di determinarne l’impatto sulle produzioni.
BIBLIOGRAFIA:
1. Bertolotti L., Muratore E., Nogarol C., Caruso C., Lucchese L., Profiti
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2. Bertolotti L., Rosamilia A., Profiti M.,Brocchi E., Masoero L., Franceschi V.,Tempesta M., Donofrio G., Rosati S. (2013) Characterization
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4. Fusco G., Amoroso M.G., Aprea G., Veneziano V., Guarino A., Galiero
G.(2015)First report of natural BoHV-1 infection in water buffalo. Veterinary Record,177(6):152-153.
5. Rinaldi L., Pacelli F., Iovane G., Pagnini U., Veneziano V., Fusco
G.(2007)Survey of Neospora caninum and bovine herpesvirus 1 coinfection in cattle. Parassitology research,100(2):359-364.
6. Suavet F. ,Champion J.L., Bartolini L., Bernou M.,Alzieu J.P., Brugidou
R., Darnatigues S., Reynaud G., Perrin C., Adam G., Thiery R., Duquesne
V.(2016)First description of infection of Caprine Herpesvirus 1 (CpHV1) in goats in mainland France.Pathogens,5,17:1-13.
7. Thiry J.,S aegerman C., Chartier C. ,Mercier P., Keuser V., Thiry
E.(2008)Serological evidence of caprine herpesvirus 1 infection in
Mediterranean France. Veterinary Microbiology,128:261-268.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Settantuno campioni dei 96 sottoposti ad analisi biomolecolare sono
risultati positivi per il gene α (74%), confermando la specificità per C.
perfringens; tra i positivi, n. 7 campioni (di cui 4 carcasse e 3 soprascarpe) provenienti da n. 3 box dello stesso allevamento di tacchini,
ha mostrato positività anche nei confronti del gene NetB (10%) dimostrando, perciò, la circolazione di ceppi patogeni in questa specie avicola, in accordo con quanto già osservato in precedenza (6). I campioni
positivi sono stati raccolti a partire dalla 4° settimana di età, ed hanno
sempre confermato tale risultato in qPCR.
Le prove di isolamento, condotte su tutti i campioni, hanno permesso
di ottenere n. 42 ceppi in purezza di CP, compresi gli isolati positivi per
il gene NetB in qPCR.
La scelta di eseguire il campionamento con soprascarpe si è rivelata
efficace poiché, quando presente, CP è stato identificato sia mediante
isolamento che in qPCR. Tuttavia, la metodica d’estrazione impiegata
prevede un arricchimento overnight, necessario per la germinazione
delle spore presenti nel campione, la cui parete, altrimenti, non verrebbe degradata dal kit impiegato. Tale procedura compromette la
possibilità di stabilire la quantità di DNA batterico presente nel campione originale; d’altra parte, il protocollo adottato consente di identificare i due geni target di CP in tempi molto brevi, riducendo l’attesa
per confermare la diagnosi in caso di focolaio sospetto.
In conclusione, l’impiego di un protocollo biomolecolare, unitamente
al rilevamento di lesioni intestinali di diversa gravità, potrebbe consentire in tempi brevi di formulare un giudizio diagnostico ed improntare
MATERIALI E METODI:
Il campionamento ha avuto inizio a Novembre 2015 ed ha interessato
in un primo momento allevamenti di polli da carne, per poi estendersi
ad allevamenti di tacchini; le strutture sono state monitorate una per
volta e, in ciascuna di queste, sono stati selezionati più box nei quali
la raccolta dei campioni è avvenuta una volta a settimana per tutta la
durata del ciclo produttivo.
In totale, sono stati monitorati n. 8 allevamenti per ciascuno dei quali sono stati scelti 2-3 box, ospitanti un numero variabile da 5000 a
29000 capi, a partire da due settimane di vita fino al termine del ciclo
produttivo.
Il campionamento ambientale è stato eseguito mediante l’impiego di
calzari secchi (Agritamp plus02, Biogenetics, Padova, Italia), per un nu-
48
49
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
013
DIAGNOSI DI AGALASSIA CONTAGIOSA DA MYCOPLASMA MYCOIDES SUBSP, CAPRI E MYCOPLASMA
CAPRICOLUM SUBSP. CAPRICOLUM MEDIANTE PCR-RFLP E PCR
un’appropriata terapia. Nello stesso tempo le metodiche descritte potrebbero essere impiegate per verificare l’efficacia di possibili strategie
di profilassi come l’impiego di molecole ad azione pre e probiotica.
Resta da valutare l’impatto della clostridiosi nella popolazione avicola
in Centro Italia, estendendo le indagini ad altre tipologie produttive,
soprattutto nelle sue forme subcliniche, più complesse da riconoscere.
Keywords: agalassia contagiosa, PCR-RFLP, PCR
Manca M.G.[1], Cillara G.[1], Longheu C.M.[1], Azara E.[1], Nuvoli V.[1], Rosa M.N.[1], Spazziani A.[1], Tola S.[1]
BIBLIOGRAFIA:
1) Antonissen G., Croubels S., Pasmans F., Ducatelle R., Eeckhaut V.,
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predisposing to necrotic enteritis. Vet. Res. 46(1): 98.
2) Berto G., Agnoletti F., Drigo I., Tonon E., Vascellari M., Fracas V.,
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3) Drigo I., Agnoletti F., Bacchin C., Guolo A., Cocchi M., Bonci M., Bano
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healthy and diseased chickens. Ital. J. Anim. Sci. 8, 761- 764.
4) Giovanardi D., Drigo I., De Vidi B., Agnoletti F., Viel L., Capello K.,
Berto G., Bano L. 2016. Molecular characterization of Clostridium perfringens strains isolated from diseased turkeys in Italy. Avian pathol
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5) Keyburn A.L., Boyce J.D., Vaz P., Bannam T.L., Ford M.E., Parker D.,
2008. NetB, a new toxin that is associated with avian necrotic enteritis
caused by Clostridium perfringens. Plos Pathog. 4, 26.
6) Lys U., Perko-Mäkelä P., Kallio H., Brockmann A., Heinikainen S., Tuuri H., Pedersen K. 2013. Characterisation of Clostridium perfringes
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7) Shojadoost B., Vince A.R., Prescott J.F. 2012. The successful experimental induction of necrotic enteritis in chickens by Clostridium perfringens: a critical review. Vet. Res. 43, 74
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ~ Sassari ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In this study, we used the dihydrolipoyl dehydrogenase (lpdA) gene
to distinguish Mycoplasma mycoides subsp. capri (Mmc) from Mycoplasma capricolum subsp. capricolum (Mcc), two of four mycoplasma species that cause contagious agalactia (CA) in sheep and
goats. After alignment of nucleotide sequences of both species,
specific primer sets were designed from unchanging and variable
gene segments. The first primer set LPD-C1-F/LPD-C1-R was used
to amplify a 911 bp fragment that was subsequently co-digested
with FastDigest PstI, SspI, EcoRI and ClaI enzymes. The PCR-RFLP
profiles were able to successfully differentiate the two mycoplasma species. The second primer set was used to distinguish Mmc
from Mcc by single tube PCR. Both methods were further applied
to identify 75 mycoplasma isolates collected from dairy herds of
different provinces of Sardinia, Italy.
sono stati purificati e sequenziati presso la BMR Genomics (http://
www.bmr-genomics.it/). Le sequenze del gene lpdA, derivate dai
ceppi di referenza e dagli isolati, sono state comparate con quelle presenti nel database GenBank mediante l’uso del programma
BLASTN local alignment search tool (http://blast.ncbi.nlm.nih.gov/
Blast.cgi). La scelta degli enzimi è stata fatta utilizzando un programma on-line (http://www.restrictionmapper.org). Venti µl di
prodotto di PCR sono stati digeriti in un volume finale di 40 µl contenente 1x FastDigest Green Buffer provvisto di tracciante, 1 µl di
BSA acetilata (20 mg/ml) e 1 µl degli enzimi FastDigest PstI, SspI,
EcoRI e ClaI (Thermo Scientific). Le miscele sono state incubate a
37°C per 15 min e caricate sia nel gel di acrilamide/bis al 12% che
nel gel di agarosio al 2%.
PCR - I primers LPD-F e LPD-R sono stati utilizzati per differenziare
l’Mmc dall’Mcc in una PCR a single-tube. Dopo una denaturazione
iniziale a 95°C per 5 min, i campioni sono stati sottoposti a denaturazione per 1 min a 95°C, ad annealing per 1 min a 50°C e ad una
estensione per 1 min a 72°C, per un totale di 30 cicli di amplificazione e un’ estensione finale per 10 min a 72°C.
INTRODUZIONE:
L’allevamento ovino rappresenta in Sardegna la più importante attività zootecnica. Tra le malattie che colpiscono con maggiore incidenza l’allevamento ovino e caprino, l’agalassia contagiosa (AC)
occupa grande rilievo. La sindrome è caratterizzata da mastite,
artrite, cheratocongiuntivite, polmonite e setticemia (1). L’AC è
causata da 4 specie di micoplasmi: Mycoplasma (M.) agalactiae,
M. mycoides subsp. capri (Mmc), M. capricolum subsp. capricolum
(Mcc) e M. putrefaciens. Tra le 4 specie di Mycoplasma, Mmc e
Mcc sono filogeneticamente correlate e appartengono al cluster
“M. mycoides” (2). In questo studio, abbiamo scelto il gene diidrilipoil deidrogenasi (lpdA) come gene target per differenziare l’Mmc
dall’Mcc per la presenza di siti polimorfici nella sequenza del DNA.
Tali siti polimorfici sono stati evidenziati utilizzando degli enzimi
di restrizione dopo l’amplificazione (PCR-RFLP). Contemporaneamente abbiamo proposto una PCR a “single tube” basata sull’uso di
primers selezionati in siti variabili del gene lpdA.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il gene lpdA è stato utilizzato come gene target per distinguere
l’Mmc dall’Mcc. il set di primers LPD-C1-F e LPD-C1-R è stato disegnato nelle regioni conservate di tale gene. Oltre alle due specie
interessate, abbiamo applicato la PCR anche ai seguenti ceppi di
referenza: M. agalactiae PG2T, M. putrefaciens KS1T, M. bovine
group 7 PG50, M. capricolum subsp. capripneumoniae F38, e M.
mycoides PGT. Come mostrato nella Figura 1, ampliconi da 911 bp
sono stati ottenuti con tutti i ceppi di referenza eccetto che con il
M. agalactiae PG2T e il M. putrefaciens KS1T. Gli ampliconi da 911
bp sono stati digeriti con gli enzimi PstI, SspI, EcoRI e ClaI ed analizzati mediante elettroforesi in SDS-PAGE. I profili di RFLP hanno
permesso di differenziare tutti i ceppi di referenza ad eccezione del
PGT e del PG50 (dati non mostrati). La PCR-RFLP è stata estesa a
tutti i 75 isolati da campo inclusi in questo studio. I profili di digestione sono stati analizzati dopo corsa elettroforetica in SDS-PAGE
(Figura 2A) e gel di agarosio (Figura 2B).
Dei 75 ceppi da campo analizzati, 48 hanno presentato un profilo di restrizione identico al M. mycoides subsp. mycoides LC type
strain mentre per 27 isolati il profilo era riconducibile al CKT. Un
isolato Mmc (3866) ha presentato un profilo PCR-RFLP leggermente diverso rispetto al ceppo di referenza (Figura 2, linea 7). Dall’analisi della sequenza dell’amplificato è risultato la presenza, in questo
ceppo, di un altro sito di restrizione SspI.
Tutti i 75 ceppi da campo e i ceppi di referenza sono stati testati in
PCR con il set di primers LPD-F e LPD-R, selezionati nei siti polimorfici del gene lpdA. Come si evince dalla Figura 3, quando l’amplificato si ottiene dall’ Mmc, si visualizza una banda da 362 bp mentre
se i micoplasmi sono Mcc si evidenzia un doppietto da 362 e 281
bp. Questo lavoro ha dimostrato che il gene lpdA può essere utilizzato per l’identificazione di due specie di micoplasmi responsabili
di agalassia contagiosa nei piccoli ruminanti.
MATERIALI E METODI:
Colture batteriche - Durante il periodo 2004-2015, abbiamo collezionato 75 ceppi di micoplasmi appartenenti al cluster “ M. mycoides” isolati da allevamenti caprini ed ovini di diverse province della
Sardegna. Tutti gli isolati e i ceppi di referenza sono stati fatti crescere a 37°C in brodo di Hayflick modificato.
Scelta dei primers -Per determinare l’appartenenza al cluster “M.
mycoides”, gli isolati sono stati inizialmente amplificati con i primers FusA-F e FusA-R per il gene fusA (3). Le sequenze del gene
lpdA appartenenti all’Mmc ceppo GM12 (NCBI, nucleotide ID
256385136) e all’Mcc ceppo ATCC 27343 (NCBI, nucleotide ID
83319253:275328-277217) sono state allineate mediante l’EMBOSS pairwise alignment algorithm (http:// www.ebi.ac.uk/tools/
emboss). Nella regione conservata del gene lpdA sono stati individuati i primers LPD-C1-F (5’-AGGTGAAGCTGTTGCTTTAG-3’) e
LPD-C1-R (5’-TTCCAATAATATGTGCACCTAA-3’) mentre nella porzione variabile sono stati selezionati i primers LPD-F (5’-CGATGGAAAAGATCAAATGG-3’) e LPD-R (5’-TTGTTGTTCAGTTTTTCCT-3’).
PCR-RFLP - I prodotti di PCR con i primers LPD-C1-F e LPD-C1-R
50
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
(linea 8), 13127 (linea 9), 18622 (linea 10) e 19002 (linea 11). Ceppi di
referenza M. mycoides subsp. mycoides LC (linea 12) e M. capricolum
subsp. capricolum CKT (linea 13). Linea M, marker VIII (Roche).
BIBLIOGRAFIA:
1. Corrales JC., Esnal A., De la Fe C., Sanchez A., Assuncao P., Poveda JB., Contreras A. (2007). Contagious agalactia in small ruminants.
Small Ruminant Research 68: 154-166.
2. Becker CAM., Ramos F., Sellal E., Moine S., Poumarat F. and Tardy F.
(2012). Development of a multiplex real-time PCR for contagious agalactia diagnosis in small ruminants. Journal of Microbiological Methods 90: 73-79.
3. Manso-Silvan L., Perrier X., Thiaucourt F. (2007). Phylogeny of the
Mycoplasma mycoides cluster based on analysis of five conserved
protein-coding sequences and possible implications for the taxonomy
of the group. International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology 57: 2247-2258.
Figura 1- Amplificazione del gene diidrilipoil deidrogenasi (lpdA) ottenuta con 7 ceppi di referenza di Mycoplasma. Gli amplificati sono stati
fatti correre in un gel di agarosio all’1% contenente il colorante SybrSafe (Invitrogen). Linea 1, M. mycoides subsp. mycoides LC type; linea 2,
M. capricolum subsp. capricolum CKT; linea 3, M. mycoides PGT; linea
4, M. bovine group 7 PG50; linea 5, M. capricolum subsp. capripneumoniae F38; linea 6, M. agalactiae PG2T e linea 7, M. putrefaciens
KS1T. Linea M, marker VIII (Roche).
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
014
VALUTAZIONE DELLO STATO SANITARIO DI UN GRUPPO DI POLLI RIPRODUTTORI VACCINATI MS-H
MEDIANTE DIVERSE METODICHE DI LABORATORIO
Keywords: Mycoplasma synoviae, Broiler breeder, Diagnostic methods
Moronato M.L.[1], Boscarato M.[2], Gigli A.[2], Mainenti M.[2], Gobbo F.[2], Catania S.[2]
Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute (MAPS) Università degli Studi di Padova Agripolis ~ Legnaro ~ Italy,
[2]
Istituto Zooprofilattico delle Venezie ~ Legnaro ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Mycoplasma synoviae (MS) is a poultry pathogen related to severe
economic losses in all the productive sectors. A live MS vaccine
(MS-H) obtained by mutagenizing an Australian field strain has recently been introduced in Italy. The aim of the present study is
to evaluate the vaccine behavior in a broiler breeder group vaccinated with MS-H and the efficacy of the available laboratory tests
in properly identifying the vaccine. Several laboratory tests such
as serology, PCR, cultivation, genotypization in breeders and their
progeny at different times. The vaccine shows a great diffusion in
the population, proved by the wide serological response and the
positivity in PCR. No signs of vertical transmission were evidenced.
all’esame colturale sono stati identificati tramite 16s-rDNA-DGGE.
I campioni positivi per MS sono stati genotipizzati tramite l’analisi
delle sequenze dei geni vlhA (variable lipoprotein haemagglutinin
A), obg (sp0B-associated GTP binding globulin) e in alcuni casi anche
dei geni nanA (N-acetylneuraminate lyase) e ugpA (ABC transporter,
permease protein). Inoltre, durante la prova sono state raccolte 30
uova scarto schiusa per capannone per esame colturale e PCR MS e
prelevato il sangue di pulcini da un giorno per ELISA MS.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Gli esami sierologici e in PCR per Mycoplasma synoviae prima della
vaccinazione con MS-H hanno dato esito negativo. In seguito alla
vaccinazione e durante il corso della prova le metodiche sopramenzionate sono risultate positive. Tutte le uova scarto schiusa analizzate hanno dato esito negativo sia in PCR per MS che in metodica
colturale. Dai campioni effettuati in sede necroscopica (59 settimane di vita) è stata dimostrata la presenza del Mycopalsma synoviae
mediante isolamento colturale e PCR MS da tamponi tracheali.
I campioni positivi MS sono stati genotipizzati mediante l’analisi
del gene vlhA (1; 3) mostrando in tutti i casi identità di sequenza
con il ceppo vaccinale (tipo C3, gruppo 13), tranne in due campioni
che sono stati classificati come tipo E, gruppo 11. L’analisi del gene
obg (6) ha permesso di classificare tutti i campioni, incluso il campione classificato in vlhA come tipo E, gruppo 11, come “vaccinale” o “reisolato vaccinale”. Tuttavia, è opportuno evidenziare che
5 campioni su 55 sono stati classificati attraverso tale metodica
come “parental strain ts-”. Infine, l’analisi delle sequenze dei geni
nanA e ugpA (2) ha permesso di classificare questi ultimi come
ceppi vaccinali.
In conclusione, si può affermare che il vaccino MS-H ha mostrato
ampia diffusione e mantenimento all’interno del gruppo di polli
riproduttori vaccinato oggetto della prova, testimoniata dalla positività agli esami sierologici durante tutto periodo produttivo e
soprattutto dall’avvenuto isolamento di Mycoplasma synoviae a
fine ciclo (55 settimane post vaccinazione). E’ opportuno segnalare inoltre che non è stata riscontrata presenza di MS a livello
oviduttale, né nelle uova scarto schiusa. Infine, l’analisi della sequenze dei geni vlhA, nanA e ugpA ed obg ha aiutato a classificare
i campioni MS, confermando la parziale utilità del vlhA almeno
per quanto riguarda il territorio nazionale ed evidenziando che il
gene obg non sembrerebbe essere particolarmente utile. Quindi,
l’utilizzo congiunto di differenti metodiche di laboratorio può rappresentare un approccio efficace per valutazione dello status sanitario nei confronti dell’MS in gruppi di polli riproduttori.
INTRODUZIONE:
Mycoplasma synoviae (MS) è un microrganismo considerato responsabile di diverse forme cliniche e di importanti ripercussioni economiche nelle specie avicole industriali (5), inoltre la sua
prevalenza risulta essere elevata sia in Europa (4) che nel territorio nazionale. MS può essere trasmesso sia per via orizzontale che verticale, in conseguenza di ciò la principale strategia di
contenimento è la costituzione ed il mantenimento di gruppi di
riproduttori MS-free. I provvedimenti applicabili in caso di infezione sono l’eliminazione dei gruppi infetti o in alternativa il trattamento antibiotico mirato, entrambi finalizzati alla riduzione della
trasmissione per via verticale del patogeno. In via preventiva è invece possibile l’utilizzo di un vaccino vivo. La disponibilità di tale
tipologia di vaccino in Italia congiuntamente alla necessità dei colleghi del settore di conoscerne il comportamento in gruppi di polli
riproduttori e la carenza di dati bibliografici ci hanno stimolato a
sviluppare ed applicare un piano di monitoraggio su un gruppo di
polli riproduttori vaccinati con MS-H. A tal fine, lo stato sanitario
dei gruppi vaccinati é stato valutato tramite diverse metodiche di
laboratorio quali esami sierologici, real-time PCR MS, esame colturale, 16s-rDNA-DGGE e diverse tecniche di genotipizzazione, con
l’obbiettivo di valutare quale schema diagnostico può essere applicato per classificare correttamente lo status sanitario dei gruppi di
riproduttori nei confronti dell’MS.
Figura 2- Profili di restrizione (RFLP, restriction fragment length
polymorphism) ottenuti digerendo con gli enzimi PstI, SspI, EcoRI e ClaI i prodotti di PCR derivati dall’amplificazione del gene lpdA
di 11 ceppi da campo e due ceppi di referenza. Nel pannello A, i
frammenti sono separati in un gel SDS-PAGE al 12%. Nel pannello B, gli stessi frammenti sono separati in un gel di agarosio al 2%.
Isolati n° 55094 (linea 1), 74751 (linea 2), 11256 (linea 3), 26909
(linea 4), 41071 (linea 5), 61269 (linea 6), 3866 (linea 7), 9862 (linea 8), 13127 (linea 9), 18622 (linea 10) e 19002 (linea 11). M. mycoides subsp. mycoides LC type strain (linea 12) e M. capricolum
subsp. capricolum CKT (linea 13). Linea M, marker VIII (Roche).
MATERIALI E METODI:
Oggetto del presente studio è stato un allevamento di polli riproduttori pesanti. Gli animali sono stati vaccinati a 4 settimane
di vita con vaccino MS-H (Vaxsafe MSH; Bioproerties Ltd.). A 14
settimane di vita, gli animali sono stati testati per MS sia sierologicamente (ELISA e SAR), che in PCR. Alla 23a settimana di vita sono
stati trasferiti nel sito di produzione ed alloggiati in 6 differenti capannoni. A partire da questo momento e fino a fine ciclo gli animali sono stati testati a cadenze regolari per MS mediante metodiche
sierologiche e biomolecolari. Alla 59a settimana di vita (fine ciclo)
10 carcasse per ciascun capannone sono state inviate al Laboratorio di Medicina Aviare dell’IZS Venezie per esame necroscopico
e campionamento mirato alla diagnosi di MS. In particolare, campioni tracheali ed oviduttali sono stati prelevati per l’isolamento
microbiologico dei micoplasmi e per la PCR MS. I campioni positivi
Figura 3-Amplificazione mediante PCR di 11 ceppi da campo e due
ceppi di Referenza mediante l’utilizzo del set di primers LPD-F/LPD-R. I
campioni amplificati sono stati sottoposti a elettroforesi su gel di agarosio al 2%. Isolati n° 55094 (linea 1), 74751 (linea 2), 11256 (linea 3),
26909 (linea 4), 41071 (linea 5), 61269 (linea 6), 3866 (linea 7), 9862
52
BIBLIOGRAFIA:
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53
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
015
JD-LUMINEX: RICERCA DI ANTICORPI CONTRO ANTIGENI MULTIPLI DI MYCOBACTERIUM AVIUM SSP.
PARATUBERCULOSIS MEDIANTE ARRAY IN FASE LIQUIDA
3. Hammond P.P., Ramirez A.S., Morrow C.J., Bradbury J.M.. Development and evaluation of an improved diagnostic PCR for Mycoplasma synoviae using primers located in the haemagglutinin
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japanese field isolates of Mycoplasma synoviae and rapid molecular differentiation from the MS-H vaccinal strain. Avian Diseases,
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Keywords: paratubercolosi, array in fase liquida, sierologia
Gastaldelli M.[1], Stefani E.[1], Fontana S.[2], Boniotti B.[2], Koets A.[3], Koehler H.[4], Bakker D.[5], Vicenzoni G.[1],
Pacciarini M.L.[2], Pozzato N.[1]
IZSVe ~ Verona ~ Italy, [2]IZSLER ~ Brescia ~ Italy, [3]Central Veterinary Institute ~ Lelystad ~ Netherlands, [4]Friedrich Loeffler Institut ~
Jena ~ Germany, [5]Consultant ~ Lelystad ~ Netherlands
[1]
SUMMARY:
Serology is an important tool for Johne’s disease (JD) control. The Luminex suspension array allows the simultaneous detection of antibodies against multiple antigen targets. In this study we optimized the test
with 3 recombinant proteins (MAP0210c, MAP2942, MAP2609), coupling each antigen with a bead set and modifying the standard protocol. We analysed 737 sera (510 negative and 227 positive) and defined
Cut-off values applying ROC analysis fixing the specificity >99%. We
calculated test performance considering at least one positive antigen
result (Se=23.8% and Sp=99.4%). The comparison with a commercial
ELISA showed good agreement with comparable Se (23.8 vs 27.3%).
We then tested 189 sera from different Tuberculosis (TB) and JD herd
status that showed no interference with TB infection or JD vaccination. To resume, we have standardized a JD-Luminex serological assay
for cattle, with comparable performance to current ELISAs that can be
easily implemented with additional antigens.
il protocollo suggerito dalla ditta Luminex. In breve, i cambiamenti
apportati al protocollo di processamento sono stati i seguenti: preadsorbimento dei sieri con Mycobacterium phlei, modifiche ai reagenti di incubazione e lavaggio per rimuovere le reazioni aspecifiche e il
rumore di fondo. I risultati sono stati espressi come intensità di fluorescenza ottenuta dalla mediana di 2 repliche.
La valutazione del test è stata eseguita su 737 sieri (510 JD-negativi
provenienti da aziende certificate non infette e 227 sieri di soggetti risultati positivi alle colture fecali di cui 165 positivi anche al test ELISA).
I valori di cut-off sono stati definiti applicando l’analisi ROC (Receiver
Operating Characteristics) (2) dopo aver fissato per ciascun antigene la
specificità >99%. Sono inoltre stati esaminati 189 sieri di animali provenienti da allevamenti con il seguente diverso stato sanitario: ELISA
positivi/coltura fecale MAP negativa da allevamenti indenni da TB ed
infetti per JD; Vaccinati per JD (Silirum-CZV) da allevamenti indenni da
TB ed infetti per JD; Positivi alla coltura per TB da allevamenti infetti
per TB e con stato sanitario JD sconosciuto; Altri bovini di allevamenti
infetti per TB e con stato sanitario JD sconosciuto.
INTRODUZIONE:
Il test ELISA rappresenta uno strumento fondamentale per l’implementazione di piani di controllo e certificazione nella diagnosi di paratubercolosi del bovino (1). Il test è caratterizzato da una elevata specificità mentre la sensibilità varia notevolmente a seconda dello stadio
di infezione del soggetto esaminato. Il sistema array in fase liquida è
una tecnologia che permette di rilevare in un unico pozzetto anticorpi diretti contro diversi antigeni. Il sistema utilizza una serie di biglie
colorate coniugate con antigeni specificiche sono in grado di riconoscere un analita specifico presente in un campione. L’analita specifico è legato da una molecola marcata con biotina che viene rivelata e
quantificata dopo aggiunta della molecola reporter (streptavidina-pe).
La lettura delle due fluorescenze avviene grazie a due laser presenti
nel sistema: il primo eccita il colorante di ogni biglia identificandola,
mentre il secondo eccita la molecola reporter permettendo la quantificazione dell’analita ricercato. Utilizzando set di biglie diverse si possono effettuare in una sessione sino a 100 determinazioni in un singolo
pozzetto. In questo studio abbiamo coniugato una serie di antigeni derivanti da Mycobacterium avium ssp. paratuberculosis (MAP) a diversi
set di biglie e valutato l’applicabilità di questo sistema alla diagnosi di
paratubercolosi.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In questo studio è stato messo a punto un protocollo di array in fase
liquida per la diagnosi sierologica di paratubercolosi che utilizza tre
antigeni ricombinanti di MAP: Ag1 (MAP0210c), Ag2 (MAP2942), Ag7
(MAP2609), tutti prodotti presso il CVI di Lelystad. Gli altri antigeni
testati non si sono dimostrati efficaci. Le prove effettuate hanno dimostrato che non ci sono interferenze tra gli antigeni e/o biglie processati
in multiplex rispetto all’esecuzione dell’analisi con un singolo antigene/biglia. Le performance del test sono state calcolate sulla base del
risultato cumulativo di Ag1, Ag2 ed Ag7, considerando la positività ad
almeno un antigene (Se=23.8% e Sp=99.4%). L’analisi in parallelo con
un test ELISA commerciale (IDEXX) ha dimostrato una buona concordanza e livelli di sensibilità comparabili (23.8% contro 27.3%). I risultati ottenuti dall’analisi dei sieri di campo provenienti da allevamenti a
diverso stato sanitario dimostrano la maggiore specificità del test JDLuminex rispetto all’ELISA in soggetti provenienti da allevamenti infetti
per TB e soggetti vaccinati per paratubercolosi.
In conclusione, questo studio ha permesso di implementare un saggio
multiplex che consente di evidenziare positività anticorpale dell’animale nei confronti di MAP in modo specifico e con sensibilità comparabile ai test ELISA in commercio. Il protocollo proposto può facilmente essere migliorato in termini di sensibilità e specificità introducendo
nuovi antigeni, una volta disponibili, ed entrare nella routine dei laboratori dotati di questa tecnologia.
MATERIALI E METODI:
In questo studio sono stati utilizzati i seguenti antigeni derivanti da
MAP: 3 diverse Johnine (PPDJ), 4 antigeni ricombinanti prodotti in
E.coli e due lipopeptidi sintetici. Diverse concentrazioni di ciascun antigene sono state coniugate ad un set di biglie mediante una reazione
carbodiimidica e l’efficienza di reazione è stata valutata utilizzando
anticorpi diretti contro la molecola testata, se disponibili, o sieri iperimmuni. La lettura dei risultati è stata valutata tramite lo strumento
Bioplex TM200 (Bio-Rad). La messa a punto del protocollo di processazione dei sieri è stata eseguita utilizzando un set di campioni provenienti da soggetti definiti come certamente infetti e sani modificando
54
BIBLIOGRAFIA:
1. Nielsen SS. (2008) Transitions in diagnostic tests used for detection
of Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis infections in cattle.
Vet Microbiol. Dec 10;132(3-4):274-82.
2. Swets JA. (1998) Measuring the accuracy of diagnostic systems.
Science 240: 1285-93
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
016
UN NUOVO SIEROTIPO DEL VIRUS DELLA BLUETONGUE IN CAPRE ASINTOMATICHE IN SARDEGNA
Keywords: Bluetongue virus, goats, next generation sequencing
Lorusso A.[1], Capobianco-dondona A.[1], Puggioni G.[2], Marcacci M.[1], Spedicato M.[1], Carmine I.[1], Teodori L.[1],
Leone A.[1], Di Gennaro A.[1], Marini V.[1], Malatesta D.[1], Casaccia C.[1], Portanti O.[1], Orsini M.[1], Savini G.[1]
IZS Abruzzo e Molise ~ Teramo ~ Italy, [2]IZS Sardegna ~ Sassari ~ Italy
[1]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dal primo campione di sangue è stata ottenuta quasi tutta l’intera sequenza del genoma di BTV-X ITL2015 (KX234078-KX234087,
Tab 1), mentre dal secondo campione, proveniente da una diversa
azienda situata nella stessa provincia, è stato possibile ricostruire
solo sequenze parziali del Seg 3 e Seg 4. Sebbene provenienti da
allevamenti distinti, i due campioni sequenziati hanno mostrato il
100% di identità nucleotidica nei Seg 3 e 4.
Il Seg 2 di BTV-X ITL2015 mostra la più alta percentuale di identità
(75% nt/77% aa) con il BTV-27 della Corsica, mentre è meno correlato con BTV-25 (74% nt/74% aa) e BTV-26 (63% nt/60% aa). La
VP2 di BTV-X ITL2015 appartiene allo stesso nucleotipo di BTV-25 e
BTV-27 (Fig 1). Confrontando la percentuale d’identità del Seg 2 di
BTV-X ITL2015 con il segmento omologo di BTV-25, 26 e 27 e considerando che il siero di capre infette con BTV-X ITL2015 non neutralizza alcun sierotipo conosciuto, compreso un virus chimerico BTV1 che esprime la VP2 e la VP5 del BTV-25, suggeriamo l’esistenza di
un nuovo sierotipo di BTV. Purtroppo tutti i tentativi di isolamento
sono stati finora senza successo e ciò ha ostacolato una corretta
caratterizzazione sierologica con tutti i sierotipi BTV di riferimento.
Sono necessari ulteriori studi volti a definire l’origine di questo
virus ed a verificarne le vie di trasmissione.
SUMMARY:
Bluetongue (BT) is an infectious viral disease of ruminants sustained by the Bluetongue virus (BTV), this latter existing so far into
27 distinct serotypes. In 2015, we were able to identify a novel putative BTV serotype (BTV-X ITL2015) in healthy goats from Sardinia.
Blood and serum samples were positive by real time RT-PCR and
cELISA, respectively, but serotyping and genotyping were unsuccessful. Further investigations were carried out including isolation
attempts and genome sequencing using SISPA and NGS straight
from the blood samples. Nearly the whole genome sequence was
obtained from one blood sample.
Seg 2 of BTV-X ITL2015 shows the highest identity (75% nt/77% aa)
with BTV-27 from Corsica, 74% nt/74% aa with BTV-25 and 63%
nt/60% aa with BTV-26. The serum of the infected goats did not
neutralize any of the existing BTV serotypes, thus we propose the
existence of a novel serotype. Unfortunately, all isolation attempts
were unsuccessful.
INTRODUZIONE:
La Bluetongue (BT) è una malattia virale dei ruminanti domestici
e selvatici. L’agente eziologico è il virus della Bluetongue (BTV), un
Orbivirus con genoma segmentato (Seg 1-Seg 10) costituito da RNA
a doppio filamento che codifica per 7 proteine strutturali (VP1VP7) e 5 non strutturali (NS1-NS4, NS3a). Fino ad oggi sono stati
descritti 27 diversi sierotipi del virus (1-3). La siero-specificità dipende dalle caratteristiche delle proteine VP2 e VP5 che si trovano
nella superficie esterna del capside e che sono codificate rispettivamente dai segmenti 2 e 6 del genoma. La VP2, oltre ad essere la proteina meno conservata, è anche la proteina capsidica più
esterna rendendola il principale target antigenico per gli anticorpi
neutralizzanti.
A causa del forte impatto economico che BTV ha sul commercio
del bestiame dalle zone infette, in Italia è stato implementato un
capillare piano di sorveglianza (4) che prevede, tra le tante attività, lo screening sierologico di animali sentinella. In questo lavoro,
descriviamo come è stato possibile individuare, durante le attività
di sorveglianza, un nuovo sierotipo di BTV in capre asintomatiche
della Sardegna.
% di identità nucleotidica ed amino acidica di BTV-X ITL2015 con BTV25, BTV-26 e BTV-27, ques’ultimo comprendente ulteriori due varianti
recentemente descritte nelle capre in Corsica.
BIBLIOGRAFIA:
1. Maan S., Maan N.S., Nomikou K., Veronesi E., Bachanek-Bankowska
K., Belaganahalli M.N., Attoui H. and Mertens PP. 2011. Complete genome characterisation of a novel 26th bluetongue virus serotype from
Kuwait. PLoS One. 6 (10) e26147. doi: 10.1371/journal.pone.0026147.
Epub 2011 Oct 21.
2. Hofmann M.A., Renzullo S., Mader M., Chaignat V., Worwa G. and
Thuer B. 2008. Genetic characterization of toggenburg orbivirus, a
new bluetongue virus, from goats, Switzerland. Emerg Infect Dis. 14
(12) 1855-1861. doi: 10.3201/eid1412.080818.
3. Zientara S., Sailleau C., Viarouge C., Höper D., Beer M., Jenckel M.,
Hoffmann B., Romey A., Bakkali-Kassimi L., Fablet A., Vitour D. and
Bréard E. 2014. Novel bluetongue virus in goats, Corsica, France, 2014.
Emerg Infect Dis. 20 (12) 2123-2125. doi: 10.3201/eid2012.140924
4. Giovannini A., Paladini C., Calistri P., Conte A., Colangeli P., Santucci
U., Nannini D. and Caporale V. 2004. Surveillance system of bluetongue in Italy. Vet Ital. 40 (3) 369-384.
MATERIALI E METODI:
Un gruppo di capre asintomatiche selezionato come sentinella a
Marzo 2015 in provincia di Cagliari, a distanza di un mese risultava
positivo in cELISA ed ad una real-time RT-PCR generica che è in
grado di rilevare il genoma di tutti i sierotipi BTV. Tuttavia, non è
stato possibile sierotipizzare e genotipizzare i campioni in esame.
Pertanto, sono state tentate ulteriori indagini, incluso l’isolamento
su cellule e uova ed il sequenziamento del genoma tramite sequence-independent/single-primer amplification (SISPA) e next generation sequencing direttamente da RNA purificato dai campioni
di sangue infetto. Inoltre, è stato processato nella stessa maniera
RNA purificato da un ulteriore campione di sangue infetto proveniente da un’azienda di capre asintomatiche poco distante da quella in esame.
Analisi filogenetica (ML) delle sequenze nucleotidiche del segmento 2
del virus in esame e sierotipi BTV di riferimento
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
4° SESSIONE - PARALLELA - SICUREZZA ALIMENTARE
017
VALUTAZIONE ATTIVITÀ INIBENTE VS LISTERIA MONOCYTOGENES IN FORMAGGI PRODOTTI CON
AGGIUNTA DI BATTERI LATTICI PRODUTTORI DI BACTERIOCIN -LIKE INHIBITORY SUBSTANCES (BLIS)
Keywords: bacteriocins, Listeria monocytogenes, Sicilian dairy cheese productions
Mancuso I.[1], Gaglio R.[1], Carrozzo A.[1], Ducato B.[1], Arcuri L.[2], Scatassa M.L.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia “A. Mirri” ~ Palermo ~ Italy, [2]Azienda Sanitaria Provinciale ~ Palermo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Six lactic acid bacteria (LAB) were evaluated in vitro for their potential
production of antimicrobial substances. LAB were inoculated in milk in
two strain combinations M1 (L.rhamnosus, L. lactis and E.faecium) and
M2 (S.thermophilus, L.mesenteroides and E.faecium). Control cheeses
were produced with pasteurized and raw ewes’ milk and without the
addition of LAB. Bacteriocin activity was measured in frozen samples
of curd and in cheese at 24 h, 15, 30 and 70 days of ripening. After
incubation at 37°C for 9-12 h, the plates were checked for zones of
inhibition. The samples placed on BHI agar plates containing L. monocytogenes, showed a clear inhibition zones around the dairy samples
pieces with the bacteriocin-producing strains. No inhibition zones
were observed in the control products. The use of LAB of producers
of BLIS such a co-culture is an additional safety provision beyond good
manufacturing practices in cheesemaking.
M2, nella terza, caseificazione di controllo, 100 ml di soluzione fisiologica. Stessa procedura è stata eseguita per il latte pastorizzato.
Per ogni prova 10 litri di latte sono stati coagulati con 3 g di caglio artigianale di agnello, la coagulazione è avvenuta in 43-50’ nel latte crudo
e 70-75’ nel pastorizzato. Per la rottura della cagliata è stata aggiunto
il 10% di acqua a 70°C. Dopo l’estrazione del siero, le cagliate poste in
canestri di plastica, sono state rivoltate dopo 1h, immerse 1 h in scotta
a 75°C e spurgate per 24 h a temperatura ambiente (TA). I formaggi
sono stati salati in salamoia satura per 1h e stagionati in cella a 13°C.
Campioni di cagliata, formaggio a 24 h, 15, 30 e 70 giorni di stagionatura sono stati prelevati tramite sonda per formaggio (15 cm, ø 10-15
mm) congelati a -20°C e dopo 24h analizzati secondo la metodica di
Foulquiè Moreno (1).
Sono state preparate piastre con 25 ml di BHI all’1,5% di agar e L.
monocytogenes ATCC 7644 (10^5 ufc/ml) il brodo, precedentemente
sciolto, è stato trasferito in Falcon da 50 ml poste a 50°C per circa 30’.
Da una soluzione 2 MF di L. monocytogenes, 25 μl sono stati trasferiti
nei 25 ml del brodo, miscelato al vortex, trasferito in piastre Petri.
In ogni piastra sono stati posti in superficie 3 campioni di cagliata o
di formaggio proveniente dalle lavorazioni M1, M2 e di controllo (foto
1) sia per i formaggi a latte crudo che pastorizzato ed incubate a 37°C
per 9-12 h.
Per valutare le migliori modalità di lettura della prova, le piastre dei
campioni a 70 gg di stagionatura sono state allestite in triplo e dopo
12 h di incubazione, due piastre sono state poste per una notte a TA o
in frigo; la terza è stata rimessa a 37°C.
INTRODUZIONE:
Negli ultimi anni, in seguito alla richiesta di prodotti alimentari sempre
più naturali, si sta implementando l’utilizzo di microrganismi e/o dei
loro metaboliti sia nelle fasi di lavorazione che nel controllo della microflora patogena ed inquinante.
In precedenti indagini sono stati isolati da latte, formaggi e tini in legno utilizzati per la produzione di formaggi ovini e bovini tradizionali
alcuni ceppi lattici che presentavano in vitro attività inibente vs Listeria monocytogenes (2); scopo del presente lavoro è stato valutare se
i formaggi prodotti con l’aggiunta di questi LAB presentassero attività
inibente.
MATERIALI E METODI:
Nello studio sono stati testati sei LAB isolati da formaggio caciocavallo palermitano e dalla superficie dei tini in legno utilizzati per la
produzione di formaggi tradizionali siciliani ovini e bovini (3). I ceppi
sono stati allestiti in due miscele denominate: M1 contenente Lactobacillus rhamnosus, Lactococcus lactis ed Enterococcus faecium, e M2
con Streptococcus thermophilus, Leuconostoc mesenteroides ed Enteroccocus faecium.
Per la preparazione delle miscele i 6 ceppi sono stati incubati per 24h
a 37°C in MRS broth, centrifugati a 10.000g per 5’, lavati in Ringer e
risospesi nella stessa soluzione con DO 1 a 600 nm corrispondente a
10^9 ufc/ml (4). Le due miscele batteriche da inoculare al latte sono
state ottenute utilizzando 33,3 ml di ciascuna sospensione per ottenere nel latte una concentrazione finale di 10^7 ufc/ml.
Presso il caseificio sperimentale dell’IZS Sicilia sono state effettuate
sei caseificazioni seguendo il processo produttivo del Pecorino Siciliano ad esclusione dell’utilizzo delle attrezzature in legno; tre con latte
ovino crudo e tre con lo stesso latte pastorizzato a 75°C per circa 4 min
e rapidamente raffreddato.
Il latte crudo, riscaldato a 38.0 °C è stato suddiviso in tre “tine” in
plastica, nella prime due sono stati aggiunti 100 ml delle miscele M1 o
Foto 1 Campioni di formaggio: controllo, miscela 1 e 2
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I formaggi prodotti con la miscela M1 hanno presentato caratteristiche sovrapponibili a quelle dei formaggi di controllo mentre quelli M2
presentavano consistenza diminuita e dopo 70 gg la pasta si presentava molle.
Nei campioni di cagliata, dopo incubazione, non era visibile alcun alone di inibizione della crescita di L. monocytogenes mentre nei formag-
59
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
In vitro evaluation of bacteriocin-like inhibitory substances (BLIS) produced by lactic acid bacteria isolated during traditional Sicilian cheese
making. Ital J Food Safety 5:20-2.
3. Scatassa ML, Gaglio R, Macaluso G, Francesca N, Randazzo W, Cardamone C, Di Grigoli A, Moschetti G, Settanni L, 2015. Transfer, composition and technological characterization of the lactic acid bacterial
populations of the wooden vats used to produce traditional stretched
cheeses Food Microbiol 52:31-41.
4. Settanni L, Guarcello R, Gaglio R, Francesca N, Aleo A, Felis GE,
Moschetti G 2014. Production, stability, gene sequencing and in situ
anti-Listeria activity of mundticin KS expressed by three Enterococcus
mundtii strains Food Control 35:311-22.
gi a latte crudo a 24h, era presente solo un lieve alone.
I campioni prelevati a 15, 30 e 70 gg di stagionatura hanno presentato un marcato alone di inibizione che aumentava al progredire della
stagionatura (foto 2). Nessun alone è stato rilevato nei formaggi di
controllo. La migliore visualizzazione degli aloni di inibizione è stata
rilevata nelle piastre a 12h di incubazione conservate una notte a 4°C
o a TA, mentre in quelle incubate per 24h la crescita batterica superficiale rendeva meno evidente l’inibizione (foto 3).
La metodica applicata si è dimostrata valida, di facile esecuzione, applicabile su larga scala e con riduzione dei rischi di contaminazione
derivanti dalla presenza del patogeno durante il processo di caseificazione. Infatti, a differenza dei challenge test per i quali è necessario
aggiungere il patogeno al latte prima o durante la caseificazione, la
valutazione delle capacità inibenti del LAB può essere eseguita in laboratorio su campioni di formaggio prodotti direttamente in caseificio.
Il presente studio conferma la capacità inibente vs L. monocytogenes
dei LAB isolati dai tini in legno utilizzati per la produzione di formaggi
tradizionali e pone le basi per un eventuale loro impiego per il miglioramento della sicurezza alimentare.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
018
UNA NUOVA STRATEGIA PER IL MONITORAGGIO ISTOLOGICO DEI TRATTAMENTI ILLECITI:
DALL’APPROCCIO TARGETED AL NON-TARGETED
Keywords: Test Istologico, Steroidi Sessuali, Piano di Sorveglianza
Botta M.[1], Baioni E.[1], Maurella C.[1], Varello K.[1], Meistro S.[1], Barbarino G.[2], Audino V.[1], Abbamonte G.[1],
Pezzolato M.[1], Bozzetta E.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy,
[2]
Regione Piemonte - Sanità, Prevenzione e Veterinaria ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
It is well known that growth promoters are illegally used in livestock.
Among them, steroid hormones represent a high-danger category
of anabolic substances. Besides the positive effects exerted on the
muscles and tissues of the treated animals, they can also accumulate
as residues with severe long-term effects on consumers. The number
of non-compliant samples from NRCPs results negligible, but the true
extent of the illegal administration may be underestimated. EFSA has
recently underlined the weaknesses of the screening methods for residues monitoring and has stated the need for new detection strategies.
This paper is focused to illustrate the results and perspectives of the
histopathological approach as non-targeted method in the detection
of illegal administration of growth promoters in calves, within the
framework of the Italian Residue Control Plan
dole bulbo-uretrali) sono stati prelevati. I tessuti sono stati quindi fissati in formalina, inclusi in paraffina e tagliati al microtomo (5 +/-2
µm); i preparati istologici sono stati colorati con ematossilina-eosina,
secondo le procedure operative standard di laboratorio. L’esame istopatologico è stato effettuato in cieco da tre patologi e i risultati sono
stati inseriti in un database ad hoc.
Sulla base dei dati epidemiologici ottenuti dal precedente piano di
monitoraggio istologico, in base alle caratteristiche del test e ai livelli
di prevalenza dei trattamenti illeciti, è stato delineato il nuovo piano
di sorveglianza. A tale scopo è stato impostato un approccio a due
livelli, considerando la distribuzione non uniforme del fenomeno indagato. Nella prima fase (livello animale) la dimensione del campione
è stata calcolata stabilendo rispettivamente specificità e sensibilità del
test dell’80% e 95% e una prevalenza attesa del fenomeno a livello
animale dell’80%; nella seconda fase (livello di allevamento) il numero
di partite di animali da campionare (indicatore indiretto del numero
di allevamenti) è stato calcolato assumendo una prevalenza attesa di
trattamenti illeciti a livello nazionale del 10% e una sensibilità e specificità del test pari al 95%
INTRODUZIONE:
L’uso di sostanze anabolizzanti come gli ormoni sessuali negli animali
in produzione zootecnica è severamente vietato dalla UE (1), in quanto
i loro residui costituiscono un serio rischio per i consumatori. Gli estrogeni sono molecole con potenziale carcinogenetico noto per l’uomo,
mentre gli androgeni sono associati allo sviluppo di neoplasie negli
animali da laboratorio. Nonostante il divieto, gli steroidi sessuali sono
ancora ampiamente utilizzati nei bovini, come riportato da numerosi
sequestri di preparazioni illegali anonime a livello di azienda. Malgrado l’intensa attività di controllo ufficiale, nel gruppo degli steroidi (A3),
solo lo 0,04% dei campioni è risultato non conforme nei bovini (2).
Pertanto, l’EFSA sottolinea l’inadeguatezza della strategia di screening,
suggerendo e incoraggiando lo sviluppo e l’utilizzo di metodi biologici,
al fine di migliorare l’efficacia dei piani di controllo dei residui (4). In
questo contesto, l’approccio istopatologico è un valido strumento per
il monitoraggio della circolazione di molecole non autorizzate in quanto gli estrogeni determinano metaplasia squamosa negli organi bersaglio di animali trattati, come dimostrato dalla letteratura scientifica (3).
Lo scopo del presente lavoro è quello di proporre un nuovo piano di
sorveglianza istologica, al fine di indagare in modo più approfondito il
fenomeno della somministrazione illegale di steroidi sessuali nei bovini, per indirizzare il controllo ufficiale all’interno del PNR
Foto 2 Alone di inibizione vs L. monocytogenes in formaggi a 70 gg di
stagionatura dopo 12 h di incubazione
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dalle indagini istopatologiche la metaplasia ghiandolare è risultata la
lesione principale associata alla somministrazione illecita di ormoni
sessuali (Se 98.1%, IC 93.2%-99.8%; Sp 90.4%, IC 79%-96.8%); essa risulta essere quindi il marcatore appropriato da utilizzare per l’elaborazione del piano di sorveglianza. In relazione alla prima fase dell’indagine, il numero di animali da campionare all’interno della stessa partita
è riportato nella tabella 1.
I risultati della seconda fase hanno permesso di calcolare il numero
di partite da sottoporre a indagine istologica a livello nazionale, suddivise per regione (tabella 2). Dopo la valutazione istopatologica degli
organi bersaglio, rispetto alla sensibilità e la specificità del sistema di
sorveglianza, la partita campionata è considerata sospetta di trattamento illecito quando un solo animale sviluppa la lesione correlata
(metaplasia) a livello della prostata o delle ghiandole bulbo uretrali.
Il primo obiettivo dello studio è stato quello di testare la validità e
standardizzare l’applicazione del metodo istologico a livello nazionale,
caratterizzando il marcatore metaplasia come descrittore delle lesioni
da steroidi sessuali; il secondo obiettivo è quello di integrare il metodo in un piano di sorveglianza specifico, allo scopo di migliorare il
monitoraggio sull’uso illecito di ormoni steroidei. Il metodo istologico
ha mostrato caratteristiche allettanti nella valutazione della somministrazione illecita di ormoni sessuali nel bovino: è un test economico, robusto e consolidato che permette di rilevare gli effetti biologici
secondari alla somministrazione illecita di talune sostanze. Fin dalla
sua applicazione, la valutazione delle lesioni indotte dai promotori
della crescita si è costantemente sviluppata e l’attuazione del nuovo
piano di monitoraggio istologico, permetterà di rafforzare il suo ruolo
di strumento complementare di analisi, per indirizzare con maggiore
efficacia i campionamenti ufficiali.
MATERIALI E METODI:
Al fine di aumentare la validità statistica e il valore diagnostico del test
istologico, già validato sulla base della stabulazione di 95 vitelli trattati
con estradiolo e non trattati, 40 vitelli maschi di razza frisona, dell’età di circa 30 giorni, sono stati allevati in condizioni controllate per 7
mesi. Dopo un periodo di acclimatamento gli animali sono stati vaccinati con il vaccino CATTLEMASTER 4 (Pfizer Animal Health, New York,
USA) e periodicamente valutati da un veterinario. Al sesto mese di età
gli animali sono stati divisi in 2 gruppi e trattati come segue: gruppo A
(n=20) trattati con nandrolone (50mg 4 inoculi/mese) e gruppo B trattati con l’associazione 17β-estradiolo+nandrolone (5mg+50mgcapo 4
inoculi/mese). Dopo un periodo di sospensione di 10 giorni, tutti gli
animali sono stati macellati e i loro organi bersaglio (prostata e ghian-
Foto 3 Alone di inibizione in formaggi a 70 gg di stagionatura dopo 24
h di incubazione
BIBLIOGRAFIA:
1. Foulquiè Moreno M.R., Rea M.C., Cogan T.M., De Vuyst L. (2003)
Applicability of a bacteriocin- producing Enterococcus faecium as coculture in Cheddar cheese manufacture. Int J Food Microbiol 81, 73-84
2. Macaluso G, Fiorenza G, Gaglio R, Mancuso I, Scatassa ML, 2016.
60
61
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
019
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI TRASMISSIONE DI TOXOPLASMA GONDII ATTRAVERSO IL CONSUMO
DEL “PROSCIUTTO DI PARMA” DOP
Keywords: Toxoplasmosi, Prosciutto di Parma, Zoonosi
Fabbi M.[1], Vismarra A.[2], Faccini S.[3], Kramer L.[2], Vicari N.[1], Prati P.[1], Mangia C.[2], Marino A.M.[4], Rosignoli C.[3],
Rigamonti S.[1], Zannella G.[1], Genchi M.[2]
Tabella 1: numero di animali per partita
IZSLER-Sezione Diagnostica di Pavia ~ Pavia ~ Italy, [2]Università di Parma Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie ~ Parma ~ Italy,
[3]
IZSLER- Sezione Diagnostica di Mantova ~ Mantova ~ Italy, [4]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, Catania
[1]
SUMMARY:
Toxoplasma gondii is considered one of the most common parasitic
infections in the world and its cysts represent an important source of
infection for human being. “Prosciutto di Parma DOP” is a typical Italian pork product well known all over the world. Little information is
available concerning the effect of curing and salting on T. gondii cysts
in ham. The aim of this study was to evaluate the survival and viability
of T. gondii cysts in cured hams processed according to the procedural
of the “Prosciutto di Parma” Consortium. Sixteen pigs were infected
with sporulated T. gondii oocysts and slaughtered 4 months later.
Twelve thighs were cured and 12 were immediately analyzed. After 12
months of seasoning, hams were tested by cell culture and bioassay
to evaluate the vitality of the parasite. Data obtained from the cured
hams indicated no evidence of viable parasites. This is the first study
applied to evaluate the influence of processing of cured ham on the
viability of T. gondii.
sorzio del Prosciutto di Parma DOP tenuto conto sia della carenza di
dati bibliografici sull’argomento sia della rilevanza che tale prodotto
italiano, esportato ed apprezzato in tutto il mondo, mantiene sia a
livello nazionale che internazionale.
MATERIALI E METODI:
Sedici suini di dieci mesi d’età, sieronegativi per anticorpi anti T.gondii
sono stati infettati per os ciascuno con una soluzione contenente 1000
oocisti sporulate di T. gondii. A distanza di quattro mesi dall’infezione sono stati selezionati e macellati i 12 suini risultati positivi con il
titolo anticorpale più elevato nei confronti del parassita (test Elisa ID
Screen® Toxoplasmosis Indirect Multi-species ID.VET) e avviati alla macellazione. Una coscia di ogni suino è stata inviata alla Stazione Sperimentale Industria Conserve Alimentari di Parma per la salagione e
il successivo periodo di stagionatura in accordo con il disciplinare del
Consorzio del Prosciutto di Parma, mentre la coscia controlaterale è
stata utilizzata per valutare l’avvenuta infezione tramite prova biologica sui topi ed esame su colture cellulari. Al termine dei 12 mesi di
stagionatura (durata minima prevista dal disciplinare) le cosce sono
state disossate con eliminazione della cotenna e grasso. Sulle stesse
sono state eseguite analisi organolettiche, la semina su cellule Vero
e la prova biologica sui topi che attualmente rappresenta il metodo
“gold standard” per l’isolamento e l’identificazione di T.gondii. Inoltre
sono state valutate la concentrazione di NaCl, pH e acqua libera. Per
la prova su coltura cellulare per ogni coscia sono stati utilizzati 50 g di
muscolo sminuzzati e sottoposti a digestione cloro-peptica secondo
Dubey, (1). Il digestato risospeso in 10 ml di una soluzione antibiotica
di penicillina+Streptomicina con concentrazione finale dell’1%. Un’aliquota di 1,5 ml veniva seminata su cellule VERO. La presenza e la replicazione del parassita all’interno delle cellule veniva valutata all’osservazione microscopica. Per la prova biologica sono stati utilizzati 10 topi
per coscia per un totale di 120 animali sia per la verifica dell’avvenuta
infestazione delle cosce fresche sia per valutare la vitalità del parassita dopo stagionatura. I topi, inoculati per via sottocutanea, sono stati
sacrificati due mesi post infezione. I sieri dei topi inoculati sono stati
testati per la ricerca di anticorpi anti T.gondii mediante test Elisa (ID
Screen® Toxoplasmosis Indirect Multi-species ID.VET®). La prova di
infezione sperimentale sugli animali è stata autorizzata dal Ministero
della Salute.
INTRODUZIONE:
Toxoplasma gondii appartiene alla classe Sporozoasida, sottoclasse dei
Coccidi (Coccidia). Questo parassita a distribuzione mondiale ha come
ospite definitivo il gatto ed è in grado di infettare tutti gli animali a
sangue caldo, uomo e volatili compresi. Il ciclo extra-intestinale negli ospiti intermedi porta alla formazione di cisti tissutali nell’ospite
soprattutto a livello dei muscoli e del tessuto cerebrale. L’importanza
di questa zoonosi è ben documentata anche in un recente rapporto
dell’E.F.S.A. nel quale vengono segnalati nell’uomo ben 1.259 casi di
malattia/anno (2). La principale via di trasmissione all’uomo è quella orale e le fonti di infestazione sono molteplici comprendendo il
consumo di carne cruda o poco cotta, latte non pastorizzato, verdura,
frutta e acqua contaminate. La trasmissione congenita del parassita
dalla madre al feto è quella che ha un maggiore impatto sulla salute. Infezioni congenite contratte precocemente possono indurre gravi
danni al feto come ritardo di crescita, morte fetale, parto pretermine,
calcificazione intracranica e sindromi neurologiche con idrocefalo e
corioretinite (5). E’ stata altresì dimostrata una relazione tra persone sierologicamente positive a T. gondii e malattie della sfera psichica
come schizofrenia, disordini bipolari, comportamento suicida e disturbi ossessivo compulsivi (3,4).
Il Prosciutto di Parma è un prodotto gastronomico italiano famoso apprezzato in tutto il mondo e le opinioni sulla possibilità di contrarre la
toxoplasmosi mediante il consumo del prosciutto crudo sono molto
dibattute e discordanti. Nonostante le linee guida dell’OMS indichino che la salagione potrebbe essere in grado di inattivare il parassita,
viene suggerito, soprattutto per le donne in gravidanza, di eliminare
il prosciutto crudo dalla dieta a causa degli innumerevoli e differenti protocolli utilizzati per la produzione con diverse concentrazioni di
sale.
L’obiettivo di questo studio (finanziato dal Ministero della Salute - PRC
2010-001-) è stato quello di valutare la vitalità delle cisti tissutali contenenti i bradizoiti di T. gondii nel prosciutto crudo di Parma al termine
del periodo di stagionatura e prodotto secondo il disciplinare del Con-
Tabella 2: numero di partite da campionare per Regione
BIBLIOGRAFIA:
1. Council Directive 96/22/EC Concerning the prohibition on the use
in stockfarming of certain substances having a hormonal or thyrostatic
action and of beta-agonists
2 EFSA technical Report for 2013 on the results from the monitoring
of veterinary medicinal product residues and other substances in live
animals and animal products. EFSA supporting publication 2015
3 Pezzolato M, Maurella C, Varello K, Meloni D, Bellino C, Borlatto L,
Di Corcia D, Capra P, Caramelli M, Bozzetta E. High sensitivity of a histological method in the detection of low-dosage illicit treatment with
17b-estradiol in male calves; 2011. Food Control; 22, 1668-1673
4 Scientific Opinion on the public health hazards to be covered by inspection of meat (bovine animals). EFSA Journal 2013;11(6):3266
62
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Tutte le colture cellulari eseguite sulle 12 cosce fresche sono risultate
positive per la ricerca di T.gondii consentendo la visualizzazione diretta e l’isolamento del parassita. Al contrario i 12 prosciutti testati al
termine della stagionatura non hanno mostrato, al controllo microscopico, la presenza del parassita. Tutti i topi inoculati col digestato delle
cosce fresche sono risultati sieropositivi per T.gondii e almeno 3 topi
per ogni gruppo hanno mostrato cisti cerebrali all’esame microscopico
diretto. Nessuno dei topi inoculati col digestato ottenuto dalle cosce
stagionate è risultato positivo all’esame microscopico per la presenza
di cisti cerebrali né ha sieroconvertito. I parametri NaCl, pH e acqua li-
63
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
020
ISOLAMENTO E CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI PRODUTTORI DI SHIGA-TOSSINA (STEC) DA SUINI MACELLATI IN ITALIA
bera hanno dato risultati conformi a quanto richiesto dal disciplinare..
In conclusione i risultati ottenuti hanno mostrato come la stagionatura
e la salagione eseguite secondo il Disciplinare del Consorzio del Prosciutto di Parma siano in grado di inattivare il parassita. Si ritiene che
queste informazioni possano rappresentare un valore aggiunto ad un
prodotto tipico italiano da sempre conosciuto ed apprezzato in tutto
il mondo.
Keywords: STEC, Shiga tossine, Suini
Arancia S.[1], Tozzoli R.[1], Chiani P.[1], Iurescia M.[2], Lorenzetti S.[2], Sorbara L.[2], Buccella C.[2], Caprioli A.[2], Franco A.[2],
Battisti A.[2], Morabito S.[1]
BIBLIOGRAFIA:
1. Dubey J.P., 1998. Refinement of pepsin digestion method for isolation of Toxoplasma gondii from infected tissues. Veterinary Parasitology. 74: 75-7
2. EFSA (European Food Safety Authority) and ECDC (European Centre
for Disease Prevention and Control), 2014. The European Union Summary Report on Trends and Sources of Zoonoses, Zoonotic Agents and
Food-borne Outbreaks in 2012. EFSA Journal. 12(2): 3547, 312 pp.
3. Hamdani N., Aoki M,Moins-Teisserenc H., Charron D., Daban-Huard
C., Delavest M., Dickerson F., Godin O., Houenou J., Jamain S., Krishnamoorthy R., Lajnef M., Leboyer M., Le Corvoisier P., Le Guen E.,
Lépine J.P., Richard J.R., Tamouza R., Vederine F.E., Yolken R., 2013. Relationship between Toxoplasma gondii infection and bipolar disorder
in a French sample. J Affect Disord, 148(2-3): 444-8.
4. Pearce B. D., Kruszon-Moran D., Jones J. L., 2012. The relationship
between Toxoplasma gondii infection and mood disorders in the third
National Health and Nutrition Survey. Biol. Psychiatry 72: 290-295.
5. Sugden K, Moffitt TE, Pinto L, Poulton R, Williams BS, Caspi A. Is
Toxoplasma gondii Infection Related to Brain and Behavior Impairments in Humans? Evidence from a Population-Representative Birth
Cohort. PLoS One, 2016; 17:11(2).
Laboratorio Nazionale di Riferimento per E. coli, Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri”. Direzione Operativa Diagnostica Generale,
Centro di Referenza Nazionale per l’Antibiotico-resistenza ~ Roma ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Shiga toxin-producing Escherichia coli (STEC) strains are food-borne
pathogens of public health importance. Cattle are the most important
reservoir, but STEC infections have also been attributed to pigs. A total
of 234 swine intestinal content specimens collected during the year
2015 in Italian abbattoirs in the framework of the monitoring of antimicrobial resistance (Decision 2013/652/EU) were examined for the
presence of STEC. One hundred twenty-two samples (52.1%) were
screened positive for the presence of stx genes and subjected to STEC
isolation. A total of 66 different STEC isolates were obtained from 56 of
the positive samples. Interestingly, the characterization of the isolates
showed that beside the expected presence of Stx2e producing STEC
(25.8%), the majority of the isolates (74.2%) possessed the stx2a gene
subtype, in a few cases (16.7%) in combination with stx2b or stx2c.
I campioni sono stati arricchiti mediante incubazione in acqua peptonata tamponata a 37°C per 18-24 h. Successivamente, 0,1 ml del
brodo di ciascuna coltura è stato seminato su piastre di MacConkey
agar (MC) ed incubato a 41°C per 18-24 h. Parte della patina semiconfluente è stata seminata su Tryptic Soy Agar (TSA) ed incubata a
37°C per 18-24 h. La patina batterica è stata stemperata in 0,5 ml di
acqua, trattata a 100°C per 10 minuti ed utilizzata come stampo in
una PCR specifica per i geni di virulenza eae, stx1 e stx2 (4). I campioni
positivi ad almeno uno dei tre geni sono stati trasferiti presso l’ISS per
l’isolamento dei ceppi STEC.
Per ottenere i ceppi STEC in purezza le colture sono state seminate
su MC e le colonie testate per la presenza dei geni stx mediante Real
Time PCR (5) in seguito ad estrazione del DNA mediante InstaGene
matrix. Le colonie positive sono state sottoposte alla ricerca del gene
eae mediante PCR (4) e all’identificazione dei sottotipi dei geni stx (3,
EU-RL VTEC_Method_006_Rev1).
INTRODUZIONE:
Gli Escherichia coli produttori di Shiga-tossina (STEC) sono agenti zoonotici in grado di causare patologie gravi, quali la colite emorragica
e la sindrome emolitico uremica. Il principale fattore di virulenza degli STEC è la Shiga tossina (Stx), una citotossina appartenente ad una
famiglia che comprende due tipi principali, Stx1 e Stx2, e numerosi
sottotipi: tre per la Stx1 e sette per la Stx2. E’ stato osservato che i
ceppi STEC maggiormente associati ad infezioni gravi nell’uomo producono i sottotipi Stx2a e Stx2c, e generalmente possiedono l’isola di
patogenicità LEE che contiene il gene eae coinvolto nel meccanismo di
colonizzazione “Attaching and Effacing”. I bovini rappresentano il più
importante serbatoio naturale di STEC, tuttavia, in alcuni casi, infezioni
umane sono state associate al consumo di alimenti di origine suina (2).
Generalmente i suini sono considerati portatori di STEC che producono Stx2e, che può causare in questi animali la malattia degli edemi e
che è stata solo raramente associata a casi di malattia nell’uomo (6).
Gli studi sulla presenza e la caratterizzazione molecolare di STEC in
suini al macello sono al momento scarsi. Pertanto abbiamo condotto
uno studio volto alla identificazione e caratterizzazione di ceppi STEC
in campioni di contenuto cecale raccolti da suini al macello nell’ambito
del piano per il monitoraggio armonizzato della resistenza antimicrobica (Dec. 2013/652/EU).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Lo screening dei 234 campioni di contenuto cecale da suini ha mostrato che 122 campioni (52,1%; 95% IC 45,5%-58,7%) erano positivi per
la presenza dei geni stx (Tabella 1). Quattro campioni erano positivi
per il gene stx1, due per stx1 e stx2, mentre i rimanenti 116 erano
positivi per il solo gene stx2, unitamente alla presenza del gene eae in
76 campioni (Tabella 1). Quarantasette campioni erano positivi per il
solo gene eae (Tabella 1).
L’isolamento di ceppi STEC a partire dai campioni positivi allo screening per stx1, da solo o in combinazione con stx2, ha dato esito negativo, mentre da 56 dei 116 campioni positivi allo screening per stx2
è stato possibile ottenere 66 ceppi STEC differenti (Tabella 2). Diciassette (25,8%) mostravano la presenza del gene stx2e. I rimanenti 49
(72,4%) possedevano i geni codificanti il sottotipo stx2a, in alcuni casi
unitamente al sottotipo stx2b (3 ceppi, 4,5%), o stx2c (8 ceppi, 12%)
(Tabella 2).
La presenza di ceppi STEC che producono la stx2e nei suini è stata
documentata in relazione alla loro capacità di causare la malattia degli edemi in questa specie, mentre questi ceppi sono stati molto raramente associati a casi di malattia nell’uomo (6). I risultati ottenuti nel
corso del nostro studio hanno evidenziato che oltre a ceppi STEC che
producono Stx2e, i suini possono veicolare anche STEC produttori di
diversi sottotipi di Stx2 di riconosciuta importanza in sanità pubblica,
quali Stx2a e Stx2c. E’ importante sottolineare, tuttavia, che nessuno
dei ceppi STEC isolati possedeva il gene eae, codificante il fattore di
adesione intimina e presente nei ceppi STEC normalmente associati ai
casi più gravi di infezione nell’uomo (1).
I risultati presentati evidenziano una elevata prevalenza di STEC a livello intestinale nei suini al macello in Italia, ed indicano la necessità
di approfondire sia gli aspetti di Sanità Pubblica che di Sanità Animale
legati a questo riscontro.
MATERIALI E METODI:
In totale 234 campioni di contenuto cecale prelevati al macello da carcasse di suini sono stati raccolti presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” (IZSLT) nell’ambito
delle attività di campionamento previste per il piano di monitoraggio
della resistenza antimicrobica per l’anno 2015 (Dec. 2013/652/EU). La
dimensione campionaria è stata stratificata tra le regioni più importanti per entità di macellazione (rappresentative di >86% del macellato nazionale); ogni campione rappresentava un lotto di macellazione,
derivante da una singola unità epidemiologica di provenienza (allevamento).
64
65
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
021
USO DI NANOPARTICELLE DI ARGENTO NELL’ALLEVAMENTO AVICOLO ED IMPLICAZIONI DI SICUREZZA ALIMENTARE
Keywords: Nanoparticelle di Argento, sp-ICP/MS, galline ovaiole
Gallocchio F.[1], Biancotto G.[1], Cibin V.[1], Losasso C.[1], Belluco S.[1], Cascio C.[2], Peters R.[2], Weigel S.[2], Ricci A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro ~ Italy, [2]RIKILT - Wageningen UR ~ Wageningen ~ Netherlands
[1]
SUMMARY:
Silver nanoparticles (AgNPs) are seen as potential candidates to replace antibiotics in animal husbandry to face the threat of spreading
antimicrobial resistance.
However, direct use of NPs might lead to their presence in the final
product. As a consequence, the development of reliable analytical methods for detection of NPs in complex matrices plays a key role for exposure
assessment in the framework of risk assessment management.
An in vivo experimentation was carried out to verify the possible AgNPs
accumulation in tissues and products of hens treated with AgNPs. For
this purpose the recent single particle inductively coupled plasma mass
spectrometry analytical approach was used in combination with atomic
absorption spectroscopy and electron microscopy.
The study shows that the use of AgNPs in animal farming results in the
presence of such materials in food products and hints at the potential risk
of the use of AgNPs in animal husbandry for direct exposure of consumers to NPs.
Tabella 1. Risultati dello screening mediante PCR convenzionale dei
234 campioni di contenuto cecale da suini macellati in Italia.
Tabella 2. Distribuzione dei campioni con isolamento STEC e caratteristiche dei 66 ceppi STEC isolati.
BIBLIOGRAFIA:
1. Caprioli A, Morabito S, Brugère H, Oswald E. Enterohaemorrhagic
Escherichia coli: emerging issues on virulence and modes of transmission. Vet Res. 2005. 36(3):289-311
2. Conedera G, Mattiazzi E, Russo F, Chiesa E, et al. A family outbreak
of Escherichia coli O157 haemorrhagic colitis caused by pork meat salami. Epidemiol Infect. 2007 135(2):311-4
3. Franke S, Gunzer F, Wieler LH, Baljer G, Karch H. Construction of
recom-binant Shiga-like toxin- IIv (SLT-IIv) and its use in monitoring the
SLT-IIv antibody status in pigs. Vet Microbiol 1995; 43:41- 52
4. Paton AW, Paton JC. Detection and characterization of Shiga toxigenic Escherichia coli by using multiplex PCR assays for stx1, stx2,
eaeA, enterohemorrhagic E. coli hlyA, rfbO111, and rfbO157. J Clin
Microbiol. 1998; 36: 598-602
5. Perelle S, Dilasser F, Grout J, Fach P. Detection by 5’-nuclease PCR
of Shiga-toxin producing Escherichia coli O26, O55, O91, O103, O111,
O113, O145 and O157:H7, associated with the world’s most frequent
clinical cases. Mol Cell Probes. 2004 18(3):185-92
6. Sonntag, A.K., Bielaszwska, M., Mellmann, A., Dierksen, N., et al.
Shiga toxin 2e-producing Escherichia coli isolates from humans and
pigs differ in their virulence profiles and interactions with intestinal
epithelial cells. Appl. Environ. Microbiol. 2005. 71:8855-8863
state impiegate in combinazione con la sp-ICP/MS.
MATERIALI E METODI:
La sospensione di AgNPs è stata acquistata da Nanoshel LLC (Wilmington,
DE, USA). Essa era costituita da NPs di forma sferica di diametro medio
pari a 16,6 nm disperse in acqua con 1% di Polyvinylpyrrolidone (PVP).
La concentrazione totale di Ag era pari a 4 g L-1. Come controllo è stato
utilizzata una soluzione acquosa con 1% di PVP.
La sperimentazione in vivo, previa approvazione dal comitato etico locale (CE.IZSVE 06/2014) è stata condotta su due gruppi di galline ovaiole
(Lohmann Brown Classic), ciascuno costituito da 10 individui di circa due
settimane di vita e peso di circa 1700 grammi.
I due gruppi sperimentali sono stati così suddivisi e trattati:
• gruppo 1-controllo: somministrazione per os tramite gavaggio di 4,7 ml
di sospensione acquosa contenete 1% di PVP.
• gruppo 2-trattato: somministrazione per os tramite gavaggio di 4,7 ml di
sospensione con AgNPs.
Il trattamento è stato ripetuto per un totale di sei volte nell’arco dell’ intera sperimentazione: giorno 1, 4, 7, 10, 14 e 18.
Le uova sono state quotidianamente raccolte e pesate per tutta la durata
della sperimentazione.
Il 22° giorno gli animali sono stati sacrificati.
Per l’analisi chimica, oltre alle uova, sono state prelevate da ciascun animale tre porzioni separate di muscolo, fegato, rene.
La quantità totale di Ag presente nelle diverse matrici è stata determinata previa mineralizzazione acida dei campioni, tramite AAS (Limite di
Quantificazione LoQ del metodo: 20 µg kg-1, Limite di Rivelazione LoD:
10 µg kg-1).
Successivamente i campioni di fegato e tuorlo sono stati sottoposti a digestione enzimatica ed analisi mediante sp-ICP/MS per la ricerca di NPs
contenenti Ag.
La composizione chimica e la dimensione delle NPs riscontrate, sono state
infine confermate mediante SEM-EDX.
INTRODUZIONE:
Recentemente si è assistito ad un rinnovato interesse nei confronti dell’Argento (Ag),la cui efficacia antibatterica verso i batteri Gram positivi e Gram
negativi è nota da tempo (5).
Vari studi, infatti, hanno evidenziato come l’attività dell’Ag possa essere
incrementata nella forma nano che conferisce al materiale una maggiore
superficie attiva per unità di peso che si traduce in una maggiore reattività
del nanomateriale (NM) rispetto allo stesso materiale nella classica forma
bulk (1).
L’utilizzo delle nanoparticelle di Ag (AgNPs) nell’ambito dell’allevamento
animale è stato ipotizzato come possibile alternativa al trattamento antibiotico nel controllo di importanti patogeni come la Salmonella, per far
fronte al problema della diffusione della resistenza antimicrobica (2).
Tuttavia, questo potenziale uso delle AgNPs è ancora ad uno stadio iniziale, e ad oggi sono stati intrapresi pochi lavori in merito. Si tratta per lo
più di ricerche mirate alla valutazione degli effetti delle AgNPs sulla performance di crescita e sugli indici metabolici degli animali che non forniscono alcuna informazione circa il potenziale accumulo di NPs in tessuti
o eventuali prodotti di animali trattati. Come conseguenza, ad oggi, non
si conosce quale potrebbe essere l’esposizione del consumatore alle NPs
stesse in seguito al consumo di alimenti derivanti da animali trattati.
La mancanza di informazioni dipende in primis dalle limitazioni analitiche degli approcci metodologici classici che non sono in grado di fornire
un’adeguata caratterizzazione e rivelazione di NPs in matrici complesse
quali gli alimenti (3). Una strategia efficace, quindi, consiste nella ricerca e
nello sviluppo di nuove tecniche analitiche come la single particle inductively coupled plasma (sp-ICP/MS) che si è dimostrata un valido strumento
per la rivelazione di NPs metalliche o ossido-metalliche in diverse matrici
complesse (4).
Date queste premesse, il presente studio si pone l’obiettivo di verificare se
il trattamento prolungato di galline ovaiole con AgNPs possa tradursi in un
accumulo di Ag e AgNPs nei diversi organi (muscolo, fegato, rene) e nelle
uova degli animali trattati e quindi in un potenziale rischio per i consumatori. Per fare ciò le classiche tecniche analitiche quali la spettroscopia di
assorbimento atomico (AAS) e la microscopia elettronica (SEM-EDX) sono
66
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi mediante AAS evidenzia un accumulo residuale di Ag solo nei
fegati e nei tuorli appartenenti al gruppo 2-trattato (figura 1), mentre per
tutte le altre matrici (muscolo, rene, albume) dello stesso gruppo non è
stata rivelata alcuna presenza di Ag (< LoD= 10 µg kg-1).
In particolare la concentrazione riscontrata nei campioni di fegato è compresa tra 141 µg kg-1 e 269 µg kg-1 e per i campioni di tuorlo tra 20 µg
kg-1 e 49 µg kg-1.
La misura totale dell’Ag ottenuta tramite AAS non fornisce alcuna informazione in merito alla forma dell’Ag stesso infatti non è in grado di discriminare tra la forma ionica e quella nanoparticellare.
I campioni di fegato e tuorlo sono stati quindi analizzati tramite sp-ICP/
MS. Dalla tabella 1 si può osservare che parte dell’Ag presente nei campioni di fegato si trova sottoforma di nanoparticelle di diametro medio
simile alle NPs iniziali (16.6 nm) utilizzate per il trattamento degli animali.
L’analisi dei campioni di tuorlo tramite sp-ICP/MS, invece, non ha evidenziato con certezza l’eventuale presenza di NPs. Tuttavia, non si può escludere la presenza di NPs di dimensione inferiore a quella minima misurabile tramite spICP-MS ( circa 10 nm).
67
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1. Bae, E.; Park, H.; Lee, J.; Kim, Y.; Yoon, J.; Park, K.; Choi, K.; Yi, J.
2010. Bacterial cytotoxicity of the silver nanoparticle related to physicochemical metrics and agglomeration properties. Environmental
Toxicology and Chemistry, 29, 2154-2160.
2. Chiao, S.; Lin, S.; Shen, C.; Liao, J.; Bau, I.; Wei, J.; Tseng, L.; Hsu, S.;
Lai, P.; Lin, S. 2012. Efficacy and safety of nanohybrids comprising silver nanoparticles and silicate clay for controlling Salmonella infection.
Int.J.Nanomed. 7, 2421-2432.
3. Linsinger, T.P.J.; Chaudhry, Q.; Dehalu, V.; Delahaut, P.; Dudkiewicz,
A.; Grombe, R.; von der Kammer, F.; Larsen, E.H.; Legros, S.; Loeschner,
K.; Peters, R.; Ramsch, R.; Roebben, G.; Tiede, K.; Weigel, S. 2013. Validation of methods for the detection and quantification of engineered
nanoparticles in food. Food Chem., 138, 1959-1966.
4. Peters, R.J.; Rivera, Z.H.; van Bemmel, G.; Marvin, H.J.; Weigel, S.;
Bouwmeester, H. Development and validation of single particle ICPMS for sizing and quantitative determination of nano-silver in chicken
meat. Analytical and bioanalytical chemistry 2014, 406, 3875-3885.
5. Silver, S.; Phung, L.T.; Silver, G. 2006 Silver as biocides in burn and
wound dressings and bacterial resistance to silver compounds. Journal
of Industrial Microbiology and Biotechnology, 33, 627-634.
L’analisi qualitativa tramite SEM-EDX ha ulteriormente confermato i risultati ottenuti mediante Sp-ICP/MS (figura 2).
Per entrambe le matrici, inoltre, è stato possibile riscontrare la presenza
di aggregati di solfuro di Ag di dimensioni variabili tra 500-2000 nm.
Dai dati ottenuti si può concludere che l’utilizzo di AgNPs nel trattamento
di galline ovaiole può tradursi in accumulo di NPs nel fegato e nelle uova
degli animali trattati con una potenziale esposizione del consumatore a
seguito dell’ingestione di alimenti provenienti da tali animali.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
022
IDENTIFICAZIONE DI SPECIE IN ALIMENTI: SVILUPPO DI METODICHE MOLECOLARI QUALITATIVE E
QUANTITATIVE
Keywords: Frodi, cut-off, digital PCR, digital PCRut-off, digital PCR
Bertasi B.[1], Tilola M.[1], Delibato E.[2], Anniballi F.[2], De Santis P.[3], Varcasia B.M.[3], Scaramagli S.[4], Gottardo S.[4], De Medici D.[2], Losio M.N.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna ~ Brescia ~ Italy, [2]Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana ~ Roma ~ Italy, [4]COOP Italia ~ Bologna ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Controls to avoid frauds are becoming very important in recently
years. To distinguish accidental or voluntary contaminations, quantitative or qualitative cut-off methods are needed, based respectively
on genomic and mitochondrial targets. Real-time PCR as screening
coupled to digital PCR as quantification system could represent the
best application of DNA amplification methods to detect not declared
materials.
singoli target bovino, pollo, suino e tacchino, ed una multiplex per bovino, suino e pollo (sequenze indicate in Tab.1 e reagenti elencati in
Tab.2). I calcoli del cut-off sono stati eseguiti sulla base delle indicazioni dell’EURL-AP.
Quantificazione mediante strumento dPCR
Le reazioni di dPCR sono state condotte selezionando come target un
gene costitutivo della specie pollo (Yun Cai et al. 2014), presente in
singola copia all’interno del genoma. I materiali di riferimento (carni
macinate) sono stati estratti con WP; è stata eseguita una verifica di linearità rispetto alle diluizioni del DNA di pollo (Termociclatore Proflex
PCR System; Lettore di fluorescenza QuantStudio3D, Life Technologies
- Master mix QuantStudio 3D Digital PCR - sonde 250 nM e primer
900 nM; profilo termico 96°C x 10’; 60 °C x 2’, 98 °C x 30’’, 39 cicli; 60
°C x 2’), l’amplificazione del gene della miostatina (Iwobi et al. 2015),
presente in tutti i tessuti animali, e la comparazione dei quantitativi di
copie genomiche di quest’ultima con quelle appartenenti alle differenti specie in esame.
INTRODUZIONE:
La verifica della conformità dei prodotti alimentari rispetto a quanto
dichiarato in etichetta rappresenta un problema che, negli ultimi anni,
sta assumendo grande importanza principalmente in relazione all’identificazione di frodi. La normativa cogente (2000/13/CE) non prevede la distinzione fra contaminazione in tracce e aggiunta volontaria,
ma considera il valore 2% sul prodotto finito quale limite per la dichiarazione in etichetta dell’ingrediente. Nel 2013, durante l’emergenza dovuta alla presenza di carne di cavallo non dichiarata in prodotti
circolanti in diversi paesi europei, il piano di monitoraggio emanato
per il controllo, conteneva come requisito di non conformità, e quindi
imputabile ad aggiunta volontaria, una soglia dell’1% di contaminante.
Le misure di gestione, attuate prevalentemente presso gli IIZZSS, sono
state condotte utilizzando metodiche analitiche qualitative validate,
tra cui la Real-time PCR (qPCR) suggerita dal laboratorio europeo di
riferimento (EURL_AP), che prevedeva il calcolo del cut-off all’1%, soltanto per la ricerca del DNA di cavallo nella carne macinata. Tale situazione ha portato la comunità scientifica a effettuare ulteriori ricerche
in relazione alle metodiche di rilevazione del DNA di diverse specie,
per estendere l’utilizzo del cut-off a differenti target in prodotti complessi anche altamente processati; parallelamente è nata l’esigenza di
sviluppare dei metodi quantitativi per l’eventuale verifica/conferma
della percentuale di contaminante. A tale scopo, nel presente lavoro
sono stati sviluppati metodi qPCR qualitativi con cut-off per determinare pollo, tacchino, suino e bovino. Inoltre sono state effettuate delle
prove preliminari per verificare l’applicabilità della digital PCR (dPCR)
come sistema di quantificazione.
Figura 1: Box plot che rappresenta la quantità di Ag totale rilevata
in campioni di fegato e tuorlo di animali trattati con AgNPs (gruppo
2-trattato). Nel gruppo1-controllo non è stato rilevato alcun accumulo
residuale di Ag (< LoD = 10 µg Kg-1), per necessità grafiche tale risultato è espresso come LoD/2.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi delle performance dei sistemi d’estrazione ha evidenziato, in
termini di quantità di DNA estratto, dei risultati sovrapponibili per i kit
WP e QDN. Tuttavia gli estratti ottenuti con WP hanno mostrato un
grado di purezza maggiore, ma una minore efficienza nei campioni di
ragù. Relativamente alle qPCR ed al calcolo dei cut-off, i valori ottenuti
in matrici alle medesime percentuali di target (0.5% ed 1%), hanno
mostrato differenze significative in alcuni campioni, imputabili ai differenti kit d’estrazione. La linearità di risposta nel calcolo del cut-off
all’1% ha evidenziato che tutte le qPCR utilizzate sono idonee in ambito routinario; inoltre sfruttando l’amplificazione di geni mitocondriali,
più difficilmente degradabili e conferiscono notevoli vantaggi al sistema diagnostico quando applicato a prodotti processati.
Nelle prove eseguite con dPCR è stato possibile osservare linearità fra
il numero delle copie genomiche e le differenti percentuali di target
presenti nel DNA estratto (Fig.1). Nei materiali di riferimento (MR),
invece non è stata evidenziata una differenza significativa fra i valori di
copie genomiche ottenute dai MR all’1% e al 5% di target.
Il numero di copie genomiche calcolato per la matrice pollo (0.5, 1
e 5%), se confrontato con il numero di copie associato alla percentuale di contaminante pollo presente nel MR, è risultato paragonabile
in termini di ordine di grandezza, suggerendo la possibilità di quantificare il target selezionato anche in matrici alimentari costituite da
più ingredienti. L’amplificazione dei MR di carne macinata e ragù, e
dei campioni contenenti solo DNA di muscolo di pollo, ha evidenziato
che le copie genomiche ottenute risultavano molto simili al contenuto
in copie genomiche della miostatina. Attualmente, tale condizione si
è verificata solo per la specie pollo, perché sperimentazioni condotte
su DNA di differenti specie hanno evidenziato un diverso numero di
copie della miostatina (a pari quantità di DNA). Ulteriori studi saranno
necessari per migliorare la gestione dell’espressione del risultato nel
sistema dPCR. La ricerca del DNA mitocondriale, sfruttata per i meto-
MATERIALI E METODI:
Preparazione materiali di riferimento
Sono stati preparati campioni di carne macinata e ragù, contenenti
bovino, suino, pollo e tacchino (0.5, 1 e 5%) in macinato di cavallo.
L’omogeneità è stata valutata mediante amplificazione in qPCR del
gene codificante il citocromo-b del DNA mitocondriale di suino (2). I
campioni di ragù sono stati autoclavati per 20 minuti a 115 °C, per
simularne la produzione.
Confronto kit d’estrazione
I kit d’estrazione (elencati in Tab.2) sono stati confrontati mediante misurazione dell’OD ratio e del quantitativo di DNA estratto dai campioni
di carne macinata e di ragù.
Allestimento delle reazioni qPCR con determinazione di cut-off
Sono state allestite 5 differenti reazioni di qPCR, 4 per la ricerca dei
Tabella1: caratteristiche delle NPs contenenti Ag rilevate nel fegato
tramite sp-ICP-MS
Figura 2: (a) Immagine SEM di AgNPs presenti in fegato trattato (diametro medio 20-50 nm); (b) spettro EDX delle AgNPs rilevate.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
YOUNG
di qualitativi, fornisce una quantificazione poco accurata, in quanto i
geni mitocondriali possono essere presenti in differente numero di copie anche in tessuti diversi dello stesso organismo; d’altra parte i geni
target presenti in singola copia sono meno adatti come indicatori per
valutare la presenza di una determinata specie in prodotti processati.
Il futuro nell’ambito delle analisi svolte per l’identificazione di specie
potrebbe quindi essere rappresentato dall’applicazione di un pannello
di metodiche, costituito da sistemi in qPCR qualitativi con determinazione di cut-off, nella fase di screening e di metodi in dPCR quantitativi
in matrici complesse.
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare per i finanziamenti il progetto di Ricerca Corrente IZSLER 2013/005
SESSIONE YOUNG S.I.Di.L.V.
023
WHOLE GENOME SEQUENCING (WGS) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI
DA MOLLUSCHI BIVALVI
Keywords: Escherichia coli, WGS, bivale molluscs
Chierichetti S.[1], Cowley L.A.[2], Ottaviani D.[1], Latini M.[1], Grant K.A.[2], Leoni F.[1]
[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ~ Ancona ~ Italy,
Public Health England, Gastrointestinal Bacterial Reference Unit ~ London ~ United Kingdom
[2]
SUMMARY:
New lineages of Escherichia genus, named cryptic clades, have been
recently described. They include isolates phenotypically indistinguishable but genetically divergent from E. coli. Cryptic clades are more
prevalent in the environment than in fecal samples, suggesting they
could be naturalized E. coli populations. In this study, WGS was performed on E. coli strains isolated from clams in order to study the
Escherichia population from shellfish. Genomes were sequenced by
Next Generation Sequencing (NGS) at the Public Health England, analyzed through the PHE pipeline and compared with the PHE E. coli database. This study checked the consistency between the WGS results
and those from PCR-based methods and confirmed the presence of
multidrug resistant E. coli in shellfish.
Tabella 2: valori di cut-off ottenuti nelle PCR Real-time a target singolo
e nella PCR Real-time multiplex
Figura 1: correlazione fra n° di copie genomiche e % di target (DNA di
pollo) in campioni artificialmente contaminati
BIBLIOGRAFIA:
1) Iwobi et al. (2015) A multiplex real-time PCR method for the quantification of beef and pork fractions in minced meat. Food chemistry,
169, 305-313
2) Yun Cai et al. 2014 Quantitative Analysis of Pork and Chicken Products by Droplet Digital PCR http://dx.doi.org/10.1155720147810209
Tabella 1: sequenze di primer e sonde utilizzate nelle simplex e multiplex qPCR
tor (Qiagen) utilizzando il kit QIAsymphony DSP DNA. La quantificazione del DNA è stata eseguita mediante il kit Molecular Probes QuantiiTM dsDNA Assay (LifeTechnologie, Invitrogen) e lettura spettrofotometrica (Glomax, Promega).
- Allestimento Library. Ogni campione di DNA è stato frammentato e
taggato con adattatori mediante Nextera XT DNA Library Preparation
kit. Le library ottenute sono state purificate mediante PCR Clean-up
usando AMPure XP beads e validate mediante Agilent Technology
2100 Bioanalyzer.
- Library Pooling. Volumi uguali delle library sono stati combinati e
denaturati per ottenere il Pooled Amplicon Library (PAL) e il DNA quantificato tramite Real Time-PCR mediante KAPA Library Quantification
Kit Illumina.
- Sequencing. E’ stato eseguito mediante il sequenziatore Illumina
HiSeq “2500”
- Data Analyses. L’analisi bioinformatica è stata eseguita mediante la
pipeline interna del PHE e i genomi confrontati con la banca dati di
genomi del PHE di E. coli isolati per lo più da campioni umani.
INTRODUZIONE:
Studi recenti hanno individuato cinque clades del genere Escherichia
definiti criptici. Essi includono ceppi genotipicamente divergenti da
E. coli, ma fenotipicamente indistinguibili mediante i tradizionali criteri biochimici (7). Ceppi criptici sono stati isolati in tutto il mondo,
raramente da feci umane, più frequentemente da campioni di acqua,
suolo e sedimento (2,7). Questi dati suggeriscono che si possa trattare
di batteri adattati all’ambiente con caratteristiche genetiche distinte e non primariamente associati ai mammiferi (2,7). La persistenza
nell’ambiente di ceppi di E. coli con particolari determinanti di virulenza e di antibiotico resistenza (AR) può invece favorire la trasmissione
orizzontale di tali elementi e la conseguente evoluzione di nuovi pattern genetici (5). Clermont et al. hanno messo a punto una quadruplex PCR per determinare il filogruppo di E. coli e di Escherichia criptici
(2,3). In questo studio, il WGS mediante NGS technology è stato eseguito su ceppi di E. coli isolati da Chamelea gallina, precedentemente
tipizzati mediante Multi Locus Sequence Typing (MLST), gruppo filogenetico e pattern di AR con metodo Kirby-Bauer (6). I risultati di questo
studio hanno permesso di: verificare la corrispondenza tra i risultati
del WGS e quelli ottenuti da metodi tradizionali, molecolari e non; studiare la popolazione del genere Escherichia presente nei molluschi e
meglio comprenderne la distribuzione ambientale.
Tabella 1. Ceppi di E. coli isolati presso i laboratori dell’IZSUM di Ancona da vongole (Chamelea gallina) provenienti da aree di produzione
della costa marchigiana del Mare Adriatico (Vignaroli et al., 2016).
MATERIALI E METODI:
Campioni: 13 ceppi di E. coli isolati presso i laboratori dell’IZSUM di
Ancona mediante numerazione di E. coli glucuronidasi positivi con
tecnica del Most Probable Number (MPN) (4) da vongole (Chamelea
gallina) provenienti da aree di produzione della costa marchigiana del
Mare Adriatico (6) (Tabella 1). I ceppi sono stati analizzati mediante
estrazione del DNA, allestimento delle library e WGS presso Public Health England (PHE) di Londra (1).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le tabelle 2 e 3 mostrano i risultati dell’analisi bioinformatica.
-7 ceppi sono stati identificati come E. coli; dei 6 ceppi criptici 2 sono
stati identificati come E. Albertii e 4 come Escherichia sp.
-Nessun ceppo presenta i geni di virulenza ricercati dalla pipeline (Tabella 2).
-Il Sequence Type (ST) derivato da WGS è identico al ST ottenuto mediante MLST con sequenziamento classico. Nuovi ST sono stati ritrovati nei ceppi criptici (Tabelle 1 e2).
-I geni di AR identificati mediante WGS sono consistenti con quanto ritrovato fenotipicamente con il test in vitro di Kirby-Bauer (Tabelle 1 e 3).
- Estrazione del DNA e preparazione del campione. L’estrazione del
DNA è stata eseguita mediante QIAsymphony automated DNA extrac-
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Geneva, Switzerland.
5. Vignaroli C, Luna GM, Rinaldi C, Di Cesare A, Danovaro R, Biavasco
F. 2012. New sequence types and multidrug resistance among pathogenic Escherichia coli isolates from coastal marine sediments. Applied
and Environmental Microbiology 78:3916-3922
6. Vignaroli C, Di Sante L, Leoni F, Chierichetti S, Ottaviani D, Citterio
B, Biavasco F. 2016. Multidrug-resistant and epidemic clones of Escherichia coli from natural beds of Venus clam. Food Microbiology 59: 1-6.
7. Walk ST, Alm EW, Gordon DM, Ram JL, Toranzos GA, Tiedje JM, Whittam TS. 2009. Cryptic lineages of the Genus Escherichia. Applied and
Environmental Microbiology 75:6534-6544.
-I risultati del replicon type evidenziano che 11/13 ceppi hanno un
plasmide (Tabella 2).
Da questo studio si evince che i risultati del WGS confermano quelli
ottenuti medianti i metodi biochimici e molecolari classici; si conferma
la presenza di resistenze multiple agli antibiotici nella popolazione di
Escherichia coli isolati da molluschi (5,6); il WGS si conferma un metodo all’avanguardia per studi di popolazione e sull’evoluzione delle
specie (1). Un ulteriore obiettivo è quello di estendere il confronto dei
13 genomi con quelli di altri E. coli patogeni e commensali, analizzare
i plasmidi per identificare la localizzazione dei determinanti di AR e
approfondire le indagini filogenetiche sui clades criptici.
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YOUNG
024
CARATTERIZZAZIONE DEL MICROBIOMA DI CAMPIONI FECALI PRELEVATI
DA PAZIENTI CON INFEZIONE DA STEC
Keywords: metagenomica, STEC, microbioma
Gigliucci F.[1], Raangs E.[2], Rossen J.[2], Friedrich A.[2], Morabito S.[1]
Istituto Superiore di Sanità ~ ROMA ~ Italy, [2]University Medical Center Groningen ~ Groningen ~ Netherlands
[1]
SUMMARY:
The pathogenesis of STEC infections is not completely understood,
beside the pathogenic potential of the infecting strains, a number of
other factors appear to be involved in the progression of the infections, particularly the development of the most severe forms such as
the HUS. One possibility is that the host microbiota can play a role
by interfering with the STEC ability to efficiently colonize the gastrointestinal tract. Additionally, it has been proposed that different bacterial species in the host microbiota can act as amplifiers of the Stxconverting phage resulting in augmented ability to produce the toxin.
We carried out a metagenomics study to investigate the relationships
between the STEC and the gut microbiota present in the host in order
to highlight differences in the species composition of the microbiota
through the comparison of specimens from cases of infections and
healthy controls.
Il DNA totale è stato estratto dai campioni utilizzando i kit EZNA Stool
DNA (Omega Bio-tek, Norcross, Ga.) e Power Soil DNA Isolation Kit,
(MO BIO Laboratories inc., Carlsbad, CA, USA) a partire da 0,25g di
feci.
I campioni A.4, A.30, A.9 sono stati sequenziati con un IonTorrent
PGM1 all’ISS secondo il protocollo 400bp utilizzando chip 316 v2 (Life
Techonologies, Carlsbad, CA, USA). Le librerie dei rimanenti campioni,
sono state preparate utilizzando il kit TruSeq Nano DNA Library Prep
ed il sequenziamento è stato effettuato con una piattaforma Illumina
MiSeq presso l’UMCG.
L’analisi bioinformatica dei metagenomi è stata condotta utilizzando
gli strumenti “virulotyper” per la ricerca dei geni di virulenza di E. coli
e “Diamond” per la mappatura dei metagenomi contro il database degli ortologhi COG presenti nel webserver ARIES (https://w3.iss.it/site/
aries/). L’analisi tassonomica e le visualizzazioni di tutti i risultati sono
state eseguite con il software MEGAN ver. 5 (2).
INTRODUZIONE:
Gli E. coli produttori di Shiga-tossine (STEC) sono patogeni capaci di
causare malattie nell’uomo. Nel corso dell’infezione, l’ospite può essere completamente asintomatico o sviluppare un’ampia varietà di
sintomi, come diarrea di lieve entità o forme più gravi come la diarrea
emorragica e la sindrome emolitico-uremica. Queste ultime manifestazioni cliniche sono mediate dall’azione delle Shiga tossine (Stx) (4)
sull’endotelio della microvascolatura dell’intestino e del glomerulo
renale (3).
Diversi fattori, sia del ceppo infettante sia dell’ospite, possono essere
coinvolti nella progressione dell’infezione da STEC. E’ possibile che il
microbiota intestinale possa influire sulla capacità degli STEC di colonizzare efficacemente il tratto gastro-intestinale. Inoltre, è stato proposto che diverse specie batteriche della microflora intestinale possano agire come amplificatori del fago che veicola i geni che codificano
le Stx, aumentando la produzione della tossina (1).
In questo studio abbiamo applicato la metagenomica per caratterizzare il microbioma di campioni fecali provenienti da casi di infezioni
da STEC e da individui sani, raccolti in Italia e Olanda con lo scopo di
identificare possibili differenze nella composizione in unità tassonomiche e di comprendere la natura delle relazioni tra gli STEC e la flora
intestinale nel corso dell’infezione.
Tabella 2. Risultati del WGS riguardanti l’identificazione, il Sequence
Type il sierotipo, il Replicon Type e i geni di virulenza.
Tabella 3. Risultati del WGS riguardanti l’antibiotico resistenza
BIBLIOGRAFIA:
1. Ashton P, Nair S, Peters T, Tewolde R, Day M, Doumith M, Green
J, Jenkins C, Underwood A, Arnold C, de Pinna E, Dallman T, Grant
K. 2015. Revolutionising Public Health Reference microbiology using
Whole Genome Sequencing: Salmonella as an exemplar. bioRxiv doi:
http://dx.doi.org/10.1101/033225.
2. Clermont O, Gordon DM, Brisse S, Walk ST, Denamur E. 2011. Characterization of the cryptic Escherichia lineages: rapid identification
and prevalence. Environmental microbiology 13: 2468-2477.
3. Clermont O, Christenson JK, Denamur E, Gordon DM. 2013. The Clermont Escherichia coli phylo-typing method revisited: improvement
of specificity and detection of new phylo-groups. Environtal Microbiology Rep. 5 (1), 58-65.
4. ISO/TS 16649-3, 2005. Microbiology of food and animal feeding
stuffs-enumeration of glucuronidase positive Escherichia coli-part 3:
Most Probable Number technique using 5-bromo-4-chloro-3-indolylD-glucuronide acid. International Organization for Standardization,
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Lo studio dei metagenomi ha riguardato per il momento i soli campioni prelevati in Italia. Sono in corso le analisi dei campioni prelavati in
Olanda. Il sequenziamento effettuato con MiSeq ha prodotto metagenomi compresi tra 4.7 GB e 9 GB, mentre la piattaforma Ion Torrent ha
prodotto sequenze di 1.5-2 GB.
La ricerca dei geni di virulenza di E. coli ha rilevato i geni di virulenza
degli STEC in tutti i campioni da soggetti con evidenza d’infezione (Tabella 1) indipendentemente dalla piattaforma utilizzata per il sequenziamento. Nei campioni fecali A.32, A.40 e A.41 e in quelli provenienti
da soggetti sani è stata confermata l’assenza di geni codificanti le Stx
(Tab. 1).
La metagenomica ha mostrato una buona sensibilità relativamente
alla ricerca dei geni di virulenza degli STEC nei campioni prelevati nel
corso dell’infezione, indicando una possibile linea di sviluppo di questo approccio quale strumento diagnostico.
Inoltre, l’analisi tassonomica effettuata a livello di classe, ha evidenziato differenze tra i campioni analizzati. In dettaglio, gli Actinobacteria sono risultati più abbondanti nei controlli e quasi assenti nei casi
(Figura 1). Inoltre, considerando il Phylum dei Firmicutes, una chiara
differenza è emersa nell’abbondanza relativa delle classi dei Bacilli e
dei Clostridi, con i primi predominanti nei campioni dai casi, e i secondi
nei controlli analizzati (Fig.1 e 2).
L’analisi dei metagenomi, ancorché preliminare, ha consentito di identificare differenze nella composizione in unità tassonomiche tra i campioni positivi per STEC e il gruppo dei controlli. L’osservata preponderanza di Clostridi in assenza di infezione da STEC o in fase di recupero
post-infezione suggerisce che la colonizzazione intestinale degli STEC
potrebbe contrastare la normale permanenza dei Clostridi nel tratto
intestinale, favorendo invece la presenza dei Bacilli. La forte presenza
di Actinobacteria nei campioni negativi per STEC potrebbe suggerire
un ruolo protettivo da parte di alcune specie appartenenti a questa
classe, tra cui i batteri lattici, cui sono attribuite proprietà protettive e
immunostimolanti.
Sono in corso analisi di co-occorrenza per indagare la variazione delle relazioni tra le unità tassonomiche dei microrganismi nell’intestino
umano nel corso dell’infezione da STEC.
MATERIALI E METODI:
I Campioni inclusi nel modello di studio, erano stati raccolti in Italia
e in Olanda nel corso di una collaborazione tra l’ISS e l’Università di
Groningen (UMCG).
Dieci campioni prelevati nel corso delle indagini su un’epidemia causata da STEC O26:H11 nel 2015 in provincia di Roma sono stati studiati.
Tre campioni con evidenza di infezione da STEC erano stati prelevati da pazienti con diarrea non complicata (A.8, A.14) o emorragica
(A.9). Sette campioni sono stati utilizzati come controlli tutti prelevati
da soggetti tornati asintomatici dopo infezione con STEC (A.32, A.40,
A.41) o da soggetti sani (A.16, 481-5, A.4, A.30).
I prelievi effettuati in Olanda consistevano in quattro campioni fecali
provenienti da pazienti ricoverati presso l’UMCG: uno con evidenza di
infezione da STEC e tre positivi per il gene escv, indicatore di infezione
con E. coli enteropatogeno (EPEC).
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BIBLIOGRAFIA:
1.Gamage SD, Strasser JE, Chalk CL, Weiss AA. Nonpathogenic Escherichia coli can contribute to the production of Shiga toxin. Infect. Immun. (2003). 71:3107-15
2.Huson DH, Auch AF, Qi J, Schuster SC. (2007). MEGAN analysis of
metagenomic data. Genome Res.17(3):377-86
3.Karch H, Tarr PI, Bielaszewska M. (2005). Enterohaemorrhagic Escherichia coli in human medicine. Int J Med Microbiol. 295:405-18
4.O’Brien AD, Newland JW, Miller SF, Holmes RK, Smith HW, and Formal SB. (1984). Shiga-like toxin-converting phages from Escherichia
coli strains that cause hemorrhagic colitis or infantile diarrhea. Science
226, 694-696
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025
COLTURA DI BATTERI INTRACELLULARI E SVILUPPO DI MICRO-IFA IN-HOUSE
PER LA DIAGNOSI DI RICKETTSIOSI
Keywords: batteri intracellulari, colture cellulari, micro-IFA
Lucchese L.[1], Fournier P.E.[2], Mion M.[1], Selli L.[1], Natale A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (PD) ~ Italy, [2]Centre National de Référence Rickettsia, Coxiella, Bartonella,
Unité des Rickettsies et des pathogènes émergents, CHU de Marseille - Hôpital de la Timone ~ Marsiglia ~ France
[1]
SUMMARY:
Vector borne diseases, caused by intracellular bacteria, are considered as emerging and re-emerging infections worldwide. Several of
these pathogens are of veterinary interest, not only for the severity
of the diseases they can induce, but also because of their zoonotic
potential. Thanks to the young researcher SIDiLV grant, a 4-weeks
training was performed at the Centre National de Référence Rickettsia, Coxiella, Bartonella aimed to gain both theoretical and
practical skills in the culture of intracellular bacteria/arthropod
borne bacteria of veterinary importance and developing of microimmunofluorescence assays not yet available as commercial kits.
The new scientific and practical skills will allow implementing some
new activities within the IZSVe laboratories, improving the diagnostic performances for vector-borne diseases, developing new
scientific activities and creating a scientific network between Italian and French Institutes.
Tabella 1. Geni di virulenza associati all’infezione con un ceppo STEC
O26 emersi nei campioni analizzati
e di ricerca presso l’IZSVe.
- Purificazione dell’antigene (batteri intracellulari) per la produzione di vetrini da micro-IFA e per la caratterizzazione genetica.
- Allestimento di vetrini per micro-IFA contenenti fino a 5 antigeni
per pozzetto, modalità di esecuzione e lettura della prova.
Durante il soggiorno, sono stati individuati in collaborazione con
i colleghi francesi, campi di ricerca comuni per avviare progetti di
ricerca in collaborazione tra i due Istituti.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In tabella 1 viene riportata la lista degli antigeni individuati come
di interesse (4) che saranno forniti gratuitamente all’IZSVe dal CNR
francese per consentire una prima indagine sierologica sulle rickettsiae maggiormente circolanti nel Nord-est italiano. Per la coltivazione, il mantenimento e la produzione dei batteri intracellulari
sono state individuate le seguenti linee cellulari, fornite anch’esse
dal CNR francese, e attualmente in via di stabilizzazione presso i
laboratori IZSVe:
- L929 = fibroblasti di topo trasformati
- CE = cellule endoteliali di cordone di origine umana
- XTC2 = cellule di Xenopus laevis
A queste si aggiunge la linea cellulare VERO, già in uso nel laboratorio di Sierologia e Malattie pianificate IZSVe. Le cellule L929
saranno utilizzate per la coltura dei ceppi di rickettsiae forniti e
per eventuali prove di isolamento. Per la produzione di rickettsiae
come antigeni IFA potranno essere utilizzate anche le XTC-2, comunque indispensabili per l’isolamento e la coltivazione di Rickettsia felis. Le cellule CE verranno utilizzate per la coltura e l’isolamento di Bartonella henselae, mentre per la produzione dell’antigene
IFA potranno essere utilizzate le cellule VERO.
Per l’allestimento dei vetrini da micro-IFA sono stati individuati
diversi set di antigeni (fino ad un massimo di 5 a pozzetto) a seconda delle esigenze diagnostiche e di ricerca, da disporre nel pozzetto secondo lo schema riportato in figura 1. Ai fini delle indagini
epidemiologiche per Rickettsia spp. potranno essere allestiti due
pannelli di vetrini contenenti i 9 antigeni. Per altri utilizzi vengono
riportati in tabella 2 alcune proposte di pannelli specifici per il cane
e il gatto. La flessibilità di un allestimento della prova in-house consentirà anche di definire pannelli ad hoc a seconda delle esigenze
future, anche in associazione ad altri antigeni.
L’acquisizione delle procedure e delle linee cellulari per l’isolamento di Rickettsia spp. e Bartonella spp. consentirà di allestire specifiche prove di isolamento da campioni biologici, che permetteranno
di individuare i ceppi circolanti nel territorio e, successivamente, di
inviarli al CNR francese per la genotipizzazione. Una prima applicazione delle metodiche di isolamento è prevista all’interno della
ricerca corrente IZSVe (RC 04/15) “Effetti della leucoriduzione sulla conservazione e sull’infettività del sangue intero e degli emocomponenti di cane” per valutare la sopravvivenza e l’infettività
Rickettsia conorii nel sangue intero e nel sangue leuco-ridotto durante il periodo di stoccaggio delle sacche di sangue canino destinate a donazione.
INTRODUZIONE:
Le malattie trasmesse da vettori, causate da batteri intracellulari
quali Rickettsia, Ehrlichia e Bartonella, sono considerate malattie
riemergenti a livello mondiale (3) e rilevanti in campo veterinario,
non solo per la gravità delle forme cliniche che possono indurre (5),
ma anche per il loro potenziale zoonosico (1,2). L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha visto negli ultimi anni
la necessità di implementare le sua offerta diagnostica nel campo
delle malattie trasmesse da vettori. Attività quali lo screening dei
cani donatori per la banca del sangue canino, le numerose attività di ricerca e le prove di laboratorio per la diagnosi di casi clinici
rendono necessaria l’esecuzione di prove sierologiche che spesso
non posso avvalersi di una adeguata offerta commerciale di kit, in
particolare per quanto riguarda le rickettsiosi. Per questo motivo,
grazie ad una delle borse di studio finanziate dalla SIDiLV, è stato
possibile effettuare un mese di training presso il Centre National
de Référence Rickettsia, Coxiella, Bartonella (CNR) in Francia, con
l’obiettivo di:
- acquisire conoscenze sulla gestione delle colture di batteri intracellulari, sul loro isolamento e sull’allestimento di kit di micro-immunofluorescenza (micro-IFA) in-house per la diagnosi sierologica
- individuare le modalità di applicazione delle conoscenze acquisite
presso l’IZSVe,
- instaurare una collaborazione scientifica tra i due Centri.
Figura 1. Analisi tassonomica comparativa effettuata a livello di classe.
Ogni cerchio indica l’abbondanza relativa di tratti genetici associati a
classi batteriche (mostrate sul lato destro del grafico) emerse nei campioni analizzati (mostrati sul fondo del grafico). I primi tre campioni
provengono dai pazienti sintomatici, i rimanenti sette dal gruppo di
controllo
MATERIALI E METODI:
Il training di 4 settimane ha previsto attività teoriche e pratiche
presso il laboratorio di sierologia, il laboratorio cellule BSL2 e il laboratorio per gli isolamenti BSL3 del CNR francese ed è stato focalizzato su:
- Gestione delle colture cellulari e identificazione delle linee cellulari adatte a coltivare i batteri intracellulari di interesse veterinario.
- Coltura, mantenimento, produzione e stoccaggio di batteri intracellulari, in particolare Rickettsia spp. e Bartonella spp., e identificazione dei ceppi di interesse da coltivare per attività diagnostiche
Figura 2. Abbondanza relativa della classe dei Clostridi (parte viola)
e dei Bacilli (parte verde chiaro), rispettivamente nel gruppo dei casi
(Figura A) e in quello dei controlli (Figura B). Le bande bianche all’interno di ogni figura rappresentano l’abbondanza nei differenti campioni
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026
NEW SEQUENCE VARIANTS OF STAPHYLOCOCCAL ENTEROTOXINS DETECTED: HOST SPECIFICITY AND
CHARACTERIZATION STUDY
Keywords: Stapylococcal enterotoxin, Staphylococcus aureus, sequence variation
Macori G.[2], Gallina S.[2], Johler S.[1], Sihto H.M.[1], Stephan R.[1], Decastelli L.[2]
Figura 1. Schema di distribuzione degli antigeni nel pozzetto micro-IFA
Institute for Food Safety and Hygiene, Vetsuisse Faculty University of Zurich ~ Zurich ~ Switzerland,
National Reference Laboratory for Coagulase-Positive Staphylococci including Staphylococcus aureus, Istituto Zooprofilattico
Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Staphylococcus aureus is the most common cause of food poisoning
worldwide. Enterotoxigenic strains can produce multiple staphylococcal enterotoxins (SEs), including the five major SEs: SEA, SEB, SEC, SED,
and SEE. While variants of these toxins have been described and were
linked to specific hosts or levels or enterotoxin production, data on
sequence variation is still limited. In this study, we analysed the promoter and gene sequences of seb, sec, and sed from strains isolated
from foodborne outbreaks, human infections, human nasal colonization, rabbits, and cattle. New sequence variants were detected for all
three enterotoxins. While the seb promoter and gene sequences exhibited a high degree of variability, the sec and sed promoter and gene
were more conserved. Interestingly, a truncated variant of sed was
detected in all tested sed harboring rabbit strains.
Tabella 1. Antigeni di interesse per l’allestimento di vetrini da microimmunofluorescenza.
ogni PCR sono state impiegate le seguenti condizioni di reazione: attivazione enzima 5’95°C, seguiti da 30 cicli di amplificazione (denaturazione 95°C30”, annealing a Temp. specifica per 30” e estenzione a
72°C75”) e estenzione finale a 72°C10’. I prodotti di PCR sono stati purificati con Kit MinElute (Qiagen, Germania) e sequenziati (Microsynth,
Svizzera). Le sequenze acquisite sono state analizzate utilizzando il software CLC (v6.9, CLC Bio/Qiagen, Danimarca) e sono state confrontate con le sequenze nucleotidiche di ceppi di riferimento pubblicati
(GenBank, NCBI). L’espressione in vitro delle tossine SEB, SEC e SED
è stata valutata in ceppi selezionati utilizzando il kit SET-RPLA (Oxoid,
Svizzera).
INTRODUZIONE:
I ceppi enterotossigenici di Staphylococcus aureus sono in grado di
produrre una o più delle cinque principali enterotossine stafilococciche (ES) rilevabili con i metodi ufficiali (SEA, SEB, SEC, SED, SEE)(3).
Alcuni ceppi possono differire per i livelli di mRNA e di ES prodotte se
sottoposti a particolari condizioni di stress ambientale specialmente
nelle matrici alimentari (9). Altre tossine sono espresse in relazione al
ciclo biologico del fago che porta la sequenza dell’enterotossina come
nel caso di SEA (2). Studi di caratterizzazione dei promotori del gene
per la tossina SEB e SED hanno dimostrato che la regione che va da -98
a -59 coppie di basi a monte del gene e da -34 a +18, sono necessarie
per l’espressione e la regolazione della tossina SEB e SED (10). Il gene
SEB è localizzato in una delle sette isole di patogenicità caratterizzate
per S.aureus (Staph.aureus pathogenesis island: SAPI)(8). Alcuni ceppi
possono avere differenti SAPI per il gene SEB influenzandone l’espressione e l’attività (5). Anche il gene di SEC può essere localizzato in diverse SAPI, tra cui SaPIn1, SaPIm1, SaPImw2, e SaPIbov1 e sono state
descritte quattro varianti strutturale della tossina (SEC1-4) associate
a ceppi di S.aureus umani, e le varianti SEC-bovina e SEC-ovina (1).
Le sequenze geniche di SED risultano essere altamente conservate e
sono localizzate su un plasmide (pIB485). Tuttavia, sono stati isolati
alcuni ceppi da ospite umano, con diverse mutazioni (4). Lo scopo di
questo studio è stato quello di sequenziare e analizzare i promotori e i
geni codificanti le tre enterotossine stafilococciche SEB, SEC e SED di S.
aureus isolati da diversi ospiti, per evidenziare e identificare eventuali
varianti e la loro espressione in vitro.
Tabella 2. Set di pannelli antigenici per l’allestimento di vetrini da micro-IFA
BIBLIOGRAFIA:
1- Breitschwerdt, E. B., Maggi, R. G., Chomel, B. B., & Lappin, M. R.
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4- Parola, P., Paddock, C. D., Socolovschi, C., Labruna, M. B., Mediannikov, O., Kernif, T., ... & Raoult, D. (2013). Update on tick-borne rickettsioses around the world: a geographic approach. Clinical microbiology reviews, 26(4), 657-702.
5- Solano-Gallego, L., Kidd, L., Trotta, M., Di Marco, M., Caldin, M.,
Furlanello, T., & Breitschwerdt, E. (2006). Febrile illness associated
with Rickettsia conorii infection in dogs from Sicily. Emerg Infect Dis,
12(12), 1985-8.
MATERIALI E METODI:
Il dataset completo comprende 37 ceppi di S.aureus isolati da malattie
trasmesse da alimenti (MTA)(n=9), isolati da tamponi nasali e infezioni umane (n=16), carcasse di coniglio (n=8) e latte bovino mastitico
(n=4) Tabella 1. 12 ceppi sono produttori di SEB, 10 producoono SEC e
15 producono SED. La ricerca dei tre geni codificanti e i rispettivi promotori è stata effettuata mediante singole reazioni di PCR utilizzando
Phusion High-Fidelity System (Thermo, Svizzera) in 50 µL di reazione.
Primer e concentrazione dei reagenti sono riportati in tabella 2. Per
76
Tabella 1. Data set dei ceppi utilizzati in questo studio. Sono riportati
geni (seb: gene codificante ES tipo B; sec: gene codificante ES tipo C;
sed: gene codificante ES tipo D), gli esiti delle analisi delle varianti genetiche evidenziate (v: variante) e l’origine di isolamento.
77
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
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Staphylococcus aureus and its association with prophage Induction.
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3.Hennekinne JA et al. Staphylococcus aureus and its food poisoning
toxins: characterization and outbreak investigation. FEMS Microbiol
Rev. 2012;36:815-836.
4.Kauffman NM et al. Staphylococcal enterotoxin D production by
Staphylococcus aureus FRI 100. J.FoodProt. 2006;69:1448-1451.
5.Kohler PL et al. Staphylococcus aureus isolates encode variant staphylococcal enterotoxin B proteins that are diverse in superantigenicity
and lethality. PLoS ONE. 2012;7:169
6.Lis E et al. Production of staphylococcal enterotoxin R by Staphylococcus aureus strains. FoodbornePathog.Dis. 2012;9:762-766.
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10.Zhang S et al. Characterization of the promoter elements for the
staphylococcal enterotoxin D gene. J.Bacteriol. 2000;182:2321-2325.
Tabella 2. Primer utilizzati in questo studio e condizioni di reazione.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sono state individuate cinque varianti del promotore SEB (sebp V1V5) con mutazioni puntiformi nelle regioni essenziali per l’espressione
della tossina che si trova tra -59 e -93 nucleotidi a monte del sito di
inizio della trascrizione. Tutte le varianti risultano identiche nelle zone
a monte del gene che vanno da -35 (TGAATA) e -10 (TATATT) per tutte
le tre tossine studiate. Lo studio del gene ha evidenziato una variazioni nella sequenza nucleotidica in numerose posizioni che generano 4
varianti (seb v1-v4). Sono state identificate per la prima volta nuove
varianti: un ceppo responsabile di una MTA, sebp V3/seb v3 e tre ceppi responsabili di un’infezione in uomo di cui due sebp V4/seb v3 e un
ceppo sebp V5/seb v4.
Le sequenze del promotore e del gene codificante per SEC sono stati determinati in 10 ceppi e sono state identificate rispettivamente
3 (secP V1-V3) e 4 varianti (sec v1-v4). Due nuove varienti sono stat
identificate, entrambi i ceppi sono stati isolati da tampon nasali e presentano rispettivamente la variante secp V3/sec v3 e secp V1/sec v4.
Le sequenze analizzate per il promotore e per il gene codificante per
SED ha messo in evidenza rispettivamente 3 e 4 varianti (sedp V1-3
e sed v1-4). Sono state osservate mutazioni puntiformi in un ceppo
umano (posizione 198 da G a A, posizione 364 da T a G) e in tre ceppi
di MTA e un bovino (posizione 383 da G a A). I sei ceppi isolati da coniglio presentano la stessa variante nel gene (sed v3), che corrisponde
ad una delezione nel gene alla posizione del nucleotide 521, che genera un codone di stop. Questa mutazione produce in silico una variante
troncata della tossina SED. Lo screening per la produzione di SED con
kit SET-RPLA ha mostrato una variazione nella concentrazione di tossina prodotta nelle diverse varianti compresa la variante tronca.
In questo studio, sono stati rilevate diverse nuove varianti nei promotori e nei geni codificanti le tossine SEB, SEC e SED. Il sequenziamento
ha messo in evidenza zone altamente conservate nel promotore di sec
e sed e meno conservate in seb e la maggior parte delle mutazioni nei
geni si trovano in posizione centrale o C-terminale. In questo studio, si
è evidenziato una variante di sed in tutti i ceppi isolati da carcasse di
coniglio testati. Questa variante (sed v3) ha una delezione che produce un codone di stop prematuro nella sequenza codificante che genera
un precursore amminoacidico troncato. Una delezione in sed identica
(nucleotide posizione 521) è stata riportata in ceppi di S.aureus isolati
da campioni biologici e alimenti (7). Nonostante studi su questi ceppi
non abbiano confermato la produzione di una enterotossina stabile
(6), in questo lavoro, tre dei quattro ceppi isolati hanno dato un esito
positivo alla ricerca di SED nel test SET-RPLA evidenzaindo la necessità
di studiare approfonditamente eventuali varianti di questa tossina.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
5° SESSIONE DI COMUNICAZIONI LIBERE
027
MOLECULAR INVESTIGATION OF LEISHMANIA STRAINS ISOLATED FROM HUMAN
SAMPLES IN AN ITALIAN REGION
Keywords: SSR, Leishmaniasis, Fingerprinting
Reale S.[1], Fontana I.[2], Mario C.[1], Piazza M.[1], Migliazzo A.[1], Zaffora G.[1], Vitale F.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, A. Mirri ~ Palermo ~ Italy,
[2]
CNR - Istituto di Bioscienze e Biorisorse, UOS Palermo ~ Palermo ~ Italy
[1]
MATERIALI E METODI:
I loci di microsatelliti sono stati amplificati utilizzando tre diversi
programmi di amplificazione adatti alle varie coppie di primers(10).I
primers utilizzati sono indicati nella tabella 1(allegato 1). Tutti i
markers hanno mostrato polimorfismo all’interno di L.Donovani
complex. Partendo dalla diluizione dei Primers, le soluzioni Stock
vengono fatte alla concentrazione di 200uM; le soluzione di lavoro o Work a 20uM. La miscela di reazione è stata ottimizzata con
la universal master mix (Life Technologies) e le coppie di primers
in sistema multiplex PCR.Gli ampliconi diluiti vengono aggiunti ad
una mix costituita da formammide e ROX 500. L’analisi di frammenti è stata condotta applicando il seguente protocollo: 13 µl di
formammide e 0,5 di marcatore di peso molecolare (Rox 500 Life
Technologies) per campione. Successivamente viene aggiunto 1 µl
della reazione, si denatura a 94° C per 2-3 min, poi a 4° C, fino alla
deposizione del rack nel sequenziatore 3130 Abi Prism(3).L’analisi
dei frammenti è stata effettuata mediante il software “Gene Mapper “Versione 4.0” della Applied Biosystem.Il numero di alleli totali,
la media degli alleli per locus, la frequenza allelica, l’eterozigosità
osservata (HO) e attesa(HE) sono stati calcolati utilizzando il package “poppr” (7) di R. E’ stata calcolata la distanza genetica secondo
“Nei” fra gli individui usando il package “adegenet” (6).Il software
STRUCTURE 2.3.4 (11) è stato usato per investigare la struttura di
popolazione, l’inferenza di popolazioni genetiche differenti (K) e
l’assegnazione degli individui ai diversi gruppi genetici.Le analisi
sono state ottenute impostando un mixed model con frequenze alleliche correlate .Per la fase di burn-in sono state impostate 50000
interazioni seguite da 1000000 ripetizioni per i valori di K compresi
tra 1 e 10 con 20 corse per ogni K. K è il numero di cluster esaminato durante le analisi. Il K che più probabile per i dati genetici è stato
stimato seguendo il metodo di Evanno(4).
SUMMARY:
The leishmaniasys affects people, domestic and wild animals in
temperate, subtropical and tropical regions.An increasing number
of human flagellate protozoa Leishmania infections is observed
every year in Sicily, which represent the region with the highest
endemic level of the disease in Italy. Among different approaches
employed for the diagnostic the parasites isolation remains the
one most standardly used. Biological matrices as lymph nodes aspirates were directly taken from dogs and they allowed us to obtain
a number of isolated strains.The isolated Leishmania strains were
analyzed by molecular approaches based on polymorphism panels.
In the multiplex PCR were carried out to amplify 11 independent
polymorphic microsatellites to cluster the strains in various groups.
This analytical method allowed us to distinguish various genotypes
of L. infantum strains by zymodea-independent approach. Microsatellites data were analyzed to investigate the genetic diversity
among the strains.
INTRODUZIONE:
La leishmaniosi è una malattia che colpisce sia gli animali domestici come il cane e il gatto, che l’uomo (12). Questa parassitosi è
presente tipicamente nelle aree temperate, tropicali e subtropicali
temperate del mondo; in quanto antropo-zoonosi, pressoché cosmopolita, è responsabile di un ampio spettro di sindromi sia localizzate che sistemiche (1). La Leishmania è un parassita intracellulare obbligato del sistema reticolo-istocitario dell’uomo e di altri
mammiferi, che viene trasmesso ad opera di un vettore biologico,
il flebotomo (insetto ematofago, appartenente al genere Phlebotomus, di aspetto simile ad un moscerino di 2-3 mm)(13).
Nell’uomo tale malattia si manifesta in forme cliniche di diversa
gravità che vanno dalla Leishmaniosi viscerale, con esito letale se
non trattata adeguatamente, alla forma cutanea nella quale la lesione iniziale è una papula che può esitare in ulcera (8).
La Leishmaniosi canina, per alcune sue espressioni cliniche, è paragonabile alla forma viscerale dell’uomo. E’ una malattia sistemica
che tende a cronicizzare dopo una lunga fase debilitante, in assenza di intervento terapeutico, conduce l’animale a morte(5).
In Italia la leishmaniosi è presente in maniera endemica lungo tutte
le coste e nelle isole, ma sempre più di frequente viene diagnosticata in zone ritenute indenni, sia in animali che hanno soggiornato
in zone a rischio, sia in soggetti che non hanno effettuato spostamenti territoriali (9). La Sicilia è una regione altamente endemica
per la leishmaniosi e l’infezione nei cani è larga¬mente diffusa in
tutto il territorio; in quanto zoonosi deve indurre a mantenere alta
l’attenzione e l’impegno per la sua prevenzione; se non adeguatamente sorvegliata e contrastata può produrre in¬fatti riflessi, talora pesanti, allo stato di salute della popolazione (2).
78
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Gli 11 marcatori sono stati testati per 27 ceppi di L. infantum isolati
da altrettanti soggetti in varie zone della Sicilia.I pannelli dei polimorfismi sono stati confrontati con i ceppi di Leishmania di riferimento (MON-1 e MON-29).
Il parametri genetici degli 11 microsatelliti sono riportati nella tabella 2 (allegato 2).Tutti i loci microsatelliti sono stati valutati polimorfici con una media di 6 alleli per locus. La media Ho e He sono
stati rispettivamente 0.47 e 0.69. Nel nostro studio, la popolazione
ha mostrato una significativa carenza nel valore Ho. In ultima analisi il software Structure ha individuato tre cluster (K=3) distinti tra
i campioni esaminati.In conclusione l’approccio molecolare e l’analisi statistica dei dati possono essere molto utili allo studio dell’epidemiologia dell’evento infettivo e sono utili all’eventuale studio di
strategie d’intervento sul territorio.
79
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
028
ESPOSIZIONE AL CADMIO E MODULAZIONE DELL’IMMUNITÀ INTESTINALE: STUDI IN VITRO
BIBLIOGRAFIA:
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Keywords: Immunità Innata, Cadmio, Enterociti
Mignone G.[1], Lazzara F.[1], Vencia W.[1], Vito G.[1], Ferrari A.[1], Bozzetta E.[1], Amadori M.[2], Razzuoli E.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e valle d’Aosta ~ Genova ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna ~ Brescia ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Foodborne is one of the main source of cadmium (Cd) exposure
in animals and humans; the gastrointestinal tract (GIT) is the first
target, but few data on Cd/enterocytes interaction, are available
to date. Here, the aim was to investigate the Cd effects on innate
immunity using, as experimental model, swine jejunal IPEC-J2 cells.
Cells were treated with Cd solutions (1μM and 10μM for 3 hours).
Changes in mRNA expression profiles of important porcine cytokines were studied by RT-Real Time PCR.
ELISA assay was used to evaluate the IL-8-release. Cell immunomodulation in a model of Salmonella Typhimurium infection was
also verified. Our results confirm the important role of Cd, acting as
non-infectious stressor, in the modulation of the innate-immunity.
Furthermore, the obtained data show a decrese, induced by Cd, of
the S. Thiphimurium cell invasion potential. In conclusion, it’s possible to suggest that this heavy metal is able to alter the interaction
GIT/normal microbial population.
e l’HPRT1 (3). I livelli di espressione sono stati calcolati utilizzando
la seguente formula: Δct = Ct (gene target) - Ct (housekeeping).
L’intensità media di espressione (Δct campione - ΔCt controllo negativo) dei geni oggetto di studio è stata confrontata tra i gruppi
sperimentali. La soglia di significatività è stata fissata a P<0,05.
Successivamente le cellule pretrattate con Cd sono state impiegate in prove di invasività. Cellule non trattate o esposte a soluzioni
contaminate da Salmonella hanno costituito il controllo negativo
nelle fasi sperimentali. Al termine delle 3 ore di trattamento con
soluzione di Cd le colture sono state infettate, per 1h, con una sospensione batterica di s. Thiphimurium (108/ ml). La capacità di
penetrare negli enterociti è stata valutata sulla base di indicazioni disponibili in letteratura (4). In particolare, le cellule sono state
trattate, per due ore, con una soluzione di colistina 300 μg/ml e,
successivamente, lavate e lisate (Tryton100x); il lisato ottenuto (diluito in acqua peptonata) è stato piastrato in Brilliant Green Agar
e mantenute per 24h in tali condizioni. La crescita batterica è stata
determinata secondo la ISO 7218/2007. Dei dati ottenuti è stata
valutata la distribuzione e le differenze tra le medie sono state analizzate mediante one-way analysis of variance (ANOVA). La soglia di
significatività è stata fissata a P<0,05.
INTRODUZIONE:
Il Cadmio (Cd) è un metallo pesante presente nell’ambiente e implicato in patologie anche gravi, quali cancro ed insufficienza renale,
sia nell’uomo che negli animali. L’esposizione a questo agente inquinante può essere acuta o cronica; in entrambi i casi tale elemento tende ad andare incontro ad accumulo. Gli organi maggiormente
colpiti sono il fegato, nell’intossicazione acuta, e i reni in quella
cronica. Altrettanto rilevanti sono gli effetti del Cd sull’apparato gastrointestinale; gli enterociti rappresentano infatti il primo sito di
interazione a seguito di ingestione di alimenti contaminati.
In diversi studi è evidenziato come il Cd possa agire da stressore
non infettivo e quindi modulare il processo infiammatorio, ma ad
oggi sono pochi i dati disponibili in merito all’interazione tra Cd e
cellule intestinali (1) nonchè ai meccanismi coinvolti nell’equilibrio
tra ospite e patogeno. Lo scopo del presente lavoro è quello di studiare l’interazione tra sistema immunitario e Cd in un modello in
vitro di enterociti suini (linea cellulare IPEC-J2).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati ottenuti confermano l’attività del Cd in qualità di stressore non infettivo; tale effetto viene confermato dalla modulazione
del processo infiammatorio. In particolare si evidenzia una significativa diminuzione di espressione (P=0.0087) e rilascio (-134 pg/
ml, rispetto al controllo negativo; P=0.0085 Fig. 1) di IL-8 dopo
esposizione al Cd (10 µM); analogamente, è stata riscontrata una
down-regolazione nei livelli di Nk-fb1 (P=0.0013) (Fig. 2). Tale dato
potrebbe spiegare la riduzione di espressione e secrezione di IL-8.
E’ stato inoltre rilevato un incremento di valori di espressione genica di IL-18 (P=0.0008) e TNF-α (P=0.0185), contestualmente all’aumento significativo di espressione (P=0.0050) delle ß-defensine
(bD1, bD2, bD3) e dell’IFN-β (P<0.0001). Le prove di invasività indicano una diminuzione significativa (P=0.0054) nel potere penetrante di salmonella Typhimurium nelle cellule trattate (Cd, 10 µM) ed
una “tendency” (P=0.1131) nelle cellule trattate con la soluzione
1 µM. Tale fenomeno potrebbe essere associato, da una parte alla
riduzione del processo infiammatorio (4), e dall’altra all’aumentata
espressione delle β-defensine. I nostri risultati suggeriscono come
l’esposizione a Cd possa alterare la risposta immunitaria innata a
livello della mucosa intestinale e conseguentemente come esso
possa influire sull’interazione ospite-patogeno. E’ possibile inoltre
evidenziare una variazione nella composizione della popolazione
microbica normale negli organismi colpiti da intossicazione da
Cd. I risultati di questo studio rappresentano un punto di partenza nell’ottica di verificare e approfondire i livelli di esposizione a
cadmio, prendendo in considerazione l’opportunità in tal senso di
utilizzare bio-monitor ambientali.
MATERIALI E METODI:
Al fine di raggiungere l’obiettivo dello studio è stata valutata, con
metodi bio-molecolari, la modulazione dell’espressione genica e
proteica, di importanti agenti regolatrici dell’immunità innata.
E’ stato inoltre approfondito l’effetto in vitro del Cd sull’interazione
tra enterociti e Salmonella Typhimurium. Le cellule sono state seminate a confluenza in piastre da 12 pozzetti (2×105cellule/mL) e
trattate per 3h con una soluzione di Cd (1 e 10 µM).
Il controllo negativo è stato rappresentato da cellule mantenute
nelle medesime condizioni di coltura, ma non trattate.
Al termine dell’esposizione i surnatanti sono stati raccolti ed utilizzati, per valutare, mediante test ELISA (2), la modulazione del
rilascio di IL-8, un’importante chemochina pro-infiammatoria. Si è
provveduto inoltre all’estrazione di RNA, direttamente dai pozzetti,
per l’esecuzione di prove di RT-Real Time PCR (2). I parametri testati sono i seguenti: IL-8, Nk-fb1, IL-18, IFN-β, TNF-α, bD1, bD2, bD3
e bD4. Come geni housekeeping sono stati presi in esami il GAPDH
80
81
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
029
IL GENE TIA CONFERISCE AI CEPPI STEC LEE-NEGATIVI CHE POSSIEDONO L’ISOLA DI PATOGENICITÀ
SE-PAI, LA CAPACITÀ DI INVADERE MONOSTRATI DI CELLULE EPITELIALI IN COLTURA.
Keywords: STEC, LEE-negativi, SE-PAI
Bondì R.[1], Chiani P.[1], Michelacci V.[1], Minelli F.[1], Caprioli A.[1], Morabito S.[1]
Laboratorio di riferimento Europeo per E. coli , Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza
Alimentare. ~ Roma ~ Italy
[1]
Fig. 1) Espressione genica e proteica di IL-8
SUMMARY:
STEC disease relies on the strong colonization of the human gut followed by the production of Shiga Toxins .The majority of STEC strains
causing the most severe forms of the infection adhere to the gut epithelium through the attaching and effacing mechanism, governed by
genes located on the locus of enterocyte effacement (LEE). Some LEEnegative STEC strains are also isolated from human cases of illness but
their colonization mechanism is still unknown. Certain LEE-negative
STEC harbour the ETEC invasion determinant tia on the pathogenicity
island SE-PAI. In a previous study we have shown that these isolates
are able to invade monolayers of cultured HEp-2 cells. In this work we
demonstrate that the ability to invade cultured cells displayed by SEPAI positive STEC use a tia-mediated mechanism.
TSB con Gentamicina 100 μg/ml per 2 ore e poi lavato 3 volte e lisato
con 0,5 ml PBS 1% Triton X-100 per 5 minuti. I batteri rilasciati dopo la
lisi sono stati seminati su TSA per la conta delle CFU. Per i saggi in vivo
nelle larve di Galleria mellonella (8) abbiamo usato diluizioni seriali
in soluzione fisiologica (SF) (106-102 cellule/ml) di colture dei ceppi
ED32 ed ED32Δtia a OD600=0,5. 20 μl di ciascuna diluizione sono stati
inoculati in 10 larve. Le larve sono state incubate a 30°C per 48 ore.
INTRODUZIONE:
I ceppi di Escherichia coli produttori di Shiga tossine (STEC) possono
causare all’uomo malattie gravi. La Shiga Tossina (Stx) è il principale
fattore di virulenza degli STEC, ma l’efficace colonizzazione dell’intestino è essenziale per causare la malattia. I ceppi più virulenti aderiscono
all’intestino mediante il meccanismo di “attaching and effacing” (A/E)
controllato dai geni presenti sull’isola di patogenicità “locus of enterocyte effacement” (LEE) (1). Tuttavia ceppi STEC LEE-negativi vengono
isolati da pazienti, anche con manifestazioni cliniche gravi (6). In alcuni
STEC LEE-negativi è stato identificato il gene tia, localizzato sull’isola di
patogenicità SE-PAI, codificante un determinante di invasione precedentemente descritto in ceppi di E. coli enterotossigenici (ETEC) (5, 7,
3). Precedentemente abbiamo dimostrato che questi STEC LEE-negativi possono invadere monostrati di cellule in coltura. In questo lavoro
abbiamo studiato il ruolo di tia nel meccanismo di invasione mediante
la produzione di mutanti knock-out.
Fig. 2) Espressione genica dei geni modulati dalla soluzione a concentrazione 10 µM di Cd
Tabella 1: primer usati in questo lavoro I nucleotidi sottolineati nei
primer FW_Km e RV_Km, sono complemenatri alla sequenza del plasmide pCR2.1 TOPO e sono stati utilizzati per amplificare la cassetta
di resistenza alla Kanamicina, mentre la parte non sottolineata della
sequenza è complementare a quella del gene tia per amplificare due
regioni del gene e consentire la ricombinazione omologa (GenBank:
JQ994271.1).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Gli esperimenti di invasione hanno confermato che il ceppo STEC LEEnegativo ED97, che possiede la SE-PAI, invadeva i mostrati di cellule
HEp-2 come il ceppo ED32. Per chiarire il ruolo di tia nel processo di invasione, abbiamo inattivato il gene mediante mutagenesi sito-specifica e abbiamo osservato che la capacità invasiva nel mutante knock-out
ED32Δtia era abolita rispetto al ceppo ED32 selvatico (Fig. 1). Questo
suggerisce che, come osservato per i ceppi ETEC, tia è un determinante necessario per l’invasione. La capacità invasiva mediata da tia nei
confronti delle cellule HEp-2 sembra essere una peculiarità dei ceppi
di E. coli che possiedono la SE-PAI. Infatti, i ceppi ETEC, sono in grado di
invadere solo monostrati di cellule epiteliali provenienti dall’ileo ceco
e dal colon, ma non le HEp-2 (3). Questo suggerisce che il meccanismo
di invasione mediato da tia operi in modo cooperativo coinvolgendo
almeno un altro fattore e che questo sia differente negli ETEC e negli
E. coli positivi per la SE-PAI inclusi gli STEC LEE-negativi, conferendo
loro uno diverso tropismo. Questa ipotesi è supportata dal fatto che
l’espressione di tia nel ceppo di E. coli JM109 pGEM_tia, in accordo
con quanto già presente in letteratura, non conferisce al ceppo K12
l’abilità di invadere le cellule HEp-2 (dati non mostrati).
Per verificare l’effetto dell’inattivazione del gene tia in un sistema in
vivo abbiamo utilizzato le larve di G. mellonella (4). Le larve sono state
inoculate con diverse diluizioni dei ceppi ED32 e ED32Δtia e osservate
per 48 ore. I risultati dell’infezione mostravano una leggera reazione
dose-risposta con un tasso di mortalità che non arrivava alla LD50. Gli
esperimenti non hanno mostrato evidenti differenze nei livelli di so-
MATERIALI E METODI:
Ceppi di E. coli utilizzati: il ceppo SE-PAI positivo ED32 (7) e il suo mutante ED32Δtia, il ceppo STEC LEE-negativo ED97 (7), il ceppo enteroinvasivo (EIEC) EF474 , il ceppo enteropatogeno (EPEC) EF117 e il ceppo
JM109 pGEM_tia. Per gli esperimenti di invasione i ceppi sono stati
cresciuti in Tryptone Soya Broth (TSB) a 30°C. Per le prove di infezione
in vivo i ceppi sono stati cresciuti in TSB a 37°C. L’inattivazione del gene
tia nel ceppo ED32Δtia è stata ottenuta per inserzione di una cassetta
di resistenza alla Kanamicina (KM) come precedentemente descritto
(3). I primer FW_Km e RV_Km sono stati utilizzati per amplificare il
gene di resistenza alla KM fiancheggiato da due regioni del gene tia
(Tab. 1)(3). Il ceppo JM109 pGEM_tia, è stato ottenuto amplificando
il gene tia unitamente al suo promotore con i primer tia_pGEM_FW e
tia_pGEM_RV (Tab. 1) e clonando il frammento ottenuto nel plasmide
pGEM t-easy (Promega, Madison, USA). I saggi d’invasione sono stati
condotti su monostrati di cellule HEp-2 (5x105 cellule per pozzetto)
mantenuti in RPMI 1640 con 10% FBS, 1% Glutammina, 1% sodio piruvato, 1% aminoacidi non essenziali, in assenza di Streptomicina e
Penicillina. I monostrati sono stati incubati per 3 ore a 37°C e 5% CO2
con 106 CFU di ognuno dei ceppi di E. coli cresciuti fino alla fase midlogaritmica. Dopo 2 lavaggi con TSB il monostrato è stato incubato in
Fig. 3) Modulazione del potere penetrante si S. Thyphimurium all’interno degli enterociti
BIBLIOGRAFIA:
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Morabito S. 2010. Production of the subtilase AB5 cytotoxin by Shiga
toxin-negative Escherichia coli. J Clin Microbiol 48:178-183.
pravvivenza delle larve infettate con i due ceppi (Fig. 2). Questa osservazione suggerisce che i ceppi utilizzati potrebbero avere un tropismo
negativo per l’epitelio di G. mellonella o che la mortalità osservata potrebbe essere dovuta all’azione della citotossina Subtilasi, il cui gene è
anche presente sulla SE-PAI, che potrebbe mascherare l’effetto di tia.
Figura 1: Invasione di monostrati di cellule HEp-2 da parte del ceppo ED32 e di ED32Δtia. La riduzione della capacità invasiva dei ceppi
ED32Δtia ed EF117 è espressa in percentuale rispetto a quella mostrata dal ceppo ED32 wild type. I valori mostrati si riferiscono alla media
di cinque misurazioni effettuate in altrettanti esperimenti indipendenti. La riduzione osservata era statisticamente significativa con un p value <0,01 con il test del χ2 .
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
030
RUOLO DELLE METALLOPROTEASI NELLA MODULAZIONE DEI LIVELLI DELL’ANTIGENE PROTETTIVO
NEL SECRETOMA DI BACILLUS ANTHRACIS
Keywords: secretome, anthrax toxin, metalloprotease
Donatiello A.[1], Rondinone V.[1], Iatarola M.[1], Campese E.[1], Adone R.[2], Francia M.[2], Fasanella A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, Centro di Referenza Nazionale per l’Antrace ~ Foggia ~ Italy,
[2]
Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The Bacillus anthracis secretome includes protective antigen, lethal
factor and edema factor, which are the components of anthrax toxin,
and other proteins with known or potential role in anthrax disease.
Bacteria use several methods to modulate their environment to promote survival and/or proliferation, including the secretion of proteases that cleave extracellular substrates. In pathogenic bacteria, secreted proteases inactivate essential host proteins, cleave antimicrobial
host factors, and modify other secreted bacterial virulence factors. In
this investigation, we used a proteomic approach to demonstrate that
the secreted metalloprotease drastically alters the composition of the
B. anthracis secretome causing a decrease of the levels of protective
antigen (PA).
secretoma di B. anthracis ceppo Sterne 34F2, coltivato in diverse
condizioni di crescita, sono state determinate mediante analisi elettroforetica SDS-PAGE (Sodium Dodecyl Sulphate- PolyAcrylamide Gel
Electrophoresis).
MATERIALI E METODI:
Condizioni di crescita. Il ceppo utilizzato per il nostro studio, B. anthracis Sterne 34F2, è un ceppo attenuato, tossigeno e acapsulato, che
possiede solo il plasmide pXO1, responsabile della produzione delle
tossine, mentre è privo del plasmide pXO2 che codifica per la capsula.
In breve, il ceppo è stato seminato su 5 piastre di Agar Sangue incubate a 37°C in aerobiosi per 24 ore. Dopo l’incubazione, la crescita
batterica di ogni piastra è stata raccolta e riseminata in 100 ml di RPMI,
terreno contenete bicarbonato, e successivamente incubata a 37°C in
camera termostatica al 5% di CO2. In seguito, ad ogni coltura è stato
aggiunto 1 ml della soluzione di EDTA (acido etilendiamminotetraacetico) 10 µM, a diversi tempi di incubazione: subito (T0), dopo un’ora
(T1), dopo due ore (T2) e dopo tre ore (T3). Una coltura di controllo
è stata lasciata senza EDTA. Trascorse 4 ore di incubazione, ciascuna
crescita batterica è stata centrifugata a 7000 rpm per 10 minuti e il
sovranatante è stato filtrato con filtri da 0.80 e poi da 0.45 micron. Il
filtrato è stato suddiviso in centrifugal device, centrifugato a 5000 rpm
per 30 minuti e poi nuovamente a 2500 rpm per 2 minuti.
Determinazione delle proteine e SDS-PAGE. Le proteine totali di ciascun filtrato sono state quantificate mediante Bradford assay e l’analisi
degli estratti proteici è stata eseguita attraverso SDS-PAGE. Dopo la
corsa elettroforetica a 180 V per circa 55 minuti, il gel di poliacrilammide (4-20%) è stato colorato con Coomassie Brillant Blue.
INTRODUZIONE:
Bacillus anthracis è un batterio sporigeno gram-positivo, agente eziologico del carbonchio ematico, una malattia endemica a carattere sporadico che colpisce prevalentemente gli animali erbivori al pascolo.
Il secretoma di B. anthracis comprende l’antigene protettivo (PA), il
fattore letale (LF) e il fattore edemigeno (EF), che rappresentano la
componente tossica, e altre proteine aventi un potenziale ruolo nella
patogenesi dell’antrace. I batteri usano diverse strategie per modulare
l’ambiente circostante e promuovere la loro sopravvivenza e proliferazione, compresa la secrezione di proteasi in grado di clivare substrati
extracellulari e di modulare l’attività di altri fattori di virulenza (1). B.
anthracis ha un secretoma abbastanza complesso che include molte
proteasi ed enzimi proteolitici. La natura e la concentrazione delle
proteine secrete varia ampiamente in diverse condizioni di crescita
(2); le tossine PA, LF e EF risultano essere abbondanti, durante la fase
esponenziale di crescita, nel sovranatante di colture cellulari cresciute
in terreni contenenti bicarbonato e incubate al 5% di CO2 (3,4), in cui
raggiungono un picco nella fase che precede la fase stazionaria di crescita. Nel sovranatante di colture di B. anthracis sono presenti anche
metalloproteasi appartenenti alla famiglia M4 e M6 (5); in particolare,
la metalloproteasi Inhibitor A1, presente nel secretoma, modula direttamente e indirettamente i livelli della maggior parte delle proteine
secrete da B. anthracis.
Figura 2: Infezione in larve di Galleria mellonella. La capacità del ceppo ED32 selvatico (cerchi) e di ED32Dtia (quadrati) di infettare le larve
di G. mellonella è espressa in numero di larve sopravvissute in funzione
della concentrazione di batteri dopo 48 ore dal trattamento. Questo risultato è la media dei conteggi delle larve effettuate in due esperimenti indipendenti e la deviazione standard è indicata dalle barre di errore.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi degli estratti proteici effettuata attraverso l’SDS PAGE ha
permesso di stabilire con buona accuratezza il grado di purezza della proteina di 83 KDa (PA). Dai risultati delle analisi elettroforetiche è
emerso che l’aggiunta dell’EDTA 10 µM alla coltura di Sterne in RPMI
dopo un’ora di incubazione (T1), ha consentito di ottenere la maggiore
concentrazione di proteine totali (Fig. 1) con la minore degradazione
dell’antigene protettivo (Fig. 2).
Tali dati sono stati ribaditi da un’ulteriore analisi elettroforetica in cui
il confronto del secretoma del ceppo Sterne 34F2, al tempo T1, in presenza e in assenza di EDTA, ha evidenziato una quasi completa degradazione del PA in assenza di EDTA.
I risultati del nostro lavoro confermano l’ipotesi di una correlazione
tra le metalloproteasi secrete da B. anthracis stesso e la degradazione
del PA nelle due subunità di 63 e 20 KDa: l’aggiunta dell’EDTA, agente chelante dello zinco, essenziale per l’attività delle metalloproteasi
zinco-dipendenti (InhA1), ha probabilmente inattivato queste ultime
impedendole di agire sul sito di clivaggio dell’antigene protettivo.
Inoltre, le prove effettuate in questo studio ci hanno consentito di
mettere a punto un protocollo per la produzione di un secretoma da
B. anthracis con una composizione qualitativa e quantitativa soddisfacente e riproducibile, che potrebbe avere potenziali utilizzazioni in
campo diagnostico e vaccinale.
Studi precedenti suggeriscono che vi sia una forte correlazione tra
questa metalloproteasi e la degradazione dell’antigene protettivo PA.
L’antigene protettivo è una proteina di 83 KDa che si lega ai recettori
presenti sulla membrana plasmatica della cellula ospite e viene clivata
da proteasi di superficie in due subunità, rispettivamente di 63 e 20
KDa. Il frammneto di 63 KDa eptamerizza, LF e EF si legano all’eptamero e avviene l’endocitosi del complesso formatosi all’interno del
citosol della cellula ospite. L’antigene protettivo potrebbe essere uno
dei possibili substrati di InhA1, che, agendo nello stesso sito di clivaggio della proteasi di superficie, provoca la degradazione della proteina nelle due subunità. Infatti durante la fase stazionaria di crescita si
assiste ad un incremento dei livelli di InhA1 e ad una contemporanea
diminuzione dei livelli di PA (6).
In questo studio, la produzione e la composizione delle tossine del
BIBLIOGRAFIA:
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4. Leuko S, Raivio TL. 2012. Mutations that impact the enteropathogenic Escherichia coli Cpx envelope stress response attenuate viru-
84
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
6° SESSIONE DI COMUNICAZIONI LIBERE
031
FULL GENOME CHARACTERIZATION OF BETA-COV VIRUSES RELATED TO MIDDLE EAST RESPIRATORY
SYNDROME FROM TWO BATS IN EUROPE WITH NGS
Keywords: Coronavirus, pipistrelli, middle east respiratory sindrome
Vaccari G.[1], De Sabato L.[1], Cella E.[1], Lavazza A.[2], Zaccaria G.[1], Boni A.[1], Lo Presti A.[1], Sozzi E.[2], Ciccozzi M.[1],
Prosperi A.[2], Lelli D.[2], Moreno A.[2]
[1]
Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER) ~ Brescia ~ Italy
[2]
SUMMARY:
The emerging MERS-CoV in 2012 causing lethal respiratory infections
underlined the zoonotic potential of ßetacoronavirus (ß-CoVs) already
evidenced by the SARS-CoV causing a pandemic in 2002, 2003. The
discovery of ß-CoVs in bats, with high similarity to MERS and SARS CoV,
suggested that common ancestors may have evolved in these species.
In this study we developed a method, based on an NGS approach,
able to sequence the entire genome of ß-CoVs in some bat species
in order to study the zoonotic potential of isolates circulating in Italy.
The method was able to identify, in two out of three positive samples
to a pan-coronavirus RT-PCR, the entire genome of ß-CoVs. Genome
analysis identified the expected ORFs, the transcription regulatory sequences, the slippery-sequence and cleavage site of the pp1ab common in ß-CoVs. Phylogenetic analysis revealed that Italian, along with
other China and South Africa sequences of bat viruses represent the
more closely related isolates to the MERS-CoV.
Fig.1:Bradford assay: determinazione concentrazione proteine totali
(µg/ml)
adattato un metodo di sequenziamento allo studio del genoma completo di ß-CoVs per evidenziare i ceppi circolanti in Italia.
MATERIALI E METODI:
I campioni utilizzati sono campioni di contenuto intestinale in cui è stata
evidenziata la presenza di ß-CoVs tramite una pan-coronavirus RT-PCR e
sequenziamento della RNA polimerasi RNA dipendente (RdRp) (3).
Le librerie sono state preparate utilizzando il sequence independent
single primer amplification (SISPA) (1). In breve, l’RNA estratto è stato retrotrascritto utilizzando una combinazione di random primer
(FR26RV-N) uniti ad una coda a sequenza costante 5’-GCC GGA GCT
CTG CAG ATA TC-3’. La seconda elica del DNA è stata sintetizzata utilizzando lo stesso primer FR26RV-N ed il frammento Klenow della DNA
polimerasi I (Promega).
La libreria è stata amplificata utilizzando un primer con la sequenza
della regione costante e sottoposta a digestione con EcoRV (New England BioLabs) per rimuovere questa regione da tutti gli ampliconi.
La libreria è stata frammentata con Ion Xpress Plus gDNA Fragment
Library Preparation (Thermo Fisher Scientific) seguendo le indicazioni del produttore. Dopo emulsion-PCR la libreria è stata sequenziata
utilizzando Ion Personal Genome Machine (PGM) e Ion 316TM Chip v2.
Dopo il trimming, le reads sono state assemblate de novo utilizzando il software CLC Workbench versione 7. Per il manual editing sono
stati effettuati degli appaiamenti tramite l’utilizzo di software online
(Bowtie2, Galaxy Aries) e visualizzati con IGV software (Integrative Genomics Viewer, versione 2.3).
L’analisi filogenetica è stata condotta confrontando le sequenze ottenute con 130 sequenze di genomi completi di MERS-CoV, α- and
ß-CoVs disponibili in NIAID Virus Pathogen Database and Analysis
Resource (ViPR, http://www.viprbrc.org/) (4). L’allineamento delle
sequenze è stato eseguito utilizzando l’algoritmo MUSCLE e l’albero è stato costruito utilizzando il software MEGA 6.0 con il metodo
Maximum likelihood, modello GTR+G con 1000 replicati di bootstrap.
Le topologie osservate sono state confermate con i metodi neighborjoining e maximum parximony.
INTRODUZIONE:
I coronavirus (CoVs) infettano numerosi ospiti animali, mammiferi
(compreso l’uomo) e uccelli, e sono responsabili di un’ampia varietà
di patologie. Tra i CoVs, rivestono particolare importanza due virus,
appartenenti al genere ßetacoronavirus (ß-CoVs) responsabili di due
patologie acute respiratorie nell’uomo, la Severe Acute Respiratory
Syndrome (SARS) e la Middle Est Respiratory Syndrome (MERS). In entrambi i casi, i virus non sembrerebbero in grado di mantenersi nella
popolazione umana e pertanto si è ipotizzato l’esistenza di altre specie
animali che rappresenterebbero i serbatoi naturali dei veri progenitori
di questi virus (5).
I chirotteri, con una notevole diversità di specie e le peculiari caratteristiche biologiche ed ecologiche, tra cui la capacità di volo, le abitudini
gregarie e il comportamento da predatore e preda, sono l’ospite ideale per un numero elevato di agenti infettivi importanti per la salute
animale e umana. Inoltre, i CoVs riscontrati nei pipistrelli mostrano
alta variabilità genetica il che è compatibile con l’ipotesi che i pipistrelli siano il principale reservoir dei coronavirus dei mammiferi (2).
L’agente eziologico della MERS (MERS-CoV) appartenente al genere
ß-CoVs (clade 2c) è stato identificato nel 2012. Dal 2012 la MERS é
stata segnalata costantemente in Medio Oriente e sporadicamente in
vari altri Paesi. Ad oggi sono stati segnalati all’O.M.S. 1436 casi umani
confermati da analisi di laboratorio e almeno 601 decessi. Gli studi epidemiologici e virologici evidenziano nel cammello la probabile fonte di
infezione primaria per l’uomo e si ipotizza che alcune specie di chirotteri rappresentino il serbatoio naturale di un progenitore di MERS-CoV
il cui pathway evoluzionistico rimane ancora non chiaro.
Lo studio del genoma completo dei ß-CoVs isolati da pipistrelli in diversi Paesi ha evidenziato la presenza di vari ceppi di ß-CoVs proprio del
clade 2c a cui appartiene il MERS-CoV. Nel presente lavoro abbiamo
Fig. 2: SDS-PAGE: aggiunta di EDTA 10 µM a vari tempi di incubazione
BIBLIOGRAFIA:
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one of two promoters. J. Bacteriol. 1994, 176:586-595.
86
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dei tre campioni analizzati tramite NGS solo due, ottenuti da due
specie di pipistrelli differenti, hanno dato un risultato soddisfacente.
Bat-CoV/Hypsugo savii/206645-40/2011 (BatCoV-Ita1) e Bat-CoV/Pipistrellus khulii/Italy/206645-63/2011 (BatCoV-Ita2). I dati ottenuti da
una singola corsa hanno dato un totale 2,762,984 reads di cui 351,804
specifiche per ß-CoVs (BatCoV-Ita1) di lunghezza media di 187 bp. Per
il campione BatCoV-Ita2 si sono ottenute 1,159,616 total reads di cui
156,137 specifiche per ß-CoVs con una lunghezza media di 184 bp. Per il
campione Bat-CoV/Pipistrellus khulii/Italy/206645-53/2011 il sequenziamento NGS ha dato 944,243 reads di cui solo 27 specifiche per ß-CoVs.
87
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
032
STUDIO DELLE CARATTERISTICHE MOLECOLARI DELLA POPOLAZIONE ITALIANA DI STAPHYLOCOCCUS
AUREUS CC398 NEGLI ALLEVAMENTI ED EVIDENZA DI TRASMISSIONE ZOONOSICA
La ricostruzione del genoma ha permesso di identificare un genoma
di 30,048 nt per BatCoV-Ita1 e di 30,039 per BatCoV-Ita2. Il confronto delle sequenze della RdRp precedentemente determinate e quelle
ottenute tramite NGS indicano un’identità del 100%. Lo studio dell’organizzazione genomica, l’identificazione delle regioni codificanti, delle
regioni regolatorie per la produzione degli RNA subgenomici (transcription regulatory sequences), la slippery-sequence caratteristica
dei Nidoviridae e delle predette regioni di clivaggio della poliproteina
1ab indicano un successo nella determinazione del genoma completo
di ß-CoVs. Le analisi filogenetiche condotte utilizzando i dati prodotti
e quelli di diversi ceppi di CoVs disponibili sul ViPR system evidenziano
che gli isolati Italiani appartengono al clade 2c dei ß-CoVs di cui fanno
parte i MERS-CoV e altri isolati in pipistrello isolati fra loro strettamente correlati.
Per concludere, la metodica applicata si è rivelata di successo nella
caratterizzazione del genoma dei ß-CoVs, sebbene questo dipenda in
maniera importante dalla quantità di genoma presente nel campione. I risultati indicano la fattibilità di un monitoraggio con le tecniche
adottate attraverso un’analisi quantitativa preliminare del contenuto
di RNA virale nei campioni.
Keywords: Staphylococcus aureus CC398, MRSA, Whole Genome Sequencing
Alba P.[1], Feltrin F.[1], Amoruso R.[1], Argudìn M.D.L.A.[2], Monaco M.[3], Lauzat B.[4], Iurescia M.[1], Sorbara L.[1],
Dottarelli S.[1], Carfora V.[1], Menichini E.[1], Stravino F.[1], Larsen J.[5], Battisti A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” ~ Roma ~ Italy, [2]Veterinary and Agrochemical Research
centre (CODA-CERVA); Hôpital Erasme, Université Libre de Bruxelles (ULB) ~ Bruxelles ~ Belgium, [3]Istuto Superiore di Sanità ~ Roma ~
Italy, [4]Bundesinstitut für Risikobewertung ~ Berlin ~ Germany, [5]Statens Serum Institut ~ Copenhagen ~ Denmark
[1]
SUMMARY:
Methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) Clonal Complex (CC)
398 are the most prevalent Livestock-Associated (LA-)MRSA in Italy. The
aim of the present study is to describe the CC398 Italian population and
to explore the relationships between and animal isolates and the available human isolates. The isolates underwent to phenotype and genotype
characterization. A selection of isolates from livestock were compared
with human isolated by using Whole Genome Sequencing. The results
showed a well established CC398 population in the Italian production system and molecular evidence for a possible zoonotic transmission from
animal to humans. Preventive measures should be taken in order to reduce the direct or indirect human colonization.
BIBLIOGRAFIA:
1. Djikeng A, et al. Viral genome sequencing by random priming methods. BMC Genomics. 2008;9:5.
2. Hu B, et al. Bat origin of human coronaviruses. Virology Journal.
2015;12:221.
3. Lelli D, et al. Detection of coronaviruses in bats of various species in
Italy. Viruses. 2013 Oct 31;5(11):2679-89.
4. Pickett BE, et al. ViPR: an open bioinformatics database and analysis
resource for virology research. Nucleic Acids Research. 2012;40:593598.
5. Su S, et al. Epidemiology, genetic recombination and pathogenesis
of coronaviruses. Trends in Microbiology. 2016;26:490-502
mum-likelihood. Il risultato di filogenia è stato completato con ulteriori dati genotipici (SAPI-bov4, the bovine von Willebrand factor-binding
protein gene (vwb), the Panton-Valentine Leukocidin (PVL) toxin and
the Immune Evasion Cluster (IEC))
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Degli iniziali 60 isolati CC398, tutti si sono confermati come ST398,
tranne un isolato che è risultato ST2485, una variante a locus singolo
(SLV) di ST398, che includono 16 spa types diversi, con t899 e spa types
altamente correlati come i più frequenti . Ventisette isolati MRSA possedevano la cassetta SCCmec tipo V, i restanti la cassetta tipo IV. Non si
osservano differenze dei tipi di SCCmec o degli spa-types in relazione
con la specie di ospite.
Il pattern genetico degli isolati ottenuto per microarray è stato praticamente lo stesso per tutti gli isolati, eccetto per i geni acquisiti
relativi alla resistenza agli antibiotici, che sono stati trovati in diversi
patterns negli isolati. L’unico gene presente in tutti gli isolati tranne
che nel isolato MSSA del cinghiale è stato il gene tet(M) che codifica
per la resistenza alla tetraciclina. Nessuno degli isolati è stato positivo
alla presenza di geni di virulenza specifici per l’ospite umano come il
geni PVL o quelli del cluster di evasione immunologia (IEC). I profili di
macro-restrizione osservati nel gel di PFGE, mostrano una grande etereogeneità, già descritta in lavori precedenti (figura 1) (1).
INTRODUZIONE:
Gli Staphylococcus aureus meticilino resistenti (MRSA) appartenenti al
complesso clonale (CC) 398 sono stati riportati come il lignaggio di livestock associated (LA-)MRSA più prevalente nelle produzioni primarie in
Italia, con alta frequenza di spa type t899 e spa types ad esso correlati (2).
Nel studio della storia evolutiva di CC398, è stato dimostrato che l’origine
di questo clone è un S. aureus meticillino sensibile (MSSA) di origine umana, che ha subito un processo adattamento a vari ospiti animali, perdendo
tratti genetici vantaggiosi per la colonizzazione umana, come il profago
φSa3(3).
L’analisi filogenetica degli isolati da origine umana e animale realizzata
con maximum-likelihood ha individuato due cluster principali. Gli isolati umani si trovano interspersi nella filogenia, e molto vicini a diversi
isolati MRSA d’origine animale. È da mettere in evidenza che 12 isolati
d’origine animale e 2 isolati d’origine umana presentavano i geni SAPIbov4 e vwb (cluster II), associati alla colonizzazione nei bovini. In
questa filogenesi, non sono state osservate distribuzioni di SCCmec
type o degli spa types in funzione dell’ospite (figura 2).
Tutte queste osservazioni confermano che la popolazione di S. aureus
CC398 presenti negli allevamenti è adattata all’ospite animale, ha perso i fagi veicolanti geni di virulenza per l’Uomo, e che la popolazione di
S. aureus è ben stabilita nelle produzioni zootecniche italiane di suini
e bovini. Inoltre, i dati confermano che gli S. aureus CC398 isolati da
umani disponibili per lo studio hanno una origine animale relativamente recente. Dato che S. aureus CC398 ha originato come MSSA
nel “serbatoio” umano (3), le possibili conseguenze dell’esposizione
da MRSA CC398 di origine animale vanno seriamente considerate,
specialmente nel contesto di esposizioni professionali (es. allevatori,
veterinari). Inoltre, la pressione di selezione per l’uso di tetracicline,
beta-lattamici e altri antibiotici, contribuisco alla diffusione della resistenza alla meticillina, sia negli allevamenti, sia negli isolati che colonizzano l’essere umano. Pertanto, nel contesto delle azioni di “One Health”, misure di prevenzione devono essere implementate per ridurre
i livelli complessivi di contaminazione da CC398 di origine animale, e
minimizzare così la trasmissione di S. aureus CC398 nella comunità e la
probabilità di processi di riadattamento all’ospite umano.
Gli obbiettivi di questo studio sono stati la caratterizzazione molecolare
della popolazione di MRSA CC398 italiana isolata negli ultimi anni da produzioni primarie animali e la valutazione delle relazioni genetiche tra questi isolati di origine animale e isolati da origine umana, mediante l’utilizzo
di Whole Genome Sequencing (WGS), per cercare di stabilire un possibile
linkage molecolare per alla trasmissione animale-uomo.
MATERIALI E METODI:
Sessanta isolati S. aureus CC398 sono stati caratterizzati molecolarmente con le seguenti tecniche: tipizzazione del gene spa, Multilocus
Sequence Typing (MLST), tipizzazione per SCCmec e genotipado per
microarray (Alere GmbH, Germany), che include i principali geni associati alla virulenza, patogenicità, specificità per l’ospite, identificazione
del clone, e resistenza agli antibiotici. La maggior parte (n=59) sono
stati isolati da diverse produzioni animale: 31 da suino (6 MSSA), 27 da
bovino (1 MSSA), uno da allevamento di pollo e un MSSA da cinghiale.
Di questi, 36 isolati sono stati confrontati a livello genomico, utilizzando la elettroforesi di campo pulsato (PFGE) previo taglio con enzima di
restrizione Cfr9 (1)
In parallelo, 32 isolati CC398 spa-type 899 (e spa-types correlati, come
t1939, t2922, t4838) di origine animale (5 MSSA and 27 MRSA) sono
stati sottoposti al sequenziamento massivo di DNA di tutto il suo genoma insieme a nove isolati di origine umano (1 MSSA e 8 MRSA). Le
sequenze sono state confrontate con il ceppo di riferimento S. aureus
CC398 SO385 (GenBank accession no. NC_017333) per individuare gli
SNPs, e la filogenia è stata costruita utilizzando l’algoritmo di maxi-
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
033
STUDIO FILOGENETICO DI CEPPI STEC O26 CIRCOLANTI IN ITALIA MEDIANTE COMPARAZIONE
GENOMICA E DEL CONTENUTO PLASMIDICO
Keywords: STEC O26, whole genome, virulence plasmid
Michelacci V.[1], Flamini F.[1], Maugliani A.[1], Minelli F.[1], Tozzoli R.[1], Scavia G.[1], Morabito S.[1]
Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Shiga-toxin producing Escherichia coli (STEC) O26 are zoonotic
pathogens causing severe human disease, frequently isolated from
cattle. STEC O26 generally belong to sequence type (ST) 21, but
a clone belonging to ST29 has been recently described in human
infections and rarely isolated from the animal reservoir. The transmission routes of ST29 strains are still unclear, hindering the epidemiological investigations.
We determined and analysed the whole genome sequences of
STEC O26 isolated in Italy from humans and animals. Twenty-five
isolates were of ST21 and seven of ST29. The SNP analysis identified two major groups of strains segregating with the ST. Two subpopulations of STEC O26 ST29 were identified, differing in the SNP
content and in the plasmid types harboured. One of the two groups
displayed the presence of ehxA gene associated with the genetic
determinants of the adhesin involved in diffuse adherence, which
could play a role in the virulence of such pathogens.
Figura 1. Dendrogramma dei pattern di macro-restrizione con Cfr9I,
geni di virulenza e geni di resistenza agli antibiotici. I cluster sono stati
costruiti con una similarità dell’80%.
le analisi filogenetiche basate sugli SNP attraverso lo strumento
ksnp3 (5). Tutti i software utilizzati sono disponibili sulla piattaforma Galaxy ARIES (www.iss.it/site/aries). Lo studio del contenuto
plasmidico è stato eseguito mediante lo strumento PlasmidFinder
(cge.cbs.dtu.dk) ed il programma MAUVE (3). I contig contenenti i
geni plasmidici sono stati confrontati con la banca dati nucleotidica
dell’NCBI.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sette isolati provenienti da campioni clinici sono stati tipizzati
come ST29 mentre i restanti 25, sia umani che bovini, appartenevano al ST21. L’analisi genomica degli SNP ha mostrato una netta
distinzione tra gli isolati appartenenti ai due ST (Fig. 1). Tra i ceppi
appartenenti al ST21 è stato possibile identificare due gruppi principali che comprendevano gli isolati correlati epidemiologicamente. I ceppi appartenenti al ST29 segregavano in due gruppi, 29A e
29B (Fig. 1).
Tutti i 25 ceppi ST21 erano positivi per la presenza dei geni toxB,
katP e espP, caratteristici del plasmide pO26-Vir già descritto in letteratura (4), ad eccezione dell’ED258, negativo per questi geni, e
dell’ED945, che mostrava soltanto espP e toxB. L’analisi degli alleli
dei geni di virulenza ha evidenziato differenze tra i due gruppi di
STEC O26 ST29. I tre ceppi appartenenti al gruppo 29A mostravano
l’allele 11 del gene efa1 e la presenza dei geni plasmidici ehxA (allele 7) ed etpD (allele 2), mentre nei quattro ceppi del gruppo 29B
è stato identificato l’allele 10 del gene efa1 e in due di questi l’allele
6 del gene ehxA. Le porzioni di plasmide con i geni etpD e ehxA
nei ceppi appartenenti al gruppo 29A mostravano il 99% di identità
nucleotidica con una frazione genomica di 89 kb del ceppo STEC
O26 FHI27 (Acc. No LM995679). L’allinemaento con questa frazione
(Fig. 2), ha evidenziato la presenza nei ceppi 29A di un plasmide appartenente al gruppo di incompatibilità IncFIB che contiene i geni
etpD, ehx, cba e cma.
Nei ceppi del gruppo 29B sono stati rinvenuti plasmidi appartenenti al gruppo IncI1 in associazione con plasmidi IncX1 in tre ceppi.
I contig corrispondenti portavano rispettivamente geni che codificano la biosintesi di pili e un sistema di secrezione di tipo IV. Nei
ceppi ED654 e ED912 il gene ehxA era associato con i determinanti genetici dell’adesina AIDA-I coinvolta nell’adesione diffusa, già
identificati in altri plasmidi di E. coli patogeni (1). I due geni erano
inoltre presenti nello stesso contig nel ceppo ED654.
Questo studio conferma la stretta associazione di STEC O26 ST29
con le infezioni umane. Abbiamo identificato due gruppi di STEC
O26 ST29 che presentano differenze genomiche sia nell’analisi del
contenuto in SNP nell’intero genoma, sia nell’analisi del profilo allelico dei geni di virulenza e del contenuto plasmidico. In particolare abbiamo caratterizzato un plasmide di virulenza presente in
uno dei due gruppi ed identificato nell’altro gruppo la presenza di
alcuni geni potenzialmente implicati nella virulenza e nelle vie di
trasmissione all’uomo, codificanti l’adesina coinvolta nell’adesione
diffusa AIDA-I, un sistema di secrezione di tipo IV e la biosintesi di
pili. Sono in corso ulteriori studi allo scopo di far luce sul serbatoio
naturale di questo sottogruppo di patogeni emergenti.
INTRODUZIONE:
Gli Escherichia coli produttori di Shiga-tossina (STEC) sono patogeni zoonotici che causano un ampio spettro di patologie nell’uomo
a interessamento intestinale e sistemico. Il sierogruppo O26 è tra
quelli più frequentemente associati a malattia grave e rappresenta
il più frequente in Italia. Gli stipiti STEC O26 solitamente appartengono al Sequence Type (ST)21 e sono frequentemente isolati dai
ruminanti, che ne rappresentano un serbatoio naturale. Recentemente è stata descritta l’emergenza di un clone O26 appartenente al ST29. Questi ceppi, raramente descritti nei ruminanti, sono
isolati principalmente dai casi di infezione nell’uomo e sembrano
caratterizzati dall’instabilità del fago che veicola i geni stx (2).
In questo studio abbiamo sequenziato ed analizzato il genoma
completo di ceppi STEC O26 isolati in Italia di ST21 e ST29, allo
scopo di studiarne il grado di variabilità e le caratteristiche filogenetiche per contribuire a comprendere le basi della trasmissione
all’uomo delle infezioni da STEC O26 ST29.
Figura 2. Rappresentazione filogenetica costruita con l’algoritmo di
maximum-likelihood, dopo avere individuato le SNPs informative. Al
numero identificativo dell’ isolato segue il risultato di presenza SAPIbov4, anno di isolamento, ospite, cassetta SCCmec e spa-type.
BIBLIOGRAFIA:
1.Argudín MA, Fetsch A, Tenhagen BA, Hammerl JA, Hertwig S, Kowall
J, Rodicio MR, Käsbohrer A, Helmuth R, Schroeter A, Mendoza MC,
Bräunig J, Appel B, Guerra B. 2010. High heterogeneity within methicillin-resistant Staphylococcus aureus ST398 isolates, defined by Cfr9I
macrorestriction-pulsed-field gel electrophoresis profiles and spa and
SCCmec types. Appl Environ Microbiol. 76:652-8.
2.European Food Safety Authority (EFSA), 2009. Analysis of the baseline survey on the prevalence of methicillin-resistant Staphylococcus
aureus (MRSA) in holdings with breeding pigs, in the EU, 2008, Part
A: MRSA prevalence estimates; on request from the European Commission. The EFSA Journal. 7:1376 (http://www.efsa.europa.eu/en/
scdocs/scdoc/1376.htm). Accessed 9 July 2016
3.Price LB, Stegger M, Hasman H, Aziz M, Larsen J, Andersen PS,
Pearson T, Waters AE, Foster JT, Schupp J, Gillece J, Driebe E, Liu CM,
Springer B, Zdovc I, Battisti A, Franco A, Zmudzki J, Schwarz S, Butaye
P, Jouy E, Pomba C, Porrero MC, Ruimy R, Smith TC, Robinson DA,
Weese JS, Arriola CS, Yu F, Laurent F, Keim P, Skov R, Aarestrup FM.
2012 Staphylococcus aureus CC398: host adaptation and emergence
of methicillin resistance in livestock. MBio. 21;3.
MATERIALI E METODI:
I genomi di trentadue ceppi STEC di sierogruppo O26, isolati negli
ultimi 20 anni da bovini (n=7) e da casi di infezioni umane (n=25),
sono stati completamente sequenziati su piattaforme Illumina MiSeq (n=12) e Ion Torrent PGM (n=20). Il pannello includeva ceppi
umani isolati durante focolai epidemici avvenuti in Puglia nel 2013
(ceppi ED909, ED911, ED912 ed ED920) e nel Lazio nel 2015 (ceppi
da ED1012 a ED1018) e due ceppi isolati nel 2014 da un paziente
affetto da sindrome emolitico uremica e da un suo familiare (ceppi
ED950 e ED951). I rimanenti isolati umani provenivano da casi sporadici verificatisi tra il 2007 e il 2014. I ceppi STEC O26 da animali
includevano ceppi isolati da bovini sani e con diarrea isolati tra il
1990 e il 2004.
Le sequenze con Phred>25 sono state mappate contro il database dei geni di virulenza di E. coli (6) attraverso lo strumento virulotyper. Le sequenze sono state assemblate in contigs mediante il
tool SPADES e questi ultimi utilizzati per la tipizzazione MLST e per
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4- Fratamico PM, Yan X, et al 2011. The complete DNA sequence and
analysis of the virulence plasmid and of five additional plasmids carried by Shiga toxin-producing Escherichia coli O26:H11 strain H30. Int
J Med Microbiol;301(3):192-203
5- Gardner SN,Slezak T et al 2015. kSNP3.0: SNP detection and phylogenetic analysis of genomes without genome alignment or reference
genome. Bioinformatics 31,2877-2878
6- Joensen KG, Scheutz F et al 2014. Real-time whole-genome sequencing for routine typing, surveillance, and outbreak detection of
verotoxigenic Escherichia coli. J. Clin. Micobiol. 52(5): 1501-1510
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
7° SESSIONE DI COMUNICAZIONI LIBERE
034
IL SUCCESSO ECOLOGICO DI S. 1,4,[5],12:I:- : UNO STUDIO GENOMICO COMPARATIVO
Keywords: Salmonella, WGS, Colistin, 12:i:-, 4
Mastrorilli E.[1], Pietrucci D.[2], Longo A.[1], Petrin S.[1], Barco L.[1], Losasso C.[1], Desideri A.[2], Ricci A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro ~ Italy,
Università di Roma “Tor Vergata”, Dipartimento di Biologia ~ Roma ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Specific clones are characterized by unique genotypes that could confer them a selective advantage determining their epidemiologic success. This is the case of the monophasic Salmonella Typhimurium, S.
1,4,[5],12:i:- . This serovar has been displaying a high rate of isolation
in humans over the last decades and is enlisted among the emerging
foodborne pathogens worldwide. The evolution and transmissibility
over time of specific molecular features such as resistances to biocides, persistance and virulence factors, might hold the key to epidemiologic success. To address this point a comparative analysis of 46
S. 1,4,[5],12:i:- genomes epidemiologically unrelated and belonging to
different sources was performed. The results might have implications
for the surveillance and management of Salmonella.
Fig.1 Filogenesi basata sullo studio dei polimorfismi a singolo nucleotide presenti nell’intero genoma utilizzando il metodo di clustering
Maximum Likelihood
di S. Typhimurium LT2 (ENA ref AE006468.2) e la più recente sequenza
completa di S. 1,4,[5],12:i:- (ENA ref LN999997.1). Ciascun campione
è stato sottoposto ad analisi bioinformatica al fine di individuare: i)
geni di antibiotico resistenza acquisiti per trasferimento orizzontale,
ii) la presenza di eventuali plasmidi, iii) geni di resistenza ai metalli
pesanti (3), iv) fattori di resistenza e persistenza (4), utilizzando sia
una pipeline automatica che mappaggio diretto. Ciascun campione è
stato quindi sottoposto ad annotazione funzionale, al fine di predire
le funzioni delle porzioni geniche assemblate. L’esito di tale analisi è
stato utilizzato al fine di identificare un “core genome”, ovvero l’insieme di geni presenti in tutti i campioni analizzati. Quindi si è effettuato
l’allineamento multiplo dei geni presenti nel core genome al fine di
inferire la filogenia dei campioni utilizzando un approccio Maximum
Likelihood. Si è quindi proceduto al confronto dei dati derivanti dalla
caratterizzazione in silico ed in vitro con la struttura dell’albero filogenetico, al fine di evidenziare possibili fattori fenotipici e genotipici che
risultino caratteristici di uno specifico clade.
INTRODUZIONE:
Salmonella enterica è rappresentata da più di 2600 sierotipi, tra questi
il sierotipo Typhimurium e la sua variante monofasica S. 1,4,[5],12:i:sono ubiquitari nei serbatoi zoonotici responsabili di infezioni umane
(1). A partire dalla deriva genetica che ha portato alla affermazione
evolutiva di S. 1,4,[5],12:i:-, gli isolamenti di questo sierotipo hanno
avuto un trend crescente costante nel tempo. I dati raccolti nel decennio 2006-2016 in EU e in US, relativi ai focolai di malattie a trasmissione alimentare, mostrano S. Enteritidis quale sierotipo maggiormente
isolato, seguito da S. Typhimurium e da S. 1,4,[5],12:i:- (1,2). Al contrario, in Italia si sta assistendo a uno scenario differente: gli isolamenti
ottenuti nello stesso decennio mostrano S. 4,[5],12:i:- quale sierotipo
prevalente, seguito da S. Typhimurium e da S. Enteritidis (1). Allo scopo di approfondire le basi molecolari del successo ecologico dei cloni
di S. 4,[5],12:i:- circolanti, abbiamo effettuato uno studio comparativo
dei genomi di un campione di isolati derivanti dall’ambiente animale
o da alimenti ed evidenziato i fattori genetici potenzialmente coinvolti
in questo processo. I risultati potranno essere utilizzati quale supporto
nelle attività di monitoraggio e controllo di Salmonella.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La maggior parte degli isolati testati presentava il profilo di multirestistenza: blaTEM-1B, strA, strB, sul2, tet(B). In particolare, strA, strB
e sul2 erano sempre co-localizzati su un plasmide di incompatibilità
IncQ1 (NCBI accession number HE654726), mentre tet(B) e blaTEM1B erano localizzati su contigs diversi. Uno dei ceppi analizzati, isolato
da suino, era portatore del gene mcr-1 di resistenza alla colistina. Il
segmento genico che lo conteneva riportava anche sequenze annotate
come gene di resistenza al tellurite (terB) e fattori di coniugazione, oltre che l’origine di replicazione plasmidica IncH12, a sostegno dell’ipotesi che tale sezione fosse di origine plasmidica. Questa ipotesi potrà
essere testata attraverso esperimenti di coniugazione in vitro. L’identificazione del gene mcr-1, probabilmente plasmidico, è un risultato di
particolare interesse a causa delle implicazioni per la salute pubblica
che derivano dalla sua putativa diffusibilità. Il gene plasmidico per la
resistenza alla colistina, infatti, è una assoluta novità nell’ambito del’epidemiologia molecolare delle malattie a trasmissione alimentare; la
sua esistenza è stata documentata per la prima volta nel Novembre
2015 in Cina ma la sua diffusione è stata poi largamente riscontrata
anche negli altri continenti, in differenti patogeni isolati da alimento,
animale, ambiente, uomo (5). La maggior parte dei ceppi presentava
inoltre geni di resistenza ai metalli pesanti quali pcoA, pcoD, silA, silE,
tutti presenti sullo stesso segmento genico. Tale profilo genico era presente anche in isolati che non presentavano plasmidi imputati, suggerendo la possibilità di localizzazione cromosomica degli stessi. Infine,
la presenza di geni di resistenza ai metalli pesanti, di multiresistenza
ad antimicrobici e l’assenza di geni flagellari è risultata essere la combinazione di fattori plausibilmente in grado di differenziare il clade di
isolati più simili alla reference di S. Typhimirium (LT2) rispetto al clade
di campioni “in cluster” con la reference di S. 1,4,[5],12:i:-, come evidenziato in Figura 1.
MATERIALI E METODI:
Un totale di 46 isolati di S. 4,[5],12:i:- di origine animale e alimentare, selezionati in modo da essere epidemiologicamente non correlati,
sono stati sottoposti a Whole Genome Sequencing (WGS). Gli isolati
sono stati coltivati in Agar Triptosio, il DNA totale è stato estratto e
purificato usando un kit commerciale (Qiagen, USA) e la sua concentrazione è stata determinata con il metodo fluorimetrico (Life Technologies, USA). Le librerie per il sequenziamento sono state preparate
seguendo il protocollo Illumina Nextera XT DNA (Illumina, USA) e caricate sulla piattaforma MiSeq usando un kit v3 (paired-end 2 x 300
bp reads). I dati grezzi ottenuti sono stati sottoposti alle seguenti fasi
di pre-processing: (i) quality checking, (ii) adapter clipping, (iii) deduplication, (iv) trimming ed (v) assembly. Al fine di caratterizzare gli
isolati selezionati e di compararne le caratteristiche con il sierotipo S.
Typhimurium sono stati considerati quali referenza i genomi completi
Fig.2 Ricostruzione del plasmide di virulenza dei ceppi ST29 appartenenti al gruppo 29A
BIBLIOGRAFIA:
1- Benz I and Schmidt MA 1989. Cloning and expression of an adhesin
(AIDA-I) involved in diffuse adherence of enteropathogenic Escherichia coli. Infect Immun;57(5):1506-11.
2- Bielaszewska M, Mellman A et al 2013. Enterohemorrhagic Escherichia coli O26:H11/H-: a new virulent clone emerges in Europe; Clin
Infect Dis;56(10):1373-81
3- Darling AE, Mau B et al 2010. progressiveMauve: multiple genome
align-ment with gene gain, loss and rearrangement. PLoS ONE 5,
e11147
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
035
CORE GENOME MLST PER LA TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI BRUCELLA MELITENSIS
Keywords: Brucellosi, cgMSLT, Brucella melitensis
Garofolo G.[2], Sacchini L.[2], Zilli K.[2], Ancora M.[2], Cammà C.[2], Caprioli A.[1], Franco A.[1], Battisti A.[1], Di Giannatale E.[2],
De Massis F.[2]
Istituto Zooprofillatico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” ~ Roma ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ~ Teramo ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Brucellosis is a leading cause of economic losses in productions of domestic ruminants, and a major burden of disease worldwide for its
zoonotic nature. Whole genome sequencing (WGS), by using Next
generation sequencing (NGS) technology, is the most recent and powerful typing tool for molecular epidemiology purposes.
The decrease of costs and the increase of analytical and procedural
speed for NGS of WGS is leading to a “new era” in genomic analyses applied to infectious diseases. We developed and tested an allele
based method for interpreting NGS/WGS data. Using the 8 available
NCBI RefSeq genomes, 2,751 cgMLST targets were identified for the
core genome with 100% overlap and >90% sequence similarity. The
cgMLST scheme enabled the clustering of 42 isolates from two neighbouring outbreaks in two separate clusters with unambiguous separation of 138 alleles. In conclusion, the cgMLST may improve outbreak
investigations and proposes a new nomenclature for inter-laboratory
data exchange.
Le reads ottenute, dopo controllo di qualità è trimming, sono state assemblate mediante il software Velvet (EMBL-EBI). I genomi sono stati
sequenziati con un coverage medio di 100X.
cgMLST: Per determinare il set di geni della cgMLST abbiamo usato la funzione di disegno dello schema implementato nel software
SeqSphere con i parametri di default usando il genoma di riferimento
B. melitensis strain 16M più sette genomi completi presenti sul database NCBI RefSeq .
Isolati da focolai di brucellosi ovicaprina: Il pannello così determinato
è stato testato su 42 isolati provenienti da 19 diversi allevamenti di
aree di focolai di brucellosi ovicaprina riscontrati nel corso di pochi
mesi in due aree (A e B) confinanti, ed ufficialmente indenni da brucellosi ovicaprina. Gli isolati provenivano da 19 aziende zootecniche.
I ceppi dei focolai erano stati in precedenza analizzati usando il pannello MLVA16.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il pannello cgMLST è stato creato usando le sequenze di B. melitensis presenti nel database internazionale NCBI RefSeq. Nello specifico,
per determinare il pannello di cgMLST, sono state usate otto sequenze
rappresentative delle tre biovarianti di B. melitensis, usando il genoma
di riferimento B. melitensis bv1 strain 16M (NC_003317.1; NC3318.1).
La ricerca effettuata ha definito la presenza di 2,751 target tra tutti gli
isolati selezionati su un totale di 3,085 geni codificanti e annotati. Il
pannello cgMLST ha avuto una copertura del 77% dell’intero genoma.
L’approccio di cgMLST ha individuato 2 cluster genetici, diversi e separati, da 138 loci. Il primo cluster comprendeva 17 aziende con un massimo di 6 loci di differenza, riscontrati nell’area di focolaio A, mentre il
secondo cluster comprendeva isolati di 2 aziende dell’area B, con una
differenza massima di 3 loci (Fig. 1).
La valutazione di questi due cluster con ceppi epidemiologicamente
non correlati e isolati da diverse località geografiche ha evidenziato
fino a 350 loci di differenza.
L’analisi di questi dati ci ha permesso di evidenziare il potenziale cutoff di inclusione di isolati provenienti da una stessa area di focolaio,
pari a sei loci di mutazione, indicatori di una probabile evoluzione
genetica nel focolaio inoltre, il confronto tra la cgMLST e la MLVA ha
mostrato una perfetta concordanza.
In uno scenario di focolaio è essenziale avere a disposizione un metodo di tipizzazione standardizzato e discriminante. In questo studio
si è stabilito un nuovo pannello di cgMLST, rappresentativo di tutte
le biovarianti di B. melitensis. Questo metodo di tipizzazione unisce i
vantaggi di una tipizzazione basata su confronto allelico con l’utilizzo di
molti target, aumentando il potere discriminante di un metodo MLST
“tradizionale”, basato su un numero limitato di geni housekeeping.
Sebbene il metodo cgMLST compari solo le porzioni codificanti del genoma e non tenga in considerazione tutte le altre regioni, esso riesce
a comparare quasi 3,000 regioni genetiche. Non si può escludere che
con la terza generazione di sequenziatori genomici si possa nel prossimo futuro estendere lo schema anche a tali porzioni.
In conclusione, lo studio ha prodotto uno schema di cgMLST per la
tipizzazione, di B. melitensis basato su tecnologia NGS, dimostrando il
suo alto potere discriminatorio.
INTRODUZIONE:
La brucellosi è una malattia zoonotica a diffusione globale con notevole impatto sulla sanità pubblica e sulle produzioni animali. Sebbene sia stata eradicata in gran parte del Mondo occidentale, rimane
endemica nell’Italia meridionale ed insulare. La brucellosi nell’uomo
è prevalentemente causata da Brucella melitensis; l’infezione può avvenire principalmente per esposizione professionale o per via alimentare, avendo il suo serbatoio nella popolazione animale. Determinare
l’origine dei singoli casi o dei focolai è di primaria importanza sia per
la sanità pubblica che per la sanità animale. Ad esempio collegare l’origine di un alimento contaminato ad una specifica realtà zootecnica,
può determinare l’identificazione di una produzione alimentare fuori controllo sanitario, oppure, identificare la provenienza di un capo
infetto può rivelare la movimentazione illegale di animali da territori
non ufficialmente indenni.
Ottenere queste risposte con le normali indagini epidemiologiche è
spesso non possibile, soprattutto se si fa utilizzo di tradizionali metodi di epidemiologia molecolare. Infatti, la tipizzazione classica è poco
utile poiché distingue solo tre diverse biovarianti di B. melitensis.
Negli ultimi anni la tecnica MLVA è diventata il test di riferimento e
ha dimostrato di essere uno strumento di epidemiologia molecolare
molto valido. Ultimamente la diminuzione dei costi e lo sviluppo di
nuovi strumenti di analisi dei dati NGS/WGS sta incrementando l’uso
di questa nuova e dirompente tecnologia nell’ambito della microbiologia in sanità pubblica.
In questo studio abbiamo sviluppato e testato, nell’ambito di un focolaio di brucellosi ovicaprina, un pannello di tipizzazione di core genome MLST (cgMLST) che può essere la base di partenza di un nuovo
strumento di epidemiologia molecolare con nuova nomenclatura allelica.
Figura 1: Cladogramma del core genome del campione composto da 46 genomi di S. 1,4,[5],12:i:- confrontati con le due referenze
AE006468.2 (LT2) e LN999997.1. I colori evidenziano i cladi più stabili
all’analisi bootstrap. I rami relativi alle due referenze utilizzate sono
riportati in rosso.
BIBLIOGRAFIA:
(1) EFSA & ECDC. (2015) The European Union summary report on
trends and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2013. EFSA Journal 13, 3991-4156.
(2) Majowicz, S. E. et al. (2010) The Global Burden of Nontyphoidal
Salmonella Gastroenteritis. Clin infect dis 50, 882-889.
(3) Mourão J., et al. (2014) “Characterization of the emerging clinically-relevant multidrug-resistant Salmonella enterica serotype 4,[5], 12:
i:-(monophasic variant of S. Typhimurium) clones.” European Journal
of Clinical Microbiology & Infectious Diseases 33:2249-2257.
(4) De Cesare A. et al., (2016) Diverse distribution of Toxin-Antitoxin II
systems in Salmonella enterica serovars. Scientific Reports 6:28759.
(5) Yi-Yun Liu et al.,Emergence of plasmid-mediated colistin resistance
mechanism MCR-1 in animals and human beings in China: a microbiological and molecular biological study (2016) Lancet Infect Dis 16:
161-68.
MATERIALI E METODI:
Sequenziamento DNA tramite NGS e l’assemblaggio dei genomi. Le librerie genomiche sono state preparate con il NexteraTM library Prep Kit
e sequenziate mediante NextSeqTM 500 (IlluminaTM).
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ANALISI DI MICROBIOTA E MIRNOMA DI ECTOPARASSITI EMATOFAGI DA UCCELLI MIGRATORI
MEDIANTE NEXT GENERATION SEQUENCING
Keywords: Metabarcoding 16S, miRNA sequencing, malattie trasmesse da vettore
Cerutti F.[1], Modesto P.[1], Rizzo F.[1], Mandola M.L.[1], Costa S.[2], Giammarino M.[3], Goria M.[1], Cravero A.[1], Cattonaro
F.[4], Radovic S.[4], Savini G.[5], Caracappa S.[6], Orusa R.[1], Acutis P.L.[1], Peletto S.[1]
IZS PLV ~ Torino ~ Italy, [2]Laboratorio Chimico Camera Commercio ~ Torino ~ Italy, [3]ASL CN1 ~ Racconigi (CN) ~ Italy,
[4]
IGA Technology ~ Udine ~ Italy, [5]IZS Teramo ~ Teramo ~ Italy, [6]IZS Sicilia ~ Palermo ~ Italy
[1]
Minimum Spanning Tree per cgMLST
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Gli uccelli campionati appartenevano a 28 specie diverse, con differenti
abitudini migratorie. I vettori sono stati suddivisi in 5 gruppi: ditteri ippoboscidi, zecche, mallofagi, pidocchi e altri ectoparassiti.
Il metabarcoding 16S ha permesso l’identificazione di numerose specie
batteriche (Fig. 1).
I generi potenzialmente zoonosici riscontrati nel campione analizzato
sono stati: Rickettsia (n=110), Anaplasma (n=3), Borrelia (n=17), Coxiella
(n=6) e Francisella (n=4). La PCR ha confermato 47 campioni per Rickettsia, 2 campioni per Anaplasma, 10 campioni per Borrelia, 2 campioni di
Francisella (simbionte Francisella-like).
È interessante che la prevalenza di Rickettsia spp. sia risultata così alta
tra i parassiti analizzati, essendo presente quasi nel 40% dei campioni,
60.32% per le sole zecche. La prevalenza di Borrelia spp. riscontrata nelle zecche è stata del 15.87%, e 18.37% per il genere Ixodes. Questi valori
sono in linea con altri lavori in letteratura (1, 3, 4).
La discrepanza tra il numero di campioni positivi a Rickettsia in NGS e
quello dei campioni confermati in PCR può essere spiegata dalla differente specificità dei due metodi, dal gene target della PCR e dalla possibile presenza di simbionti Rickettsia-like, non identificabili dalle PCR
utilizzate. Un’ipotesi simile è valida anche per Borrelia e Anaplasma.
Nella maggior parte dei campioni (n=98, 81.67%) il MSR ha inoltre identificato la specie Ehrlichia ovina, poco descritta in letteratura, dato non
confermato da Blastn, che ha assegnato le read a Anaplasma, Wolbachia
e Candidatus Midichloria mitochondrii. Nell’output del MSR non risulta
presente il Candidatus Midichloria. Questa differenza può essere dovuta
alla diversa ricchezza dei database considerati. Altri simbionti riscontrati
sono stati Wolbachia (n=93), Arsenophonus (n=74) e Candidatus Midichloria mitochondrii (n=120). I risultati ottenuti sono in accordo con
quanto riportato in letteratura.
I contig generati dal sequenziamento dei miRNA dei 10 pool sono stati
confrontati con il database nt mediante Blastn. Sono state riscontrate alcune sequenze corrispondenti a BCL2/adenovirus E1B 19kDa interacting
protein 3-like (BNIP3L) di specie diverse, descritto come gene codificante una proteina pro-apoptotica della famiglia di BCL2 (5). Il ritrovamento
di tali miRNA può indicare che negli artropodi possa esistere un meccanismo di difesa simile. Dall’analisi con BlastX su database di proteine
sono state identificate sequenze simili (49-92%) a Sacbrood virus (SBV)
in due pool, un virus responsabile della covata a sacco nelle api. Sono
state selezionate due coppie di primer per conferma, ma la PCR non ha
avuto successo probabilmente perché il virus identificato diverge da SBV
a livello genomico.
Il presente progetto di ricerca ha evidenziato aspetti con una ricaduta
sull’epidemiologia e sulla sorveglianza. Il metabarcoding ha permesso di
rilevare un’elevata prevalenza di Rickettsia e Borrelia in ectoparassiti di
uccelli migratori a medio e lungo raggio, evidenziando il rischio di introduzione di patogeni nel nostro territorio.
Per quanto riguarda lo studio dei miRNA, questo progetto, primo nel
suo genere, conferma la validità dell’approccio del sequenziamento di
virus-derived miRNA per indagare il viroma degli artropodi con il potenziale di scoprire nuovi virus.
SUMMARY:
Given the growth of novel viruses infecting animals and humans,
here we characterize by NGS both microbiome and miRNome of
hematophagous ectoparasites collected from migratory birds.
In 2013-2014, 194 ectoparasites (Hippoboscidae, ticks, Mallophaga, louses, and other) were collected from 115 birds. Both 16S metabarcoding and miRNA sequencing were performed on Illumina
platforms.
Potential zoonotic bacteria included: Rickettsia (n=110), Anaplasma
(n=3), Borrelia (n=17), Coxiella (n=6), and Francisella (n=4). Genusspecific PCR assays were used to confirm infections: 47 samples
were confirmed for Rickettsia, 2 for Anaplasma, 10 for Borrelia, 2
for Francisella (Francisella-like symbiont).
Contigs generated by miRNA sequencing were compared to the
nt database by Blastn, retrieving some sequences similar to BCL2/
adenovirus E1B 19kDa interacting protein 3-like (BNIP3L). BlastX
analysis on protein database showed contig similarity (49-92%) to
Sacbrood virus (SBV), a honey bee virus.
BIBLIOGRAFIA:
G Garofolo, E Di Giannatale, F De Massis, K Zilli, M Ancora, C Cammà,
P. Calistri, JT Foster. 2013. Investigating genetic diversity of Brucella
abortus and Brucella melitensis in Italy with MLVA-16. Infection, Genetics and Evolution 19, 59-70.
G. Garofolo, J.T. Foster , K. Drees, I. Platone, K. Zilli, M. Ancora, F. De
Massis, M. Scacchia, E. Di Giannatale. (2014). Insights into the genetic
lineages and current spread of B. abortus and B. melitensis in Italy.
Proceedings of Brucellosis 2014 International Research Conference.
Berlin 9-12 September.
Maiden MC, van Rensburg MJ, Bray JE, Earle SG, Ford SA, Jolley
KA,McCarthy ND. 2013. MLST revisited: the gene-by-gene approach
to bacterial genomics. Nat Rev Microbiol 11:728-736http://dx.doi.
org/10.1038/nrmicro3093.
INTRODUZIONE:
In seguito alla crescente minaccia della comparsa di nuovi virus in
grado di infettare l’uomo e gli animali, è sempre più importante
caratterizzare i patogeni emergenti. Le nuove tecnologie di sequenziamento (Next Generation Sequencing, NGS) costituiscono un approccio innovativo che supera molte delle problematiche legate
alle tecniche precedenti. Un approccio NGS è stato utilizzato per
l’identificazione del virus di Schmallenberg dei ruminanti (2). Recentemente è stata introdotta una strategia basata sul fenomeno
degli small interfering RNAs (siRNA) che ha permesso l’identificazione di nuovi virus a RNA (7). L’NGS permette inoltre di studiare le
comunità microbiche, come il microbioma umano (6).
Scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare microbioma
e miRNoma di ectoparassiti ematofagi raccolti da uccelli migratori
in Piemonte per identificare agenti infettivi esotici o nuovi, importati attraverso le rotte migratorie.
MATERIALI E METODI:
Durante il 2013 e il 2014 sono stati prelevati 194 ectoparassiti da
115 individui, suddivisi in 120 pool. I parassiti raccolti dagli uccelli
migratori sono stati conservati in RNAlater e l’estrazione di RNA
totale e miRNA è stata effettuata in due eluizioni separate.
Il metabarcoding 16S dell’rRNA è stato eseguito secondo il protocollo Illumina. I campioni di miRNA sono stati suddivisi in 10 pool
equimolari e processati secondo il protocollo del TruSeq Small RNA
Library Prep Kit. I dati del metabarcoding sono stati analizzati dal
MiSeq Reporter Metagenomics Workflow (MSR) e con una pipeline
ad hoc. Per l’analisi dei dati dei miRNA è stata utilizzata una pipeline che include analisi con Blastn e BlastX.
Per confermare i risultati ottenuti dal metabarcoding, sono state
effettuate PCR specifiche per i batteri riscontrati nei campioni.
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APPLICAZIONE DI UN APPROCCIO DEEP SEQUENCING PER LO STUDIO DELL’EFFETTO DELLA PRESSIONE IMMUNITARIA NELL’EVOLUZIONE DI VIRUS INFLUENZALI AVIARI IN OSPITI MAMMIFERI
Keywords: Influenza aviaria, furetti, deep sequencing
Fusaro A.[1], Zamperin G.[1], Milani A.[1], Salviato A.[1], Romero A.[1], Cattoli G.[2], Monne I.[1], Bonfante F.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro ~ Italy,
Animal Production and Health Laboratory, Joint FAO/IAEA Division, Atomic Energy Agency ~ Seibersdorf ~ Austria
[1]
[2]
Profilo tassonomico batterico visualizzato in Megan della complessità
microbica di tutti i campioni, differenziati per tipologia di parassita:
arancio, ditteri ippoboscidi; verde, zecche; grigio, mallofagi; blu, pidocchi e altri ectoparassiti.
BIBLIOGRAFIA:
1. Amore G, Tomassone L, Grego E, Ragagli C, Bertolotti L, et al., 2007,
Borrelia lusitaniae in immature ixodes ricinus (acari: ixodidae) feeding
on common wall lizards in tuscany, central italy., J. Med. Entomol.
44(2):303-7
2. Hoffmann B, Scheuch M, Hoper D, Jungblut R, Holsteg M, et al.,
2012, Novel orthobunyavirus in cattle, europe, 2011, Emerg. Infect.
Dis. 18(3):469-72
3. Pintore MD, Ceballos L, Iulini B, Tomassone L, Pautasso A, et al.,
2015, Detection of invasive borrelia burgdorferi strains in north-eastern piedmont, italy., Zoonoses Public Health. 62(5):365-74
4. Poupon M-A, Lommano E, Humair P-F, Douet V, Rais O, et al., 2006,
Prevalence of borrelia burgdorferi sensu lato in ticks collected from
migratory birds in switzerland., Appl. Environ. Microbiol. 72(1):976-79
5. Thomson BJ, 2008, Viruses and apoptosis, Int. J. Exp. Pathol.
82(2):65-76
6. Turnbaugh PJ, Ley RE, Hamady M, Fraser-Liggett CM, Knight R, Gordon JI, 2007, The human microbiome project., Nature. 449(7164):80410
7. Wu Q, Luo Y, Lu R, Lau N, Lai EC, et al., 2010, Virus discovery by deep
sequencing and assembly of virus-derived small silencing rnas., Proc.
Natl. Acad. Sci. U. S. A. 107(4):1606-11
SUMMARY:
In the last 100 years, only three influenza virus subtypes, H1, H2
and H3, are known to have caused human pandemics. Here, we hypothesize that a pre-existing immunity in the human population may
play a key role in the emergence of human-adapted viruses with a
pandemic potential. Through a deep sequencing approach, we investigated the within-host genetic diversity and evolution of an H3N6
avian influenza virus in ferrets with or without a pre-existing immunity against a seasonal H3N2 influenza virus.
Our results suggest that host immunity may cause a selective bottleneck, favouring a more rapid selection of advantageous mutations
during the avian influenza evolution in a new host and highlight the
importance of the application of a deep sequencing approach for an
early detection of potentially zoonotic viruses in nature.
cedente. I lavaggi nasali ottenuti a 2, 3 e 4 giorni dall’infezione sono
stati sequenziati mediante un approccio deep sequencing utilizzando
lo strumento Illumina MiSeq. L’RNA totale è stato estratto da ciascun
campione e il genoma completo del virus dell’influenza di tipo A è
stato amplificato utilizzando il kit SuperScript III One-Step RT-PCR system con Platinum Taq High Fidelity (Invitrogen, Carlsbad, CA), mediante una coppia di primer complementari alle regioni conservate
all’estremità di ciascun segmento genico (3). Le librerie sono state
ottenute utilizzando il kit Nextera DNA XT (Illumina) e sequenziate
in una corsa 2x300 paired-end. Le sequenze di buona qualità sono
state allineate verso una sequenza di riferimento utilizzando il programma BWA. Le varianti sono state chiamate mediante il programma LoFreq. La complessità della popolazione virale è stata misurata
mediante il calcolo dell’entropia di Shannon, come descritto da (2).
INTRODUZIONE:
I virus dell’influenza di tipo A hanno un’elevata capacità di mutare,
mediante due distinti meccanismi: antigenic drift e antigenic shift. In
particolare, quest’ultimo può causare l’emergere di virus responsabili di pandemie nella popolazione umana, in seguito a riassortimento tra virus animali e umani o alla trasmissione diretta di virus nonumani all’uomo. Tuttavia l’infezione dell’uomo da parte di un nuovo
ceppo virale non è di per sé sufficiente a causare una pandemia: è
necessario che il nuovo virus sia anche in grado di trasmettersi in
modo efficace da uomo a uomo.
Diversi sottotipi di virus influenzali aviari, tra i quali H1, H2, H3, H5,
H6, H7, H9 e H10, sono stati identificati in casi umani, sebbene ad
oggi solo i sottotipi H1, H2 e H3 sono noti aver causato pandemie
nella popolazione umana (1).
Comprendere le dinamiche dell’evoluzione della popolazione virale
attraverso i processi di selezione naturale e di bottleneck genetico
è fondamentale al fine di determinare i meccanismi coinvolti nella genesi di un virus pandemico e identificare virus potenzialmente
zoonosici in natura. In questo studio ipotizziamo che la pressione
del sistema immunitario, e specificamente l’immunità preesistente
nella popolazione umana verso i sottotipi H1 e H3, possa essere uno
dei fattori chiave potenzialmente implicati nell’emergenza di virus
pandemici.
Allo scopo di testare questa ipotesi, abbiamo esaminato mediante
l’utilizzo di un approccio deep sequencing l’evoluzione e la diversità
genetica intra-ospite di un virus influenzale aviario H3N6 in furetti
con e senza un’immunità preesistente nei confronti di un virus stagionale umano H3N2.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi dei dati deep sequencing ha permesso di caratterizzare un
totale di 166 posizioni aminoacidiche in cui si osservano polimorfismi con una frequenza >1%. Alcuni di questi polimorfismi mostrano
un aumento di frequenza con il progredire dell’infezione. Tuttavia,
mentre nella catena dei furetti immunizzati (catena I) quattro mutazioni (HA G228S, NS1 D24G, PB1 I552L, PB1 I397T) raggiungono una
frequenza maggiore del 50%, nella catena naïve (catena N) tale frequenza è raggiunta solo da una mutazione aminoacidica (HA G228S).
E’ interessante notare come la mutazione G228S, generalmente
associata all’adattamento dei virus aviari all’uomo, fosse completamente assente nello stock virale di partenza, e sia stata acquisita e
si sia fissata nelle popolazioni virali di entrambe le catene, a diversi
tempi post infezione. Infatti, negli animali immunizzati l’aminoacido Serina (S) ha raggiunto una frequenza dell’84% in soli due giorni dall’infezione del primo furetto, fissandosi al 100% nei seguenti
passaggi. Diversamente nella catena N tale mutazione ha richiesto
un maggior numero di giorni per divenire consenso e non ha mai
raggiunto una frequenza del 100%. Oltre alla mutazione in posizione
228, abbiamo identificato altre 8 mutazioni comuni alle due catene:
5 già presenti come sottopopolazioni nello stock virale di partenza
e 3 localizzate nelle proteine HA, NA e PA, acquisite in entrambe le
catene. La comparsa indipendente di tali mutazioni può essere interpretata come un adattamento del virus alla specie furetto.
Lo studio della variabilità genetica della popolazione virale evidenzia
un’entropia generalmente più bassa per il gene HA negli animali immunizzati rispetto a quelli non immunizzati, suggerendo che questi
virus siano andati incontro ad un effetto di bottleneck.
In conclusione, questo lavoro suggerisce che l’immunità possa causare un bottleneck selettivo, favorendo una più rapida selezione di
mutazioni vantaggiose (come HA G228S) per l’adattamento dei virus
influenzali aviari al modello furetto. Inoltre abbiamo dimostrato l’importanza dell’applicazione della tecnologia deep sequencing per l’identificazione precoce di varianti con potenziale zoonotico, presenti
nella popolazione virale a bassa frequenza e quindi non rilevabili con
i classici metodi di sequenziamento Sanger.
MATERIALI E METODI:
Sono state create due catene di infezione, una con tre furetti naïve
e una con tre furetti precedentemente immunizzati con un virus
stagionale umano H3N2. Il primo furetto di ciascuna catena è stato infettato per via intranasale con un virus H3N6 di origine aviaria,
mentre i secondi e terzi furetti di ognuna delle due catene sono stati
infettati con il lavaggio nasale raccolto al terzo giorno dal furetto pre-
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BIBLIOGRAFIA:
1. Freidl GS, Meijer A, de Bruin E, de Nardi M, Munoz O, Capua I, Breed
AC, Harris K, Hill A, Kosmider R, Banks J, von Dobschuetz S, Stark K,
Wieland B, Stevens K, van der Werf S, Enouf V, van der Meulen K, Van
Reeth K, Dauphin G, Koopmans M; FLURISK Consortium. Influenza at
the animal-human interface: a review of the literature for virological
evidence of human infection with swine or avian influenza viruses
other than A(H5N1). Euro Surveill. 2014 May 8;19(18).
2. Fusaro A, Tassoni L, Milani A, Hughes J, Salviato A, Murcia PR, Massi
P, Zamperin G, Bonfanti L, Marangon S, Cattoli G, Monne I. Unexpected Interfarm Transmission Dynamics during a Highly Pathogenic Avian
Influenza Epidemic. J Virol. 2016 Jun 24;90(14):6401-11.
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human influenza A viruses. J Virol 83:10309-10313.
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POSTER
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INOCULAZIONE INTRACEREBRALE DEL VIRUS DELLA RABBIA NEL TOPO:
UN APPROCCIO DI AFFINAMENTO PER RIDURRE LA SOFFERENZA ANIMALE
RABIES INTRACEREBRAL MOUSE INOCULATION:
A REFINED APPROACH TO REDUCE ANIMAL DISCOMFORT
Keywords: anaesthesia, analgesia, rabies intracerebral mouse inoculation
Aiello R.[1], Canali D.[1], Calzavara F.[1], De Benedictis G.M.[2], Fusaro A.[1], Mutinelli F.[3], De Benedictis P.[1], Boldrin M.[4]
FAO and National Reference Centre for Rabies, OIE Collaborating Centre and National Reference Centre for Diseases at the Animal-Human Interface, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy, [2]Department of Animal Medicine, Productions and Health, University of Padua, and CORIT-Consortium for Research in Organ Transplantation ~ Padua ~ Italy, [3]Animal Protection
Body, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy, [4]CORIT-Consortium for Research in Organ Transplantation, and Animal Protection Body Istituto Zooproflattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Although the rabies intracerebral mouse inoculation technique has
been progressively replaced, it is still inevitably adopted for the production of reference materials. We refined an anaesthetic protocol to
be safely used in young mice by guaranteeing appropriate analgesia
and rapid recovery.
CD1 3-week-old mice were subcutaneously (SC) administered with
0.4 mg/kg buprenorfine. Ketamine+medetomidine 40/0.3 mg/kg was
administered intraperitoneally 30 minutes later and animals were
placed on a warming pad. They were then inoculated intracerebrally
and, after a 15-minute interval, received atipamezole 1 mg/kg (SC)
as reversal.
The proposed protocol is a safe alternative for a deep anaesthetic
plane, rapid recovery (preventing mortality) and alleviation of postoperatory pain in young mice. Considering the unavoidability of such
a procedure, this protocol could largely alleviate discomfort for mice
and might be adopted by rabies reference laboratories.
sione virale mediante ago 30G inserito per 2 mm all’interno della
scatola cranica. Dopo un intervallo di almeno 15 minuti, agli animali è stato somministrato per via SC l’atipamezolo (1 mg/kg) come
antagonista. Tutte le procedure sono state eseguite previo parere
favorevole dell’Organismo Preposto al Benessere degli Animali/Comitato Etico dell’IZSVe e autorizzazione ministeriale in accordo con
il D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 26 sulla protezione degli animali utilizzati a
fini scientifici (Aut. 505/2015-PR).
INTRODUZIONE:
Il test in vitro di isolamento rapido su colture cellulari ha permesso
di abbandonare il test di inoculazione intracerebrale del topo per la
diagnosi della rabbia (2), sebbene quest’ultima procedura sia ancora
necessaria per la produzione di materiali di riferimento (3). I protocolli anestesiologici disponibili, sia parenterali sia inalatori, studiati principalmente per l’immobilizzazione dell’animale durante le procedure,
non garantiscono una buona analgesia e sono spesso responsabili di
effetti collaterali quali ipotermia e ipoglicemia, che possono condurre
alla morte degli animali, soprattutto nel caso di animali molto giovani.
Con l’obiettivo di affinare la procedura di inoculazione intracerebrale
del virus della rabbia nel topo, è stato messo a punto un protocollo
anestesiologico in grado di garantire una prolungata analgesia associata ad un rapido risveglio.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il piano anestetico ottenuto con il protocollo in esame è stato considerato ottimale per l’esecuzione della procedura in animali giovani
di entrambi i sessi. L’uso di un antagonista selettivo dei recettori
alfa-2 adrenergici ha consentito un rapido ritorno allo stato di veglia e di conseguenza nelle 24 ore successive all’inoculo non è stato
registrato alcun decesso. La somministrazione della buprenorfina
ha comunque consentito il mantenimento dell’analgesia per 12 ore
dall’inizio della procedura.
Sebbene il livello di sofferenza legato alla sintomatologia specifica
dell’infezione rabida non possa essere evitato, poiché rappresenta
l’endpoint sperimentale, il dolore provocato dalla procedura di inoculazione intracerebrale nel topo deve essere invece evitato.
Il protocollo proposto rappresenta quindi una valida e sicura alternativa ai protocolli descritti in letteratura per tutte le procedure che
richiedono un piano anestetico profondo, un rapido risveglio e la
riduzione del dolore post-operatorio nel topo giovane.
Considerata l’inevitabilità, allo stato attuale, di tale procedura, il
protocollo proposto, associato ad un monitoraggio puntuale della comparsa della sintomatologia specifica dell’infezione rabida
(endpoint sperimentale), contribuisce ad alleviare notevolmente le
sofferenze degli animali utilizzati nei laboratori di riferimento per
la rabbia.
MATERIALI E METODI:
178 topi CD1 di 3 settimane (13-14 g) di entrambi i sessi, ottenuti
da allevamento interno, sono stati utilizzati in quattro sessioni differenti per l’applicazione di un protocollo anestesiologico ad hoc. Il
protocollo in esame, formulato a partire dalle indicazioni disponibili
in letteratura (1), prevede la somministrazione per via sottocutanea
(SC) di 0,4 mg/kg di buprenorfina seguita, a distanza di 30 minuti,
dalla somministrazione per via intraperitoneale di una miscela contenente ketamina+medetomidina 40/0,3 mg/kg.
Alla scomparsa del riflesso di raddrizzamento (righting reflex), gli
animali sono stati alloggiati su un tappetino riscaldante (37°C) per
tutta la durata della procedura. Una volta confermata l’assenza di
riflesso nocicettivo (mediante stimolazione dell’arto posteriore), si
è proceduto all’inoculazione intracerebrale di 30 ml di una sospen-
BIBLIOGRAFIA:
1.Gargiulo S, Greco A, Gramanzini M, Esposito S, Affuso A, Brunetti
A, Vesce G. Mice anesthesia, analgesia, and care, Part I: anesthetic
considerations in preclinical research. ILAR J. 2012;53(1):E55-69. doi:
10.1093/ilar.53.1.55. Review.
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(Mammals, Birds, and Bees) 7th Ed. OIE, Paris (2013). Chapter 2.1.13:
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3.Robardet E, Picard-Meyer E, Andrieu S, Servat A, Cliquet F. International interlaboratory trials on rabies diagnosis: an overview of results
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test, rabies tissue culture infection test, mouse inoculation test) and
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
02
VALORI DI RIFERIMENTO BIOCHIMICO CLINICI DI CINGHIALI (SUS SCROFA) ALLEVATI E A VITA LIBERA
Le differenze riscontrate nel dosaggio del glucosio potrebbero essere
dovute alla migliore capacità di adattamento al digiuno pre-macellazione negli animali catturati.
Finanziato da Ministero della Salute, PRC2011018
Keywords: reference values, wild boar, serum biochemistry
BIBLIOGRAFIA:
1. ARHIV, V., 2003. Haematological and biochemical values in blood
of wild boar (Sus scrofa ferus). Veterinarski arhiv, 73(6), pp. 333-343.
2. BUDISCHAK, S. A., JOLLES, A. E., & EZENWA, V. O. (2012). Direct and
indirect costs of co-infection in the wild: linking gastrointestinal parasite communities, host hematology, and immune function. International Journal for Parasitology: Parasites and Wildlife, 1, 2-12.
3. KANEKO, J. J., HARVEY, J. W., & BRUSS, M. L. (Eds.). (2008). Clinical
biochemistry of domestic animals. Academic press.
4. LÓPEZ-OLVERA, J.R., HÖFLE, U., VICENTE, J., FERNÁNDEZ-DE-MERA,
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(Sus scrofa). Parasitology research, 98(6), pp. 582-587.
5. NARANJO, V., VILLAR, M., MARTÍN‐HERNANDO, M.P., VIDAL, D., HÖFLE, U., GORTAZAR, C., KOCAN, K.M., VÁZQUEZ, J. and DE LA FUENTE,
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inflammatory responses in mandibular lymph nodes and oropharyngeal tonsils of European wild boars naturally infected with Mycobacterium bovis. Proteomics, 7(2), pp. 220-231.
6. TUSŠEK, T., D. MIHELIĆ, L. FIRŠT, Z. JANICKI, D.OPANČAR (1994).
Komparativni prikaz crvene krvne slike divlje i domaće europske svinje.
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7. VIDAL, D., NARANJO, V., MATEO, R., GORTAZAR, C. and DE LA FUENTE, J., 2006. Analysis of serum biochemical parameters in relation to
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Vet. 44, 49-56
9. WOLKERS, J., WENSING, T., BRUINDERINK, G. G., & SCHONEWILLE,
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biochemical variables in wild boar (Sus scrofa). Comparative Biochemistry and Physiology Part A: Physiology, 108(2), 431-437.
Campana L.[1], Giacomelli S.[1], Polloni A.[1], Rota Nodari S.[1], Archetti I.[1], Bianchi A.[1], Moscati L.[2]
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE LOMBARDIA ED EMILIA ROMAGNA “BRUNO UBERTINI” ~ Brescia ~ Italy,
[2]
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELL’UMBRIA E DELLE MARCHE ~ Perugia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
About serum biochemistry and haematology of wild boar there are
few data. Studying these values in such difficult managing species
would allow to improve better ways of breeding and a more mindful approach to the animals. In this study, reference ranges for wild
boars are presented; they are established from blood samples on
137 boars slaughtered between September 2005 and March 2006.
Animals were in good conditions, aged 1 to 3 years. Some of them
were captive bred, some wild caught, both in winter and in spring.
These values reveal the metabolic status of the animals, mainly related to the body condition and nutritional status.
conservato a -20°C. I parametri biochimico clinici presi in considerazione e determinati mediante analizzatore automatico multiparametrico Hitachi 704 (Roche Diagnostics) sono stati : Albumina
(g/L), Proteine totali (g/L), Aspartato aminotransferasi (AST, U/L),
Alanino aminotransferasi (ALT, U/L), Gamma glutamiltransferasi
(GGT, U/L), Bilirubina totale (µmol/L), Fosfatasi alcalina (ALP, U/L),
Creatinina (µmol/L), Urea (mmol/L), Glucosio (mmol/L), Calcio (Ca,
mmol/L), Fosforo (P, mmol/L), Ferro (Fe, µmol/L).
Per ottenere la distribuzione gaussiana dei dati è stata applicatala trasformazione Box-Cox. Gli intervalli di riferimento sono stati
costruiti seguendo le linee guida IFCC (International Federation of
Clinical Chemistry) ed ASVCP (American Society for Veterinary Clinical Pathology).
Le differenze tra le categorie anamnestiche individuate sono state
analizzate mediante ANOVA e Scheffe post hoc e considerate significative con p<0,05.
INTRODUZIONE:
La letteratura scientifica risulta carente riguardo i valori ematologici dei principali parametri biochimico clinici del cinghiale (1, 6, 8).
Lo studio di tali valori in questa specie permetterebbe, oltre allo
sviluppo di metodologie di allevamento più accurate, la possibilità
di effettuare una gestione più oculata e mirata di una delle specie animali più problematiche dal punto di vista gestionale (4, 5,
7). Riflettendo lo stato metabolico dell’animale potrebbero essere
utilizzati come indice indiretto di idoneità ambientale per la specie
oggetto dello studio e permettere di approntare opportune azioni
gestionali (2).
La valutazione clinica del singolo valore biochimico non può però
prescindere da una corretta impostazione di valori di riferimento,
meglio se orientati a determinate categorie anamnestiche (3).
In questo lavoro vengono presentati i valori di riferimento per la
specie cinghiale, determinati partendo da una popolazione campione suddivisa in base alla stagione ed alla tipologia di allevamento.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati sono riportati in Tabella 1, 2 e 3.
Tramite l’analisi statistica è stata valutata la significatività delle differenze ottenute, per ciascun parametro, tra i gruppi animali con
diversa anamnesi. In tabella 1 si riportano i valori dei parametri le
cui differenze tra i gruppi sono risultate significative.
Tabella 1: Media e deviazione standard dei parametri statisticamente significativi alla suddivisione per le differenti categorie
anamnestiche abbinate (tipologia di allevamento, stagione di macellazione), i gruppi di parametri suddivisi per colore sono identificati tramite il test post hoc Sheffe
MATERIALI E METODI:
Al momento della macellazione è stato prelevato un campione di
sangue da 137 cinghiali di età compresa tra 1 e 3 anni, macellati tra
settembre 2005 e marzo 2006.
Gli animali appartenevano alle seguenti categorie anamnestiche
• Gruppo A1: cinghiali selvatici catturati in primavera nell’ambito di
programmi di contenimento. .
• Gruppo A2: cinghiali con le stesse caratteristiche del gruppo A1
ma catturati in stagione invernale.
• Gruppo B1: cinghiali provenienti da un allevamento umbro e macellati in primavera. L’azienda in questione era ubicata in zona appenninica, caratterizzata da un’alternanza di zone boschive e pratopascoli, ad una altitudine di circa 800 metri sul livello del mare.
• Gruppo B2: cinghiali con le stesse caratteristiche del gruppo B1
ma macellati in inverno.
Alla visita post mortem gli animali non presentavano lesioni anatomo-patologiche evidenziabili. Gli animali provenienti dai gruppi B1
e B2 mostravano un maggiore spessore del grasso dorsale rispetto
agli animali catturati.
Il sangue è stato prelevato in provette contenenti litio-eparina. Il
campione, trasportato refrigerato in laboratorio, è stato centrifugato a 500 g per 15 minuti a 4°C ed il plasma recuperato è stato
Poiché La tipologia di detenzione ha dimostrato un effetto significativo sul valore di alcuni parametri, è stato possibile, grazie alla
buona numerosità e distribuzione dei dati, creare degli intervalli di
riferimento appropriati.
Il medesimo sistema è stato utilizzato per ricavare gli intervalli riferiti alla diversa stagione di prelievo
104
Tabella 2: Intervalli di riferimento degli analiti suddivisi per le differenti
tipologie di detenzione e stagione di prelievo
Infine, si riportano gli intervalli di riferimento degli analiti risultati avere valori non significativamente diversi tra i gruppi esaminati.
Tabella 3: Intervalli di riferimento cinghiale, totale popolazione di riferimento
Alcuni dei parametri analizzati riflettono lo stato di nutrizione dell’animale; particolare riferimento può essere fatto alla creatinina, correlata alla condizione delle masse muscolari. I livelli inferiori riscontrati
nei soggetti catturati in primavera lasciano presumere l’influenza della
stagione invernale sugli animali a vita libera, con minori disponibilità
trofiche.
I valori di AST sono più elevati nei soggetti catturati, a suggerire l’attuazione della gluconeogenesi a partire da composti a basso contenuto di carboidrati (3); il danno epatico può essere escluso, poiché non
supportato dal dosaggio di altri enzimi di derivazione in parte epatica,
quali ALT e ALP. Inoltre, la corretta funzionalità del fegato in tutta la
popolazione campione è confermata dall’assenza di differenze statisticamente significative nel dosaggio di bilirubina totale fra i vari gruppi.
L’attività dell’enzima ALP è risultata essere aumentata nei soggetti catturati in primavera, tale risultato potrebbe essere dovuto alla ristrettezze alimentari invernali, in accordo con studi precedenti (8).
La dieta può influenzare i valori dei principali elettroliti, il cui dosaggio
risulta maggiore negli animali allevati, ai quali, presumibilmente, è garantita un’alimentazione integrata.
105
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
03
BENESSERE DEI SUINI: VALUTAZIONE DEI PARAMETRI DI IMMUNITÀ INNATA IN SCROFE PRIMA E
DOPO APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA 2008/120/CE
04
UN TEST ELISA PER LA SOSTITUZIONE DEL POTENCY TEST PER I VACCINI ANTIRABBICI VETERINARI
AN ELISA TEST TO REPLACE THE RABIES POTENCY TEST FOR VETERINARY VACCINES
Keywords: benessere animale, scrofe gravide, box multiplo
Keywords: Replacement, ELISA, vaccine potency test
Dezzutto D.[1], Barbero R.[1], Bergagna S.[1], Martano G.[2], Bonansea A.[3], Tarantola M.[4], Gennero M.S.[1]
Zecchin B.[1], Minola A.[2], Aiello R.[1], Fusaro A.[1], Corti D.[2], De Benedictis P.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy, [2]Servizio Veterinario ASL TO3 ~ Torino ~ Italy,
[3]
Libero Professionista ~ Torino ~ Italy, [4]Dipartimento di Scienze Veterinarie ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Welfare of pregnant sows in intensive farming systems presents some
critical points in the structures and management systems. In recent years,
scientific research has submitted substantial structural changes that have
been permanently applied by the regulations, in order to significantly improve the lives of farmed pigs.
The aim of this study was to use laboratory immunological tests to determine the ability to adapt to a different location of sows during the gestation period. During the experiment were selected 27 animals in three
stalls in Piedmont Region.
The trend of nonspecific immunity parameters is interesting result in the
transition from single cage to relaying in collective box. The evaluation of
these parameters was useful for measuring animal stress in farms.
pioni di siero sono state eseguite analisi per la determinazione del dosaggio del complemento emolitico, del lisozima, dell’attività battericida.
Tutti i valori ottenuti sono espressi come media ±SD. L’analisi statistica è
stata eseguita tramite analisi della varianza (Proc GLM con il pacchetto
statistico SAS 9.2, 2012). I confronti post hoc sono stati eseguiti mediante
il test di Tukey.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nella distribuzione dei parametri l’effetto capo e l’effetto azienda non
sono risultati statisticamente significativi. Per quanto concerne i fattori
lisozima e complemento, è stata rilevata una differenza statisticamente
significativa (per il lisozima test F 81.78 p<0.0001; per il complemento test
F 73.1, p<0.0001); mentre per la battericidia non è risultata alcuna differenza statisticamente significativa.
Di particolare interesse è risultato l’andamento dei parametri di immunità aspecifica nel passaggio da gabbia singola a stabulazione in box collettivi. Sia il complemento che il lisozima mostrano un rientro nei valori di
normalità da T0 a T1 confermando la loro valenza per determinare una
una situazione di discomfort rispetto ad una situazione di minor stress
ambientale.
La valutazione di alcuni parametri di immunità innata o aspecifica, come
già dimostrato da altri autori (5), conferma la propria valenza nel determinismo di situazioni stressanti a cui gli animali vengono sottoposti durante
la vita in allevamento.
INTRODUZIONE:
Il benessere animale è una sfera complessa che include aspetti fisici,
comportamentali e psicologici. I criteri per misurare lo stato mentale di
un animale sono molto difficili da definire in quanto presuppongono la
conoscenza di ciò che l’animale possa sentire o pensare, nonchè la comprensione della sua mente (3). Una condizione di stress si verifica ogni
qual volta un individuo si trova di fronte ad una situazione avversa o ad
un potenziale pericolo che, per essere combattuto, richiede un aumento
della quota di energia disponibile mediante l’attivazione del sistema endocrino ed immunitario (2). L’assetto normo-fisiologico di fondamentali
parametri immunologici innati rappresenta un possibile indicatore di benessere animale utilizzabile in diversi contesti.
Il benessere delle scrofe gestanti nell’attuale sistema intensivo di allevamento presenta alcuni punti critici nelle strutture e nei sistemi di management. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha proposto cambiamenti
considerevoli di natura strutturale che sono stati definitivamente applicati
dalla normativa Dir. 2008/120/CE (4), al fine di migliorare in modo sensibile la vita dei suini allevati. In particolare, la normativa ha ritenuto di fondamentale importanza imporre il passaggio da gabbia singola all’obbligo
di mantenimento delle scrofe in gruppi durante il periodo riproduttivo.
Il presente studio è finalizzato alla messa in evidenza dei diversi aspetti relativi all’impatto che la nuova normativa sul benessere animale ha avuto
sugli allevamenti suinicoli del Piemonte. Scopo del lavoro è stato quello di
utilizzare esami di laboratorio di tipo immunologico atti a determinare la
capacità di adattamento ad una diversa localizzazione delle scrofe durante
il periodo di gestazione.
Tabella 1 - Media e Deviazione Standard a T0 e T1 del lisozima, battericidia e complemento emolitico.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Broom D.M., Johnson K.G. (1993) Stress and animal welfar, 1st
edition,Chapman & Hall, London
(2) Broom D.M., 1986 - “Indicators of poor welfare” - British Veterinary
Journal, 142: 524-526.
(3) Dawkins M.S., 1980 - “Animal suffering: the science of animal welfare” - Chapman & Hall, London.
(4) Direttiva 2008/120/CEE del Consiglio del 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. (in G.U.C.E. L47/5
del 18.02.2009).
(5) Moscati L., Stelletta C., Sensi M., Sonaglia L., Battistacci L. (2003)
Studio di alcuni parametri immunologici per la valutazione dello stato
di benessere nell’allevamento del suino all’ingrasso. Atti V° Congresso
Nazionale S.I.Di.L.V. 103-104.
MATERIALI E METODI:
Durante l’esperimento sono state selezionate tre aziende di suini da riproduzione situate in Regione Piemonte (denominate Aziende A, B, C).
Le aziende sono state selezionate in base al livello di adeguamento delle
strutture alla normativa, con partecolare attenzione alle porcilaie in fase
di transizione relativamente alla localizzazione delle scrofe durante la
gestazione. All’interno dello studio sono state inserite 27 scrofe gestanti
aventi in comune, per quanto possibile, età, condizione fisica e numero
di parti. È stato eseguito un campionamento di sangue su tutti gli animali
inseriti nello studio, a partire dalla vena giugulare. Il sangue intero è stato
raccolto in provette da siero. I prelievi ematici sono stati effettuati in due
tempi sperimentali: T0 (ottobre), su tutti gli animali alloggiati in gabbia
singola e T1 (marzo-maggio), dopo spostamento in box collettivi. Sui cam-
106
FAO and National Reference Centre for Rabies, OIE Collaborating Centre and National Reference Centre for Diseases at the AnimalHuman Interface, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy,
[2]
Humabs BioMed SA ~ Bellinzona ~ Switzerland
[1]
SUMMARY:
Although replacement of potency test of rabies vaccines is strongly advocated, batch release still depends on mice intracerebral challenge.
The in vitro quantification of the glycoprotein (G) is feasible for nonadjuvated vaccines, although it is still to be adopted. In vitro testing is
even more difficult for adjuvated formulations.
In this framework, we have developed a potent ELISA test to quantify
the G protein and distinguish between optimal and suboptimal vaccine
batches. The method was developed using a potent monoclonal antibody able to distinguish between the highly immunogenic and poorly
immunogenic forms of the G protein. A non-adjuvated (human use) and
two adjuvated (veterinary use) vaccines have been preliminarily tested.
Results indicate that the ELISA test developed has satisfactory performances with both adjuvated and not-adjuvated vaccines, and that it has
therefore the potential to replace use of mice for G quantification in
rabies vaccine batches.
da quella in forma ridotta, è stato quindi testato in ELISA. Il vaccino usato come standard è stato testato immediatamente dopo la risospensione, previa conservazione a temperatura di refrigerazione (+4°C) e previo
trattamento termico (+37 e +60°C) per 6 e 24 ore, al fine di selezionare
il mAb con la migliore capacità discriminante. Il protocollo ELISA è stato
quindi applicato a due formulazioni vaccinali ad uso veterinario alla concentrazione iniziale di 1 UI/ml e a diluizioni scalari da 0,5, a 0,005 UI/ml.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le prove di Western Blot hanno permesso di identificare un mAb in
grado di riconoscere la forma trimerica della proteina ma non la forma lineare, denaturata con β-mercaptoetanolo. Testato in ELISA, il
mAb identificato si è rivelato molto sensibile nel discriminare la denaturazione della G in seguito a trattamento termico ed è stato quindi
selezionato per le prove successive.
I risultati delle prove preliminari condotte sui vaccini ad uso veterinario indicano come il protocollo ELISA possa essere applicato sulle
formulazioni vaccinali contenenti sali di alluminio senza alcun pretrattamento. Infatti, benché vi sia un effetto inibente da parte dei sali di
alluminio, tale effetto è fortemente mitigato già alla prima diluizione. Inoltre, i risultati ottenuti mediante diluizione dei vaccini da 1 a
0,005 UI/ml confermano un andamento sovrapponibile per tutti e tre
i vaccini testati (con e senza adiuvanti), indicando che, ad eccezione della formulazione tal quale, i sali di alluminio non interferiscono
sulla capacità di quantificazione del metodo sviluppato. Ulteriori prove saranno condotte per valutare le performances del test su altre
formulazioni vaccinali ad uso veterinario commercializzate in Italia e
per determinare sensibilità e specificità dell’ELISA, avvalendosi di uno
standard internazionale disponibile in commercio per la quantificazione delle UI/ml.
INTRODUZIONE:
La valutazione dell’efficacia dei vaccini antirabbici ad uso umano e veterinario si basa ancora largamente sull’utilizzo del test in vivo (potency
test) (3). I topi preventivamente immunizzati con differenti diluizioni del
lotto vaccinale in esame sono infettati per via intra-cerebrale (i.c.). La comunità scientifica è tuttavia concorde sulla necessità di sviluppare metodi alternativi a tale test. Ad oggi i metodi in vitro sono stati sviluppati
principalmente per la valutazione dell’efficacia dei lotti vaccinali ad uso
umano, poiché quelli ad uso veterinario contengono frequentemente
adiuvante (3). Per questi vaccini la Farmacopea Europea raccomanda
almeno l’adozione di un potency test sierologico, riducendo pertanto le
sofferenze per gli animali durante l’infezione i.c. (Refinement). Tuttavia,
recenti ricerche indicano che il test ELISA possa essere applicato anche
per vaccini adiuvati con sali di alluminio con o senza pre-trattamento
(2,3).
Nell’ottica del Replacement degli animali utilizzati a fini sperimentali, è
stato sviluppato un test ELISA in grado di distinguere la forma trimerica
(immunogena) da quella solubile (non immunogena) della glicoproteina
(G) contenuta nelle formulazioni vaccinali. Tale test è stato inoltre applicato per la valutazione di alcuni dei vaccini antirabbici commercializzati
in Italia e contenenti adiuvante.
BIBLIOGRAFIA:
1. De Benedictis P, Minola A, Rota Nodari E, Aiello R, Zecchin B, Salomoni A, Foglierini M, Agatic G, Vanzetta F, Lavenir R, Lepelletier A, Bentley E, Weiss R, Cattoli G, Capua I, Sallusto F, Wright E, Lanzavecchia A,
Bourhy H, Corti D. Development of broad-spectrum human monoclonal antibodies for rabies post-exposure prophylaxis. EMBO Mol Med.
2016 Mar 31;8(4):407-21.
2. Sigoillot-Claude C, Battaglio M, Fiorucci M, Gillet D, Vimort AS, Giraud Y, Laurent S, Vaganay A, Poulet H. A versatile in vitro ELISA test
for quantification and quality testing of infectious, inactivated and formulated rabies virus used in veterinary monovalent or combination
vaccine. Vaccine. 2015 Jul 31;33(32):3843-9.
3. Stokes W, McFarland R, Kulpa-Eddy J, Gatewood D, Levis R, Halder
M, Pulle G, Kojima H, Casey W, Gaydamaka A, Miller T, Brown K, Lewis
C, Chapsal JM, Bruckner L, Gairola S, Kamphuis E, Rupprecht CE, Wunderli P, McElhinney L, De Mattia F, Gamoh K, Hill R, Reed D, Doelling
V, Johnson N, Allen D, Rinckel L, Jones B. Report on the international
workshop on alternative methods for human and veterinary rabies
vaccine testing: state of the science and planning the way forward.
Biologicals. 2012 Sep;40(5):369-81.
MATERIALI E METODI:
Lo studio ha previsto una prima fase di caratterizzazione e selezione degli anticorpi monoclonali (mAbs) umani e di messa a punto di un test
ELISA in grado di quantificare la G, utilizzando come standard noto un
vaccino umano (non adiuvato) contenente ≥2,5 UI/ml di G del virus della
rabbia inattivato (ceppo Flury LEP).
Un pannello di 10 mAbs specifici nei confronti della G e precedentemente isolati e caratterizzati (1) sono stati ulteriormente testati per la loro
capacità di riconoscere la forma trimerica della G mediante Western
Blot in condizioni riducenti e non riducenti mediante aggiunta o meno di
β-mercaptoetanolo (5% v/v). Un anticorpo monoclonale (mAb) identificato per la sua capacità di discriminare la proteina G in forma trimerica
107
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
POSTER
2
EPIDEMIOLOGIA/ANALISI
E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
109
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
05
SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UN NUOVO SISTEMA DIAGNOSTICO RAPIDO PER L’ISOLAMENTO E LA
VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICO SUSCETTIBILITÀ DI MYCOPLASMA SPP. IN MEDICINA VETERINARIA
Keywords: Mycoplasma spp., Diagnosi, Medicina veterinaria
Attili A.R.[1], Preziuso S.[1], Demetrio F.[2], Iacoucci C.[1], Cuteri V.[1], Cantalamessa A.[1], Brocco F.[2], Brocco S.[2]
Università di Camerino Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria ~ Matelica ~ Italy,
[2]
Liofilchem s.r.l. Unità di Ricerca scientifica ~ Roseto degli Abruzzi ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Mycoplasmas are recognized as a cause of many and important infections in veterinary medicine, resulting in different clinical signs, poorly
responsive to antimicrobial therapy. Their isolation should be considered
in the differential diagnosis and, because an accurate identification is crucial in an effective therapeutic program, new techniques can be useful
to overcome the long cultivation period required. Moreover, efficacious
post-therapeutic outcomes need a timely diagnosis combined with an appropriate selection of antibacterial agents. The aims of this work were to:
-develop a new diagnostic system for the rapid and semi-quantitative detection of Mycoplasma species in veterinary medicine, directly from clinical specimens; -validate the performances of the new system; -optimize
the validity of the antibiotic susceptibility testing evaluating the Minimal
Inhibition Concentration of a panel of nine antibiotics used in veterinary
medicine.
2-GR++ (105≤UFC/mL≤106), 3-GR++ (UFC/mL>106). La valutazione della
MIC è stata eseguita registrando il viraggio dal giallo (sensibile) all’aranciorosso (resistente) in corrispondenza dei 9 pozzetti di antibiotico ad uso
veterinario, testati a doppia concentrazione (µg/mL): tetraciclina (4-8),
enrofloxacina (5-10), marbofloxacina (10-20), doxyciclina (4-8), eritromicina (8-16), claritromicina (8-16), tilosina (30-60), clindamicina (4-8) e
azitromicina (4-6).
Ai fini della validazione, ogni campione è stato processato con il metodo
microbiologico tradizionale mediante selezione in PPLO broth antibiotato (Liofilchem, Italia) a 4 °C per 24h, e successivo arricchimento in PPLO
broth. Dopo un’incubazione per tre giorni a 37 °C in condizioni di aerobiosi, si è proceduto all’inoculo su Mycoplasma Agar (Liofilchem, Italia). Il
terreno, incubato a 37°C in presenza del 5-10% di CO2, veniva osservato
al microscopio ottico 10x ogni 3 giorni fino a 21 giorni.
Per le analisi molecolari, 1mL di PPLO broth incubato con il campione
come sopra riportato è stato utilizzato per l’estrazione del DNA e la PCR.
In particolare, dopo centrifugazione, il pellet è stato risospeso in digestion
buffer e sottoposto ad estrazione del DNA con kit commerciale (Norgen
Biotek, CA). La PCR è stata eseguita con primer F1 e R1 secondo quanto
descritto in precedenza (1).
La validazione del nuovo sistema ha previsto il calcolo dei seguenti parametri: sensibilità (S), specificità (SP), valore predittivo positivo (Vpp) e
negativo (Vpn), accuratezza (A) e accordo tra test (K).
INTRODUZIONE:
I micoplasmi sono responsabili di malattia clinica e subclinica in diversi
animali domestici, selvatici ed esotici, interessando numerosi distretti
anatomici (5). La facilità di trasmissione, la difficoltà e il lungo periodo di
crescita in vitro, la crescente antibiotico resistenza e la capacità di produrre biofilm (3, 4, 6), hanno ostacolato lo studio della loro epidemiologia, contribuendo a limitare i risultati dei piani di controllo. Una diagnosi
differenziale, con la ricerca rapida del patogeno e la quantificazione della
MIC, rappresenterebbe un passo fondamentale in medicina veterinaria
per la scelta mirata del farmaco consentendo un corretto approccio clinico-terapeutico. Al fine di poter rispondere a tali necessità, gli scopi del
presente studio sono stati: -sviluppare una nuova metodica diagnostica
per l’isolamento e la valutazione semiquantitativa di Mycoplasma spp. da
differenti matrici biologiche animali; -validare le performances del nuovo
sistema; -ottimizzare il profilo di antibiotico suscettibilità in vitro mediante la valutazione della MIC di molecole antibiotiche utilizzate in medicina
veterinaria.
MATERIALI E METODI:
In collaborazione con la Liofilchem s.r.l., è stato prodotto e validato un sistema a 24 pozzetti contenente substrati biochimici ed antibiotici essiccati
per la ricerca, la determinazione e l’antibiogramma di Mycoplasma spp. di
interesse veterinario.
Nel periodo febbraio 2015-maggio 2016, sono state esaminate 131 matrici biologiche, campionate da diverse specie animali con sintomatologia
clinica e pervenute presso il Laboratorio di Malattie Infettive (UniCam) ai
fini della diagnosi eziologica (Figure 1 e 2). La validazione del nuovo sistema è stata eseguita mediante utilizzo di tecniche colturali e molecolari.
La procedura del nuovo test ha previsto l’immersione del tampone o di
0,2mL di materiale biologico o di 1mL di Mycoplasma Transport Broth
(Liofilchem, Italia), in una fiala di soluzione fisiologica sterile (7mL). Dopo
5 minuti, sono stati dispensati 0,2mL in ciascun pozzetto del sistema ai
quali è stata aggiunta una goccia di olio di vaselina sterile. Dopo incubazione a 36±1 °C per 24-48h, è stato osservato il viraggio del colore dei
pozzetti (giallo - negativo, rosso - positivo) e considerato positivo per
Mycoplasma spp. quando il test 4-ADC (arginina) virava al rosso. La carica
batterica è stata valutata osservando i pozzetti 1-GR+ (102≤UFC/mL≤104),
Figura 1. Distribuzione della popolazione animale.
Figura 2. Distribuzione (%) dei distretti anatomici campionati.
111
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
06
“SILAB FOR AFRICA” AN INNOVATIVE SUPPORTING INFORMATION SYSTEM FOR THE VETERINARY
AFRICAN LABORATORIES
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati sono riportati in tabella 1. Il nuovo sistema, denominato
Mycoplasma System VET, ha permesso l’evidenziazione e la valutazione semiquantitativa dei micoplasmi di interesse veterinario, registrando le seguenti performances: S=73,3%; Sp=98,8%; Vpp=97,1%;
Vpn=87,6%, A=90,1% e accordo sostanziale tra test (K=0,77) (2) Il sistema è stato di rapida e semplice esecuzione, applicabile direttamente a molteplici matrici biologiche di origine animale: escreti, secreti,
lavaggi, tamponi e organi. Sebbene la sensibilità del metodo possa essere influenzata dalla carica presente nel campione e dalla diluizione
a cui è sottoposto lo stesso prima dell’inoculo, il sistema si è dimostrato un valido supporto diagnostico. Le reazioni sono risultate definite,
senza criticità nell’interpretazione del viraggio a 48h, permettendo
una valutazione semiquantitativa dell’infezione. Il kit Mycoplasma System VET è risultato un ottimo ausilio per la refertazione rapida anche
del profilo di antibiotico suscettibilità del microrganismo, fornendo
una chiara definizione della MIC e consentendo al clinico un intervento terapeutico rapido e adeguato.
Keywords: Laboratory Information System, Epidemiological data collection, African countries
Colangeli P.[1], Del Negro E.[1], Ferrilli M.[1], Scacchia M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
“SILAB for Africa” (SILABFA) is a web application employed by a
Laboratory Information Management System (LIMS) supporting
laboratory diagnostic activity, developed by the Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, for African Countries. SILABFA is installed in Central Veterinary Laboratory (CVL)
of Namibia (since 2010) and in other 5 national veterinary labs in
Africa. A new project supported by FAO started in April 2016 in
the framework of EPT2 FAO’s program, aiming to install SILABFA
in other African countries. SILABFA traces out the whole procedure from the arrival of samples to the test report. It leads to a
considerable quality improvement of test results, a reduction of
turnaround time, collects data useful for epidemiological analysis
and management of diseases, and also allows to standardize and
track all the diagnostic phases assuring the ISO 17025 compliance
and increase the efficiency of technical scientific services and the
quality of reporting.
Tabella 1. Risultati ottenuti mediante il nuovo sistema (Mycoplasma
System VET), la coltura batterica e la PCR.
training on-the-job. Il SILABFA viene rilasciato in fase pilota in
accettazione e in 2-3 sezioni, in parallelo al sistema cartaceo. Al
termine di questo periodo gli utilizzatori locali sono in grado di
estendere autonomamente il SILABFA a tutto il Laboratorio.Per la
privacy, viene firmato un accordo di riservatezza. L’IZSAM garantisce supporto e sviluppo anche dopo il rilascio attraverso personale dedicato. Vengono inoltre garantite visite annuali di audit.
SILABFA è altamente personalizzabile ed è interfacciabile con altri
sistemi. L’interoperabilità è assicurata dallo sviluppo di web services o DBlink che hanno già permesso in Namibia e Botswana di
collegare il SILABFA ai sistemi di anagrafe bovina (rispettivamente
NamLITS e BAITS) [2].
RISULTATI E CONCLUSIONI:
SILABFA prevede in fase di Accettazione l’inserimento di tutti i
dati caratterizzanti il prelievo ed il campione, incluso le eventuali informazioni aggiuntive dei piani nazionali di ciascun paese, il
tracciamento del percorso diagnostico della matrice da esaminare nei diversi reparti, l’inserimento dei risultati dei test, la generazione dei rapporti di prova, la firma automatica del test report
e l’invio dello stesso tramite email ai clienti. Queste funzionalità
permettono di rimuovere totalmente la carta nella gestione del
laboratorio. In Namibia e Zambia il sistema è ormai totalmente paperless. Gli standard di qualità che il SILABFA garantisce
(conforme alla ISO 17025) contribuiscono al raggiungimento di
risultati importanti come, ad esempio, in Namibia, Botswana e
Zimbabwe dove è stato ottenuto/ampliato l’accreditamento. SILABFA semplifica la gestione dei piani nazionali di controllo delle
malattie. In Namibia, ad esempio, è parte integrante del piano
nazionale della Rabbia in quanto raccoglie tutti i dati del campionamento e del processo diagnostico e attiva allerte automatiche
per i risultati positivi al test di laboratorio. Il sistema di allerta si
basa su e-mail inviate in automatico a tutti i veterinari competenti per territorio con il dettaglio dei risultati e la notifica con le
prescrizioni previste dalla strategia di controllo della rabbia adottata nel paese. Da una prima analisi dei report 2016, la velocità di
intervento è aumentata di circa il 50% [3].
INTRODUZIONE:
SILABFA nasce nel 2009 nell’ambito di un accordo di collaborazione tra il governo italiano ed il Ministero dell’Agricoltura della
Namibia per fornire un sistema informativo per la gestione del
Laboratorio al Central Veterinary Laboratory (CVL) di Windhoek [1].
SILABFA è stato sviluppato dal CED dell’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZSAM) sulla base dell’esperienza nello sviluppo e nell’utilizzo del sistema interno di gestione dell’attività diagnosti. I vantaggi ottenuti dal CVL namibiano con l’uso di SILABFA, hanno spinto altri paesi africani a chiedere all’IZSAM il sistema e hanno indotto la FAO a co-finanziarne
l’installazione in alcuni paesi (progetto 2013-2014). Ad oggi 6
paesi utilizzano a regime SILABFA: Namibia, Botswana, Zambia,
Zimbabwe, Tanzania e Uganda. Nel 2016 è stato siglato un nuovo
accordo tra FAO e IZSAM per l’estensione di SILABFA nei Labopratori veterinari in Uganda, Kenya, Etiopia e Camerun. Entro il
2019 il numero di paesi utilizzatori arriverà a 12. L’IZSAM in questo ambito non è solo fornitore di software, ma entra in un più
ampio rapporto di collaborazione. Le modalità di approccio alla
cooperazione e la multidisciplinarità che caratterizzano il lavoro
dell’IZSAM hanno permesso di creare reciproca fiducia e stima
con i paesi e incidere profondamente nell’organizzazione dei servizi veterinari africani.
BIBLIOGRAFIA:
1.Baird SC, Carman J, Dinsmore RP, Walker RL, Collins JK. Detection
and identification of Mycoplasma from bovine mastitis infections
using a nested polymerase chain reaction. J Vet Diagn Invest, 1999;
11(5):432-435.
2.Landis IR, Koch GG. The measurement of observer agreement for
categorical. Biometrics, 1977; 33:159-174.
3.Lysnyansky I, Ayling RD. Mycoplasma bovis: mechanisms of resistance and trends in antimicrobial susceptibility. Front Microbiol, 2016;
7: 595.
4.McAuliffe L, Ellis RJ, Miles K, Ayling RD, Nicholas RAJ. Biofilm formation by mycoplasma species and its role in environmental persistence
and survival. Microbiology, 2006; 152: 913-922.
5.Valente C, Cuteri V. Infezioni da microrganismi dell’Ordine Mycoplasmatales. In: Malattie infettive degli animali ad eziologia batterica. Editore NEI, 2008; 359-386.
6.Waites KB, Lysnyansky I, Bébéar CM. Emerging antimicrobial resistance in mycoplasmas of humans and animals. In: Mollicutes: Molecular Biology and Pathogenesis, eds Browning GF, Citti C, 2014; 289-322.
DISCUSSIONE
L’adozione del SILABFA ha portato al miglioramento della gestione dei laboratori: è cresciuta l’efficacia dei servizi e la gestione
delle attività tecniche; è migliorata la qualità delle refertazioni;
si è ridotto il tempo complessivo del processo diagnostico ed
è aumentata la qualità e la consistenza dei dati. Il tutto facilita
la strada per l’accreditamento. Inoltre c’è la possibilità di avere
statistiche e realizzare report automatici periodici per soddisfare
anche i debiti informativi nazionali e sovranazionali (FAO-OIE). SILABFA consente la fatturazione automatica e il monitoraggio di ogni
step di laboratorio evitando ritardi anche grazie al sistema di allerta.
Inoltre, l’uso spinto di codici nel DB crea semantiche e un linguaggio
comuni. SILABFA può quindi essere considerato non solo un sistema
di laboratorio [4], ma anche un sistema di amministrazione efficace e
produttivo e un database nelle mani degli Epidemiologi per analizzare la situazione sanitaria e studiare gli interventi.
MATERIALI E METODI:
SILABFA è un applicativo web, sviluppato in house dall’IZSAM con
software open source e freeware (Java, DB Oracle Express Edition,
Javascript, Jasper Report) pertanto non necessita del pagamento
di alcuna licenza. L’installazione richiede un server connesso in
LAN raggiungibile dai computer dei laboratori. Tutti i dati vengono
conservati secondo procedure ben definite (di backup e disaster
recovery). Insieme all’ambiente di produzione, l’IZSAM rilascia sui
propri server un ambiente di test. L’IZSAM effettua l’installazione del sistema e, assistiti dal personale locale, provvede anche
alla personalizzazione e al primo popolamento del database. La
fase di formazione è organizzata in loco secondo la formula del
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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ADOTTARE STRUMENTI INFORMATICI PER OTTIMIZZARE IL CAMPIONAMENTO E MIGLIORARE LA
SORVEGLIANZA IN SANITÀ PUBBLICA
BIBLIOGRAFIA:
1. P.Colangeli, M.Ferrilli, F.Quaranta, E.Malizia, RS. Mbulu,
E.Mukete, L.Iipumbu, A.Kamhulu, G.Tjipura-Zaire, C.Di Francesco,
R.Lelli & M.Scacchia - Laboratory information management system: an example of international cooperation in Namibia - 2012
Veterinaria Italiana, 48 (3), 241-251
2. Poster on The integration of a laboratory information management system within a national livestock identification and tracebility
system in african countries- II International Conference on Health Informatics and Technology Valencia 27-29 /07/2015
3. Poster on ‘Rabies: One Health Situation in Namibia’ -One Health
Symposium on 17-18 March 2016-London
4. P.Colangeli, F.De Massis, F.Cito, M.T. Mercante, L.Ricci Book: Laboratory Management Information System: Current requirements and
future perspectives edito da IGI-Global Agosto 2014 con il Capitolo
15 “Laboratory Information Management Systems: Role in Veterinary
Activities”
Keywords: MRSA, Clostridium difficile, ESBL-producing Escherichia coli
D’Este L.[1], Mazzolini E.[1], Ponzoni A.[1], Arcangeli G.[1], Barco L.[1], Cocchi M.[1], Conedera G.[1], Corrò M.[1],
Dellamaria D.[1], Drigo I.[1], Pozzato N.[1], Trevisiol K.[1], Vettore F.[1], Agnoletti F.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (PD) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Sample collection is the most expensive and time consuming task
of planned surveys. Provided a sufficient amount of samples from
the reference population is available from the diagnostic laboratories and over-clustering biases are minimized, a convenience
sampling strategy may be appropriate to estimate population risks.
One and a half millions samples are yearly processed by the IZSVE
laboratories. In a pilot project, subdivided in three different studies, we explored the performances of a by-convenience sampling
strategy that reuses IZSVE samples to perform surveys, monitoring
or at-risk sampling. We developed a sampling enrolment tool (SET)
that processes almost instantly all samples registered in the laboratory information management system and enrols them after running the question whether they match the study design. After six
months sampling SET enrolled 91% samples planned. Results from
SET sampling are in line with available estimates from Literature.
di allevamento. Nel WP MRSA i campioni erano rappresentati da
latte bovino conferito a otto diversi laboratori per diagnosi batteriologica di mastite; in questo caso il campionamento avveniva in
una popolazione a rischio e l’unità epidemiologica era rappresentata dall’allevamento. Nel WP E. coli ESBL+ l’unità epidemiologica
era rappresentata dall’allevamento, per quanto riguarda bovino e
suino, e dal singolo individuo, per quanto riguarda il cane. Anche
questo WP prevedeva il coinvolgimento di otto laboratori IZSVE. Il
numero di campioni da arruolare per ogni WP e per ciascuna specie
era di 300 unità epidemiologiche per una stima di prevalenza con
confidenza del 95%, precisione del 10% e assumendo la massima
incertezza nella varianza della prevalenza ipotizzata. Tutti gli studi
erano trasversali, con campionamento uniformemente distribuito
in 18 mesi nei laboratori IZSVE del Triveneto, e tenevano conto di
possibili stagionalità nei conferimenti dei campioni. I tre studi (WP)
sono stati sintetizzati in un algoritmo decisionale (SET), implementato in un software di Business Intelligence QlikView (1), che
utilizzava le informazioni disponibili al momento dell’accettazione
del campione; questo algoritmo considerava una matrice numerica
di campioni mensili da arruolare in ciascun laboratorio, ottenuta
dai dati storici dell’attività, e ammetteva la variabilità stagionale.
Il risultato è stato distribuito in una matrice per laboratorio e per
mese, ottimizzata con un modello lineare semplice. SET proponeva
al laboratorio l’arruolamento di un campione e registrava l’azione
successiva del laboratorio. L’opportunità di arruolare effettivamente il campione individuato da SET rimaneva prerogativa del laboratorio. SET comunicava con i laboratori tramite email e produceva
report periodici di attività per l’Unità Operativa responsabile del
project management.
INTRODUZIONE:
Per contrastare la progressiva contrazione dei budget dedicati alla
prevenzione può essere utile l’adozione di strumenti che consentano di ottimizzare le risorse disponibili per la sorveglianza. In ogni
sistema di sorveglianza o monitoraggio il campionamento rappresenta una fase critica per la corretta stima dell’evento indagato e
può assorbire una proporzione rilevante delle risorse progettuali.
In alcune circostanze una strategia di campionamento per convenienza, basata sulla disponibilità di campioni pervenuti al laboratorio con altre finalità, può rappresentare una valida alternativa
al classico campionamento randomizzato; inoltre, in mancanza di
un sampling frame o nel caso di sorveglianza target o sindromica,
il campionamento di convenienza rappresenta il solo metodo di arruolamento disponibile. Ogni anno, nei laboratori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVE) sono mediamente
processati un milione e mezzo di campioni, originati dall’attività di
sorveglianza, dal servizio di diagnostica delle malattie infettive e
dal controllo degli alimenti. In questo lavoro proponiamo di riutilizzare e valorizzare i campioni conferiti ai laboratori di IZSVE nell’ambito della sorveglianza corrente, per rispondere a specifiche domande di rilevante interesse in sanità pubblica attraverso la messa
a punto di specifici strumenti informatici, sviluppati in un progetto
pilota in cui si è voluta indagare: a) la presenza di Clostridium difficile in molluschi eduli bivalvi; b) la diffusione di Staphylococcus
aureus meticillino resistente (MRSA) in latte bovino; c) la diffusione
di Escherichia coli produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (E.
coli ESBL+) in bovini, suini e cani.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Con l’ausilio di SET nei primi 5 mesi di studio è stato realizzato l’87%
del campionamento previsto per il periodo (267 allevamenti) per il
WP MRSA. Per il WP E. coli ESBL+ sono stati arruolati il 97% (92 allevamenti) degli allevamenti bovini, il 42% (37 allevamenti) di quelli
suini ed il 101% (89 soggetti) dei cani. Per il WP C. difficile sono
stati arruolati il 102% (132 prelievi) dei campioni di vongole ed il
102% (126 prelievi) di campioni di mitili; complessivamente, pertanto, è stato arruolato il 91% dei campioni previsti per i tre WP nei
primi 5 mesi di studio. I risultati di prevalenza dei patogeni batterici
oggetto di studio nei primi tre mesi di ricerca risultano in linea con
quelli riportati in letteratura scientifica. Negli studi osservazionali il
campionamento di convenienza è una strategia necessaria: quando
manca il sampling frame, negli studi basati su soggetti a rischio,
quando è necessario raccogliere isolati microbiologici da soggetti infetti. In questo tipo di campionamento il problema maggiore
è rappresentato dall’over-clustering. La disponibilità di campioni
diagnostici provenienti da una popolazione di riferimento molto
ampia, come nel caso del territorio di competenza di IZSVE, può
ridurre il bias di campionamento escludendo dall’arruolamento le
unità epidemiologiche correlate. I sistemi informatici possono supportare l’arruolamento quando le scelte da realizzare sono troppo
complesse, le risorse di tempo e di operatori ridotte e quando le
MATERIALI E METODI:
Per il work package (WP) C. difficile lo studio aveva a disposizione
campioni di molluschi prelevati nell’ambito di piani ufficiali per il
controllo delle acque di allevamento, rappresentativi dell’area geografica e distribuiti nel tempo; ciò permetteva di realizzare uno
studio trasversale, mirato ad accertare la prevalenza di C. difficile
in mitili e vongole, coinvolgendo tre diversi laboratori. In questo
WP l’unità epidemiologica era rappresentata dall’area geografica
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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INDAGINE SIEROLOGICA PER VESIVIRUS 2117-LIKE NEI CANI
decisioni devono essere tempestive per permettere il recupero dei
campioni durante l’attività diagnostica corrente. I risultati preliminari del progetto pilota, suddiviso nei tre diversi WP e realizzato
con il supporto di SET, sono promettenti, sia quando riferiti alla
funzionalità di SET rispetto al campionamento programmato, sia
in termini di consistenza scientifica rispetto alle informazioni reperibili in letteratura sulla prevalenza dei microrganismi indagati.
Sarà tuttavia necessario attendere il completamento dello studio
per un’analisi di sensibilità degli studi condotti con il supporto di
SET rispetto alla sorveglianza correntemente condotta per gli argomenti oggetto di studio.
Keywords: calicivirus, vesivirus, cani
Di Martino B.[1], Di Profio F.[1], Melegari I.[1], Sarchese V.[1], Massirio I.[2], Bányai K.[3], Camero M.[4], Dowgier G.[4],
Bodnar L.[4], Marsilio F.[1], Buonavoglia C.[4], Martella V.[4]
Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Teramo ~ Teramo ~ Italy,
Azienda USL of Reggio Emilia ~ Reggio Emilia, Italy ~ Italy, [3]Institute for Veterinary Medical Research, Centre for Agricultural Research
~ Budapest ~ Hungary, [4]Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università Aldo Moro di Bari ~ Bari ~ Italy
[1]
[2]
BIBLIOGRAFIA:
1. Qlik View 11, ver. 11 11.20.12354.0 SR6.0.11440.0 SR2, Qlik Tech
International
SUMMARY:
Novel vesiviruses (VeVs), genetically highly similar to the VeV strain
2117, have been identified in dogs. Strain 2117-like VeVs have been isolated repeatedly as contaminant of Chinese Hamster Ovary (CHO) cell
cultures, determining concern for possible exposure of humans with
contaminated drugs. In order to draw a more complete picture of VeVs
epidemiology in dogs, we screened an age-stratified collection of canine
sera (n=516) by using an ELISA assay based on the VP1 capsid protein
of a canine 2117-like virus. Out of 516 dog sera, a total of 111 (21.5%)
reacted with the VeV antigen at a dilution of 1:100. A positive association was observed between the presence of IgG antibodies for VeVs and
age, with a trend of rising seroprevalence that increases with age and
remains significantly high even in older dogs. These findings support the
hypothesis that dogs may be exposed or re-exposed to 2117-like viruses
or to antigenically related strains throughout their life.
torio italiano, e suddivisi sulla base delle classi di età (Tab. 1). Tutti i sieri sono testati mediante un kit ELISA ricombinante basato sull’impiego
della proteina capsidica VP1 del VeV 2117-like canino (Bari/212/07/
ITA), espressa con il sistema del baculovirus (6). Brevemente, 100µl
di VP1 purificata (ad una concentrazione finale di 1 µg/ml) e diluita in
tampone carbonato-bicarbonato (pH 9,6) sono stati adsorbiti in piastre
a 96 pozzetti EIA/RIA (Costar, Italy). La saturazione dei siti aspecifici è
stata eseguita con una soluzione di PBS pH 7,2 contenente BSA all’1%.
Ciascun siero in esame è stato testato alla diluzione di 1:100. Dopo
incubazione a 37°C per 1 ora e successivi lavaggi, sono state aggiunte
anti-IgG di cane coniugate con perossidasi (1: 5000) (Sigma-Aldrich,
Italy) per 30 minuti a 37°C. Dopo l’aggiunta del substrato cromogeno
(ABTS), la lettura delle piastre è stata eseguita mediante spettrofotometro a 405 nm (OD405). Il valore di cut-off (≥0,5) è stato stabilito
come la media dei valori netti delle assorbanze a 405 nm di 50 sieri di
cane risultati negativi in western blotting (WB) per VeV 2117-like, più
2 deviazioni standard. Per escludere l’aspecificità di fondo, sono stati
considerati veri positivi i sieri il cui rapporto positivo/negativo (P/N) è
risultato ≥1,5. Il test esatto di Fisher è stato utilizzato per determinare
differenze statisticamente significative riscontrate tra i diversi gruppi
di età. Un valore di P<0,05 è stato considerato statisticamente significativo.
INTRODUZIONE:
I vesivirus (VeV) sono piccoli virus (38-40 nm) a RNA monocatenario,
sprovvisti di envelope, appartenenti alla famiglia Caliciviridae. I VeV
sono stati descritti in diverse specie animali e nell’uomo, associati ad
una grande varietà di quadri clinici, inclusi aborto, epatite, sindrome
respiratoria, diarrea, encefalite e lesioni vescicolari (4,5). Nel 2003,
un nuovo calicivirus, il vesivirus (VeV) ceppo 2117, è stato identificato come contaminante della linea cellulare continua CHO (Chinese
hamster ovary) presso un’azienda farmaceutica tedesca (3). Successivamente, contaminazioni di cellule CHO con VeV 2117-simili sono
state documentate in tre diversi episodi (2008-2009) presso la biotech Genzyme (USA) (1), con perdite stimate di circa 100-300 milioni
di dollari a causa dell’interruzione nella produzione di due farmaci, il
Cerezyme (imiglucerasi) ed il Fabrazyme (Agalsidasi β), impiegati rispettivamente per la cura della malattia di Gaucher e la malattia di
Anderson-Fabry. Sebbene fossero state condotte numerose indagini,
le origini del contaminante VeV 2117 non sono mai state chiarite. Recentemente, nuovi calicivirus, geneticamente simili al ceppo prototipo
VeV 2117 (89-90 % identità nucleotidica [nt]) sono stati identificati con
elevata prevalenza (64,8 %) in campioni fecali di cani asintomatici provenienti da canili, e in modo sporadico in cani di proprietà con enterite
(1,1 %) o clinicamente sani (3,5 %) (2). Inoltre, l’impiego dell’antigene
sintetico del ceppo canino VeV 2117-like per l’allestimento di un kit
ELISA, ha permesso di evidenziare la presenza di anticorpi specifici
in campioni di siero umani con una prevalenza del 7,8%, dimostrando che l’uomo è recettivo alle infezioni sostenute da questi virus (6).
Obiettivo del presente lavoro è stato quello di valutare la presenza di
anticorpi specifici per VeV 2117-like in una collezione di sieri di cane
di proprietà stratificata per età, al fine di valutare la circolazione di tali
virus nella popolazione canina.
Tabella 1: distribuzione dei sieri di cane per gruppi di età.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Anticorpi anti-VeV 2117-like sono stati individuati con una prevalenza
complessiva del 21,5% (111/516), con valori di OD405 compresi tra
0,5 e 3,5 (OD405 media di 1,3). Esaminando la prevalenza anticorpale
sulla base delle classi di età, è stata evidenziata la più bassa prevalenza nei cani con età compresa tra 1 e 3 anni (11,1%, 7/63), mentre la
più elevata positività sierologica è stata riscontrata negli animali di età
compresa tra 4 e 6 anni (30,4%, 21/69) e negli adulti >12 anni (30,9%,
21/68) (Fig. 1). Una differenza statisticamente significativa è stata riscontrata comparando la prevalenza osservata nei soggetti di 1-3 anni
con quella rilevata in cani di 4-6 anni (P = 0,0098) e in animali adulti
>12 anni (P = 0,0097). I risultati ottenuti dimostrano che calicivirus
2117-like circolano attivamente nella popolazione di cani di proprietà,
con una prevalenza maggiore di quanto stimato con la ricerca diretta
(2). Nel nostro studio, è stata rilevata un’associazione positiva tra la
MATERIALI E METODI:
Tra marzo 2013 e luglio 2015 sono stati collezionati un totale di 516
sieri di cani, pervenuti presso cliniche veterinarie distribuite sul terri-
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI STEC O26 A SUPPORTO DELL’INDAGINE EPIDEMIOLOGICA
SU UN CASO DI SEU IN ITALIA COLLEGATO AD UN EPISODIO TRANSNAZIONALE
presenza di anticorpi anti-VeV e l’avanzare dell’età, con una prevalenza
anticorpale che rimane elevata anche nei soggetti anziani e che lascia
ipotizzare che i cani nel corso della loro vita siano ripetutamente esposti alle infezioni sostenute da questi virus. Questo dato rispecchia il
dato ottenuto nell’indagine sierologica condotta su una collezione di
sieri umani (6), che ha permesso di evidenziare una correlazione positiva tra la prevalenza sierologica per VeV 2117-like e l’età dei pazienti
esaminati. E’ interessante notare inoltre che lo screening di sieri suini
non ha messo in evidenza anticorpi per il VeV 2117, suggerendo che
tale specie, inizialmente sospettata di essere una fonte di esposizione
al virus mediante contaminazione di reagenti usati per le colture cellulari, non è suscettibile al virus. Alla luce di questi dati, appare evidente
che l’ecologia dei virus 2117 è molto complessa e che l’uomo è esposto a questo virus mediante contatto con i cani, in cui il virus sembra
circolare comunemente.
Keywords: PFGE, STEC, SEU
Maugliani A.[1], Chiani P.[1], Minelli F.[1], De Santis P.[2], Lovari S.[2], Varcasia B.M.[2], Tolli R.[2], Morabito S.[1]
Laboratorio Nazionale ed Europeo di riferimento per Escherichia coli, Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
[2]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e Toscana “M. Aleandri” ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In March 2016 in Italy a HUS case occurred with an epidemiological
link to an outbreak reported in Romania in February 2016.
Information collected from the epidemiological questionnaire
pointed towards a dairy product as the possible source of infection.
STEC O26 strains were isolated from both the case’s mother and
the leftover of a cheese consumed by the child. Additional STEC
O26 strains have been isolated from other dairy products sampled
by the official authorities at a shop where the cheese was purchased and at the wholesaler that had provided the product. PFGE
analysis highlighted the high relatedness among the molecular profiles from the STEC O26 strains isolated from the case’s mother, the
leftover cheese and from one of the samples taken at the retail.
The results of this study demonstrate that PFGE typing of may play
a central role in the surveillance of STEC infections.
Nel corso delle indagini epidemiologiche altri 37 campioni di formaggi sono stati prelevati presso un grossista e al dettaglio e conferiti all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e Toscana
“M. Aleandri” (IZSLT) per le analisi. I campioni sono stati analizzati
secondo il metodo ISO TS 13136:2012.
Tutti i ceppi STEC O26 isolati sono stati caratterizzati mediante Pulsed Field Gel Electrophoresis (PFGE), analizzando i profili ottenuti
con il software BioNumerics v. 7.1 (Applied Maths, Belgio) e utilizzando il coefficiente “Dice”, con parametri di ottimizzazione e tolleranza fissati al valore di 1,5% (1).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In Italia, il 14 Marzo 2016, l’Ospedale Meyer di Firenze notifica un
caso di SEU in un bambino di 14 mesi. I genitori riferiscono che il 5
marzo la famiglia ha consumato alcuni formaggi importati dalla Romania, acquistati a Firenze presso una rivendita di prodotti tipici.
Campioni di feci e siero del paziente e di un formaggio residuo del
pasto, sono stati conferiti all’ISS per le analisi.
L’analisi dei campioni di siero, prelevati dal paziente, ha evidenziato positività per la presenza di anticorpi circolanti diretti contro il
sierogruppo O26, confermando l’infezione da STEC O26.
Uno dei tre campioni fecali, prelevato dalla madre del caso di SEU,
è risultato positivo per la presenza dei geni eae, vtx1, vtx2 e wzxO26. Da questo campione è stato possibile isolare un ceppo STEC
O26. Un isolato di STEC O26 con le stesse caratteristiche (eae, vtx1,
vtx2 O26) è stato ottenuto anche dal campione di formaggio residuo del pasto. L’isolamento di due ceppi con caratteristiche simili
suggeriva che il formaggio potesse essere il veicolo dell’infezione.
Successivamente, da 3 dei 37 campioni analizzati dall’IZSLT, lo stesso residuo del pasto analizzato all’ISS e due campioni di formaggio
dello stesso tipo prelevati al dettaglio sono stati isolati 8 ceppi di E.
coli O26 positivi per vtx1, vtx2 ed eae, mentre in altri tre campioni
la PCR real-time ha rilevato la presenza degli stessi geni di virulenza, e dei geni associati a diversi sierogruppi STEC (O103, O111,
O145 e O157), non confermata nelle colonie isolate.
Tutti i ceppi STEC O26 sono stati sottoposti a tipizzazione molecolare, mediante PFGE. L’analisi dei profili ha permesso di determinare il grado di correlazione tra gli isolati e di ottenere un dendrogramma (fig. 1). In dettaglio, si è evidenziata la presenza di un
cluster di isolati altamente correlati comprendente il ceppo isolato
dalla madre del caso di SEU, quello isolato dal campione di formaggio residuo del pasto analizzato all’ISS e un isolato proveniente da
uno dei campioni prelevati al dettaglio nel corso del campionamento ufficiale, confermando la sorgente dell’infezione. L’isolamento di
STEC O26 dal residuo del pasto analizzato presso l’IZSLT e da altri
campioni di formaggio dello stesso tipo con profili PFGE diversi suggerisce che possa essersi verificato un problema ricorrente durante
il processo di produzione e che questo abbia causato la contaminazione da STEC O26 del prodotto finito.
Questo lavoro sottolinea l’importanza della tipizzazione molecolare dei ceppi STEC nel corso delle indagini sugli episodi epidemici
d’infezione.
INTRODUZIONE:
Gli Escherichia coli produttori di Shiga-tossina (STEC), sono patogeni di origine zoonotica in grado di causare patologie gravi nell’uomo, quali la colite emorragica e la sindrome emolitico-uremica
(SEU) (6).
La principale sorgente di infezione per l’uomo è l’ingestione di alimenti contaminati, sia di origine animale che vegetale. I ruminanti,
in particolare i bovini, rappresentano il serbatoio naturale di STEC
(5). Conoscere l’epidemiologia delle infezioni da STEC è di cruciale
importanza per adeguare le strategie di prevenzione.
In questo lavoro viene descritta l’analisi di laboratorio condotta
nell’ambito delle indagini epidemiologiche su un caso di SEU verificatosi in Italia e collegato ad un’epidemia riportata in Romania nel
Febbraio 2016 (3). La tipizzazione mediante PFGE dei ceppi STEC
isolati ha evidenziato la correlazione tra i profili molecolari dei ceppi isolati dai pazienti e dagli alimenti sospetti, confermando l’efficacia dell’analisi molecolare nel corso delle indagini sugli episodi
epidemici. I risultati di questo studio rappresentano un’ulteriore
evidenza a favore della realizzazione di sistemi di sorveglianza molecolare integrata quali la costruzione del data-base gestito da EFSA
ed ECDC che raccoglierà i profili molecolari dei principali patogeni a
trasmissione zoonotica (L. monocytogenes, Salmonella spp, STEC)
sia di origine umana che animale/alimentare (4).
Figura 1: distribuzione dei sieri positivi (sieroprevalenza) per fascia di
età nella popolazione canina esaminata.
BIBLIOGRAFIA:
1) Allison M. 2010. As Genzyme flounders, competitors and activist
investors swoop. Nature Biotechnology 28: 3-4.
2) Martella V., Pinto P., Lorusso E., Di Martino B., Wang Q., Larocca
V., Cavalli A., Camero M., Decaro N., Bányai K., Saif L.J., Buonavoglia
C., 2015. Detection and full-length genome characterization of novel
canine vesiviruses. Emerging Infectious Diseases 21: 1433-1436.
3) Oehmig A., Büttner M., Weiland F., Werz W., Bergemann K., Pfaff E.,
2003. Identification of a calicivirus isolate of unknown origin. Journal
of General Virology 84: 2837-2845.
4) Smith A.W., Skilling D.E., Cherry N., Mead J.H., Matson D.O., 1998.
Calicivirus emergence from ocean reservoirs: zoonotic and interspecies movements. Emerging Infectious Diseases 4: 13-20.
5) Smith A.W., Skilling D.E., Matson D.O., Kroeker A.D., Stein D.A., Berke T., Iversen P.L., 2002. Detection of vesicular exanthema of swine-like
calicivirus in tissues from a naturally infected spontaneously aborted
bovine fetus. Journal of the American Veterinary Medical Association
220: 455-458.
6) Di Martino B., Di Profio F., Lanave G., De Grazia S., Giammanco
G.M., Lavazza A., Buonavoglia C., Marsilio F., Bányai K., Martella V.,
2015. Antibodies for strain 2117-like vesiviruses (caliciviruses) in humans. Virus Research 210: 279-282.
MATERIALI E METODI:
Presso il Laboratorio Nazionale ed Europeo di riferimento per E.
coli (Istituto Superiore di Sanità, Roma) sono stati ricevuti ed analizzati 3 campioni di feci, un campione di formaggio residuo del
pasto consumato dal caso e 2 campioni di siero. Le colture di arricchimento dei campioni fecali e alimentari sono state analizzate, mediante Real time PCR per la presenza dei geni eae, vtx1 e
vtx2 e dei principali sierogruppi STEC (2). Dai campioni positivi allo
screening si è proceduto all’isolamento secondo il metodo ISO TS
13136:2012. I campioni di siero sono stati analizzati per la presenza
degli anticorpi diretti contro il LPS dei principali sierogruppi STEC
mediante metodica ELISA.
118
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
010
ANALISI PRELIMINARE DI FOCOLAI DI BRUCELLOSI BOVINA E BUFALINA
IN REGIONE CAMPANIA DAL 2010 AL 2015
Keywords: persistence, Brucellosis, Campania
Ottaiano M.[1], Palermo P.[1], Vitale V.[1], Ferrara C.[2], Desio G.[1], Baldi L.[1], Guarino A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (Na) ~ Italy, [2]Regione Campania ~ Napoli ~ Italy
[1]
Figura 1. Dendrogramma dei profili PFGE dei ceppi isolati dai campioni
di alimenti e dai casi umani.
SUMMARY:
Brucellosis is a cosmopolitan zoonoses that causes remarkable economic
losses due to decrease of production in farms and business restrictions.
In Campania Region, Brucellosis represents a very difficult to handle. This
work identifies critical brucellosis persistence areas to prioritize intervention and available resources in order to achieve the goals of European
Commission.
Brucellosis outbreaks included in SIMAN (Animal Disease Informative
Sistem) during the period 2010-2015 have been analyzed, districts with
repeated outbreaks and/or with closing times higher than the average,
have been identified. Subsequently, the farms stricken by repeated outbreaks have been georeferenced to identify “risk areas”.
BIBLIOGRAFIA:
1. Caprioli A, Maugliani A, Michelacci V and Morabito S, 2014. Molecular typing of Verocytotoxin-producing E. coli (VTEC) strains isolated
from food, feed and animals: state of play and standard operating procedures for pulsed field gel electrophoresis (PFGE) typing, profiles interpretation and curation. EFSA supporting publication 2014:EN-704,
56 pp.
2. EURL-VTEC, 2013. Identification and characterization of Verocytotoxin-producing Escherichia coli (VTEC)by Real Time PCR amplification
of the main virulence genes and the genes associated with the serogroups mainly associated with severe human infections http://www.
iss.it/binary/vtec/cont/EU_RL_VTEC_Method_02_Rev_0.pdf
3. European Centre for Disease Prevention and Control/European
Food Safety Authority. Multi-country outbreak of STEC infection associated with HUS - 5 April 2016.
4. European Commission dated 18 January 2013 (M-2013-0082). Vision paper on the development of data bases for molecular testing of
food-borne pathogens in view of outbreak preparedness annexed to
the Mandate from the http://ec.europa.eu/food/food/biosafety/salmonella/docs/vision-paper_en.pdf
5. Ferens WA, Hovde CJ. 2011. Escherichia coli O157:H7: animal reservoir and sources of human infection. Foodborne Pathog Dis 8:465487.
http://www.efsa.europa.eu/sites/default/files/scientific_output/
files/main_documents/1017e.pdf
http://www.efsa.europa.eu/sites/default/files/scientific_output/
files/main_documents/704e.pdf
6. Tarr PI, Gordon CA, Chandler WL. 2005. Shiga-toxin-producing
Escherichia coli and haemolytic uraemic syndrome. Lancet 365: 10731086.
Tabella 1: distribuzione per distretto delle aziende sede di focolai ripetuti dal 2010 al 2015 e/o con tempi di chiusura sopra la media
INTRODUZIONE:
La persistenza della Brucellosi in regione Campania rappresenta un serio
problema economico e sanitario richiedendo un notevole impegno per
effettuare le operazioni di risanamento ed eradicazione negli allevamenti
bovini e bufalini.
Al fine di poter dare delle indicazioni ai decisori istituzionali per l’adozione
di misure aggiuntive e l’elaborazione di piani specifici regionali, si intende
individuare eventuali zone critiche di persistenza della malattia sulle quali
concentrare le risorse disponibili e fornire priorità di intervento.
Per ciascun focolaio aperto nell’intervallo temporale in esame (20102015), è stato calcolato il tempo di chiusura dello stesso quantizzando
i giorni che intercorrono dalla data della conferma alla data di estinzione: per estinguere un focolaio, in Regione Campania, sono stati necessari in media circa 223 giorni per la specie bovina (Dev. Std: 178,17) e
230 giorni per la specie bufalina (Dev. Std: 173,58).
E’ stato calcolato il numero di focolai con tempi di chiusura superiori
ai valori medi, distinti per specie. La seguente tabella elenca i distretti
che presentano entrambi i fattori di rischio (Tab.1).
E’ stato riscontrata, quindi, una persistenza e/o ricorrenza dell’infezione negli stessi allevamenti. Partendo dai focolai del 2015 è stata dimostrata un’associazione statisticamente significativa con la presenza
di infezione negli anni precedenti (2010-2014) sia per la specie bovina
che bufalina (specie bovina e bufalina: X2 di Pearson due code<0,05).
Analizzando i dati descrittivi dei tempi di gestione focolaio si è riscontrata un’alta dispersione dei dati intorno al valore medio di chiusura
focolaio distinto per specie e per anno (valori elevati di Deviazione
std.). Al fine di valutare tale dispersione, è stato generato un grafico
box-plot che tiene conto della distribuzione dei dati intorno al valore
mediano (Grafico 1).
MATERIALI E METODI:
I dati analizzati provengono da:
• Sistema Informativo di Notifica delle Malattie Animali (SIMAN). Sono
stati presi in considerazione tutti i focolai di Brucellosi Bovina e Bufalina
che hanno avuto conferma dal 01/01/2010 al 31/12/2015 all’estrazione
dati del 20/04/2016;
• Banca Dati Nazionale (BDN) per le anagrafiche delle aziende zootecniche al 31/12/2015.
• Sistema Informativo Rendicontazioni (SIR) - Allegato II dal 2010 al
2015.
E’ stato utilizzato il software Microsoft ACCESS® per la gestione dei dati
provenienti dal SIMAN.
Le analisi statistiche sono state sviluppate attraverso il software IBM
SPSS® ver.21.
Per la localizzazione delle aziende bovine e bufaline sono state utilizzate le coordinate lat/long presenti in BDN attraverso il software Esri
ArcMap® 10.0.0 (ESRI, Redland, California).
Analizzando i dati presenti negli Allegati II del SIR, negli anni considerati
si evince che la prevalenza della malattia varia dal 10% nel 2010 al 3%
nel 2015 sul territorio campano, superiore rispetto agli standard normativi richiesti. A compromettere l’intero dato regionale sono le province
di Salerno per la Brucellosi Bovina/Bufalina e Caserta per la Brucellosi
Bufalina. Si è quindi focalizzata l’attenzione su queste due province e,
partendo dai dati estratti dal SIMAN, è stata effettuata un’analisi sulle
aziende bovine e bufaline che hanno avuto almeno un focolaio nel periodo preso in esame.
Successivamente, sono stati individuati i distretti più a rischio caratterizzati da aziende sede di focolai ripetuti due o più volte. In tali distretti
è stato preso in esame il tempo di chiusura del focolaio come ulteriore
fattore di rischio (Tabella 1).
120
Grafico 1: box plot tempi di chiusura focolaio stratificati per anno
(espresso in gg, IC: 95%))
121
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
(1) WORKING DOCUMENT SANCO/10181/2014 Rev2.
(2) Decreto Dirigenziale n. 251 del 05/08/2015 - Linee guida Regionali per l’applicazione dello stamping out negli allevamenti infetti da
Tubercolosi-Brucellosi e Leucosi.
(3) O.M. del 28/05/2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nr. 144 del
24/06/2015: Misure straordinarie di polizia veterinaria in materia di
tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina, brucellosi ovi-caprina, leucosi bovina enzootica.
(4) Calistri P., Iannetti S., Atzeni M., Di Bella C., Schembri P., Giovannini
A. “Risk factor for persistence of bovine Brucellosis in Sicily for 2008 to
2010” - Preventive Veterinary Medicine 110 (2013) 329-334.
Sono stati individuati focolai attivi per più anni consecutivi (i focolai
con una durata maggiore di 2 anni sono identificati con il “•”, mentre
i focolai con una durata maggiore di 3 anni identificati con “”):negli
anni 2010 e 2011 ci sono state tre aziende sede di focolaio attivo di
Brucellosi Bovina con durata di oltre 1100 giorni. Ad oggi il trend dei
tempi di durata dei focolai è decrescente.
Nel 2015 mediamente i tempi di chiusura focolaio si sono ridotti rispetto ai valori registrati nei precedenti anni, in seguito alle misure
restrittive emanate dalla regione Campania (D.D. 251/2015 (2)), in
ottemperanza all’O.M. 28-05-2015(3), che prevedono l’abbattimento
totale in determinate situazioni epidemiologiche.
Il calcolo della prevalenza intra-aziendale per ogni focolaio in esame
mediante il rapporto tra animali positivi ed animali presenti ha evidenziato una correlazione positiva tra tempi di chiusura focolaio e prevalenza intra-aziendale (specie bovina: r_Pearson: 12%, P_value <= 0,05;
specie bufalina: r_Pearson: 25%, P_value <0,01).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Si può concludere che sul territorio campano sono presenti dei distretti critici con zone di persistenza della malattia che inficiano il raggiungimento dell’obiettivo dell’eradicazione fissati dal WORKING DOCUMENT SANCO/10181/2014 Rev2 (1).
Con l’ausilio del GIS è stato possibile visualizzare spazialmente le aziende che presentano i fattori di rischio sopra esposti (Cartogramma 1).
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
011
MODELLO DI GESTIONE DI UN FOCOLAIO DI SCRAPIE CLASSICA IN UN
ALLEVAMENTO CAPRINO MEDIANTE L’UTILIZZO DELLA GENETICA
Keywords: scrapie, capre, genotipizzazione
Sgarangella F.[1], Masala S.[1], Bitti G.[1], Benech A.[1], Marongiu D.[1], Floris V.[1], Desini P.[1]
ASL Sassari ~ Sassari ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The work describes a goat farm where Reg CE 630/2013 applies, in
particular the derogation for immediate slaughter of the entire flock
within a scrapie outbreak. The CE Regulation, which provided for the
respect of mandatory health conditions, turned out to be unenforceable for the lack of goats with genotype K / K at codon 222.
e presenza di due maschi su 8 portatori dell’allele K222) rappresentava una base di partenza per una eventuale selezione genetica intragregge. La Direzione Generale del Ministero della Salute concedeva,
per un periodo di tre anni esclusivamente per i caprini, l’applicazione
di quanto previsto dall’allegato VII cap. B opzione 2 iii) del Reg. CE
n.630/2013, ossia il differimento dell’abbattimento di tre anni con la
vincolante attuazione di restrittive condizioni sanitarie:
eliminazione immediata di tutti i maschi non portatori di almeno un
allele K222 e con genotipo Q/Q al codone 222 e mantenimento in
vita, per tutte le femmine presenti e dei due maschi con genotipo
Q/K al codone 222;
possibilità di introduzione di maschi, non provenienti da focolaio,
portatori di almeno un allele K222, o utilizzo di seme di donatori
omozigoti K/K222;
genotipizzazione di tutti i nuovi nati entro il terzo mese di età e, per
quanto riguarda i maschi, assegnazione alla quota di rimonta dei soli
portatori dell’allele K222;
sorveglianza per almeno 2 anni a partire dall’ultimo caso positivo
riscontrato. In particolare tutti i capi di età superiore ai 18 mesi
morti, macellati o abbattuti, dovranno essere sottoposti a test rapido;
esclusa la BSE, non si applica alcuna restrizione per il consumo
umano del latte ed prodotti lattiero caseari; tali prodotti non potranno, però, essere destinati all’alimentazione dei ruminanti al di
fuori dell’azienda focolaio.
Nel 2015 venivano, quindi, genotipizzati 154 capretti di cui 12 femmine e 13 maschi risultavano con genotipo Q/K e 1 maschio con
genotipo K/K.
Dei 433 ovini genotipizzati risultavano 106 capi con genotipo suscettibile alla malattia. In accordo con il Regolamento 727/2007/
CE la Direzione Generale della Sanità Animale del Ministero della
Salute autorizzava la macellazione selettiva dei capi ovini sensibili
da destinare al consumo umano. Venivano, quindi, inviati al macello 104 ovini (77 pecore, 19 saccaie, 8 arieti) dei 106 capi sensibili
(due capi erano morti in allevamento ed erano risultati negativi al
test rapido per la proteina prionica) e sottoposti a campionamento
per test rapido per TSE 81 ovini di età superiore ai 18 mesi. Di questi 5 risultavano positivi alla scrapie classica.
I tentativi di procedere mediante la selezione genetica alla eradicazione della scrapie si sono dimostrati in Sardegna non applicabili
al momento attuale. Le criticità principali che hanno reso non percorribile quella strada conservativa sono legate all’impossibilità di
acquistare dei becchi, con le caratteristiche genetiche richieste di
alta resistenza, sia in ambito locale che in Belgio e Francia. A ciò
si aggiunge il fatto che la frequenza allelica K222 varia a seconda
della razza ed in particolare risulta essere molto bassa nella razza
Saanen (4) per cui è altamente difficile trovare maschi di specie
caprina con almeno un allele K222 o reperire semi di donatori omozigoti K222K. Questo suggerisce che potrebbe essere una soluzione
la creazione di allevamenti fornitori di becchi resistenti, ammesso
che gli allevatori siano disposti a rinunciare ad avere la razza in purezza, essendo di fatto impossibile creare un gregge resistente per
ogni razza presente in Sardegna.
INTRODUZIONE:
Le Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili sono malattie neurodegenerative caratterizzate dall’accumulo nel Sistema Nervoso Centrale
(SNC) di una isoforma patologica (PrPSc) della proteina prionica cellulare (PrPC). La scrapie è gestita negli ovini da tempo con la genetica
mentre nei caprini vi sono solo recentemente conoscenze in merito
incoraggianti. Infatti, l’allele K222 è considerato, un fattore di resistenza alla scrapie classica nei caprini (1,2,3), analogo ruolo svolto
dall’allele di resistenza ARR nelle pecore. Per questi motivi il Reg. CE
n.630/2013 prevede una deroga alla completa distruzione del gregge
in caso di malattia, ossia il differimento dell’abbattimento di tre anni
con la vincolante attuazione di restrittive condizioni sanitarie.
Lo scopo del lavoro è descrivere il modello di gestione di un focolaio
di scrapie classica utilizzato dal Servizio di Sanità Animale della ASL
di Sassari, in un azienda mista, caprina e ovina, situata in agro del
Comune di Ozieri in Provincia di Sassari, e i problemi riscontrati con
l’utilizzo di questa deroga.
MATERIALI E METODI:
In data 02 maggio 2014 veniva accertata dai laboratori del Dipartimento di Sanità Animale dell’Istituto Zooprofilattico di Sassari
(I.Z.S.S.) una positività al test rapido effettuato su un obex prelevato
al macello da una capra di due anni di età proveniente da un allevamento del nord Sardegna. La diagnosi veniva confermata mediante
test western-blot in data 15 maggio 2014 dal Centro di Referenza
Nazionale per lo studio e le ricerche sulle encefalopatie degli animali
e neuropatologie comparate (C.E.A.). L’Istituto Superiore di Sanità
(I.S.S.) effettuava la caratterizzazione molecolare (PrPSc) e forniva la
diagnosi di scrapie classica in data 05 giugno 2014.
L’azienda sede di focolaio è composta da un allevamento caprino di
razza Saanen e da un allevamento ovino di razza sarda per la produzione di latte, tenuti in ambienti separati. Al momento di apertura
del focolaio era costituita da 308 caprini ( 219 adulti di cui 9 becchi,
74 caprette da rimonta e n.15 capretti d età < 1 mese) e 435 ovini
(341 adulti di cui 8 arieti, 94 agnelle da rimonta) e nessuno capo presentava sintomatologia riferibile ad encefalopatie. L’azienda veniva
posta sotto sequestro cautelativo e venivano genotipizzati i capi ovini
(433) e i caprini (322).
Cartogramma 1: georeferenziazione aziende con fattori di rischio nelle
provincie di Salerno e Caserta
Nel salernitano si distingue un’area ad alta concentrazione di aziende
bovine positive negli anni (circa 240 aziende sede di focolaio): circa il
25% di tali aziende ha avuto focolai ripetuti nel periodo considerato.
Nei distretti di Roccadaspide e Sala Consilina alcuni focolai sono rimasti attivi per oltre un anno (65 su 163 rappresentanti circa il 40%).
Tale area a rischio corrisponde ad un territorio in cui si pratica l’allevamento allo stato brado e/o semibrado che rende difficile il contenimento della malattia.
Nella parte meridionale della provincia di Caserta, si evidenzia un’area
critica con un cospicuo numero di aziende bufaline positive sede di
focolai ripetuti o con tempi di gestione focolaio molto lunghi (Tab. 1).
In conclusione, nelle zone di persistenza della Brucellosi bovina e bufalina, è di primaria importanza la corretta gestione dei focolai: sono
state individuate “aziende problema” nelle quali l’infezione persiste
negli anni. Tali aziende rappresentano un punto critico sul quale agire
al fine dell’eradicazione della malattia sul territorio (4). In articoli successivi, si integreranno le analisi epidemiologiche tenendo conto, tra
gli altri, di tempi di ricontrollo, tempi di macellazione dei capi e tempi
di riacquisizione qualifica.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati della genotipizzazione dei 322 caprini mostravano la presenza di 2 becchi (su 8) eterozigoti con allele Q222K, due capi omozigoti con alleli K222K, 41 capi eterozigoti con alleli Q222K e i restanti
277 capi con genotipo Q/Q.
La situazione favorevole dal punto di vista genetico di animali resistenti alla scrapie classica (13% di femmine portatrici dell’allele K222
122
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
012
CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA STRESS LAVORO-CORRELATO
BIBLIOGRAFIA:
1) P. L. Acutis, A. Bossers,J. Priem, M. V. Riina,S. Peletto,M. Mazza, C.
Casalone,1G. Forloni, G. Ruand M. Caramelli. Identification of prion
protein gene polymorphisms in goats from Italian scrapie outbreaks,
Journal of General Virology (2006), 87: 1029-1033.
2) Acutis PL, Martucci F, D’Angelo A, Peletto S, Colussi S, Maurella C,
Porcario C, Iulini B, Mazza M, Dell’Atti L, Zuccon F, Corona C, Martinelli° N, Casalone C, Caramelli M, Lombardi G. Resistance to classical
scrapie in experimentally challenged goats carrying mutation K222
of the prion protein gene, Vet Res. - Vol. 43 n 8 ( 2012): 10-49.
3) Vaccari G., Di Bari M.A., Morelli L., Nonno R., Chiappini B., Antonucci G., Marcon S., Esposito E., Fazzi P., Palazzini N., Troiano P.,
Petrella A., Di Guardo G., Agrimi U. (2006). Identifi cation of an allelic
variant of the goat PrP gene associated with resistance to scrapie.
Journal of General Virology, 87: 1395-1402.
4) Barillet F., Mariat D., Amigues Y., Faugeras R., Caillat H., MoazamiGourdazi K., Rupp R., Babilliot J.M., Lacroux C., Lugan S., Schelcher
F., Chartie C., Corbière F., Andreoletti O., Perrin-Chauvineau C. (2009)
Identification of seven haplotypes of the caprine PrP gene at codons
127, 142, 154, 211, 222 and 240 in French Alpine and Saanen breeds
and their association with classical scrapie. Journal of General Virology 90: 769-776.
Keywords: Sicurezza sul lavoro, Criteri di valutazione del rischio, Stress lavoro-correlato
Vitelli B.R.[1], Piazzoli L.[2], Saezza M.E.[1], Cenci F.[2], Severini S.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ~ Perugia ~ Italy, [2]LUSIOS s.r.l. ~ Perugia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The present study shows the methodology used in the evaluation
of work-related stress for the employees of Istituto Zooprofilattico
Sperimentale dell’Umbria e delle Marche (IZSUM), according to D.
Lgs. 81/08 - Testo Unico concerning safety at work.
Questa fase è finalizzata alla costituzione delle conoscenze di
base necessarie a dar corso al processo di valutazione del rischio.
Sono raccolte informazioni come i dati identificativi dell’azienda,
l’organigramma gerarchico e di gestione della sicurezza. Sono analizzati il processo produttivo e la tipologia organizzativa.
L’analisi del rischio viene condotta a partire dalla suddivisione dei
lavoratori in gruppi omogenei di esposizione al rischio. Generalmente si fa riferimento alla suddivisione in reparti e mansioni così
come individuata nel Documento di valutazione dei rischi. Tuttavia, sulla base di specifiche considerazioni circa i fattori che concorrono alla valutazione del rischio da stress correlato al lavoro e
di un’attenta analisi delle attività lavorative in esame, è comunque
possibile l’accorpamento di due o più mansioni in uno stesso gruppo omogeneo.
Si riporta di seguito l’elenco dei gruppi omogenei individuati
nell’IZSUM:
- GO1 COMPARTO AMMINISTRAZIONE E LAVORO DI UFFICIO
- GO2 DIRIGENTI
- GO3 COMPARTO TECNICO DEI LABORATORI
Il Manuale “Valutazione e gestione del rischio da stress lavorocorrelato” elaborato dall’INAIL, nell’Appendice 1, riporta una serie
di indicatori oggettivi, ossia verificabili, che la letteratura associa
allo stress correlato al lavoro. Il procedimento valutativo si basa
sulla compilazione della check list composta da tali indicatori, per
ogni gruppo omogeneo individuato.
Gli indicatori sono riferibili a tre macrocategorie di indici oggettivi, ovvero:
- Indici riferibili all’azienda (10 indicatori);
- Indici riferibili al contesto del lavoro (6 aree di indicatori);
- Indici riferibili al contenuto del lavoro (4 aree di indicatori).
La compilazione della check list è effettuata dal Datore di Lavoro,
che ne ha la responsabilità, in collaborazione con Servizio Prevenzione e Protezione, Medico competente (MC), Rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza e, come nel caso dell’IZSUM, con una
rappresentanza di ciascun gruppo omogeneo di lavoratori.
INTRODUZIONE:
Lo stress è una condizione che può essere accompagnata da disturbi fisici, psicologici o sociali e che consegue dal fatto che taluni
individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o
alle aspettative riposte in loro.
In circostanze particolari, come richieste esterne eccessivamente
intense e/o protratte nel tempo, la naturale attitudine all’adattamento dell’individuo, capace di reagire alle pressioni a cui è sottoposto nel breve termine, può comunque non essere sufficiente, e
questo può generare uno squilibrio fra le sollecitazioni esterne e
le possibilità di compensazione del soggetto.
Inoltre, persone diverse possono reagire in modo differente a situazioni simili e uno stesso individuo può, in momenti diversi della
propria vita, reagire in maniera diversa a situazioni simili.
Lo stress non è una malattia ma un’esposizione prolungata allo
stress può ridurre l’efficienza sul lavoro, causare problemi di salute, indurre cambiamenti nel comportamento.
Scopo di questo lavoro è descrivere i criteri utilizzati per valutare
il rischio da stress lavoro-correlato presso l’IZSUM.
MATERIALI E METODI:
In base al D.Lgs. 81/2008 (2), il rischio legato allo stress lavorocorrelato va valutato secondo i contenuti dell’Accordo Europeo
dell’8 ottobre 2004 (1) e secondo le indicazioni procedurali definite nel Manuale ad uso delle aziende in attuazione del D.Lgs.
81/2008 e s.m.i. “Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato” Edizione 2011 elaborato dall’INAIL (3).
La valutazione viene eseguita mediante l’adozione della proposta
metodologica elaborata dal Network Nazionale per la Prevenzione
Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro, istituito dall’EX-ISPESL
ora INAIL (4).
La valutazione è finalizzata unicamente ad un’analisi di tipo “oggettivo - verificabile”, nella quale non è previsto il coinvolgimento
diretto dei lavoratori.
Nel caso in cui dovesse essere necessaria anche un’analisi soggettiva, la valutazione deve essere integrata per mezzo di ulteriori
indagini volte ad approfondire il grado di percezione che i dipendenti hanno in ordine alle problematiche relative allo stress correlato al lavoro.
La valutazione prevede:
- Raccolta dei dati circa l’organizzazione aziendale, il contesto ed
il contenuto del lavoro;
- Analisi delle informazioni raccolte e valutazione del livello di
rischio;
- Individuazione degli interventi di miglioramento.
- Analisi delle informazioni raccolte e valutazione del livello di
rischio
La metodologia seguita si basa sull’assegnazione di un determinato punteggio in relazione ai diversi indicatori valutati. Il criterio
di assegnazione del punteggio è individuato e descritto dalle linee
guida INAIL sopra citate.
Le tre aree di indagine vengono valutate singolarmente in merito
al punteggio relativo ai rispettivi indicatori. Viene seguito il criterio esposto nella tabella 1.
- Raccolta dei dati circa l’organizzazione aziendale, il contesto ed
il contenuto del lavoro
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Tabella 3 - Misure di miglioramento
Nel caso dell’IZSUM non è stato necessario procedere ad un ulteriore
approfondimento della valutazione di tipo soggettivo. Per completezza di trattazione si riporta tuttavia l’elencazione delle circostanze in cui
si rende necessario procedere con questo secondo livello di indagine.
Per un numero di lavoratori ≤ 10 è necessario un approfondimento di
tipo soggettivo sul singolo lavoratore, nel caso di:
- presenza di una o più istanze giudiziarie per molestie morali e/o sessuali
- segnalazioni al MC da parte dei centri specializzati
Per un numero di lavoratori > 10 i casi in cui è richiesto approfondimento sono:
- presenza di una o più istanze giudiziarie per molestie morali e/o sessuali
- segnalazioni al MC da parte dei centri specializzati
- presenza di condizioni di stress segnalate dal MC
- punteggio finale riportato alla check list di indicatori verificabili risulta “alto”
- presenza nell’impresa di fattori potenziali di stress noti in letteratura
(lavoro a contatto con il pubblico, lavoro a contatto con la sofferenza,
lavoro a turni, ecc.)
- presenza di casi di disagio lavorativo clinicamente accertati dai centri clinici pubblici di riferimento con nesso causale probabile con condizioni lavorative stressogene (vale anche per le imprese fino a dieci
dipendenti)
- punteggio della check list si colloca ancora nel quadrante “rischio
medio” a distanza di un anno dalla valutazione, nonostante le azioni di
miglioramento adottate.
Tabella 1 - Indicatori e relativo punteggio
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sulla base del punteggio determinato mediante sommatoria dei valori
attribuiti alle tre aree di indagine, possono essere discriminati tre livelli di rischio (tabella 2).
POSTER
GENOMICA
BIBLIOGRAFIA:
1) Accordo Europeo sullo stress sul lavoro del 8/10/2004
2) D.Lgs. n. 81/2008 - Testo Unico in materia di tutela della salute e
della sicurezza nei luoghi di lavoro
3) Manuale “Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato”, 2011 INAIL
4) Network Nazionale per la Prevenzione Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro, istituito dall’EX-ISPESL ora INAIL
Tabella 2 - Livelli di rischio
- Individuazione degli interventi di miglioramento
In base al risultato della valutazione oggettiva si individuano le misure
di miglioramento da adottare (tabella 3).
126
127
3
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
013
SEQUENZIAMENTO GENICO VS MALDI-TOF MS: DATI PRELIMINARI A CONFRONTO
PER L’IDENTIFICAZIONE DI DERMATOFITI DI ORIGINE UMANA E ANIMALE
Keywords: dermatofiti, sequenziamento, MALDI-TOF
Crotti S.[1], Papini M.[2], Cruciani D.[1], Giammarioli M.[1], Madeo L.[1], Papa P.[1], Pesca C.[1], Sgariglia E.[1],
Agnetti F.[1], Pitzurra L.[3]
IZS Umbria e Marche ~ Perugia ~ Italy,
Dipartimentoto di Scienze Chirurgiche e Biomediche , Università di Perugia, Clinica Dermatologica di Terni ~ Terni ~ Italy,
[3]
Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Microbiologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia ~ Perugia ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Two fungal identification systems, gene sequencing and MALDITOF MS, were evaluated using 21 dermatophytes strains, isolated
from human and animals. Preliminary data obtained showed that
sequencing has matched with standard cultural identification
method in all 21 strains and that MALDI-TOF technique has allowed
the identification of only 15 strains, of which 11 were identified as
genus and 4 as species. Therefore, sequencing is a good method to
confirm identification of dermatophytes. Further investigations are
necessary to compare additional strains with the same two methods, in order to increase the MALDI-TOF mycological database.
creato il vuoto prima di iniziare l’analisi. Per la validazione dei due
metodi, ad ogni sessione analitica è stato aggiunto l’ATCC 36299 di
Microsporum canis.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati ottenuti sono riportati in Tabella 1. I valori relativi
all’ATCC M. canis, per entrambe le metodiche, sono risultati soddisfacenti, validando i risultati di seguito riportati.
Il sequenziamento sui 21 ceppi fungini ha confermato nel 100% dei
casi l’esito del colturale tradizionale. La percentuale d’identità e l’
E-value hanno mostrato una buona attendibilità del dato, specie
per i dermatofiti zoofili più diffusi in natura, come Arthroderma
otae (M. canis) e A. vambreuseghemii/A. benhamiae (Trichophyton
mentagrophytes). Per i geofili, quali T. thuringiense, A. uncinatum e
A. racemosum, isolati da scoiattolo, le % di identità sono più basse
ma comunque sempre soddisfacenti. Il MALDI-TOF non ha consentito l’identificazione di n. 6 ceppi (28,6%), pertanto il confronto con
l’indagine molecolare è stato condotto solo su 15 isolati. Gli score
ottenuti col MALDI-TOF hanno mostrato valori intorno a 1,75 e, se
confrontati con il risultato del sequenziamento, si osserva per lo
più una concordanza nel riconoscimento del genere ma non della
specie (11 isolati, 73,3%), Per A. otae i risultati delle due tecniche
sono stati del tutto sovrapponibili (4 isolati, 26,7%). Lo score, in un
campione, è risultato tuttavia piuttosto basso (1,08), in quanto non
si è avuta corrispondenza nemmeno per il genere (A. racemosum,
forma sessuata di M. racemosum vs T. tonsurans). Tali dati confermano quanto riportato in letteratura (7), in cui sono indicati i
seguenti criteri di identificazione: score ≥ 2,000=identificazione di
specie, score compreso tra 1,700 e 1,999=identificazione di genere
e score < 1,700= mancata identificazione.
In medicina umana, l’accurata identificazione dei miceti è un punto
cruciale nella clinica, onde stabilire una precisa diagnosi eziologica, scegliere un’appropriata terapia, monitorare la diffusione del
patogeno in popolazioni recettive e mapparlo dal punto di vista
epidemiologico (2, 5). In veterinaria solo negli ultimi anni sta crescendo l’attenzione dei colleghi verso una corretta identificazione fungina, facendosi sempre più strada i sistemi già impiegati in
campo umano. I dati ottenuti sono preliminari ed esigui per una
corretta valutazione statistica; tuttavia consentono di evidenziare:
a) che con il sequenziamento si può attribuire la specie, anche laddove l’approccio tradizionale non sia risolutivo; b) che la banca dati
MALDI-TOF relativa alle specie dermatofitiche va sicuramente incrementata per fornire dati utili ai fini diagnostici; c) che il campione di partenza utilizzato nel MALDI-TOF potrebbe non essere il più
idoneo; oggetto di future indagini sarà quindi testare ceppi fungini
a partire da terreni di coltura diversi o effettuare l’estrazione di
proteine sulle diverse strutture del micete, analizzando separatamente spore ed ife.
Attualmente il metodo del sequenziamento risulta essere il più
idoneo ad ottenere risultati utili nella conferma diagnostica di dermatofiti.
INTRODUZIONE:
Le dermatofitosi rappresentano le micosi cutanee con le quali più
spesso dermatologo e/o veterinario vengono chiamati in causa,
grazie anche al ruolo zoonosico che rivestono (6). Accanto all’anamnesi e a valutazioni cliniche, è fondamentale identificare il
più correttamente possibile l’agente causale, anche per impostare
un’adeguata terapia. L’esame colturale può a volte non risultare
risolutivo; inoltre, la possibilità di contaminazione da muffe non
dermatofitiche, può rendere difficoltosa l’interpretazione del patogeno (1). I recenti sviluppi nel campo della diagnostica molecolare
(sequenziamento genico) e della spettrometria di massa (MALDITOF MS: Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight
Mass Spectrometry), hanno aperto nuove possibilità diagnostiche,
fornendo un importante contributo a fini identificativi (2,3,4). Nel
presente lavoro, sono stati confrontati i risultati ottenuti con sequenziamento e MALDI-TOF su dermatofiti isolati da uomo e animali.
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati 21 dermatofiti: 9 umani (da onicomicosi) e 12
animali (da dermatopatie in cane e gatto e da screening micologici
su scoiattolo). I campioni di pelo stati tutti seminati su Dermasel
Agar e incubati a 25°±1°C in aerobiosi per 7-10gg. Dopo osservazione macro e microscopica delle colonie, l’estrazione del DNA è stata
eseguita tramite bollitura, previo prelievo di una porzione di colonia pari a circa ½ cm2, a cui sono stati aggiunti 200 μL di ddH2O. Il
DNA è stato poi amplificato con i primer DMTF18SF1, DMTF28SR1
e DMTFITS1R (Hemi-Nested PCR). Sequenze di primer, condizioni
di mix e di amplificazione sono riportate in bibliografia (3, 4). Il
prodotto amplificato è stato quindi purificato (QIAquick PCR Purification Kit-Qiagen®) e sequenziato (BigDye Terminator v1.1 Cycle
Sequencing Kit). Le reazioni sono state separate con sequenziatore
automatico ABI PRISM 310 Genetic Analyzer (Applied Biosystems®),
generate con il software BioEdit Sequence Alignment Editor software v 7.0.9.0 e allineate con il database presente in GenBank.
In parallelo, i medesimi campioni sono stati analizzati con MALDITOF, utilizzando il MicroFlex LT system (Bruker®) secondo quanto
riportato nel protocollo di Saffert et al. (7). La piastra MALDI è
stata alloggiata nel sistema di introduzione del campione ed è stato
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
014
ANALISI COMPARATIVA DEI LOCI CRISPR IN CEPPI DI E. COLI O26 PRODUTTORI DI SHIGA-TOSSINE
Keywords: CRISPR, E. coli O26, Genotyping
Franciosa G.[1], Scalfaro C.[1], Michelacci V.[1], Flamini F.[1], Morabito S.[1]
Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
CRISPR loci, consisting of clustered regularly interspaced short palindromic repeats and a set of CRISPR-associated genes encoding the
Cas proteins, are responsible for adaptive immunity in bacteria and
archaea. Among other applications, they are increasingly used for bacterial genotyping. Here, we analysed and compared the CRISPR loci in
the genomes of 27 isolates of Shiga toxin-producing Escherichia coli
O26 in order to understand whether CRISPR genotyping could diversify isolates that are otherwise relatively homogeneous. Our results
suggest that CRISPR loci can be useful for discriminating E. coli O26
isolates by using a single hypervariable region.
restanti ceppi, 4 (tutti stx1-positivi) possedevano un solo CRISPR,
ed uno stx2-positivo possedeva quattro CRISPR. In totale, quindi,
sono stati identificati 50 CRISPR nei genomi di 26 ceppi STEC. Relativamente alla presenza di geni cas, 9 ceppi, di cui 5 stx1-positivi e 4
stx2-positivi, non ne possedevano. I restanti 17 ceppi possedevano
i geni cas che contraddistinguono il sottotipo CRISPR IE, tipico dei
ceppi STEC (2). L’analisi ha inoltre evidenziato che dei 50 CRISPR
individuati, 18 contenevano un numero relativamente basso di spaziatori (3 - 5), mentre nei 32 CRISPR rimanenti erano presenti 6 - 9
spaziatori. La presenza di CRISPR e geni cas ed un numero relativamente elevato di spaziatori indica che i sistemi CRISPR-cas sono
probabilmente attivi; al contrario, l’assenza dei CRISPR e/o dei geni
cas, ed il numero più esiguo di spaziatori suggerisce che i CRISPR
hanno perso la funzionalità. Tali caratteristiche sono di particolare
interesse poiché è stato ipotizzato che i ceppi STEC privi di sistemi
CRISPR-cas o con sistemi degenerati (cioè, contenenti i CRISPR ma
privi di geni cas) siano più suscettibili all’attacco di elementi genetici invasori e di conseguenza all’acquisizione di geni di virulenza (3).
Nella nostra analisi, un ceppo è risultato privo di CRISPR ed almeno 9 hanno verosimilmente CRISPR inattivi; non è emersa alcuna
correlazione fra presenza/assenza di CRISPR attivi e geni stx o data
d’isolamento dei ceppi.
Dopo allineamento, 35 dei 50 CRISPR individuati sono risultati
identici; in base a questi dati è stato stabilito che 4 gruppi di complessivamente 12 ceppi condividevano gli stessi CRISPR. Anche in
questo caso i ceppi con CRISPR identici erano eterogenei per stx e
data d’isolamento. L’albero filogenetico ottenuto per i CRISPR comprendeva 3 clusters, di cui 2 meno distanti tra loro e contenenti sequenze più omogenee, ed uno più distante e costituito da un minor
numero di sequenze più diversificate (Figura 1).
Sono state quindi analizzate nel dettaglio sia le sequenze ripetute
che gli spaziatori dei CRISPR. L’allineamento delle sequenze ripetute ha evidenziato che 46 dei 50 CRISPR contenevano la stessa sequenza ripetuta, già descritta in E. coli, mentre i rimanenti 4 CRISPR
possedevano una sequenza ripetuta differente. L’allineamento dei
317 spaziatori totali dei 50 CRISPR ha dimostrato che molti erano
presenti in ceppi diversi; dopo eliminazione degli spaziatori identici
presenti nei CRISPR multipli, l’analisi è stata ridotta a 56 spaziatori
(lunghezza media, 32 nucleotidi). Tra questi, 10 spaziatori (18%)
mostravano un’identità >25 nucleotidi con plasmidi e/o batteriofagi di batteri enterici, batteri patogeni che possono infettare le
vie urinarie, o batteri ambientali, dimostrando chiaramente che gli
STEC O26 studiati erano probabilmente venuti a contatto con tali
elementi nell’intestino o nell’uretere umano/animale o nell’ambiente/suolo.
In conclusione, la tipizzazione dei CRISPR nei 27 ceppi analizzati ha
permesso di individuare 12 ceppi suddivisi in 4 gruppi con gli stessi
CRISPR; 14 altri ceppi possedevano CRISPR variamente distribuiti in 3 diversi clusters e solo un ceppo non possedeva CRISPR. La
presenza di loci CRISPR potenzialmente attivi in più del 50% degli
STEC O26 analizzati sembra contrapporsi all’ipotesi corrente sulla
correlazione fra presenza di CRISPR attivi e minore virulenza dei
ceppi (3). Infatti, tutti i ceppi STEC O26 analizzati in questo studio
possedevano i geni di virulenza stx1 o stx2 ed erano stati isolati da
episodi di malattia umana.
INTRODUZIONE:
I batteri mettono in atto sofisticate strategie di difesa nei confronti
di elementi genetici invasori quali plasmidi, batteriofagi e trasposoni. Per esempio, i loci CRISPR (clustered regularly interspaced short
palindromic repeats) mediano una risposta immunitaria adattativa
nei microrganismi che li posseggono. I loci CRISPR consistono di
brevi sequenze di DNA ripetute e conservate, separate da brevi sequenze nucleotidiche variabili (spaziatori); tali regioni sono spesso
affiancate da geni cas codificanti le proteine associate ai CRISPR
(Cas). I sistemi CRISPR-cas dei batteri incorporano gli spaziatori dagli elementi genetici invasori per conservare memoria del contatto;
in seguito ad attacchi successivi da parte degli stessi elementi genetici estranei, o di altri elementi con sequenze simili agli spaziatori, i CRISPR vengono trascritti e in congiunzione con le proteine Cas
si legano e degradano gli invasori stessi. L’acquisizione progressiva
di nuovi spaziatori nei CRISPR fornisce un record cronologico degli
elementi genetici venuti in contatto con un microrganismo e i suoi
ancestori: questo rende i loci CRISPR uno strumento formidabile
per lo studio dell’evoluzione e dell’ecologia dei batteri, oltre a rappresentare un target ideale per la loro genotipizzazione (1). In effetti, la tipizzazione dei CRISPR è stata recentemente applicata ad
un numero crescente di batteri patogeni, compresi Escherichia coli
produttori di Shiga-tossine (STEC) (2).
In questo studio, abbiamo analizzato e paragonato i loci CRISPR
in un pannello di ceppi STEC di sierogruppo O26 di origine umana
isolati in Italia da prima del 1998 al 2015, al fine di investigare se
la tipizzazione dei CRISPR può essere utile a diversificare tali ceppi
batterici.
Tabella 1. Risultati delle identificazioni mediante sequenziamento e
MALDI-TOF
BIBLIOGRAFIA:
1) Agnetti F. et al., 2004 “Diagnosi di laboratorio delle dermatofitosi”.
Webzine SANITA’ PUBBLICA VETERINARIA n.23, vol.V
2) Buchanan B.W., Ledeboer N.A., 2013. Advances in identification of
clinical yeast isolates by use of Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight Mass spectrometry. J. of Clin. Microbiol., 51(5):
1359-1366
3) Cafarchia C. et al., 2013. An improbe molecular diagnostic assay
for canine and feline dermatophytosis. Medical Mycology 51, 136-143
4) Cafarchia C. et al., 2009. Molecular carachterization of selected dermatophytes and their identification by electrophoretic mutation scanning. Electrophoresis , 30, 3555-3564.
5) Freydiere A.M. et al., 2001. Yeast identification in the clinical microbiology laboratory: phenotypical methods. Med. Mycol., 39: 9-33.
6) Moretti A. et al., 2013. Dermatophytosis in animals: epidemiological, clinical and zoonotic aspects. G Ital Dermatol Venereol; 148:563572.
7) Saffert R. T. et al. 2011. Comparison of Bruker biotyper matrix - assisted laser desorption ionization - time of flight mass spectrometer
to BD Phoenix automated microbiology system for identification of
Gram-negative bacilli. J. of Clin. Microbiol, 887-892.
MATERIALI E METODI:
Sono state analizzate le sequenze genomiche ottenute per 27 ceppi
STEC O26, dei quali 12 possedevano il gene stx1 ed i restanti 15 il
gene stx2. Le sequenze genomiche sono state analizzate in silico
per la presenza di loci CRISPR mediante il programma CRISPRFinder. L’allineamento multiplo delle sequenze e le analisi filogenetiche sono state ottenute con il programma Mega7. L’omologia dei
singoli spaziatori dei CRISPR alle sequenze disponibili in banche
dati è stata determinata utilizzando BLAST ed il programma CRISPRTarget.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Un solo ceppo stx1-positivo era privo di CRISPR, mentre la maggior
parte dei ceppi rimanenti (21 su 26) possedeva due CRISPR; dei
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
015
CARATTERIZZAZIONE GENOMICA E PROFILI DI ANTIBIOTICO RESISTENZA DI E.COLI ISOLATI
DA BOVINI CON FORME ENTERICHE
Keywords: Escherichia coli, antibiotic-resistance, identification
Martinelli C.[1], Giovannini S.[1], Salogni C.[1], D’Incau M.[1], Bonardi S.[2], Brindani F.[2], Birbes L.[1], Terrini A.[1],
Acquarone F.[3], Guadagnini M.[4], Pasquali P.[5], Alborali G.L.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna - Brescia ~ Brescia ~ Italy, [2]Università degli Studi di Parma
- Facoltà di Medicina Veterinaria ~ Parma ~ Italy, [3]Libero Professionista ~ Parma ~ Italy, [4]Libero Professionista ~ Brescia ~ Italy,
[5]
Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In this study we investigate distribution of virulence genes and
antibiotic resistance profile of E.coli strains isolated from calves
during 2006-2015. The virulence gene coding F5 was found in 57
isolates (42,86%). All 133 E.coli strains were MDR (MultidrugResistant). E.coli F5 positive were more resistant to flumequine,
danofloxacin, enrofloxacin and amoxicillin than F5-negative
strains. F5-positive strains isolated from carcasses were more
amoxicillin+clavulanic acid resistant than F5-positive strains from
faeces; F5-negative strains from fecal samples, on the contrary,
were more cefaloridine e apramicin resistant than F5-negative
strains from carcasses.
in relazione l’origine dei microrganismi con i fattori di patogenicità, emerge che degli 82 E.coli isolati da carcasse o visceri, 44
possiedono l’adesina F5 (53,66%), che risulta presente solo in 13
(25,49%) dei 51 ceppi isolati da feci e tamponi rettali. L’antibiotico-resistenza si è dimostrata molto variabile passando dal 26%
(colistina) al 45% (cefquinome), fino al 99% (neomicina, tilmicosina e penicillina) (Tab.1). Il profilo fondamentale di resistenza
maggiormente diffuso nei ceppi analizzati è Cefaloridina - Neomicina - Penicillina (118/133 ceppi) (2) (Tab.2). Per quanto riguarda
le classi di antibiotici è stato individuato un profilo di resistenza
fondamentale dato da ABIL (110/133), ovvero Aminoglicosidi, Cefalosporine a spettro ridotto, Folato inibitori e Penicilline (Tab.2).
Considerando le singole molecole sono state osservate differenze
significative fra ceppi F5 positivi e F5 negativi nel caso di flumequina, danofloxacin, enrofloxacin e amoxicillina. Differenze statisticamente significative sono state osservate nella correlazione tra
ceppi F5 positivi isolati da carcasse e resistenti ad amoxicillina +
acido clavulanico (Tab.3). Tutti i 133 ceppi di E.coli sono risultati
multiresistenti (100%), ovvero resistenti ad almeno tre antibiotici
di tre classi diverse. 108 dei ceppi esaminati (81%) si sono dimostrati resistenti da 9 a 12 classi e 14 ceppi (10,5%) possono essere
considerati panresistenti in quanto risultano resistenti a tutte le
classi testate (5). Se si valutano le singole molecole, il 60% degli E.coli presenta da 17 a 20 resistenze ed il 76% da 15 a 20 resistenze (Tab.3). Pur tenendo in considerazione che alcuni ceppi
non sono stati testati per tutte le molecole, si è evidenziata in 118
stipiti una resistenza prevalente a tre antibiotici: cefaloridina, neomicina e penicillina. A livello internazionale sono state pubblicate
liste di antimicrobici considerati importanti per l’utilizzo terapeutico in medicina umana e veterinaria (OIE, 2015; FAO,2008; WHO,
2012; EMA, 2014; WHO, 2014; ECDC/EFSA/EMA, 2015; EFSA/ECDC
2015). Per queste molecole si raccomanda un utilizzo prudente e
mirato ai fini di evitare l’insorgenza o l’incremento di fenomeni
di antibiotico-resistenza. Tra questi antibiotici vi sono la colistina
e le cefalosporine di terza e quarta generazione. L’utilizzo di terapie antimicrobiche mirate e per periodi strettamente necessari
potrebbe ridurre notevolmente il rischio di insorgenza di meccanismi di antibiotico-resistenza attraverso pressione selettiva e
co-selezione. L’antibiotico-resistenza rilevata in tutti i ceppi, con
o senza fattori di patogenicità, potrebbe essere la conseguenza
di una gestione non corretta del farmaco, con probabile utilizzo
di antimicrobici senza la conoscenza della reale eziologia delle
infezioni, la somministrazione di antibiotici a scopo preventivo e
l’alimentazione dei giovani animali con colostro o latte di adulti
trattati. Risulta quindi fondamentale il supporto degli esami di laboratorio per l’identificazione degli agenti eziologici e il corretto
utilizzo dei chemioterapici, il monitoraggio delle contaminazioni al
macello e dei meccanismi di antibiotico resistenza nei prodotti di
origine animale.
INTRODUZIONE:
E.coli è un’importante agente causale di diarrea nei vitelli e motivo di notevoli perdite economiche in tutto il mondo (3). Fra i
principali patotipi, un ruolo chiave è svolto dagli ETEC, caratterizzati da diversi fattori di patogenicità, tra cui l’adesina F5. E.coli
di origine animale potrebbero essere responsabili dell’aumento
dell’antibiotico-resistenza anche nell’uomo, in quanto gli stessi
geni di resistenza sono stati individuati sia in ceppi animali che in
ceppi umani (4). Verranno descritte le caratteristiche di 133 ceppi
di E.coli isolati nel corso del decennio 2006-2015 da campioni di
origine bovina conferiti presso la Sezione Diagnostica dell’Istituto
Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER) di
Brescia.
MATERIALI E METODI:
I ceppi di E.coli sono stati isolati da carcasse, visceri, feci o tamponi rettali di vitelli provenienti da allevamenti del Nord Italia. Sono
stati caratterizzati mediante Multiplex PCR, andando a ricercare i
geni codificanti fattori di patogenicità quali LT I, STaP, STb, F4, F5,
F6, F41, F18 e STX2e (1) e sottoposti ad antibiogramma in vitro
tramite la tecnica di Kirby-Bauer. Sono stati prese in considerazioni
le seguenti caratteristiche: la presenza di fattori di patogenicità,
l’antibiotico-resistenza per singola molecola e per classe, l’antibiotico-resistenza in ceppi dotati o privi dell’adesina F5 e la tipologia
della matrice (carcasse/visceri o feci/tamponi rettali). L’analisi statistica dei dati è stata effettuata attraverso il test del chi-quadro
(χ2) e il test esatto di Fisher utilizzando il software GraphPad PRISM®, versione 6.05 (GraphPad, San Diego, CA, USA). È stato considerato significativo un valore di p ≤ 0.05.
Figura 1. Albero filogenetico dei CRISPR di E. coli O26 ottenuto con il
metodo Neighbor-joining.
BIBLIOGRAFIA:
1. Barrangou R, Horvath P. 2012. CRISPR: new horizons in phage resistance and strain identification. Annu Rev Food Sci Technol 3:143-62.
2. Delannoy S, Beutin L, Fach P. 2016. Improved traceability of Shigatoxin-producing Escherichia coli using CRISPRs for detection and typing. Environ Sci Pollut Res Int.23:8163-74.
3. García-Gutiérrez E, Almendros C, Mojica FJ, Guzmán NM, GarcíaMartínez J. 2015. CRISPR content correlates with the pathogenic potential of Escherichia coli. PLoS One 2;10(7):e0131935.
4. Sampson TR, Weiss DS. 2014. CRISPR-Cas systems: new players in
gene regulation and bacterial physiology. Front Cell Infect Microbiol.
4;4:37
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La ricerca dei geni codificanti fattori di patogenicità ha individuato 57/133 ceppi in possesso dell’adesina F5 (42,86%), in associazione ad altri fattori di patogenicità, come StaP (59,65%), F41
(1,75%), StaP + F41 (38,60%). I 76 ceppi di E.coli privi dell’adesina F5 (57,14%) non presentavano fattori di patogenicità, tranne
uno (1.32%), che possedeva il gene della tossina stx2e. Ponendo
132
133
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1) Casey, T.A., Bosworth, B.T., 2009. Design and evaluation of a multiplex polymerase chain reaction assay for the simultaneous identification of genes for nine different virulence factors associated with
Escherichia coli that cause diarrhea and edema disease in swine, J Vet
Diagn Invest 21:25-30
2) D’incau M., Grassi A., Giovannini S., Salogni C., Zanoni M., Ruggeri
J., Pasquali P., Alborali G.L., 10-11 marzo 2016. Resistenza agli antimicrobici di ceppi di Salmonella typhimurium e della sua variante monofasica isolati da suini in accrescimento, Atti della Società Italiana di
patologia ed allevamento dei suini, XLII meeting annuale
3) Farina R., Scatozza F., 2002. Trattato di Malattie infettive degli animali, pag. 115-119
4) Hammerum, A. M., Heuer, O. E., 2009. Human Health Hazards from
Antimicrobial-Resistant Escherichia coli of Animal Origin, Clin. Infect.
Dis. 48, 916-921
5) Magiorakos AP, Srinivasan A, Carey RB, Carmeli Y, Falagas ME,
Giske CG, Harbarth S, Hindler JF, Kahlmeter G, Olsson-Liljequist B,
Paterson DL, Rice LB, Stelling J, Struelens MJ, Vatopoulos A, Weber
JT, Monnet DL, 2012. Multidrug-resistant, extensively drug-resistant
and pandrug-resistant bacteria: an international expert proposal for
interim standard definitions for acquired resistance. Clin Microbiol Infect.;18(3):268-81
Tabella 1 - Percentuale di resistenza alle singole molecole complessiva
e differenziata per fattori di patogenicità (F5) e natura del campione
(Carcasse o Feci)
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
016
CARATTERIZZAZIONE GENOMICA DI BATTERIOFAGI INFETTANTI BATTERI RESPONSABILI DI GASTROENTERITI IN ALLEVAMENTI BUFALINI DELLA REGIONE CAMPANIA
Keywords: bacteriophages, water buffalo, sequencing
Paradiso R.[1], Riccardi M.G.[1], Orsini M.[2], Iorio R.[1], Francese A.[1], Liguori G.[1], Galiero G.[1], Borriello G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ~
Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Gastroenteritis in water buffalo calves, caused by enterobacteria, such
as Salmonella spp and E. coli, is a widespread disease characterized by
severe gastrointestinal lesion, profuse diarrhea and severe dehydration, occasionally exhibiting a systemic course.
In this study we isolated and characterized one E. coli and twelve Salmonella spp bacteriophages from water buffalo feces collected from
twenty farms in the Campania area. Bioin-formatic analyses showed
the absence, in two Salmonella phages, of genes responsible for lysogeny in phage or coding for virulence factor, toxin and antibiotic resistance. These two phages might therefore be used as possible control
agent for Salmonella spp in buffalo farms.
che sfrutta la tecnologia del sequenziamento mediante semiconduttore. In fase di sequenziamento, infatti, ogni volta che viene incorporato
un nucleotide durante il processo di polimerizzazione del DNA, viene
rilasciato un protone che genera una variazione di pH, rilevata dallo
strumento come variazione di impulso elettrico (fig 1).
Dopo il sequenziamento, il controllo di qualità delle sequenze, il
trimming e l’annotazione preliminare dei genomi sono stati condotti
mediante il workflow di Orione (1). Sono stati, inoltre, utilizzati i software SPAdes per l’ assemblaggio e il software DraftDoctor (version
1.0 CRS4; M. Orsini [https://code.google.com/p/draftdoctor/])per il
completamento dell’ analisi.
Dopo un’ annotazione preliminare ottenuta mediante Prokka (5), un
software per l’ annotazione rapida dei genomi procariotici, l’ analisi è
stata completata manualmente.
INTRODUZIONE:
I batteriofagi sono virus capaci di infettare e replicarsi all’interno delle
cellule batteriche in maniera specifica. Essi possono essere sia a DNA
che a RNA e giocano un ruolo mol-to importante nell’evoluzione dei
batteri grazie al possibile tra-sferimento orizzontale dei geni (3).
I fagi sono stati impiegati per diversi anni come agenti terapeutici di
infezioni batteriche nell’uomo e negli animali, sopratutto in Russia e in
Georgia (6) prima della scoperta della penicillina.
Negli ultimi anni, il problema della multi-resistenza batterica dovuto
ad un improprio e smodato utilizzo di antibiotici nel contrasto alle malattie infettive, ha focalizzato l’attenzione sulla ricerca di terapie alternative. In quest’ottica diversi studi sono stati condotti per l’isolamento
e la caratterizzazione di bat-teriofagi infettanti varie specie batteriche.
Recentemente, inoltre, è stato approvato l’uso di alcune formu-lazioni
di batteriofagi per prodotti alimentari e per l’utilizzo ambientale (4).
Nel presente studio, sono stati isolati e caratterizzati 12 nuovi batteriofagi infettanti Salmonella spp ed uno infettante Esche-richia coli, da
feci di bufalo provenienti da alcuni allevamenti della Regione Campania. In particolare è stato condotto uno studio dell’intera sequenza e
un’analisi genomica comparativa con le sequenze di fagi depositate nei
database di riferimento.
Tabella 2 - Profilo di resistenza fondamentale (molecole e classi) e numero di ceppi che le possiedono, con le possibili integrazioni
Figura 1: Sequenziamento mediante piattaforma PGM. Ad ogni inserimento di un nuovo nucleotide nella catena di DNA in crescita, viene
liberato uno ione H+ che determina una variazione del Ph, percepita
dallo strumento come variazione di impulso elettrico.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Analisi del genoma e annotazione
Per ciascuna delle sequenze prodotte l’elaborazione bioinfor-matica
ha permesso di ottenere informazioni riguardo a (tabella 1): grandezza
del genoma, numero di geni codificanti (CDS), contenuto percentuale
di G+C, famiglia di appartenenza, e ciclo del fago.
In particolare la famiglia di appartenenza è stata predetta sulla base
della similarità con altri fagi (depositati in GenBank), mediante allineamento delle sequenze nucleotidiche, mentre è stato possibile identificare il ciclo di appartenenza grazie all’individuazione di particolari geni
noti, codificanti per proteine responsabili dell’attività litica o lisogena
del fago stesso. Sono stati, infine, identificati diversi geni coinvolti nel
metabolismo del DNA, geni di virulenza, geni codificanti per RNA, geni
di antibiotico resistenza, e altri geni a funzione non ancora nota.
Questo studio riporta la presenza di più fagi nelle feci di bufalo e contribuisce a dimostrare la complessità e la varietà di batte-riofagi naturalmente presenti nel letame.
La diversità da un punto di vista sia strutturale che funzionale dei fagi,
come già dimostrato da diversi studi, ha un profondo impatto sull’am-
MATERIALI E METODI:
Isolamento, estrazione DNA fagico e sequenziamento
L’isolamento dei batteriofagi di E.coli e Salmonella spp è stato ottenuto a partire da deiezioni bufaline di animali afferenti a 20 diverse
aziende campane, nelle quali erano diffuse le patologie gastroenteriche in vitellaia (2).
Il DNA dei fagi è stato estratto mediante QIAamp DNA mini kit così
come descritto dal manuale d’uso.
Per il sequenziamento, la concentrazione di DNA iniziale im-piegata è
stata di 100 ng/µl come indicato dal manuale d’uso del kit “Ion Xpress
Plus gDNA Fragment Library Preparation” (Thermo Fisher Scientific).
Il genoma è stato frammentato en-zimaticamente e per la successiva
selezione dei frammenti della lunghezza di 400 bp sono stati utilizzati
gli E-Gel
SizeSelect Agarose Gel (Invitrogen). Le librerie sono state am-plificate
mediante PCR in emulsione (emPCR) per poi procedere al sequenziamento su piattaforma Ion Torrent Personal Genome Machine (PGM),
Tabella 3 - Numero di ceppi resistenti per singola molecola e per classe
di antibiotico
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
017
CARATTERIZZAZIONE DEL MICROBIOTA DI DIVERSE REGIONI DEL TRATTO GASTROINTESTINALE
DI BUFALE SOGGETTE A DIFFERENTI REGIMI ALIMENTARI
biente, sull’ecologia ed sull’evoluzione dei pro-carioti. Inoltre, lo studio e la caratterizzazione genomica di fagi infettanti Salmonella spp e
Escherichia coli può fornire ulteriori approfondimenti sulla evoluzione
di questi patogeni, la dif-fusione di geni di virulenza e sui meccanismi
di resistenza agli antibiotici in queste specie batteriche.
Infine, l’evidenza di geni che conferiscono attività litica ne confermano un loro possibile uso quale strumento di controllo delle patologie
negli insediamenti zootecnici.
Keywords: metagenomica, bufalo mediterraneo, dieta
Paradiso R.[1], Cimmino R.[1], Iannaccone F.[2], Riccardi M.G.[1], Campanile G.[2], Galiero G.[1], Borriello G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy,
Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali - Università degli Studi di Napoli Federico II ~ Napoli ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Gut microbiota plays a key role on host wellness by modulating
the immune response and influencing the onset of diseases and
disorders. Data on the microbial composition of the gastrointestinal tract of water buffalo are still lacking. This study characterized the microbiota of water buffalo rumen, gut and feces by 16S
rRNA analysis using a Next Generation sequencing approach. To
evaluate the impact of the diet on gut microbiota, the study also
included a group of animals fed with tomato peels added to the
traditional feed. Our results highlight the heterogeneity of microbial communities resident in the different areas of the gastrointestinal tract, and provide insight on the effect of the diet on gut
microbiota.
Tabella 1: Caratterizzazione dei fagi mediante analisi bioinformatica.
L’ analisi condotta ha permesso di ottenere informazioni riguardo alla
grandezza del genoma, numero di geni codificanti (CDS), contenuto
percentuale di G+C, famiglia di appartenenza e ciclo del fago.
qualità, con una media di 49˙832±10,5 sequenze per campione. Il
numero complessivo di OTUs rilevato è stato di 721,7 nel rumine,
553,1 nell’intestino e 632,4 nelle feci.
Il numero di OTUs, l’indice di diversità di Shannon e l’abbondanza
differivano in modo significativo tra i campioni di contenuto ruminale e quelli di contenuto intestinale e feci, (Fig. 1), indicando
che la specifica regione del tratto gastrointestinale influenza fortemente la composizione della comunità microbica. Non sono invece state riscontrate differenze significative nell’abbondanza relativa di specie microbiche tra i soggetti alimentati in modo tradizionale e quelli alimentati con mangime addizionato di buccette.
L’analisi PCoA ha confrontato la composizione del microbiota tra
le diverse regioni studiate, indicando che le comunità batteriche
associate al rumine, intestino e feci apparivano spazialmente separate l’una dall’altra (Fig. 2). Il microbiota del rumine è risultato
più uniforme nell’ambito dei due gruppi di animali analizzati (controlli e trattati). Si è osservata invece una netta separazione tra le
popolazioni dell’intestino di animali di controllo rispetto a quelle
degli animali alimentati con buccette.
Sono stati identificati 23 phyla totali. I più abbondanti erano Firmicutes (45.2%), Bacteroidetes (30.4%) e Proteobacteria (15.1%)
(Fig. 3). Solo questi tre, con TM7 e Tenericutes sono stati trovati
in tutti i campioni. Il rumine ospitava il maggior numero di phyla
(n=22), a differenza di intestino (n=16) e feci (n=15). Il phylum
Firmicutes dominava le comunità batteriche di intestino e feci,
mentre nel rumine è stato rinvenuto in proporzioni paragonabili
a quelle dei Bacteroidetes. I Bacteroidetes rappresentavano il secondo phylum più diffuso in intestino e feci, mentre i Proteobacteria erano il terzo phylum più diffuso in tutte le regioni analizzate.
Il phylum TM7 è risultato più abbondante nei campioni di rumine
(sia nel gruppo di controllo che in quello dei trattati) rispetto a
quelli di intestino e feci. Nel rumine i batteri del phylum Verrucomicrobia risultavano diminuiti nei soggetti trattati (P=0.0075).
Nell’intestino, differenze significative tra i phyla con frequenze
>2%, si riscontravano per i phyla Chlamydiae (P=0.016), Firmicutes (P=0.047) e TM7 (P=0.0454), più abbondanti nei soggetti di
controllo. Infine, non sono state riscontrate differenze significative nelle distribuzioni dei phyla nei campioni di feci analizzati.
L’abbondanza di Proteobacteria nell’intestino è dovuta principalmente alla famiglia delle Enterobacteriaceae non classificate, che
include generi batterici con funzione ancora poco nota (2).
In conclusione, questo studio ha indicato che le diverse regioni
del tratto gastrointestinale sono occupate da comunità microbiche con composizione e funzionalità differenti, probabilmente
selezionate da diverse condizioni chimico-fisiche, quali il valore
di pH e il tipo di alimentazione. Questi risultati potrebbero essere
utilizzati per modulare il microbiota intestinale al fine di migliorare il benessere, la produttività e lo stato di salute nella bufala
mediterranea.
INTRODUZIONE:
L’interazione tra le comunità batteriche gastrointestinali ed i loro
ospiti mammiferi determina importanti benefici per questi ultimi
(5,7,8) modulandone la risposta immunitaria e lo stato di benessere, e influendo sulla possibilità di insorgenza di infezioni e malattie. Recentemente, alcuni studi hanno indagato la complessità
delle comunità microbiche del contenuto intestinale in manzi e la
composizione del microbiota di contenuto e mucosa intestinale in
vitelli pre-svezzati (3,6). Non esistono invece dati sulla caratterizzazione e sull’influenza della dieta sul microbiota gastrointestinale del bufalo mediterraneo.
Gli obiettivi di questo studio sono stati la caratterizzazione del microbiota di rumine, intestino e feci della bufala mediterranea, e la
valutazione dell’impatto sul microbiota del tratto gastrointestinale di una dieta a base di buccette di pomodoro insilate, sottoprodotto industriale dell’industria conserviera, ricco di antiossidanti
e fibra, e di una interessante quantità di grassi.
BIBLIOGRAFIA:
1. Cuccuru G, Orsini M, Pinna A, Sbardellati A, Soranzo N, Travaglione
A, Uva P, Zanetti G, Fotia G. 2014. Orione, a Web-based framework for
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2. Dini C. and de Urrazza P.J. Isolation and selection of coliphages
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3. Karpe YA, Kanade GD, Pingale KD, Arankalle VA, Banerjee K.Genomic
characterization of Salmonella bacteriophages isolated from India.Virus Genes. 2016 Feb;52(1):117-26. Epub 2016 Jan 12.
4. Sabah A. A. Jassim and Richard G. Limoges. Natural solu-tion to antibiotic resistance: bacteriophages ‘The Living Drugs’. World J Microbiol
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5. Stephen T. Abedon, Sarah J. Kuhl, Bob G. Blasdel, and Elizabeth Martin Kutter. Phage treatment of human infec-tions. Bacteriophage 1:2,
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6. Seemann T. 2014. Prokka: rapid prokaryotic genome anno-tation.
Bioinformatics 30:2068-2069.
MATERIALI E METODI:
Sono stati identificati due gruppi di bufale, a fine lattazione
(n=20) e in asciutta (n=20) suddivisi ciascuno in 2 sottogruppi
(n=10), alimentati secondo un regime dietetico addizionato o non
di buccette di pomodoro insilate, per 42 giorni.
Per ogni animale al macello sono stati prelevati il contenuto di
rumine, intestino cieco e feci. Da ogni campione è stato estratto
il DNA mediante QIAMP DNA mini kit. Sono state preparate le
librerie utilizzando lo ION 16S METAGENOMICS KIT (Thermo Fisher Scientific). Gli ampliconi sono stati sequenziati su piattaforma ION Torrent (Thermo Fisher Scientific). Le reads sono state
analizzate mediante QIIME 1.6.0 (1) e sono state escluse quelle
<300bp e con score <25. Le Operational Taxonomic Units (OTUs)
sono state raggruppate con metodo uclust (4) e l’assegnazione
tassonomica determinata attraverso il database Greengenes 16S
rRNA gene.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi della sequenza dell’rRNA 16S dei campioni del tratto gastrointestinale bufalino ha generato 7˙560˙618 sequenze di alta
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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LE BASI GENOMICHE DELLA MIOPATIA LIPOMATOSA BOVINA RIVELANO UN DETERMINANTE
GENETICO COMUNE CON LA DISTROFIA INFANTILE DI DUCHENNE
Keywords: Miopatia, GWAS, Piemontese
Peletto S.[1], Capucchio M.T.[2], Strillacci M.G.[3], Boin C.[1], Biasibetti E.[2], Modesto P.[1], Schiavini F.[3], Acutis P.L.[1],
Bagnato A.[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy,
Università degli Studi di Torino ~ Grugliasco ~ Italy, [3]Università degli Studi di Milano ~ Milano ~ Italy
[1]
[2]
Fig. 3 - Composizione in termini di phylum delle regioni del tratto gastrointestinale di bufale mediterranee alimentate in modo tradizionale
(Controllo) e bufale alimentate con mangime addizionato di buccette
di pomodoro insilate (Trattato)
Fig. 1 - Abbondanze relative delle diverse OTUs in campioni di contenuto ruminale, intestinale e feci di bufale alimentate in modo tradizionale
(Controllo) e bufale alimentate con mangime addizionato di buccette
di pomodoro insilate (Trattato)
BIBLIOGRAFIA:
1. Caporaso JG, Bittinger K, Bushman FD, DeSantis TZ, Andersen GL,
Knight R 2010 PyNAST: a flexible tool for aligning sequences to a
template alignment. Bioinformatics 26, 266-267
2. Carroll IM, Ringel-Kulka T, Siddle J, P Ringel Y 2012 Alterations in
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with diarrhea-predominant irritable bowel syndrome. Neurogastroenterol Motil 24, 521-530
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Borges AC, Moraes CA, Suen G. 2013 Characterizing the microbiota
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5. Ley RE, Hamady M, Lozupone C, Turnbaugh PJ, Ramey RR, Bircher
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Guan LL. 2012 Distinct commensal bacteria associated with ingesta
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7. Salonen A, de Vos WM 2014 Impact of diet on human intestinal
microbiota and health. Annu Rev Food Sci Technol 5, 239-262
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Annu Rev Microbiol 31, 107-133
9. Sommer F, Backhed F 2013 The gut microbiota-masters of host
development and physiology. Nat Rev Microbiol 11, 227-238
Fig. 2 - Profilo della Principal coordinate analysis (PCoA) della diversità microbica tra tutti i campioni di contenuto ruminale, intestinale
e feci di bufale alimentate in modo tradizionale (Controllo) e bufale
alimentate con mangime addizionato di buccette di pomodoro insilate
(Trattato) utilizzando un’analisi di tipo unweighted UniFrac
138
SUMMARY:
In Piedmontese cattle breed, the sporadic detection of lipomatous
myopathy (LM), is reported. The aim of this study was to investigate
the existence of genetic loci associated with LM through a genomewide association study based on DNA pooling design. Samples were
collected from the meat cutting plant of a local consortium, pairing
cases and controls within farm. Technical duplicates were built and all
pools genotyped with the Illumina BovineHD BeadChip.
A total of 123 significant SNPs were identified on the 29 bovine autosomes, and 57 on the X chromosome. A subset of the identified
markers fall inside or nearby the genes LARGE, PDZRN3 and DMD. The
biological role of these genes in the onset of LM has been identified
looking at the known functions of the encoded proteins on the GeneCards database. In particular, a strong association has been identified
on the X chromosome with the DMD gene, coding for dystrophin and
being responsible for Duchenne muscular dystrophy in humans.
per ogni pool di controlli e di casi, ottenendo così 8 pool equimolari
(4 per i casi e 4 per i controlli). Infine sono stati analizzati 3 replicati di
genotyping per ogni pool (ottenendo così 24 set di dati di genotipizzazione) (Fig. 1).
La genotipizzazione è stata effettuata su Illumina BovineHD BeadChip,
array ad alta densità (>770K marcatori SNP). I pool sono stati analizzati
secondo un approccio di selective DNA pooling, che prevede la stima
delle frequenze geniche di ciascun marcatore in pool costituiti di quantità equimolari di DNA da più individui e il confronto di tali frequenze
tra casi e controlli (4). La B-allele frequency (BAF) è stata ottenuta per
ciascun pool ed i rispettivi duplicati e replicati attraverso il software
GenomeStudio (Illumina). Per verificare l’omogeneità dei valori di
BAF è stata calcolata la Deviazione Standard (SD) per ciascun pool rispetto ai replicati di pooling e genotyping. Una specifica pipeline con
software R è stata messa a punto per il numero di pool, duplicati e
replicati di questo studio per poter applicare a ciascun marcatore SNP
un test multiple marker secondo la seguente statistica: Ztest = Dtest/
SD(Dnull), dove Dtest è la differenza delle medie delle BAF tra casi e
controlli e Dnull è la differenza delle medie delle BAF tra replicati. Il
test statistico è stato distribuito come un χ2 con 1 grado di libertà e
ipotesi nulla di uguale frequenza allelica tra casi e controlli. E’ stato
escluso il 5% degli SNP che mostravano elevata variabilità nel valore
delle medie tra replicati di array all’interno dello stesso gruppo (casi o
controlli) e gli SNP monomorfici. I risultanti Manhattan plot sono stati
creati utilizzando il log10 dei p-values del test di linkage.
INTRODUZIONE:
Nella razza bovina Piemontese, la letteratura scientifica riporta la presenza occasionale di miopatia lipomatosa (LM). La patologia consiste
nella degenerazione/infiltrazione del tessuto muscolare caratterizzata
da sostituzione delle miofibre con tessuto adiposo. E’ una distrofia
frequente nel bovino e nel suino, segnalata anche in pecora, cavallo e cane. La malattia resta un rilievo anatomopatologico al macello
in quanto asintomatica in vivo. Raramente sono coinvolti quasi tutti
i muscoli, con una perdita economica netta per l’allevatore costretto
a mandare alla distruzione l’intero animale (1). La presenza di questa patologia comporta comunque un deprezzamento della carcassa
e la distruzione delle parti interessate non idonee al consumo. Poco si
conosce riguardo il meccanismo eziopatogenetico di questa distrofia.
La patologia è probabilmente multifattoriale, con fattori nutrizionali,
vascolari e genetici coinvolti (2).
Scopo del lavoro è stato quello di indagare l’esistenza di loci genetici
associati con LM nella razza bovina Piemontese attraverso uno studio
di associazione genome-wide (GWAS) basato sulla tecnica del DNA
pooling. L’approccio DNA pooling prevede che il DNA di campioni con
le stesse caratteristiche fenotipiche sia utilizzato per creare un unico
pool di individui così da ridurre il numero di genotipizzazioni e i relativi
costi associati (3).
MATERIALI E METODI:
I campioni sono stati prelevati presso il laboratorio sezionamento carni
del consorzio “La Granda” (http://lagranda.it). La strategia di campionamento ha previsto l’appaiamento di casi e controlli per allevamento
(matching), in modo da normalizzare per le differenze genetiche interallevamento. I campioni raccolti sono stati classificati in casi (n=100)
e controlli (n=100) in base ai risultati delle indagini istopatologiche.
Si è proceduto alla costituzione preliminare di 4 pool equimolari: 2
per i casi (pool 1 e pool 2, costituiti da 35 campioni ciascuno) e 2 per i
controlli (pool 3 e pool 4, costituiti da 45 e 46 campioni rispettivamente); si è quindi proceduto alla costituzione di replicati di pool construction e pool genotyping. È stato infatti allestito un duplicato tecnico
Figura 1. DNA pooling - Disegno dello studio.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame macroscopico ha evidenziato come i muscoli colpiti presentassero un diverso grado di infiltrazione del tessuto adiposo, che
coinvolgeva sia muscoli singoli sia interi gruppi muscolari. I numerosi
reperti istopatologici osservati hanno confermato la diagnosi di LM
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
019
FIRST STEPS IN THE FULL GENOME ANALYSIS OF BRUCELLA MELITENSIS ISOLATES IN SICILY
classificando questa miopatia come una distrofia muscolare caratterizzata da variazioni nelle dimensioni delle fibre, necrosi, infiltrazione di
cellule mononucleate, aumento del tessuto connettivo e soprattutto,
da una sostituzione di tessuto muscolare con tessuto adiposo (Fig. 2).
Le colorazioni enzimatiche non hanno rivelato cambiamenti metabolici nei muscoli colpiti.
La lettura fluorimetrica del DNA genomico ottenuto ha messo in evidenza una elevata variabilità nella concentrazione dei campioni (tra
10.1 e 452.5 ng/uL). Sono stati eliminati 10 campioni aventi concentrazione inferiore a 50 ng/uL e 29 campioni per persistenza di CV>6%
tra letture indipendenti. I campioni sono stati diluiti per rendere più
precise le attività di costituzione dei pool.
I segnali di fluorescenza (raw data) ottenuti dal genotyping, analizzati
con il software GenomeStudio (Illumina) e i valori di BAF sono risultati
omogenei per ogni categoria. Di conseguenza nessun pool è stato eliminato. Un replicato è stato eliminato dalle successive analisi a causa
del suo call rate basso (0.44).
L’analisi statistica dei pool per identificare regioni cromosomiche associate a LM è stata effettuata utilizzando una pipeline in R. I cromosomi autosomici e il cromosoma X sono stati analizzati separatamente.
Sono stati identificati un totale di 123 SNP significativi in 29 autosomi
e 57 SNP significativi nel cromosoma X, al di sopra della soglia di significatività pari a (-log10(5e-08). Le Figura 3 riporta i Manhattan plot
delle associazioni genome-wide per il fenotipo LM; sono indicate due
diverse soglie di significatività: (-log10(5e-08))e (-log10(1e-05)).
Un sottogruppo dei marcatori identificati si localizzava all’interno o in
vicinanza dei geni LARGE, PDZRN3 e DMD. L’analisi delle funzioni note
per le proteine codificate da questi geni, basata sull’interrogazione del
database GeneCards, ha evidenziato un loro ruolo plausibile nell’insorgenza dell’LM, in correlati a forme di distrofia oppure alla sviluppo
embrionale della rete vascolare. In particolare, una forte associazione
è stata identificata con il gene DMD, codificante per la distrofina, sul
cromosoma X, responsabile della distrofia di Duchenne nell’uomo.
Keywords: NGS, Brucellosis, de novo assembly
Pitti R.[1], Lupo T.[1], Gagliano R.[1], Giangreco V.[1], Reale S.[1]
IZS Sicilia ~ Palermo ~ Italy
[1]
Figura 3. GWAS - Manhattan plot.
BIBLIOGRAFIA:
1. Biasibetti E, Paciello O, Botta M, Amedeo S, Capucchio MT. 2011.
Tre casi atipici di miopatia lipomatosa in bovine di razza Piemontese:
reperti anatomo-istopatologici. Large Animal Review, pp. 3- 5, Vol. 18.
2. Biasibetti E, Amedeo S, Brugiapaglia A, Destefanis G, Di Stasio L,
Valenza F, Capucchio MT. 2012. Lipomatous muscular ‘dystrophy’ of
Piedmontese cattle. Animal. 6(11):1839-47.
3. Macgregor S, Zhao ZZ, Henders A, Martin NG, Montgomery GW.
2008. Highly cost-efficient genome-wide association studies using
DNA pools and dense SNP arrays. Nucleic Acids Research 36(6):e35.
4. Strillacci MG, Frigo E, Schiavini F, Samoré AB, Canavesi F, Vevey M,
Cozzi MC, Soller M, Lipkin E, Bagnato A. 2014. Genome-wide association study for somatic cell score in Valdostana Red Pied cattle breed
using pooled DNA. BMC Genet. 15:106.
Ringraziamenti: progetto finanziato dal Ministero della Salute (IZS PLV
17/10 RC). Gli Autori ringraziano per la collaborazione i Dott.ri Sergio
Capaldo e Valter Panero del Consorzio La Granda.
Figura 2. Sezione trasversale di muscolo con variabile deposizione di
tessuto adiposo (Ematossilina-Eosina): A-B grave e diffusa; C moderata e focale; D da moderata a severa.
140
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati 8 ceppi di Brucella isolati da carcasse ovine su
terreno selettivo agar Brucella. Le colonie sono state osservate con
metodi di microbiologia classica e sono state sottoposte ad analisi biochimica con antisieri e substrati specifici. Il primo passo è la
preparazione della library per frammentazione del DNA genomico.
Dopo purificazione i frammenti vengono ligati agli adapters specifici per la piattaforma di sequenziamento, purificati e amplificati.
Di seguito è prevista l’amplificazione clonale della library e infine il
sequenziamento su piattaforma NGS. L’analisi dei dati verrà effettuata mediante filtraggio delle reads. Orientamento, ordinamento
e sovrapposizione delle reads, assemblaggio in sequenze contigue,
organizzazione delle regioni contigue in scaffold, mappaggio delle
sequenze contigue a genomi di riferimento. Rilevazione e quantificazione di varianti note e nuove varianti (SNPs, inserzioni, delezioni
e varianti strutturali).
SUMMARY:
Brucella melitensis is an important zoonotic pathogen that causes brucellosis, a disease that affects sheep, cattle and occasionally humans.
Various B. melitensis strains are being used as live attenuated vaccines.
In this study we employed the Illumina Genome Analyzer platform to perform genome-wide digital gene sequencing analysis to compare various
isolates in Sicily, and investigate the diversity of the strains. The Mediterranean strains, identified as genotype I, suggesting that B. melitensis may
have originated from the Mediterranean regions. The SNPs panels from
the B. melitensis draft full genomes is sufficient to resolve the interspecies relationships between the B. melitensis strains to discriminate the
endemic strains. The possible global distribution of B. melitensis in Sicily
is also consistent with whole-genome SNP phylogeny. The whole genome
SNP phylogenetics analysis is therefore a powerful tool for intraspecies
discrimination of closely related species.
INTRODUZIONE:
La brucellosi è una zoonosi trasmessa all’uomo da animali infetti, ed è
una delle zoonosi ampiamente diffuse. Recentemente, sei specie sono
state rilevate all’interno del genere Brucella in cui B. melitensis, B. suis e
B. abortus sono considerate virulenti per gli esseri umani. La brucellosi è
una malattia endemica in Sicilia con un tasso di sieroprevalenza costante
che interessa sia il bestiame che l’uomo, con effetti disastrosi per la crescita agricola (2). Il sequenziamento dell’intero genoma di microrganismi
(batteri, virus e funghi) rappresenta un importante strumento per la mappatura di genomi di nuovi organismi, per definizione di genomi di organismi noti, o per confrontare genomi di interesse. Il sequenziamento totale
dei microrganismi è importante per ottenere genomi di riferimento, per
l’identificazione di biovarianti (metagenomica) e per studi di genetica
comparata. Mentre il sequenziamento de novo comporta l’assemblaggio
senza l’uso di un genoma di riferimento ed è spesso usato per sequenziare
cromosomi di microrganismi non noti, il risequenziamento invece si basa
sul sequenziamento dell’intero genoma dei microrganismi e il confronto
della sequenza ottenuta con quella di un riferimento noto. Ciò permette la rilevazione di mutazioni a bassa frequenza, inserzioni e delezioni, e
la rilevazione di varianti genetiche tra microrganismi. Il sequenziamento
shotgun permette di analizzare l’intero spettro di variazioni genomiche
come SNPs, inserzioni, delezioni, nuovi geni o regioni genomiche. Anche
se genomi completi sono stati ottenuti per molte specie Brucella, tuttavia,
non tutti questi dati sono adeguati per comprendere la patogenesi batterica che si basa su studi di associazione “genome-wide” (3;4). Inoltre,
la variabilità genetica su scala epidemiologia può permettere di capire il
ruolo dei geni e delle proteine nelle cellule ospiti ai fini della virulenza
batterica. Ad oggi ci sono circa 600 proteine sconosciute di Brucella spp.
che potrebbero essere collegate ad attività di virulenza. La tecnologia permetterà in un futuro di creare una piattaforma interattiva bioinformatica
sulla quale visualizzare i target genetici e proteici specifici per questi batteri patogeni sulla base dei dati messi a disposizione da vari gruppi. Inoltre
consentirebbe di migliorare in modo significativo la comprensione della
risposta immunitaria, fornendo un quadro preciso della biologia legata
alla sintesi degli antigeni (1). Questo è un momento di grande prospettiva per il controllo della brucellosi considerata tra una delle sette zoonosi
endemiche dall’OMS. Lo studio bioinformatico di dati genetici porterà alla
comprensione delle interazioni molecolari con le cellule ospiti e all’insorgenza della patogenesi.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’obiettivo principale della ricerca è stato l’ottimizzazione del flusso
di lavoro che partendo dall’isolamento dei ceppi sul campo ha permesso il sequenziamento totale dei genomi. Sono stati ottenuti per
gli 8 ceppi esaminati i dati grezzi di sequenziamento che a tutt’oggi
sono in fase di analisi. Le reads che hanno superato un Q30 sono
risultate essere il 95,3%. L’analisi di genomica comparativa in corso
tra i vari genomi ci permetterà di analizzare SSR, SNP, STR e tutta una
serie di marcatori molecolari. In particolare sarà interessante individuare i polimorfismi delle glicoproteine utili all’identificazione sierologica dei ceppi. Ancora, si valuteranno i polimorfismi dei geni legati
al potere aggressinico e di virulenza delle brucelle. In conclusione il
sistema è valido per l’approfondimento epidemiologico legato alla
diffusione di ceppi particolarmente virulenti sul territorio endemico
siciliano e può portare allo sviluppo di una banca dati genomica utile
alla comparazione dei ceppi. Si vuole creare un sistema sentinella
per l’individuazione di ceppi particolarmente virulenti e per la comprensione dei circuiti di diffusione della brucellosi sul territorio.
BIBLIOGRAFIA:
1. Liang L, Tan X, Juarez S, Villaverde H, Pablo J, Nakajima-Sasaki
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sequence of Brucella melitensis strain ADMAS-G1, isolated from placental fluids of an aborted goat. Genome Announc 1(5):e00809[PMC
free article] [PubMed].
141
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
020
CONFRONTO TRA METODICHE DI REALTIME PCR E DDPCR PER L’IDENTIFICAZIONE
DI BRUCELLA SPP. IN LINFONODI BUFALINI
Rev. sci. tech. Off. int. Epiz., 2013, 32: 127-136.
4. M.G. Amoroso, C. Salzano, B. Cioffi, M. Napoletano, F. Garofalo, A.
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5. W.S. Probert, K.N. Schrader, N.Y. Khuong, S.L. Bystrom, M.H. Graves.
Real-Time multiplex PCR assay for detection of Brucella spp., B. abortus and B. melitensis. Journal of Clinical Microbiology, 2004, 42: 12901293.
Keywords: Brucella spp., PCR, Water buffalo
Riccardi M.G.[1], Paradiso R.[1], Cozza D.[1], Paone M.[1], Lucibelli M.G.[1], Galiero G.[1], Borriello G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Brucella is a severe pathogen for humans and animals even at low concentrations. Culture is the reference standard assay for diagnosis of
Brucella spp. but it is time-consuming and hazardous. It is therefore
fundamental to develop an assay faster and more sensitive than the
traditional bacterial culturing method for the detection of this pathogen. The detection of Brucellae in tissue specimens by PCR assays is
difficult because the amount of bacteria is usually low. We compared
two RealTime PCR systems and a ddPCR assay able to detect Brucella
spp. in water buffalo lymph nodes.
Il DNA è stato estratto secondo la procedura descritta nel QIAamp
DNA Mini Kit (Qiagen).
RealTime PCR
Il DNA è stato amplificato mediante il kit commerciale TaqMan Brucella species Detection kit (Thermo Fisher Scientific), seguendo il
protocollo descritto nel manuale d’uso, e in parallelo con un sistema
custom sviluppato in collaborazione con BioRad, che amplifica il gene
bcsp31 per la detection di Brucella spp., come descritto da Probert et
al. (5). Entrambi i saggi utilizzavano una sonda TaqMan per rilevare le
sequenze amplificate e primers marcati con il fluorocromo FAM.
INTRODUZIONE:
La brucellosi è una zoonosi causata da batteri appartenenti al genere
Brucella. Le principali specie responsabili dell’infezione nei ruminanti
domestici sono: B. abortus, B. melitensis, B. ovis.
La malattia rappresenta un importante problema di sanità pubblica
per le infezioni umane ed è causa di gravi danni economici principalmente nelle zone a forte vocazione zootecnica.
In Italia, e in particolare in Campania, la brucellosi del bufalo è molto
diffusa ed è sostenuta da B. abortus biovar 1, 3 e B. melitensis biovar
3 (1). La diagnosi della malattia si basa su test sierologici ed esame
batteriologico; i saggi sierologici sono rapidi, sensibili e facili da eseguire ma mostrano una scarsa specificità dovuta a cross-contaminazioni
con batteri che presentano similarità antigenica (3). Pertanto l’esame
microbiologico resta il gold standard per la diagnosi definitiva. Tuttavia, essendo la Brucella un patogeno di classe III, le colture batteriche
sono rischiose e richiedono tempi lunghi per l’isolamento. Per tali motivi è auspicabile lo sviluppo di metodi diagnostici più rapidi, meno
rischiosi e più sensibili. La capacità dei metodi molecolari di identificare i batteri patogeni è influenzata dalla presenza di inibitori di PCR
presenti nei campioni (4). Inoltre tali metodiche si devono misurare
con un basso numero di batteri generalmente presente nei tessuti e
nei fluidi corporei (2). Lo scopo del presente studio è stato quello di
confrontare differenti metodiche molecolari per la diagnosi di Brucella
spp. su matrici appositamente contaminate. A tal proposito sono stati
messi a confronto due test di RealTime PCR e successivamente questi
saggi sono stati comparati con il sistema Droplet Digital PCR BioRad
(ddPCR). In questo sistema i prodotti di PCR vengono partizionati in
migliaia di goccioline e poi amplificati; il segnale fluorescente viene
analizzato mediante l’utilizzo di sonde TaqMan. Grazie all’elevato numero di eventi indipendenti, gli algoritmi di Poisson permettono di ottenere una quantizzazione assoluta di sequenze target di acidi nucleici
senza l’impiego di curve standard.
Fig.1 RealTime PCR. Confronto tra le curve standard ottenute dalle due
metodiche di RealTime PCR su diluizioni scalari di B. abortus.
ddPCR
Il DNA è stato aggiunto ad una mix di reazione secondo il manuale
d’uso della ddPCR Supermix for Probes (BioRad) e sono state generate
le goccioline con un QX-100 droplet generator secondo le istruzioni.
Le goccioline sono state trasferite in una piastra da 96 pozzetti ed è
stata eseguita una reazione di PCR seguendo il profilo termico indicato nella ddPCR Supermix for Probes. Dopo l’amplificazione è stata
effettuata la lettura nel QX100 droplet reader e per ogni pozzetto è
stato analizzato il segnale di fluorescenza per determinare la quantità
di eventi positivi.
Fig.2 ddPCR. Valutazione della concentrazione di Brucella spp. rilevata
mediante ddPCR su diluizioni scalari di B. abortus.
Per tutti gli esperimenti sono state effettuate 5 repliche del campione per ogni corsa per valutare la ripetibilità intra-assay, mentre per la
valutazione della riproducibilità inter-assay ogni esperimento è stato
ripetuto 3 volte in giorni differenti.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sia le due metodiche di RealTime PCR sia la ddPCR hanno permesso di
rilevare la presenza di Brucella spp. sui campioni contaminati mentre
non è stato rilevato alcun segnale sui campioni non contaminati.
Il kit commerciale TaqMan Brucella species Detection kit ha rivelato
una sensibilità più alta rispetto al saggio BioRad mostrando dei Ct più
bassi a parità di concentrazione nominale. Entrambi invece hanno mostrato una buona linearità con valori R2 pari a 1 per il sistema BioRad e
0.996 per il kit. Entrambi i saggi hanno mostrato un limite di rilevabilità
di Brucella spp. pari a 3x103 CFU/ml (Fig.1).
Il sistema ddPCR non ha mostrato una buona sensibilità, in quanto la
concentrazione misurata risultava più bassa rispetto alla concentrazione nominale. Anche questo sistema ha mostrato un limite di rilevabilità pari a 3x103 CFU/ml (Fig.2) ma con una linearità pari ad un valore
R2 di 0,977.
Dal confronto fra le tre metodiche il kit Thermo Fisher Scientific è
risultato il più sensibile ma con una linearità minore rispetto al sistema RealTime BioRad, che quindi presenta una maggiore affidabilità. La
RealTime PCR è risultata più sensibile rispetto alla ddPCR, che non mostra corrispondenza tra i valori della concentrazione misurata e quelli
della concentrazione nominale (Fig.3).
Studi ulteriori di confronto saranno condotti su matrici provenienti
da animali naturalmente infetti al fine di confermare ulteriormente i
risultati della presente indagine.
MATERIALI E METODI:
Preparazione dei campioni
Da linfonodi prelevati in corso di esame autoptico da vitelli bufalini
provenienti da aziende ufficialmente indenni per brucellosi è stato
preparato un pool di tamponi che successivamente è stato contaminato con diluizioni scalari 1:10 di una coltura di B. abortus biovar 1 (da
3x105 a 3 CFU/ml). Come controllo negativo è stato utilizzato lo stesso
pool non contaminato con B. abortus.
Estrazione del DNA
142
Fig.3 Correlazione lineare tra RealTime PCR e ddPCR. La figura mette a
confronto la linearità tra le due metodiche di RealTime PCR e la ddPCR
per la detection di Brucella spp.
BIBLIOGRAFIA:
1. G. Borriello, S. Peletto, M.G. Lucibelli, P.L. Acutis, D. Ercolini, G. Galiero. Link between geographical origin and occurrence of Brucella
abortus biovars in cow and water buffalo herds. Appl Environ Microbiol. 2013; 79: 1039-43.
2. H. Tomaso, M. Kattar, M. Eickhoff, U. Wernery, S. Al Dahouk, E.
Straube, H. Neubauer, H. C. Scholz. Comparison of commercial DNA
preparation kits for the detection of Brucellae in tissue using quantitative real-time PCR. BMC Infectious Diseases 2010; 10:100.
3. J.C. Rhyan. Pathogenesis and pathobiology of brucellosis in wildlife.
143
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
021
WHOLE GENOME SEQUENCING E YERSINA ENTEROCOLITICA: UTILIZZO DI TOOL BIOINFORMATICI
PER L’ANALISI DEI DATI
Keywords: Whole Genome Sequencing, Data Analysis, Yersina enterocolitica
Romano A.[1], Gallina S.[1], Bianchi M.D.[1], Macori G.[1], Fabbri M.[1], Zuccon F.[1], Decastelli L.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - SC Controllo Alimenti e Igiene delle Produzioni ~ Torino ~ Italy
[1]
MATERIALI E METODI:
Il DNA genomico totale di quattro ceppi batterici identificati biochimicamente come Y. enterocolitica è stato estratto utilizzando il kit commerciale “QIAamp DNA minikit” (QIAGEN), secondo le indicazioni del
produttore. Il sequenziamento è stato condotto sulla piattaforma MiSeq
Illumina con protocollo Nextera XT, utilizzando librerie pair-end con read
di lunghezza 200 bp. Dopo aver verificato la qualità delle read prodotte
con il tool FastQC disponibile sul server Galaxy (https://usegalaxy.org/),
il genoma è stato assemblato utilizzando la risorsa disponibile on line
“Assembler 1.2” (https://cge.cbs.dtu.dk/services/Assembler/) e i contig
generati son stati valutati con “Contigs Evaluator v1.0” (2). Quindi i contig sono stati inizialmente annotati usando la pipeline PROKKA (2) per
poter ricercare i geni di patogenicità eventualmente presenti. Inoltre i
contig generati sono stati analizzati con le risorse disponibili all’indirizzo
http://www.genomicepidemiology.org/ a cura del Center for Genomic
Epidemiology (DTU, Denmark) l’identificazione di specie con metodo
dei kmer (3, 4), per l’identificazione dei fattori di patogenicità (5), il
profilo MLST (6). Infine il profilo MLST è stato estrapolato utilizzando il
database EnteroBase (http://enterobase.warwick.ac.uk/species/index/
yersinia) secondo lo schema riportato da Hall et al. (7).
SUMMARY:
Whole Genome Sequencing (WGS) provides rapid identification and
characterization of micro-organisms with a level of precision not previously possible. It represents a significant new tool in the area of food
safety, including foodborne disease surveillance, food inspection (testing) and monitoring, outbreak detection and investigation (including
food attribution studies). The data generated by WGS are unambiguous. WGS virtually provides the entire genome, which facilitates targeted exchange and comparison of data. The real bottleneck, despite
the cost of WGS, is the handling of the large amount of data produced.
In this work we show how data from the WGS of Yersinia enterocolitica strains can be processed using bioinformatic tools available on
the web.
INTRODUZIONE:
La tecnica di Whole Genome Sequencing (WGS) rappresenta un importante strumento nel settore della sicurezza alimentare, applicabile
in modo flessibile alla sorveglianza delle malattie trasmesse da alimenti, all’ispezione degli alimenti, alle indagini dei focolai e agli studi
di attribuzione della loro origine. Rispetto all’insieme di tecnologie di
identificazione e caratterizzazione molecolare disponibili oggi, il WGS
è concettualmente, abbastanza semplice, indipendentemente dalla
piattaforma utilizzata. Il DNA viene purificato, etichettato e sequenziato e i risultati vengono analizzati con strumenti informatici: rispetto ai
metodi molecolari che indagano caratteristiche biologiche organismospecifiche, il sistema WGS è organismo indipendente. I dati generati
da WGS in teoria sono disambigui: il dato relativo all’intero genoma
rende più semplice lo scambio e il confronto dei dati tra vari gruppi di
ricerca. I dati ricavati dal WGS possono quindi essere utilizzati per più
scopi simultaneamente: identificazione di specie, subtyping, ricerca di
marcatori di virulenza e antibiotico resistenza. I dati possono essere
inoltre rianalizzati in qualsiasi momento, il che può essere utile per la
gestione di patogeni emergenti nel tempo. Perché sia efficacie ed utilizzabile su larga scala, il sistema necessita di una condivisione in tempo reale dei dati e di un sistema di reference standardizzato, validato e
riconosciuto dalla comunità scientifica. Yersinia è un genere batterico
Gram negativo appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae,
costituito da 11 specie: Y. pestis, Y. pseudotuberculosis e Y. Enterocolitica, sono patogene per l’uomo. Di recente, la struttura filogenetica
del genere è stata chiarita attraverso i dati del genoma di 241 ceppi
appartenenti a tutte le 11 specie. (1) Y. enterocolitica, responsabile
di malattie a trasmissione alimentare, comprende sei diversi biotipi
biochimici: 1A, 1B, 2, 3, 4 e 5, distinti in tre gradi di patogenicità: non
patogeno (1A), debolmente patogeno (da 2 a 5) e altamente patogeno
(1B). Al momento, il Welcome Trust Sanger Institute sta procedendo
col WGS di specie patogene di Yersinia, per determinare le differenze
genetiche che definiscono i biotipi. Il presente lavoro illustra l’applicazione del WGS e dell’analisi dei dati di quattro ceppi di Y. enterocolica
prendendo in considerazione l’utilizzo di diverse piattaforme gratuite accessibili on line quali i server pubblici Galaxy (https://usegalaxy.
org/, https://orione.crs4.it/, https://aries.iss.it/), tool di analisi del
Center for Genomic Epidemiology (DTU) e database internazionali
(EnteroBase)
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le tabelle 1 e 2 illustrano i risultati relativi all’analisi “Contigs Evaluator v1.0” e PROKKA. La pipeline “PathogenFinder” ha evidenziato tutti i ceppi come potenzialmente patogeni. I ceppi sono stati identificati
come Y. enterocolica con il metodo dei kmer. La tabella 3 riporta i profili
ottenuti dal pipeline MLST 1.8. (6) La disponibilità, sul database EnteroBase, di ulteriori schemi di MLST ha permesso di ottenere anche le
informazioni relative a: MLST ribosomiale (rMLSTA), core genome MLST
(cgMLST) e whole genome MLST (wgMLST); in nessuno degli schemi i
ceppi risultano appartenere allo stesso sequence type. La tecnica WGS
sta trasformando e rimpiazzando i metodi tradizionali di tipizzazione
e identificazione dei microrganismi: è probabilmente lo “strumento finale” di genotipizzazione anche per la sua grande flessibilità non organismo specifica. I dati che è possibile ricavare sono di alta qualità ma
possono essere così vasti da risultare di difficile gestione, codifica ed interpretazione. Il flusso di lavoro ha permesso, partendo dai dati ottenuti
dal WGS di 4 ceppi di Y. enterocolitica, di caratterizzare con server pubblici Galaxy, tool di analisi del Center for Genomic Epidemiology (DTU)
e database internazionali (EnteroBase) con diversi livelli di profondità. I
dati analizzati, derivanti dal WGS, mostrano come si possa arrivare ad
una definizione dei cluster epidemici più precisa e confidente, con una
migliore definizione dei casi e una migliore evidenza dei collegamenti
tra le fonti di origine dei focolai
Tabella 2. Risultati della pipeline “PROKKA”
Tabella 3: profili MLST ottenuti dal pipeline MLST 1.8 (https://cge.cbs.
dtu.dk/services/MLST/)
BIBLIOGRAFIA:
1 - Reuter S, Connor T, Barquist L, Walker D, Feltwell T, Harris S, Fookes
M, Hall M, Petty N, Fuchs T, Corander J, Dufour M, Ringwood T, Savin
C, Bouchier C, Martin L, Miettinen M, Shubin M, Riehm J, LaukkanenNinios R, Sihvonen L, Siitonen A, Skurnik M, Falcão J, Fukushima H,
Scholz H, Prentice M, Wren B, Parkhill J, Carniel E, Achtman M, McNally A, Thomson N. (2014) Parallel independent evolution of pathogenicity within the genus Yersinia. Proc Natl Acad SciUSA. 111:6768-6773
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3 - Hasman H, Saputra D, Sicheritz-Pontén T, Lund O, Svendsen CA, Frimodt-Møller N, Aarestrup FM. (2014) Rapid whole-genome sequencing for detection and characterization of microorganisms directly from
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4 - Larsen MV, Cosentino S, Lukjancenko O, Saputra D, Rasmussen
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Whole Genome Sequence Data. PLoS ONE 8(10): e77302.
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7 - Hall M, Chattaway MA, Reuter S, Savin C, Strauch E, Carniel E, Connor T, Van Damme I, Rajakaruna L, Rajendram D, Jenkins C, Thomson
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develop a multilocus sequence typing tool that accurately identifies
Yersinia isolates to the species and subspecies levels. J Clin Microbiol.
2015 Jan;53(1):35-42.
Tabella 1. Risultati dell’analisi
144
145
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POSTER
4
IMMUNOLOGIA E VACCINI
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022
METODI SIEROLOGICI PER LA VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA POST-VACCINALE
NEGLI ANIMALI SELVATICI: ANALISI BAYESIANA
SEROLOGICAL METHODS TO ASSESS POST VACCINATION IMMUNE RESPONSE IN WILDLIFE:
A BAYESIAN ANALYSIS
Keywords: Oral rabies vaccination, serology, blood clots
Aiello R.[1], Wasniewski M.[2], Mancin M.[3], Fusaro A.[1],Veggiato C.[1], Cliquet F.[2], De Benedictis P.[1]
FAO and National Reference Centre for Rabies, OIE Collaborating Centre and National Reference Centre for Diseases at
the Animal-Human Interface, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy,
[2]
ANSES - Nancy Laboratory for Rabies and Wildlife, Technopôle Agricole et Vétérinaire, CS 40009, 54220 Marzéville, France;
WHO Collaborating Centre for Research and Management in Zoonoses Control, OIE Reference Laboratory for Rabies, European Union
Reference Laboratory for Rabies, European Union Reference Laboratory for Rabies Serology, [3]Risk Analysis and Surveillance,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Padua) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Monitoring of oral rabies vaccination (ORV) includes the evaluation of
vaccine efficacy through immunity assessment. Blood samples available from wildlife are frequently of poor quality, resulting in inconclusive results obtained through the reference fluorescent antibody
neutralization (FAVN) test.
We compared the performances of FAVN on heat-treated or polyethylene glycol (PEG)-treated samples (FAVNp), as well as a commercial
ELISA on a panel of 140 red fox blood clots.
Bayesian latent class model with non-informative prior distributions
was used to assess diagnostic test accuracies in the absence of a gold
standard test. FAVN showed the poorest performances. Both FAVNp
and ELISA had good performances, with Sp ranging from 89% to 93.6%
and Se from 93.4% to 96.7%.
Our results indicate that the protocols used to monitor ORV efficacy
in the field should be overall re-evaluated (as laboratory techniques
and type of sampling) to finally achieve significant and comparable
datasets.
di tre diverse tecniche sierologiche su coaguli intracardiaci di volpe:
il test di riferimento FAVN (4, 7), lo stesso test associato al pretrattamento di purificazione della frazione immunoglobulinica mediante
polietilenglicole (PEG) (FAVNp), ed il kit ELISA maggiormente utilizzato
in Europa per la valutazione dell’efficacia delle campagne ORV, come
metodo alternativo per lo screening su campioni di scarsa qualità (10).
MATERIALI E METODI:
Per lo studio è stato selezionato un pannello di 140 coaguli cardiaci
prelevati da volpi campionate per il monitoraggio delle campagne di
vaccinazione (Rabigen SAG2, VIRBAC SA, Carros, France) del 2012 in
Triveneto.
I campioni sono stati testati mediante FAVNp (6), presso il Centro di
Referenza (CdR) nazionale, e, presso il CdR europeo (ANSES, Francia),
sia mediante FAVN, previo pretrattamento standard del campione a
+56°C per 30 minuti, sia mediante un kit ELISA commerciale (Rabies
ELISA Ab kit, BioPro, Prague, Czech Republic).
Per determinare l’accuratezza delle tre metodiche applicate al coagulo cardiaco in assenza di gold standard, è stato utilizzato un modello
bayesiano a classi latenti con distribuzioni a priori di sensibilità, specificità e positività non informative (3). L’analisi è stata condotta assumendo l’indipendenza condizionata tra le metodiche.
Per ogni metodica sono stati stimati il valore di sensibilità, specificità
e il relativo intervallo di credibilità. L’analisi statistica è stata effettuata
utilizzando il software WinBUGS.
INTRODUZIONE:
La rabbia terrestre è stata efficacemente controllata in Europa centrooccidentale mediante sorveglianza passiva e vaccinazione orale delle
volpi (ORV) e nel 2015 diciotto paesi europei (inclusi 4 stati extra-UE)
hanno condotto almeno una campagna di ORV (8, 9).
L’efficacia dell’ORV viene valutata mediante stima della percentuale di
popolazione (idealmente oltre il 70%) che presenta anticorpi neutralizzanti oltre la soglia di positività stabilita per la volpe (≥ 0.24 UI/ml)
(5). La numerosità campionaria raccomandata (4 animali/100 km2 di
territorio vaccinato per anno) (9) risulta spesso difficile da ottenere, ad
esempio nel 2015 tale numerosità è stata raggiunta in uno solo degli
stati membri impegnati in ORV (8). Per la valutazione dell’efficacia vaccinale, il 78% dei laboratori utilizza kit ELISA commerciali (tra questi,
il 71% utilizza il kit ELISA in esame nello studio) e solo il 17% (3/18)
dei laboratori utilizza il test di riferimento di virus neutralizzazione con
anticorpi fluorescenti (FAVN) e i risultati sulla sieroconversione variano
dal 26 al 73% (8).
I campioni disponibili per le indagini sierologiche sono spesso prelevati dopo una fase di congelamento delle carcasse e risultano di cattiva
qualità (emolisi, elevata carica batterica), compromettendo la crescita
del substrato cellulare del test di riferimento, con alto rischio di incorretta classificazione del campione. A questo proposito sono stati
proposti sia metodi di prelievo ematico (11) che l’uso di matrici (2,
6) o test (1, 5, 10) alternativi a quello che viene considerato il gold
standard sierologico per la valutazione della risposta immunitaria
post-vaccinale.
Obiettivo del presente studio è stata la valutazione delle performance
RISULTATI E CONCLUSIONI:
A partire dai risultati ottenuti con ciascuna delle tre metodiche,
espressi in termini qualitativi, sono stati generati tre set di dati, considerando i campioni “indeterminati” rispettivamente come positivi (dataset A), negativi (dataset B), o escludendo tali campioni dalle analisi
(dataset C).
Il test FAVN ha evidenziato le performance peggiori sui campioni analizzati (Sp 22,2, 69,6 e 41%, Se 98,8, 96,8 e 98,8%, rispettivamente nei
dataset A, B e C) (4). Il test FAVNp ha mostrato una Sp migliore del
FAVN (89, 91.1 e 85%), mantenendo una Se soddisfacente (94,4, 96,7
e 96,3%). L’ELISA ha mostrato buone performances (Se 94,7, 93,4 e
94,2%; Sp 93,6, 89 e 92,7%), sebbene non fornisca indicazioni sull’effettiva risposta immunitaria protettiva nel campione testato (es. potere neutralizzante degli anticorpi identificati).
L’approccio Bayesiano applicato alla valutazione dei metodi sierologici utilizzati nel monitoraggio delle campagne di ORV ha permesso di
evidenziare la scarsa riproducibilità dei risultati ottenuti nei vari stati
membri e di identificare, per la prima volta, le reali performances dei
test sierologici applicati a matrici di scarsa qualità (coaguli cardiaci),
confermando che il test FAVN convenzionale non è adatto all’analisi di
149
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023
SVILUPPO DI UN VACCINO STABULOGENO CONTRO LA PAPILLOMATOSI DEL BOVINO:
PRIMI RISULTATI DI EFFICACIA IN CAMPO
tali campioni, che il trattamento mediante PEG migliora notevolmente
la specificità di tale test (FAVNp) e che il test ELISA può rimpiazzare i
metodi classici per la valutazione dell’immunità di gruppo (herd immunity). Tuttavia, i differenti risultati ottenuti mediante l’applicazione
dei tre metodi sierologici, uniti alla variabilità delle matrici raccolte
nei vari stati membri (2,6), segnala l’estrema difficoltà di comparare i
dati prodotti dai differenti stati membri nell’ambito della valutazione
dell’efficacia delle campagne ORV.
Keywords: Papillomaviridae, papillomatosi bovino, vaccino inattivato
Bugatti M.[1], Cardaioli S.[1], Corneli S.[1], Severi G.[1], Filippini G.[1], Cagiola M.[1], Pellegrini M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche ~ Perugia ~ Italy
[1]
BIBLIOGRAFIA:
1 Bedeković T, Lemo N, Lojkić I, Mihaljević Z, Jungić A, Cvetnić Z, Cač
Z, Hostnik P. Modification of the fluorescent antibody virus neutralisation test-elimination of the cytotoxic effect for the detection of rabies
virus neutralising antibodies. J Virol Methods. 2013 Apr;189(1):204-8.
2 Bedeković T, Šimić I, Krešić N, Lojkić I, Mihaljević Ž, Sučec I, Janković
IL, Hostnik P. Evaluation of ELISA for the detection of rabies virus antibodies from the thoracic liquid and muscle extract samples in the
monitoring of fox oral vaccination campaigns. BMC Vet Res. 2016 May
10;12:76.
3 Branscum AJ, Gardner IA, Johnson WO. Estimation of diagnostic-test
sensitivity and specificity through Bayesian modeling. Prev Vet Med.
2005 May 10;68(2-4):145-63.
4 Cliquet F, Aubert M, Sagné L. Development of a fluorescent antibody
virus neutralisation test (FAVN test) for the quantitation of rabies-neutralising antibody. J Immunol Methods. 1998 Mar 1;212(1):79-87.
5 Cliquet F, Sagné L, Schereffer JL, Aubert MF. ELISA test for rabies
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6 De Benedictis P, Mancin M, Cattoli G, Capua I, Terrregino C. Serological methods used for rabies post vaccination surveys: an analysis.
Vaccine. 2012 Aug 17;30(38):5611-5.
7 OIE (2013), Manual of Diagnostic Tests and Vaccines for Terrestrial
Animals. Chapter 2.1.13. Rabies. Paris: 1-28.
8 Robardet E & Cliquet F. Review of the analysis related to rabies diagnosis and follow-up of oral vaccination performed in NRLs in 2015.
French Agency for Food, Environmental and Occupational Health Safety - Nancy Laboratory for Rabies and Wildlife. June 2016.
9 Scientific Panel on Animal Health and Welfare (AHAW) (2015). Update on oral vaccination of foxes and raccoon dogs against rabies. EFSA
Journal. 70p.
10 Wasniewski M, Guiot AL, Schereffer JL, Tribout L, Mähar K, Cliquet
F. Evaluation of an ELISA to detect rabies antibodies in orally vaccinated foxes and raccoon dogs sampled in the field. J Virol Methods.
2013 Feb;187(2):264-70.
11 Wasniewski M, Barrat J, Combes B, Guiot AL, Cliquet F. Use of filter
paper blood samples for rabies antibody detection in foxes and raccoon dogs. J Virol Methods. 2014 Aug;204:11-6.
SUMMARY:
The main purpose of this field trial was to evaluate the efficacy of a
new protocol for the production of a vaccine against bovine papillomatosis. The vaccine was produced starting from biological material
from the cowsheds that took part in the experiment. Unvaccinated
animals were used as control in the process.
The data obtained showed a total remission of papilloma and a good
coverage of the vaccine to possible infection
A tutti i soggetti è stato inoculato per via sottocutanea il vaccino in
tre dosi da 5 ml ad intervalli di 15 giorni l’uno dall’altro. I soggetti sono
stati tenuti sotto osservazione per tutto il periodo del trattamento e
per i mesi successivi. Ad oggi si continua a verificare mensilmente le
condizioni cliniche degli animali facenti parte della sperimentazione
ESAMI VIROLOGICI E MORFOLOGICI: i papillomi prelevati chirurgicamente sono stati sottoposti ad indagini istopatologiche e a microscopia elettronica per confermare le lesioni e la presenza del virus.
VACCINO SPERIMENTALE INATTIVATO: il papilloma dopo essere stato inattivato overnight a 4°C in soluzione fisiologica formolata 0,04%
(SFF) è stato poi toelettato per allontanare il materiale estraneo.
Successivamente è stato triturato, omogeneizzato, risospeso in SSF e
centrifugato per 10 minuti a 3000 G.
Il surnatante è stato raccolto e sottoposto a tre filtrazioni successive;
due con filtri da 1.2 µm e 0.65 µm e una con filtro a doppia membrana
da 0.45-0.20 µm così da ottenere un prodotto finale iniettabile sterile.
Dalla raccolta del surnatante all’ultima filtrazione sono stati effettuati
campioni pre e post filtrazione per verificare e valutare la presenza/
assenza del virus nel prodotto attraverso indagini di microscopia elettronica. Il vaccino sperimentale così ottenuto è stato sottoposto ai
controlli di sterilità e tossicità anormale così come previsto dalle linee
guida sui vaccini stabulogeni.
INTRODUZIONE:
Il papillomavirus (PVs) appartiene alla famiglia delle Papillomaviridae:
DNA-virus oncogeni in grado di infettare epiteli e mucose degli animali
causando lesioni proliferative benigne o tumorali.
Come regola generale il PVs è specie- specifico (1).
La maggior parte dei casi sono registrati negli allevamenti intensivi
dove si verifica un più stretto contatto tra gli animali. I PVs sono dotati
di un elevato grado di resistenza a detergenti e solventi, a ph acidi ed
alle alte temperature. La papillomatosi è una malattia che causa serie
perdite economiche negli allevamenti legate, soprattutto, alla localizzazione delle lesioni (testa, collo, giogaia, arti, dorso capezzoli, organi
genitali, mucosa enterica e vescica).
Generalmente, le lesioni epiteliali da PVs regrediscono spontaneamente per attività della risposta cellulo-mediata. Sorprendentemente
però la risposta immunitaria di bovini e bufali è piuttosto debole. Un’ipotesi plausibile potrebbe essere che il ciclo vitale
del virus è limitato all’epitelio e non riesce ad avere contatto con il
sistema immunitario (6).
Benché siano stati messi a punto numerosi protocolli terapeutici per la
cura delle papillomatosi non sempre i risultati sono stati confortanti.
Per tale motivo la ricerca in questo campo può fornire possibili soluzioni per la prevenzione ed il trattamento.
Nel nostro Istituto viene da anni allestito un autovaccino per la papillomatosi del bovino; tale presidio immunizzante si è rivelato sempre
efficace nel prevenire la diffusione di tale forma morbosa, ma la procedura di produzione utilizzata necessitava l’introduzione di procedure tecnologicamente avanzate per ottenere un prodotto qualitativamente superiore e in linea con i più moderni standard di produzione
e controllo dei prodotti farmaceutici. Pertanto, risulta evidente come
lo scopo
del progetto sia migliorare, perfezionare e standardizzare le fasi di produzione del vaccino. Successivamente si è proceduto all’inoculo del
vaccino e alla successiva valutazione dell’immunogenicità e dell’efficacia in azienda, valutabile clinicamente con la regressione e remissione totale e permanente della sintomatologia negli animali infetti
vaccinati.
Tabella 1: capi coinvolti nella sperimentazione suddivisi per azienda e
presenza/assenza di lesioni cutanee papillomatose macroscopicamente evidenti
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Risultati visibili della remissione clinica sono stati osservati dopo la
somministrazione del terzo e ultimo inoculo di vaccino. La variazione della sintomatologia è graduale. In un primo momento si osserva
solo una variazione nel colore della massa tumorale che assume una
tonalità grigiastra tendente al nero prima di diminuire in dimensioni e
regredire totalmente. In tutti i casi si può apprezzare la risoluzione con
regressione totale delle lesioni papillomatose a partire da 25-30 giorni
dalla fine del ciclo di vaccinazione (FIG.1).
Fino ad oggi il vaccino contro la papillomatosi era rappresentato da
un autovaccino prodotto esclusivamente per l’animale al quale veniva
asportato il papilloma.
Con questa sperimentazione si è cercato di valutare e validare un protocollo in grado di potenziare tale presidio immunizzante e di produrre un
vaccino stabulogeno partendo dal “virus di stalla” in grado di proteggere
più capi di uno stesso allevamento riducendo in tal modo sia il numero
di interventi chirurgici da attuare in stalla per il reperimento del materiale patologico sia i casi di contagio all’interno della stalla stessa.
MATERIALI E METODI:
MODELLO SPERIMENTALE: il progetto, della durata di un anno, ha
coinvolto quattro aziende delle zone di Brescia, Roma e Viterbo per
un totale di 130 capi di razza Frisona e Charolaise con sintomatologie
evidenti nella zona della mammella, della testa e del collo.
Delle bovine coinvolte nella sperimentazione 78 presentavano sintomatologia e segni clinici mentre 52 erano bovini sani(TAB.1).
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024
STUDIO DELLA RISPOSTA UMORALE E CELLULO-MEDIATA PER LA RIDUZIONE DELLA
SPERIMENTAZIONE ANIMALE NEL CONTROLLO DEI VACCINI INATTIVATI DELLA BLUETONGUE
I risultati ottenuti durante la sperimentazione in oggetto hanno mostrato un’efficacia del vaccino del 97% con una regressione totale delle
lesioni provocate da Papillomavirus.
Inoltre di notevole rilievo e con importanti risvolti pratici risulta essere la capacità, di tale presidio immunizzante oggetto della sperimentazione, di prevenire la comparsa clinica della malattia negli animali
sottoposti a vaccinazione ma senza lesioni evidenti riferibili a Papillomavirus. La totalità del gruppo di controllo non ha infatti mostrato
alcuna comparsa di lesioni papillomatose nel periodo successivo alla
vaccinazione pur restando a contatto con gli animali infetti per tutta la
durata della sperimentazione.
In conclusione possiamo affermare che il nuovo protocollo di produzione e di somministrazione del vaccino stabulogeno applicato durante la sperimentazione permette sia di contrastare efficacemente le
forme cliniche di papillomatosi che di prevenire la diffusione del virus
all’interno dell’allevamento dimostrando in entrambi i casi un elevato
grado di efficacia.
Keywords: Bluetongue virus serotype 8, cytokines quantification, inactivated vaccine
Luciani M.[1], Di Febo T.[1], Ronchi G.F.[1], Di Pancrazio C.[1], Sacchini F.[1], Ulisse S.[1], Rossi E.[1], Salini R.[1], Teodori L.[1],
Di Ventura M.[1], Tittarelli M.[1]
Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The acceptance of serology data instead of challenge for commercial vaccine release is under study by regulatory agency in order
to reduce the animals use and cost for producers. In this study
two inactivated Bluetongue virus serotype 8 (BTV8) vaccines (12Xconcentrated and diluted) were produced, submitted to quality
controls required by the European Pharmacopoeia and tested on
sheeps in comparison with the Merial® BTVPUR AlSapTM 8 inactivated vaccine. Body temperature, antibody titres and viraemia of
vaccinated sheep and controls were determined. In order to extend
the number of serological parameters to check, also interleukin-4
(IL4) and interferon gamma (IFNγ) in sera and in vitro (stimulation
of blood cells) were quantified by ELISA. Results obtained indicates
that the in-lab evaluation of cell-mediated (IFNγ quantification)
and humoral (serum neutralization) immune response could be
useful to predict the efficacy of BT inactivated vaccines allowing to
avoid the challenge phase.
giorno dal primo inoculo è stato effettuato il challenge con BTV8 di
campo belga (20 inoculi intradermici da 0,25 ml; titolo virale 105,3
TCID50 totali). Al tempo 0 e durante tutta la sperimentazione sono
stati effettuati prelievi ematici; sono state inoltre rilevate le temperature corporee degli animali e l’eventuale viremia durante il challenge è stata determinata mediante RT-qPCR.
Titolo anticorpale: il titolo anticorpale degli ovini oggetto della
sperimentazione è stato valutato mediante SN, effettuata secondo
quanto indicato dal Manuale OIE (5).
Quantificazione IL4 e IFNγ: la stimolazione linfocitaria in vitro è stata effettuata dispensando il sangue intero (anticoagulante eparina)
in piastre da 24 pozzetti (2 repliche/animale) e incubando con 20
µg/ml BTV8 in toto per 24 h a 37 °C (controllo positivo: stimolazione con 3 µg/ml fitoemoagglutinina-L). Il plasma è stato raccolto
dopo centrifugazione a 700 g per 15 min. IL4 e IFNγ nel plasma
dopo stimolazione in vitro e nel siero ovino sono stati quantificati
con i kit commerciali “ELISA for Bovine IL4” e “ELISA for Bovine
IFNγ” (MabTech).
Analisi statistica: i risultati ottenuti sono stati valutati applicando
l’analisi della varianza non parametrica per verificare le differenze
tra gruppi (test di Kruskal-Wallis).
INTRODUZIONE:
La sicurezza e l’efficacia dei lotti di vaccino devono essere verificate
prima del rilascio in commercio. La prova di efficacia dei singoli
lotti viene di norma eseguita mediante infezione sperimentale sulla
specie a cui è destinato il vaccino (1, 2). Le attuali tendenze nello sviluppo e implementazione di alternative all’uso degli animali
comprendono approcci sierologici, saggi di quantificazione in vitro
degli antigeni vaccinali, saggi su animali con parametri rispettosi
del benessere. Tali interventi si conformano al principio della politica delle “3R”: refinement, reduction e replacement (3, 4).
Scopo del presente lavoro è stato quello di estendere il numero
di parametri sierologici predittivi dell’efficacia dei vaccini inattivati
BTV8. Lo studio è stato condotto su pecore vaccinate con 2 vaccini
inattivati BTV8 (IZSAM) e un vaccino commerciale (Merial). Oltre
alla sieroneutralizzazione (SN), sono stati utilizzati test ELISA per la
determinazione di interleuchina 4 (IL4) e interferon-gamma (IFNγ)
sia su siero che in vitro, dopo stimolazione del sangue intero.
Figura 1: risultati osservati un mese dopo il termine del trattamento
con numero di casi di remissione totale o non remissione e relative
percentuali
BIBLIOGRAFIA:
1. Bocaneti F.,Altamura G.,Corteggio A,. Velescu E, Roperto F. and
Borzacchiello G; Bovine Papillomavirus: New Insights into an Old Disease Blackwell Verlag GmbH Transboundary and Emerging Diseases.
2016; 63, 14-23
2. Campo M.S. Animal models of papillomavirus pathogenesis. Virus
Res. 2002; 89(2): 249-61
3. Campo, M. S., Papillomavirus Research: From Natural History to
Vaccines and Beyond. Caister Academic, Wymondham 2006
4. Takeshi Haga. The many unknown aspects of bovine papillomavirus diversity, infection and pathogenesis. The Veterinary Journal 197
(2013) 122-123.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I 2 lotti di vaccino IZSAM ed il lotto di vaccino Merial si sono dimostrati egualmente sicuri ed efficaci. Nessuno degli animali vaccinati
nella prova di challenge ha mostrato rialzo termico, sintomatologia
clinica e viremia a dimostrazione che i parametri sierologici rilevati erano sufficienti a proteggere gli animali dal challenge. Tutti gli
animali del gruppo di controllo hanno invece presentato febbre e
viremia. Differenze statisticamente significative dei titoli SN e delle
temperature corporee sono state rilevate solo tra i tre gruppi di
vaccinati e il gruppo di controllo (Fig. 1). Nessuna differenza significativa è stata rilevata nella quantificazione di IL4 e IFNγ da siero,
prima e dopo il challenge (Fig. 2), tra i 4 gruppi di animali; stessi
risultati sono stati ottenuti per la quantificazione dell’IL4 da plasma
dopo stimolazione in vitro, ad eccezione del tempo T75 giorni post
inizio sperimentazione, in cui il gruppo dei placebo ha mostrato
valori medi significativamente inferiori rispetto ai 3 gruppi di vaccinati (Fig. 3). Per quanto riguarda la quantificazione dell’IFNγ dopo
stimolazione in vitro, in tutti i prelievi analizzati (eccetto quello al
T115) è stata osservata una differenza statisticamente significativa
(p < 0.05) tra i vaccinati e il gruppo dei placebo, mentre non sono
state osservate differenze significative tra i tre gruppi di vaccinati.
La quantificazione dell’IFNγ a seguito di stimolazione linfocitaria in
vitro con BTV8 è risultato essere il test più idoneo, tra quelli utilizzati, a valutare la risposta cellulo-mediata.
Il saggio in vitro di IFNγ, in aggiunta alla determinazione del titolo
anticorpale mediante SN, potrebbe pertanto costituire un valido
sistema sierologico predittivo dell’efficacia dei lotti di vaccino BTV
inattivato e apportare un ulteriore contributo alla decisione delle
agenzie regolatorie per la sostituzione del challenge con i test sierologici.
MATERIALI E METODI:
Vaccini: il virus BTV8, ceppo di campo belga, è stato prodotto in
cellule BHK21 coltivate in biofermentatore infettate con un MOI
pari a 0.005, inattivato con 5 mM BEI, concentrato e purificato tramite flusso tangenziale e adiuvato con 10% Montanide gel (Seppic) e 0,03 mg/ml saponina. Sono stati prodotti e controllati 2 lotti
di vaccino, uno contenente l’antigene concentrato 12X (Vaccino
IZSAM BTV8 12X) e uno contenente l’antigene diluito in PBS (Vaccino IZSAM BTV8 diluito). Assieme ai vaccini prodotti presso l’IZSAM
è stato controllato su ovini anche il vaccino commerciale della ditta
Merial (Vaccino BTVPUR® 8).
Sperimentazione animale: quattro gruppi da 6 pecore ciascuno,
negative per BTV, sono stati utilizzati rispettivamente per l’inoculo,
per via intramuscolare, di 1 ml/capo dei 2 vaccini IZSAM, del vaccino Merial e del placebo (PBS + 10% Montanide gel + 0,03 mg/ml
saponina). Dopo 35 giorni è stato effettuato un richiamo. Al 94°
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Figura 2. Risultati quantificazione IL4 (D) e IFNγ (E) nel siero ovino.
POSTER
SANITÀ ANIMALE
Figura 3. Risultati quantificazione IL4 (F) e IFNγ (G) nel plasma dopo
stimolazione in vitro con virus BTV8 in toto.
Figura 1. Andamento delle temperature corporee medie degli animali
dei quattro gruppi nella fase di challenge (A) e dei titoli SN medi dopo
vaccinazione (B) e dopo challenge (C).
BIBLIOGRAFIA:
1. Anonimo, 2014. Animal usage in quality control tests for the batch
release of Immunological Veterinary Medicinal Products (IVMPs) via
the UK from 2007 to 2012. Veterinary Medicine Directorate, UK, 1-33.
2. Anonimo, 2015. Guideline on requirements for the production and
control of immunological veterinary medicinal products. European
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3. Hendriksen C.F.M., 2002. Refinement, reduction, and replacement
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4. Metz B., Hendriksen C.F.M., Jiskoot W., Kersten G.F.A., 2002. Reduction of animal use in human vaccine quality control: opportunities and
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animals, 6th Ed. OIE, Paris, 1-18.
154
155
5
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025
SEQUENZIAMENTO DEL GENE S DI CCOV-IIA PANTROPICI ISOLATI DA CAMPIONI
DI CANI DEL SUD ITALIA
Keywords: CCoV pantropico, gene S, sequenziamento
Alfano F.[1], Mari V.[2], Viscardi M.[1], Marati L.[1], Cozzolino L.[1], Brandi S.[1], Galiero G.[1], Guarino A.[1], Buonavoglia C.[2],
Decaro N.[2], Fusco G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici, Napoli ~ Italy, [2]Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università degli
Studi di Bari ~ Valenzano, Bari ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Virulent strain of pantropic canine coronavirus (CCoV), causes serious
infections in dogs, with both gastrointestinal and systemic viral dissemination. Recently published articles report an increasing number
of these infections thereby giving to this strain a role as new virulent
pathogen.
Our study was focused on the distribution of pantropic CCoV-IIa in
southern Italy, in order to characterize the viral strains circulating
among the dog population. During the period january 2012- june
2016, 390 dogs were tested and seven pantropic CCoV-IIa were identified. In particular the spike protein gene (ORF2), of two of the isolated
strains, was sequenced and analysed, thereby showing the existence
of high genetic relationship with other pantropic CCoV strains. Fulllength genome analysis of these strains is currently underway, as well
as the isolation of other six strains from frozen samples.
Our data confirm the circulation of pantropic CCoV strains in the dog
population of southern Italy.
96 (Applied Biosystems), seguendo il protocollo della ditta produttrice.
Per la ricerca dell’RNA di CCoV e caratterizzazione dei suoi genotipi e
sottotipi, sono stati utilizzati i protocolli di real-time reverse trascriptase PCR (RT-PCR) ed end-point RT-PCR descritti da Decaro e coll. (4). L’eventuale presenza di delezioni nei geni accessori 3abc è stata ricercata
mediante un protocollo di end-point RT-PCR che utilizza i primer VNVf/
VNVr (Tab. 1) che si legano a ponte tra le ORF 3a e 3c (4).
I campioni d’organo risultati positivi alla end point RT-PCR per CCoVIIa, sono stati omogenati in terreno Minimal Essential Medium (MEM)
e dopo centrifugazione, iI surnatante è stato utilizzato per inoculare
monostrati di cellule di fibroma di cane A-72. Le cellule inoculate sono
state quindi incubate ed osservate quotidianamente al fine di rilevare
la comparsa dell’effetto citopatico (ECP).
La presenza del virus è stata confermata con la prova di immunofluorescenza (IF) diretta su monostrato cellulare, mediante l’impiego di
siero policlonale FITC anti CCoV e tramite end point RT-PCR.
Il gene S (ORF2) del genoma dei due stipiti pantropici (103480/14 e
31975/15) è stato amplificato utilizzando i primer indicati nella Tabella
1 ed il kit “SuperScriptTM One-Step RT-PCR” (Life Technologies, Invitrogen) seguendo il protocollo della ditta produttrice. I prodotti di amplificazione ottenuti sono stati inviati per il sequenziamento alla ditta
Base Clear B.V. (Leiden, Paesi Bassi). Le sequenze ottenute sono state
editate a mano ed analizzate usando i software: BioEdit (Hall, 1999),
BLAST dall’NCBI (http://www.ncbi.nlm.nih.gov) e Clustal Omega da
EMBL (http://www.ebi.ac.uk).
INTRODUZIONE:
Il coronavirus del cane (CCoV) è un alphacoronavirus strettamente
correlato ai coronavirus felini (FCoV) ed al virus della gastroenterite
trasmissibile del suino (TGEV). Attualmente sono riconosciuti due genotipi, CCoV-I e CCoV-II, quest’ultimo include due distinti sottotipi,
CCoV-IIa e CCoV-IIb, i quali rappresentano rispettivamente stipiti classici e ricombinanti con TGEV (1).
CCoV è generalmente associato a forme lievi di gastroenterite, con
guarigione in pochi giorni. Tuttavia, una variante di CCoV-IIa, definita variante pantropica (pCCoV), determina nel cane un’infezione che
evolve con sintomi gravi, quali febbre, leucopenia, abbattimento, anoressia, enterite, disturbi nervosi e respiratori. I ceppi pantropici, oltre
ad essere altamente virulenti, causano infezioni di natura sistemica, in
quanto, a differenza dei comuni stipiti CCoV, che restano confinati alla
mucosa intestinale, sono stati rilevati in vari organi e tessuti, quali polmoni, milza, fegato, reni, encefalo. pCCoV è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 2005 da Buonavoglia e coll. (2). Tuttavia, ad oggi
le segnalazioni di questo virus sono piuttosto sporadiche (3, 4, 5, 6).
Nel presente lavoro, si riportano i risultati dello screening per pCCoV
effettuato su carcasse di cane inviate per accertamenti diagnostici
all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (IZSM) nel
periodo gennaio 2012 - giugno 2016. Due dei 7 stipiti pCCoV identificati sono stati isolati e sottoposti ad analisi di sequenza del gene degli
spikes. Attualmente è in corso il sequenziamento dell’intero genoma
di questi due stipiti, così come l’isolamento dai campioni congelati degli altri cinque.
Elenco dei primer utilizzati per l’identificazione del tratto deleto e
per il sequenziamento del gene S (ORF-2) dei due stipiti pantropici
(103480/14 e 31975/15).
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati 390 cani, di provenienza nazionale o importati,
che provenivano da cliniche private, ASL, canili e veterinari libero professionisti per un totale di 741 analisi effettuate su reperti necroscopici
di intestino, fegato, polmone, milza, cuore.
Tutti i campioni d’organo sono stati prima omogeneizzati e poi sottoposti ad estrazione mediante estrattore automatico MagMAX Express
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nel periodo gennaio 2012 - giugno 2016, sono state effettuate, presso
il Laboratorio di Virologia dell’ IZSM, un totale di 741 analisi su reperti necroscopici provenienti da 390 cani (Tabella 2). I cani risultati
positivi al CCoV sono 57, la variante pantropica è stata riscontrata in
reperti necroscopici di 7 cani morti con gastroenterite e sottoposti ad
157
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4. Decaro N, Cordonnier N, Demeter Z, Egberink H, Elia G, Grellet
A, Le Poder S, Mari V, Martella V, Ntafis V, von Reitzenstein M, Rottier PJ, Rusvai M, Shields S, Xylouri E, Xu Z, Buonavoglia C. European
surveillance for pantropic canine coronavirus. J Clin Microbiol. 2013
Jan;51(1):83-8. doi: 10.1128/JCM.02466-12. Epub 2012 Oct 24.
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5. Zicola A, Jolly S, Mathijs E, Ziant D, Decaro N, Mari V, Thiry E. Fatal outbreaks in dogs associated with pantropic canine coronavirus in
France and Belgium. J Small Anim Pract. 2012 May;53(5):297-300. doi:
10.1111/j.1748-5827.2011.01178.x. Epub 2012 Feb 9. PubMed PMID:
22320357.
6. Ntafis V, Xylouri E, Mari V, Papanastassopoulou M, Papaioannou N,
Thomas A, Buonavoglia C, Decaro N. Molecular characterization of a
canine coronavirus NA/09 strain detected in a dog’s organs. Arch Virol.
2012 Jan;157(1):171-5. doi: 10.1007/s00705-011-1141-6. Epub 2011
Oct 16. PubMed PMID: 22002680.
indagini diagnostiche. Su 7 pCCoV identificati tramite prove di biologia
molecolare, attualmente, due (103480/14 31975/15) sono stati isolati
su cellule di fibroma di cane A-72 ed evidenziati mediante immunofluorescenza (IF) con l’impiego di siero policlonale anti CCoV FITC, per
essi è stato effettuato il sequenziamento e l’analisi del gene S (ORF-2).
Attualmente è in corso il sequenziamento dell’intero genoma di questi
due stipiti, così come l’isolamento dai campioni congelati degli altri
cinque.
Nelle tabelle 2 e 3 si riportano rispettivamente, genotipi e sottotipi
identificati e le caratteristiche dei due stipiti pantropici. Entrambi i due
ceppi identificati (103480/14 e 31975/15) non hanno presentato delezioni a livello del gruppo di geni accessori 3abc, similmente al ceppo
isolato in Grecia NA/09, ma diversamente da quanto riportato per gli
stipiti italiani CB/05 e 450/07. Inoltre l’analisi di sequenza del gene S
ha mostrato che i nostri stipiti non possiedono la mutazione D125N a
differenza dello stipite CB/05 (2, 3). A tale proposito abbiamo confermato che gli stipiti pCCoV non possiedono chiari ed univoci marker
di patogenicità o meglio finora non sono stati identificati marcatori
specifici di questa attitudine; la stessa mutazione D125N, inizialmente
identificata come possibile marker molecolare, è presente solo in alcuni di essi, così come il tratto deleto nei geni accessori 3abc (4).
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
026
SVILUPPO DI UN NUOVO TEST REAL-TIME PCR PER IL RILEVAMENTO DI MYCOBACTERIUM AVIUM
SUBSP. PARATUBERCULOSIS (MAP)
Keywords: Paratubercolosi, PCR, MAP
Kahila M.[1], Angelichio M.[2], Curto P.[3], Egli C.[1], Velek K.[2], Leathers V.[2]
IDEXX Switzerland AG ~ Liebefeld ~ Switzerland, [2]IDEXX Laboratories Inc. ~ Westbrook ~ United States, [3]IDEXX Laboratories Italia srl ~
Milano ~ Italy
[1]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La sensibilità analitica del RealPCR MAP DNA Test è < 10 copie/reazione con un’efficienza > 97 % su un range >7 log. Inoltre, il test ha dimostrato una sensibilità diagnostica del 98 % a confronto con metodo
colturale e del 99 % rispetto al metodo PCR. La specificità diagnostica
è risultata del 100 % su campioni colturali e di materiale fecale il cui
status negativo era stato precedentemente definito. Per confermare il
rilevamento di un campione positivo in un pool di 5, sono stati testati
dei pool di camponi fecali. Il limite di rilevabilità (LOD) è stato confrontato con quello di un altro test commerciale Real-Time PCR disponibile
sul mercato. Il campione n. 2 è risultato sempre negativo, anche nelle
diverse diluizioni, sia con il sistema RealPCR MAP DNA Test che con
l’altro kit commerciale. I Ct-value ottenuti per le diverse diluizioni dei
campioni n. 1 e n. 3 (Fig. 1) mostrano una maggiore sensibilità del RealPCR MAP DNA Test rispetto all’altro test commerciale.
I risultati ottenuti nella validazione del RealPCR MAP DNA Test dimostrano le ottime performance sul campo di questo nuovo test in
Real-Time PCR. Il semplice protocollo di utilizzo del test, abbinato alla
piattaforma RealPCR, offre un’elevata standardizzazione della diagnosi
di MAP.
SUMMARY:
Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (MAP) is the cause of
Johne’s disease in ruminants. The disease causes a wide range of different symptoms, including diarrhea and reduced milk production.
IDEXX offers an ELISA test for screening for herds with Johne’s disease,
but a positive finding needs to be confirmed using PCR or culturing.
For this purpose, IDEXX developed a Real-Time PCR test for accurate
detection of MAP using reagents from the RealPCR modular platform.
The test utilizes bead-beating as a sample treatment before DNA extraction for maximum performance. The analytical sensitivity of the
RealPCR MAP DNA Test is < 10 copies/reaction. The test has a diagnostic sensitivity of > 98 % and a diagnostic specificity of 100 % on culture
and fecal samples. Pools of fecal samples were also tested to confirm
detection of a positive sample in a pool of five samples. The test can
be run simultaneously with any other RealPCR test on the modular
platform.
INTRODUZIONE:
Il Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (MAP) causa la Malattia di Johne nei bovini ed in altri ruminanti. La malattia provoca una
vasta gamma di sintomi, tra cui diarrea e ridotta produzione di latte(1).
Spesso gli animali affetti non mostrano segni clinici. IDEXX offre un
test ELISA per lo screening degli allevamenti affetti da Paratubercolosi,
ma i risultati positivi devono essere confermati tramite PCR o metodo colturale. IDEXX ha sviluppato un nuovo test Real-Time PCR per il
rilevamento rapido di MAP in campioni fecali. In fase di sviluppo sono
stati presi in considerazione i requisiti specifici per la diagnosi di MAP,
tra cui la necessità di un sistema per la rottura meccanica della parete
cellulare del micobatterio tramite l’uso di biglie (bead-beating). Al fine
di confermare che tutti i criteri di performance siano soddisfatti, il test
è stato scrupolosamente validato sia internamente che con studi di
campo. Il RealPCR MAP DNA Test fa parte della piattaforma modulare
IDEXX RealPCR, che standardizza i test in Real-Time PCR grazie all’utilizzo di reagenti comuni e di un unico protocollo termico di PCR.
Analisi effettuate su reperti necroscopici di 390 cani nel periodo gennaio 2012 - giugno 2016, genotipi e sottotipi identificati di Coronavirus
canino.
MATERIALI E METODI:
Il protocollo consiste in una pre-estrazione con utilizzo di biglie (beadbeating) per la rottura meccanica della parete cellulare del MAP. Segue
un’estrazione del DNA con metodo tradizionale, utilizzando colonnine
oppure biglie magnetiche, e successiva amplificazione del DNA target.
La RealPCR MAP DNA Mix contiene i primer e le sonde necessarie per
il rilevamento sia del target MAP che del controllo positivo interno, il
quale deve sempre risultare positivo confermando così che sia la fase
di estrazione che quella di amplificazione del DNA siano andate a buon
fine. La sensibilità analitica del test è stata dimostrata con l’analisi di
oligo sintetici che rappresentano il target MAP. Inoltre, per determinare il limite di rilevabilità (LOD), campioni di materiale fecale positivi
sono stati diluiti in campioni negativi prima dell’estrazione. La sensibilità e la specificità diagnostica sono state confermate con campioni
risultati positivi o negativi con metodo colturale o PCR. Le prove di
campo del prototipo effettuati in Francia, Italia e USA hanno confermato le performance anche sul campo e la robustezza del sistema.
Caratteristiche dei due stipiti pantropici (103480/14 31975/15), isolati
su cellule di fibroma di cane A-72, per i quali è stato effettuato il sequenziamento e l’analisi del gene S (ORF-2).
BIBLIOGRAFIA:
1. Decaro N, Buonavoglia C. Canine coronavirus: not only an enteric
pathogen. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2011 Nov;41(6):112132. doi: 10.1016/j.cvsm.2011.07.005. Epub 2011 Sep 29. Review.
PubMed PMID: 22041207.
2. Buonavoglia C, Decaro N, Martella V, Elia G, Campolo M, Desario C,
Castagnaro M, Tempesta M. Canine coronavirus highly pathogenic for
dogs. Emerg Infect Dis. 2006 Mar;12(3):492-4.
3. Pinto LD, Barros IN, Budaszewski RF, Weber MN, Mata H, Antunes
JR, Boabaid FM, Wouters AT, Driemeier D, Brandão PE, Canal CW. Characterization of pantropic canine coronavirus from Brazil. Vet J. 2014
Dec;202(3):659-62. doi: 10.1016/j.tvjl.2014.09.006. Epub 2014 Sep
16. PubMed PMID: 25294661.
158
Fig. 1: Confronto del limite di reilevabilità (LOD) del sistema IDEXX RealPCR MAP DNA Test (blu) rispetto ad un altro kit commerciale disponibile sul mercato (verde). In questo esperimento, il RealPCR MAP DNA
Test mostra una maggiore sensibilità rispetto all’altro kit commerciale.
BIBLIOGRAFIA:
1. Herthnek, D. and Bölske, G. 2006. New PCR systems to confirm realtime PCR detection of Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis,
BMC Microbiology, 6:87.
159
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
027
COXIELLA BURNETII IN OVINI E CAPRINI: DESCRIZIONE DI UN FOCOLAIO IN REGIONE CAMPANIA
Keywords: Coxiella burnetii, ELISA indiretta, Fissazione del Complemento
Autiero N.[1], Lambertini R.[1], Petrucci P.[2], Francia M.[2], De Angelis A.[1], Guarracino M.[1], Alfieri A.[1], Guarino A.[1],
Galiero G.[1], Spadari L.[1], Adone R.[2], Fusco G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno - U.O.S. Diagnostica sierologica e Profilassi di Stato ~ Portici, Napoli ~ Italy, [2]Istituto Superiore di Sanità - Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare - Unità di Profilassi e Controllo delle Zoonosi
Batteriche ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The purpose of the present study was to evaluate and compare two
different serological tests: the ELISA “Q Fever (Coxiella burnetii) antibody test kit -IDEXX” and the “Q Fever Complement Fixation Test”
- Siemens. Our results indicated that only the 7,4% of the 722 reactive samples, with the ELISA test, were confirmed with the FdC test.
chiusura del focolaio, in occasione delle attività legate al Piano di
eradicazione della Brucellosi (1° semestre 2016), il Servizio Veterinario Locale prelevava nuovamente 1029 campioni di sangue (780
campioni di sangue ovino e 249 campioni di sangue di capra) per la
ricerca di anticorpi anti Coxiella b.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
sendo di facile e rapida esecuzione, risulta svantaggioso da un punto di vista puramente economico. Diversamente, il test FdC risulta
conveniente economicamente, ma richiede personale esperto per
la realizzazione delle prove che necessitano di tempi di esecuzione
più lunghi. A tale proposito, suggeriamo di scrinare tutti i campioni
tramite la prova FdC, utilizzando la diluizione soglia, per poi passare i sieri positivi alla successiva fase di titolazione.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Seroprevalence of Q Fever (Coxiellosis) in Small Ruminants of
Two Districts in Punjab, Pakistan. - VECTOR-BORNE AND ZOONOTIC
DISEASES, Volume XX, Number XX,2016
(2) OIE Terrestrial Manual (cap. 2.1.16)
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dei 12 campioni di sangue di pecora, esaminati inizialmente, uno
risultò positivo alla ricerca di anticorpi anti Coxiella b. con titolo
1:128 UFC/ml. I rimanenti campioni, 11 animali, presentavano titoli
alla malattia inferiori al valore soglia 1:8 UFC/ml. Dei 5 campioni di sangue di capra, due risultarono positivi alla prova FDC con
titoli, rispettivamente 1:256 UFC/ml e 1:32 UFC/ml. Non furono
riscontrate positività verso gli altri patogeni. I capi che avevano
abortito furono sottoposti dal veterinario aziendale a terapia farmacologica con tetracicline. A seguito della notifica di positività da
parte dell’IZSM per Coxiellosi (1 pecora e due capre), i veterinari
del Servizio Sanitario Locale eseguivano nel 2015 un sopralluogo
nel focolaio durante il quale ponevano sotto sequestro l’azienda
ed effettuavano il prelievo di un campione di sangue a tutti i capi
presenti (≥ 6 mesi). Riassumendo, i capi esaminati con metodo ELISA nel 2015, dopo la diagnosi di Coxiellosi, furono 1003. I risultati
furono, 391 animali reattivi, di cui 96 dubbi e 295 positivi. Tutti i
capi reattivi furono sottoposti al test FDC con il seguente risultato:
33 animali positivi con titolo compreso tra 1:10+ ed 1:80++. I capi
esaminati nel 2016, con test ELISA, sono stati 1029 con il seguente
risultato: 77 dubbi e 254 positivi. Dei 331 campioni reattivi al test
immunoenzimatico, esaminati con la prova FdC, solo 21 si confermavano con titoli compresi tra 1:10+ e 1:80++++. I capi dubbi al
test ELISA sono risultati tutti negativi al test FdC. In questo studio
il test ELISA riscontra reattività nel 39% dei capi testati nel 2015 e
32 % nel 2016. Diversamente, il test di FDC confermava solo 11%
dei capi reattivi al test diagnostico ELISA nel 2015 e 8% nel 2016. I
provvedimenti sanitari intrapresi dal Servizio Veterinario nel 2015
furono i seguenti: sequestro dell’azienda e blocco della movimentazione, isolamento dei capi positivi alle prime indagini e loro trattamento farmacologico, prelievo del latte individuale dei capi risultati inizialmente positivi alla malattia e prelievo del latte di massa.
Su questi ultimi fu ricercato il genoma di Coxiella b. mediante prove
biomolecolari con esito negativo su tutti i campioni (massa e individuali). In attesa di ricevere l’esito da parte del Laboratorio IZSM,
il latte di massa fu destinato al consumo, previo trattamento termico. Le indagini eseguite sui campioni ematici raccolti nel 2016
(controllo effettuato a distanza di circa 8 mesi dal primo), su animali della stessa azienda, confermava la presenza di anticorpi, tuttavia
non sono stati registrati casi di aborto. La normativa vigente non
fornisce protocolli diagnostici specifici per la gestione di focolai da
Coxiella b, pertanto sulla base della nostra esperienza, proponiamo
dapprima l’impiego di un test di screening, se il numero di campioni da esaminare è particolarmente elevato e poi l’utilizzo di un test
diagnostico di conferma. Va sottolineato che il test ELISA, pur es-
INTRODUZIONE:
Coxiella burnetii è un piccolo batterio gram-negativo causa di una
zoonosi, la Coxiellosi che in medicina umana è denominata Febbre Q (1). Quest’agente eziologico è veicolato da una rickettsia ed
è caratterizzato da due fasi antigeniche, la fase I virulenta che si
espleta in natura attraverso un ciclo animale/uomo-zecca e la fase
II avirulenta ottenuta in laboratorio dopo diversi passaggi su uova
embrionale o colture cellulari.
L’infezione da Coxiella b. è solitamente asintomatica nei ruminanti
domestici. Talvolta in ovini e caprini determina anoressia e sporadicamente aborto. Quest’ultima evenienza in condizioni naturali
non è stata sufficientemente documentata nel bovino. Il microrganismo si localizza nella mammella, nei linfonodi sopramammari,
nell’utero e nella placenta e viene eliminato attraverso il latte, il
feto e gli invogli fetali. Diversi artropodi, roditori, altri mammiferi e
uccelli sono tutti infettati naturalmente e possono giocare un ruolo
nell’infezione umana. Nel presente contributo riferiamo in merito ad un focolaio di Coxiellosi insorto in un allevamento di ovini e
caprini della provincia di Caserta, Regione Campania. Il focolaio fu
rilevato nel mese di maggio del 2015 a seguito di indagini svolte
dal veterinario aziendale, chiamato ad intervenire dal proprietario
degli animali per un insolito aumento di casi di aborti in azienda.
MATERIALI E METODI:
La sintomatologia clinica in azienda era riconducibile ad agenti
abortigeni, ragion per cui le indagini furono subito indirizzate verso i seguenti patogeni: Salmonella spp., Mycoplasma agalactiae,
Border disease virus (BDV), Toxoplasma gondii, Coxiella b. Per la
diagnosi di aborto furono prelevati dal veterinario aziendale 12
campioni di sangue di pecora e 5 di capra. Per la ricerca di anticorpi
anti Coxiella burnetii fu utilizzato il solo test di fissazione del complemento (FdC). Successivamente, a seguito di un primo sopralluogo svolto nel focolaio dal Servizio Veterinario Locale, pervenivano presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno
(IZSM) i campioni di sangue di tutto l’effettivo dell’azienda, costituito da 833 campioni di sangue di pecora e 170 di capra. Dato il numero considerevole di campioni, questi ultimi furono inizialmente
esaminati con un kit immunoenzimatico del commercio “Q Fever
(Coxiella burnetii) antibody test kit -IDEXX”. I campioni risultati
dubbi e positivi al test ELISA, furono inviati all’Istituto Superiore
di Sanità (ISS) per essere sottoposti al test sierologico di Fissazione
del Complemento, utilizzando il kit commerciale “Q Fever Complement Fixation Test” della Ditta Siemens. I due test utilizzati sono
in accordo con quanto previsto dall’OIE (2). Circa otto mesi dopo la
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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COINFEZIONI DA ADENOVIRUS CANINO DI TIPO 1 (CADV-1) E ADENOVIRUS CANINO DI TIPO 2
(CADV-2) IN CANI AFFETTI DA PARVOVIROSI
Keywords: adenovirus canino, parvovirus canino, coinfezione
Balboni A.[1], De Arcangeli S.[1], Dondi F.[1], Battilani M.[1]
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie - Alma Mater Studiorum, Università di Bologna ~ Ozzano Emilia (Bo) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Canine adenovirus type 1 (CAdV-1) and canine adenovirus type 2
(CAdV-2) cause infectious canine hepatitis (ICH) and infectious tracheobronchitis (ITB), respectively in dogs. They can be detected
in association with other viral and bacterial pathogens causing a
worsening of the clinical course. Little is known about the CAdV-1
or CAdV-2 concomitant infection during the parvovirosis. To assess
the presence of CAdV in canine parvovirus (CPV-2) infected dogs,
a retrospective study was performed on DNA faecal extracts of 25
CPV-2 infected dogs using a SYBR Green real-time PCR able to discriminate CAdV-1 and CAdV-2 via a melting curve analysis. Eleven
(44%) of the 25 tested dogs resulted positive for CAdV DNA: one for
CAdV-1 and 10 for CAdV-2. These data suggest a high prevalence
of CAdV in CPV-2 infected dogs, although the effect that CAdV coinfection could have on the pathogenesis of parvovirosis has yet to
be clarified.
Cani con sintomatologia gastroenterica positivi in PCR al CPV-2 inclusi
nello studio e risultati ottenuti in real-time PCR per CAdV-1 e CAdV-2.F:
femmina. M: maschio. Nd: dato non disponibile. Neg: negativo.
Figura 1: Curve di melting caratteristiche per CAdV-1 e CAdV-2 ottenute in real-time PCR. In nero: segnale ottenuto per CAdV-2. Derivata -dF/
dT dove F è la fluorescenza e T è il tempo. deg: temperatura in gradi
centigradi.
INTRODUZIONE:
L’adenovirus canino (CAdV, famiglia Adenoviridae, genere Mastadenovirus) si distingue in due tipi virali, il tipo 1 (CAdV-1) responsabile dell’epatite infettiva canina (ICH) o epatite di Rubarth ed il
tipo 2 (CAdV-2) coinvolto nell’eziopatogenesi della tracheobronchite infettiva (ITB) e in episodi di enterite. Dagli anni Settanta in poi,
il diffuso utilizzo di un vaccino vivo attenuato allestito con CAdV-2
ha consentito un efficace controllo dell’ICH. Ciononostante, ancora oggi vengono segnalati focolai di ICH e recenti indagini hanno
evidenziato una elevata percentuale di infezioni asintomatiche da
CAdV-1 e CAdV-2 nel cane (1). In soggetti sintomatici, il CAdV-1
ed il CAdV-2 vengono frequentemente riscontrati in associazione
ad altri patogeni virali e batterici determinando un aggravamento del decorso clinico (3, 4, 5, 6). Per approfondire le conoscenze
riguardanti la concomitante presenza di CAdV-1 o CAdV-2 in corso
di parvovirosi, una delle più importanti malattie ad eziologia virale
del cane, i campioni fecali di 25 cani infetti da parvovirus canino
(CPV-2) sono stati testati mediante una metodica di real-time PCR
in grado di discriminare il CAdV-1 dal CAdV-2.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Undici (44%) dei 25 cani positivi per CPV sono risultati positivi anche
per CAdV, con quantità di DNA virale compresa tra 3,54 x 100 e 3,17
x 105 copie di DNA/µL di estratto (Tabella 1): quattro erano positivi
per CPV-2a (4/10, 40%), uno era positivo per CPV-2b (1/5, 20%) e sei
erano positivi per CPV-2c (6/10, 60%). L’analisi della curva di melting
ha permesso di distinguere tra gli 11 cani positivi per CAdV, uno infetto
da CAdV-1 ed i restanti 10 infetti da CAdV-2. A sei degli 11 cani positivi
(compreso il positivo per CAdV-1) era stata somministrata almeno una
dose vaccinale, mentre i restanti 5 non erano stati sottoposti a profilassi vaccinale o il dato non è disponibile.
I dati ottenuti in questo studio evidenziano che una elevata percentuale dei cani infetti da CPV-2 testati presentavano una concomitante
infezione da adenovirus canino, principalmente da CAdV-2. Per i cani
vaccinati in cui è stato rilevato DNA di CAdV-2, mancando informazioni
precise sul tempo trascorso tra l’ultimo intervento vaccinale ed il prelievo dei campioni, non è possibile escludere con assoluta certezza che
possa esserci stata eliminazione del ceppo vaccinale. A tal proposito
occorre però considerare che la quantità di DNA virale rilevata è spesso elevata, che non si hanno informazioni riguardanti l’eliminazione
del ceppo vaccinale per via enterica, che l’eliminazione per via respiratoria avviene per un massimo di 21 giorni (7), e che dato l’insorgenza della parvovirosi il protocollo vaccinale potrebbe essere stato mal
eseguito. Di rilevante importanza è il riscontro del CAdV-1 in un cane
vaccinato. Data la bassa quantità di DNA virale riscontrata è possibile
supporre che il CAdV-1 non stesse partecipando attivamente nel determinare la sintomatologia clinica dell’animale ma evidenzia come il
virus continui a circolare nella popolazione canina anche nei soggetti
vaccinati. Resta da chiarire quale ruolo patogenetico questi due virus
rivestano in corso di infezioni multiple. Inoltre, questo studio avvalora
l’utilizzo di metodiche molecolari ad elevata sensibilità, basso costo e
rapida esecuzione per indagare casi di infezioni multiple.
MATERIALI E METODI:
Sono stati inclusi nello studio 25 cani con grave sintomatologia
gastroenterica, di età inferiore ad 1 anno, campionati in Emilia Romagna tra il 2009 ed il 2013 e risultati positivi in PCR al CPV-2. Dei
25 cani, 10 erano infetti da CPV-2a, 5 da CPV-2b e 10 da CPV-2c. La
ricerca del DNA di CAdV è stata eseguita, sugli estratti di DNA da
feci utilizzati per la ricerca del CPV, mediante una metodica di SYBR
Green real-time PCR in grado di discriminare il CAdV-1 dal CAdV-2
basandosi sull’analisi della curva di melting (Figura 1)(1).
162
BIBLIOGRAFIA:
1. Balboni A, Dondi F, Prosperi S, Battilani M, 2015. Development
of a SYBR Green real-time PCR assay with melting curve analysis for
simultaneous detection and differentiation of canine adenovirus
type 1 and type 2. Journal of Virological Methods 222: 34-40.
2. Balboni A, Mollace C, Giunti M, Dondi F, Prosperi S, Battilani M,
2014. Investigation of the presence of canine adenovirus (CAdV) in
owned dogs in Northern Italy. Research in Veterinary Science 97:
631-636.
3. Buonavoglia C, Martella V, 2007. Canine respiratory viruses. Veterinary Research 38: 355-373.
4. Decaro N, Campolo M, Elia G, Buonavoglia D, Colaianni ML, Lorusso A, Mari V, Buonavoglia C, 2007. Infectious canine hepatitis:
an “old” disease reemerging in Italy. Research in Veterinary Science
83: 269-273.
5. Decaro N, Martella V, Buonavoglia C, 2008. Canine adenoviruses
and herpesvirus. The Veterinary Clinics of North America Small Animal Practice 38: 799-814.
6. Headley SA, Alfieri AA, Fritzen JT, Garcia JL, Weissenböck H, da
Silva AP, Bodnar L, Okano W, Alfieri AF, 2013. Concomitant canine
distemper, infectious canine hepatitis, canine parvoviral enteritis,
canine infectious tracheobronchitis, and toxoplasmosis in a puppy.
Journal of Veterinary Diagnostic Investigation 25: 129-135.
7. Ruch-Gallie R, Moroff S, Lappin MR. 2016. Adenovirus 2, Bordetella bronchiseptica, and Parainfluenza molecular diagnostic assay
results in puppies after vaccination with modified live vaccines.
Journal of Veterinary Internal Medicine 30: 164-166.
163
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
029
EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE DEL PARVOVIRUS CANINO DI TIPO 2 (CPV-2) IN ITALIA NEL PERIODO
1994-2013: IL RITORNO DELLA VARIANTE 2B
Keywords: parvovirus canino CPV-2, VP2, epidemiologia molecolare
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
scambi commerciali di animali. Gli alberi filogenetici costruiti con le
sequenze nucleotidiche ed amminoacidiche mostrano una clusterizzazione dei ceppi prevalentemente sulla base della variante virale piuttosto che sulla base della provenienza geografica.
Battilani M.[1], Balboni A.[1], De Arcangeli S.[1], Mira F.[2], Purpari G.[2], Di Bella S.[2], Guercio A.[2]
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie - Alma Mater Studiorum, Università di Bologna ~ Ozzano Emilia ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia “A. Mirri” ~ Palermo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In this study we focused phylodynamics analysis of 107 VP2 sequences
of CPV strains detected in dog showing clinical signs of gastroenteritis collected during the period 1994-2013. These animals were aged
between 2 months and 10 years, with or without vaccination history
from different breeds and both genders. The major part of fecal samples was collected in continental area of North and Central Italy and
29 faecal samples came from Sicily. VP2 gene were sequenced and a
variety of statistical analyses regarding nucleotide polymorphism and
sequence variability were assessed on the sequence data. Typizzation
of CPV strains detected 56 CPV-2a, 12 viral strains owing to CPV-2b and
39 are characterized as CPV-2c. Sixty-one genetically distinct sequences or nucleotide sequence types (ntSTs) and 19 amino acid sequence
types (aaSTs) were identified among the 107 viruses sequenced. In the
10-year observation period, the frequency of the CPV variants have
shown rapid oscillations.
mento nucleotidico e su quello aminoacidico utilizzando il programma
BioEdit. Sono state condotte una serie di analisi statistiche relative al
polimorfismo nucleotidico ed alla variabilità di sequenza utilizzando il
programma DnaSP version 5.10.1. L’analisi filogenetica sulle sequenze
nucleotidiche ed amminoacidiche ottenute è stata condotta rispettivamente con il software PAUP versione 4.0 ed il software PHYLIP version
3.695. Gli alberi filogenetici sono stati costruiti utilizzando il metodo
Maximum Likelihood e il modello HKY + I + Γ per le sequenze nucleotidiche, il modello JJT + Γ per le sequenze proteiche. I valori di bootstrap
sono stati determinati mediante 1.000 ripetizioni dell’analisi per valutare il livello di confidenza di ogni ramo dell’albero.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La caratterizzazione molecolare ha evidenziato 56 CPV-2a (52,34 %),
12 CPV-2b (11,21 %) e 39 CPV-2c (36,45 %). Nei 10 anni del periodo
di osservazione, la distribuzione delle varianti del CPV ha subito delle
rapide oscillazioni.
Fino al 2009 la variante predominante è stata la 2a, mentre nell’anno
2012 è diventata la 2c, almeno in Sicilia. La variante CPV-2a rimane
invece la variante più diffusa nei cani nell’area continentale.
Il tipo 2b, completamente scomparso nel periodo 1999-2009, è ricomparso negli anni successivi sebbene la sua presenza abbia subito delle
oscillazioni nel tempo.
A livello nucleotidico la percentuale di identità variava tra 99,3 - 99,9
%; a livello amminoacidico tra 98,9 - to 99,8 %. L’allineamento delle
sequenze nucleotidiche ed amminoacidiche ha consentito di evidenziare mutazioni sinonime e non-sinonime, alcune delle quali peculiari
e distintive rispetto alle sequenze dei ceppi di referenza utilizzate nelle
analisi. Le mutazioni amminoacidiche sono riassunte nella tabella 1.
Sono state identificate 61 distinte sequenze o nucleotide sequence
types (ntSTs) e 19 amino acid sequence types (aaSTs). La maggior parte delle ntSTs sono uniche se comparate con le sequenze dei ceppi
di referenza. Tra le 61 ntST, 41 ntST comprendevano la variante 2a, 4
includevano la variante 2b e le 16 rimanenti la 2c. A livello proteico la
variante 2a mostrava la maggiore variabilità in quanto comprendeva
12 diverse aaSTs, la variante 2b ne comprendeva 4 e la variante 2c
solo 3 aaSTs: quindi il tipo antigenico 2c sembra essere la variante più
stabile. In particolare la variante 2b si è evoluta in maniera significativa
negli anni. Fino al 1999 i ceppi di CPV-2b appartenevano alle aaST 1, 2
e 3; i più recenti ceppi di CPV-2b italiani invece presentano un profilo
genetico unico, costituendo un aaST a sé stante, l’aaST18. Anche la
filogenesi mostra come l’aaST18 formi un lineage a sé stante (figura
1). Raggruppando le sequenze in sottopopolazioni sulla base del tipo
antigenico e della provenienza geografica, sono stati calcolati diversi
parametri per stimare la diversità genetica e la variabilità di sequenza.
La variante 2a comprende il più elevato numero di ntSTs, mentre la
variante 2b presenta la più elevata diversità genetica (tabella 2). In
contrasto con la minore frequenza di distribuzione di questa variante,
il tipo 2b ha accumulato nel tempo una maggior numero di mutazioni
che giustificano la maggiore variabilità di sequenza. Inoltre la variabilità delle sequenze era più elevata nei ceppi dell’area continentale
rispetto ai ceppi della area insulare. Questo risultato è spiegabile con
il fatto che la Sicilia è un’isola, quindi come tale meno coinvolta negli
INTRODUZIONE:
Il Parvovirus canino di tipo 2 (CPV-2) è un virus nudo a DNA appartenente alla famiglia Parvoviridae, sottofamiglia Parvovirinae, genere
Protoparvovirus, ed è considerato una variante d’ospite della specie Protoparvovirus dei carnivori 1 (1). Nonostante la diffusa pratica
della vaccinazione è ancora presente nella popolazione canina dove
è responsabile di una forma di gastoenterite acuta, spesso fatale nei
cuccioli di 6-12 settimane di età. Il CPV costituisce un patogeno relativamente nuovo per il cane: emerso alla fine degli anni Settanta, in
pochi anni si è evoluto portando all’emergenza di tre varianti antigeniche, definite 2a, 2b e 2c (2-3). Le nuove varianti differiscono dall’originale tipo antigenico 2 per poche mutazioni a carico della proteina
del capside VP2, anche se tali mutazioni hanno influito su importanti
proprietà biologiche del virus quali lo spettro d’ospite, che le nuove
varianti hanno esteso al gatto; hanno inoltre abbreviato il tempo di
incubazione della malattia, sono eliminate nelle feci con una maggiore carica virale, ed una minore quantità di virus sembra richiesta per
un’efficiente infezione (4).
Attualmente l’originale tipo antigenico 2 è presente solo nei presidi
vaccinali, e le varianti 2a, 2b e 2c sono variamente distribuite nella
popolazione canina a seconda delle aree geografiche ed in percentuali
diverse a seconda degli anni. Il presente studio, si pone come obiettivo
quello di valutare la filodinamica di 107 ceppi di CPV identificati in cani
malati campionati nel periodo 1994-2013.
MATERIALI E METODI:
Sono stati inclusi nel presente studio 107 campioni fecali raccolti da
cani diarroici negli anni 1994-2013 e risultati positivi con metodiche
molecolari al CPV. I soggetti avevano età comprese tra i 2 mesi e 10
anni, vaccinati e non. Settantotto campioni fecali sono stati raccolti nel
Nord e Centro Italia, mentre 29 provenivano dalla Sicilia. Il DNA virale
è stato estratto mediante un kit del commercio ed il gene VP2 è stato
amplificato e sequenziato.
Le sequenze nucleotidiche ottenute sono state allineate con sequenze
di referenza disponibili nel database di GenBank utilizzando il metodo
ClustalW e le percentuali di identità sono state calcolate sull’allinea-
164
Tabella 1. Mutazioni amminoacidiche identificate nel gene VP2
Tabella 2. Parametri di diversità geentica stimati nei dataset di sequenze
Figura 1. Albero filogeentico costruito con le sequenze amminoacidiche della VP2
BIBLIOGRAFIA:
1. International Committee on Taxonomy of Viruses ICTV: http://ictvonline.org/virustaxonomy.asp).
2. Parrish CR, Aquadro CF, Strassheim ML, Evermann JF, Sgro J, Mohammed HO. Rapid antigenic-type replacement and DNA sequence
evolution on canine parvovirus. J Gen Virol; 1991; 65:6544-6552.
3. Buonavoglia C, Martella V, Pratelli A, Tempesta M, Cavalli A, Buonavoglia D, Bozzo G, Elia G, Decaro N, Carmichael LE. Evidence for evolution of canine parvovirus type-2 in Italy. J Gen Virol; 2001; 82:15551560.
4. Decaro N, Buonavoglia C. Canine parvovirus—A review of epidemiological and diagnostic aspects, with emphasis on type 2c. 2012; Vet
Microbiol; 155:1-12.
165
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
030
INDAGINE SULLA PRESENZA DEI VIRUS BFDV, APV E ABV IN PSITTACIFORMES PROVENIENTI
DALLE REGIONI ITALIANE DEL NORD-OVEST
Keywords: Avian bornavirus, Avian polyomavirus, Psittacine beak and feather disease virus
Biolatti C.[1], Modesto P.[1], Trisorio S.[1], Nodari S.[1], Di Blasio A.[2], Giorgi I.[2], Peletto S.[1], Palestra L.[3], Zoppi S.[2],
Dondo A.[2], Acutis P.L.[1]
Centro di Referenza Regionale animali esotici - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy,
[2]
SS Patologia Animale e Stabulario - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy,
[3]
Libero professionista ~ Genova ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Several viral diseases are known to cause severe illnesses in psittacine birds, such as avian polyomavirus (APV), avian bornavirus (ABV),
and psittacine beak and feather disease virus (BFDV). Aim of this study
was to detect the prevalence of these pathogens in parrots referred at
the Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle
d’Aosta for post-mortem evaluation. Fifty-four samples of different
species of psittacidae were collected. DNA and RNA were extracted
from several organs and feathers. Real Time PCR protocols were performed to detect BFDV and APV. Two end-point PCRs were used to
assess the presence of ABV. Thirteen animals tested positive for BFDV,
two for ABV and one for APV. BFDV-APV coinfection was found in other
11, while BFDV-ABV coinfection in two. In conclusion, taking into account the consequences of these infections, it is pivotal to test parrots
for these viruses even if there are no signs or necropsy findings clearly
indicative of diseases.
tramite due one-step RT-PCR dirette ad amplificare i geni delle proteine della matrice (M) e del nucleocapside (N).
Gli ampliconi sono stati sequenziati tramite elettroforesi capillare utilizzando lo strumento 3130 Genetic Analyzer (Life Technologies) e polimero di separazione POP7TM. Le sequenze ottenute sono state comparate,
per verificare la loro specificità, con le sequenze depositate in Genebank
utilizzando il software BLAST e l’algoritmo blastn.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Su 54 soggetti analizzati, in 29 (53%) è stata individuata la presenza di
almeno uno dei tre virus descritti. In particolare 13 (24%) sono risultati
positivi per BFDV, due (4%) per ABV e uno (2%) per APV. Inoltre, in 11
(20%) è stata descritta la presenza concomitante di BFDV e APV e in due
(4%) di BFDV e ABV. Il dettaglio delle specie a cui appartenevano i soggetti
colpiti è disponibile nel Grafico 1.
L’anamnesi è stata riportata in 14 su 29 animali e l’indicazione più frequente è stata morte improvvisa (8 su 14 casi, 57%).
Altri microrganismi, potenziali patogeni, sono stati individuati in cinque
soggetti: Aspergillus spp (2), Staphilococcus spp (2) ed E. coli (1).
Di seguito la descrizione dei rilievi anatomo-patologici osservati nei due
gruppi più consistenti: gli animali in cui è stata osservata la presenza del
solo BFDV e quelli positivi contemporaneamente per BFDV ed APV.
I reperti necroscopici maggiormente riscontrati nel primo gruppo sono
stati enterite (7 su 13 casi, 54%), distensione del gozzo (3 su 13, 23%) e
lesioni epatiche (3 su 13, 23%). Deplumazione e deformazione del becco
sono state descritte una sola volta, in due soggetti differenti.
Le lesioni più osservate negli animali rivelatisi positivi sia a BFDV che ad
APV sono state enterite (5 su 11 casi, 45%), distensione del gozzo (2 su 11,
18%) e nefrosi (2 su 11, 18%). Un solo soggetto presentava deplumazione.
Dall’analisi dei dati emerge che l’impatto di questi virus sulla popolazione
di Psittaciformes afferenti al nostro Istituto è considerevole, dato che più
della metà dei soggetti sottoposti ad esame necroscopico è risultato affetto da almeno uno dei tre agenti patogeni.
In particolare le percentuali di positività a BFDV e APV, osservate nel
presente studio (47% e 22%, rispettivamente), risultano molto più alte
rispetto a quelle descritte in un lavoro effettuato nel 2005, su campioni
provenienti da tutto il territorio italiano (8,05% e 0,79%) (1). La stessa osservazione può essere fatta per le coinfezioni, in questa serie di dati sono
state rilevate 11 coinfezioni BFDV-APV su 54 animali, mentre il lavoro di
Bert e colleghi ne riportava 2 su 1516 (1). Inoltre, in due animali si è osservata la presenza contemporanea di BFDV e ABV.
A parte il riscontro di morte improvvisa, tipico di BDFV e APV nei soggetti
giovani, in pochi casi la sintomatologia e le lesioni anatomo-patologiche
sono state quelle descritte in letteratura (2, 4).
In conclusione, tenuto conto della spiccata virulenza di tali infezioni e
la possibilità di BFDV ed ABV di dare infezioni asintomatiche a carattere
immunosoppressivo (2, 4), risulta importante testare tutti gli psittacidi,
anche in caso di assenza di sintomatologia o reperti post-mortem chiaramente aspecifici. Infine, una caratterizzazione molecolare più approfondita sarebbe utile per spiegare l’andamento epidemiologico di tali
patologie.
INTRODUZIONE:
Gli uccelli dell’ordine Psittaciformes sono diffusi in natura nelle regioni
tropicali e subtropicali. Molti individui, però, sono ospitati nelle case
private come animali da compagnia.
Le patologie infettive, in particolar modo quelle virali, sono causa delle
più comuni problematiche cliniche osservate nei soggetti in cattività
(4). Il psittacine beak and feather disease virus (BFDV), l’avian polyomavirus (APV) e l’avian bornavirus (ABV) sono tra gli agenti patogeni
maggiormente implicati, anche per le difficoltà che si riscontrano nel
trattamento dei soggetti coinvolti e nel controllo della loro diffusione
(2, 4).
Il BFDV, membro del genere Circovirus, causa, in soggetti adulti, progressiva distrofia e perdita delle penne e deformità del becco, e in pulcini e giovani, morte improvvisa. L’APV è in grado di provocare morte
improvvisa, dilatazione addominale e anomalia del piumaggio. L’ABV,
invece, è l’agente putativo della proventicular dilatation disease, patologia che colpisce il sistema nervoso e l’apparato gastroenterico (2, 4).
Scopo del presente lavoro è stato indagare la presenza di questi virus
tra gli uccelli appartenenti all’ordine Psittaciformes riferiti all’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, per
l’esame necroscopico.
MATERIALI E METODI:
A partire dal 2012, campioni di 54 Psittaciformes, routinariamente sottoposti ad esame necroscopico, sono stati analizzati per l’individuazione di BFDV, APV ed ABV.
Per ogni soggetto, DNA e RNA sono stati estratti da polmone, calamo,
muscolo cardiaco, fegato, rene, milza, intestino ed encefalo (kit AllPrep DNA/RNA Mini Kit, Qiagen).
Per la diagnosi di BFDV e APV sono state implementate due PCR, modificate da Katoh e colleghi (3), dirette ad amplificare le regioni della
proteina replicazione-associata e dell’antigene T, rispettivamente. La
ricerca di ABV è stata effettuata utilizzando il protocollo suggerito da
Kloet e colleghi (5) che permette di rilevare differenti genotipi del virus
166
Grafico 1: soggetti in cui è stata rilevata la presenza dei virus BFDV,
APV e ABV, suddivisi per specie.
BIBLIOGRAFIA:
1 Bert E, Tomassone L, Peccati C, Navarrete MG, Sola SC. 2005. Detection of beak and feather disease virus (BFDV) and avian polyomavirus
(APV) DNA in psittacine birds in Italy. J Vet Med B Infect Dis Vet Public
Health. Mar;52(2):64-8.
2 Hoppes SM, Tizard I, Shivaprasad HL. 2013. Avian bornavirus and
proventricular dilatation disease: diagnostics, pathology, prevalence,
and control. Vet Clin North Am Exot Anim Pract. May;16(2):339-55.
3 Katoh H, Ohya K, Fukushi H. 2008. Development of novel real-time
PCR assays for detecting DNA virus infections in psittaciform birds. J
Virol Methods. Dec;154(1-2):92-8.
4 Katoh H, Ogawa H, Ohya K, Fukushi H. 2010. A review of DNA viral
infections in psittacine birds. J Vet Med Sci. Sep;72(9):1099-106.
5 Kloet AH, Kerski A, de Kloet SR. 2011. Diagnosis of Avian bornavirus
infection in psittaciformes by serum antibody detection and reverse
transcription polymerase chain reaction assay using feather calami. J
Vet Diagn Invest. May;23(3):421-9.
167
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
031
CARATTERIZZAZIONE BIOLOGICA DI CELLULE TUMORALI CON PROPRIETA’ STAMINALI IN LINEE
CELLULARI DI OSTEOSARCOMA CANINO
Keywords: osteosarcoma canino, cellule staminali tumorali, oncologia comparata
Campanella C.[1], Gatti M.[2], Wurth R.[2], Vito G.[1], Thellung S.[2], Maniscalco L.[3], De Maria R.[3], Ratto A.[1], Bozzetta E.[1],
Ferrari A.[1], Barbieri F.[2], Florio T.[2]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - Centro di Referenza Nazionale per l’Oncologia Veterinaria e
Comparata (CEROVEC) ~ Genova ~ Italy, [2]Università degli Studi di Genova - DIMI, Sezione di Farmacologia ~ Genova ~ Italy, [3]Università
degli Studi di Torino - Dipartimento di Scienze Veterinarie ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Cancer stem cells (CSCs), identified in several tumors including human
osteosarcoma (OSA), represent a small cell subpopulation responsible for tumor formation, progression, drug resistance, recurrence
and metastasization. CSCs exhibit peculiar properties: self-renewal,
expression of stem cell markers, differentiation potential and tumorigenicity. Here we report the isolation of CSCs from two canine OSA primary cultures maintained in serum-free medium containing EGF and
bFGF as non-adherent spheroid, and their characterization for marker
expression and in vitro proliferation rate. Current therapies for OSA
increase survival time, but prognosis remains poor, due to drug resistance and metastasization. Chemotherapy shrinks the tumor mass
but CSCs remain unaffected, leading to tumor recurrence. Our results
demonstrate the feasibility of obtaining CSC-enriched cultures from
canine OSA primary cultures as a promising model for biological and
pharmacological studies of canine and human OSAs.
post-chirurgici di neoplasie ossee appendicolari canine diagnosticate
all’esame istologico come osteosarcoma: osteoblastico produttivo
(OSA1) e condroblastico produttivo (OSA 2) (Tabella 1).
Al fine di confermare il fenotipo delle cellule ottenute dal tessuto chirurgico è stata eseguita la colorazione immunoistochimica con fosfatasi alcalina (ALP), specifica per il tessuto osseo.
Le colture sono state mantenute in terreno Iscove’s modified DMEM
(IMDM) addizionato con siero fetale bovino (SFB) al 10%, glutammina
e penicillina/streptomicina. L’arricchimento in cellule staminali tumorali è stato reso possibile attraverso la crescita in condizioni selettive:
terreno IMDM privo di siero, addizionato con N2 e fattori di crescita:
EGF e bFGF.
Le proprietà biologiche delle CST sono state valutate mediante test di
sferogenesi in vitro per analizzare l’autorinnovamento, attraverso la
dissociazione, in singole cellule, degli aggregati primari in sospensione
(sferoidi) ed il monitoraggio dell’efficienza di formazione di sfere secondarie, in successivi passaggi di dissociazione/sferogenesi.
E’ stata valutata mediante immunofluorescenza l’espressione dei seguenti marcatori: osterix (Osx: marcatore di progenitori osteoblastici),
osteocalcina, osteonectina, procollagene di tipo I (propri del tessuto
osseo), Oct4 e CD133 (indicatori di staminalità), CXCR4 (recettore chemochinico coinvolto nella proliferazione tumorale). La capacità delle
CST di differenziare è stata valutata monitorando le colture dopo rimozione dei fattori EGF e bFGF dal terreno ed aggiunta di SFB al 10%.
Inoltre è stato verificato il potenziale proliferativo delle CST, in vitro,
confrontandolo con quello delle colture di origine mediante test colorimetrico MTT (3-(4, 5-dimethylthiazolyl-2)-2, 5-diphenyltetrazolium
bromide), condotto ad intervalli di tempo programmati fino a 7 giorni.
INTRODUZIONE:
L’osteosarcoma (OSA) rappresenta uno dei più frequenti (circa l’85%)
tumori maligni ossei nel cane, dove mostra caratteristiche cliniche e
patologiche analoghe alla neoplasia umana (1, 2), prestandosi pertanto ad essere un buon modello comparativo per lo studio di nuovi markers prognostici e terapeutici.
Analogamente ad altri tipi di cancro, l’OSA è caratterizzato da una
composizione cellulare eterogenea, comprendente cellule tumorali
differenziate e cellule staminali tumorali (CST), una sottopopolazione
caratterizzata da proprietà specifiche quali l’autorinnovamento, lo stato indifferenziato, la multipotenzialità (ovvero la capacità di differenziare in cellule mature appartenenti al tessuto di origine: nel caso del
tessuto osseo in direzione osteogenica o adipogenica) e l’espressione
di marcatori di staminalità (4).
Le CST sono dotate di elevata tumorigenicità, contribuiscono alla farmacoresistenza ed alla formazione di metastasi e recidive. Per l’OSA
canino, nonostante le attuali terapie siano in grado di migliorare la
sopravvivenza, la prognosi risulta spesso infausta a causa della resistenza ai comuni approcci terapeutici e alla frequente insorgenza di
metastasi.
I farmaci antineoplastici classici sono principalmente diretti ad inibire la crescita delle cellule tumorali differenziate proliferanti mentre la
frazione staminale/tumorigenica non viene inibita e può sostenere la
progressione e la recidiva tumorale. Le cellule staminali sono ad oggi
considerate un nuovo target per la ricerca di strategie antitumorali efficaci e selettive.
In ambito veterinario le CST sono state isolate dal carcinoma mammario felino (3) attraverso un protocollo sperimentale messo a punto dal
gruppo di lavoro del CEROVEC.
L’obiettivo di questo lavoro è isolare e caratterizzare da un punto di
vista biologico le CST da colture primarie derivate da OSA canino.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
La percentuale di cellule Osx-positive è apparsa più elevata in OSA1
(22%) e OSA2 (33%), rispetto alle CST (2%).
Questo lavoro dimostra la possibilità di isolare le CST da colture primarie di OSA canino in possesso delle caratteristiche distintive di staminalità, che possono rappresentare un buon modello per studi pre-clinici
in oncologia veterinaria e comparata, soprattutto per la ricerca di molecole antineoplastiche innovative. Le similitudini, tra OSA canino e
umano, per quanto riguarda l’espressione genica, il comportamento
clinico e biologico, incluse l’eterogeneità cellulare e le proprietà del
microambiente tumorale, supportano lo sviluppo di questo modello di
CST canine in campo farmacologico e biologico.
BIBLIOGRAFIA:
1. Loukopoulos, P. and Robinson, W. F. 2007. Clinicopathological relevance of tumour grading in canine osteosarcoma. Journal of Comparative Pathology, 136: 65-73.
2. Morello E., Martano M. and Buracco P., 2011, Biology, diagnosis and
treatment of canine appendicular osteosarcoma: similarities and differencies with human osteosarcoma, Vet J., 189: 268-277.
3. Barbieri F., Wurth R., Ratto A., Campanella C., Vito G., Thellung S.,
Daga A., Cilli M., Ferrari A. and Florio T., 2012, Isolation of stem-like
cells from spontaneous feline mammary carcinomas: phenotypic characterization and tumorigenic potential, Exp. Cell Res, 318: 847-860.
4. Gibbs C.P., Kukekov V.G., Reith J.D., Tchigrinova O., Suslov O.N., Scott
E.W., Ghivizzani S.C., Ignatova T.N., and Steindler D.A., 2005, Stem-like
cells in bone sarcomas: implications for tumorigenesis, Neoplasia, 7:
967-976.
Linee cellulari primarie di osteosarcoma canino: caratteristiche clinicopatologiche
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati in immunofluorescenza hanno confermato l’espressione, con
pattern e livelli di positività variabili nelle due colture primarie, dei
marcatori studiati: in OSA2 si è rilevata la presenza omogenea sia di
procollagene di tipo I, che di osteocalcina, mentre quella di osteonectina solo in cellule sparse; in OSA1 si è osservata l’espressione di tutti e
tre i markers in modo omogeneo, ma ad un livello più basso.
In condizioni standard i livelli di crescita cellulare sono risultati maggiori in OSA1 rispetto ad OSA2, ma significativamente ridotti nelle
colture CST. Il test di sferogenesi ha dimostrato la capacità di autorinnovamento delle colture arricchite in CST, sia di OSA1 che di OSA2,
in grado di formare sfere anche dopo successivi passaggi di disgregazione a singola cellula.
Un alto grado di espressione di Oct4 e CXCR4 è stato osservato in
entrambe le colture CST, mentre CD133 è risultato meno evidente.
MATERIALI E METODI:
Due colture primarie di osteoblasti sono state ottenute da campioni
168
169
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
032
DEVELOPMENT OF A REAL-TIME PCR FOR DETECTION OF MYCOPLASMA AGALACTIAE IN BULK TANK
MILK SAMPLES AND EPIDEMIOLOGY OF INFECTION IN SARDINIA
Keywords: Mycoplasma agalactiae, Real-Time PCR, Epidemiology
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
trollati attraverso indagine microbiologica e PCR con primers specifici (Tola et al., 1996) su latte individuale e di massa per confermare
la positività.
La visualizzazione della distribuzione geografica degli allevamenti,
dei campioni e dei risultati della Real-Time PCR è stata effettuata
tramite software GIS (ESRI ARCGIS 10.3)
Carta T.[1], Mannu F.[2], Fadda M.[1], Ibba I.[3], Muggianu D.[3], Turrini F.[2], Pittau M.[1], Chessa B.[1]
Dipartimento di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Sassari ~ Sassari ~ Italy, [2]Nurex s.r.l. ~ Sassari ~ Italy,
[3]
Associazione Regionale Allevatori Sardegna (ARAS) ~ Oristano ~ Italy
[1]
MATERIALI E METODI:
- Costruzione delle sonde e Real-Time PCR
Primers e sonda sono stati costruiti sulla sequenza del gene p48 di
Mycoplasma agalactiae, una lipoproteina di membrana immunodominante, sempre espressa e non variabile (Rosati et al., 1999). Un
altro set di primers e sonda è stato costruito sul gene codificante
per la ß-actina dei ruminanti (GenBank IDAY141970) che è stato
scelto come controllo interno della reazione.
Le concentrazioni di primers e sonde sono state aggiustate per
ottenere il miglior segnale di fluorescenza e il minimo background
aspecifico. E’ stata così allestita una multiplex Real-Time PCR con
sonda MGB-p48 e con sonda marcata HEX per la ß-actina come
controllo interno più i rispettivi primers. Tutte le reazioni sono state approntate in un volume di 25 μl che comprendeva: Buffer 10X,
dNTPs (10mM), Mgcl2 (25mM), Primer forward (10 μM), Primer
reverse (10 μM), sonda MGB P48 (100 nM), sonda ß-actina (100
nM), Gold TaqMan (1.25 U) e 5μl di DNA (50 ng/μl). Per l’amplificazione è stato utilizzato il termociclatore Cfx (Biorad) con il seguente
programma: 40 cicli di 95°C per 15 sec, 57°C per 30 sec e 72°C per
30 sec.
SUMMARY:
In this work the Mycoplasma agalactiae p48 gene was used as a diagnostic marker for contagious agalactia (CA) of sheep and goats by RealTime PCR. The p48 gene encodes an invariable, constantly expressed,
immunodominant surface lipoprotein belongs to the basic membrane
protein family. The Real-Time PCR test based on p48 resulted specific
and sensible. The test performance were evaluated on bulk tank milk
samples collected from 1064 ovine and 66 goat farms in sardinian region. 4.8% of sheep farms and 4.5 % of goat farms tested positive. Our
results showed that the test based on the p48 gene can be used on bulk
tank milk for detection and epidemiological surveillance of Mycoplasma
agalactiae infections.
INTRODUZIONE:
L’Agalassia Contagiosa (AC) è una malattia cosmopolita ad andamento
epidemico che colpisce i piccoli ruminanti. L’agente eziologico è il Mycoplasma agalactiae. La malattia provoca mastiti, con brusche riduzioni
della produzione di latte, artriti, cheratocongiuntiviti e aborto. I danni
economici causati dalla AC sono molto rilevanti, per questo è compresa
nella lista delle malattie soggette a denuncia nel regolamento di polizia
veterinaria. Il trattamento antibiotico permette solo un miglioramento
dello stato generale degli animali trattati che continuano comunque a
eliminare micoplasmi con il latte. In numerosi paesi sono in atto piani di
eradicazione e di controllo ma, a causa della rapida diffusione e della lunga persistenza negli allevamenti infetti, gli strumenti di profilassi sanitaria
e immunizzante non permettono di controllare in maniera soddisfacente
la diffusione della patologia (Bergonier et al. 1997; Corrales et al., 2007).
La disponibilità di metodiche diagnostiche che permettano una rapida
ed economica identificazione degli allevamenti in cui Mycoplasma agalactiae continua a circolare può rappresentare un valido strumento per
il monitoraggio epidemiologico e per approntare misure di profilassi sanitaria più efficaci.
Scopo di questo lavoro è stato quello di allestire un kit diagnostico in
Real-Time PCR basato sul gene codificante per la lipoproteina P48 di
Mycoplasma agalactiae e mettere a punto un protocollo di estrazione
automatizzato a partire da 300 μl di latte di massa. Il sistema, dopo validazione in vitro, è stato utilizzato per un’indagine epidemiologica su allevamenti ovini e caprini in Sardegna.
- Test di sensibilità e specificità
La specificità del sistema è stata valutata attraverso amplificazione
di 20 ng di DNA genomico estratto da diversi isolati di campo e ceppo di referenza PG2 di Mycoplasma agalactiae e da altre specie di
micoplasmi: M. spumans, M. arthriditis, M. bovis, M. capricolum,
M. Gypis, M. hominis, M. mycoides subsp. capri, M. salivarum, M.
congiuntivae.
La sensibilità del test è stata valutata attraverso diluizioni scalari di un plasmide (pVAX1) in cui era stato clonato il gene p48. Le
diluizioni sono state fatte in parallelo in H2O milliQ e in latte (da
cui è stato estratto il DNA con il sistema automatizzato descritto in
seguito) e successivamente amplificate in tre PCR indipendenti per
ogni diluizione.
- Scelta e raccolta campioni di latte di massa ed estrazione automatizzata del DNA
L’indagine biomolecolare descritta in questo lavoro è stata condotta su campioni di latte massale destinati al laboratorio dell’Associazione Regionale Allevatori della Sardegna (ARAS) per i controlli
di qualità. I campioni sono stati raccolti tra la primavera del 2014
e quella del 2015 da 1064 aziende ovine (8,5% degli allevamenti) e
63 aziende caprine distribuite nell’isola (Fig. 1a).
Per l’estrazione del DNA da latte di massa è stato utilizzato un
estrattore automatico per acidi nucleici sviluppato dalla Nurex s.r.l.
Il processo di estrazione è basato sull’utilizzo di biglie paramagnetiche ad alta affinità per gli acidi nucleici. L’efficienza dell’estrazione
è stata valutata comparando il sistema con analoghi commerciali
automatizzati o su colonnina. Il campione di latte massale utilizzato
per l’estrazione è stato di 300 μl. Il DNA estratto è stato successivamente amplificato seguendo il protocollo descritto.
Una quota degli allevamenti positivi al test p48 sono stati ricon-
Tab.1- Valori medi di CT su un totale di 3 repliche per ciascuna diluizione
170
Tab. 2 - Numero degli allevamenti testati e numero dei positivi nelle
diverse province sarde.
BIBLIOGRAFIA:
Bergonier D., et al. 1997 - Rev. Sci. Tech. Off. Int. Epizoot. 16, 848-873.
Corrales J.C., et al. 2007 - Small Rumin. Res. 68, 154-166.
Rosati S., et al. 1999 - Infect. Immun. 67, 6213-6216.
Tola et al., 1997 - Vet Microbiol. Jan;54(1):17-22.
Fig. 1 - Mappe GIS degli allevamenti e risultati della Q-PCR a) in
grigio sono raffigurati gli allevamenti totali, in blu gli allevamenti
testati; b) in giallo sono raffigurati gli allevamenti ovini negativi
e in rosso quelli positivi; in verde gli allevamenti caprini negativi
mentre in viola quelli positivi.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In questo lavoro è stato utilizzato il gene codificante per la P48
di Mycoplasma agalactiae come marker diagnostico per l’agalassia
contagiosa delle pecore e delle capre.
Il test impiegato ha mostrato elevata specificità, avendo amplificato solamente il DNA proveniente da M. agalactiae. Nessun segnale è stato rilevato per gli altri micoplasmi utilizzati nella prova,
compreso il M. bovis. I risultati del test di sensibilità (Tab.1) hanno
evidenziato che l’amplificazione si realizzava quando il numero di
copie del gene bersaglio era tra 1 e 10 per le diluizioni del plasmide
in TE e superiori a 10 per le diluizioni con il latte; il coefficiente di
regressione (R2) era di 0,994 e di 0,943 rispettivamente.
Sono risultati positivi 51 allevamenti ovini e 3 caprini, pari rispettivamente al 4,8 % ed al 4,5% degli esaminati (Tab.2 e Fig.2b).
Gli allevamenti positivi sottoposti a controllo microbiologico e PCR
specifica su latte individuale e di massa hanno confermato la presenza di M. agalactiae.
Dal punto di vista epidemiologico, la distribuzione delle zone infette e indenni risulta a gruppi, costituendo clusters meglio evidenziabili nelle aree più campionate, sia per i comparti ovino che caprino
che risultano altresì sovrapponibili come esiti.
I risultati ottenuti in questo lavoro dimostrano che il test basato
sul gene p48 è specifico e sensibile e può essere utilizzato sul latte
di massa come strumento di monitoraggio epidemiologico delle infezioni sostenute da Mycoplasma agalactiae al fine di realizzare un
sistema di controllo sanitario permanente e ottimizzare le misure
di profilassi di questa patologia a elevato impatto economico sul
territorio.
171
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
033
FATTORI DI RISCHIO E PREVALENZA SIEROLOGICA DELLA MALATTIA DI AUJESZKY
IN POPOLAZIONI DI CINGHIALI DEL NORD-OVEST ITALIA, AL FINE DI FAVORIRE
UNA SORVEGLIANZA TERRITORIALE RISK - BASED
Keywords: Aujeszky, Pseudorabies virus, Cinghiali
Caruso C.[1], Vitale N.[1], Prato R.[1], Radaelli M.C.[1], Zoppi S.[1], Possidente R.[1], Dondo A.[1], Moreno Martin A.[2], Masoero L.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’ Aosta ~ Torino ~ Italy, [2]Centro di Riferimento Nazionale per la
Malattia di Aujeszky (IZSLER) ~ Brescia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
PrV circulation in wild boars remains a threat for a re-incursion into the
currently “low prevalence” swine population. We reported prevalence
data in two north- west Italian wild boars populations under different
management regimes (free range vs enclosure) and associated risk factors. 1425 wild boars sera were collected (2012/2015); overall, raw seroprevalence rate was 30.39% (433/1425). In contrast, analysis of the
two distinct populations showed a significant difference in prevalence
rate: in the free ranging was 9.98% (90/902; CI95%; 8.10-12.12%), that
is much lower compared to 65.58% (343/523 CI95%; 61.51-69.65%),
recorded in population living in La Mandria. Adults and females were
observed to be statistically significant in both populations. For this final stage of Aujeszky’s disease eradication in Italy, it’s essential to set
specific epidemiological scenario in wild boars for guiding risk-based
measures.
soggetti inclusi.
Nel complesso, 1425 sieri (902 provenienti da cinghiali free-living vs 523
provenienti da popolazione chiusa) sono stati raccolti durante 4 stagioni venatorie (2011-2012 al 2015-2016). Anticorpi (Abs) totali anti - PrV
sono stati rilevati mediante kit ELISA prodotto e fornito dal CNR per la
Malattia di Aujeszky. Le variabili considerate nello studio sono state: età
(giovane vs adulto), sesso (maschio vs femmina) e, solo nella popolazione libera, i distretti di cattura (distretti alpini di Cuneo, Torino, Biella,
Vercelli e Verbania).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il dato grezzo di sieroprevalenza della AD per il periodo di studio è del
30,39% (433/1425; IC 95% 28,01-32,85%). Tuttavia, l’analisi distinta
delle due popolazioni (free-living vs chiusa) ha mostrato una differenza
significativa (X2= 483,90, p <0.0001): nei cinghiali free-living, la sieroprevalenza è del 9,98% (90/902; IC95%; 8,10-12,12%), molto più bassa rispetto al 65.58% (343/523 IC95%; 61,51-69,65%), registrata nella popolazione chiusa del Parco “La Mandria”. Quest’ultimo risultato è coerente
con dati di prevalenza riportati da Boadella (2012,p = 56%), sottolineando che nelle popolazioni chiuse sono favoriti fenomeni di aggregazione
e interazioni sociali, favorendo, nel contempo, la trasmissione di PrV.
I nostri risultati non sono inaspettati dato che in Italia, la prevalenza
della AD nelle popolazioni di cinghiali risulta molto variabile, oscillando
tra il 4% e il 30%, e con due diversi scenari tra popolazione alpine (Italia
settentrionale, popolazioni a bassa densità) e popolazioni appenniniche (Centro-Sud Italia, popolazioni ad alta densità). Tuttavia, anche se
il territorio Piemontese è caratterizzato dalla presenza di catene alpine,
i nostri risultati non sono in linea con quanto riportato in studi simili effettuati in Nord Italia (4,97%), bensì si avvicinano maggiormente ai dati
descritti nel Centro/Sud Italia (3). Infatti, sebbene per il Piemonte siano
indisponibili dati consolidati di censimento del cinghiale, le linee guida
emanate dal MiPaaF sulla “Gestione del cinghiale” riportano le caratteristiche di diffusione di questa specie sul territorio regionale molto più
vicine a quelle appenniniche (popolazione costante, permanente e diffusa), che non a quelle alpine. Ciò potrebbe giustificare la rilevazione di
percentuali di sieroprevalenza più elevate.
INTRODUZIONE:
Grazie all’implementazione di programmi nazionali di controllo ed eradicazione della Malattia di Aujeszky (AD), molti Stati europei hanno
ottenuto la status di “AD free” nella popolazione suinicola (vietando
la vaccinazione) mentre, in altri paesi, la prevalenza della malattia è
drasticamente diminuita (Dec.2010/434/UE). Alla luce di ciò, la popolazione di suini domestici può essere considerata nei confronti della AD
“sierologicamente non protetta o parzialmente protetta”; pertanto, la
circolazione del virus della Pseudorabbia (PrV) nei cinghiali rimane una
costante minaccia per una possibile re-incursione in allevamenti e territori indenni. Nonostante studi epidemiologici abbiano suggerito una
differenza tra i ceppi di PrV del cinghiale e suino domestico (1,5), con
basso rischio di spillover, alcuni focolai recenti in allevamenti suini in
Francia e U.S., sono stati imputati a ceppi di PrV circolanti in cinghiali(3).
In Italia, grazie ai DD.MM. 30/12/2010 e 4/08/2011 che hanno integrato
il Piano Nazionale di cui al D.M. 1/04/1997, si è registrata una notevole riduzione della circolazione di PrV nei suini domestici (2) soprattutto
in Nord-Italia. Per raggiungere più velocemente lo stato di “AD-free”, il
Piemonte ha rafforzato le misure sanitarie di controllo anche attraverso provvedimenti regionali. Con tali misure, il Piemonte è passato da
percentuali di sieroprevalenza del 22,10% (2012) al 9,84% (2015) negli
allevamenti suini, nonostante un monitoraggio sierologico e virologico
nella fauna selvatica, abbia dimostrato una continua circolazione di PrV
in cinghiali e carnivori(1). In questa fase finale di eradicazione, un focus
aggiornato sull’epidemiologia della AD nei cinghiali può aiutare a valutare il potenziale rischio di re-introduzione della malattia, attraverso l’acquisizione di dati epidemiologici sulla circolazione virale in popolazioni
del territorio nazionale.
I fattori di rischio (OR) sono schematizzati in Tabella 1.
Nella popolazione free-living, i fattori associati a sieropositività sono
età, sesso e area geografica. In particolare, la differenza è statisticamente significativa tra giovani e adulti (OR: 3.950) confermando che
l’età adulta incide maggiormente sulla sieropositività rispetto al sesso.
Tuttavia, anche le femmine hanno una possibilità di essere sierologicamente positive due volte superiore rispetto ai maschi, probabilmente
a causa di comportamenti sociali specifici (gregarietà e cure materne
che favoriscono vie dirette di trasmissione).
I dati mostrano anche che la prevalenza sierologica più bassa è stata rilevata in cinghiali cacciati in provincia di Cuneo, nonostante essa
detenga il maggior numero di allevamenti e suini domestici (56% e
72,6%, rispettivamente) e nonostante sia stato segnalato il più alto numero di focolai di AD nel 2015; ciò sembra confermare l’ipotesi di due
MATERIALI E METODI:
Sono state analizzate due popolazioni di cinghiali a differente management: i) la popolazione libera del territorio piemontese ii) una popolazione chiusa del Parco Regionale “La Mandria”, un’area recintata di
36 km2 con una densità stimata di 18 animali/km2. L’analisi descrittiva
delle popolazioni ha mostrato una struttura simile per età e sesso dei
172
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
cicli distinti d’infezione tra suino domestico e cinghiali.
Nella popolazione chiusa, le stesse variabili riscontrate nella popolazione free-living (adulti e femmine) sono risultate statisticamente
significative e, di conseguenza, la diversa gestione non farebbe variare
i fattori di rischio associati.
In conclusione, abbiamo dimostrato un diverso scenario d’infezione
nella regione Piemonte rispetto ad altre regioni alpine, sottolineando
la necessità di acquisire dati più strutturali, puntuali e territoriali sulla
dinamica di infezione nei cinghiali. L’acquisizione di tali dati, potrebbe
essere di particolare rilevanza per valutare lo status immunitario delle
popolazione di cinghiali nei confronti della AD e anche un possibile
impatto su specie protette o da poco reintrodotte sul territorio nazionale (lupo). E’ auspicabile anche procedere alla caratterizzazione
molecolare di ceppi di PrV circolanti sull’intero territorio nazionale,
per determinare la possibilità di una condivisione virale nell’interfaccia suino/cinghiale.
Dati di sieroprevalenza della AD stratificata per variabili e Odds
Ratio (OR)
BIBLIOGRAFIA:
1. Caruso C.,Dondo A.,Cerutti F,Masoero L.,Rosamilia A.,Zoppi
S.,D’Errico V.,Grattarola C.,Acutis P.L.,Peletto S. 2014. Aujeszky’s
Disease in Red Fox (Vulpes vulpes): Phylogenetic Analysis Unravels
an Unexpected Epidemiologic Link. Jour Wild Dis.50(3)
2. Chiari M.,Ferrari N.,Bertoletti M.,Avisani D.,Cerioli M.,Zanoni
M.,Alborali G.L.,Lanfranchi P.,Lelli D.,Martin A.M., Lavazza A.
2015. Long-Term Surveillance of Aujeszky’s Disease in the Alpine
Wild Boar (Sus scrofa). EcoHealth
3. Guberti V.,Ferrari G.,Fenati M.,De Marco M.A., Pasquali T. 2002.
Pseudorabies in wild boar. Proceedings of the 4th meeting of the
European Association of Zoo and Wildlife Veterinarians (EAZWV),
Heidelberg
4. Hahn E.C,Fadl-Alla B.,Lichtensteiger C.A,2010. Variation of
Aujeszky’s disease viruses in wild boar in USA. Vet. Micr. 143: 4551
5. Moreno A.,Sozzi E.,Grilli G., Gibelli L.R.,Gelmetti D.,Lelli D.,Chiari
M.,Prati P.,Alborali G. L.,Boniotti M.B., Lavazza A.,Cordioli P. 2015.
Detection and molecular analysis of Pseudorabies virus strains
isolated from dogs and a wild boar in Italy. Vet. Mic.177/359-365
173
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
034
CIRCOLAZIONE DI UN NUOVO GENOTIPO DI BORDER DISEASE VIRUS (BDV-8)
IN NORD-OVEST ITALIA: UN OVERVIEW
Keywords: Border disease, Pestivirus, Genotipo
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
of border disease virus infection in Southern chamois (Rupicapra pyrenaica) after an outbreak of disease in the Pyrenees (NE Spain) Vet.
Mic. 127, 29-38.
4) Peletto S., Caruso C., Cerutti F., Modesto P., Zoppi S., Dondo A., Acutis P.L., Masoero L. - A new genotype of Border Disease Virus (BDV)
with implications for molecular diagnostics. - Arch.Virol. 2015.
5) Rossi E., Bazzucchi M, Casciari C., Pierini I., Giammarioli G., De Mia
G.M. Caratterizzazione Genetica Di Pestivirus Ovini E Caprini Associati
A Sindromi Borderlike Tra Il 2002 E Il 2014 - Virvet 2014
6) Vilcek S & Paton DJ (2000) A RT-PCR assay for the rapid recognition
of border disease virus. Vet Res 31: 437-445.
virali nuovi ed emergenti sul territorio nazionale, conferma l’importanza di inserire nei protocolli diagnostici integrati la filogenesi degli
isolati. La disponibilità delle sequenze di BDV circolanti sul territorio
oggetto dello studio, potrà fornire un ulteriore contributo per definire
link epidemiologici con un’evidente ricaduta nel controllo di tali forme
patologiche.
Caruso C.[1], Acutis P.L.[1], Cerutti F.[1], Prato R.[1], Modesto P.[1], De Marco L.[1], Masoero L.[1], Peletto S.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’ Aosta ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Border Disease virus (BDV) is a (+) single-stranded RNA pestivirus affecting mainly sheep and goats worldwide. Genetic typing of BDV has
led to the identification of at least seven major genotypes.
This study would provide a diagnostic and epidemiological overview of
the new BDV genotype, tentatively termed BDV-8, identified both in a
goat and in an Alpine chamois (Rupicapra rupicapra) in North - Western Italy. In addition to the clinical and pathological findings, we also
described laboratory tools to identify this new variant, which has been
shown to have a certain degree of “diagnostic escape”.
ghezza attesa nel primo step (288 bp), mentre i primer BDV specifici
fallivano nell’amplificare il frammento interno. Tale “comportamento
diagnostico” è giustificato dalla presenza di mismatches all’estremità
3’ del reverse primer (PDB2) specifico per BDV: tali mutazioni, seppur
comuni, sono risultate differenti tra i due ceppi (triplette ATA e ACA,
rispettivamente). L’analisi filogenetica del ceppo BDV caprino condotta
sulle regioni 5’UTR e Npro ha evidenziato una similarità variabile tra
il 77.8-89.7% nella regione 5’-UTR e 66.5-78.4% in Npro con i ceppi
Pestivirus di referenza, giustificando la proposta di un nuovo genotipo.
In aggiunta, l’analisi filogenetica effettuata sul ceppo BDV isolato dal
camoscio ne ha, di fatto, confermato la localizzazione in un ramo separato dell’albero filogenetico, contestualmente allo stipite caprino,
evidenziando un’identità nucleotidica tra i due ceppi variabile tra il
93.6% e 92.3% per 5’-UTR e Npro, rispettivamente (Fig.1). L’isolamento virale è stato possibile solo per il ceppo identificato nel camoscio,
mediante tre passaggi seriali su cellule SFTR (fetal sheep thymus cell)
e successiva dimostrazione dell’aumento del titolo virale mediante kit
commerciali real time RT-PCR (Fig.2). Va peraltro sottolineato che tali
kit (IDEXX RealPCR BVDV e QIAGEN virotype BVDV RT-PCR ), pur non
essendo stati validati per la detection di BDV, si sono dimostrati versatili e utili per la rivelazione del nuovo genotipo BDV-8.
E’ stato valutato anche il livello di detection del kit IDEXX BVDV Ag/
Serum Plus basato sulla rivelazione dell’antigene Erns(gp44-48); i campioni (milza e polmone camoscio) sono stati pre-trattati e lisati in Ear
notch lysis buffer. Pur non essendo incluse tra le matrici analizzabili, il
kit ELISA ha correttamente identificato BDV-8 in entrambi i campioni.
Concludendo, l’iter diagnostico ha chiaramente dimostrato, per entrambi i ceppi, il fallimento dei primers PCR specifici per BDV (PDB1
- PDB2), disegnati su regioni conservate della 5’UTR negli altri genotipi
noti. Alla luce delle nostre considerazioni, potrebbe essere di primaria importanza, a supporto delle attività di diagnostica routinaria, lo
sviluppo e la validazione di una metodica biomolecolare con primers
universali che consentano la detection di tutti i genotipi di BDV ad oggi
conosciuti.
INTRODUZIONE:
Il virus della Border disease (BDV) appartiene al genere Pestivirus
(Flaviviridae). Clinicamente, la Border Disease (BD) è una malattia
caratterizzata da aborti, infertilità, ritardo della crescita ed immunosoppressione; come tutti i Pestivirus, BDV può causare infezione
transplacentare e nascita di agnelli/capretti persistentemente infetti
(PI). L’analisi filogenetica degli isolati ha segregato i ceppi di BDV in
differenti genotipi (BDV 1-BDV 7). Segnalata per la prima volta sul territorio nazionale nel 1991 (1), la BD è stata successivamente riportata ovunque venisse praticato l’allevamento ovicaprino, con maggiore
diffusione nelle regioni meridionali e insulari. Un recente lavoro (5)
effettuato su ceppi di BDV collezionati nell’arco temporale 2002-2014
e provenienti da Lazio, Marche, Toscana e Basilicata ha dimostrato che
gli isolati appartenevano a gruppi genetici distinti, BDV-1 BDV-3, BDV5 e BDV-7, evidenziando, in totale, la presenza di 4 genotipi circolanti,
tra i quali il BDV-1 e il BDV-5, segnalati per la prima volta in Italia. In
quest’overview, vengono presentati due casi clinici (in capra e camoscio alpino) sottoposti a necroscopia presso l’IZSPLV (2, 4) e risultati
positivi per BDV, in cui la tipizzazione molecolare ha permesso di identificare un nuovo genotipo, putativo BDV-8, circolante nel territorio
del Nord-Ovest Italia e che condivide l’interfaccia domestici/selvatici.
Oltre ai rilievi clinici ed anatomo-patologici, vengono passati al vaglio
gli strumenti laboratoristici utili ad identificare questa nuova variante,
che ha dimostrato avere un certo grado di “escape diagnostico”.
RISULTATI E CONSIDERAZIONI EPIDEMIOLOGICHE: importanti commenti epidemiologici derivano da questo studio. Nel corso dell’anno
2014-2015 è stata dimostrata la circolazione di un nuovo genotipo di
BDV-8 in un capretto proveniente da un allevamento caprino piemontese e in un camoscio alpino rinvenuto in Valle d’Aosta. Ciò suggerisce
che la trasmissione di Pestivirus tra allevamenti caprini al pascolo e ruminanti selvatici free ranging non può essere esclusa durante la diverse fasi di alpeggio. Nondimeno, misure di biosicurezza non adeguate
potrebbero giocare un ruolo chiave per la trasmissione e circolazione
dell’infezione tra l’interfaccia domestici/selvatici. Infine, è noto che
BDV-4 è stato responsabile del decremento del 40-45% della popolazione di camosci pirenaici (Rupicapra pyrenaica) in Francia e in Spagna
(3). Sebbene nel nostro caso, la causa di decesso del camoscio alpino sia stata attribuita ad un’infezione polimicrobica (isolata M. haemolytica dal polmone), l’evidente associazione tra BDV-8 e malattia
ad esito fatale desta preoccupazioni che questo nuovo genotipo possa
rappresentare un patogeno emergente e sinergico in quest’area.
Ai fini dello studio delle patologie da Pestivirus, la presenza di stipiti
MATERIALI E METODI:
a) BDV-8 in capretto: soggetto nato morto in allevamento misto (24
bovini/20 caprini) della provincia di Torino. L’esame autoptico evidenziava ulcere ed erosioni abomasali.
b) BDV-8 in camoscio (Rupicapra rupicapra): pervenuto presso
Ce.R.Ma.S. L’esame necroscopico evidenziava focolai multipli di broncopolmonite, marmorizzazione polmonare, aderenze pleuriche interlobari.
In entrambi i casi, la ricerca del genoma di BDV in milza e polmone è
avvenuta mediante nested - PCR sulla regione 5’UTR del virus secondo
il protocollo Vilcek & Paton (6) che utilizza primer panpestivirus nel
primo step di amplificazione e BDV specifici (PDB1-PDB2) nel secondo.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
RISULTATI E CONSIDERAZIONI DIAGNOSTICHE: inaspettatamente,
nelle matrici analizzate provenienti sia dalla capra che dal camoscio,
dalla nested - PCR si otteneva un prodotto di amplificazione della lun-
174
L’albero filogenetico include il ceppo di BDV-8 isolato da camoscio
(Italy-58987.2.1, cerchio rosso) insieme al ceppo di BDV-8 isolato in
capra (Torino-103761, cerchio blu) e sequenze omologhe disponibili in
GenBank.
La Real-time RT PCR effettuata su RNA estratto da surnatante cellulare del primo (triangolo nero), secondo (cerchio nero) e terzo passaggio
(quadrato nero) effettuato su SFTR, ha mostrato un aumento del titolo
virale (Ct 28.03, 23.06 e 22.02, rispettivamente).
BIBLIOGRAFIA:
1) Buonavoglia C.,Tempesta M.,Marsilio F.,Buonavoglia D.,Gatti A, Sandss J.J., Compagnucci M. -Border Disease degli ovi-caprini: nota sull’isolamento e caratterizzazione del virus in Italia O.D.V.
2) Caruso C., Peletto S., Cerutti F., Modesto P., Robetto S., Domenis L.,
Masoero L., Acutis P.L. - Evidence of circulation of the novel Border
Disease Virus genotype 8 in chamois - subm Arch. Vir.
3) Marco I., Rosell R., Cabezón O., Mentaberre G., Casas E., Velarde
R., López-Olvera JR, Hurtado A, Lavín S (2008) Epidemiological study
175
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
035
IL MICROBIOTA DEL LATTE DI BUFALA
VS, Teixeira AG, Santisteban C, Schukken YH, Bicalho RC. Microbiota of
cow’s milk; distinguishing healthy, sub-clinically and clinically diseased
quarters. PLoS One. 2014 Jan 20;9(1):e85904.
Rooks MG, Garrett WS. Gut microbiota, metabolites and host immunity. Nat Rev Immunol. 2016 May 27;16(6):341-52.
Wang Q, Garrity GM, Tiedje JM, Cole JR. Naive Bayesian classifier for
rapid assignment of rRNA sequences into the new bacterial taxonomy.
Appl Environ Microbiol. 2007;73(16):5261-7.
Keywords: Microbiota, Bubalus bubalis, latte
Catozzi C.[1], Di Vuolo G.[2], Cappelli G.[2], Lecchi C.[1], Ceciliani F.[1], Vecchio D.[2], Cuzcò Martì A.[3], Francino O.[3], D’Andreano S.[3], Bonastre Sanchez A.[3], Fraulo P.[2], Guarino A.[2], Limone A.[2], De Carlo E.[2]
Università degli studi di Milano Dipartimento di scienze veterinarie e sanità pubblica - sezione patologia generale e parassitologia ~
Milano ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno CRENBUF ~ Portici ~ Italy, [3]Universitat Autonoma de Barcelona SVGM - Barcelona ~ Barcelona ~ Spain
[1]
SUMMARY:
Mastitis is an important disease in the water buffalo dairy industry.
Microbial pathogens identified as causative agents in mastitis are
traditionally diagnosed by bacterial culture. This study used a target metagenomic approach considering the 16S rRNA gene as target, in order to investigate bacterial DNA diversity in milk samples
of mastitic and healthy water buffaloes. One hundred and thirtyeight milk samples from water buffaloes with clinical mastitis (27),
sub-clinical mastitis (74) and healthy animals (37) were analysed.
Moreover, eleven samples obtained from the washing water of teat
surface, in order to assess environmental microbiota, were included. Bacterial DNA was isolated from the same milk samples and
the hypervariable V1-V2 regions of16S rRNA gene were individually amplified and sequenced using the semiconductor sequencing strategy. Results demonstrate that healthy status seems more
correlated with the microbiome rather than to the environment.
mediante Ion Torrent Personal Machine, utilizzando un 318-semiconductor chip. Le sequenze sono state analizzate mediante il
software QIIME (Kuczynski et al., 2012), clusterizzate in OTU (operational taxonomic units) al 97% di identità utilizzando l’algoritmo
UCLUST secondo la strategia del pick open reference OTUs. Il data
base Greengenes 13.8 è stata utilizzata per assegnare la tassonomia con metodo RDP (Wang et al. 2007). Le sequenze sono state allineate utilizzando il metodo Pynast (Caporaso et al., 2010).
Le sequenze del gene 16S sono state anche analizzate mediante il
software PICRUSt (Langille et al., 2013) con lo scopo di predire le
potenziali funzioni della comunità microbica.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dei 157 campioni, 8 non hanno prodotto alcuna amplificazione.
L’analisi è stata quindi condotta su 149 campioni, che hanno prodotto una media di 7.944.355,75 reads, con una lunghezza media
di reads di 217,5 pb. Dal punto di vista tassonomico, i risultati hanno dimostrato che a livello di phyla esistono differenze significative
fra i vari gruppi: analizzando gli stessi dati con l’algoritmo LEfSe,
risulta che i campioni H e CM presentano un’abbondanza statisticamente differente di Firmicutes e Fusobacteria (Figura 1a). L’acqua di lavaggio presenta tutti i phyla ritrovati negli altri tre gruppi. La figura 1b mostra le differenze fino al livello tassonomico di
famiglia: le famiglie di Corynebacteriaceae, Campylobacteriaceae,
Turicibacteracea, Erysipelotrichaceae, Rikenellaceae, Bacillaceae
prevalgono negli H; l’ordine dei Lactobacillales prevale nei SC; la
famiglia dei Fusobacteriaceae nei CM.
La Figura 1c illustra le differenze funzionali associate alle varie famiglie di batteri. I campioni sani sono caratterizzati dalla presenza
di batteri che prevalentemente svolgono funzioni fisiologiche quali
trasporto di membrana, glicolisi, gluconeogenesi, riassorbimento
dell’acqua e metabolismo degli N-glicani; batteri associati a metabolismo dell’azoto, metabolismo dei cofattori e delle vitamine,
della taurina e dell’ipotaurina sono prevalenti nel gruppo CM. Nei
campioni SC, le famiglie di batteri associate sono coinvolte nella
biosintesi di metaboliti quali penicilline e cefalosporine.
I campioni appartenenti ai tre gruppi clusterizzano in maniera
omogenea ricadendo ciascuno all’interno del rispettivo clusters
(H, CM, SM) (Figura 2). I campioni di CM e SM risultano tuttavia
più dispersi rispetto agli H, probabilmente poiché i campioni sani
provengono quasi tutti (18 campioni su 37) dalla medesima azienda, mentre i campioni CM e SM da aziende differenti . Ripetendo
l’analisi considerando l’azienda come variabile, risulta che gli H clusterizzano meglio ai CM e SM, probabilmente perché il microbiota
di animali sani è più omogeneo e meno disperso del microbiota
di animali con mastite. Da queste analisi appare evidente che: (I)
il microbiota dei campioni sani non è influenzato dall’ambiente
(azienda); (II) il microbiota dei campioni con mastite (clinica e subclinica) è influenzato maggiormente dall’ambiente (azienda).
INTRODUZIONE:
I progressi nelle tecniche OMICS di identificazione microbica e dei
tools bioinformatici hanno portato alla ridefinizione del concetto
di microbiota del latte (Addis et al, 2016). Il microbiota viene definito come l’insieme delle popolazioni che vivono all’interno o sulla
superficie dell’animale. L’interazione fra ospite e microbiota contribuisce a mantenere l’omeostasi. L’alterazione di questo equilibrio
e la modificazione nella composizione o nella funzione delle comunità microbiche determina disbiosi che, se associate a rispose immunitarie non controllate, determinano l’insorgenza di malattie infiammatorie, allergie e disordini metabolici. Il microbioma nel suo
complesso viene identificato mediante tecniche high-throughput
DNA sequencing o NGS (Rooks e Garret, 2016).
Il latte contiene un’ampia comunità di batteri, con un’abbondanza
stimata di 103-104 CFU/ml nell’uomo (Hunt et al., 2011). Il sequenziamento metagenomico del DNA ribosomiale 16S ha permesso di
studiare la diversità batterica in campioni di latte di bovino sano e
con mastite (Oikonomou et al., 2012; Oikonomou et al., 2014). Non
sono presenti informazioni per quello che riguarda il microbiota del
latte di bufalo. L’obiettivo di questo studio è stato quello di caratterizzare il microbiota del latte di bufalo, in animali sani, con mastite
clinica e sub-clinica, mediante il sequenziamento delle regioni ipervariabili V1-V2 del gene 16S.
MATERIALI E METODI:
L’esperimento ha incluso 157 campioni provenienti da 87 bufale
in campionate in condizioni di sterilità in 14 aziende. I campioni
sono stati così suddivisi: 32 quarti con mastite(CM),75 quarti con
mastite sub-clinica(SC), 39 quarti sani (H) e 11 campioni di acqua di
lavaggio (WW) per la determinazione del microbiota ambientale. Il
DNA batterico è stato estratto mediante PowerSoil © Isolation kit,
e la identificazione delle specie batteriche è stata ottenuta a seguito di amplificazione mediante PCR 16S specifica delle due regioni
ipervariabili V1 e V2. Gli ampliconi sono stati quindi sequenziati
176
Fig. 1a:Phyla riscontrati nei 4 gruppi di campioni e differenze significatve relative all’abbondanza differenziale analizzate mediante LEfSe
(LDA score > 3). WW:acqua di lavaggio; CM:mastite clinica; H: sani;
SM: mastite sub-clinica. FIG 1b: Phyla, classi, ordini e famiglie differenzialmente abbondanti nei gruppi CM (mastite clinica), H (sani) e SM
(mastite sub-clinica) analizzate mediante LEfSe (LDA score >3) Fig. 1c:
LEfSE (LDA score> 2) rappresentazione dell’abbondanza differenziale
delle caratteristiche funzionali nel profilo PICRUSt. CM: mastite clinica;
H: sani; SM: mastite subclinica.
Fig 2: Jackknife diversity PCoA plot - Weighted UniFrac. H (blue):
healthy group; SM (orange): subclinical mastitis group; CM (red): mastitis group. p<0.05. R2-value per stato pato-fisiologico: 9% (Adonis),
12% (anosim) R2-value per azienda: 33% (Adonis), 36% (anosim)
BIBLIOGRAFIA:
Addis MF, Tanca A, Uzzau S, Oikonomou G, Bicalho RC, Moroni P. The
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177
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
036
UTILIZZO DI UN APPROCCIO METAGENOMICO PER LA CARATTERIZZAZIONE DI INFLUENZA
D VIRUS IN BOVINI DELLA REGIONE VENETO
Keywords: Influenza D, Metagenomica, Bovini
Cavicchio L.[1], Zamperin G.[1], Fusaro A.[1], Milani A.[1], Mottaran D.[1], Schiavon E.[1], Zuanon P.[2], Beato M.S.[1],
Ducatez M.[3], Monne I.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Viale dell’Università 10 ~ Legnaro ~ Italy,
veterinario - libero professionista ~ Montebelluna (Treviso) ~ Italy, [3]INRA UMR 1225 IHAP-ENVT ~ Toulouse ~ France
[1]
[2]
SUMMARY:
Recent studies carried out in the United States of America, Europe
and China have identified a new Genus within the Orthomyxoviridae, tentatively named Influenza D virus, which was first identified
in swine showing influenza-like symptoms. Here we report for the
first time the detection of influenza D virus in cattle in the Veneto
region and its genetic characterization by metagenomic approach.
The analyses of the seven gene segments demonstrated that the
virus identified in the Veneto region clearly clustered with the Italian and North American influenza D viruses from swine and cattle,
suggesting a common origin for these viruses.
state infine confrontate con una sequenza di riferimento di influenza virus D (D/bovine/Italy/1/2014) onde valutare la qualità e
la completezza dell’assemblaggio effettuato. Gli alberi filogenetici
sono stati ottenuti con il metodo della massima verosimiglianza per
ciascun segmento genico utilizzando il programma PhyML 3.0. Per
ciascuna analisi è stato applicato il modello di sostituzione nucleotidica GTR + G, e un approccio SPR (Subtree Pruning and Regrafting) per la ricerca della topologia migliore. Per testare l’affidabilità
di ciascun nodo dell’albero è stata condotta un’analisi bootstrap
non parametrica con 100 repliche. Infine i campioni di siero sono
stati analizzati mediante test di inibizione dell’emoagglutinazione
per saggiare la presenza di anticorpi, utilizzando D/bovine/Nebraska/9-5/2012 come antigene
INTRODUZIONE:
Recentemente è stato identificato un nuovo virus appartenente
alla famiglia degli Orthomyxoviridae, in grado di infettare suini,
bovini e piccoli ruminanti. Questo virus moderatamente correlato
geneticamente al virus dell’influenza C presenta particolari caratteristiche genetiche ed antigeniche che ne giustificano la classificazione in un nuovo genere: D (3). Il primo caso di influenza D è stato
identificato nel 2011 in Oklahoma (USA), in suinetti di quindici giorni di età che manifestavano sintomi respiratori di tipo influenzale
(3). Successive indagini sierologiche e virologiche hanno suggerito
il bovino come possibile serbatoio (2). Il primo caso di influenza D
in Europa è stato individuato in Francia in campioni di bovini risalenti al 2011 (2), mentre studi retrospettivi hanno mostrato, come
in Italia il virus fosse presente in suini e bovini in Lombardia ed
Emilia Romagna nel biennio 2014-2015 (1). Nel presente lavoro riportiamo il primo caso di influenza D in bovini nella regione Veneto
identificato mediante l’applicazione di un approccio metagenomico
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
signoli, A. Nigrelli and E. Foni. 2016. Detection of Influenza D Virus
among Swine and Cattle, Italy; Emerg Infect Dis 22(2): 352-354.
2.M. F. Ducatez, C. Pelletier, and G. Meyer. 2015. Influenza D Virus
in Cattle, France, 2011-2014. Emerg Infect Dis, 21(2): 368-371.
3.B. M. Hause, M. Ducatez, E. A. Collin, Z. Ran, R. Liu, Z. Sheng, A.
Armien, B. Kaplan, S. Chakravarty, A. D. Hoppe, R. J. Webby, R. R.
Simonson, and F. Li.2013 Isolation of a Novel Swine Influenza Virus
from Oklahoma in 2011 Which Is Distantly Related to Human Influenza C Viruses. PLoS Pathog F; 9(2): e1003176.
4.R. Luo, B. Liu, Y. Xie, Z. Li, W. Huang, J. Yuan, G. He, Y. Chen, Q.
Pan, Y. Liu, J. Tang, Ge. Wu, H. Zhang, Y. Shi,Y. Liu, C. Yu, B. Wang,
Y. Lu, C. Han, D. W. Cheung, S.M. Yiu, S. Peng, Z. Xiaoqian, G. Liu,
X. Liao, Y. Li, H. Yang, J. Wang, T.W. Lam and J. Wang. 2012. “SOAPdenovo2: an empirically improved memory-efficient short-read de
novo assembler.” GigaScience;1:18.
5.T. F. F. Ng, N. O. Kondov, X. Deng, A. Van Eenennaam, H. L. Neibergs and E. Delwart. 2015. A Metagenomics and Case-Control
Study To Identify Viruses Associated with Bovine Respiratory Disease. J Virol 89(10): 5340-5349.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le analisi batteriologiche condotte sui tamponi, hanno mostrato
la presenza, in due di essi, di un’alta carica microbica e in uno di
questi anche di Mannheimia haemolytica. Anche in studi precedenti l’influenza D era stata riscontrata in concomitanza con altri
batteri, ad esempio nel caso francese si era rilevata anche la presenza di Pasteurella multocida, Mannheimia haemolytica, Histophilus somni (2). I campioni sono risultati negativi per BCoV, IBR,
RSBV. Nel campione analizzato, l’analisi metagenomica ha rilevato
la presenza del virus dell’influenza D e del virus delle rinite A, in
maniera analoga a quanto avvenuto in uno studio statunitense in
cui era stato utilizzato un approccio metagenomico per la caratterizzazione dei virus che concorrono alla Bovine Respiratory Disease
(BRD) (5). L’assemblaggio delle sequenze ottenute ha permesso di
ricostruire la maggior parte del genoma del virus dell’influenza D.
L’analisi filogenetica dei sette segmenti genomici ha mostrato che
il virus identificato nell’allevamento in Veneto si raggruppa con i
virus precedentemente caratterizzati in bovini e suini in Italia e con
i virus circolanti negli Stati Uniti, suggerendo un’unica introduzione
del virus nel territorio nazionale. Interessante notare come i ceppi
di influenza D identificati in Italia presentino una bassa similarità
con l’unico ceppo individuato fino ad ora in Europa, ovvero il ceppo
francese (2). I dati sierologici hanno rivelato la presenza di elevati
titoli anticorpali contro il virus dell’influenza D. Il virus dell’influenza D è un patogeno emergente che sembra avere il bovino come
ospite primario, anche se è ormai noto come questo si trasmetta
anche ai suini e non è quindi escluso che possa avere un importante ruolo zoonotico. La sua diffusione in Italia, non è ancora nota,
tuttavia il caso presentato dimostra come il virus sia presente nel
territorio del Nord-Est. Vista l’importanza delle patologie respiratorie per l’allevamento del bovino da carne sono necessari ulteriori
studi per comprendere la diffusione di questo nuovo virus.
IL PROGETTO È STATO PARZIALMENTE FINANZIATO DAL MINISTERO
DELLA SANITÀ (RC 05/14)
MATERIALI E METODI:
A Settembre 2015 un allevamento di bovini da carne, razza Charolaise, in provincia di Venezia, con 2000 capi, ha riportato sintomi di tipo respiratorio. Gli animali di 12-13 mesi di età erano stati
introdotti dalla Francia 60 giorni prima della comparsa dei segni
clinici: secrezioni nasali, riduzione dell’appetito e letargia. Il veterinario aziendale, sospettando un’infezione virale, ha prelevato 5
tamponi nasali per diagnosi differenziale per le principali patologie
respiratorie dei bovini. Dagli stessi animali sono stati prelevati dei
campioni di sangue circa due settimane dalla comparsa dei segni
clinici. I tamponi nasali sono stati sottoposti ad esami batteriologici
e virologici per coronavirus bovino (bovine respiratory coronavirus, BCoV), rinotracheite bovina (Infectious bovine rhinotracheitis,
IBR), virus Respiratorio sinciziale Bovino (respiratory syncytialbovine virus, RSBV) e l’RNA di uno di questi campioni è stato analizzato
con un approccio metagenomico utilizzando la piattaforma Illumina Miseq. I dati grezzi ottenuti sono stati processati per rimuovere
adattatori e sequenze di bassa qualità. Le sequenze che presentavano una buona qualità sono state assemblate de novo utilizzando
SOAPdenovo, in modo tale da produrre un’impalcatura di contigs,
rifinita poi con GapCloser (4). Le sequenze così assemblate sono
BIBLIOGRAFIA:
1.C. Chiapponi, S. Faccini, A. De Mattia, L. Baioni, I. Barbieri, C. Ro-
178
179
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
037
TIPIZZAZIONE DEL VIRUS DELLA LARINGOTRACHEITE INFETTIVA AVIARE TRAMITE PROTOCOLLI DI
END-POINT PCR
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
ceppi ILTV, ottenendo due profili ben distinti nei broiler e giustificando
l’utilizzo del termine VLT. I dati ottenuti potranno essere utili per determinare la circolazione di ceppi d’interesse, valutare nuove strategie di
sorveglianza e attuare un migliore controllo della malattia.
Keywords: ILTV, broiler, end-point PCR
Consoli M.[1], Faccin F.[1], Sozzi E.[1], Lelli D.[1], Lavazza A.[1], Piccirillo A.[2], Moreno A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e Emilia Romagna (IZSLER) “B. Ubertini”, Reparto di Virologia ~ Brescia ~ Italy, [2]
Dipartimento di Biomedicina Comparativa e Alimentazione (BCA), Università di Padova ~ Legnaro ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Infectious laryngotracheitis (ILT) is an acute highly contagious respiratory disease of chickens caused by Gallid Herpesvirus 1. The disease
is controlled by vaccination with 2 types of live attenuated vaccines,
which are produced by sequential passages in cell cultures (tissue culture origin, TCO) or embryonated eggs (chicken embryo origin, CEO).
Strong evidence indicate that ILTV epizootics may originate from CEOderived strains, which can regain virulence and persist in the field. We
report the development of 3 new PCR methods, able to differentiate
vaccine and CEO related field strains, targeting ORFE, ORFD and UL36
genes. Two profiles were identified: one typical of CEO vaccines (no
insertion-G-R-K) and the other related to field strains (insertion-A-HR). We tested 89 ILTV PCR positive samples collected from broilers,
capons, layers and broiler breeders during the period 2004-2016, and
identified two distinct profiles (CEO vaccine and field profiles) without
observe mixed forms.
rapido e meno indaginoso i ceppi ILTV identificando due profili, uno
tipico dei ceppi di campo di origine vaccinale (VLT-C) e l’altro dei ceppi
vaccinali CEO (VLT-V).
MATERIALI E METODI:
Sono stati raccolti campioni di trachee, tamponi tracheali, essudato
congiuntivale e nasale di animali con forme cliniche respiratorie riferibili a ILTV e di animali vaccinati senza forma clinica; di essi sono stati
raccolti i dati anamnestici (tipologia produttiva, tipo di allevamento,
classificazione della forma clinica, lesioni e mortalità). L’acido nucleico
è stato estratto con il kit BioSprint 96 One-for-All Vet Kit (Qiagen). I
campioni sono stati testati per la ricerca del genoma di ILTV, Avian
metapneumovirus (aMPV), Infectious Bronchitis Virus (IBV), M. gallisepticum e M. synoviae (1). L’identificazione del profilo ILTV è stata
ottenuta tramite lo sviluppo di tre protocolli di end-point PCR e successivo sequenziamento parziale di tre geni, ORFE, UL36 e ORFD con il
kit ABI PRISM Big-Dye terminator v3.1 (Applied Biosystems).
INTRODUZIONE:
La Laringotracheite infettiva (ILT) è una patologia respiratoria acuta
altamente contagiosa tipica del pollo, a diffusione mondiale, causa di
gravi perdite economiche. L’agente eziologico è Gallid Herpesvirus 1,
virus con un dsDNA lineare di circa 155kb. Il controllo della ILT avviene
tramite la vaccinazione e possono essere impiegati due tipi di vaccini
vivi attenuati ottenuti mediante passaggi seriali rispettivamente in tessuto-colture (TCO) o in uova embrionate di pollo (CEO). In Italia sono
autorizzati i vaccini CEO, rivolti solo alle ovaiole e ai riproduttori. I vaccini vivi attenuati presentano diversi inconvenienti, come la diffusione
del virus vaccinale a soggetti non vaccinati, la presenza di portatori
di virus latente e l’aumento della virulenza con retro-passaggi in vivo.
Negli ultimi anni sono stati descritti numerosi focolai di forme lievi di
ILT nei broiler in Italia e nel mondo, con ingenti danni economici. Studi
di genotipizzazione su ceppi isolati da focolai di ILT hanno mostrato
come la gran parte di essi sia strettamente correlata ai vaccini CEO (3).
Questi si sono mostrati efficaci quando somministrati in modo corretto, ma possono riacquisire virulenza passando da animale ad animale,
trasmettersi da animali vaccinati a non vaccinati e stabilire latenza in
polli apparentemente sani (2). Si potrebbe così ipotizzare che le recenti epizoozie di ILT siano causate da ceppi di origine vaccinale che
possono riacquisire virulenza e persistere in campo. La differenziazione dei ceppi di campo da quelli vaccinali, basata sulla tecnica della Restriction fragment length polymorphism (RFLP), ha rilevato che quasi
tutti i focolai verificatesi negli allevamenti di broiler sono stati causati
da virus indistinguibili dai ceppi vaccinali (3); per tal motivo queste
forme potrebbero essere chiamate “Vaccine Laryngotracheitis” (VLT).
Di recente è stato sequenziato l’intero genoma di due ceppi di ILTV,
un ceppo vaccinale CEO e un ceppo di campo altamente correlato allo
stipite vaccinale, ottenuto da broiler non vaccinati con sintomatologia clinica. Il sequenziamento ha evidenziato una similarità del 99,9%
trai i due ceppi, confermando la loro elevata correlazione, ma è stata
osservata anche la presenza di 17 mutazioni di amminoacidi (aa) e l’inserzione di 4 aa (4). Sulla base di queste differenze sono stati messi a
punto dei protocolli di end-point PCR in grado di differenziare in modo
Tab. 2: Profili riscontrati con le end-point PCR svillupate divisi per tipologia produttiva.
BIBLIOGRAFIA:
1-Callison S.A., Riblet S.M., Oldoni I., Sun S., Zavala G., Williams S.,
Resurreccion R.S., Spackman E., Garcìa M.2007.”Development and
validation of a real-time Taqman® PCR assay for the detection and
quantitation of infectious laryngotracheitis virus in poultry”, J Virol
Met 139:31-8
2-Guy J.S., H.J. Barnes, L.G. Smith 1991.”Increased virulence of modified-live infectious laryngotracheitis vaccine virus following bird-tobird passage”,Av Dis 35:348-5
3-Moreno A., Piccirillo A., Mondin A., Morandini E., Gavazzi L., Cordioli
P. 2010.”Epidemic of infectious laryngotracheitis in Italy: Characterization of virus isolates by PCR-Restriction fragment Lenght Polymorphism and sequence analysis”,Av Dis 54:1174
4-Piccirillo A, Lavezzo E, Niero G, Moreno A, Massi P, Franchin E, Toppo
S, Salata C, Palù G.-2015.”Full Genome Sequence-Based Comparative
Study of Wild-Type and Vaccine Strains of Infectious Laryngotracheitis
Virus from Italy”,PLOS ONE|DOI:10.1371
Tab. 1: Variazioni amminoacidiche tra il ceppo VLT-V e il ceppo VLT-C
analizzate con le tre end-point PCR.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I casi clinici osservati riguardavano broiler con sintomatologia delle
prime vie respiratorie, edema e congestione dell’epitelio della congiuntiva, sinusite, tracheite e mortalità bassa (<5%). Sono stati analizzati 89 campioni raccolti dal 2004 al 2016 provenienti da broiler, capponi, ovaiole, riproduttori e polli rurali, risultati positivi alla PCR per
ILTV. La tipizzazione dei ceppi ha definito due profili con l’inserzione
(D nel ORFD) e le 2 mutazioni (G-A nel ORFE; R-H nel UL36) interpretate come “profilo di discriminazione”: ins-A-H per ceppi riconducibile
al ceppo VLT-C, no ins-G-R per ceppi riconducibili a VLT-V. Sono stati identificati due profili ben distinti senza evidenziare profili misti. I
ceppi isolati dalle ovaiole e dai riproduttori senza forma clinica hanno
mostrato profili legati a VLT-V, mentre i ceppi isolati da capponi e rurali
hanno mostrato il profilo di VLT-C. Nei broiler sono stati osservati ceppi
appartenenti per il 71% al profilo VLT-C e per il 29% al profilo VLT-V.
Nel periodo 2007-2010, caratterizzato da un elevato numero di forme
cliniche gravi riferibili a ILTV, i ceppi VLT-C sono stati l’88%, mentre il
12% presentava il profilo dei ceppi VLT-V. Viceversa, nel periodo 20112016, caratterizzato da un basso numero di forme cliniche lievi, il 14%
dei ceppi aveva il profilo VLT-C ed l’86% il profilo VLT-V. La presenza
della maggior parte di ceppi con profilo VLT-C nel periodo con il maggior numero di forme cliniche gravi fa ipotizzare una correlazione tra
le mutazioni identificate e la patogenicità del virus. L’uso dei protocolli
di end-point PCR ha permesso di rendere più rapida la tipizzazione dei
180
181
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
038
DATI PRELIMINARI SULLO STATO SANITARIO DI ESEMPLARI DI SCOIATTOLO GRIGIO
(SCIURUS CAROLINENSIS)CATTURATI IN UMBRIA
RT-PCR assay with internal control for the laboratory detection of tick
borne encephalitis virus (TBEV) RNA. J. Clin. Virol., 27, 136-145.
7. Wellehan J. F.X., et al. 2004. Detection and Analysis of six Lizard
Adenovirus by consensus primer PCR provides further evidence of a
Reptilian origin for the Atadenoviruses. J.Virol., 78, 13366-13369.
Keywords: Health staus, Sciurus carolinensis, Umbria region
Costarelli S.[1], Cosseddu G.[2], Caporali A.[1], Cruciani D.[1], Panzieri C.[1], Parmegiani S.[1], Pesca C.[1], Rossi E.[1],
Paoloni D.[3], Crotti S.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche ~ Perugia ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise ~ Teramo ~ Italy, [3]Istituto Oikos s.r.l., Milano ~ Milano ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
In order to determine the health status of grey squirrels euthanized during the Project LIFE13 BIO/IT/000204 “Management of
grey squirrel in Umbria: conservation of red squirrel and preventing loss of biodiversity in Appennines” (U-SAVEREDS), we carried
out a sanitary sampling protocol with parasitological, virological,
serological and mycological exams. This paper describes the preliminary results of some serological and molecular analysis.
vorato, il siero è stato conservato a -20°C.
Dal pelo è stata condotta la ricerca di dermatofiti.
In sede di esame anatomo-patologico sono stati prelevati il contenuto fecale, per la ricerca di parassiti interni, e diversi organi
tra cui milza e intestino, per le seguenti indagini virologiche molecolari:
- TBE (Tick Borne Encephalitis)
- WND (West Nile Disease)
- Poxvirus
- Adenovirus
Il DNA estratto da campioni di intestino mediante il kit QIAamp
DNA mini kit (QIAGEN®), è stato utilizzato per la ricerca degli Adenovirus mediante una nested PCR che amplifica una porzione conservata del gene codificante per la DNA-polimerase(7).
L’RNA estratto da campioni di milza mediante il kit QIAamp Viral
RNA mini kit (QIAGEN®) è stato utilizzato per la ricerca del virus
della TBE mediante real-time RT-PCR (6). La ricerca del virus della
WND è stata effettuata mediante una real-time RT-PCR in grado di
identificare contestualmente lineage 1 e lineage 2(4). La ricerca
del Poxvirus è stata condotta mediante una nested RT-PCR(1).
Le indagini sierologiche hanno previsto accertamenti per:
- Toxoplasmosi (SAR -Toxocell Latex Test - Biokit)
- Clamidiosi (CFT)
- Febbre Q (CFT)
- West Nile Disease (Elisa-c IdVet)
- Leptospirosi (MAT per L. I. Australis Bratislava, Ballum, Canicola, Grippotyphosa, Icterohaemorrhagiae, Pomona, Sejroe Hardjo
e Tarassovi).
INTRODUZIONE:
Lo scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis) è stato introdotto, in epoche diverse, in differenti paesi europei (Regno
Unito, Irlanda, Italia). In Italia la prima immissione risale al 1945,
in Piemonte. Date le sue caratteristiche morfologiche, comportamentali ed alimentari, la specie alloctona è un forte competitore
dello scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), unica specie autoctona di
scoiattolo arboricolo europeo, le cui popolazioni vengono portate
all’estinzione in seguito ad un complesso processo di interazione
negativa, detto “esclusione competitiva”.
Oltre agli effetti competitivi sullo scoiattolo autoctono, Sciurus
carolinensis può determinare gravi impatti sulla vegetazione provocando scortecciamenti di alberi ad alto fusto e danni alla frutticoltura.
Per queste ragioni tale specie è inserita nella lista, stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN),
delle 100 specie invasive più pericolose a livello mondiale. In Italia, negli anni più recenti, sono state intraprese diverse azioni gestionali volte a contenere l’espansione dello scoiattolo grigio: un
primo Progetto LIFE (EC-SQUARE) ha coinvolto Piemonte, Liguria
e Lombardia, mentre un secondo Progetto LIFE (U-SAVEREDS) sta
coinvolgendo l’Umbria dove la gestione della specie è finalizzata
all’eradicazione della popolazione, ancora piuttosto circoscritta intorno alla città di Perugia.
Scopo di questo lavoro è stato quello di indagare sullo stato sanitario di Sciurus carolinensis attraverso un approccio diagnostico
diretto ed indiretto nei confronti di agenti infettivi tipici della specie o causa di zoonosi.
MATERIALI E METODI:
78 esemplari di scoiattolo grigio sono stati catturati e soppressi
da aree differenti, ripartite in Unità Gestionali (UG) (Fig. 1). Il numero complessivo di animali da sottoporre ad indagine sanitaria
è di 271, numero stabilito ipotizzando una popolazione di 1500
scoiattoli con L.C. del 95% ed una prevalenza dei patogeni del 1%.
Gli animali sin qui analizzati provengono da 7 differenti UG, così
come riportato in tabella 1, e sono rappresentati da 37 femmine e
41 maschi. L’età dei soggetti, valutata attraverso il peso del cristallino, è in fase di elaborazione (2).
Subito dopo la soppressione eutanasica, avvenuta per mezzo di
inalazione forzata di CO2, da ogni individuo è stato prelevato il
sangue tramite puntura intracardiaca. Se non immediatamente la-
Figura 1. Numero di campioni da sottoporre ad analisi, ripartiti per UG.
182
Tabella 1. Origine e numero dei soggetti esaminati
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Tutti gli esemplari catturati hanno presentato, all’esame clinico, un
buono stato di nutrizione. Buone le condizioni della pelliccia, assenti i parassiti esterni. Nonostante ciò le percentuali di positività per i
dermatofiti sono risultate piuttosto elevate (circa 20%) e il dato viene
appositamente discusso in un altro contributo scientifico.
Nelle feci di tutti gli animali è stata riscontrata la presenza di oocisti di
Eimeria spp., in concentrazioni variabili e comunque mai associata a
diarrea. In sede necroscopica, nessun organo o tessuto ha manifestato
presenza di alterazioni, stati infiammatori o lesioni.
Nessuno dei 78 campioni saggiati ha dato esito positivo alle indagini
virologiche e sierologiche.
Complessivamente, pertanto, gli esiti dei test analitici effettuati, hanno confermato le buone condizioni sanitarie emerse dai rilievi clinici
ed anatomo-patologici.
Il dato risulta particolarmente importante soprattutto per ciò che riguarda Adenovirus e Poxvirus, responsabili di patologie di grosso impatto sullo stato sanitario e sull’equilibrio demografico delle popolazioni di scoiattolo, soprattutto di Sciurus vulgaris. La trasmissione di
Adenovirus tra lo scoiattolo grigio e quello rosso è, infatti, ampiamente documentata da studi di caratterizzazione molecolare e analisi filogenetica, anche se è possibile che i reservoir del virus si identifichino
in specie diverse (topo selvatico) dallo scoiattolo grigio (5).
Il ruolo di Sciurus carolinensis nelle epidemie da Poxvirus che devastano lo scoiattolo rosso è, invece, accertato anche quando la malattia
decorre, nel grigio, in forma subclinica, con bassa prevalenza e con
limitato tasso di diffusione (3).
Le sieronegatività riscontrate per gli agenti zoonosici rappresentano
un ulteriore dato rassicurante in considerazione degli habitat frequentati da S. carolinensis, comuni a quelli delle attività ricreative umane,
e in considerazione dell’estrema “confidenzialità” che caratterizza il
comportamento sociale della specie.
BIBLIOGRAFIA:
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
039
DIAGNOSI DI NEOSPORA CANINUM IN ALLEVAMENTI OVINI E CAPRINI DEL CENTRO ITALIA
ATTRAVERSO REAL-TIME POLYMERASE CHAIN REACTION
040
EVALUATION OF SHEDDING OF MYCOPLASMA BOVIS IN NATURALLY INFECTED DAIRY COWS
Keywords: Mycoplasma bovis, bovine mastitis, shedding
Keywords: Neospora caninum, aborto, Real-time PCR
Cruciani D. , Crotti S. , Abbate Y. , Boto S. , D’Angelo G. , Felici C. , Neri M.C. , Scoccia E. , Cordovani E. , Pesca C.
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[1]
[1]
[2]
[1]
[1]
[1]
[1]
IZS Umbria e Marche ~ Perugia ~ Italy, [2]Libero Professionista ~ Perugia ~ Italy
[1]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Gli esami macroscopico ed istologico dei feti analizzati non hanno mostrato lesioni significative. I tamponi vaginali, la placenta e gli organi
prelevati dai feti abortiti (cervello) hanno rivelato una positività per il
DNA di N. caninum. Il test ELISA ha evidenziato anticorpi nei confronti di
N. caninum nel 18,3% degli animali del primo gregge e nel 33,3% degli
animali del secondo gregge (di cui 7 capre e 1 pecora). Anche nei cani
pastore si è riscontrata positività anticorpale in entrambi i greggi (66%),
mentre sono risultati negativi l’esame parassitologico e molecolare. Tutte le indagini di laboratorio relative alla ricerca di altri agenti abortigeni
hanno dato esito negativo. Nonostante la conferma di circolazione di N.
caninum, rimane sconosciuta l’origine dell’infezione; infatti la negatività
parassitologica e molecolare dai campioni dei cani dimostra l’impossibilità di una trasmissione orizzontale dell’infezione attraverso l’eliminazione delle oocisti, se non altro nel momento in cui è stato effettuato il
campionamento. E’ pur vero che, da studi sperimentali relativi all’infezione cronica di pecore con reiterati episodi di aborto, è stato osservato
come il parassita abbia evoluto un sistema di sopravvivenza simbiotica
con l’ospite che, però, in determinate condizioni può essere alterato,
come in casi di compromissione del sistema immunitario (2). Pochi dati
sono disponibili relativamente alla neosporosi caprina sul territorio italiano (3) e la diversa suscettibilità all’infezione tra allevamento ovino
e caprino dovrebbe essere oggetto di ulteriori approfondimenti. Negli
allevamenti presi in considerazione per il presente studio, l’applicazione regolare di protocolli vaccinali e di sverminazione, unitamente all’assenza della circolazione di altri agenti infettivi costituiscono elementi
che fanno propendere nel considerare N. caninum come unico agente
infettivo responsabile dei suddetti episodi di aborto. Data la mancanza
di sussidi terapeutici efficaci nei confronti dell’infezione da N. caninum,
negli allevamenti interessati si è resa necessaria l’applicazione di adeguate misure di management concretizzatesi con: limitazione dell’accesso all’allevamento da parte di animali selvatici, prevenzione della contaminazione di mangime ed acqua con materiale fecale potenzialmente
infetto e smaltimento corretto dei feti abortiti.
SUMMARY:
In Italy few data are available about the infection of Neospora caninum
in small ruminant. In this study two flocks of sheeps and goats in centre
Italy with a persistent problem of abortion were investigated. An aborted sheep foetus, an aborted goat foetus, vaginal swabs, blood samples
belonging to both flocks, faeces and blood samples of the sheepdogs
were submitted to the Istituto Zooprofilattico Sperimentale of Umbria
and Marche and analysed for abortive agents.
Antibodies against N. caninum were found in 18,3% of the sheeps of
the first flock and in 33,3% of the second flock. In both farms two of the
three shepherd dogs were found positive. Presence of N. caninum DNA
was detected by Real Time PCR in two aborted foetuses and in vaginal
swabs while in the faeces of the sheepdogs DNA of N. caninum was
not found. None else abortive agent was detected. The contribution of
N. caninum infection to abortion in small ruminant flock needs further
investigations.
INTRODUZIONE:
Neospora caninum è un parassita intracellulare obbligato, causa primaria di aborto negli allevamenti bovini. Cane domestico e canidi selvatici
sono gli ospiti definitivi e trasmettono l’infezione attraverso l’eliminazione delle oocisti dalle feci. Studi condotti in Italia, circa il suo ruolo negli
allevamenti ovini e caprini, sono assai limitati (3,4) ed il contributo di N.
caninum negli episodi abortivi in queste specie animali richiede ulteriori
approfondimenti. Scopo del presente studio é investigare casi di aborto
avvenuti tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 in due allevamenti ovini
e caprini del Centro Italia.
MATERIALI E METODI:
I due allevamenti sono situati alle pendici dei Monti Sibillini, in Umbria.
Il primo si compone di 87 pecore di razza sarda, il secondo di 16 pecore meticce e di 8 capre Camosciata delle Alpi. Entrambi i greggi sono
stati vaccinati per chlamidiosi, pasteurellosi e clostridiosi e sverminati.
Ogni gregge è accompagnato da 3 cani pastore ed effettua annualmente transumanza. A seguito di episodi abortivi, sono stati prelevati i feti
abortiti (un ovino e un caprino) ed i tamponi vaginali delle rispettive madri. I campioni sono stati quindi conferiti presso i Laboratori dell’IZSUM.
Successivamente sono stati prelevati ed inviati anche campioni di sangue di tutti gli animali presenti in allevamento, unitamente a quelli dei
cani pastori, ai quali sono stati prelevati anche campioni di feci. Sui feti
abortiti è stato condotto un esame anatomo-patologico; dagli organi,
da campioni di placenta e da tamponi vaginali, in accordo al protocollo
diagnostico in uso presso l’Ente, sono stati ricercati i principali agenti
abortigeni (Brucella spp., Salmonella spp., Campylobacter spp., Yersinia
spp., Chlamydophila abortus, Listeria spp., Toxoplasma gondii, Neospora caninum, Coxiella burnetii, Border Disease Virus). I campioni di sangue sono stati sottoposti a test ELISA (ID Screen® Indirect Multi-species,
IDVET) per la ricerca di anticorpi verso N. caninum e sulle feci di cane è
stato condotto un esame parassitologico mediante tecnica FLOTAC® (1)
e una Real-Time PCR per la ricerca di N. caninum . Primer, condizioni di
mix e profilo termico sono riportati in bibliografia (5). Tutti i campioni
sono stati amplificati in doppio. Amplificazione, acquisizione e analisi
dei dati sono stati eseguiti con 7500 Real Time PCR System.
BIBLIOGRAFIA:
1. Cringoli G., Rinaldi L., Maurelli M.P. & Utzinger J. (2010), FLOTAC: new
multivalent techniques for qualitative and quantitative copromicroscopic
diagnosis of parasites in animals and humans. Nature Protocols: 5: 503515.
2. Hässig M, Sager H, Reitt K, Ziegler D, Strabel D, Gottstein B. (2003),
Neospora caninum in sheep: a herd case report. Vet Parasitol. Nov
14;117(3):213-20.
3. Masala G., Porcu R., Daga C., Denti S., Canu G., Patta C., Tola S. (2007),
Detection of pathogens in ovine and caprine abortion samples from Sardinia Italy by PCR. J. Vet. Diagn. Invest.: 19: 96-98.
4. Mula P., Salis F., Zidda A., Tamponi C., Dore F., Garippa G., Scala A., Varcasia A. (2012), Evaluation of Iscom ELISA for Neospora caninum detection
in sheep milk. XXVII Congr. Naz. SOIPA, Alghero 26-29 Giugno 2012, 209.
5. Reisberg K, Selim AM, Gaede W. (2013) Simultaneous detection of Chlamydia spp., Coxiella burnetii, and Neospora caninum in abortion material
of ruminants by multiplex real-time polymerase chain reaction.
J Vet Diagn Invest. 25(5):614-9. doi: 10.1177/1040638713497483.
184
Dall’Ava B.[2], Barberio A.[2], Rosa G.[2], Fincato A.[1], Busa A.[2], Segalin C.[2], Bortolami A.[3], Catania S.[1]
[1]
Laboratorio di Medicina Aviare, Istituto Zooprofilattico delle Venezie ~ Legnaro (PD) ~ Italy, [2]Sezione Territoriale di Vicenza, Istituto
Zooprofilattico delle Venezie ~ Vicenza ~ Italy, [3]Diagnostic Microbiology Trainee, University of Liverpool ~ Liverpool ~ United Kingdom
SUMMARY:
The aim of this study is to describe the shedding of M. bovis in a group
of naturally infected dairy cows. The infected animals were sampled
monthly for 5 months: single quarter’s milk, nasal and vaginal swabs
were submitted to M. bovis culture; the milk was also submitted to
standard culture and somatic cells count (SCC). To confirm the identification of M. bovis, 16S-rDNA-PCR Denaturing Gradient Gel Electrophoresis (DGGE) was applied. The majority of the cows was affected
only by a M. bovis subclinical mastitis. The SCC of infected quarters
fluctuated during the time of the study also below 200.000 cells/
ml, and some quarters recovered from the infection. These findings
suggest that M. bovis infection can induce in the mammary gland a
self-limiting disease that could be difficult to recognize. The M. bovis
shedding in these cows occurred only in the milk, demonstrating that
only the mammary gland has been colonized by the microorganism.
spetti si è proceduto all’estrazione del DNA e amplificazione mediante
16S-rDNA-PCR Denaturing Gradient Gel Electrophoresis (DGGE) (4).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Al primo controllo tutte le 14 bovine avevano almeno un quarto infetto da Mycoplasma bovis: in 3 soggetti (5%) tutti i quarti erano positivi, mentre 10 bovine (71%) presentavano 2 quarti positivi, per un
totale di 30 quarti (54%) infetti. Al secondo controllo 2 bovine erano
in asciutta, pertanto il latte di quarto è stato campionato solamente
in 12 animali, 10 dei quali (83%) sono risultati positivi a M. bovis, con
un totale di 23 (48%) quarti infetti. Due bovine hanno mantenuto la
positività a M. bovis in tutti i quarti, altre 2 in tre quarti. Una delle
due bovine negative aveva due quarti infetti al primo controllo, mentre manca ai controlli successivi in quanto riformata nel frattempo;
l’altra bovina negativa aveva precedentemente un solo quarto infetto
e si è mantenuta negativa a tutti i successivi controlli. Al momento
del terzo accertamento due bovine erano state riformate e due erano
in asciutta, pertanto sono state campionate 10 vacche, 8 delle quali
(80%) ancora infette; 7 (70%) bovine avevano 2 o più quarti infetti, per
un totale di 19 (48%) quarti positivi a M. bovis. Solo 8 bovine del gruppo iniziale erano ancora presenti al quarto controllo; di queste, tutte
in lattazione, 4 (50%) avevano 2 quarti infetti, mentre tre bovine sono
risultate negative, una delle quali era al primo prelievo post asciutta.
Complessivamente i quarti infetti erano pertanto 9 (28%). All’ultimo
controllo considerato 4 (50%) delle 8 bovine sottoposte a campionamento erano ancora infette, con 5 (16%) quarti positivi a M. bovis. Una
bovina solamente aveva due quarti infetti, le altre 3 un solo quarto. Tre
delle bovine negative erano tali anche al controllo precedente, mentre
una era risultata costantemente positiva in due quarti. I dati ottenuti
dalla conta delle cellule somatiche sono riportati in tabella 1.
Tutti i tamponi nasali e vaginali raccolti sono risultati negativi per la
presenza di M. bovis.
Nel corso dello svolgimento dello studio, solamente 5 dei quarti positivi hanno evidenziato segni clinici, ed in particolare 3 con agalassia
e 2 con alterazione del secreto (rosato in uno, evidenti fiocchi densi di
fibrina nell’altro).
Nei campioni di latte non è stato isolato nessun altro agente di mastite
contagiosa.
Questo studio è stato sviluppato nell’ambito della ricerca corrente
IZSVe 02/13 “Sviluppo di un piano di sorveglianza nei confronti della
mastite in allevamenti di vacche da latte”.
INTRODUZIONE:
Mycoplasma bovis è un microrganismo in grado di provocare infiammazioni acute e subacute mammarie, articolari, respiratorie e genitali
(3). Negli allevamenti di vacche da latte Mycoplasma bovis è considerato un agente di mastite contagiosa (1), che si diffonde dai quarti infetti ai non infetti soprattutto durante la mungitura; nell’epidemiologia
dell’infezione sembra avere un ruolo importante anche l’eliminazione
di M. bovis attraverso le secrezioni respiratorie, ma sono carenti i dati
sperimentali a supporto di ciò (1). Si è ritenuto pertanto utile effettuare uno studio sulle modalità di diffusione di M. bovis in un gruppo di
bovine naturalmente infette.
MATERIALI E METODI:
Lo studio è stato realizzato in un allevamento di vacche da latte del
Veneto, con in media 240 capi in lattazione, a stabulazione libera con
cuccette e annessa sala di mungitura a spina di pesce (10+10). In seguito all’isolamento di M. bovis in due bovine con mastite subclinica,
è stato controllato l’intero gruppo in lattazione: l’analisi dei campioni
di pool delle singole bovine ha permesso di identificare ulteriori 15
capi infetti da M. bovis. Tre di queste bovine sono state subito riformate, mentre l’allevatore ha deciso di rinviare l’eliminazione delle altre
14. Questi soggetti, naturalmente infetti, sono stati quindi controllati
mensilmente per 5 mesi, effettuando i seguenti prelievi da ciascun animale: un tampone nasale (pool di due narici) e uno vaginale, immediatamente stemperati in 2 ml di Mycoplasma Experience (ME) broth medium (ME LTD, Reigate, UK) e prelievo asettico del latte di ogni singolo
quarto in duplice aliquota in provette da 10 ml. L’aliquota conservata
a -20°C è stata utilizzata per l’esame colturale per Mycoplasma, mentre l’ulteriore aliquota refrigerata (+4°C) è stata sottoposta ad esame
batteriologico standard (secondo le procedure del National Mastitis
Council) (2) e conta delle cellule somatiche (SCC) attraverso il contacellule DeLaval (DeLaval A.B., Tumba, Sweden). Per l’isolamento di M.
bovis, i campioni venivano inoculati in ME broth medium e incubati a
37±1°C in microaerofilia, al 5% di CO2. Quotidianamente i brodi (latte
e tamponi) venivano controllati per individuare eventuali viraggi, quindi seminati in ME broth medium e controllati per valutare la presenza
di colonie di M. bovis. Per la conferma di M. bovis dai campioni so-
Nel corso dello studio la maggior parte delle bovine era affetta solo da
mastite subclinica, si è osservata una riduzione del numero di quarti
infetti e molto variabile era la conta delle cellule somatiche (SCC), anche sotto la soglia delle 200.000 cellule/ml. Questi dati suggeriscono
che l’infezione da M. bovis può indurre una patologia auto limitante
nella ghiandola mammaria che può essere difficile da identificare rispetto alle forme classiche di mastite. L’eliminazione di M. bovis nel
gruppo delle vacche controllate nel corso di questo studio è avvenuta esclusivamente attraverso il latte, dimostrando che solamente la
mammella è stata colonizzata dal microrganismo.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
041
LO STUDIO DELLE MALATTIE ESOTICHE NELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE: L’ISTITUTO
ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELL’ABRUZZO E DEL MOLISE “G. CAPORALE” IN NAMIBIA
Keywords: Cooperazione scientifica, Namibia, Malattie esotiche
De Antoniis L.[1], Pascucci I.[1], Colangeli P.[1], Lelli R.[1], Scacchia M.[1]
Tabella 1. Quarti infetti con SCC ≥ 200.000 cellule/ml
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ~ Teramo ~ Italy
[1]
BIBLIOGRAFIA:
1. Maunsell F.P., Woolums A.R., Francoz D., Rosenbusch R.F., Step D.L.,
Wilson D.J. e Janzen E.D. (2011) Mycoplasma bovis infections in cattle.
Journal of Veterinary Internal Medicine 25 (4): 772-783
2. National Mastitis Council (1999) Laboratory handbook on bovine
mastitis NMC Madison WI
3. Pfutzner H. e Sachse K. (1996) Mycoplasma bovis as an agent of
mastitis, pneumonia, arthritis and genital disorders in cattle. Revue
scientifique et technique International Office of Epizootics 15 (4):
1477-1494
4. Rodio S., Baldasso E., Fincato A., Quartieri K., Moronato M.L., Catania S., (2013) Validazione di 16S-rDNA-PCR-DGGE per la diagnosi di micoplasmosi in campo veterinario. Atti del congresso XV S.I.Di.L.V. 2013
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il rapporto di collaborazione con la Namibia in merito alla sanità animale ha permesso di ottenere i seguenti risultati:
- acquisizione di conoscenze su malattie altrimenti studiate solo accademicamente che rappresentando un rischio anche per i paesi del
Bacino del Mediterraneo (AHS,EE,RVF,LSD, WND, HW,MCM)
- acquisizione di capacità diagnostiche sia tramite la conoscenza clinica delle malattie sia tramite lo sviluppo e la messa a punto di metodi
diagnostici innovativi altamente sensibili e specifici per fronteggiare
eventuali emergenza epidemiche (PPCB,AHS,EE, RVF, LSD, MCM);
- acquisizione di materiali di riferimento (ceppi di patogeni) da territori
nei quali sono naturalmente presenti (PPCB,AHS,HW,TBD);
- sperimentazione di vaccini per la profilassi delle stesse malattie
(AHS);
- miglioramento sanitario delle produzioni zootecniche mediante il
trasferimento di conoscenze tecnico-scientifiche ( metodi diagnostici
innovativi, metodi di controllo ecc) (PPCB, AHS,LSD,HW, RFV, TBD).
L’esperienza dell’IZSAM in Namibia, ha permesso di costruire solidi
rapporti di collaborazione con altri Paesi dell’Africa meridionale, quali
Botswana, Zambia e Zimbabwe. Le attività realizzate in questi paesi
hanno dimostrato il successo della politica dell’Istituto che ha oramai
da molti anni optato per una scelta di politica internazionale adottando un approccio sovranazionale alla tutela della salute umana e
animale. La cooperazione internazionale è stata sempre interpretata
dall’IZSAM come una vera e propria collaborazione a lungo termine,
da cui l’Italia e i paesi destinatari devono trarre reciproco beneficio.
Tale tipologia di attività cooperativa se da un lato ha lo scopo di promuovere uno sviluppo sostenibile che possa rendere l’Africa progressivamente autonoma e beneficiaria della globalizzazione, attraverso
il trasferimento di conoscenze e formazione, dall’altro ha consentito
all’Istituto di colmare l’esigenza dei suoi professionisti di una continua
esperienza, formazione e conoscenza su malattie esotiche altrimenti
apprendibili solo attraverso strumenti accademici. Gli interventi realizzati dall’IZSAM hanno generato un miglioramento delle condizioni di
vita delle popolazioni dei PVS, realizzando il motto “Curare gli animali
affinché’ gli uomini non facciano una vita da bestie”.
SUMMARY:
The Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise
“G. Caporale” (IZSAM) has been engaged for many years in research
and studies designed to increase knowledge and expertise on “exotic
diseases” that require high level of attention. The present paper describes the IZSAM main activities in Namibia focusing on animal diseases diagnosis.
INTRODUZIONE:
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G.
Caporale” (IZSAM) è storicamente impegnato nel realizzare interventi di cooperazione internazionale con diversi Paesi dell’Africa subsahariana, dedicando consistenti risorse finanziarie e umane al fine
di sostenere la crescita tecnica e manageriale nei settori della sanità
e benessere animale, sicurezza alimentare, epidemiologia e gestione
dei sistemi informativi dei Paesi terzi. In questo contesto si inserisce
l’impegno che da anni l’IZSAM profonde nella ricerca e sperimentazione, mirate ad approfondire la conoscenza delle malattie esotiche
degli animali.
MATERIALI E METODI:
L’IZS A&M ha intrapreso numerose attività di cooperazione e ricerca
inerenti la diagnostica di laboratorio delle patologie animali nei paesi dell’Africa meridionale; merita particolare attenzione il rapporto di
collaborazione instaurato con il governo della Namibia dal 1996 nel
campo della ricerca scientifica sulle malattie degli animali domestici.
La Namibia è un paese arido e semi-arido ed in molte delle sue regioni
non cadono più di 400mm di pioggia l’anno, per cui solo la metà del
suo territorio può essere destinata alle attività agricole e zootecniche.
La zootecnia rappresenta, dopo l’attività mineraria, il settore più importante dell’economia e vede nell’allevamento bovino, con 2.4 milioni di capi, e ovi-caprino, con 2.7 e 2.1 milioni di capi rispettivamente, il
suo punto di forza. Un milione circa di abitanti, metà della popolazione del paese, vive di agricoltura e zootecnia. L’allevamento dei cavalli,
anche se il numero di capi non supera i cinquantamila esemplari, è
economicamente rilevante essendo la maggior parte animali da sella,
da competizione e da riproduzione di alta genealogia ed esportati in
Sudafrica, Europa e Penisola Arabica. Il patrimonio zootecnico, che è
alla base del fabbisogno della popolazione, è purtroppo sotto costante
minaccia di epidemie di diverse malattie infettive. All’inizio la collaborazione con la Namibia ed in particolare con Central Veterinary Laboratory (CVL) di Windhoek e con il Ministry of Agriculture Water and
Forestry (MAWF), aveva lo scopo di studiare la patogenesi della Pleuropolmonite Contagiosa Bovina (PPCB). In seguito le attività di ricerca,
che hanno incluso infezioni sperimentali, studi e pubblicazioni, si sono
estese ad altre patologie endemiche, come Peste Equina (AHS), l’Encefalosi Equina (EE), la Rift Valley Fever (RVF), la Lumpy Skin Disease
(LSD), l’Idropericardite dei ruminanti (HW), le patologie trasmesse da
zecche (TBD) ed il Morbo Coitale Maligno (MCM). Per tali malattie, ed
altre identificate come prioritarie dal CVL quali Brucellosi e clamidiosi
, sono stati messi a punto metodi diagnostici, come quelli molecolari,
includendo, per alcune di queste, la produzione di reagenti per l’effettuazione dei test, e la produzione di presidi immunizzanti efficaci.
186
BIBLIOGRAFIA:
“Namibia: an example of international cooperation in the study of
emerging diseases”, di Vincenzo Caporale , Rossella Lelli, Massimo
Scacchia e Attilio Pini, in Veterinaria italiana, 2009, 45(2):243-8, 24953.
187
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042
DISTURBI IDROELETTROLITICI CAUSATI DA UNA METASTASI IPOFISARIA
DI UN CARCINOMA POLMONARE
Keywords: Tumour lung, pituitary metastases, polyuria and polydipsia
Degli Uberti B.[1], De Luca G.[1], D’Amore M.[1], Girardi S.[1], Galiero G.[1], Antropoli M.[2], Iannuzzi F.[3], Rosato G.[4]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy, [2]Servizio veterinario Asl CE ~ Caserta ~ Italy,
[3]
Servizio Veterinario ASL SA ~ Salerno ~ Italy, [4]Centro di Riferimento Igiene Urbana Veterinaria ~ Napoli ~ Italy
[1]
SUMMARY:
An 11 years old mongrel female was subjected to consultation for
manifestations of polyuria and polydipsia accompanied by lethargy
and neurological signs. Blood tests were carried out and presence
of leukocytosis and a moderate increase in liver enzymes were evidenced. The died animal was subjected to necropsy that revealed the
presence of a mass of 4 cm in diameter at the level of the right lung
lobe and an apparent asymmetry of the two cerebral hemispheres.
The findings were examined histologically and revealed a lung cancer
with pituitary metastasis.This finding would explain the symptoms for
which the dog had been led to visit. As a matter of fact the metastasis
detected at the level of the neurohypophysis would have resulted in a
failure to vasopressin release with consequent decrease in the absorption of water by the tubules of the kidney manifolds (polyuria) and of
increasing demand for water (polydipsia). The case is being reported
for the first time in veterinary medicine.
scica in preda ad atrofia. I polmoni evidenziavano una grossa neoformazione di 4 cm sul lobo mediano destro (superficie dorsale) che
in sezione di taglio presentava colorito bianco e consistenza lardacea
(Fig.1). L’encefalo mostrava una evidente asimmetria dei due emisferi
con aumento di volume e congestione del destro (Fig.2). Si procedeva al prelievo di campioni da tutti gli organi con lesioni macroscopicamente evidenti da destinare all’esame istopatologico. La diagnosi
anatomo-patologica concludeva per un quadro di neoplasia polmonare con sospette metastasi ipotalamo - ipofisarie.
ISTOLOGICO
Gli organi del cane deceduto sono pervenuti presso l’ U.O di Istopatologia dell’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, fissati in formalina tamponata al 10%. In sede di macroriduzione si evidenziava la
presenza di una massa di 4cm di diametro sul lobo mediano destro
(superficie dorsale)del polmone e di una piccola formazione a livello
ipofisario con soffusioni emorragiche. Gli organi macroridotti, sono
stati processati, inclusi in paraffina e microsezionati al microtomo.
Le microsezioni, dello spessore di 3-4µ , sono state sottoposte a colorazione con Ematossilina-Eosina ed osservate al microscopio ottico
per la diagnosi morfologica. Per la conferma diagnostica sono stati effettuati esami di immunoistochimica su sezioni di polmone ed ipofisi
utilizzando gli anticorpi Citocheratine clone AE1/AE3, clone MNF116 e
HMW ( Hight Molecular Weight). Sui preparati istologici di tessuto polmonare si è proceduto alla colorazione Ziehl - Neelsen, come richiesto
dai veterinari preleva tori, per escludere la copresenza di batteri acido
- resistenti.
INTRODUZIONE:
In questo lavoro presentiamo il report di un caso di carcinoma polmonare con metastasi alla neuroipofisi (3) che risulta essere segnalato
per la prima volta in medicina veterinaria. Il cane meticcio femmina di
11 anni di età,senza padrone,era accudito da volontari ed aveva vissuto tra il comune di Aversa (CE) e il comune di Napoli. I dati anamnestici riportati dal padrone evidenziavano disturbi neurologici e letargia
con sintomatologia di poliuria e polidipsia. Gli esami ematochimici
effettuati svelavano leucocitosi e un moderato aumento degli enzimi
epatici. L’eco-addome rilevava un’epatomegalia. In seguito alla morte
dell’animale si procedeva ad esame necroscopico volto a verificare le
cause di morte, contestualmente venivano prelevati campioni da tutti
gli organi con lesioni macroscopicamente evidenti da destinare all’esame istopatologico.
MATERIALI E METODI:
VISITA CLINICA: Il cane veniva portato a visita a fine novembre per la
comparsa di sintomi di letargia, poliuria e polidipsia. Nelle visite seguenti mostrava un peggioramento progressivo con ottundimento del
sensorio, difficoltà a mantenere la stazione quadrupedale con movimenti di maneggio e compulsivi. Si effettuavano esami ematochimici
che mostravano leucocitosi e una moderata alterazione degli enzimi
epatici. Il quadro proteico risultava alterato per un aumento delle alfa
2 - globuline e beta 1 - globuline. Si procedeva a terapia sintomatica.
Dall’eco-addome risultava una epatomegalia con una area ipoecogena
non significativa. Il decesso avveniva nel mese di gennaio.
NECROSCOPIA
La necroscopia veniva effettuata da operatori del Servizio Veterinario
della ASL, nell’ambito di una specifica attività promossa dalla Regione
Campania, finalizzata alla ricerca delle cause di morte degli animali
domestici. All’esame esterno del cadavere veniva riscontrata ipotonia
muscolare e cattivo stato di nutrizione. All’esame morfologico degli
organi si riscontrava epatomegalia con diminuzione della consistenza
e colorazione più chiara del parenchima. A livello renale presenza di
congestione. I surreni risultavano morfologicamente alterati. La ve-
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame istologico della massa polmonare di 4 cm di diametro mediante colorazione E-E metteva in evidenza un carcinoma primario, le
cellule pleomorfe mostravano elevato grado di atipia (Fig.3). Le aree
circostanti le lesioni risultavano interessate da enfisema, edema, degenerazione delle cartilagini bronchiali con segni di mineralizzazione.
L’esame mediante IHC confermava la diagnosi. La riduzione effettuata
a livello della neuroipofisi aveva rilevato una massa caratterizzata da
soffusioni emorragiche che istologicamente risultava essere una metastasi del carcinoma polmonare. A livello cerebrale si giungeva ad
una diagnosi di encefalite-meningite carcinomatosa (2) (1) . A livello
di ghiandola surrenale veniva evidenziata una iperplasia cortico-surrenalica sicuramente secondaria alla metastasi ipofisaria, al fenomeno
di stress con conseguente abbassamento delle difese immunitarie. Il
reperto mostrava inoltre un’atrofia della zona glomerulare compatibile con diminuzione della produzione di aldosterone e conseguente interferenza con il sistema renina-angiotensina prodotto dal rene.
Questo ritrovamento spiegherebbe la sintomatologia per cui il cane
era stato portato a visita, infatti la metastasi riscontrata a livello della
neuroipofisi avrebbe determinato un mancato rilascio di vasopressina con conseguente diminuzione dell’assorbimento di acqua da parte
dei tubuli collettori del rene (poliuria) e dell’aumento del fabbisogno
di acqua ( polidipsia).La valutazione microscopica della parete della
vescica confermava la diagnosi di atrofia avanzata in sede di necroscopia. A carico degli altri organi si riscontrava istologicamente enterite
catarrale, epatopatia con fenomeni di necrosi diffusa. L’esame istologico condotto sul tessuto cardiaco evidenziava un’ insufficienza cardiaca con degenerazione del sistema di conduzione che aveva causato
la morte dell’animale per collasso cardiocircolatorio. Il quadro scaturito permetterebbe di ipotizzare l’insorgenza nell’animale di un diabete
insipido secondario alla metastasi a livello della neuroipofisi come si
evince dai dati anamnestici e dal quadro anatomo-isto - patologico.
Fig.3 POLMONE E-E INGR 20X
Fig.1 NEOFORMAZIONE (4 CM) sul lobo mediano destro superficie dorsale - alla sezione il tessuto e’ biancastro, lardaceo, poco consistente
BIBLIOGRAFIA:
(1) Atypical diabetes insipidus in small cell lung cancer - Wassermann
K, Ekert G, Muller KM, Nakhosteen A. Chest 92:753,1987.
(2) Central diabetes insipidus caused by pituitary metastasis of
lung cancer - Reikei Matsuda, Eiko Chiba, Ichiro Kawana, Minoru
Kihara,Masakazu Tomiyama, Hikaru Ebira; Tadashi Ikegami and Hajime
Kitamura. Internal medicine Vol.34, No.9 (September 1995)
(3) Cliniopatholoic review of 88 cases of carcinoma metastatic to pituitary gland - Teears RJ, Silverman EM. Cancer 36:216,1975.
Fig.2 FLOGOSI - evidente asimmetria dei due emisferi, il dx risulta piu’
grande e congesto
188
189
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
043
APPLICAZIONE DELLA MLST NEL PROTOCOLLO DIAGNOSTICO DELLA ARTROPATIA AMILOIDE
IN POLLI DI LINEA LEGGERA: RISULTATI PRELIMINARI E PROSPETTIVE FUTURE
Keywords: artropatia amiloide, ovaiole, MLST
Di Blasio A.[1], Rizzo G.[1], Zoppi S.[1], Costa V.[2], Magrini M.[3], Dondo A.[1], Goria M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy, [2]Hy-Line Italia s.r.l. ~ Asti ~ Italy,
[3]
A.L.I. s.r.l. ~ Forlì-Cesena ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Amyloid Arthropathy (AA) is a chronic disease mainly described in
brown layers chickens whit an important economic impact. A significant role has been attributed to E. faecalis, but pathogenic mechanisms are not yet fully known. The aim of this survey was to develop
a diagnostic protocol including MLST in order to characterize clones
associated with AA. It has been tested 41 strains of E. faecalis isolated
from affected animals and one day old chicks; the sequences obtained
were compared by “Enterococcus faecalis MLST website” (http://
pubmlst.org/ efaecalis /) of the University of Oxford, to determine the
Sequence Type (ST) of each sample. Our results shown an high frequency of ST defined “amyloidogenic” (ST82 and 16) in cases of AA
in contrast with a marked variability obtained in 1 day old chicks. In
conclusion the integration of the bacteriological protocol in use with
MLST has allowed useful information to proceed on the study of the
AA’s epidemiology.
• 13 isolati da lesioni di animali di 4 diversi focolai di AA;
• 26 isolati da fegato o sacco vitellino di pulcini di linea leggera di 1
giorno prelevati alla schiusa prima di ogni manipolazione e provenienti da 12 gruppi distinti di riproduttori;
• 2 presenti in ceppoteca e utilizzati in precedenti studi per l’esecuzione di un’infezione sperimentale [5].
I ceppi batterici sono stati isolati mediante semina su terreni agarizzati
selettivo-differenziali con incubazione a 42°C per 48h; l’identificazione
batterica è stata eseguita mediante sistemi automatizzati. La caratterizzazione molecolare è stata effettuata mediante MLST [7], preceduta
dall’estrazione del DNA dalle colonie tramite bollitura in bagnomaria
per 15’ a 100°C. Successivamente si è proceduto all’amplificazione
con metodica PCR di 7 geni housekeeping (gdh, gyd, pstS, gki, aroE,
xpt e yqiL), codificanti per enzimi che catalizzano importanti funzioni
metaboliche batteriche, e sequenziamento degli ampliconi ottenuti
mediante metodo Sanger (Fig. 1). Le sequenze, analizzate con utilizzo del software Bioedit v7.2.5, sono state confrontate con la banca
dati online “Enterococcus faecalis MLST website” (http://pubmlst.org/
efaecalis/) dell’Università di Oxford, per la determinazione della ST.
INTRODUZIONE:
L’artropatia amiloide (AA), descritta per la prima volta nel 1994 in
Olanda, è una patologia cronica che colpisce prevalentemente galline ovaiole. La forma clinica si manifesta nelle pollastre con poliartriti
legate ad un accumulo extracellulare di sostanza amiloide, ma non
sono rare forme sistemiche [2]. La gravità e irreversibilità delle lesioni
obbliga alla riforma di animali prima della loro entrata in produzione
con un impatto negativo non indifferente sull’economia aziendale. L’isolamento di E. faecalis in focolai di AA e la riproduzione della malattia
tramite infezioni sperimentali attribuiscono a questa specie batterica
un ruolo significativo nella patogenesi della malattia [3,5]. Non sono
ancora del tutto noti i meccanismi patogenetici con i quali questo
batterio commensale e appartenente al microbiota intestinale possa
indurre malattia. Sono state avanzate numerose ipotesi a riguardo tra
cui la possibilità di una trasmissione verticale dell’infezione o di contagio e/o diffusione durante la fase di schiusa e le successive manipolazioni, oltre a co-infezioni e a diversi fattori predisponenti (razza, stress
o scadente management aziendale negli allevamenti di produzione)
[1,2,3]. L’incremento dell’utilizzo di tecniche molecolari di genotipizzazione batterica, come la MultiLocusSequence Typing (MLST) ha reso
possibile la caratterizzazione dei cloni patogeni, definiti “amiloidogenici”, associati ad AA e lo studio delle loro relazioni clonali [4,6]. Negli ultimi anni sono stati diagnosticati presso i laboratori dell’Istituto
Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (IZSPLV) diversi
casi di AA in pollastre. Presso i medesimi laboratori vengono eseguiti
dal 2014 controlli microbiologici sistematici presso un incubatoio di
linea leggera col riscontro quasi costante di E. faecalis in pulcini di un
giorno. Data la casistica collezionata, lo scopo di questo lavoro è stato
quello di mettere a punto un protocollo diagnostico integrato con la
caratterizzazione molecolare, mediante analisi MLST, volto alla definizione del profilo genetico (Sequence Type-ST) dei ceppi di E. faecalis
isolati da soggetti affetti da AA e da pulcini di un giorno di vita.
Figura 1: rappresentazione grafica della metodica di caratterizzazione
molecolare mediante MLST.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nei 41 ceppi sottoposti ad analisi MLST sono stati identificati 11 differenti ST. Come mostrato nel grafico 1, tra gli E. faecalis isolati dalle
lesioni di animali affetti da AA vi è un’elevata frequenza di ST tipici dei
ceppi “amiloidogenici” (ST82 e 16) in accordo con quanto riportato
in studi precedenti [4] e con i dati presenti in “Enterococcus faecalis
MLST website” (Grafico 2). Gli stessi ST sono stati identificati anche
in pulcini di un giorno di vita, nei quali si riscontra tuttavia una più
spiccata variabilità dei profili genetici. La caratterizzazione molecolare
eseguita in questa indagine preliminare e i dati raccolti durante le attività diagnostiche dell’IZSPLV degli ultimi anni avvalorano l’ipotesi di
un’infezione durante la fase di schiusa o le manipolazioni successive
ad essa, senza però poter escludere con sicurezza la possibilità di una
trasmissione verticale. Il coinvolgimento nei focolai di AA di solo alcuni
degli ST identificati potrebbe essere spiegata con una maggiore patogenicità e resistenza a fattori stressogeni esterni (disinfezioni, variazio-
MATERIALI E METODI:
L’indagine preliminare è stata condotta su 41 ceppi di E. faecalis, di cui:
190
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4. Petersen, A., Christensen, H., Philipp, H.C., Bisgaard, M., 2009. Clonality of Enterococcus faecalis associated with amyloid arthropathy in
chickens evaluated by multilocus sequence typing (MLST). VetMicrobiol. 134:392-395.
5. Rampin, T., Grilli, G., Sironi, G., Dondo, A., Esposito, L. (2000). Infezione sperimentale di pulcini di linea leggera con un ceppo di Enterococcus faecalis isolato da un caso di Artropatia Amiloide. Selezione
Veterinaria, 41 (8-9):629-638.
6. Rikke H. Gregersen , A. Petersen , Henrik Christensen & Magne Bisgaard (2010) Multilocus sequence typing of Enterococcus faecalis isolates demonstrating different lesion types in broiler breeders, Avian
Pathol, 39 (6):435-440.
7. Ruiz-Garbajosa, P., Bonten,M.J., Robinson, D.A., Top, J., Nallapareddy, S.R., Torres, C., et al. (2006). Multilocus sequence typing scheme
for Enterococcus faecalis reveals hospital-adapted genetic complexes
in a background of high rates of recombination. J Clin Microbiol, 44,
2220-2228.
ni di temperatura e umidità) o endogeni (immunità innata e acquisita
dell’ospite) e quindi capacità di indurre malattia nel soggetto adulto
anche a distanza di alcune settimane di vita. Restano tuttavia da chiarire ancora molti aspetti relativi alla fonte d’infezione (probabilmente
comune data la frequente omologia di ceppi), alle vie di trasmissione
(verticale e/o orizzontale) e ai fattori scatenanti. In conclusione l’integrazione del protocollo diagnostico batteriologico in uso con la MLST
ha permesso l’acquisizione di informazioni utili per il proseguimento
degli studi sull’epidemiologia della AA. In particolare verrà realizzata
un’estensione delle indagini a partire dagli allevamenti di riproduttori
fino al manifestarsi della malattia nelle pollastre campionando uova
embrionate, ambienti e animali.
Grafico 1: Sequence Types identificati nel presente studio mediante
MLST eseguita su 41 ceppi di E. faecalis , di questi: n. 2 sono stati utilizzati in passato per l’infezione sperimentale e n. 39 isolati da lesioni
di animali affetti da AA (n.13) o da pulcini di 1 giorno prelevati alla
schiusa (n.26)
Grafico 2: Associazione ST/ AA nel DB online “Enterococcus faecalis
MLST website”. Il grafico mostra la frequenza di 25 ceppi associati ad
Artropatia Amiloide e censiti come appartenenti a 7 differenti Sequence Types.
BIBLIOGRAFIA:
1. Fertener, M.E., Rikke, H.O., Bisgaard, M., Christensen, H. (2011).
Transmission and genetic diversity of Enterococcus faecalis among
layer chickens during hatch. ActaVetScand, 53:56.
2. Landman, W.J.M., Veldman, K.T., Mevius, D.J., Doornenbal, P.
(2000). Contamination of Marek’s disease vaccine suspensions with
Enterococcus Faecalis and its possible role in amyloid arthropathy.
Avian Pathol, 29:21-25.
3. Landman, W.J.M., Feberwee, A. (2001). Field studies on the association between amylidi arthropathy and mycoplasma synoviae infection,
and experimental reproduction of the condition in brown layers. Avian
pathol, 30: 629-639
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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QUANTIFICAZIONE DELLA PROTEINA VP2 DEL VIRUS BLUETONGUE SIEROTIPO 8
NEI VACCINI MEDIANTE CAPTURE ELISA
Keywords: Bluetongue virus serotype 8, capture-ELISA, viral protein 2
Di Febo T.[1], Luciani M.[1], Di Pancrazio C.[1], Sacchini F.[1], Ronchi G.F.[1], Ulisse S.[1], Antonucci D.[1], Tittarelli M.[1]
Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The outer capsid of Bluetongue virus (BTV) is formed by viral proteins 2 (VP2) and 5 (VP5). VP2 is the main determinant of serotype
specificity and is recognized by neutralizing antibodies (2, 3, 6). In
this study, a capture ELISA developed with monoclonal antibodies
specific for VP2 of the BTV serotype 8 (BTV8) and purified IgG from
a sheep infected with BTV8, was used to quantify VP2-BTV8 protein
in the inactivated vaccine Merial BTVPUR AlSap 8, containing aluminum hydroxide and saponin as adjuvants.
The quantification of VP2-BTV8 protein by capture ELISA could be
used for the quality control of different batches of BTV8 inactivated
vaccines, produced with the same method of production and the
same adjuvants. This could be an alternative method in place of in
vivo animal testing.
todo delle diluizioni limite. I MAb sono stati isotipizzati e le loro
cross-reattività verso i virus BTV2 e BTV8 in toto e verso la proteina
ricombinante VP7-BTV (IZSAM) sono state determinate in ELISA indiretta e immunoblotting
Capture ELISA: micropiastre a 96 pozzetti Polysorp (Nunc) sono state attivate con IgG ovine anti-BTV8 alla concentrazione di 20 µg/
ml in TCB (ON a TA). La curva standard è stata realizzata con la
VP2-BTV8 a partire da una concentrazione di 25 µg/ml fino ad una
concentrazione di 0.195 µg/ml per raddoppio in PBST; il vaccino
Merial è stato testato non diluito e alle diluizioni da 1:2 a 1:128
per raddoppio in PBST. L’incubazione della VP2-BTV8 e del vaccino
Merial è stata effettuata a 37°C per 1 h 30 min in agitazione. La
piastra è stata poi incubata con MAb anti-VP2-BTV8 per 1 h a 37°C
e successivamente con anticorpo secondario anti-mouse IgG-HRP
(GE Healthcare) per 30 min a TA. Il TMB è stato utilizzato come
substrato cromogeno.
Vaccino anti-BTV8: il vaccino commerciale Merial BTVPUR AlSap 8
è stato utilizzato per la standardizzazione della Ca-ELISA ed è stato
testato tal quale e con aggiunta di detergenti, rispettivamente di
0.1% Triton X-100 (1) e di 1% Sarkosyl (5), tenuti prima per 2 h in
agitazione a temperatura ambiente (TA) e successivamente overnight (ON) a 4°C.
INTRODUZIONE:
Il virus Bluetongue (Orbivirus, Reoviridae) (BTV) è trasmesso da
insetti vettori e infetta i ruminanti, causando gravi perdite nelle
popolazioni ovine. Uno dei metodi di lotta al virus è l’utilizzo di
vaccini attenuati e inattivati (5). Tuttavia alcune fasi del controllo
di qualità dei vaccini, prevedono l’utilizzo di animali per assicurarne la sicurezza e l’efficacia prima del loro rilascio in commercio.
La politica delle “3R” (refinement, reduction e replacement), sulla
riduzione dell’utilizzo degli animali nella sperimentazione, richiede
un continuo miglioramento dei processi di produzione e controllo
dei vaccini, per ottenere prodotti con caratteristiche fisico-chimiche sempre più riproducibili, e lo sviluppo di nuovi metodi per la
caratterizzazione in vitro dei vaccini, che sostituiscano le prove effettuate in vivo (4).
Scopo del presente lavoro è stato lo sviluppo di una capture ELISA
per la quantificazione della VP2 nei vaccini anti-BTV8. La stima della quantità di VP2, proteina trimerica presente nel capside esterno del virus e riconosciuta dagli anticorpi neutralizzanti (2, 3, 6),
potrebbe essere utilizzata nel controllo di qualità dei vaccini, per
confrontare tra loro lotti diversi della stessa tipologia di vaccino
(stesso metodo di produzione e stesso adiuvante), in alternativa
alle prove effettuate su animali.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La capture ELISA è stata messa a punto utilizzando il MAb 12F10G12
(isotipo IgG1 anti-k) selezionato da un pannello di 40 monoclonali.
Il MAb in ELISA indiretta reagisce con il virus BTV8 in toto, ma non
con il virus BTV2 in toto e con la proteina VP7-BTV. Inoltre in immunoblotting riconosce sia la forma trimerica (PM 110 kDa) che il monomero (PM 40 kDa) (Fig 1). I risultati ottenuti per interpolazione
dei valori di Densità ottica del vaccino con la curva standard costruita con concentrazioni note di VP2-BTV8 sono mostrati in Tabella 1.
Il confronto tra l’antigene trattato con i detergenti e l’antigene non
trattato dimostra che il trattamento con il Sarkosyl migliora la sensibilità del metodo, in quanto fornisce valori di VP2-BTV8 più alti,
mentre il trattamento con Triton X-100 interferisce con il legame
della VP2 agli anticorpi adesi alla micropiastra con valori di VP2
più bassi. Ulteriori prove dovranno essere effettuate per valutare
l’influenza della tipologia di adiuvante sul metodo ELISA sviluppato,
testando vaccini commerciali contenenti adiuvanti solubili; il vaccino Merial utilizzato nelle prove descritte sopra, infatti, è adiuvato
con idrossido di alluminio che tende a precipitare in condizioni statiche di conservazione. Dai risultati ottenuti nel presente lavoro, si
può dedurre che la capture ELISA potrebbe essere utilizzata per la
quantificazione della proteina VP2-BTV8 nell’ambito dei controlli
di qualità dei differenti lotti di vaccino anti-BTV8 prodotti con lo
stesso metodo di produzione e contenenti lo stesso adiuvante in alternativa ai metodi tradizionali che prevedono l’utilizzo di animali.
MATERIALI E METODI:
Produzione IgG ovine vs BTV8: IgG vs il virus BTV8 sono state prodotte mediante purificazione in cromatografia di affinità di un siero
ovino positivo per BTV8. Le IgG purificate sono state risospese in
PBS 0.01 M.
Proteina ricombinante VP2-BTV8: la proteina VP2-BTV8 è stata prodotta dalla ditta GenScript utilizzando il Baculovirus come sistema
di espressione. Dopo la purificazione, l’His-tag è stato rimosso mediante la proteasi rTEV. La VP2-BTV8, nella forma trimerica, ha un
peso molecolare di circa 110 kDa.
Produzione e caratterizzazione MAbs: topi Balb/c sono stati inoculati per via intraperitoneale con la proteina ricombinante VP2BTV8 diluita in adiuvante di Freund. Dopo l’eutanasia dei topi, gli
splenociti sono stati fusi con cellule di mieloma murino della linea
Sp2/O-Ag-14 (ATCC) e gli ibridomi sono stati clonati secondo il me-
192
Figura 1 - Immunoblotting del MAb 12F10G12 verso la VP2-BTV8 ricombinante (R) e verso il virus BTV8 in toto (W).
Tabella 1 - Risultati quantificazione VP2-BTV8 nel vaccino commerciale
Merial BTVPUR AlSap 8 non trattato e trattato con 0.1% Triton X-100
e 1% Sarkosyl.
BIBLIOGRAFIA:
1. Hu Z, Chang H, Ge M, Lin Y, Wang X, Guo W, Wang X (2014). Development of antigen capture ELISA for the quantification of EIAV p26
protein. Appl Microbiol Biotechnol, 98:9073-9081.
2. Huismans H, Erasmus BJ (1981). Identification of the serotype-specific and group-specific antigens of bluetongue virus. Onderstepoort J
Vet Res, 48:51-58.
3. Maan S, Maan NS, Samuel AR, Rao S, Attoui H, Mertens PP (2007).
Analysis and phylogenetic comparisons of full-length VP2 genes of the
24 bluetongue virus serotypes. J Gen Virol, 88:621-630.
4. Metz B., Hendriksen C.F.M., Jiskoot W., Kersten G.F.A., 2002. Reduction of animal use in human vaccine quality control: opportunities and
problems. Vaccine, 20: 2411-2430.
5. Schlager B, Straessle A, Hafen E (2012). Use of anionic denaturing
detergents to purify insoluble proteins after overexpression. BMC Biotechnol, 12: 95.
6. World Organisation for Animal Health (OIE) (2014). Bluetongue.
Chapter 2.1.3. In Manual of diagnostic tests and vaccines for terrestrial
animals, 6th Ed. OIE, Paris: 1-18.
193
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
045
CONFRONTO DI TRE DIVERSI METODI DI OMOGENEIZZAZIONE PER AUMENTARE LA SENSIBILITÀ
DELL’ISOLAMANTO DI BRUCELLA SPP.
Keywords: Brucella spp., Omogeneizzazione, Isolamento microbiologico
Di Provvido A.[1], Averaimo D.[1], Foschi G.[1], Romeo G.[1], Cocco A.[1], Scacchia M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’ Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Brucella isolation procedure has low sensitivity, demands the use of
different culture media and still requests several weeks. All these aspects represent a limit for further epidemiological studies. The intracellular localization of Brucella spp. make its isolation more difficult
and, therefore, the homogenization procedure represents a critical
moment. Thirty-nine samples collected from seropositive asymptomatic bovines have been carried out for Brucella isolation according to
OIE protocol. Samples have been homogenized using in parallel Stomacher®, manual pestel and IKA ULTRA-TURRAX® Tube Drive. The last
two methods gave positive results (4 and 7 respectively) without any
enrichment, while no one gave positive results by stomacher method.
These preliminary results suggest that a different homogenization
protocol can reduce the time requested for Brucella isolation. These
findings will provide bacterial strains for molecular investigations in a
short time.
Il campione, posto in una busta Bagfilter®, è stato omogenato ad alta
velocità tramite Seward Stomacher ® 80 Lab system con 10 ml di PBS
per 2 minuti (Figura 1).
Metodo 2 Pestello manuale
Il campione, posto in una busta Bagfilter®, è stato omogenato manualmente con 10 ml di PBS tramite l’utilizzo di un pestello di legno
fino ad ottenere una rottura completa dell’organo (Figura 1).
Metodo 3 IKA ULTRA-TURRAX® Tube Drive (Scelto anche per le buone
caratteristiche di biosicurezza)
Il campione, posto in un contenitore DT-20-M-gamma Tube with rotorstator element è stato omogenato per 2 minuti utilizzando l’apparecchio IKA ULTRA-TURRAX® Tube Drive alla massima velocità. (Figura 1)
Isolamento
Tutti gli omogenati sono stati sottoposti ad isolamento brucella con
Metodo ufficiale OIE in uso presso IZS Teramo (6). La procedura prevede la semina diretta di 0,1 ml di omogenato in due diversi terreni solidi
di cui uno selettivo ed uno non selettivo ed 1 ml dello stesso omogenato in 10 ml di brodo selettivo. Tutti i campioni sono stati incubati a 37
°C con 5-10% CO2. La lettura delle piastre della semina diretta è stata
effettuata giornalmente a partire da 72 h post inoculo fino a 10gg.
I brodi selettivi sono stati mantenuti in termostato per 6 settimane
e con cadenza settimanale, sono state effettuate delle subcolture in
nuovi terreni solidi selettivi. Il campione è stato considerato positivo
quando presentava colonie con caratteristiche morfologiche e biochimiche riferibili a Brucella spp. Tutti i ceppi isolati sono stati identificati
presso l’IZS Teramo mediante tecniche ufficiali sia molecolari sia tradizionali descritte nel Manuale OIE (6).
INTRODUZIONE:
La brucellosi è una patologia zoonosica a trasmissione alimentare e
professionale trasmissibile all’uomo per contatto diretto tramite feti
o invogli fetali o attraverso il consumo di latte crudo e/o suoi derivati (1,4). Tra le 6 specie conosciute, Brucella abortus, Brucella suis e
Brucella melitensis manifestano un alto potere zoonosico (5). In Italia
la diagnosi di brucellosi viene effettuata con test sierologici. Tuttavia,
dagli animali sieropositivi macellati vengono prelevati gli organi bersaglio per il successivo isolamento microbiologico allo scopo di effettuare indagini epidemiologiche anche di tipo molecolare (2,3). Fattori
quali l’intracellularità, la lenta crescita in vitro, la bassa carica di brucella presente negli organi e la contaminazione degli stessi, riducono
la sensibilità dell’isolamento. L’OIE prevede l’utilizzo di terreni solidi
e brodi di arricchimento selettivi per contrastare la lenta crescita, la
bassa carica ed eventuali cross-contaminazioni. Uno dei fattori critici
legati all’isolamento è la presenza di scarse concentrazioni batteriche
in fase di semina, conseguente ad una bassa carica batterica nelle matrici di partenza ed ad una non corretta omogeneizzazione del campione. La consistenza particolarmente dura degli organi utilizzati quali
linfonodi e mammella, rende difficoltosa la fuoriuscita delle brucelle
dalle cellule con i metodi tradizionalmente utilizzati e suggeriti anche
nel Manuale OIE (Stomacher®) (6). Scopo del seguente lavoro è quello di mettere a confronto tre diversi metodi di omogeneizzazione del
campione al fine di aumentare la sensibilità dell’isolamento microbiologico, ridurne i tempi di risposta ed incrementare la disponibilità di
ceppi per i diversi studi di epidemiologia molecolare.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
2008: Typing of Brucella field strain isolated from livestock populations in Italy between 2001 and 2006. Vet. Ital. 44: 383-388.
3. Garofolo G, Foster JT, Drees K, Zilli K, Platone I, Ancora M, Cammà C,
De Massis F, Calistri P, Di Giannatale E., 2015: Genome Sequences of
11 Brucella abortus Isolates from Persistently Infected Italian Regions.
Genome Announc 3(6): e01402-15. doi:10.1128/genomeA.01402-15.
4. Glynn MK, Lynn TV (2008) Brucellosis. J Am Vet Med Assoc 233:900908. Hornsby RL, Jensen AE, Olsen SC, Thoen CO (2000) Selective
media for isolation of Brucella abortus strain RB51. Vet Microbiol 73:
51-60.
5. K. von Bargen, J.-P. Gorvel, and S. P. Salcedo, 2012 “Internal affairs:
investigating the Brucella intracellular lifestyle,” FEMSMicrobiology
Reviews, 36 (3). 533-562.
6. OIE Manual of diagnostic tests and vaccines for terrestrial animals
2016. Brucellosis (Brucella abortus, B. melitensis and B. suis) (infection with B. abortus, B. melitensis and B. suis ) Version adopted in May
2016 Chapter 2.1.4.. p. 1-44
è un punto critico su cui lavorare per aumentare la sensibilità di un
metodo diagnostico diretto. Infatti, con i metodi 2 e 3, che già macroscopicamente dimostravano una migliore frantumazione dell’organo
rispetto al metodo 1, è stato possibile isolare in prima settimana 4 e 7
ceppi di brucella rispettivamente, riducendo di una settimana i tempi
di risposta (Figura 2). Il metodo 1 non ha invece permesso l’isolamento
di Brucella nella prima settimana d’incubazione, ma solo dopo arricchimento e quindi risulta chiaro che, con l’utilizzo dello Stomacher®,
l’omogeneizzazione del campione porti ad una scarsa concentrazione
di brucelle in fase di semina. Importante è anche il discorso legato alla
biosicurezza, infatti il metodo 3 prevede l’utilizzo di contenitori chiusi ermeticamente riducendo quasi a zero il rischio di contaminazione
degli operatori durante la fase di omogeneizzazione, a differenza di
quello che accade con gli altri due metodi. Tuttavia, quando si valutano i risultati post-arricchimento, si evidenzia un numero totale di isolamenti maggiore con il metodo 1 rispetto agli altri due, come se per i
metodi 2 e 3 l’arricchimento avesse inibito la crescita invece che favorirla. Questo dato contrastante potrebbe essere dovuto ad una modifica di alcuni parametri del brodo di arricchimento, come ad esempio il
pH, conseguente all’inoculo di una maggiore concentrazione di detriti
cellulari post-omogeneizzazione per i metodi 2 e 3. I dati presentati in
questo lavoro scaturiscono da una sperimentazione ancora in corso,
che valutando i risultati contrastanti è stata rimodulata per far fronte a
queste problematiche e per aumentare la casistica. I primi dati, anche
se su un numero esiguo di campioni, sono incoraggianti.
Tabella 1: Campioni esaminati e risultati positivi con i tre metodi di
omogeneizzazione nelle diverse settimane
Figura 1: Strumentazione utilizzata per i tre diversi metodi di omogeneizzazione
MATERIALI E METODI:
Trentanove campioni (7 milze, 4 mammelle, 28 linfonodi) provenienti da 7 bovini adulti sieropositivi ad entrambi i test sierologici per la
diagnosi di Brucellosi sono stati analizzati presso l’ IZSA&M di Teramo,
Laboratorio di Referenza OIE per la brucellosi. Circa 1,5 cm3 dei diversi
parenchimi sono stati sottoposti a tre diversi metodi di omogeneizzazione:
Metodo 1 Stomacher (Suggerito dal manuale OIE e più diffuso nei
laboratori diagnostici)
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dei 39 campioni esaminati 12 sono risultati positivi utilizzando il metodo 1 di cui 9 in seconda settimana e 3 in terza, 6 utilizzando il metodo
2 di cui 4 in prima settimana e 2 in seconda e 9 utilizzando il metodo
3 di cui 7 in prima settimana e 2 in seconda (Tabella1). Tutti i campioni
positivi del metodo 1 ed alcuni del metodo 2 hanno continuato a confermare la positività anche nelle sub-colture successive. Questi dati
preliminari confermano che la fase di omogeneizzazione del campione
194
Figura 2: Aspetto dei campioni post-omogeneizzazione
BIBLIOGRAFIA:
1. Adams LG, Station TAE (1990) NetLibrary I advances in brucellosis
research. Texas A&M University, College Station, TX.
2. Di Giannatale, E., F. De Massis, M. Ancora, K. Zilli, and A. Alessiani,
195
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
046
AVVELENAMENTO DA METALDEIDE DI ANIMALI DOMESTICI NELLE REGIONI CAMPANIA E CALABRIA
Keywords: metaldeide, avvelenamento, Ordinanza Ministeriale 18/12/2008
De Roma A.[1], Serpe F.P.[1], Rossini C.[1], Miletti G.[1], Vangone L.[1], D’Alessio N.[1], Galiero G.[1], Esposito M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The intentional and accidental poisoning of animals is a threat to
public health and safety worldwide. It is often caused by easily
commercially available pesticides, such as the limacidae methaldehyde. Poisoned organs and baits were analyzed and the presence of metaldehyde was confirmed by gas chromatography
coupled to mass spectrometry (GC/MS). Biological matrices were
collected for toxicological analyses during the routine activity of
the Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (IZSM).
The large presence of this pesticide in the samples found in the
Campania and Calabria regions of Italy, where the IZSM works,
provide reliable evidences to investigate possible poisoning of
animals, which is cruel crime, and are usually linked to domestic
or social conflict.
L’ analisi cromatografica è stata eseguita su un GC/MS dotato di
una colonna Elite 5MS (30m×0,25mm), utilizzando il seguente programma termico in modalità splitless: Tiniziale= 70 °C, per 5 min,
rampa di 50 °C/min fino a 250°C, per 10 min, rampa di 27°C/min
fino a 280°C, per 3 min. La temperatura della sorgente è di 280 °C
e quella dell’iniettore di 250°C.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I campioni sottoposti ad analisi sono stati inviati all’IZSM nel 2015
e 2016 in seguito a sospetto di avvelenamento da metaldeide. Essi
sono costituiti da esche e matrici specifiche (fegato, stomaco, contenuto gastrico) che, a seguito di esame necroscopico delle carcasse, vengono inviate al Dipartimento di Chimica dell’IZSM per la
conferma analitica della presenza di metaldeide mediante GC/MS.
Nelle esche, nell’apparato digerente e in alcuni casi anche nelle
feci, il molluschicida è macroscopicamente evidente perché appare nella caratteristica colorazione blu delle più comune formulazioni commerciali.
Diverso è il caso delle matrici organiche in cui non sempre è possibile riscontrare la colorazione verdastra dell’esca metabolizzata.
Pertanto il veterinario non può emettere una diagnosi di certezza
senza avvalersi di adeguate analisi di laboratorio.
Sono state effettuate analisi su circa 106 campioni, di cui 62 provenienti dalla regione Campania e 44 dalla regione Calabria. Come
evidenziato in Fig. 1, la specie più colpita da tale fenomeno è, in
entrambe le regioni, il cane, probabilmente per via della maggiore
diffidenza tipica della specie felina nell’accettare il cibo.
Il 46,5 % dei campioni proviene da indagini richieste ai laboratori
dell’IZSM su segnalazione di privati cittadini, per il tramite delle
ASL o dell’Autorità Giudiziaria, in seguito ai rilievi effettuati presso
le abitazioni o in aree pubbliche urbane.
La distribuzione geografica dei campioni (Fig.2) evidenzia, invece,
come il maggior numero di richieste provenga dalle province di
Salerno (46) e Cosenza (29). Tale dato può essere indicativo di una
preferenza locale all’uso di questo pesticida o di una sua maggiore
facilità di reperimento in queste aree.
Di questi campioni, circa il 60% sono risultati positivi alla presenza
di metaldeide, che si conferma come uno dei veleni più utilizzati
per tali scopi. La concentrazione maggiore è stata rilevata in matrici costituite da contenuto gastrico, stomaco ed esche; in misura
minore è possibile riscontrarla anche nel fegato.
Il metodo proposto per la determinazione della metaldeide in
esche e matrici biologiche si è rivelato quindi un rapido sistema di
screening qualitativo. In questo modo è stato possibile monitorare
gli avvelenamenti da metaldeide per conoscere i luoghi più colpiti
al fine ultimo di avanzamento delle indagini di polizia per identificare i colpevoli, per i quali sono previste sanzioni penali.
Tutte le misure di regolamentazione e analisi adottate mettono in
evidenza la necessità di sensibilizzare i cittadini e scoraggiare l’uso
di tali sostanze.
INTRODUZIONE:
Con l’Ordinanza Ministeriale (OM) del 18 Dicembre 2008 - più volte prorogata - il Ministero della Salute ha fornito indicazioni applicative sulle modalità di gestione dei casi di sospetto avvelenamento di animali e comunicazione all’autorità giudiziaria (1). Ciò
nonostante tale reato continua a perpetuarsi costantemente nel
tempo con serie conseguenze non solo per gli animali ma anche
per la salute pubblica e l’ambiente, data la possibilità che i veleni
contenuti nelle esche entrino nella catena alimentare o contaminino i corsi d’acqua (2,3,4).
Uno dei veleni più utilizzati per la realizzazione di esche è la metaldeide, un molluschicida sistemico impiegato per attirare e uccidere le lumache in territori agricoli.
Introdotto per la prima volta nel 1967, il composto è un tetramero
ciclico dell’acetaldeide, che forma cristalli incolore che danno alla
metaldeide l’aspetto di una polvere. L’OMS ha classificato la metaldeide come una tossina di II classe, e pertanto moderatamente
pericolosa con possibili effetti acuti. Questo molluschicida, nocivo sia per ingestione che per contatto, è facilmente disponibile in
commercio in formulazione mista (granuli blu o verdi) ed è pertanto uno dei veleni maggiormente impiegati.
Lo scopo del presente lavoro è quello di effettuare un’analisi critica della presenza di tale veleno nei territori delle regioni Campania e Calabria attraverso un esame dei numerosi campioni di esche
e matrici biologiche pervenuti ed analizzati presso l’IZSM.
MATERIALI E METODI:
I reagenti e solventi utilizzati per l’analisi dei campioni sono di grado analitico (Carlo Erba Reagenti, Aldrich).
Due grammi di campione sono stati trattati con 35 mL di cloroformio e circa 20 g di solfato di sodio anidro.
La miscela risultante è stata filtrata per gravità, utilizzando un imbuto di vetro con carta da filtro, e quindi trasferita nella vial per
GC/MS. La procedura analitica consiste nel comparare il campione
in esame con uno a concentrazione nota dell’ analita. Le soluzioni
standard di lavoro a concentrazioni di 0,1, 1 e 5 mg/L impiegate
per la calibrazione strumentale sono state preparate al momento durante ogni sessione analitica per diluizione da una soluzione
madre a 100 mg/L in cloroformio.
196
Figura 1 Distribuzione della tipologia di matrici esaminate
Figura 2 Distribuzione geografica delle matrici nelle regioni Campania
e Calabria
BIBLIOGRAFIA:
1. Ministero della Salute, Ordinanza Ministeriale del 18 Dicembre 2008
e successive modifiche. Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di
esche e di bocconi avvelenati. GURI n. 13 del 17 Gennaio 2009.
2. Berny P, Caloni F, Croubels S, et al.: 2010, Animal poisoning in Europe. Part 2: companion animals. Vet J 183:255-259.
3. Guitart R, Croubels S, Caloni F, et al.: 2010, Animal poisoning in Europe. Part 1: farm livestock and poultry. Vet J 183:249-254.
4. Guitart R, Sachana M, Caloni F, et al.: 2010, Animal poisoning in
Europe. Part 3: wildlife. Vet J 183:260-265.
197
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
047
EPISODIO DI MORTALITÀ INDOTTA DA FLUNIXIN IN SPECIE DI AVVOLTOI
ALLEVATE IN CATTIVITÀ IN ITALIA
Keywords: flunixin, avvoltoi, mortalità
Eleni C.[1], Neri B.[1], Giannetti L.[1], Friedrich K.G.[2], Grifoni G.[1], Meoli R.[1], Di Cerbo P.[2], Sorbara L.[1], Battisti A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” ~ Roma ~ Italy, [2]Fondazione Bioparco ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Since the 90s there has been a decline of Gyps vultures populations in the Indian subcontinent due to diclofenac, a non-steroidal
anti-inflammatory drug (NSAID), used in livestock, which is now
banned. The toxicity of flunixin, another NSAID, was reported in
other species of vultures , also in Europe. Death is caused by acute
renal failure, and the birds show extensive lesions of visceral gout.
Three Gyps vultures kept in an Italian zoo died suddenly without
signs. The carcasses presented severe visceral gout and kidneys
showed acute necrosis of proximal tubules and urate crystals.
Their organs contained low levels of flunixin, while high levels
were found in the beef they were fed on. The typical lesions found
in vultures indicate the toxicity of flunixin as the cause of death,
despite the low levels detected. In order to improve the protection of scavenging birds, mitigation of risks associated with the
use of flunixin and other NSAIDs in veterinary medicine is needed
in Europe.
soggetti sono stati sottoposti ad esame necroscopico, con prelievo
di campioni di organi per esami di laboratorio; su G. africanus sono
stati raccolti esclusivamente campioni di muscolo per gli esami
chimici. Per le indagini istologiche, porzioni di cuore, rene, fegato,
milza, polmone ed encefalo sono state fissate in formalina tamponata al 10% e processate secondo metodiche di routine.
Le analisi chimiche, su campioni di tessuto (muscolo, rene e fegato di avvoltoio) e carne bovina (costate) utilizzata come alimento,
sono state eseguite con un cromatografo liquido accoppiato ad
uno spettrometro di massa (LC-MS/MS) API 5500 QTrap (Applied
Biosystem, Foster City, CA, USA). I campioni dopo omogeneizzazione, ed idrolisi, sono stati estratti due volte con acetonitrile e
purificati su colonnine SPE OASIS da 60 mg.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
All’esame anatomopatologico, i 2 esemplari di G. rueppellii mostravano estesi depositi biancastri, riconducibili a depositi di urati (gotta viscerale) su tutti gli organi, in particolare sul pericardio
(Fig.1), fegato, milza e reni. Sull’esemplare di G. africanus per gli
avanzati fenomeni autolitici e per l’assenza quasi totale degli organi interni, non ha avuto valutazione necroscopica.
Istologicamente, nei vari tessuti erano presenti numerosi cristalli
di urati. L’organo più gravemente colpito era il rene, con necrosi
acuta dei tubuli prossimali della corteccia (Fig. 2), associata multifocalmente alla presenza di cristalli di urati.
Le analisi condotte in spettrometria di massa, per la ricerca di 13
diversi antinfiammatori, hanno evidenziato la presenza di flunixin
in tutti i campioni analizzati. Le concentrazioni risultate sempre
<50 µg/kg, sono simili sia nel rene che nel fegato e comprese tra
16 e 39 µg/kg. Nel muscolo la concentrazione di flunixin era sempre <5 µg/kg, in relazione a un minore accumulo del farmaco in
questo tessuto. Le tipiche lesioni di gotta viscerale e di insufficienza renale acuta, inducono a ritenere i livelli di flunixin rilevati
come sufficienti a determinare la morte dei 2 G. rueppellii. Per
l’esemplare di G. africanus, la presenza di 38.5 µg/kg di flunixin nel
muscolo è da ritenersi responsabile della sua morte, nonostante
l’impossibilità di valutare le lesioni post-mortem.
Sulle costate bovine, utilizzate come alimento nei 2 giorni precedenti la morte degli avvoltoi, le concentrazioni di flunixin sono
risultate molto elevate (0,5 e 5,6 mg/kg). Considerando che il peso
di un avvoltoio Gyps rueppellii varia da 7 a 9 Kg e che la loro alimentazione media è di 1,0 kg di carne al giorno, un esemplare è
probabile abbia ingerito una quantità di flunixin che varia da 0.5
mg a 5,6 mg di principio attivo al giorno (corrispondenti a 0,06
-0,7 mg/kg bw al giorno). Tali dosi, sebbene corrispondono alla
dose consigliata per le specie animali per cui il farmaco è autorizzato, hanno dimostrato una elevata tossicità per questa specie di
avvoltoi, paragonabile a quella del diclofenac. Al fine di migliorare
la salvaguardia di tutti gli uccelli necrofagi, si evidenzia la necessità di approfondire e minimizzare i rischi connessi all’utilizzo di
flunixin ed altri FANS in campo veterinario.
INTRODUZIONE:
A partire dagli anni ‘90 si è assistito ad un lento declino della popolazione di alcune specie di avvoltoi del genere Gyps nel subcontinente indiano, che ha portato ad una riduzione del 95% di
tali specie (5,3). La principale causa di questa mortalità è stata
attribuita al diclofenac (3,4,6), un farmaco antinfiammatorio nonsteroideo (FANS), utilizzato in veterinaria negli animali da reddito; gli avvoltoi sono esposti al farmaco nutrendosi di carcasse di
animali trattati a breve distanza dalla morte/macellazione. Studi
sperimentali hanno dimostrato che la morte è causata da un’insufficienza renale acuta e gli animali mostrano estese lesioni postmortem di gotta viscerale (4). La tossicità del diclofenac e di altri
FANS, tra i quali il flunixin, è stata segnalata successivamente in
altre specie di avvoltoi (1,7) e al di fuori dell’Asia (7). Attualmente
nell’Unione Europea il diclofenac per uso veterinario è autorizzato
in 5 paesi, tra cui l’Italia.
La Commissione Europea ha chiesto nel settembre 2014 all’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) di indagare se l’uso di diclofenac in campo veterinario, presenti un rischio per avvoltoi e altri
uccelli necrofagi in Europa (2). Tale rischio e’ stato confermato
dall’EMA che ha suggerito misure per ridurlo, come l’aggiunta di
avvertenze sul prodotto veterinario, la sorveglianza delle carcasse
utilizzate nell’alimentazione degli avvoltoi, fino al ritiro dei medicinali contenenti diclofenac.
Descriviamo di seguito un episodio di mortalità in 3 avvoltoi mantenuti in uno zoo italiano, deceduti a seguito di ingestione di carne
bovina contenente elevati livelli di flunixin.
MATERIALI E METODI:
Nel maggio del 2014, 2 avvoltoi (Gyps rueppellii) di un gruppo di 6
(4 G. rueppellii e 2 Gyps africanus) presenti nel giardino zoologico
di Roma (Fondazione Bioparco ), sono stati rinvenuti morti senza
sintomi premonitori, a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Anche un
terzo avvoltoio (G. africanus) è deceduto dopo 3 settimane, ma è
stato investigato già in stato di putrefazione avanzata. I primi due
198
G. rueppelli. Pericardio. Estesi depositi di urati (gotta viscerale).
G. rueppellii. Rene. Grave necrosi dei tubuli prossimali. Ematossilinaeosina.
BIBLIOGRAFIA:
1) Cuthbert R, Parry-Jones J, Green RE, Pain DJ. 2007. NSAIDs and
scavenging birds: potential impacts beyond Asia’s Critically Endangered vultures. Biological Letters 3:91-94.
2) Ema 2014. http://www.ema.europa.eu
3) Green RE, Newton I, Shultz S, Cunningham AA, Gilbert M, Pain DJ,
Prakash V. 2004 Diclofenac poisoning as a cause of vulture population
declines across the Indian subcontinent J. Appl. Ecol 41 793-800.
4) Oaks JL, et al. 2004 Diclofenac residues as a cause of population
decline of white-backed vultures in Pakistan. Nature 427 630-633.
5) Prakash V, Pain DJ, Cunningham AA, Donald PF, Prakash N, Verma
A, Gargi R, Sivakumar S, Rahmani AR. 2003. Catastrophic collapse of
Indian white-backed Gyps bengalensis and long-billed Gyps indicus
vulture populations. Biol. Conserv 109 381-390.
6) Shultz, S. et al. 2004 Diclofenac poisoning is widespread in declining vulture populations across the Indian subcontinent. Proc. R. Soc. B
271(Suppl), S458-S460.
7) Zorrilla I, Martinez R, Taggart MA, Richards N. 2015. Suspected flunixin poisoning of a wild Eurasian Griffon Vulture from Spain. Conservation Biology, 29, 587-592.
199
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
048
I MECCANISMI DI AMILOIDOGENESI COME NUOVO APPROCCIO AI TEST DIAGNOSTICI
NELLE MALATTIE DA PRIONE DELLA SPECIE CAPRINA
90-231 come substrato con o senza l’aggiunta di SDS. Simboli distinti
rappresentano campioni di BASE differenti. Le nuove condizioni migliorate del protocollo di RT-QuIC (55°C e l’aggiunta di SDS alla concentrazione finale dello 0,002%) sono state quindi utilizzate per rilevare sia
la PrPBASE (azzurro) che la PrPC-BSE (verde) e la PrPScrapie (viola) nel
CSF utilizzando il substrato rHaSPrPSen 23-231. Il CSF del controllo
normale (nero) non ha mostrato alcuna risposta.
Keywords: EST, RT-QuIC, Amilodogenesi
Favole A.[1], Mazza M.[1], Vallino Costassa E.[1], D’Angelo A.[2], Martinelli N.[3], Avanzato T.[1], Grifoni S.[1], Orrù C.[4],
Hughson A.[4], Acutis P.L.[1], Zanusso G.[5], Caughey B.[4], Casalone C.[1], Corona C.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ TORINO ~ Italy, Università di Torino, Dipartimento di
Scienze Veterinarie ~ Torino ~ Italy, [3]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna ~ Brescia ~ Italy,
[4]
Rocky Mountain Laboratories, National Institute for Allergy and Infectious Diseases ~ Montana ~ United States of America,
[5]
Università di Verona, Dipartimento di Neuroscienze e del Movimento ~ Verona ~ Italy
[1]
BIBLIOGRAFIA:
1) Spiropoulos J, Lockey R et al. Emerg Infect Dis. 2011
Dec;17(12):2253-61.
2) Eloit M, Adjou K et al. Vet Rec. 2005 Apr 16;156(16):523-4.
3) Orrù CD, Favole et al. J Clin Microbiol. 2015 Apr; 53(4):1115-20.
[2]
SUMMARY:
The spread of BSE agent to small ruminants is a major issue in the surveillance of TSEs since BSE passage into a new host may change strain
properties and make it difficult to recognize the original strain. Two
natural BSE cases have been reported in goats. On this basis, the development of a new approach for ante mortem diagnosis of small ruminant TSE strains may be a feasible target that would help to reduce
the risk of epidemic spread of goat TSEs. In this study was assessed the
use of the RT-QuIC assay for the diagnosis of TSEs in goats. The sensitivity and specificity of this method were evaluated for the detection
of prion seeding activity in brain and cerebrospinal fluid from goats
infected with natural Scrapie or experimental BSE. RT-QuIC revealed
a high sensitivity and specificity to detect prion seeding activity in cerebrospinal fluid from symptomatic goats. These data reveal a great
diagnostic potential of this method for the ante mortem diagnosis in
small ruminants.
utilizzate in questo studio (Syrian golden hamster - rHaPrPSen residui
da 90 a 231; chimera criceto-pecora - rHaSPrPSen 23-231) sono state
prodotte e purificate come precedentemente descritto (3). Il RTQB è
stato caricato nei pozzetti di una piastra da 96 con il fondo trasparente
e le reazioni avevano come seed 2 μL di diluizione di tessuto cerebrale
o 10 μL di CSF per un volume finale per reazione di 100 μl. Le piastre
sono state sigillate ed incubate in un BMG Fluostar plate reader a 42°C
o 55°C per 90 ore con cicli di 1 minuto di agitazione (700 rpm) ed 1
minuto di pausa durante tutto il periodo di incubazione della reazione.
Le misurazioni della fluorescenza (ThT) sono state eseguite automaticamente dallo strumento ogni 45 minuti (eccitazione, 450 ± 10 nm;
emissione 480 ± 10 nm).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In questo studio abbiamo valutato la specificità e la sensibilità della
tecnica di RT-QuIC per rivelare l’attività di seeding associata al prione in
tessuti cerebrali e nel liquido cerebrospinale provenienti da animali naturalmente e sperimentalmente infettati rispettivamente con Scrapie o isolati di C-BSE e BASE bovina. I tessuti cerebrali sono stati testati in western
blot per saggiare la presenza della PrPSc prima di procedere alle analisi in
RT-QuIC (Figura 1).
La figura 2 riporta i risultati delle prove di RT-QuIC sulla rilevazione di
PrPBASE, PrPC-BSE e PrPScrapie da omogenati cerebrali di capra. Il substrato rHaSPrPSen 23-231 è stato utilizzato per rilevare sia la PrPBASE (azzurro), la PrPC-BSE (verde) e la PrPScrapie (viola). I nostri risultati indicano
che l’RT-QuIC può sensibilmente rilevare l’attività di seeding associata sia
alla PrPScrapie che alla PrPC-BSE e PrPBASE nei tessuti cerebrali di capra in
meno di 40 ore. Inoltre, la nostra capacità di rilevare diluizioni fino a 10-8
in tutti i tessuti cerebrali di capre infettate da vari ceppi prionici indica che
l’RT-QuIC è sensibile almeno quanto i saggi biologici di infettività (Figura
2). Per ottimizzare ulteriormente le condizioni, abbiamo esaminato gli effetti della temperatura, come delle concentrazioni di sodio dodecil solfato
(SDS) sulle reazioni di RT-QuIC utilizzando il CSF come innesco di reazione.
L’incremento medio della fluorescenza è stato più forte e più veloce per il
CSF infettato con BASE, che mostra segnali positivi rispetto ai campioni di
controllo già dopo 10 ore, rispetto alle 40 ore che sono necessarie per le
reazioni in assenza di SDS. Per questo motivo abbiamo scelto di utilizzare
l’SDS nelle analisi successive. Le nuove condizioni migliorate del protocollo di RT-QuIC (55°C e l’aggiunta di SDS alla concentrazione finale dello
0,002%) sono state quindi utilizzate per rilevare sia la PrPBASE (azzurro)
che la PrPC-BSE (verde) e la PrPScrapie (viola) nel CSF utilizzando il substrato rHaSPrPSen 23-231. Il CSF del controllo normale (nero) non ha mostrato
alcuna risposta (Figura 3).
Presi insieme questi dati sono indicativi del grande potenziale di questi
test di amplificazione del prione in vitro per la diagnosi ante mortem delle
malattie da prioni nei piccoli ruminanti. Abbiamo prove sperimentali preliminari che dimostrano che l’RT-QuIC è un metodo sensibile e specifico per
rilevare l’attività di seeding associata al prione nel liquido cerebrospinale di
capre sintomatiche.
INTRODUZIONE:
La diffusione dell’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) nei piccoli
ruminanti è ad oggi uno dei punti di maggior interesse nella sorveglianza delle Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (EST) poiché non
si può escludere che, in passato, anche la popolazione ovicaprina si
sia trovata esposta in condizioni naturali a questo tipo di infezione.
Inoltre, il passaggio dell’agente infettivo in un nuovo ospite può determinare una variazione delle proprietà del ceppo prionico e rendere
difficile il riconoscimento del ceppo originario, aumentando il rischio
della diffusione epidemica dell’agente infettivo. Ad oggi non sono stati
riportati casi di BSE naturale negli ovini, mentre dal 2005, sono stati
identificati due casi di BSE nella capra (1,2). Su queste basi, lo sviluppo
di un nuovo approccio per la diagnosi ante mortem e la caratterizzazione dei ceppi delle EST dei ruminanti potrebbe aiutare a ridurre il
rischio di diffusione epidemica delle EST animali. Il presente progetto
di ricerca si è pertanto proposto di verificare l’applicabilità del metodo
RT-QuIC nella diagnostica delle EST dei piccoli ruminanti. In particolare, è stata valutata la sensibilità e la specificità del test nel rilevare la
presenza della PrPSc in omogenati di cervello e nel liquido cerebrospinale (CSF) di animali infettati naturalmente e sperimentalmente con
Scrapie e con isolati di BSE classica ed atipica (C-BSE e BASE).
MATERIALI E METODI:
Omogenati di cervello caprino (10% peso/volume) normali (n=2) e
provenienti da casi naturali di Scrapie (n=2) o da animali sperimentalmente inoculati con C-BSE (n=2) o BASE (n=2) sono stati preparati ed
analizzati mediante western blot come descritto in precedenza (3). Per
l’analisi in RT-QuIC, gli omogenati di cervello sono stati diluiti in 0.1%
SDS-PBS come precedentemente riportato (3). La miscela di reazione di RT-QuIC (RTQ Buffer) aveva la seguente composizione: 10 mM
tampone fosfato, 300 mM NaCl, 10 μM ThT, 10 μM EDTA e 0.1 mg/mL
di substrato di proteina prionica ricombinante (rPrPSen). Le rPrPSen
200
Figura 1 - Animali campionati e analisi immunobiochimica di estratti cerebrali. Western Blot di omogenati di tronco cerebrale di Scrapie
naturale, C-BSE o BASE bovina e di due capre inoculate con C-BSE (G1
e G2; A) e BASE (G3 e G4; B), dopo digestione con proteinasi K. L’immunorivelazione è stata eseguita mediante l’anticorpo monoclonale SAF
84. Nella tabella di sinistra sono riportati i dati epidemiologici degli
animali testati in questo studio.
Figura 2 - Rilevazione e Sensibilità di rilevazione in RT-QuIC dei ceppi di EST caprina. In figura sono rappresentante le sensibilità di rilevazione mediante RT-QuIC di PrPC-BSE (verde, A), PrPBASE (azzurro,
B), e PrPScrapie (viola, C) in omogenati di cervello (BH), utilizzando la
rHaSPrPSen 23-231 come substrato. Gli omogenati di controllo di cervello provenienti da capre normali (nero) non hanno mostrato alcuna
risposta. Il numero di campioni testato è riportato tra parentesi. Le
diluizioni sono indicate accanto alla curva.
Figura 3 - Rilevazione in RT-QuIC di PrPBASE, PrPC-BSE e PrPScrapie dal
CSF di capra utilizzando le nuove condizioni del protocollo di RT-QuIC.
Nell’immagine di sinistra è riportato il confronto tra le analisi di RTQuIC utilizzando la rHaPrPSen 90-231 con o senza la presenza di SDS
nel buffer di reazione. I CSF provenienti da due capre affette da BASE e
da capre non infette sono stati testati a 55° C utilizzando la rHaPrPSen
201
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
049
EVALUATION OF DIFFERENT METHODS FOR THE DETECTION OF MYCOPLASMA HYOPNEUMONIAE
Keywords: Mycoplasma hyopneumoniae, Isolation, Diagnostic methods
Fincato A.[1], Ustulin M.[1], Santone C.[1], Moronato M.L.[1], Vio D.[1], Catania S.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Mycoplasma hyopneumoniae (Mhyo) is the aetiological agent of enzootic pneumonia causing important economic losses in swine sector.
The laboratory techniques available for Mhyo diagnosis are mainly
based on biomolecular identification or pathogen microbiological
isolation. Biomolecular techniques are characterized by high specificity and sensitivity in a short-time results, microbiological isolation
requires the availability of a live strain in the sample and is a time consuming method but gives the opportunity to reach the Mhyo strains
that are essential to perform further investigations such as genotyping, M.I.C. determination and experimental infection.
The aim of this study is to compare different methods for the identification of Mycoplasma hyopneumoniae through two biomolecular
methods (specific MhyoPCR and 16S-rDNA-PCR-DGGE) and in-vitro
cultivation utilizing three different cultural media (home-made and
commercial).
et al., 2003) e, in parallelo, analizzati con metodo microbiologico interno per l’isolamento e l’identificazione di specie di micoplasmi suini
con l’utilizzo di tre differenti terreni colturali denominati A, B, C, di cui
solamente quest’ultimo risulta essere un terreno commerciale mentre
i rimanenti sono home made.
Brevemente, il campione è stato stemperato in un brodo colturale ed
incubato a 37°C ed al 5% di CO2, giornalmente sono stati valutati eventuali viraggi ed in caso di viraggio si è proceduto con una semina in
terreno agarizzato. Il campione è stato considerato negativo se dopo 6
settimane di incubazione non sono stati rilevati segni di crescita tipici
del genere micoplasma, mentre in caso di sospetta positività il campione è stato sottoposto ad identificazione mediante 16S-rDNA-PCRDGGE.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1. Calsamiglia M., Pijoan C., Trigo A. (1999) “Application of a nested
polymerase chain reaction assay to detect Mycoplasma hyopneumoniae from nasal swabs”. J Vet Diagn Invest. May;11(3):246-51.
2. McAuliffe L., Ellis R. J., Ayling R. D., Nicholas R. A. (2003) “Differentiation of Mycoplasma species by 16S ribosomal DNA PCR and denaturing gradient gel electrophoresis fingerprinting”. Journal of Clinical
Microbiology. 41, 4844-4847.
3. Rodio S., Baldasso E., Fincato A., Qualtieri K., Moronato M.L., Catania S. (2013) Validazione di 16S-rDNA-PCR-DGGE per la diagnosi di micoplasmosi in campo veterinario. Atti del congresso XV S.I.Di.L.V. 2013.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dei 65 campioni testati, 46 campioni sono risultati positivi alla PCR nested per MHyo, mentre 38 sono risultati positivi per Mhyo mediante la
16S-rDNA-PCR-DGGE effettuata da estratto di organo. L’esame colturale dei 65 campioni oggetto dello studio ha evidenziato 33 campioni
positivi per Mhyo utilizzando il terreno A, 36 positivi con il terreno B e
solamente 6 positivi con il terreno C. Si segnala che mediante la metodica di isolamento colturale è stato possibile evidenziare altre specie
di micoplasmi quali Mycoplasma hyorhinis, Mycoplasma hyosynoviae
e Mycoplasma flocculare. Solamente in pochi casi, in totale 3, sono
state rilevate coinfezioni con più specie di micoplasmi e nello specifico
il Mycoplasma hyopneumoniae è stato isolato congiuntamente a M.
hyosynoviae (1 soggetto) ed a M. flocculare (2 soggetti).
Il confronto dei risultati ottenuti con i diversi metodi utilizzando la nested PCR per Mhyo come Gold Standard evidenzia per la 16S-rDNAPCR-DGGE una accuratezza pari a 0.877 quando eseguita direttamente
da estratto d’organo; per quanto riguarda la metodica microbiologica
l’accuratezza è stata pari a 0.800 quando l’isolamento è stato eseguito
sul terreno A, a 0.846 sul terreno B ed infine 0.385 sul terreno C. In
particolare quest’ultimo terreno ha presentato delle performance di
isolamento nettamente inferiori rispetto ai terreni A e B, a conferma
che per l’isolamento del Mycoplasma hyopneumoniae non tutti i terreni colturali per micoplasmi possono essere considerati equivalenti.
E’ interessante evidenziare che a differenza della metodica a target
unico (nel nostro caso nested PCR Mhyo), metodiche quali 16S-rDNAPCR-DGGE da estratto d’organo o l’isolamento colturale hanno permesso di rilevare ulteriori specie di micoplasma, alcune delle quali
di importante interesse zootecnico come Mycoplasma hyosynoviae.
Quindi tali ultime metodiche seppur meno sensibili rispetto a quelle
a target unico, possono in alcuni casi meglio soddisfare le richieste
diagnostiche permettendo una più ampia valutazione del campione
esaminato.
In conclusione, sulla base dei risultati ottenuti, è possibile evidenziare
differenti performance di isolamento a seconda del terreno utilizzato;
in particolare in questo studio i terreni home made hanno dimostrato
di supportare meglio la crescita del Mycoplasma hyopneumoniae. I risultati di questo studio ribadiscono quanto già riportato in precedenza
da altri autori in merito all’ importanza della qualità dei terreni colturali per l’isolamento dei micoplasmi e l’utilità delle metodiche colturali
ai fini diagnostici.
INTRODUZIONE:
Mycoplasma hyopneumoniae (Mhyo) è l’agente eziologico della polmonite enzootica del suino, patologia ampiamente diffusa nell’allevamento da ingrasso e responsabile di importanti perdite economiche.
Mhyo è considerato una delle specie di micoplasma particolarmente esigente, nonostante questa caratteristica è comunque possibile
isolarlo con metodiche microbiologiche; attualmente sono numericamente pochi i laboratori che utilizzano queste metodiche. Negli ultimi
decenni sono state sviluppate diverse metodiche di tipo biomolecolare che si caratterizzano per elevata sensibilità, specificità e rapidità di
esecuzione, ampiamente utilizzate dalla maggior parte dei laboratori
che si occupano di diagnostica in patologia suina. Le metodiche microbiologiche permettono l’isolamento del ceppo batterico che può,
in seguito, essere utilizzato per ulteriori approfondimenti diagnostici
quali per esempio la determinazione della MIC (Minimum Inhibitory
Concentration), tipizzazioni molecolari e infezioni sperimentali. Le metodiche microbiologiche, considerata la loro non elevata sensibilità,
risultano molto utili nel caso di studi di tipo diagnostico e rappresentano un prerequisito fondamentale per l’esecuzione di studi di antibioticosensibilità/resistenza.
L’aumento delle richieste di determinazione della MIC in ceppi di
Mhyo e pertanto la necessità di avere i ceppi batterici vitali, ha spronato il nostro gruppo di lavoro ad affiancare alle tecniche diagnostiche
biomolecolari l’isolamento colturale di Mycoplasma sp.., nei casi di
sospetta polmonite enzootica del suino.
Al fine di rendere più performante la metodica microbiologica sono
stati confrontati un terreno colturale commerciale e due terreni home
made, con lo scopo di selezionare quello più adatto alle attività diagnostiche routinarie.
Scopo del presente contributo è quello di condividere i risultati ottenuti attraverso lo studio comparativo tra due metodiche biomolecolari
e l’isolamento colturale con tre differenti terreni.
MATERIALI E METODI:
65 campioni di polmone suino sono stati sottoposti a nested PCR M.
hyopneumoniae (Calsamiglia et al, 1999) e 16S-rDNA-PCR-DGGE (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis) (Rodio et al., 2013; McAuliffe
202
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
050
CARCINOMA SQUAMOSO PALPEBRALE IN GUFO REALE (BUBO BUBO):
ASPETTI CLINICI ED ISTOPATOLOGICI
Keywords: Strigidi, Bubo bubo, Carcinoma squamocellulare palpebrale
Francese D.R.[1], Esposito S.[2], Audino V.[1], Lucignani A.[3], Bollo E.[5], Scaglione F.E.[5], Biolatti P.G.[4], Botta M.[1],
Bozzetta E.[1], Varello K.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy, [2]Ambulatorio Veterinario Garabello-Esposito
~ Moncalieri (TO) ~ Italy, [3]Centro Recupero Animali Selvatici ~ Bernezzo (CN) ~ Italy, [4]Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte,
Liguria e Valle d’Aosta ~ Cuneo ~ Italy, [5]Università degli studi di Torino, Dipartimento di Scienze Veterinarie ~ Grugliasco (TO) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Among neoplastic diseases identified in owls, lymphoid tumors
are preponderant and seem to be affecting Bubo spp., other cases of neoplasia are anecdotal including mast cell tumors, thyroid
fol¬licular carcinoma and tumors of the eyes.
An adult female Eurasian eagle owl (Bubo bubo) was presented for
examination of a lesion on eyelid in January 2016. A surgical curettage was performed and the lesion was sampled for histopathological evaluation. A histopathologic diagnosis of squamous cell
carcinoma was made. After the surgery the tumour recurred one
month late and the animal, in poor conditions, was euthanized.
Postmortem examination revealed pulmonary metastases.
This report describes the first case of squamous cell carcinoma of
the eyelid in a Eurasian eagle owl (Bubo bubo), born and lived in
captivity.
di spessore sono state destinate alla colorazione con EmatossilinaEosina (EE), ed immunoistochimica (IHC) con anticorpi anti-citocheratina AE1/AE3 (Dako, Denmark) e vimentina (Dako, Denmark)
alle diluzioni rispettivamente di 1:50 e 1:150.
In seguito, sulla base dell’antibiogramma, è stata impostata una terapia parenterale con amoxicillina 100mg/Kg/die per 3 settimane e
meloxicam 0,2 mg/Kg ogni 12 ore per 1 settimana.
Al termine della terapia, la lesione risultava completamente regredita e le condizioni di salute dell’animale erano decisamente migliorate, permettendone la re immissione in voliera.
Dopo un mese, l’animale presentava perdita di peso (2 Kg) e pallore
delle mucose con evidente recidiva della lesione palpebrale che risultava di aspetto emorragico e di dimensioni maggiori rispetto alla
precedente, con interessamento anche della palpebra superiore. È
stata effettuata un’escissione chirurgica completa delle palpebre
con enucleazione, ripetendo i protocolli farmacologici precedentemente utilizzati. Dopo due ulteriori settimane, il gufo, in seguito
alla comparsa di una nuova recidiva sulla cicatrice chirurgica e con
decadimento delle condizioni generali è stato sottoposto a eutanasia e ad esame necroscopico ed istopatologico.
INTRODUZIONE:
Negli strigidi esistono numerose segnalazioni di forme neoplastiche, la maggior parte delle quali riferite al gufo della Virginia (Bubo
virginianus).
Tra le neoplasie riscontrate quelle di origine linfoide risultano essere le più frequenti (3, 5). Sono inoltre stati segnalati casi di mastocitoma (7, 8), carcinoma follicolare tiroideo (1), timoma (4) ed istiocitoma (6). I casi di neoplasie cutanee di origine epiteliale risultano
invece piuttosto rari in questa famiglia (2) e a nostra conoscenza
non esistono segnalazioni nel gufo reale (Bubo bubo).
Lo scopo di questo lavoro è di descrivere un caso di carcinoma
squamo cellulare palpebrale in un gufo reale nato e vissuto in cattività.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
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2- Frasca S, Schwartz DR, Moiseff A, French RA (1999): Case reportfeather folliculoma in a captive-bred barn owl (Tyto alba), Avian Dis
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3- Kelly TR, Vennen KM, Duncan R, Sleeman JM (2004): Lymphoproliferative disorder in a great horned owl (Bubo virginianus), J Avian Med
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5- Malka S, Crabbs T, Mitchell EB, Zehnder A, Kent MS, Lowenstine
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horned owl (Bubo virginianus), Vet Pathol 27(2):124-126.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
All’esame batteriologico il tampone tracheale è risultato positivo
per cocchi Gram positivi del Gen. Streptococcus, con sensibilità
verso l’amoxicillina all’antibiogramma. Non si è riscontrata positività all’esame micologico.
L’esame istopatologico della lesione palpebrale, eseguito intra vitam, ha rilevato una neoformazione dermica con aree di connessione con l’epidermide, non incapsulata, infiltrante costituita da isole
e cordoni di cellule epiteliali neoplastiche separati da moderato
stroma fibroso. Le cellule presentavano abbondante citoplasma
chiaro e marcata atipia nucleare con presenza di elevato indice
mitotico e numerose mitosi atipiche. Il quadro istopatologico era
riferibile a carcinoma squamocellulare. Si osservavano inoltre metastasi vasali.
L’esame immunoistochimico è risultato positivo per citocheratine e
negativo per vimentina.
All’esame necroscopico è stato possibile evidenziare la presenza di
multifocali lesioni rossastre a livello polmonare. Istologicamente le
lesioni polmonari presentavano caratteristiche istomorfologiche
simili a quelle riscontrate nella lesione cutanea. A livello renale è
stato possibile rilevare la presenza di diffuse cisti di piccole dimensioni e piccoli focolai infiammatori a localizzazione multicentrica
composti prevalentemente da cellule mononucleate.
Il caso qui descritto rappresenta, a nostra conoscenza, la prima
segnalazione di carcinoma squamo cellulare palpebrale in un gufo
reale.
Questa segnalazione permette di implementare le conoscenze sulla diffusione delle forme neoplastiche cutanee in questa specie sulle quali si hanno limitate informazioni.
MATERIALI E METODI:
Nel mese di Gennaio 2016 presso il Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo (CN) un gufo reale (Bubo bubo) femmina, di nove
anni, nato e vissuto in cattività, è stato sottoposto a visita per una
lesione emorragica sulla palpebra inferiore dell’occhio destro, con
presenza di ulcera corneale.
L’animale, del peso di 2,8 Kg, all’esame obiettivo generale non presentava lesioni evidenti: le mucose apparivano di colore rosa, non
erano presenti lesioni all’ispezione del cavo orale e della regione
cloacale con deiezioni normali e l’auscultazione e il respiro risultavano nella norma. Vista la sede della lesione e l’impossibilità di
eseguire un bendaggio, si è provveduto ad un courettage chirurgico
della ferita in anestesia generale. Il gufo è stato premedicato con
meloxicam 0,4 mg/Kg, indotto con isoflurano e intubato.
In sede chirurgica è stata prelevata una porzione della lesione palpebrale per l’esame istologico e sono stati eseguiti dei tamponi per
l’esame batteriologico e micologico.
Il tessuto destinato all’esame istopatologico è stato fissato in formalina tamponata al 10%, sottoposto alle procedure standard di
inclusione in paraffina e al taglio al microtomo. Le sezioni di 4±2μ
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051
PRESENZA DI PARATUBERCOLOSI IN UNA POPOLAZIONE DI CERVI
DELLA PROVINCIA DI BOLZANO (ITALIA)
Keywords: paratubercolosi, Cervus elaphus, cervo,
Galiero A.[1], Trevisiol K.[2], Fratini F.[1], Idrizi I.[2], Daka G.[1], Turchi B.[1], Cerri D.[1]
Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa ~ Pisa ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Sezione di Bolzano ~ Bolzano ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
Paratuberculosis is an infectious disease which affects ruminants and
is caused by Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (Map). A
red deer (Cervus elaphus) population which inhabits natural preserves
located in Bolzano Province (Italy) was examined. Map was detected
in 19/102 (18.62%) fecal samples by IS900 Real time PCR and in 19/19
(100%) tissue samples by PCR. Furthermore, Map was detected by culture in 1/19 (5.26%) fecal samples and in 18/19 (94.73%) tissue specimens. Notably, a total of 66.66% (12/18) and of 88.88% (16/18) of the
isolates grew in M7H11 medium and HEYM medium, respectively, and
only 55.55% (10/18) grew in both media. On the basis of DMC PCR,
Map isolates belonged to type C.
10 mesi, durante i quali sono stati esaminati settimanalmente per
valutare l’eventuale crescita.
L’identificazione è stata effettuata mediante un saggio di end-point
PCR (10) effettuato sul DNA estratto dalle colonie ZN-positive. Il DNA
è stato estratto dalle colonie ZN-positive cresciute in coltura stemperando un’ansata di patina in 50 µl di acqua distillata sterile e sottoponendo la sospensione a bollitura a 100 °C per 20 minuti (12).
L’estrazione del DNA è stata eseguita sui campioni di tessuto utilizzando un kit commerciale QIAamp DNA Mini Kit (Qiagen); il DNA è
stato congelato a - 20 °C fino all’esecuzione dei saggi di end-point
PCR (10).
Inoltre è stata eseguita la genotipizzazione degli isolati (2).
INTRODUZIONE:
La paratubercolosi o malattia di Johne è una malattia infettiva che interessa l’intestino ed è causata da Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (Map); essa colpisce principalmente i ruminanti domestici
e selvatici (6).
In Italia la patologia è stata descritta in numerose specie selvatiche tra
le quali possiamo annoverare il capriolo (Capreolus capreolus) (8), lo
stambecco (Capra ibex) (3) ed il cervo (Cervus elaphus) (4, 5, 8).
Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare la presenza della
paratubercolosi in cervi provenienti da parchi naturali situati in provincia di Bolzano (Italia).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La colorazione di ZN ha permesso di identificare la presenza di bacilli
alcool-acido resistenti in 16/102 (15,68%) campioni fecali; di questi solamente 13 sono risultati positivi al saggio di Real time PCR.
Inoltre, la Real time PCR ha permesso di identificare altri 6 campioni
positivi, per un totale di 19/102 (18,62%) campioni positivi per Map.
Map è stato isolato da 1/19 (5,26%) campioni di feci su Herrold’s egg
yolk medium e da 18/19 (94,73%) campioni di tessuto dopo circa due
mesi; in particolare, per quanto riguarda i ceppi isolati da tessuto,
12/18 (66,66%) e 16/18 (88,88%) sono cresciuti rispettivamente su
Middlebrook 7H11 contenente mycobactin J e su Herrold egg yolk
medium contenente mycobactin J e solamente 10/18 (55,55%) su
entrambi i terreni. Nessun ceppo è invece cresciuto su Herrold’s egg
yolk medium senza mycobactin J.
Inoltre, tramite la genotipizzazione, è stato possibile affermare che
gli isolati appartengono al gruppo Type C.
Il saggio di end-point PCR ha permesso di identificare il DNA di Map
in 19/19 (100%) campioni di tessuto analizzati.
Dai risultati emersi dall’indagine condotta possiamo concludere che
Map è presente all’interno della popolazione di cervi presenti nei
parchi naturali situati in provincia di Bolzano.
La genotipizzazione dei ceppi isolati (Type C) fornisce un’importante
informazione di tipo epidemiologico sulla tipologia dei ceppi circolanti in questo territorio nei cervi i quali possono trasmettere Map ai
ruminanti domestici che pascolano nelle stesse aree.
Inoltre, la presenza di Map nei ruminanti selvatici non può essere
sottovalutata a causa del potenziale coinvolgimento del micobatterio
nello sviluppo di patologie umane, in soggetti geneticamente predisposti, quali il morbo di Crohn, la tiroidite di Hashimoto, la sclerosi
multipla ed il diabete di tipo I (1, 9).
MATERIALI E METODI:
È stato effettuato, presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle
Venezie, Sezione di Bolzano, l’esame autoptico dell’apparato enterico di 102 cervi abbattuti o trovati morti durante le due stagioni
venatorie 2013-2014 e 2014-2015.
Gli animali sottoposti a necroscopia provenivano da parchi naturali
situati in provincia di Bolzano.
Da ogni soggetto sottoposto ad esame anatomopatologico sono stati
prelevati campioni di feci e di intestino, ed in particolare la valvola
ileo-ciecale ed i linfonodi meseraici; i campioni sono stati congelati a
-20 °C fino all’esecuzione delle analisi.
Presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Sezione
di Bolzano, è stata eseguita la colorazione di Ziehl Neelsen ed un saggio di Real time PCR (7) sui campioni di feci prelevati dai 102 soggetti.
In seguito, i campioni di feci e di tessuto provenienti dai 19 soggetti
positivi al saggio di Real time PCR, condotto sul DNA estratto da feci,
sono stati trasportati in regime di refrigerazione fino al laboratorio di
Malattie Infettive, presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa, dove sono stati conservati a -20 °C fino all’esecuzione
delle prove. Per ogni campione di feci e di tessuto è stato eseguito
l’esame colturale secondo i protocolli descritti rispettivamente da
Taddei et al. (11) e da Whittington et al. (12). Le sospensioni sono
state seminate sui seguenti terreni: Herrold’s egg yolk medium contenente mycobactin J (ID vet, Grabels, France), Herrold’s egg yolk
medium senza mycobactin J e Middlebrook 7H11 contenente mycobactin J.
I tubi contenenti i terreni sono stati messi a incubare a 37 °C fino a
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
3. Ferroglio E, Nebbia P, Robino P, Rossi L, Rosati S (2000) Mycobacterium paratuberculosis infection in two free-ranging alpine ibex. OIE
Rev Sci Tech 19(3):859-862.
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206
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
052
SISTEMA AUTOMATIZZATO SU TERRENI LIQUIDI: PROTOCOLLO DIAGNOSTICO SPECIFICO DI
CONFERMA PER RICERCA DI MYCOBACTERIUM BOVIS DA ORGANI
Keywords: Mycobacterium bovis, terreno liquido, protocollo diagnostico
Giorgi I.[1], Zoppi S.[1], Di Blasio A.[1], Miceli I.[1], Goria M.[1], Dondo A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In this study 882 samples of lymph node or lung from bovine and wild animals were processed by routine method and by automated liquid medium
system (Versatrek System, VT), the last improved with a set of confirmatory
analyses developed by our laboratory. VT detects the pressure changes
due to bacterial growth in the liquid culture medium and shows the results
in a graph on a PC.
Because of contaminating bacteria, in some cases the system misclassify some samples as being positive for M. bovis even in the absence of it
(False Positives, FPs). To decrease the number of FPs some changes were
made.A more selective antibiotic was used and a study was carried out on
the growth curves of the samples identified as positive. The bacteria that
more often cause culture medium contamination were identified. Adding
these changes to our protocol it was possible to screen the growth curves
and later reduce the number of FPs. In conclusion the specificity of the
method was increased.
e PCR multiplex) (2). Se entrambe le prove del protocollo adottato risultano negative il campione viene considerato negativo per micobatteri e
quindi una falsa reazione positiva dovuta a flora contaminante (FP).
Sono state pertanto apportate modifiche nel protocollo di lavoro:
• Utilizzo del supplemento antibiotato più selettivo, PVNA al posto di AS.
• Semina su Agar Sangue dalle brodocolture positive, con lo scopo di identificare i batteri contaminanti. A tale scopo le piastre sono incubate a 37°
per 24-48h. Nei campioni in cui si verifica crescita batterica su Agar sangue
si procede a identificazione con metodiche tradizionali.
• Studio e valutazione sistematica delle curve di crescita tipiche per micobatteri, al fine di evidenziare le positività a loro non ascrivibili.
Sono stati decontaminati con AS 501 campioni,381 con PVNA e analizzati
con il protocollo di conferma applicato e descritto.
E’ stato inoltre svolto uno studio preliminare per confrontare l’azione
inibente dei 2 supplementi antibiotati (AS,PVNA)su micobatteri (M.spp,
M.bovis) e su germi contaminanti (Nocardia spp, Sphingomonas spp) in
campioni infettati sperimentalmente.
INTRODUZIONE:
Per aumentare la sensibilità dell’esame microbiologico per la ricerca di
M.bovis nei laboratori di Diagnostica Generale dell’IZSPLVA viene utilizzato, in aggiunta al metodo colturale basato su terreni solidi, un sistema
automatizzato su terreni colturali liquidi (VersaTREK/ESP,TREK Diagnostic
Systems, Thermo Fisher Scientific)(VT)
Lo strumento monitora le variazioni di pressione generate dall’attività metabolica dei microrganismi all’interno dei terreni di coltura specifici. Le rilevazioni vengono riportate in un grafico (curva di crescita) visualizzabile su
pc collegato allo strumento. Quando il VT, in base a variazioni di pressione,
rileva la crescita batterica segnala il campione come positivo. La presenza
nei terreni di coltura di flora batterica non ascrivibile a micobatteri rappresenta una grossa criticità per il sistema poiché causa variazioni di pressione
aspecifiche nel flacone. In questi casi lo strumento emette, in assenza di
M.bovis, un segnale di positività a fronte del quale deve essere messa in
atto una serie di esami complementari per escludere/confermare la presenza di micobatteri.
I campioni analizzati presso i laboratori di Torino per ricerca di M.bovis
sono rappresentati da matrici biologiche di origine animale caratterizzati
da flora batterica residente. Per diminuire la concentrazione di batteri contaminanti nei terreni liquidi e riconoscere le false positività segnalate dallo
strumento il protocollo diagnostico è stato affinato integrato e standardizzato con analisi aggiuntive.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sono risultati negativi per micobatteri in tutte le prove effettuate (protocollo classico,VT) 562/882 campioni (224 processati con AS e 338 con
PVNA). È stato possibile categorizzare come falsi positivi (FP), con le prove
di conferma, i campioni di cui VT ha segnalato la positività, rispettivamente
179/224 (80%, Sp 0,20) e 43/338 (13%, Sp 0.87).
L’introduzione del PVNA ha portato ad una diminuzione dei falsi positivi,
mostrando un maggior potere decontaminante rispetto ad AS. Il dato è
stato confermato nella prova sperimentale di confronto tra i supplementi
antibiotati: i terreni inoculati con germi contaminanti e trattati con PVNA
sono risultati negativi o si sono positivizzati su VT dopo un tempo di incubazione più lungo rispetto a quelli decontaminati con AS, segno che l’attività metabolica e la moltiplicazione batterica nel primo caso sono state
maggiormente inibite. Non si sono invece rivelate differenze nei tempi di
positivizzazione di M.bovis e M.spp (tab 1). Questo risultato dimostra che
il PVNA, pur garantendo una migliore decontaminazione non sembra svolgere un’azione inibente per la crescita di micobatteri.
L’esame batteriologico dalle brodocolture dei FP ha permesso l’isolamento
di microrganismi identificabili in 30/43 casi (tab 2).
In 41/43 dei FP le curve di crescita mostravano una ripida inclinazione
verso il basso oppure alternanza di crescita e decrescita. Con lo studio apportato queste tipologie di curva sono ora differenziabili dalle curve di crescita tipiche di M.bovis (fase di plateau seguito da lenta decrescita) (fig 1). I
campioni risultati negativi alla semina su Agar sangue presentavano curve
simili a quelle degli altri FP; è possibile che siano state causate da batteri
non coltivabili su terreno solido. Con lo studio delle curve solo in 2 FP su 43
le curve non potevano essere macroscopicamente distinte da quelle date
dai micobatteri.
In base ai risultati ottenuti possiamo concludere che il protocollo di analisi
su VT per la ricerca di M.bovis può essere reso più efficace e specifico con
la diminuzione dei FP e di conseguenza la riduzione delle analisi di conferma da svolgere in seguito ai segnali di positività del VT, con notevole
risparmio di risorse.
La semina su agar sangue ha permesso di effettuare un’analisi preliminare
MATERIALI E METODI:
Associando l’esame batteriologico su terreno solido e PCR heminested (1)
al sistema VT, sono stati analizzati per la ricerca di M.bovis 882 organi (polmoni e linfonodi) di bovini e animali selvatici.
Il sistema VT prevede che i campioni siano inoculati negli specifici flaconi
Myco a cui viene aggiunto il supplemento di crescita e un supplemento
antibiotato, di cui sono disponibili due diverse formulazioni: Myco AS (PolimixinaB, Azlocillina, Acido Nalidixico, Fosfomicina, Amfotericina B, Acido
nalidixico) e Myco PVNA (Polimixina B, Vancomicina, Amfotericina B, Acido
nalidixico). I terreni vengono incubati nello strumento a 37° per 60 giorni.
Le brodocolture segnalate come positive sono sottoposte al protocollo diagnostico di conferma messo a punto nel laboratorio (semina su Stonebrink
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
delle cause di inquinamento e permetterà di adottare azioni di decontaminazione mirate e specifiche per i diversi batteri contaminanti.
In conclusione, le modifiche effettuate nel protocollo, in particolare l’uso
del supplemento più selettivo hanno aumentato la specificità della metodica, anche grazie allo studio comparativo delle curve di crescita, che ha permesso una distinzione tra le positività per batteri contaminanti e M.bovis.
Uno dei vantaggi diagnostici potenzialmente offerti dal VT è quello di svolgere una selezione dei campioni, limitando la analisi specifiche di ricerca di
micobatteri solo ai campioni segnalati come positivi; la prosecuzione delle
attività di studio sarà perciò orientata ad una ulteriore diminuzione dei FP,
al perfezionamento della metodica di rilevazione dei germi inquinanti e allo
studio sistematico e standardizzato delle curve di crescita, al fine di utilizzarle al meglio come screening sui campioni positivi al VT ma negativi per
micobatteri, per ottimizzare le prestazioni dello strumento e sfruttarne al
meglio le potenzialità.
BIBLIOGRAFIA:
1)A.Dondo, S.Zoppi, M.Angelillo, G.Buonincontro, A.Garrone,
S.Squadrone, A.Benedetto, M.Goria. 2005 Diagnosi post mortem di
tubercolosi nei bovini: esiti e considerazioni sul protocollo diagnostico
applicato nel periodo 2001-2004 in Piemonte. Il Progresso Veterinario
n8 anno LX,351-8
2)G.Ferraro, A.Dondo,I. Giorgi, M.Perosino, V.D’Errico, M.Goria.2014
Versatrek system vs traditional culture for Mycobacteria detection:a
contribute to performance comparison in veterinary issues IV International M.bovis conference Cardiff june16-19
Tabella 2: Esiti dell’esame batteriologico su Agar sangue condotto sulle
brodocolture false positive
Tabella 1: risultati della prova di confronto dei supplementi antibiotati
utilizzati. Legenda: VT - Versatrek; AS - Myco AS; PVNA - Myco PVNA;
P - positivo; FP- falso positivo; N - negativo
Figura 1: curve di crescita tipiche di M.bovis (A) e dei batteri contaminanti (B e C)
209
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
053
TRACHEO-BRONCHITE MICOTICA E COINFEZIONE SISTEMICA DA ALFAHERPESVIRUS
IN UNA STENELLA SPIAGGIATA IN LIGURIA
Keywords: alphaherpesvirus, Aspergillus fumigatus, Stenella coeruleoalba
Grattarola C.[1], Giorda F.[1], Iulini B.[1], Pintore M.D.[1], Pautasso A.[1], Ballardini M.[5], Zoppi S.[1], Miceli I.[1], Serracca L.[6],
Rossini I.[6], Peletto S.[1], Masoero L.[1], Caruso C.[1], Varello K.[1], Bozzetta E.[1], Garibaldi F.[2], Guarda F.[3], Scaglione F.E.[3],
Di Francesco C.E.[4], Di Guardo G.[4], Dondo A.[1], Mignone W.[5], Casalone C.[1]
[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy, [2]Università di Genova, Dipartimento di Scienze
della Terra, dell’Ambiente e della Vita ~ Geova ~ Italy, [3]Università di Torino, Facoltà di Medicina Veterinaria ~ Torino ~ Italy, [4]Università
di Teramo, Facoltà di Medicina Veterinaria ~ Teramo ~ Italy, [5]Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~
Imperia ~ Italy, [6]Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ La Spezia ~ Italy
SUMMARY:
A young female striped dolphin (Stenella coeruleoalba) stranded
alive in March 2016 at Alassio, Ligurian Coast, Italy. The dolphin
died shortly, necropsy revealed severe tracheal occlusion and
partial bronchial stenosis with luminal accumulation of abundant
green-yellowish mucous-gelatinous material.
Cultures of the lung tissue and trachea-bronchial exudate yielded
isolation of Aspergillus fumigatus.
A pan-Herpesvirus nested PCR assay on frozen tissue from multiple organs resulted positive, but do not result in virus isolation
in cell cultures.
The sequence of the isolate obtained in this study was classified
within the cetacean alphaherpesvirus group.
This study represents both the first report of occlusive fungal
tracheitis in a free-living cetacean and the first molecular identification of an alphaherpesvirus in a free-ranging striped dolphin
stranded off the Italian coasts.
stato campionato in doppio, di cui una porzione in formalina al
10% per approfondimenti istopatologici, istochimici ed immunoistochimici ed una congelata, per indagini microbiologiche e
biomolecolari, indirizzate verso i principali patogeni della specie. Sono state inoltre eseguite indagini sierologiche per ricerca
anticorpale nei confronti di DMV, T. gondii e Brucella spp. (6).
Nel dettaglio, per le ricerche micologiche, porzioni di polmone,
cervello ed essudato tracheo-bronchiale sono stati sottoposti
a coltura in Saboraud agar destrosio ed incubati in doppio, a
temperatura ambiente e a 37°C. Gli isolati fungini ottenuti sono
stati sottoposti a colorazione al blu di lattofenolo e successivamente identificati e sequenziati con il kit Microseq D2 LSUrDNA
(Life Technologies). Per la ricerca di HV, campioni di polmone,
milza, timo, vescica, cervello, linfonodi tracheo-bronchiali e
prescapolari sono stati sottoposti a Pan Nested PCR (9), con
l’utilizzo di primers degenerati. Come controllo positivo è stato
utilizzato un estratto di DNA di Equine herpesvirus di type I.
INTRODUZIONE:
Le micosi nei mammiferi marini, sebbene considerate rare, vengono diagnosticate con sempre maggiore frequenza (3). Altrettanto raro è il riscontro di aspergillosi nei cetacei in natura, mentre negli animali in ambiente controllato è stata descritta al pari
di altre infezioni micotiche e batteriche opportuniste. Le micosi
possono essere indicative di un quadro di immunodepressione e,
pertanto, vengono spesso descritti casi di coinfezione con Dolphin
morbillivirus (DMV), considerato il patogeno più importante per
i mammiferi marini (4). A. fumigatus è da includere tra i miceti
patogeni più comuni, le cui spore vengono generalmente introdotte per inalazione e che nei cetacei è responsabile per lo più
di infezioni polmonari (7). Gli herpesvirus (HV) sono ampiamente
descritti in letteratura, ma poco è stato riferito riguardo alla loro
distribuzione e al ruolo patogenetico nei cetacei (2). Gli alpha-HV
(α-HV) sono associati ad infezioni sistemiche, oltre che a forme
cutanee, renali e nervose (1).
Questo lavoro rappresenta la prima descrizione di tracheite occlusiva causata da A. fumigatus in un cetaceo in natura, nonché il
primo report di infezione sistemica causata da α-HV in un cetaceo
spiaggiato lungo le coste italiane
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati delle indagini necroscopiche ed istopatologiche sono
dettagliati in Tabella 1.
Le indagini micologiche hanno rivelato crescita di colonie fungine in coltura mista dal polmone e una crescita in purezza a
livello di essudato tracheo-bronchiale. Il cervello è risultato
negativo. L’aspetto morfologico delle colonie è risultato compatibile con Aspergillus spp. Il micete è stato quindi identificato come A. fumigatus, con un’omologia pari al 100%. Polmone,
milza, linfonodo tracheo-bronchiale e prescapolare sono risultati positivi per HV in PCR; la sequenza è risultata appartenente
al gruppo degli α-HV dei cetacei, e sono attualmente in corso
ulteriori approfondimenti per l’analisi filogenetica del ceppo
isolato. L’isolamento del virus in coltura cellulare è risultato
negativc. Non sono state evidenziate lesioni microscopiche caratteristiche riferibili ad HV e questo riscontro potrebbe essere
spiegato con l’effetto mascherante causato dalla presenza di severe lesioni istopatologiche ascrivibili ad aspergillosi in forma
acuta.
Questo lavoro descrive un interessante caso di grave patologia
dell’apparato respiratorio causata da A. fumigatus, associata a
infezione generalizzata da HV, in una stenella spiaggiatasi lungo le coste italiane. Aspergillus spp. è stato considerato corresponsabile dello spiaggiamento di cetacei nel corso di pregresse epidemie da DMV (4), e i risultati di questo studio sottolineano come l’infezione generalizzata sostenuta da HV possa
aver svolto un ruolo immunodeprimente simile a quello di DMV.
Ulteriori studi sono necessari per approfondire le conoscenze
sulla distribuzione spazio-temporale, la prevalenza, l’epidemiologia e l’impatto di HV sullo status sanitario di queste specie.
MATERIALI E METODI:
Il 4 marzo 2016 un giovane esemplare femmina di stenella striata
(Stenella coeruleoalba), in stato di nutrizione relativamente buono, si è spiaggiato vivo presso la costa di Alassio (SV), dopo aver
manifestato grave dispnea. Il soggetto, deceduto poco dopo lo
spiaggiamento, è stato prontamente sottoposto ad indagini necroscopiche (cod. di conservazione 2) (5) presso la sezione di Imperia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS). Ogni organo è
210
Tabella 1 - Rilievi necroscopici e istopatologici
BIBLIOGRAFIA:
1. Arbelo M, Los Monteros AE, Herráez P, Andrada M, Sierra E, Rodríguez F, Jepson
PD, Fernández A. Pathology and causes of death of stranded cetaceans
in the
Canary Islands (1999-2005). Dis Aquat Organ. 2013 Mar 26;103(2):8799
2. Bellière EN, Esperón F, Arbelo M, Muñoz MJ, Fernández A, SánchezVizcaíno JM. Presence of herpesvirus in striped dolphins stranded
during the cetacean morbillivirus epizootic along the Mediterranean
Spanish coast in 2007. Arch Virol. 2010 Aug;155(8):1307-11
3. Delaney MA, Terio KA, K. M. Colegrove. Occlusive Fungal Tracheitis in 4 Captive Bottlenose Dolphins (Tursiops truncatus). Vet Pathol.
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4. Domingo M, Visa J, Pumarola M, Marco AJ, Ferrer L, Rabanal R, Kennedy S. Pathologic and immunocytochemical studies of morbillivirus
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5. Geraci JR & Lounsbury VJ. 2005. Marine Mammals Ashore: A field
Guide for Strandings, 2th ed, National Aquarium in Baltimore, Baltimore, MD
6. Profeta F, Di Francesco CE, Marsilio F, Mignone W, Di Nocera F, De
Carlo E, Lucifora G, Pietroluongo G, Baffoni M, Cocumelli C, Eleni C,
Terracciano G, Ferri N, Di Francesco G, Casalone C, Pautasso A, Mazzariol S, Centelleghe C, Di Guardo. 2015. Retrospective seroepidemiological investigations against Morbillivirus, Toxoplasma gondii and
Brucella spp. in cetaceans stranded along the Italian coastline (19982014). Res Vet Sci 101:89-92.
7. Reidarson TH, McBain JF, Dalton LM, et al. Mycotic diseases. In: Dierauf LA, Gulland FMD, eds. CRC Handbook of Marine Mammal Medicine. 2nd ed. Boca Raton, FL: CRC Press LLC; 2001
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211
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
054
DESCRIZIONE DI UN CASO DI NOCARDIA CYRIACIGEORGICA NEL CANE.
ASPETTI ANATOMOPATOLOGICI ED ISTOLOGICI
055
BVDV: IMPLEMENTAZIONE DELLA RRT-PCR PER IL PIANO DI RISANAMENTO OBBLIGATORIO
NELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO
Keywords: Nocardia cyriacigeorgica, cane, diagnosi
Keywords: BVDV, rRT-PCR, cartilagine auricolare
Idrizi I.[1], Danesi P.[2], Granato A.[2], Carminato A.[2], Pagliaro L.[3], Trevisiol K.[1]
Kusstatscher N.[1], Ceol M.[1], La Spisa M.[1], Robatscher E.[1], Lombardo D.[1], Tavella A.[1]
IZS delle Venezie (BOLZANO) ~ Bolzano ~ Italy, [2]IZS delle Venezie ~ Legnaro (PD) ~ Italy, [3]Libero Professionista ~ Bolzano ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Nocardiosis is a disease caused by Nocardia spp. and can be observed
in different forms: cutaneous, pulmonary and disseminated. It has
been often described in cats, cows and horses, but rarely in dogs. The
occurence in dogs is associated to N. asteroides, N. brasiliensis, N. caviae and N. cyriacigeorgica. The purpose of this paper is to describe a
case of Nocardia cyriacigeorica in a mix breed dog, six weeks old, with
particular regard to the anatomo-pathological lesions, bacteriological
and histopatologic findings.
filamentosi e ramificati, catalasi positivi riferibili a Nocardia spp.
L’analisi di sequenza conferma e identifica la specie in Nocardia cyriacigeorgica con similarità del 98.5% con le sequenze presenti in GeneBank database.
Ad oggi in Italia non erano stati segnalati casi di nocardiosi canina da
N. cyriacigeorgica, mentre sono stati riportati altri casi in Australia e
USA (5, 6).
La diagnosi definitiva di nocardiosi si basa sulle lesioni anatomopatologiche caratteristiche, e su esami complementari come l’esame batteriologico e l’esame istopatologico. La diagnosi differenziale include
altre malattie batteriche con decorso simile, come l’actinomicosi e le
infezioni micotiche profonde, come ad esempio la sporotricosi (3, 4).
Considerato il rapido decorso dell’infezione e la sua disseminazione
per via ematogena, una diagnosi precoce di nocardiosi è sicuramente indispensabile per un approccio terapeutico mirato, soprattutto in
soggetti immunocompromessi e giovani.
INTRODUZIONE:
La nocardiosi è una patologia raramente segnalata nel cane e può assumere diverse forme: cutanea, polmonare e disseminata (2, 3, 4). La
forma cutanea è la più frequente e si presenta con ulcere, noduli ulcerati e fistole. La nocardiosi disseminata generalmente parte da un’infezione polmonare e si diffonde per via ematogena con formazione
di ascessi a livello renali e in altri organi. Nocardia spp. è un batterio
filamentoso Gram positivo saprofita (2). Le specie più frequentemente isolate nel cane sono N. asteroides, N. brasiliensis; N. caviae e N.
cyriacigeorgica (5). L’infezione avviene prevalentemente in seguito a
contaminazione di ferite cutanee o attraverso la via respiratoria.
BIBLIOGRAFIA:
1. Couble A., Rodriguez-Nava V., Perouse de Montclos M., Boiron P.,
Laurent F., 2005. Direct detection of Nocardia spp. in clinical samples
by a rapid molecular method. J. Clin. Microbiol. 43(4):1921-4.
2. Harvey R.G., Lloyd D.H.1995. The distribution of bacteria (other
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skin surface and within the hair follicles of dog. Vet Dermatol. 6: 79-84.
3. Kirpensteijn J & Fingland RB. 1992. Cutaneous actinomycosis and
nocardiosis in dogs: 48 cases (1980-1990). J Am Vet Med Assoc 201(6):
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4. Pelzer K., Tietz H.J., Sterry W., Haas N. 2000. Isolation of both Sporothrix schenckii and Nocardia asteroides from a mycetoma of the forefoot. Br J Dermatol. 143: 1311-1315.
5. Portola O, Guitart R, Olona M, Vidal F, Castro A. 2009. Epidemiology
and clinical manifestations of infection due to Nocardia species in Tarragona, 1997-2008; Nocardia cyriacigeorgica is an emerging pathogen.
Enferm. Infecc. Microbiol. Clin. 27: 585-588.
6. Ribeiro M., Salerno T., Mattos-Guaraldi A., Camello Th., Langoni H.,
Siqueira A., Paes A., Fernandes M., Lara G. 2008. Nocardiosis: an overview and additional report of 28 cases in cattle and dogs. Rev Inst Med
trop S Paulo 50(3):177-185.
MATERIALI E METODI:
Nel dicembre 2015 è stato effettuato l’esame anatomopatologico
presso la sezione di Bolzano dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
delle Venezie di un cucciolo di cane meticcio di 6 settimane che presentava estese lesioni suppurative cutanee a carico delle regioni della
coscia e dell’inguine destro. Oltre alle lesioni cutanee, si evidenziava
linfadenite suppurativa a carico dei linfonodi esplorabili e linfonodi
retrofaringei, tonsillite suppurativa, polmonite granulomatosa diffusa,
linfoadenite granulomatosa mediastinica; anche fegato, milza e reni
presentavano lesioni suppurative.
È stato effettuato l’esame batteriologico su campioni di fegato, reni e
cuore mediante coltura su piastre di Agar Sangue (AS), incubate a 37°C
per 4gg, e su piastre di Saubouraud Dextrosose Agar (SDA), incubate
a 25°C per 7 gg. L’identificazione è stata fatta su base morfologica e
biochimica ed stata confermata attraverso l’analisi con Matrix-Assisted
Laser Desorption Ionization Time-Of-Flight Mass Spectrometry (Maldi
Tof). Inoltre, campioni di linfonodi, milza, cuore e polmone venivano
immediatamente fissati in formalina tamponata al 10% per essere
sottoposti all’ esame istopatologico. L’identificazione di specie è stata
effettuata a partire da DNA estratto dall’isolato in coltura mediante
amplificazione e sequenziamento di una regione del gene 16S rRNA
(primers NG1 e NG2) e successiva comparazione della sequenza ottenuta con quelle presenti nel database GeneBank mediante BLAST
(Basic Local Alignment Search Tool) (1).
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Sezione Bolzano) ~ Bolzano ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The Bovine Viral Diarrhea (BVD) is a disease affecting the cattle population because of the extended economic losses. The Autonomous
Province of Bolzano introduced, in 1999, a compulsory eradication
program that was further modified in 2005; these variations required
the screening of ear notch samples, matrices known to be valid carriers of the BVD virus, instead of blood samples. At the beginning of
the program, analyses were carried out through ELISA assays for the
identification of persistently infected (PI) animals. Even though the
ELISA assay has proven, during a dedicated study in 2012, to be an
extremely sensitive analysis, it was not sufficiently effective in identifying only truly positive animals (p-value 0.75). For this reason, in
2015, the Autonomous Province of Bolzano introduced a biomolecular
analysis, rRT-PCR, as an alternative to ELISA tests, in order to improve
both accuracy and precision of the diagnostic tools.
vengono processati i singoli campioni per determinare l’eventuale positività di uno o più di essi. Il decreto prevede che l’animale positivo
venga sottoposto ad un ulteriore prelievo di cartilagine auricolare e
campione di siero. I campioni di cartilagine auricolare riprelevati a
distanza di un mese dalla prima prova, vengono analizzati in singolo
con la medesima metodica rRT-PCR (virotype® BVRV RT-PCR Kit, Qiagen, G). I campioni di siero vengono sottoposti a ricerca di antigene e
anticorpi anti-BVDV mediante metodiche immunoenzimatiche (antigene: HerdCheck BVDV Antigen/Serum Plus, IDEXX Laboratories, CH;
anticorpi: BVDV (SERELISA® BVD p80 Ab Mono Blocking, Synbiotics
Corporation, F). I ricontrolli di siero risultati positivi in ELISA antigene
vengono confermati mediante metodica RT-PCR (fino ad aprile 2016
mediante OneStep RT-PCR secondo protocollo Weinstock D. et al.
2001, successivamente mediante metodo rRT - PCR (virotype® BVDV
RT-PCR Kit, Qiagen, G)(1).
INTRODUZIONE:
La diarrea virale bovina(BVD) ha una notevole importanza sanitaria
nell’allevamento bovino, date le consistenti perdite economiche(2).
La malattia è presente e diffusa in Italia e in vari Paesi del mondo(3).
La Provincia Autonoma di Bolzano ha in atto un piano di risanamento obbligatorio, secondo apposito decreto provinciale(8). Tutti i vitelli
nati nelle aziende zootecniche della Provincia devono essere sottoposti ad analisi per la ricerca del virus della BVD(8). Dal 2005 vengono
utilizzati per lo screening campioni di cartilagine auricolare, prelevati
al momento della marcatura ai sensi del Regolamento 1760/2000/
CEE. Gli animali positivi vengono sottoposti ad un ricontrollo mediante prelievo di campione ematico e di tessuto auricolare per la ricerca
di antigene BVDV. Vari studi hanno evidenziato che la ricerca dell’antigene BVDV in cartilagine auricolare mediante ELISA è efficacie per
l’identificazione precoce di animali persistentemente infetti (PI-animals)(5,6). L’elaborazione dei dati ha dimostrato che la prevalenza di
PI nella Provincia Autonoma di Bolzano è scesa allo 0,18% nell’anno
2013(7). Uno studio condotto nel 2012 nella Provincia Autonoma di
Bolzano ha messo in evidenza però che il valore predittivo positivo (pvalue) dell’ELISA è dello 0,75(6). Una p-value dello 0,75 può portare ad
un’eradicazione definitiva ma non ad un’identificazione assoluta dei
PI-animals in quanto comprende anche i falsi positivi o i transienti.
L’obiettivo del piano di risanamento è di eliminare soltanto gli animali immuntolleranti e preservare la genetica della popolazione bovina
della Provincia(6,7). Con la metodica ELISA i falsi positivi risultavano
maggiori rispetto alla metodica biomolecolare. Per questo è stato deciso di passare alla rRT-PCR, che porta con se una specificità diagnostica del 99,5% e una sensibilità diagnostica del 99,6% e la possibilità di
analizzare i campioni in pool(4).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nel periodo compreso tra agosto 2015 e luglio del 2016, sono stati
testati in rRT-PCR 58.466 vitelli, di cui 58.435 sono risultati negativi e
31 positivi (PI-prevalence 0,05%).
19 dei 31 vitelli positivi all’analisi di prima istanza, sono stati sottoposti
a regolare ricontrollo. In 12 casi non sono stati effettuati i ricontrolli.
Da 6 dei 19 animali positivi sono stati prelevati sia il campione ematico
che il tessuto auricolare. Dei restanti 13 vitelli sono stati conferiti al
laboratorio soltanto i campioni di siero.
I 6 campioni di tessuto auricolare sono risultati positivi in rRT-PCR. I
19 campioni di sangue sono stati sottoposti al test ELISA per la ricerca
di antigene e anticorpi: 17 animali sono risultati positivi per antigene e anticorpi (animali immunotolleranti con probabile presenza di
anticorpi materni); 2 animali sono risultati negativi per antigene ma
positivi per anticorpi (potrebbe trattarsi in entrambi i casi dell’”effetto
finestra”, ovvero di una neutralizzazione del virus presente nell’eme da
parte degli anticorpi materni. I 17 campioni positivi per antigene sono
stati processati anche mediante rRT-PCR e sono risultati tutti positivi.
La p-value reale della rRT-PCR si attesta al 0,895. L’aumento del valore
indica l’idoneità della metodica per l’implementazione di un piano di
monitoraggio BVDV basato sullo screening dei vitelli durante le prime
settimane di vita, nonché per un’identificazione più precisa degli animali immunotolleranti e la conseguente salvaguardia del patrimonio
genetico bovino in Alto Adige.
Da un punto di vista economico risulta che, in presenza di prevalenze basse, l’uso di un protocollo PCR in pool è preferibile al singolo
campione in ELISA. Tramite un’unica reazione, la PCR dà la possibilità
di testare 12 campioni, anche se il protocollo permette un ulteriore
aumento della dimensione del pool. Ciò è possibile solo in presenza
di prevalenze basse, perché con prevalenze PI alte i pool positivi aumentano, e con essi il lavoro e i materiali per la risoluzione dei pool in
singoli campioni.
Il piano di profilassi obbligatorio per la BVDV nella Provincia Autonoma
di Bolzano, ha portato nel corso degli anni a una diminuzione costante
della prevalenza di animali PI. A ciò ha contribuito anche il passaggio
dai campioni di siero al monitoraggio tramite cartilagine auricolare.
Il passaggio ulteriore dalla metodica ELISA alla rRT-PCR su cartilagine
MATERIALI E METODI:
Fino a luglio 2015 i campioni di tessuto auricolare sono stati analizzati
mediante ELISA utilizzando un kit commerciale per la ricerca dell’antigene BVDV (HerdCheck BVDV Antigen/Serum Plus, IDEXX Laboratories, CH). Da agosto 2015 si effettua lo screening su campioni di cartilagine auricolare mediante metodo rRT-PCR (virotype® BVDV RT-PCR Kit,
Qiagen, G) analizzando pool da 12 campioni. In caso di pool positivo
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame istopatologico condotto su linfonodi, milza, cuore e polmone
ha evidenziato lesioni piogranulomatose con aree necrotiche associate a presenza di batteri filamentosi/ ramificati positivi alla colorazione
di Gram e Ziehl Neelsen.
L’esame batteriologico ha rilevato la crescita di batteri Gram positivi
212
213
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
056
FATTORI GENETICI CHE REGOLANO LA SCRAPIE NEI CAPRINI E FATTIBILITÀ
DI UN PIANO DI SELEZIONE
auricolare ha permesso un miglioramento permettendo l’eliminazione
mirata dei PI evitando la macellazione dei falsi positivi.
ìBIBLIOGRAFIA:
1. Weinstock D., Bhudevi B. and A. E. Castro (2001). Single-tube single
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diarrhoea virus pooled in bovine serum. J. Clin. Microbiol. 39:343-346
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E., Brem G. (2012). Retrospektive Auswertung von Daten über 5 Jahre
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10.13140/2.1.2276.0325
Decreti:
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del 25 ottobre 1999 e successive modifiche (“Disciplina della profilassi
obbligatoria della diarrea virale bovina/malattia delle mucose (BVD/
MD) in Provincia Autonoma di Bolzano”)
Keywords: goat, genetics, scrapie
Maestrale C.[1], Ibba M.B.[1], Melis P.[1], Vargiu M.P.[1], Saba M.[1], Ligios C.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ~ Sassari ~ Italy
[1]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Nel gregge infetto i segni clinici di malattia si sono manifestati sia nel
gruppo parentale, infettato sperimentalmente, che in una delle progenie successive naturalmente esposte. Negli animali con genotipi
wild-type, G37V, S240P e Q168Q-P240P i tempi d’incubazione della
malattia sono stati in media di 711 giorni. Tempi più lunghi di incubazione sono stati rilevati in capre con genotipi H/R154H, R211Q e
P168Q-S240P. Diversamente, gli animali con i dimorfismi K222 e D145
sono risultati sani dopo circa 2067 giorni post-inoculum. La frequenza
dei dimorfismi K222 e D145 all’interno della popolazione caprina della
Sardegna si è dimostrata molto bassa, circa 2,64% e 9,8%, rispettivamente.
I dati ottenuti con questo studio, possono essere considerati utili per
stabilire le basi per il controllo genetico e l’eradicazione della scrapie
negli allevamenti caprini.
A questo proposito, in questo lavoro la mutazione K222 si riconferma
associata alla resistenza alla scrapie, come già segnalato in altre razze
sia con lavori sperimentali che con osservazioni di campo (1, 3, 5), cosi
diventando il target principale di eventuali piani di selezione. Tuttavia,
i dati da noi ottenuti ed in particolare l’associazione della mutazione
D145 alla resistenza alla scrapie, suggeriscono che la strategia di selezione nelle capre non può avere una valenza universale, come nelle
pecore, ma deve tenere conto delle peculiarità genetiche delle diverse
razze, sulle quali dovrà essere definita e disegnata in maniera diversificata. Per questo motivo riteniamo che, se altri studi confermassero
la reale associazione tra resistenza alla scrapie e mutazione D145, la
selezione per questo dimorfismo dovrebbe rientrare in futuro nelle
strategie dei piani di selezione specificatamente definiti per la popolazione caprina della Sardegna. Ciò nonostante, andrebbe sottolineato
che la bassa frequenza di queste 2 mutazioni, nei caprini della Sardegna, non può che indicare la necessità di tempi lunghi per i piani di
selezione, prima di ottenere accettabili livelli di resistenza alla scrapie
nella popolazione.
SUMMARY:
To study the association with scrapie of some caprine prion-protein
genotypes (PRNP), 37 experimentally scrapie -inoculated goats and
their offspring were kept in the same environment and monitored
during a long-period of time. In addition, the frequencies of these different genotypes was determined in the Sardinian (Italy) goat population.
Scrapie was observed in the experimentally infected goats and only
in one generation of the offspring. In both groups, goats carrying the
R154H, H154H, R211Q and P168Q-P240P dimorphisms died of scrapie
after a longer incubation period compared to that of wildtype, G37V,
Q168Q-P240P, and S240P. Differently, D145D and Q222K goats were
resistant to infection. The frequencies of 222K and 145D alleles were
demonstrated to be low in the Sarda breed goat.
Our study demonstrates that K222 and D145 mutations are associated
with scrapie resistance in Sardinian goats, thus suggesting the feasibility of a long-term selective breeding plan.
INTRODUZIONE:
La scrapie è un’encefalopatia spongiforme trasmissibile (EST) degli
ovini, caprini e mufloni (4). Tra queste specie, la capra è l’unica, nella
quale si sono diagnosticati casi naturali di BSE. Mentre nei greggi ovini
infetti, l’eradicazione della scrapie si basa sulla genetica (2), in quelli
caprini è sinora basata sull’abbattimento di tutto l’effettivo. Purtroppo, questo provvedimento si è dimostrato di scarsa efficacia sanitaria
ed inoltre si ripercuote in maniera negativa sulla economia della zootecnia caprina. Per questi motivi, la Comunità Europea ritiene che la
selezione genetica nei caprini possa essere l’unico sistema efficace per
il controllo della scrapie, richiedendo a questo proposito prove scientifiche per assicurare la validità e fattibilità di questa strategia sanitaria
di controllo.
Lo scopo di questo studio è stato quello di indagare anche nelle capre,
in maniera dettagliata, se la trasmissione dell’agente eziologico della
scrapie (PrPSc), che circola ormai in maniera epidemica in Sardegna
tra le pecore, sia modulata dal genotipo della proteina prionica e se
questo, assieme ad altre situazioni, rendesse fattibile un piano di selezione per la resistenza alla scrapie.
BIBLIOGRAFIA:
1. Acutis PL, Bossers A, Priem J, Riina MV, Peletto S, Mazza M, Casalone
C, Forloni G, Ru G, Caramelli M. 2006. Identification of prion protein
gene polymorphisms in goats from Italian scrapie outbreaks. J Gen Virol 87:1029-33
2. Dawson MR, Moore C, Bishop SC. 2008. Progress and limits of PrP
gene selection policy. Vet Res doi: 10.1051/vetres:2007064
3. Lacroux C, Perrin-Chauvineau C, Corbière F, Aron N, Aguilar-Calvo P,
Torres JM, Costes P, Brémaud I, Lugan S, Schelcher F, Barillet F, Andréoletti O. 2013. Genetic resistance to Scrapie infection in experimentally
challenged goats. J Virol 88:2406-13.
4. Prusiner SB.1991. Molecular biology of prion diseases. Science
252:1515-1522.
5. Vaccari G, Di Bari MA, Morelli L, Nonno R, Chiappini B, Antonucci G,
Marcon S, Esposito E, Fazzi P, Palazzini N, Troiano P, Petrella A, Di Guardo G, Agrimi U. 2006. Identification of an allelic variant of the goat PrP
gene associated with resistance to scrapie. J Gen Virol 87:1395-402.
MATERIALI E METODI:
Un gruppo di 37 capre con diverso genotipo della proteina prionica è
stato inoculato oralmente con un omogenato di cervello ovino affetto
da scrapie. Successivamente, queste capre sono state fecondate naturalmente al fine di ottenere 2 generazioni successive, le quali sono state tenute nello stesso ambiente, restando così naturalmente esposte
alla carica infettante prionica.
Per un lungo periodo le capre sono state sottoposte ad un lungo
follow-up clinico ed esaminate mediante test immunobiochimici ed
immunoistochimici per la diagnosi di scrapie, una volta sacrificati con
sintomatologia riferibile a scrapie o clinicamente sani.
Inoltre, la frequenza dei genotipi delle capre sperimentalmente infettate è stata determinata nella popolazione caprina della Sardegna, al
fine di ulteriormente stabilire la fattibilità di un eventuale piano di selezione genetica.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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MOLECULAR CHARACTERIZATION OF PASTEURELLA MULTOCIDA STRAINS ISOLATED
FROM DISEASED RABBITS IN ITALY
Keywords: Pasteurella multocida, Rabbit, MLST
Magistrali C.F.[1], Cucco L.[1], Massacci F.R.[1], Curcio L.[1], Mangili P.[1], Sebastiani C.[1], Bano L.[2], Orsini S.[1], Pezzotti G.[1],
Christensen H.[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche (IZSUM) ~ Perugia ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle
Venezie ~ Treviso ~ Italy, [3]Veterinary Disease biology, University of Copenhagen ~ Copenhagen ~ Denmark
[1]
SUMMARY:
Pasteurella multocida is a worldwide veterinary pathogen, causing
economic losses to the animal production. In rabbit, P. multocida is
considered a predominant agent; despite this, few data on the molecular epidemiology of this pathogen are available so far. The aim of this
work was to characterize P. multocida isolates from rabbit affected by
various diseases in Italy. Thirty-nine (39) isolates were tested using PCRs
to detect the genes coding capsular antigens, virulence factors and lipopolysaccharide structures. MLST analysis was performed using the
RIRDC scheme (http://pubmlst.org/pmultocida_rirdc/). P. multocida
isolates were all related to the subsp. multocida. The isolates were assigned to capsular types A (20/39), D (9/39) and F (10/39), they were
pfhA+ (13/39), hgbB+ (21/39) and pfhA+hgbB+ (4/39) and belonged to
the LPS genotypes 3 (22/39) and 6 (17/39). An association was found
between certain capsular types, virulence-associated genes, LPS genotypes and clonal complexes.
cifici per i geni capsulari capA, capB, capD, capE and capF (Townsend,
2001). L’appartenenza alla specie è stata confermata con l’identificazione del gene specie specifico per P. multocida kmt (Ewers,2006) (Townsend, 2001).
Geni di virulenza: tramite PCR multiplex, per il rilievo dei geni toxA,
tbpA, hgbB e pfhA (Ewers, 2006).
Tipizzazione Lipopolisaccaridi (LPS): tramite PCR multiplex come proposto da Harper (2015); tale caratterizzazione si basa sull’impiego di otto
coppie di primer dirette ai genotipi L1-L8.
Multilocus sequence typing: è avvenuta secondo il protocollo RIRDC
(http://pubmlst.org/pmultocida_rirdc/) (Petersen, 2014). I prodotti di
PCR sono stati sequenziati, allineati e inseriti nel database P.multocida
RIRDC, per la assegnazione dei sequence type (ST).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati relativi alla tipizzazione molecolare sono indicati in tabella 1.
Sono stati identificati tre tipi capsulari, A (20/39), F (10/39) e D (9/39). I
ceppi erano pfhA+ (13/39), hgbB+ (21/39) e l’associazione pfhA e hgbB
(4/39). Gli isolati sono risultati appartenenti a soli due genotipi di lipopolisaccaridi, L6 (22/39) e L3 (17/39).
Sono stati identificati 5 sequence types già presenti nel database, mentre i profili di MLST di ventuno isolati (21/39) corrispondevano a 14
nuovi sequence type (ST). Tutti i clonal complex identificati comprendevano isolati provenienti da altre specie ed aree geografiche. Sedici
isolati (16/39), di cui 9 da polmoniti, 5 da setticemie e 1 da metrite appartenevano al CCST-9. A questo clonal complex appartenevano 9/10
degli isolati capF+, 7 dei quali isolati da polmoniti, e 8/9 riconducibili al
genotipo L3. Nove isolati (9/39), di cui 3 da polmoniti, 3 da metriti e 1 da
setticemia, appartenevano al CCST-74 e presentavano il profilo capA+/
hgbB+/L6. Sette isolati, 4 da polmoniti, 2 da mastiti e 1 da setticemia,
sono risultati invece appartenere al CCST-50 e presentavano il profilo
capD+/hgbB+/L6. Un solo isolato, ST-312, da una forma di setticemia,
è risultato attribuibile al CCST-128; infine, 6 isolati appartenevano a sequence type non riferibili ad alcun clonal complex finora descritto.
Tutti gli isolati si sono mostrati riconducibili alla specie P. multocida
subsp. multocida tramite MLST.
Nel corso del nostro studio il tipo capsulare F è risultato particolarmente frequente in campioni patologici provenienti dal coniglio, confermando quanto già segnalato (Garcia-Alvarez, 2015). Inoltre questi ceppi
provenivano da forme di polmoniti, appartenevano al genotipo L3 e al
clonal complex ST-9 e d erano pfhA+. Una analoga associazione è stata
osservata per i ceppi capD+, infatti 7/9 stipiti capD+ si sono collocati in
un unico CC, e hanno presentato lo stesso genotipo, L6, e hgbB+. Stipiti
con queste caratteristiche sono stati recentemente associati a polmonite nel coniglio (Garcia-Alvarez, 2015). Infine, il clonal complex ST-74
comprendeva solo isolati capA+/hgbB+/L6.
In conclusione, questo lavoro ha mostrato la presenza di clonal complex
di P.multocida accomunati dalla appartenenza allo stesso tipo capsulare, genotipo lipopolisaccaridico e presenza di geni codificanti per tossine
ed adesine. Questi dati indicano la possibilità di indagare una strategia
volta ad cloni chiave verso i quali indirizzare la ricerca, al fine di mettere
a punto presidi vaccinali per la pasteurellosi nel coniglio.
INTRODUZIONE:
Pasteurella multocida è un batterio patogeno di diffusione mondiale,
responsabile di malattie sia negli animali che nell’uomo (Rimler, 1989).
P. multocida è un batterio caratterizzato da un marcata variabilità: si
riconoscono infatti 5 tipi capsulari (A,B,D,E,F) e 16 sierotipi, sulla base
della classificazione di Heddlestone (Harper,2015). Sono inoltre stati
descritti numerosi fattori di virulenza, tossine ed adesine, tra cui la hemoglobin binding protein (HgbB), la transferrin binding protein (TbpA),
la filamentous hemagglutinin (PfhA) e la dermonecrotic toxin (ToxA)
(Townsend, 2001; Ewers, 2006).
Nel coniglio, P. multocida è considerato uno dei patogeni più rilevanti ed è causa di malattie a carico dell’apparato respiratorio superiore,
nonché polmoniti, forme setticemiche, metriti purulente, mastiti otiti
e congiuntiviti. Il controllo della pasteurellosi si basa essenzialmente
sull’impiego di antimicrobici, mentre l’adozione di vaccini è ostacolata
dall’estrema variabilità di questa specie; inoltre, le caratteristiche epidemiologiche e di virulenza di P. multocida in questa specie sono ancora
poco conosciute (García-Alvarez, 2015).
Scopo di questo lavoro è stato caratterizzare isolati di P.multocida provenienti da diverse forme cliniche nel coniglio in Italia, individuando la
presenza di geni codificanti per tipo capsulare, adesine e tossine, e lipopolisaccardi. Gli isolati sono stati quindi caratterizzati tramite MLST
per indagare la struttura di questa popolazione batterica e la presenza
di eventuali associazioni tra gli stipiti. La finalità ultima di questo lavoro
è stato quello di raccogliere informazioni utili ad un futuro sviluppo di
presidi vaccinali.
MATERIALI E METODI:
Isolati: Sono stati caratterizzati trentanove (39) ceppi di P.multocida
isolati da conigli in Italia nel periodo 2004-2015. Gli isolati provenivano
da forme di pasteurellosi setticemica (11/39), polmoniti (13/39), metriti purulente (6/39), ascessi cutanei (5/39), mastiti (2/39), panoftalmiti
(1/39) e otiti (1/39). Gli allevamenti erano situati in Italia Centrale e Settentrionale ed è stato esaminato un solo isolato per allevamento.
Tipizzazione capsulare: PCR multiplex utilizzando coppie di primer spe-
216
BIBLIOGRAFIA:
Ewers C, Lübke-Becker A, Bethe A, Kiebling S, Filter M, Wieler LH. Virulence genotype of Pasteurella multocida strains isolated from different
hosts with various disease status.Vet Microbiol. 2006 May 31;114(34):304-17.
García-Alvarez A, Chaves F, Fernández A, Sanz C, Borobia M, Cid D.
An ST11 clone of Pasteurella multocida, widely spread among farmed
rabbits in the Iberian Peninsula, demonstrates respiratory niche association. Infect Genet Evol. 2015 Aug;34:81-7.
Harper M, John M, Turni C, Edmunds M, St Michael F, Adler B, Blackall PJ, Cox AD, Boyce JD. Development of a rapid multiplex PCR assay to genotype Pasteurella multocida strains by use of the lipopolysaccharide outer core biosynthesis locus.J Clin Microbiol. 2015
Feb;53(2):477-85.
Rimler R B, Rhoades K R. Pasteurella multocida. In: Adlam C, Rutter J
M, editors. Pasteurella and pasteurellosis. London, United Kingdom:
Academic Press Limited; 1989. pp. 37-73.
Townsend KM, Boyce JD, Chung JY, Frost AJ, Adler B Genetic organization of Pasteurella multocida cap Loci and development of a multiplex
capsular PCR typing system. J Clin Microbiol. 2001 Mar;39(3):924-9.
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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DIAGNOSI DI MASTITE DA STAPHYLOCOCCUS AUREUS:
METODI DI CAMPIONAMENTO A CONFRONTO
Keywords: Staphylococcus aureus, Sampling, Dairy herds
Maisano A.M.[1], Lorenzi V.[2], Angelucci A.[2], Fusi F.[2], Romanò A.[1], Spelta C.[1], Vezzoli F.[1], Bertocchi L.[2], Luini M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Sezione di Lodi ~ Lodi ~ Italy,
Reparto di Produzione Primaria, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna ~ Brescia ~ Italy
[1]
[2]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame batteriologico eseguito sui prelievi di singolo quarto e considerato metodica di riferimento, ha permesso di identificare 236
(35,7%) bovine positive per S. aureus, mentre l’analisi dei campioni
ottenuti dal pool dei quattro quarti ha rilevato un totale di 229 (34,6%)
bovine infette. La prevalenza di bovine infette nelle diverse aziende
è risultata fra il 26,0 e il 69,4%. L’analisi della concordanza tra le due
metodiche di campionamento e il calcolo della K di Cohen (κ) nelle
diverse aziende hanno evidenziato un livello di accordo eccellente
compreso fra il 93% e il 98% (κ = 0,80-0,95). La concordanza sul totale
dei campioni esaminati è stata del 95% (κ= 0,89). Considerando come
metodica di riferimento il prelievo sterile di singolo quarto, la sensibilità (Se) e la specificità (Sp) ± IC 95% dell’esame in pool, ottenute
sul totale dei campioni esaminati, risultano rispettivamente 91,5±2,1
e 96,9±1,3. Il valore predittivo positivo (VPP) e il valore predittivo negativo (VPN) calcolati nelle singole aziende e sul totale dei campioni,
sono risultati rispettivamente fra il 91% e il 100% e fra il 90,9% e il
98,7% (Tabella 1). Considerando il numero dei quarti infetti per singola vacca, come era logico attendersi, la Se dell’esame batteriologico
in pool è aumentata col crescere del numero dei quarti colpiti, infatti
la Se è stata di 85,1 (IC 95% 78,3-92,0), mentre nel caso di interessamento di tutti e 4 i quarti la Se è risultata pari a 100 (IC 95% 100).
I risultati complessivi sono comunque favorevoli e superiori a quelli
descritti in uno studio recente (3) (Tabella 2). Il rilievo di falsi positivi
(FP) e falsi negativi (FN) all’esame in pool rispetto a quello sterile dei
singoli quarti, escludendo comunque possibili errori di identificazione
dei campioni, possono essere dovuti ad una possibile contaminazione
durante il prelievo per i FP, mentre per FN possono dipendere dal contributo irregolare nel volume di latte ottenuto dai diversi quarti nella
composizione del campione in pool e dal minore complessivo volume
di semina (3). In conclusione, si può affermare che il campionamento
in pool si è dimostrato uno strumento attendibile ed utile all’individuazione dei capi infetti nei piani di lotta alla mastite causata da S. aureus.
Infatti, data l’eliminazione intermittente di S.aureus, effettuare due o
più campionamenti successivi del pool dei quattro quarti con prelievo
in condizioni di igiene, potrebbe essere più vantaggioso in termini di
tempo, costi e risultati, rispetto all’esecuzione di un solo campionamento con prelievo sterile dei singoli quarti. Inoltre è evidente che
il campionamento in pool oltre ad essere più sostenibile sia dal punto di vista dei tempi di prelievo che, dei costi di analisi, aumenta di
molto la collaborazione da parte dell’allevatore, fattore fondamentale
nella riuscita di interventi aziendali volti al controllo o all’eradicazione
dell’infezione.
SUMMARY:
The present study aimed at evaluating the efficacy of individual composite milk samples analysis compared to quarter milk samples analysis to find a cheaper and time-saving method for the detection of
Staphylococcus aureus intra-mammary infections (IMI). 2644 quarter
milk samples (aseptically collected) and 661 composite milk samples
(not aseptically collected) were obtained from 661 cows in 5 herds.
Quarter milk samples analysis, considered as the gold standard, was
able to detect 236 cows with IMI, while the analysis of composite milk
samples identified 229 infected cows. Methods concordance was 95%
with an excellent Cohen’s κ (0.89). Sensitivity (Se) and specificity (Sp)
of the composite milk samples were 91.5 ± 2.1 and 96.9 ± 1.3 (IC 95%),
respectively. In addition, the Se of the composite samples grew as the
number of infected quarter for cow increased. Composite milk sampling was found to be a reliable and feasible screening tool for the
identification of S. aureus infected cows.
INTRODUZIONE:
S. aureus è la prima causa di mastite contagiosa negli allevamenti di
bovine da latte a livello mondiale, con ripercussioni più o meno gravi
sulla produzione e di conseguenza sulla redditività degli allevamenti,
in relazione al genotipo circolante in azienda (1,2).
In allevamento, il controllo e l’eradicazione dell’infezione sono basati
sull’individuazione delle bovine infette attraverso l’esame colturale o
PCR sul latte dei singoli capi e sulla gestione dei capi infetti. A questo
scopo, la modalità di elezione è rappresentata dal campionamento
sterile dei singoli quarti mammari, seguito da un esame su terreno
agar sangue e/o su un terreno selettivo. Per ragioni di praticità e tempo di esecuzione, spesso viene eseguito il prelievo del pool dei quarti
preceduto da semplice pulizia del capezzolo e quindi, non sterile, per
questo seguito da un esame su terreno selettivo (3). Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare in campo l’efficacia diagnostica del
prelievo in pool rispetto al prelievo sterile di quarto considerato come
gold standard, per individuare gli animali infetti da S. aureus da gestire
in un piano di controllo/eradicazione.
MATERIALI E METODI:
I campioni sono stati eseguiti in 5 aziende da latte site in Regione Lombardia. Gli allevamenti avevano una dimensione media di 132 vacche
in lattazione (range 37-239). In totale è stato campionato il latte di
661 bovine eseguendo sia il prelievo in pool (n= 661) dei primi getti
di latte, preceduto da semplice pre-dipping, asciugatura e spinatura
dei capezzoli, che i prelievi sterili di quarto (n= 2644), ottenuti successivamente previa disinfezione accurata della punta dei capezzoli. I
campioni prelevati in pool sono stati seminati solo su terreno selettivo
per stafilococchi, Baird-Parker modificato con RPF (RPF). I campioni
sterili sono stati seminati su agar sangue con esculina (ASE) e RPF. Le
letture sono state effettuate a 24 e 48 ore di incubazione a 37°C al fine
di individuare le colonie tipiche di S. aureus (nere con alone opaco di
coagulazione su RPF e beta-emolitiche su ASE). Colonie dubbie su RPF
e scarsamente o non emolitiche su ASE sono state verificate tramite la
prova della coagulasi in provetta.
Tabella 2 - Livelli di sensibilità del prelievo in pool calcolati rispetto al
numero di quarti infetti per bovina.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Bertocchi L, Vismara F, Hathaway T, Fusi F, Scalvenzi A., Bolzoni G,
Zanardi G, Varisco G (2012). Evoluzione dell’eziologia della mastite bovina nel Nord Italia dal 2005 al 2011. Large Animal Review 18:1-8.
(2) Cremonesi P, Pozzi F, Raschetti M, Bignoli G, Capra E, Graber H,
Vezzoli F, Piccinini R, Bertasi B, Biffani S, Castiglioni B, Luini M (2015).
Genomic characteristics of Staphylococcus aureus strains associated
with high within-herd prevalence of intramammary infections in dairy
cows. J Dairy Sci 98:6828-6838
(3) Reyher K K and Dohoo I R (2011). Diagnosing intramammary infections: Evaluation of composite milk samples to detect intramammary
infections. J Dairy Sci 94:3387-3396
Tabella 1 - Risultati ottenuti nelle diverse aziende con i due tipi di campionamenti, livelli di concordanza e valore predittivo delle analisi.
218
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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SEGNALAZIONI DI ECHINOCOCCOSI CISTICA IN UMBRIA: SORVEGLIANZA NEI MATTATOI 2010-2015
Keywords: echinococcosis, Umbria, surveillance
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
zetta Ufficiale dell’8-5-1964, n. 112).
5. REGOLAMENTO (CE) N. 854/2004 DEL PARLAMENTO EUROPEO E
DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 139 del 30 aprile 2004). Allegato1 Capitolo II lettera D.
6. REGOLAMENTO (CE) N. 2074/2005 DELLA COMMISSIONE del 5 dicembre 2005 (GU L 338 del 22.12.2005). PUNTO 9.
come di fatto, malgrado la presenza del dato, manchi un sistema informativo integrato ed una rete che permettano una gestione delle informazioni raccolte in sede di macellazione, al fine di rendere più precise
ed affidabili le stime del fenomeno che ad oggi risultano parziali e non
facilmente interpretabili.
Maresca C.[3], Felici A.[3], Scoccia E.[3], Dettori A.[3], Monsignori E.[4], Budelli L.[4], Corazzi R.[1], Serva D.[1], Masala G.[2]
[1]
Azienda USL Umbria 2 ~ Terni ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ~ Cagliari ~ Italy,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ~ Perugia ~ Italy, [4]Azienda USL Umbria 1 ~ Perugia ~ Italy
[3]
SUMMARY:
Echinococcosis is a zoonotic infection caused by adult or larval (metacestode) stages of cestodes belonging to the genus Echinococcus and
the family Taeniidae. The biological cycle is constituted by a definitive
host represented by the dog and by an intermediate host represented
by numerous mammals, such as different species of domestic ungulates; humans are considered occasional hosts. The aim of this work is
to have an initial focus on a disease that remains poorly quantified in
the veterinary field. The secondary purpose, but necessary for future
assessments, is to determine any critical issues in the current retrieval
of the data.
trollabile e gestibile. Lo scopo secondario, ma necessario per future
valutazioni, è determinare le eventuali criticità nell’attuale reperimento dei dati stessi.
MATERIALI E METODI:
I dati riguardano prevalentemente capi ovini e bovini di aziende umbre macellati in alcuni mattatoi della regione (Perugia, Foligno, Orvieto, Spoleto, Terni, Cascia, Lugnano in Teverina) nel periodo che va dal
1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2015. Nelle schede di segnalazione
compilate dal mattatoio sono riportati: la data di macellazione dell’animale, il codice aziendale dell’allevamento di provenienza, l’identificativo del capo. Queste informazioni hanno permesso una valutazione
della distribuzione delle positività sia nel tempo (2010- 2015) che nello spazio (Umbria).
Le schede di segnalazione sono state raccolte in un dataset ad hoc, impiegando il software Microsoft Excel, che è stato utilizzato anche per
l’analisi dei dati. Per l’integrazione dei dati è stata consultata la Banca
Dati Nazionale (BDN) dell’Anagrafe Zootecnica istituita dal Ministero
della Salute presso il Centro Servizi Nazionale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (https://www.vetinfo.
sanita.it/). Per l’analisi spaziale è stato utilizzato il software freeware
QGIS 2.4.0-Chugiak.
INTRODUZIONE:
L’echinococcosi cistica è una zoonosi parassitaria cosmopolita causata
da alcune specie di parassiti, come l’Echinococcus granulosus, il cui
ciclo biologico è costituito da un ospite definitivo rappresentato dal
cane e da un ospite intermedio costituito da numerosi mammiferi,
come diverse specie di ungulati domestici (in particolare ovini e caprini); l’uomo è considerato un ospite occasionale (3). Questa zoonosi
è endemica in alcune zone d’Italia con un considerevole impatto economico e sociale, soprattutto in regioni dove la pastorizia è più diffusa
(Sardegna, Sicilia ed alcune regioni del Centro-Sud). In uno studio condotto dal Centro Nazionale di Referenza per l’Echinococcosi/Idatidosi
(1), utilizzando i dati presenti nelle schede di dimissione ospedaliera,
nel periodo compreso tra il 2001 e il 2012, l’incidenza media (IM) rilevata in Italia è di 1,6 casi/100.000 abitanti. L’IM più elevata è stata osservata nelle Isole (6,9 casi/100.000 abitanti in Sardegna e 4,3
casi/100.000 abitanti in Sicilia), l’IM nel Nord-Ovest (0,63 casi/100.000
abitanti in Liguria) e nel Nord-Est (0,62 casi/100.000 abitanti in Emilia-Romagna) è considerevolmente inferiore. In Umbria l’IM è di 1,2
casi/100.000 abitanti. Questi dati costituiscono una risorsa per la determinazione dell’importanza sanitaria, economica e sociale di questa
malattia nell’uomo in Italia, tuttavia l’assenza del dato di prevalenza
della malattia negli animali per territorio regionale, non permette la
determinazione di un quadro epidemiologico chiaro e la realizzazione di mappe di rischio, rendendo così difficile una visione d’insieme,
nell’ottica del principio di one health del problema.
La normativa prevede segnalazioni di casi al mattatoio, non ultima, la
Direttiva 2003/99/CE, sulle misure di sorveglianza delle zoonosi recepita con Decreto legislativo 4 Aprile 2006 numero 191, prevede che “è
necessario raccogliere i dati sulle incidenze di zoonosi e agenti zoonotici negli animali, negli alimenti, nei mangimi e nell’uomo” (2, 4, 5, 6).
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche si
inserisce nel progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute
e presentato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna
con titolo “Stima della prevalenza dell’echinococcosi cistica negli ovini
in Italia” (codice ricerca: IZS SA 08/14 RC).
L’obiettivo di questo lavoro, attraverso una raccolta di dati disponibili
a seguito di notificazione, è quello di misurare il problema dell’echinococcosi principalmente in ovini e bovini appartenenti ad aziende umbre macellati in Umbria; si tratta di una prima focalizzazione riguardo
ad una malattia che rimane malamente quantificabile in ambito veterinario a livello di territorio e di conseguenza non pienamente con-
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I capi positivi ad idatidosi, che provengono da 5 degli 8 mattatoi esaminati, sono stati 178, di cui 138 bovini, 33 ovini e 7 suini.
Le aziende da cui provenivano i capi risultati positivi sono state 79. In
24 delle 76 aziende con bovini positivi, erano presenti anche allevamenti ovini.
Nel 2014 si è registrato il più alto numero di animali positivi (n. 62, di
cui 28 bovini, 27 ovini e 7 suini), il doppio del 2012 (n. 31) che è stato
l’anno con la seconda frequenza più alta del periodo. Analizzando la
distribuzione per mese (figura 1), si può notare che il picco di positività
si ha a settembre (n. 43), valore ben più alto della media mensile che
è di circa 15, tuttavia in questo mese sono risultati positivi 27 ovini
provenienti dalla stessa azienda e macellati lo stesso giorno; il mese in
cui sono stati registrati meno animali positivi è agosto (n. 2).
Dall’analisi spaziale risultano delle aree in cui la concentrazione di
aziende positive è maggiore (in particolare nei territori dei comuni di
Norcia, Perugia, Assisi). Queste zone (figura 2) risultano anche essere
tra quelle con maggiore densità di allevamenti, soprattutto bovini e
ovini (dati BDN 2015), e data la presenza di pascoli comuni ed animali
selvatici come lupi e volpi (in particolare in Valnerina), il fenomeno
dell’echinococcosi potrebbe trovare le condizioni favorevoli per sviluppare il suo ciclo biologico e radicarsi nel territorio.
Una delle principali criticità del presente lavoro è dovuta al fatto che
non tutte le aziende umbre macellano capi nei mattatoi della regione.
Un altro problema, che rende incompleta la visione territoriale del fenomeno, è la parziale adesione allo studio dei mattatoi coinvolti che
coprono circa il 63% del totale delle macellazioni bovine nel periodo
2010-2015 in Umbria (dati BDN), mentre non abbiamo informazioni
per le macellazioni ovine.
In generale possiamo affermare che queste difficoltà evidenziano
220
Figura 1: andamento del numero di animali positivi per mese
Figura 2: mappa di concentrazione delle aziende con capi positivi per
idatidosi
BIBLIOGRAFIA:
1. Brundu Diego, Piseddu Toni, Stegel Giovanni, Masu Gabriella, Ledda
Salvatore, Masala Giovanna.
Retrospective study of human cystic echinococcosis in Italy based on
the analysis of hospital discharge records between 2001 and 2012.
Acta Tropica 140 (2014) 91-96.
2. Decreto Legislativo 4 aprile 2006 n. 191 “Attuazione della Direttiva
2003/99/CE sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti
zoonotici”.
3. Eckert J., Gemmell M.A., Meslin F.-X. and Pawłowski Z.S. WHO/OIE
Manual on Echinococcosis in Humans and Animals: a Public Health
Problem of Global Concern. World Organisation for Animal Health and
World Health Organization, 2001.
4. Ordinanza Ministeriale 21 aprile 1964. Profilassi della idatidosi (Gaz-
221
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
060
STUDIO DELL’EFFICACIA DI UN PANEL DI MICROSATELLITI ISAG PER TEST DI PARENTELA
IN PECORE DI RAZZA SARDA
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
pecore sarde da iscrivere al Libro Genealogico e potrà diventare un robusto strumento di identificazione degli animali in casi di contenzioso
e per la tracciabilità di prodotti alimentari quali carni e latte.
Keywords: sheep, microsatellites, paternity
Masia M.[1], Saba M.[1], Melis P.[1], Ibba M.B.[1], Casu S.[2], Caterina M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ~ Sassari ~ Italy,
AGRIS - Dipartimento per la Ricerca nelle Produzioni animali ~ Olmedo (SS) ~ Italy
[1]
[2]
SUMMARY:
To evaluate a PCR-based microsatellite marker panel for paternity
testing in Sarda breed sheep, blood samples were collected from 150
rams, each belonging to a single flock. DNA was isolated from the
blood and genotyped by using 15 microsatellite ISAG markers.
A total of 194 alleles were detected across the 15 loci investigated. The
average PIC value of the all loci was 0.74 indicating that this microsatellite panel was polymorphic and highly informative. Combined probability of identity value (CPI) was 1,251 E-17, while the values of the
probability of identity (PI) of the single locus
ranged 0,022 (INRA005) to 0,167 (MAF0214).
Furthermore, combined non-exclusion probabilities for the first parent,
second parent and parent pairs are 2,8 E-3, 1,21 E-5 and 7,25 E-11, respectively. Taken together these results suggest that this panel of markers provides a powerful tool for individual identification and parentage
assignment within the Sarda breed sheep.
sarda, appartenenti a 150 greggi distribuiti in tutte le provincie Sardegna, in modo da formare un campione che rappresentasse significativamente la distribuzione degli alleli della popolazione.
Per le analisi biomolecolari sono stati considerati 15 STR ovini (tab. 1),
raccomandati dall’ISAG, inseriti in 3 PCR multiplex. La corsa elettroforetica dei frammenti è stata effettuata in sequenziatore automatico
ABIPrism 3500 (Applied Biosystems) e l’analisi elaborata con il software
GeneMapper 5.
Per valutare statisticamente, l’informatività del panel è stato utilizzato il
software Cervus, v 3.0.7 (5). Per ogni STR sono stati calcolati: il numero
di alleli (K), l’eterozigosità osservata (Ho), l’eterozigosità attesa (He), il
contenuto informativo polimorfico (PIC), la frequenza dell’allele nullo
(F null) ed è stato verificato l’equilibrio di Hardy-Weinberg (HWE). Per
ciascun STR e per l’insieme del panel sono inoltre state stimate la probabilità (singola e combinata) di non esclusione di un genitore candidato
(NE-1P e CNE-1P), la probabilità di non esclusione di un genitore candidato dato il genotipo dell’altro genitore conosciuto (NE-2P e CNE-2P), la
probabilità di non esclusione di una coppia genitori candidati (NE-PP e
CNE-PP) ed infine la probabilità di identità (PI e CPI).
INTRODUZIONE:
Nel secolo scorso è stata intensificata con successo un’attività di miglioramento genetico di tipo quantitativo classico (caratteri oggetto di selezione determinati da un numero infinito di geni diffusi casualmente in
tutto il genoma) (2) nei confronti di specie di interesse zootecnico che si
indirizzava per lo più sui caratteri produttivi degli animali.
Questo tipo di selezione richiede un sistema di assistenza tecnica e la
partecipazione attiva degli allevatori che ne diventano gli attori principali. La selezione si effettua infatti attraverso la valutazione e la scelta
dei riproduttori, e può pertanto essere considerata una delle tecniche di
allevamento a disposizione dell’allevatore per migliorare le produzioni
zootecniche.
In Sardegna, dove normalmente gli allevamenti ovini presentano un elevato numero di capi e quindi un numero consistente di riproduttori, e
dove l’inseminazione artificiale è scarsamente praticata, l’unico modo
di attribuire la paternità alla progenie è quello di fare ricorso ai gruppi
di monta.
Questo sistema prevede l’isolamento di uno scelto gruppo di femmine
con un unico maschio riproduttore e costringe l’allevatore a gestire separatamente piccoli gruppi di animali.
Il metodo più efficacie per ovviare a queste difficoltà risulta essere quello genetico che permette la conferma di paternità attraverso lo studio di
marcatori molecolari come i microsatelliti (STR) (4) e i Single Nucleotide
Polymorphisms (SNP), solo recentemente proposti per tale scopo (3).
Con questi metodi si ha il vantaggio di poter determinare il genotipo
della progenie in qualsiasi momento della sua carriera produttiva e di ricostruire le genealogie di quegli individui dell’allevamento le cui performance possono essere misurate e usate per un più rapido programma
di miglioramento genetico (8).
Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di mettere a punto un test di
parentela per ovini di razza sarda basato sull’analisi di STR raccomandati
dall’International Society for Animal Genetics (ISAG).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Per i 15 loci sono stati rilevati 194 alleli diversi. Per locus, K variava da un
minimo di 7 (D5S2) a un massimo di 22 (OarCP0049) e aveva un valore
medio di 12,933. Il valore medio di PIC ottenuto era di 0.74, con il minimo per il marcatore MAF0214 (0,617) e il massimo per il marcatore HSC
(0,858). Il valore medio di Ho e di He era di 0.72 e 0.77, rispettivamente. Sulla base delle frequenze alleliche stimate all’interno del campione
di arieti analizzato, CNE-1P è risultata 2,8 E-3, CNE-2P 1,21 E-5, mentre
CNE-PP 7,257 E-11. CPI è stata calcolata pari a 1,251 E-17. F null variava
da - 0,0192 (OarFCB0011) a 0,1207 (INRA005).
Il test del χ2 ha dimostrato che la popolazione in esame si trovava in
equilibrio di Hardy-Weinberg per tutti i marcatori. Tutti i risultati sono
riportati in tabella 1.
Considerato il numero di alleli rilevato e il valore di PIC medio si può
affermare che il panel di STR testato presenta un alto grado di polimorfismo.
Inoltre, i valori di He sono di media 0,77 e risultano superiori a 0,70
per tutti i marcatori tranne che per MAF0214 (0,625), per OarFCB030
(0,649) e per OarAE0129 (0,693), indicando un buon potere di separazione tra individui diversi. I risultati relativi alla simulazione di parentela
(CNE-1P, CNE-2P e CNE-PP) mostrano un’efficienza del panel adeguata
(7). Il valore di CPI pari a 1,251 E-17 dimostra un elevato potere di identificazione individuale (9). Il fatto che F null variava da un minimo di 0,0192 a un massimo di 0,1207, rimanendo sempre al di sotto del valore
di 0,20 che rappresenta il limite oltre il quale il locus perde significatività
(1), ci induce a pensare che il panel scelto risulta effettivamente affidabile nei test di parentela di pecore di razza sarda.
L’equilibrio di Hardy-Weinberg rilevato per tutti dei 15 loci analizzati
può essere considerato come una conseguenza di un programma di selezione condotto per molti anni, atto a evitare la consanguineità.
Concludendo, si può affermare che il panel di marcatori valutato in
questo lavoro può essere usato per l’attribuzione delle parentele nelle
MATERIALI E METODI:
Sono stati prelevati campioni di sangue in EDTA da 150 arieti di razza
222
Tabella 1. Parametri relativi ai 15 microsatelliti e al panel completo.
BIBLIOGRAFIA:
1. Dakin EE, Avise JC, 2004: Microsatellite null alleles in parentage
analysis. Heredity 93, 504-509
2. Falconer DS et Mackay TFC, 1996: Introduction to quantitative genetics. 4th Edition. Longmn 464
3. Heaton MP, Harhay GP, Bennett GL, Stone RT, Grosse WM, Casas E,
Keele JW, Smith TP, Chitko-McKown CG, Laegreid WW, 2002: Selection
and use of SNP markers for animal identification and paternity analysis
in U.S. beef cattle. Mammalian Genome 13:272-281
4. Heyen DW, Beever JE, Da Y, Everts RE, Green C, Lewin HA, Bates
SRE, Ziegle JS, 1997: Exclusion probabilities of 22 bovine microsatellite markers in fluorescent multiplexes for semi-automated parentage
testing. Animal Genetics, 28:21-27
5. Kalinowski ST, Taper ML, Marshall TC, 2007: Revising how the computer program CERVUS accommodates genotyping error increases
success in paternity assignment. Molecular Ecology 16: 1099-1106
6. Lee Sun-Young, Gil-Jae Cho, 2006: Parentage testing of Thoroughbred horse in Korea using microsatellite DNA typing. Journal Vet. Science, 7(1): 63-67
7. Sherman GB, Kachman SD, Hungerford LL, Rupp GP, Fox CP, Brown
B, Feuz M, Holm TR, 2004: Impact of candidate sire number and sire
relatedness on DNA polymorphism-based measures of exclusion probability and probability of unambiguous parentage. Animal Genetics
35, 220-226
8. Van Arendonk JA, 2009: The role reproductive technologies in
breeding schemes for livestock populations in developing countries.
Livest. Science 136, 29-37
9. Waits LP, Luikart G, Taberlet P, 2001: Estimating the probability of
identity among genotypes in natural populations: cautions and guidelines. Molecular Ecology 10, 249-256
223
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
061
I TUMORI DEL GATTO NELLA PROVINCIA DI ROMA DAL 2013 AL 2016
Keywords: tumori, gatto, roma
Meoli R.[1], Iacoponi F.[1], Eleni C.[1], Carvelli A.[1], Scaramozzino P.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e Toscana M. Aleandri ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Tumours registries are important tools for establishing cancer control and prevention strategies. They are used in epidemiological
research to investigate on risk factors and to quantify the incidence of different types of cancer.
In this report data about feline tumours from Rome province submitted to the Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e Toscana “M.Aleandri” were elaborated. From January 2013 to June
2016, 285 neoplasia of cats were confirmed by the histopatological
diagnostic service. The 83,2 % of these tumours were malignant,
being subcutaneous tissue (27,7%) and skin (23,9%) the most representative site of localization. The most common tumours were
fibrosarcoma (19,7%) and squamous carcinoma (17,1%). The frequency of different types of tumours and their distribution between males and females, is in accordance to what is published
so far. A further analysis on possible risk factors could be useful in
comparative pathology.
sono stati registrati in un database creato ad hoc in cui sono stati
inseriti i dati relativi al proprietario, al segnalamento dell’animale e al tipo di lesione. I campioni di tessuto sono stati processati
secondo metodiche di routine. Per la diagnosi è stata utilizzata la
“Classificazione istologica internazionale dei tumori degli animali
domestici” del WHO (World Health Organization), assegnando ad
ogni neoplasia il corrispondente codice ICD-O (International Classification of Diseases for Oncology). Tale codice è un sistema di
codifica comune sviluppato a partire dal modello consolidato ed
utilizzato in campo medico, opportunamente adattato alle specie
animali (1). Oltre al codice diagnostico è stato assegnato anche
un codice topografico corrispondente alla sede d’insorgenza della
neoformazione. I dati raccolti su tutte le variabili sono stati poi
elaborati e riportati come frequenze assolute e percentuali (%).
L’età è stata riclassificata in due categorie: maggiore e minore di
sette anni.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sono stati raccolti i dati di 285 campioni di lesioni neoplastiche di
gatti provenienti dalla provincia di Roma. Di questi l’83,2% erano
maligni e il 16,8% benigni (Grafico 1); la sede d’insorgenza più frequente è stato il tessuto connettivo e sottocute (27,7%), seguito
dalla cute e annessi cutanei (23,9%), dalla ghiandola mammaria
(13,7%) e dall’apparato digerente e peritoneo (10,2%) (Tabella 1).
I tipi di tumore più frequenti sono risultati il fibrosarcoma (19,7%),
il carcinoma squamoso (17,1%), il carcinoma della mammella
(16,2%) e i linfomi (14,5%) (Grafico 2).
Tra i tumori maligni, il 60,6% è stato diagnosticato su animali di
sesso femminile, mentre la maggioranza dei tumori benigni è stata
rilevata nei gatti maschi (57,8%). Relativamente alla descrizione
per classi di età, la maggioranza dei tumori maligni (83,6%) e benigni (89,3%), è stata riscontrata nei gatti di età maggiore di sette
anni.
Le lesioni neoplastiche costituiscono una delle principali cause di
morte in medicina veterinaria come in umana. Da ciò scaturisce la
loro importanza in studi di medicina comparata. I dati di questo
studio sono da intendersi preliminari, ma mostrano una concordanza con i dati già riportati in letteratura, sia per quanto riguarda la sede d’insorgenza, sia per il tipo di tumore (2, 3). Anche la
distribuzione fra sessi e classi di età è paragonabile a quanto già
descritto in altri studi.
La completezza e rappresentatività dei dati riportati è andata
progressivamente migliorando nel corso del periodo di studio.
Il coinvolgimento dei veterinari libero professionisti in tematiche importanti per la salute pubblica, quali quello della oncologia comparata, si rivela sempre più necessario per lo studio dei
fattori di rischio e dei trend di malattia. E’comunque evidente un
aumento dell’attenzione dei proprietari alla salute dei gatti, che
si manifesta con un aumentato ricorso alla diagnostica di laboratorio in caso di sospetta neoplasia. Una sistematica raccolta dei casi
ed una precisa definizione della popolazione a rischio, ottenute
grazie all’istituzione di un registro regionale dei tumori animali,
consentirebbe un monitoraggio temporale delle neoplasie e una
possibile valutazione dei relativi fattori di rischio.
INTRODUZIONE:
Lo studio della patologia tumorale negli animali da compagnia
ha assunto recentemente particolare interesse sia in quanto tale,
sia per gli aspetti epidemiologici in patologia comparata. Da anni
presso il laboratorio di anatomo-istopatologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale “M. Aleandri” del Lazio e della Toscana
(IZSLT), è stato istituito un Registro Tumori Animali in collaborazione con il Centro Nazionale di Referenza per l’Oncologia Veterinaria
Comparata di Genova. Obiettivo del registro è stimare l’incidenza
delle neoplasie in una popolazione animale conosciuta, elaborare
i dati relativi alla patologia neoplastica negli animali che vivono a
contatto con l’uomo, e confrontarli con i dati disponibili per la popolazione umana residente nelle stesse aree. Lo studio epidemiologico dei tumori del cane e del gatto, contraddistinto da un ciclo
di vita più breve rispetto all’uomo, ma che condivide con questo
la medesima esposizione a potenziali fattori oncogeni ambientali,
potrebbe consentire di valutare la presenza di fattori comuni di
rischio. Nonostante ciò, i dati disponibili in letteratura sono frammentari, sia relativamente alla popolazione felina, sia all’incidenza
delle neoplasie.
Da alcuni anni l’IZSLT è impegnato in ricerche finalizzate alla conoscenza e descrizione delle popolazioni di cani e gatti di proprietà
nel territorio di competenza e alla valutazione del grado di accuratezza delle rispettive anagrafi. La contestuale raccolta dei dati
diagnostici sui tumori animali permetterà di stimarne l’incidenza.
Obiettivo del presente lavoro è riportare i risultati preliminari descrittivi sulle neoplasie del gatto, diagnosticate dal nostro Istituto,
dal 1/1/2013 al 30/6/2016.
MATERIALI E METODI:
Sono stati selezionati tra tutti i campioni di tessuto pervenuti da
gennaio 2013 a giugno 2016, presso il laboratorio di anatomo-istopatologia dell’IZLT, inviati da veterinari liberi professionisti della
provincia di Roma o prelevati in sede necroscopica, quelli su cui
è stata confermata la diagnosi di neoplasia. I campioni, accompagnati da una scheda anamnestica appositamente predisposta,
224
Grafico 1. Tipologia dei tumori
Tabella 1. Sede anatomica e tipologia dei tumori
Grafico 2. Distribuzione e dettaglio della tipologia dei tumori maligni
BIBLIOGRAFIA:
1. Campanella C, Vito G, Porcario C, Ratto A, Crescio M.I., Ru G, Ferrari
A. Il centro di Referenza per l’oncologia veterinaria e comparata nel
network italiano delle biobanche veterinarie. Volume degli ATTI; XVI
Congresso Nazionale S.I.Di.L.V. Montesilvano (PE), 30 Settembre - 2
Ottobre 2015
2. Eleni C, Maresca C, Manuali E, Barbato G, Ciorba A. Studio sulle
neoplasie cutanee e mammarie di cane e gatto pervenute all’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche. Veterinaria,
2004 febbraio; anno 18, n.1.
3. Graf R, Grüntzig K, Boo G, Hässig M, Axhausen KW, Fabrikant S, Welle
M, Meier D, Guscetti F, Folkers G, Otto V, Pospischil A. Swiss Feline
Cancer Registry 1965-2008: the Influence of Sex, Breed and Age on Tumour Types and Tumour Locations. J Comp Pathol. 2016;154:195-210.
4. Vascellari M, Baioni E, Ru G, Carminato A, Mutinelli F. Animal tumour registry of two provinces in northern Italy: incidence of spontaneous tumours in dogs and cats. BMC Vet Res. 2009;5:39.
225
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
062
STUDIO DI GENI CANDIDATI REGOLATORI DEL COMPORTAMENTO IGIENICO IN APIS MELLIFERA
QUALI MARKER DI RESISTENZA GENETICA NEI CONFRONTI DELLA PESTE AMERICANA.
correlation between individual-insect-level virulence and colonylevel virulence of Paenibacillus larvae, the etiological agent of
American foulbrood of honeybees. Appl Environ Microbiol. 33443347
6_Spivak M, Reuter G. 2001. Resistance to American foulbrood
disease by honey bee colonies (Apis mellifera) bred for hygienic
behavior. Apidologie. 32:555-565.
Keywords: Apis mellifera, comportamento igienico, peste americana
Modesto P.[1], Biolatti C.[1], Maniaci M.G.[1], Laurino D.[2], Manino A.[2], Porporato M.[2], Barzanti P.[3], Ingravalle F.[3],
Acutis P.L.[1]
Tabella 1: andamento del CI% nel tempo
S.S. Genetica e Immunobiochimica - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ~ Torino ~ Italy,
[2]
Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari ~ Grugliasco (TO) ~ Italy,
[3]
Biostatistica, Epidemiologia e Analisi del Rischio - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Honeybee hygienic behaviour provides colonies with protection from
many pathogens, American foulbrood among them. This behaviour is
a complex behaviour, where many genes are involved. Aim of the present study was to detect and characterize loci correlated with hygienic
behaviour (HI), in order to find polymorphisms associated with high
HI. Hygienic behaviour was assessed twice a year, between 2013 and
2015, in the families of 7 apiaries in Piedmont region. DNA and RNA
were extracted from 244 honeybees and PCR were set in order to amplify the CDS region of the sra and ASP1 genes. Resulting sequences
were compared to those available in GenBank. Five SNPs and 2 insertions/deletions were detected in sra gene. Eight SNPs were observed
in ASP1 gene, two of them statistically correlated with hygienic behaviour trend. Preliminary results are promising, however more samples
will be analysed in order to confirm these correlations and accurately
estimate the mutation frequencies.
DNA/RNA Mini Kit, Qiagen) provenienti da alveari diversi, scelti in base
alla prima valutazione di alto o basso CI o alla permanenza nello studio
durante i tre anni di campionamento.
Sono stati selezionati due geni candidati: coinvolti nelle modificazioni
del comportamento (Long Sarah- sra) e nei recettori dell’olfatto (Odorant binding protein- ASP1). L’RNA è stato retrotrascritto in cDNA (High-Capacity cDNA Reverse Transcription Kit, Life Technologies). Sono
state messe a punto tre PCR per l’amplificazione della CDS del gene sra
e una per il gene ASP1.
Gli ampliconi delle dimensioni attese sono stati sequenziati tramite
elettroforesi capillare utilizzando lo strumento 3130 Genetic Analyzer
(Life Technologies) e polimero di separazione POP-7TM. Per il rilevamento di polimorfismi, inserzioni e delezioni e la valutazione delle
frequenze alleliche, tutte le sequenze consenso sono state allineate
e confrontate con la sequenza di riferimento con numero di accesso
XM_396593 (sra) e XM_392213 (ASP1).
E’ stata condotta un’analisi statistica descrittiva allo scopo di valutare
come il CI dell’apiario si modifichi nel tempo e tra apiari diversi, per
ubicazione e caratteristiche ambientali.
E’ stata, poi, valutata l’associazione tra polimorfismi osservati nel gene
ASP1 e l’andamento del CI, tramite un modello di regressione lineare
multivariata a effetti misti (1).
INTRODUZIONE:
Numerosi patogeni costituiscono una minaccia per la salute delle api.
La peste americana (PA) è tuttora una delle malattie più dannose poiché uccide le larve infette ed è potenzialmente letale per le colonie.
L’agente eziologico è il Paenibacillus larvae le cui spore sono la sola
forma infettante. E’ stato osservato che colonie selezionate per elevato comportamento igienico (CI) hanno dimostrato resistenza alla PA
(5, 6). Il CI delle colonie è solitamente valutato con il test di igienicità e
poiché ha un’alta ereditabilità (0.65) (3), è possibile selezionare fenotipicamente ceppi con livello alto di CI. Si è ipotizzato che la variabilità
del CI tra le colonie possa dipendere da un modello multi locus (2; 4).
Scopo del presente lavoro è stato l’identificazione e l’analisi molecolare di loci che influenzino il CI per migliorare le conoscenze su come la
variabilità genetica porti a variabilità di comportamento e soprattutto
per giungere a una selezione assistita da marcatori.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Sono state campionate 54 famiglie nel 2013, 43 nel 2014 e 4 nel 2015.
Nella Tabella 1 viene riportato l’andamento del valore medio del CI
nel tempo, tra le due valutazioni annuali, nei tre anni di rilevazione. Il
CI diminuisce tra 2013 e 2014, e aumenta tra 2014 e 2015. Inoltre, il
suo andamento non pare dipendere né dal tempo di osservazione né
dallo spazio (apicoltore).
Per quanto riguarda il gene sra, sono stati amplificati 67 campioni.
Sono attualmente disponibili 33 sequenze complete della CDS e 41
parziali. Il confronto delle sequenze consensus con la regione codificante della sequenza depositata in GenBank ha rilevato la presenza nei
campioni analizzati di cinque SNP. Le frequenze alleliche e genotipiche
sono riportate in Tabella 2. Inoltre sono stati rilevati due polimorfismi
di inserzione/delezione.
Considerando il gene ASP1, sono state amplificate 60 sequenze. Sono
stati individuati otto SNP. Le frequenze alleliche e genotipiche sono riportate in Tabella 3. Il modello statistico ha rilevato che due mutazioni
risultano correlate all’andamento del CI: la mutazione a 110 C>T con
basso CI (p<0,05), mentre la mutazione 360 C>T con alto CI (p<0,05).
Data la difficoltà nell’amplificazione di sequenze complete di entrambi i geni, probabilmente dovuta alla particolare matrice, si è deciso
di dare precedenza, nell’analisi statistica, al gene ASP1, che ha restituito il maggior numero di sequenze complete. I dati fin qui ottenuti
sembrano incoraggianti, ma la scarsa numerosità campionaria rende
necessaria l’analisi di altri campioni per poter eventualmente stabilire
la reale frequenza di tali SNP e confermare o meno la loro correlazione
con il CI.
MATERIALI E METODI:
Nella prima fase dello studio (2013), sono stati scelti sette apiari piemontesi e condotti i test di igienicità. La valutazione stata eseguita
trattando con azoto liquido porzioni di favo con covata opercolata delimitata da un cilindro metallico di misure standard. Ventiquattro ore
dopo l’applicazione dell’azoto liquido, è stato contato, per ogni favo
trattato, il numero di celle disopercolate dalle api, e quelle ripulite
in modo parziale o totale. In base al numero di celle ripulite è stata attribuita a ogni famiglia una percentuale di “igienicità”. Per ogni
famiglia, il test è stato ripetuto due volte nell’arco della stagione. In
base al punteggio ottenuto nel test di igienicità sono stati individuati,
in ogni apiario, tre alveari con comportamento igienico elevato e tre
con comportamento meno igienico, da ciascuno di questi sono stati
prelevati dei campioni costituiti da almeno 20 api operaie. I campionamenti sono stati ripetuti nei due anni successivi (2014-2015), per gli
alveari ancora presenti.
DNA e RNA sono stati simultaneamente estratti da 244 api (kit AllPrep
226
Tabella 2: Polimorfismi del gene sra nel campione in esame e relative
frequenze alleliche e genotipiche.
Tabella 3: Polimorfismi del gene ASP1 nel campione in esame e relative
frequenze alleliche e genotipiche
BIBLIOGRAFIA:
1_Dohoo, I., Martin, W., & Stryhn, H. 2009. Mixed Models for Continuous Data. Veterinary Epidemiologic Research, Second Ed. VER
Inc., Canada. 553-578.
2_Lapidge KL, Oldroyd B P, Spivak M. 2002. Seven suggestive quantitative trait loci influence hygienic behavior of honey bees. Naturwissenschafte. 89:123-131.
3_Harbo JR, Harris JW. 1998. Heritability in honey bees (Hymenoptera: Apidae) of characteristics associated with resistance to
Varroa jacobsoni (Mesostigmata: Varroidae). Journal of Economic
Entomology. 92: 261-265.
4_Oxley PR, Spivak M, Oldroyd BP. 2010. Six quantitative trait loci
influence task thresholds for hygienic behaviour in honeybees
(Apis mellifera). Molecular ecology. 19:1452-1461.
5_Rauch S, Ashiralieva A, Hedtke K, Genersch E. 2009. Negative
227
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
063
DETECTION DI BRUCELLA ABORTUS MEDIANTE L’UTILIZZO DI UN NANOBIOSENSORE BASATO
SU SPETTROSCOPIA SERS E BATTERIOFAGI COME ELEMENTI DI RICONOSCIMENTO IMMOBILIZZATI
SU NANOSTRUTTURE OTTUPOLARI
Keywords: SERS, Brucella, nanobiosensori
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1. MD Sonntag, JM Klingsporn, AB Zrimsek, B Sharma, LK Ruvuna,
RP Van Duyne. “Molecular plasmonics for nanoscale spectroscopy,”
Chem. Soc. Rev., Vol. 43: 1230-1247, 2014.
2. R Kolkowski, L Petti, M Rippa, C Lafargue, J Zyss, “Octupolar Plasmonic Meta-Molecules for Nonlinear Chiral Watermarking at Subwavelength Scale,” ACS Photonics, Vol. 2, 899-906, 2015.
Paradiso R.[1], Rippa M.[2], Castagna R.[2], Petti L.[2], Riccardi M.G.[1], Cerrone A.[1], Riccone N.[1], Valvini O.[1],
Guarino A.[1], Galiero G.[1], Borriello G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici ~ Italy, [2]ISASI-CNR Pozzuoli ~ Pozzuoli ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Brucellosis is a zoonosis, still threatening public and animal health in many
countries. It infects a variety of domestic and wild animals, and can be
transmitted to man. In dairy animals, Brucella localizes in the supra-mammary lymph nodes and mammary glands, and can be therefore spread
in the environment through milk. Man can contract the disease through
consumption of contaminated raw milk and/or dairy products. Diagnosis
of brucellosis is based on bacteriological isolation of the pathogen, but it
is time consuming and bacterial manipulation requires BLIII facilities. This
work presents for the first time a study of 3D Octupolar nanostructure
tested for specific label-free detection of Brucella using the Tbilisi bacteriophages as recognition elements immobilized onto their surfaces. Here
we show that coating Au-octupolar metastructures with 4-mercaptobenzoic acid (4MBA) can provide label-free analysis of Brucella via SERS leading to a ~11-fold increase in SERS enhancement.
roformio per eliminare la componente batterica e infine filtrata con membrane da 0,45 μm. Per la funzionalizzazione del biosensore la sospensione
fagica così ottenuta è stata portata alla concentrazione di 4×109 PFU/ml
mediante centrifugazione su filtri Amicon® Ultra-4 Ultracel- 100k (Sigma
Aldrich).
Il target batterico è stato preparato inoculando le colonie di Brucella in
brodo selettivo incubato per 48h a 37°C in presenza di CO2. Dopo conta
su piastra della stock iniziale, la brodocoltura è stata centrifugata e il pellet
risospeso in acqua MilliQ sterile per la preparazione di sospensioni batteriche a diversa concentrazione.
Il sensore
Per lo studio sono stati realizzati dei nanosensori basati su meta-superfici
ottupolari ingegnerizzate che combinano fattori di amplificazione del segnale e notevole selettività molecolare. Il termine “ottupolare” si riferisce alla simmetria tridimensionale e alle correlate proprietà del tensore
di suscettibilità quadratica che sotto rotazione agisce come un tensore
ottupolare di distribuzione della carica (2).
Prima della caratterizzazione SERS i substrati su cui erano stati precedentemente depositati i batteriofagi, sono stati lavati con acqua distillata per
rimuoverne l’eccesso. Gli spettri SERS sono stati raccolti nel range 4002200 cm-1 e nelle stesse condizioni operative utilizzate per il 4MBA.
INTRODUZIONE:
Lo sviluppo di metodi ultrasensibili e rapidi per l’identificazione di patogeni batterici a concentrazioni molto basse è estremamente importante per
la salute umana e animale e per la diagnostica. La ricerca è attualmente
focalizzata sullo sviluppo di nanobiosensori basati su spettroscopia SERS
(Surface Enhanced Raman Scattering), caratterizzati da risposte selettive che subiscono delle variazioni di frequenza significative in presenza
di materiale biologico. Inoltre questi sistemi consentono una detection
semplice, rapida e altamente sensibile di patogeni, risultando quindi notevolmente vantaggiosi nella diagnostica precoce rispetto alle metodologie
tradizionalmente utilizzate (1).
L’attacco di molecole ad un supporto, per l’identificazione di un target
specifico trova applicazioni multiple nei biosensori. Recentemente i batteriofagi hanno guadagnato molta attenzione come elementi di riconoscimento nei biosensori. I fagi sono infatti virus capaci di riconoscere in maniera specifica un target batterico anche in presenza di matrici piuttosto
complesse come il latte.
In questo studio è stato realizzato un nanobiosensore basato su spettroscopia SERS, combinata a meta-superfici ottupolari e sull’impiego di
batteriofagi come elementi di riconoscimento, per una detection rapida e
affidabile di Brucella nel latte.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’interazione tra batterio e fagi immobilizzati sui nanosensori è stata monitorata attraverso la risposta SERS. Gli spettri SERS sono stati acquisiti
ogni 10 secondi e, per valutare la sensibilità del sistema, sono state effettuate misurazioni al variare della concentrazione di Brucella nell’intervallo
103-108 CFU/ml.
È stato osservato un notevole miglioramento degli spettri 4MBA dovuto
alla presenza dei batteriofagi sia prima che dopo l’aggiunta di Brucella.
Inoltre, lo spettro SERS, ottenuto dopo la deposizione della Brucella sul
substrato funzionalizzato, ha mostrato un significativo incremento del segnale che cresceva in risposta alla presenza del batterio (figura 1).
Sulla base dei risultati ottenuti, la progettazione di piattaforme di accoppiamento ottupolari ben controllati apre interessanti nuove opportunità
per l’uso di biosensori basati sull’impiego di batteriofagi come elementi
di riconoscimento per il rilevamento di Brucella nel latte.
MATERIALI E METODI:
Il fago e la Brucella
Per lo studio è stato utilizzato il fago Tblisi, capace di riconoscere ed infettare in maniera altamente specifica Brucella abortus.
Le sospensioni fagiche sono state ottenute mediante propagazione su
substrato solido sfruttando la tecnica “double layer”. Questa tecnica prevede l’inoculo del target batterico in TSA soft (Tryptic Soy Broth addizionato di 0,5% agar), che viene poi versato su uno strato di TSA contenente
una maggiore concentrazione di agar (1,5%) e sul quale viene poi depositata una sospensione fagica. Dopo 48h di incubazione a 37°C in presenza
di CO2, si osservava la crescita dei fagi, evidenziata da un alone di lisi in
corrispondenza dello spot, su uno strato torbido rappresentato dalla crescita batterica. La placca di lisi è stata poi risospesa in PBS, trattata con clo-
Fig. 1 - Immagine SEM del biosensore; spettro SERS con il fago immobilizzato (rosso) e con fago più Brucella (verde)
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
064
BRUCELLOSI IN UN ALLEVAMENTO UFFICIALMENTE INDENNE: TEMPESTIVA RISOLUZIONE DEL CASO.
Keywords: brucellosis, buffalo, infected farm
Pesce A.[1], Napoletano M.[1], Barbieri G.[1], Biscardi M.[1], Bove V.[1], Coppa P.[1], Tamburro A.[1], Ruggiero S.[1], Guarino A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (Na) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
In 2006 an extraordinary plan was implemented in Caserta area in order to achieve the goal of eradication of brucellosis.
As a result of this plan, incidence and prevalence of brucellosis disease decreased but it hasn’t warded off the risk of a new increase. It is
necessary an accurate surveillance of still infected farm for preventing this risk. Authors report experience and results they obtained carrying out additional controls in one infected farm. In this way, authors
found critical points to prevent spreading of brucellosis and to defeat
the disease in that farm.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1. Bollettino Ufficiale Della Regione Campania - N. 66 Del 24 Dicembre
2007 Regione Campania - Giunta Regionale - Seduta del 23 novembre
2007 - Deliberazione N.2038 - Area Generale di Coordinamento N. 20
- Assistenza Sanitaria - Approvazione Piano Triennale per il controllo
della brucellosi bufalina in Provincia di Caserta.
2. Decreto Ministeriale n. 651 del 27/08/1994, GU n. 277 del
26/11/1994.
3. OIE Terrestial Manual 2009 Cap.2.4.3 Bovine Brucellosi
diante le prove di Fissazione del complemento (FdC) e sieroagglutinazione (SAR-Ag:RB) (2).
I campioni di latte sono stati testati per la presenza di anticorpi anti Brucella abortus e melitensis mediante kit ELISA (Pourquier ELISA brucellosis, Institut Pourquier, Montpellier, France).
Prove batteriologiche
L’attività effettuata al macello, invece, è stata caratterizzata dall’effettuazione di prelievi di milza, utero, linfonodi sopramammari e testicoli.
I campioni sono stati esaminati secondo la metodica descritta nell’OIE
Terrestrial Manual, 2009 (3). In breve, è stata effettuata sia la semina
diretta su terreno solido Agar Brucella che l’arricchimento in terreno liquido selettivo Brucella Broth, procedendo ad eseguire settimanalmente
semine dalla brodo cultura di arricchimento. La crescita batterica è stata
evidenziata normalmente nei primi 3- 4 gg, mentre sono state considerate negative le colture in cui non è stata osservata crescita dopo il decimo
giorno.
Le colonie riferibili a Brucella (piccole, rotonde, trasparenti e traslucide)
sono state trapiantate in BHI ed incubate per ulteriori 48-72 h a 37° in
presenza di CO2 al 5-10%; dopodiché sottoposte a colorazione Gram,
ed ai test di catalasi e ossidasi. I ceppi identificati come appartenenti a
Brucella spp. sono stati inviati al Laboratorio di Batteriologia Specialistica
per essere sottoposti a prove di tipizzazione biochimica o biomolecolare.
INTRODUZIONE:
Per fronteggiare il rischio sanitario connesso all’elevata diffusione della brucellosi negli allevamenti bufalini della provincia di Caserta, nel
2006 è stato dichiarato lo stato di emergenza ed è stato reso esecutivo
un piano operativo per il controllo della brucellosi bufalina (1).
Ad oggi, dopo anni di attività si è ottenuta una notevole diminuzione
della prevalenza e dell’incidenza della malattia.
Il pericolo di una nuova diffusione della patologia, è sempre presente in considerazione sia della sospensione dei piani di vaccinazione,
sia per la presenza di focolai in aziende con un discreto numero di
capi. Affinché sia garantita la piena risoluzione e scongiurata la recrudescenza della brucellosi in provincia di Caserta, si rende necessario
accelerare il processo di risanamento anche in questi ultimi focolai
presenti. Le ultime aziende con positività sono distribuite nella zona
del basso casertano e trattasi di sacche di focolai residui, dovute in
parte ad aziende già riscontrate positive negli anni precedenti, in cui
stiamo effettuando un controllo mirato.
In questo lavoro si pone l’attenzione su un focolaio insorto nel 2014
in una azienda che è sempre stata classificata, negli anni precedenti,
come allevamento Ufficialmente Indenne e che quindi non ha uno
storico di recrudescenza. A maggio del 2014 si sono verificati i primi
casi di capi sieropositivi, in particolare sono stati riscontrati al primo
conferimento di 53 capi, 6 capi positivi alla ricerca di anticorpi anti
Brucella.
Alle prime sieropositività abbiamo provveduto ad intensificare le indagini epidemiologiche e a redigere un piano di monitoraggio attivo
da applicare all’azienda. Dopo un focus dettagliato sull’allevamento si
sono definiti dei protocolli operativi mirati, in base alle necessità specifiche e alle infrastrutture presenti.
Tali indagini ci hanno permesso di individuare i punti critici, comprendere meglio l’origine dell’infezione e di eradicare tempestivamente
la malattia.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Dopo i primi 6 capi risultati positivi alla prova di sieroagglutinazione,
abbiamo riscontrato un totale di altri 54 capi su 1306 con una percentuale di positività del 4.13%.
Le analisi batteriologiche, effettuate sugli organi dei capi abbattuti,
hanno evidenziato la presenza di Brucella melitensis. I tamponi effettuati sugli animali vivi sono risultati tutti negativi.
Durante il sopralluogo abbiamo riscontrato che:
-i capi positivi appartenevano ad un unico gruppo localizzato in una
zona separata dell’azienda
-si trattava di animali giovani che non erano mai stati gravidi
-la stalla dove erano stati riscontrati i capi positivi era localizzata in
una zona marginale dell’azienda ed era adiacente ad un’area boschiva.
Visto che le positività interessavano un’area ristretta dell’azienda, abbiamo potuto raccomandare all’allevatore di isolare quella zona, utilizzando dunque personale e strumenti dedicati e di effettuare interventi
di disinfezione accurati e continuativi.
L’adiacenza della stalla all’area boschiva, ci ha permesso di ipotizzare
che una possibile fonte di infezione potesse essere la presenza di animali selvatici nella zona circostante.
Al fine di contenere questo punto critico, l’allevatore ha predisposto
intorno all’azienda, una recinzione tale da non permettere il passaggio
di animali selvatici.
La tempestività degli interventi, gli accorgimenti effettuati, insieme ad
una serie di circostanze come l’età degli animali con positività, hanno
limitato la diffusione del patogeno e permesso di eradicare velocemente la malattia.
Al fine di confermare l’ipotesi che la diffusione della malattia nell’azienda sia da imputare alla presenza nelle zone adiacenti di animali
selvatici serbatoio del patogeno, stiamo predisponendo ulteriori indagini sui suidi cacciati nella zona.
MATERIALI E METODI:
Al fine di individuare le criticità nell’azienda, sono stati effettuati vari
sopralluoghi durante i quali sono state elaborate le schede epidemiologiche e la mappa dell’azienda.
Lo studio è stato condotto su tutti i capi bufalini dell’allevamento. A
ciascun capo animale è stato prelevato sia un campione di sangue che
di latte. Inoltre sono stati effettuati tamponi vaginali o prepuziali.
Prove sierologiche
I campioni di sangue sono stati sottoposti alla ricerca di anticorpi anti
Brucella spp seguendo i metodi di prova ufficiali del Laboratorio me-
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
065
ISOLAMENTO DI SPECIE INTERMEDIE DI LEPTOSPIRA DA CAMPIONI DI URINA DI CANE
Keywords: Leptospira, cane, zoonosi
Piredda I.[1], Palmas B.[1], Noworol M.[1], Piras A.[1], Picardeau M.[2], Ponti M.N.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della sardegna ~ Sassari ~ Italy,
Institut Pasteur, Unitè de Biologie des Spirochetès ~ Parigi ~ France
[1]
[2]
SUMMARY:
Leptospirosis is a disease of humans and animals caused by genus
Leptospira, which comprise 3 clusters (pathogenic, saprophytic,
and intermediate) that vary in pathogenicity, infect >1 million persons worldwide each year. Before 1960, L. interrogans serovars
icterohaemorrhagiae and canicola were believed responsible for
most clinical cases of canine leptospirosis. These two serovars have
been decreasing in total number of infections, but unfortunately,
other serovars that infect dogs such as grippotyphosa, pomona,
and bratislava have increased.
An epidemiological study conducted in several kennels in Sardinia,
shows that even intermediate species of leptospira are present. In
this work we report the isolation and identification of two intermediate strains of leptospira isolated from urine samples of dog.
This finding correlates with recent observations in Ecuador (1) that
demonstrate a significant change in the epidemiology of canine
leptospirosis.
seconda, viene amplificato il gene LipL32 che codifica una lipoproteina situata nella parte esterna della membrana batterica, presente solo nelle specie patogene. I primers LipL32-45F e LipL32286R amplificano in tempo reale un frammento di 242 bp il quale
viene rivelato mediante la sonda TaqMan LipL32-189P.
Gli isolati vengono sottoposti ad estrazione del DNA con un apposito kit (Qiagen) e successivamente tipizzati mediante tecnica di
fingerprinting MLVA (Multilocus Variable Number Tandem Repeats
analysis). Il protocollo prevede l’amplificazione di particolari loci
del genoma batterico, sede di ripetizioni in tandem, con cinque
set di primers: VNTR-4, VNTR-7, VNTR-10, VNTR-Lb4 e VNTR-Lb5,
i quali originano un pattern di bande visualizzabili mediante elettroforesi in gel d’agar all’1,5% in TBE. I primi tre vengono applicati
alle genospecie L. interrogans, L. kirschneri ed L. noguchii, mentre
gli ultimi due sono specifici per la sola genospecie L. borgpetersenii. Si procede con l’amplificazione e sequenziamento dei geni: 16S
rRNA utilizzando i primer E1 e E2 i quali amplificano un amplicone
di 571 bp e Secy (una traslocasi) mediante l’ausilio dei primers G1
e G2 i quali invece amplificano una banda di 285 bp.
INTRODUZIONE:
La leptospirosi è una zoonosi diffusa a livello mondiale causata da
spirochete del genere Leptospira. Specie selvatiche, soprattutto
roditori e domestiche sono responsabili della diffusione nell’ambiente di questi microorganismi, rivelandosi poi fonti di infezione
per l’uomo (2). Studi epidemiologici condotti a livello europeo
hanno riconosciuto la specie canina come portatrice di leptospire patogene da più di 80 anni (3). L’infezione in questa specie era
prevalentemente associata con la presenza dei sierogruppi canicola
e icterohaemorrhagiae; ma è ormai chiaro che i cani sono suscettibili all’infezione da parte di una vasta gamma di sierotipi (4). La
leptospirosi canina non sempre presenta segni clinici evidenti; la
gravità è variabile e dipende da alcuni fattori, quali l’età, la reazione immunitaria dell’ospite, i fattori ambientali. A livello clinico, le
manifestazioni possono essere iperacute, acute e subacute.
Negli anni sono state condotte indagini sierologiche nella popolazione canina della Sardegna e lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare i serovar circolanti nei cani ospitati in alcune
strutture sanitarie e rifugi del nord Sardegna.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
BIBLIOGRAFIA:
1) Chiriboga J., Barragan V., Arroyo G., Sosa A., Birdsell D. N.,
España K., Mora A., Espín E., Mejía M. E., Morales M., Pinargote
C., Gonzalez M., Hartskeerl R., Keim P., Bretas G., Eisenberg J. N.S.,
Trueba G. (2015) High Prevalence of Intermediate Leptospira spp.
DNA in Febrile Humans from Urban and Rural Ecuador Emerging
Infectious Diseases Vol. 21 2141-2147.
2) Bharti AR, Mally JE, Ricaldi JN, Matthias MA, Diaz MM, LovettMA, et al. (2003) Leptospirosis: a zoonotic disease of global importance. Lancet Infect Dis.3:757.
3) Klarenbeek, A., Schuffner W.A.P. (1933) Apparance in Holland of
Leptospira differing from Weil Strain. Nederlands Tijdschrift voor
Geneeskunde 77,4271-4276.
4) S. Schuller, T. Francey, K. Hartmann, M. Hugonnard, B. Kohn,
J. E. Nally and J. Sykes (2015) European consensus statement on
leptospirosis in dogs and cats Journal of Small Animal Practice 56,
159-179.
5) Paulo H. Yasuda, Arnold G. Steigerwalt, Katherine R. Sulzer, Arnold F. Kaufmann, Faye Rogers and Don J. Brenner (1987) Deoxyribonucleic Acid Relatedness between Serogroups and Serovars in
the Family Leptospiraceae with Proposals for Seven New Leptospira
Species International Journal of Systematic Bacteriology 407-415.
6) Andrew T. Slack, Thareerat Kalambaheti, Meegan L. Symonds,
Michael F. Dohnt, Renee L. Galloway, Arnold G. Steigerwalt, Wanpen Chaicumpa, Gaysorn Bunyaraksyotin, Scott Craig, Bruce J. Harrower and Lee D. Smythe (2008) Leptospira wolffii sp. nov., isolated from a human with suspected leptospirosis in Thailand International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology 58,
2305-2308.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame colturale condotto su 18 campioni di urina, ha rivelato
positività in due cani ospitati in canili differenti (11%), i quali sierologicamente hanno risportato rispettivamente 1:400 per il serovar
copenhageni e 1:200 per bratislava. Agli esami biomolecolari un
solo campione sul totale ha riportato positività alla PCR end-point
(5%), mentre alla real-time PCR si sono rivelati tutti negativi. Gli
isolati sono stati successivamente tipizzati, in collaborazione con
l’unità di biologia delle spirochete dell’Istituto Pasteur di Parigi.
L’amplificazione agli MLVA non ha rivelato alcuna banda, come anche negativa si è rivelata la reattività agli antisieri. L’amplificazione
dei geni 16SrDNA e SecY e loro successivo sequenziamento, hanno
filogeneticamente collocato i due isolati nella categoria delle genospecie di leptospire intermedie. Nello specifico i due ampliconi
hanno mostrato 100% di identità di sequenza del DNA per L. wolffii nel primo e 98% di identità per L. inadai nel secondo.
Ad oggi, pochi lavori in letteratura documentano l’isolamento di
questo genere di leptospire soprattutto da matrici di origine animale e non si dispone di dati a livello nazionale. L. inadai venne
isolata e tipizzata circa trent’anni fa, (5) mentre L. wolffii da neanche dieci anni (6) entrambe da pazienti umani. In un recente
lavoro svolto in Ecuador (1) è emerso che le specie intermedie infettano l’uomo come le patogene con la differenza che i sintomi
risultano più lievi. La circolazione di Leptospire patogene è facilmente riconoscibile sulla base dei sintomi riscontrati, mentre le
specie intermedie causano malattia generalmente più blanda con
uno spettro di manifestazioni cliniche molto più ampio, che rende
la malattia incline ad una diagnosi errata. Questi dati evidenziano
la necessità di condurre indagini longitudinali all’interno di uno
studio di popolazione in considerazione del fatto che, la presenza
di Leptospire intermedie nella maggior parte dei protocolli di PCR,
non vengono rivelate.
MATERIALI E METODI:
Diciotto cani risultati positivi ad un antecedente screening sierologico sono stati sottoposti ad un prelievo di urine sulle quali è stato
applicato il protocollo diagnostico per l’isolamento e l’analisi biomolecolare. 300 µl di ciascun campione di urine vengono inoculati
in una provetta contenente terreno EMJH (Ellinghausen-MacCullough-Johnson-Harris) semisolido arricchito con albumina e contenente 5-fluorouracile. Le colture vengono messe ad incubare a
28-30°C per almeno 60 gg. Gli stessi substrati processati all’esame
colturale vengono sottoposti ad indagini biomolecolari applicando
la tecnica della reazione a catena della polimerasi (PCR) e realtime PCR; nella prima il DNA viene amplificato con una coppia di
primers (LigA e LigB) i quali rilevano una banda di 331 bp del gene
16S rRNA comune a tutti i ceppi di leptospira (patogeni e non),
evidenziabile mediante elettroforesi in gel d’agarosio al 2%. Nella
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
066
INNOVATIVE SEROLOGICAL ASSAYS FOR POULTRY VECTOR VACCINES MONITORING AND DIVA
TESTING:THE EXAMPLE OF NEWCASTLE DISEASE
067
OSSERVAZIONI PRELIMINARI SU NEOSPORA CANINUM IN BOVINI DA LATTE E DA CARNE IN SICILIA
Keywords: innovative ELISAs, vaccination monitoring, vector vaccines
Pourquier P.[1]
Keywords: Neospora caninum, Aborto bovini, N. caninum
Ragusa Cannizzaro G.[1], Napoli E.[2], Nigro A.[1], Gaglio G.[2], Salina F.[1], Fuintino Iraci A.[1], Antoci F.[1]
IZS della Sicilia, area Ragusa ~ Ragusa ~ Italy, [2]Università degli studi di Messina ~ Messina ~ Italy
[1]
IDvet ~ Montpellier ~ France
[1]
SUMMARY:
Vaccination is an essential tool for disease prevention for the poultry industry. While live, attenuated or inactivated vaccines have
been used for many years, nowadays, recombinant vector vaccines
are becoming new allies for disease control. Indeed, they present
many benefits compared to conventional vaccines: bio-security,
efficiency, ability to breakthrough passive immunity, long-lasting
immunity and possibility to be used as part of “Differentiation between Infected and Vaccinated Animals” (DIVA) strategies.
Conventional serological kits do not efficiently detect seroconversion to vector vaccines. Allowing the detection of antibodies
raised against the F protein of the ND virus, which are only present
in HVT-NDV vaccinated animals, the ID Screen® Newcastle Disease
Indirect ELISA (NDVS) is the only commercial ELISA validated for
use with recombinant vector vaccines.
at the 19th WVPAC - World Veterinary Poultry Association Congress - Capetown, Republic of South Africa - September 2015.
Newcastle disease: A persisting worldwide problem. Paniago,
M., Gardin, Y., Cazaban, C., Tatar-Kis, T., Palya, V., Mato, T., Elattrache, J. , Lozano, F., and Paulet, P. Ceva Animal Health. International Poultry Production 24.2 (2016), page 17.
INTRODUZIONE:
Vaccination is an essential tool for disease prevention. Nowadays,
recombinant vector vaccines are becoming new allies for the poultry industry. Conventional serological kits do not efficiently detect
seroconversion to vector vaccines. Allowing the detection of antibodies raised against the F protein of the ND virus, which are only
present in HVT-NDV vaccinated animals, the ID Screen® Newcastle
Disease Indirect ELISA (NDVS) is the only commercial ELISA validated for use with recombinant vector vaccines. In addition, it offers the possibility to apply “Differentiation between Infected and
Vaccinated Animals” (DIVA) strategies.
SUMMARY:
Aim of the study was to investigate the prevalence of neosporosis
in cattle bred in Ragusa province. From January to June 2015, a total of 2,101 cattle from 34 farms were serologically tested by ELISA
technique for the presence of N. caninum antibodies. Three hundred twenty three out 2,101 tested heads were positive (312 female and 11 male) with an overall prevalence of 15.37% (14.85% in
females and 10.00% in male). The parasite presence was detected
in 30 out of 34 sampled farms (88.23%), with a prevalence in the
single farm ranging from 0.98% to 57.14%. No significant statistical
difference was detected in N. caninum prevalence between males
and females. The prevalence was significant higher in adult and old
compared to young animals, as well as in dairy than in beef cattle.
Considering the direct and indirect economic losses related to the
disease, it is of the greatest importance to improve both monitoring and prevention activities of neosporosis in cattle.
Ragusa. Sono state prese in considerazione sia aziende atte alla
produzione di carne che di latte. Sono stati campionati quando
possibile tutti gli animali di età superiore ai 12 mesi presenti in
azienda. Per ciascuna azienda è stata redatta una scheda segnaletica d’allevamento. Per ciascun animale sono stati registrati dati
segnaletici ed eventuali dati anamnestici.
Per ottenere il siero sono stati utilizzati vacutainer privi di anticoagulante, mantenuti alla temperatura di refrigerazione (+4°C) fino
all’arrivo nei laboratori dell’IZS di Ragusa, qui i campioni ematici
sono stati centrifugati a 3000 rpm per 5 minuti. Il siero così separato è stato stoccato e congelato a -20°C sino alla processazione con
metodica ELISA.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Durante il periodo di studio sono state esaminate 34 aziende (Figura 1) per un totale di 2101 bovini testati, 1991 femmine e 110
maschi. Trenta aziende su trentaquattro sono risultate positive con
una prevalenza del 88,23% (Figura 2A), variabile nelle diverse aziende da 0,98% a 57,14%, i dati su tutte le aziende sono sintetizzati in
Tabella 1. Dei 2101 capi esaminati, sono risultati positivi al test sierologico 323 bovini (nello specifico 312 femmine e 11 maschi) (Figura 2B), con una prevalenza del 15,37% (15,67% nelle femmine e
10,00% nei maschi). La prevalenza nei maschi e nelle femmine non
mostrava differenze statisticamente significative (p=0,1455). Gli
animali sono stati suddivisi in tre classi d’età, nello specifico: classe
1 (0-24 mesi), classe 2 (25-72 mesi) e classe 3 (> 73 mesi). Nelle
classi d’età la prevalenza riscontrata è stata: 11,86% nella classe
1 (n= 63/531), 15,73% nella classe 2 (n= 181/1150) e 18,80% (n=
79/420) (Figura 2C). Le differenze tra le classi d’età hanno mostrato
come la presenza della parassitosi sia significativamente maggiore
nelle classi 2 e 3 rispetto alla classe 1 (nello specifico Classe 1 Vs.
Classe 2 p= 0,00432 e Classe 3 Vs. Classe 1 p=0,0038).
Degli animali testati il 62,59% (n=1315) erano razze da latte ed il
37,41% (n=786) razze da carne. La sieroprevalenza di N. caninum
negli animali da carne era 12,60%, mentre negli animali da latte era
del 17,11% (Figura 2D). La differenza tra la sieroprevalenza nelle
razze da latte rispetto che quelle da carne era significativamente
maggiore con p=0,0055.
Sulla base dei risultati riportati nella presente indagine si può affermare che la neosporosi è costantemente presente negli allevamenti bovini ragusani. Trenta delle 34 aziende presentavano infatti
capi sierologicamente positivi alla presenza del protozoo. L’analisi
dei dati ha permesso di evidenziare una maggiore presenza nelle
razze da latte rispetto a quelle da carne e negli adulti rispetto ai
soggetti giovani.
In presenza di un sospetto diagnostico di aborto da N. caninum
escludendo altre cause sulla base dell’anamnesi, dell’epidemiologia (presenza di cani in allevamento) e degli aspetti clinici rilevati,
si ritiene necessario effettuare accertamenti specifici di laboratorio
sul siero di tutti gli animali presenti in allevamento.
La Neosporosi bovina è un’importante malattia protozoaria responsabile di aborto nell’allevamento bovino. Il peso economico
è ingente, sia per quanto concerne le conseguenze sanitarie, sia
per quanto riguarda i mezzi di controllo da mettere in atto. È consi-
INTRODUZIONE:
Neospora caninum, è un protozoo appartenente al phylum Apicomplexa morfologicamente affine a Toxoplasma gondii, responsabile
di aborto nella bovina e di disturbi neurologici nei vitelli. Fu descritto per la prima volta nel 1984 in Norvegia come agente eziologico
di una patologia causa di encefalite e miosite in alcuni cani (1). Da
allora, numerosi studi sono stati condotti ed è stata evidenziata la
natura cosmopolita di Neospora e la sua ampia diffusione in altri
animali. Oltre che nel cane, N. caninum è stato infatti isolato da
gatti, bovini, piccoli ruminanti, cavalli, roditori, cervi, nonché in
camelidi e mammiferi marini (2). La via principale di trasmissione
dell’infezione è quella verticale, cioè dalla madre al feto, ma è stata
evidenziata anche quella orizzontale attraverso l’ingestione di oocisti emesse con le feci da cani infetti.
Nel bovino, i danni economici sono legati all’aborto che avviene
generalmente tra il IV ed il VII mese di gestazione con la conseguente perdita del vitello e mancata produzione lattea, nonché i
conseguenti costi veterinari. Inoltre è stata osservata anche una
diminuzione del 5% della produzione di latte durante la prima lattazione nelle bovine infette che non hanno abortito (3). Considerando le perdite economiche provocate, la Neosporosi, si pone immediatamente dopo l’infezione da virus della diarrea virale bovina
(BVDV) e subito prima della paratubercolosi e della leucosi bovina
enzootica (4).
Lo scopo del lavoro è stato quello di effettuare un’indagine sierologica su N. caninum in aziende bovine della provincia di Ragusa
dove sono state riportate diverse segnalazioni di aborti sostenuti
da N. caninum; In questa provincia l’allevamento bovino riveste
storicamente un importante ruolo economico, infatti tra le nove
province siciliane è quella con la più alta concentrazione di allevamenti bovini. Questi animali vengono allevati principalmente per la
produzione di latte, sebbene siano fortemente rappresentati anche
gli allevamenti da carne.
MATERIALI E METODI:
Samples from commercial broilers vaccinated with Vectormune (?)
HVT-ND at 1 day-old where collected and tested at 3, 4, 5 and 6
weeks post-vaccination using different methods. The HI test which
is the standard method, and two ELISAs, one from IDvet and one
from another manufacturer, were performed in parallel.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
The ID Screen® NDVS ELISA offers excellent agreement with HI test
with earlier detection of rHVT-ND vaccine antibodies. It harbors
an improved sensitivity and low background compared to Kit A.
It may be used to efficiently monitor HVT-ND vaccination, and detects antibody levels which are not detected by other commercial
ELISAs. The ID Screen® NDVS ELISA is a rapid and reliable alternative to HI for use with recombinant vector vaccines.
Used in combination with the ID Screen® NDV-NP ELISA, which allow for the detection of antibodies directed against the NDV nucleoprotein which are only present in naturally-infected animal,
the ID Screen® NDVS ELISA is also an integrative tool for DIVA
strategy.
BIBLIOGRAFIA:
Evaluation of various serological assays to assess vaccine take &
monitor antibody response following vaccination against ND using
rHVT-F vector hatchery vaccine. Gardin, Y. et al. Poster presented
MATERIALI E METODI:
Da Gennaio a Giugno del 2015 sono stati condotti dei campionamenti in 34 diversi allevamenti bovini distribuiti nella provincia di
234
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
068
EPISODIO DI AVVELENAMENTO DA OLEANDRO (NERIUM OLEANDER) IN UNA STALLA DI BOVINI
gliabile, comunque, utilizzare l’esame sierologico per una diagnosi
aziendale piuttosto che limitarlo a singoli animali, prelevando quindi anche campioni di sangue da soggetti non coinvolti nell’episodio
abortigeno ma potenzialmente recettivi: il confronto dei risultati
degli esami eseguiti, permetterà di stabilire se N. caninum sia o
meno l’agente responsabile. In attesa di terapie efficaci nei confronti dell’infezione da N. caninum, l’utilizzo dell’esame sierologico per la ricerca indiretta del parassita si è dimostrata la strategia
migliore per identificare gli allevamenti infetti e mettere in atto le
azioni di prevenzione controllando così la diffusione del protozoo
nelle aziende bovine .
Keywords: oleandro, Nerium oleander, avvelenamento
Rubini S.[1], Chendi S.[2], Poli A.[2], Merialdi G.[3], Fabbi M.[4], Andreoli G.[4], Barbieri S.[5], Talarico A.[6], Frisoni P.[6],
Gaudio R.M.[6]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna - Sezione di Ferrara ~ Ferrara ~ Italy, [2]Azienda USL di Ferrara
Dipartimento di Sanità Pubblica Unità Operativa Attività veterinarie - Fiscaglia ~ Ferrara ~ Italy, [3]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della
Lombardia e dell’Emilia Romagna - Sezione di Bologna ~ Bologna ~ Italy, [4]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia
Romagna - Sezione di Pavia ~ Pavia ~ Italy, [5]Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Ferrara ~ Ferrara ~ Italy,
[6]
Sezione di Medicina Legale, Dipartimento di Scienze mediche, Università degli studi di Ferrara ~ Ferrara ~ Italy
[1]
BIBLIOGRAFIA:
1. Bjerkås I, Mohn SF, Presthus J. (1984) Unidentified cyst-forming
sporozoan causing encephalomyelitis and myositis in dogs. Z. Parasitenkd 70; 271-274.
2. Dubey JP, Schares G. e Ortega-Mora LM. (2007) Epidemiology and
control of Neosporosis and Neospora caninum. Clinical Microbiology Reviews, vol. 20, n. 2; 323-367.
3. French NP, Clancy HC, Davison HC, Trees AJ. (1999) Mathematical
models of Neospora caninum infection in dairy cattle: transmission
and options for control. Int. J. for Parasitology 29; 1671-1704.
4. Chi J, Van Leeuwen J, Weersink A. et al. (2002) Direct production
losses and treatment costs from bovine viral diarrhoea virus, bovine leukosis virus, Mycobacterium avium subspecies paratubercolosis and Neospora caninum. Prev. vet. Med. Vol. 55, n° 2, pp. 137.
MATERIALI E METODI:
L’episodio di avvelenamento ha interessato una piccola stalla di
bovini destinati al ristallo e/o alla rimonta (linea vacca-vitello). Il
tipo di allevamento è semibrado; infatti l’allevatore sfruttava un
vasto appezzamento di terreno dove era presente abbondante copertura vegetale.
Il numero totale dei bovini presenti nell’allevamento era di 6 animali. Quattro di questi sono stati trovati morti in stalla dall’allevatore sabato 21 maggio 2015 ma la segnalazione al Servizio Veterinario dell’Ausl è stata fatta solo il lunedì mattina successivo. Non
sono stati rintracciati dall’allevatore i 2 bovini rimanenti . Anche
per questi si è ipotizzato il peggio. I veterinari dell’Azienda USL
sono intervenuti qualche ora dopo la segnalazione. I quattro bovini si trovavano agli angoli della stalla. L’indagine anamnestica ha
appurato che agli animali erano stati somministrati residui di potatura di un giardino in cui erano presenti oleandri. Al laboratorio
sono pervenuti 3 campioni: il contenuto ruminale di 2 bovini ed un
campione di foraggio.
SUMMARY:
Oleander (Nerium oleander) is an evergreen ornamental shrub very
common in tropical and subtropical regions. Oleander poisoning has
been reported both in man and animals. All parts of the plant are
toxic because contain cardiac glycosides. In this work we describe a
case of poisoning happened in a small bovine farm that resulted fatal
for all the six animal of the farm.
Figura 2. A) Sieroprevalenza di Neospora caninum nelle aziende esaminate. B) Sieroprevalenza nei capi maschi e femmine all’interno delle
aziende analizzate. C) Suddivisione in classi d’età, 1 (0-24 mesi), 2 (2572 mesi) e 3 (> 73 mesi) e analisi della sieroprevalenza riscontrata per
classe. D) Analisi della sieroprevalenza nelle razze da carne e da latte.
Figura 1. Localizzazione geografica delle aziende esaminate nel territorio della provincia di Ragusa.
236
INTRODUZIONE:
L’oleandro (Nerium oleander) è un arbusto ornamentale sempreverde, appartenente alla famiglia delle Apocynaceae. Originario del
Mediterraneo, è molto diffuso nelle zone tropicali e subtropicali (1).
Tutte le parti della pianta sono tossiche poiché contengono cardenolidi, glucosidi cardioattivi (2). Le parti più tossiche della pianta sono
i semi e le radici, seguiti da frutti e foglie; le varietà a fiori rossi sono
più tossiche di quelle a fiori bianchi (1).
L’oleandro è poco appetibile per gli animali. Nelle zone aride o in
periodi di siccità prolungata gli animali possono arrivare a ingerire
spontaneamente foglie o semi di oleandro ma in genere l’intossicazione si verifica per ingestione di diverse parti della pianta, in particolare per residui di potatura che vengono accidentalmente mescolati al foraggio.
L’oleandro è tossico anche per l’uomo; l’ingestione di una sola foglia
può risultare fatale nei bambini (3). Nel caso dell’uomo, agli episodi
di avvelenamento accidentale vanno aggiunti anche quelli volontari
e quelli dolosi. Per quanto riguarda l’avvelenamento accidentale, oltre che per ingestione diretta di parti della pianta anche il suo utilizzo
come combustibile, ad esempio come legno per barbecue, porta alla
possibilità di inalare fumi tossici.
Nonostante la tossicità di questa pianta sia nota da secoli, essa è
stata utilizzata anche come pianta medicinale sia nell’uomo che negli animali; è stata infatti impiegata come agente abortigeno, antimalarico, antielmintico, in pazienti cardiopatici e lebbrosi. E’ stata
utilizzata come diuretico, insetticida, molluschicida, rodenticida e
agente antibatterico. I suoi estratti sono tutt’ora usati in medicina
omeopatica (1, 3). Inoltre vari studi stanno valutando le proprietà
anticancerose dei suoi principi attivi (4).
L’ingestione di oleandro da parte degli animali causa spesso morte
improvvisa; quando la quantità di sostanze tossiche non è immediatamente letale si possono osservare dolori colici, debolezza, atonia
ruminale, ipersalivazione, alterazioni del normale ritmo cardiaco,
dispnea e coma.
Nell’uomo i sintomi sono simili a quelli che si osservano negli animali.
Scopo del presente lavoro è quello di segnalare un caso di avvelenamento in una stalla di bovini ma anche di ravvivare l’attenzione sulla
pericolosità dell’oleandro per uomini e animali. Anche se le proprietà tossiche di questa pianta sono ben note da lungo tempo le segnalazioni di casi di avvelenamento, sia nell’uomo che negli animali,
sono ricorrenti in letteratura (1, 5).
RISULTATI E CONCLUSIONI:
In tutti e tre i campioni sono state evidenziate parti di foglie di
oleandro. I frammenti evidenziati nel contenuto ruminale erano di
piccole dimensioni e non agevolmente isolabili dal resto del contenuto. Invece nel foraggio erano presenti parti di foglie ben distinguibili all’esame diretto. Si è quindi proceduto a pesare il campione di foraggio in toto; sono state poi prelevate e pesate tutte le
parti di foglie ben riconoscibili. Il prelievo delle sole parti di foglie
di oleandro di inequivocabile identificazione ha portato inevitabilmente ad una sotto stima della loro presenza. Dal campione di
foraggio, del peso complessivo di 1922 g sono state isolate 50,4 g
di foglie. Stabilire la dose letale, sia nel bovino che in altre specie
animali è piuttosto difficile poiché dipende da molte variabili che
dipendono sia dalla pianta che da chi la ingerisce. In particolare
occorre considerare: quali parti della pianta sono state ingerite, in
che quantità, qual è lo stato fisiologico del soggetto che la ingerisce, così come l’età e il relativo stato di salute. Secondo Oryan et
al. (6) la dose letale (DL) minima nei bovini è pari a 50 mg/Kg di
foglie di oleandro, per via orale. Altri Autori segnalano una DL di
foglie fresche o secche di 110 mg/Kg (7). La quantità di materiale
tossico rinvenuta nel foraggio supera di molto le DL indicate in
letteratura.
La segnalazione tardiva da parte dell’allevatore non ha consentito
l’esecuzione rapida di un accurato esame anatomopatologico sugli
animali deceduti che al momento dell’intervento veterinario erano già in incipiente stato di decomposizione. Nonostante il mancato supporto di esami necroscopici l’esame del contenuto ruminale
associata ai rilievi anamnestici hanno permesso di esprimere un
giudizio diagnostico concreto, come peraltro già segnalato in altri
casi riportati in letteratura (8).
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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ANAGRAFE CANINA UMBRA NEL 2013: INDIVIDUAZIONE DEI PARAMETRI PER UNA CORRETTA STIMA
BIBLIOGRAFIA:
1. Bandara V, Weinstein SA, White J, Eddleston M. 2010. A review
of the natural history, toxinology, diagnosis and clinical management of Nerium oleander (common oleander) and Thevetia peruviana (yellow oleander) poisoning. Toxicon 56, 273-281.
2. Praveen US, Gowtham MD, Yogaraje-Gowda CV, Nayak VG , Mohan BM.2012. Detection of Residues of Cardenolides of Nerium
oleander by High-Performance Thin-Layer Chromatography in Autopsy Samples. International Journal of Medical Toxicology and
Forensic Medicine 2, 135-142.
3. Wasfi IA, Zorob O, Al katheeri NA, Al Awadhi AM. 2008. A fatal
case of oleandrin poisoning. Forensic Science International 179
(2008) e31-e36
4. Begum S, Siddiqui BS, Sultana R, Zia A, Suria, A. 1999. Bio-active
cardenolides from the leaves of Nerium oleander. Phytochemistry
50, 435-438
5. Langford SD, Boor PJ. 1996. Oleander toxicity: an examination of
human and animal toxic exposures. Toxicology 109, 1-13
6. Oryan A, Maham M, Rezakhani A, Maleki M. 1996. Morphological studies on experimental oleander poisoning in cattle. Zentralbl
Veterinarmed A. 43, 625-634.
7. Gasparini G. 1984. Oleandro. In Tossicologia veterinaria. A cura
di Carlo Beretta. Editoriale Grasso, Bologna 327-328
8. Galey FD, Holstege DM, Plumlee KH, Tor E, Johnson B, Anderson
ML, Blanchard PC, Brown F. 1996. Diagnosis of oleander poisoning
in livestock. J Vet Diagn Invest 8, 358-364
Keywords: dog registry, canine population, Umbria
Scoccia E.[2], Dettori A.[2], Felici A.[2], Figarolli B.M.[1], Maresca C.[2]
Veterinario Libero Professionista ~ Verona ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ~ Perugia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The estimation of the incidence rate of zoonotic and non-zoonotic diseases, as cancer, among dogs and the monitoring of cases of bites to
humans requires valid data on the demographics of the registry population. The aim of this study is to estimate the size of the dog population in Umbria region, checking the presence of potential sources
of bias able to modify the real number of dogs, in order to validate
data gathered in regional registry. The analyzed data were extracted
from the Veterinary and Food Information System (SIVA) database.
Data were grouped on the bases of breed, sex, size, age (year of birth)
and FCI groups (Fédération Cynologique Internationale). The total dog
population for Umbria Region was estimated to be 197,890. During
the data processing, some bias has been detected and corrected.
Dog’s owners and the veterinarians must update the registry more
frequently, in order to have real and correct data that could be elaborated easily.
tegorizzata in base all’anno di nascita, in 6 classi: 0-2; 3-5; 6-8; 9-11;
12-14; 15-20.
A seguito delle incongruità rilevate, sono state uniformate le taglie relative a ciascuna razza in base allo standard stabilito dalla FCI e dall’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana); è stata calcolata la media
dei valori di altezza minima e massima espressi in cm al garrese: le
razze con altezza media al garrese inferiore a 35 cm sono state incluse
nella taglia piccola/toy/nana; quelle con altezza media compresa tra
35 cm e 59,5 cm nella taglia media e le razze grandi/giganti quelle con
altezza superiore o uguale a 60 cm. E’ stato calcolato il valore medio
di aspettativa di vita per ogni razza utilizzando come dati di partenza
quelli ritrovati in bibliografia e procedendo con l’eliminazione dei cani
che per età superavano questo valore; per i meticci/incroci si è invece
provveduto ad analizzare l’età al decesso registrata in anagrafe, prendendo il valore al 95esimo percentile (corrispondente a 16 anni) come
età di riferimento per la loro aspettativa di vita.
INTRODUZIONE:
La ricerca di validi denominatori in veterinaria e cioè la corretta stima
della popolazione di riferimento per la realizzazione di tassi e frequenze è da sempre stato un annoso problema. Conoscere la consistenza
di una popolazione animale residente in un determinato territorio e
la sua struttura in base all’età, sesso e razza è indispensabile per calcolare l’incidenza di patologie a carattere zoonosico e non (1). Per i
cani, la registrazione era stata resa obbligatoria già dalla legge n. 281
del 1991 (3); a partire dal 1° gennaio 2005 ogni animale doveva essere identificato tramite un microchip contenente un codice identificativo. L’Ordinanza del 6 agosto 2008 (4) e le successive proroghe
hanno stabilito e chiarito le procedure di registrazione, dichiarando
l’obbligo da parte del proprietario o detentore dell’animale di iscrivere
il proprio cane (identificato mediante l’applicazione di un microchip),
all’anagrafe canina del Comune di residenza o della USL competente e
a comunicare il decesso dell’animale, le variazioni di residenza ed un
eventuale smarrimento. Dal 3 luglio 2012, l’applicazione del microchip
è diventato l’unico sistema di identificazione riconosciuto dall’Unione
Europea. In Umbria (2) l’anagrafe canina è attiva nel Sistema Informativo Veterinaria ed Alimenti (SIVA) e viene incrementata da veterinari
liberi professionisti e del servizio pubblico. Nonostante l’obbligo legale da parte del proprietario di iscrizione del cane e della denuncia di
morte dello stesso, i dati presenti nell’anagrafe canina non possono
considerarsi veritieri.
Questo studio si propone di stimare la dimensione della popolazione
canina in Umbria, sia per validare i dati già presenti in anagrafe, sia per
evidenziare un possibile scarto tra la popolazione iscritta in anagrafe e
la reale consistenza della stessa.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Al 31 dicembre 2013, dai dati estratti sono risultati iscritti nell’ anagrafe umbra, ancora viventi, 241.579 cani. Da questa popolazione è
stato escluso un gruppo di 24.237 cani (10%) residenti fuori Regione
e 19.452 cani (8%) con età eccedente rispetto alla loro aspettativa
di vita. La popolazione canina in Umbria (figura 1) è stata stimata in
197.890 cani di cui 106.300 registrati dai veterinari operanti nell’USL
Umbria 1 e 91.590 cani nell’USL Umbria 2. Sono state 244 le razze
canine presenti in anagrafe riconosciute dalla FCI (112.536 cani); quelle non riconosciute contavano 908 cani, mentre il numero di meticci/
incroci ammontava a 84.446 cani. Considerando solo i cani di razza
FCI presenti in Umbria (tabella 1), il Gruppo FCI n.7 (Cani da ferma)
e il Gruppo n. 6 (Segugi e cani per pista di sangue) sono risultati i più
consistenti contando al loro interno un numero di cani rispettivamente
di 30.482 e 24.849. Le cinque razze più numerose sono state le seguenti: Setter inglese con 12.052 cani, Epagneul breton 11.187 cani,
Segugio italiano a pelo raso (n. 9.327), Pastore tedesco (n. 7.678) e
Springer spaniel inglese (n. 5.264). Le femmine sono risultate 99.334,
i cani maschi 98.556. La ripartizione dei cani per taglia è stata possibile solo per i cani con uno standard di razza (n. 113.444), il 56,3% (n.
63.944) è risultato di taglia media, il 29,6% (n. 33.529) di taglia grande
e il 14,1% (n. 15.971) di taglia piccola. I cani con età compresa tra 3 e
5 anni rappresentavano la classe più numerosa (n. 51.398; 26,0%); a
seguire la classe di cani con età 0-2 anni (47.223; 23,9%), la classe 6-8
anni, con 43.176 (21,8%) cani e la classe 9-11 anni con 32.907 (16,6%)
cani. Le ultime due categorie (11,7% sul totale) sono risultate le meno
consistenti (figura 2).
Il lavoro di ripulitura e di selezione dei dati dell’anagrafe canina umbra
ha richiesto un impegno considerevole per la presenza di numerose
incongruenze come le differenti diciture attribuite alle razze e la difformità delle taglie associate a ciascuna razza. Il criterio di utilizzare i
valori medi di aspettativa di vita ed eliminare i cani con età eccedente,
è stato scelto per arginare la sovrastima della popolazione dovuta alla
mancata registrazione del decesso del cane. Alla luce di quanto emerso da questa elaborazione, si crede sia di estrema utilità l’acquisizione
di una modalità di inserimento dati che ponga dei vincoli in fase di
immissione delle informazioni al fine di evitare le criticità riscontrate
MATERIALI E METODI:
La fonte primaria dei dati per l’analisi della popolazione dei cani presenti in Umbria è stata l’anagrafe canina (estrazione del 31 dicembre
2013) inserita nel SIVA della Regione Umbria. Dal database sono stati
esportati i file relativi a tutti i cani regolarmente iscritti alle due Aziende USL umbre. L’analisi dei dati è stata fatta considerando le seguenti
variabili: razza, sesso, taglia, gruppo di appartenenza secondo la classificazione della Federazione Cinologica Internazionale-FCI ed età ca-
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
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IDENTIFICAZIONE SIMULTANEA IN FAST REAL TIME PCR
DEI PRINCIPALI AGENTI ABORTIGENI DEI RUMINANTI
e descritte in precedenza; sarebbe utile perciò l’utilizzo di un elenco
codificato delle taglie e varietà di tutte le razze riconosciute ENCI/FCI;
inoltre attraverso una maggiore sensibilizzazione dei proprietari e dei
veterinari sarebbe opportuno che venissero comunicate ed inserite
repentinamente in anagrafe la data di decesso dell’animale e le effettive cause di morte, secondo codici univoci.
A seguito dei parametri individuati per l’identificazione dei cani presenti in Umbria, è stato determinato un valore percentuale, pari al
10%, che sottratto al dato grezzo restituisce una stima attendibile della
popolazione canina.
Progetto di Ricerca Corrente finanziata dal Ministero della Salute
(IZSUM 01/12 - Definizione e validazione della popolazione canina in
Umbria).
Keywords: Multiscreening, aborto, ruminanti, , ruminanti
Sebastiani C.[1], Ciullo M.[1], Curcio L.[1], Biagetti M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ~ Perugia ~ Italy
[1]
Figura 2: piramide dell’età dei cani umbri iscritti in anagrafe
BIBLIOGRAFIA:
1.Asher L., Buckland E. L., Ianthi Phylactopoulos C., Whiting M. C.,
Abeyesinghe S. M., Wathes C. M. (2011). Estimation of the number
and demographics of companion dogs in the UK. BMC Veterinary Research, 7: 74.
2.D.G.R. n.1412 del 17 ottobre 2002 “Identificazione elettronica dei
cani mediante microchip - sperimentazione - Linee guida vincolanti”.
3.Legge 14 agosto 1991, n. 281 “Legge quadro in materia di animali
d’affezione e prevenzione del randagismo”.
4.Ordinanza del 6 agosto 2008 “Ordinanza contingibile ed urgente
concernente misure per l’identificazione e la registrazione della popolazione canina”.
Figura 1: distribuzione dei cani per comune umbro
SUMMARY:
This study describes the development of a set of single but simultaneous reactions in Fast Real Time PCR for the detection of the
main abortive agents in ruminants. The multiscreening assay includes Coxiella burnetii, Chlamydia spp, Brucella spp, Leptospira
spp, Toxoplasma gondii, Neospora caninum and Salmonella spp.
The method is specific and sensitive: the DNA extracted from
various viral and bacterial agents did not show any sign of nonspecific amplification and the average limit of detection (LOD) is
between 6 and 50 genomic copies. The method can be modulated
in that it is possible to detect one or more infectious agents and
it is open to continuos development by inserting specific primers
and probes for other infectious microorganisms according to the
diagnostic requirements.
volume di 25 µl contenente 12,5 µl di TaqMan Fast Advanced master mix 2X (Life Technologies), 2,5 µl di 10x SPC mix (Eurogentec),
diverse concentrazioni di primers (da 0,5 a 0,9 µM) e sonde (da 0,2
a 0,25 µM) e 5 µl di DNA. Tutte le reazioni sono state effettuate,
contemporaneamente, utilizzando una piattaforma 7500 Fast Real
Time PCR system (Life Technologies) con il seguente profilo termico: denaturazione iniziale a 95°C per 20 sec, seguita da 40 cicli a
95°C per 3 secondi e e 60°C per 30 secondi. Al fine di verificare
la sensibilità analitica, le regioni target dei singoli agenti infettivi,
amplificate tramite PCR, sono state clonate nel vettore pCR2.1 (Invitrogen) ed i cloni controllati tramite sequenziamento utilizzando
il kit Big Dye Terminator v1.1 (Life Technologies). Per calcolare la
sensibilità del metodo sono state utilizzate diluizioni scalari dei
singoli cloni da 106 a 1 copia/µl in TE contenente 50 ng/µl di DNA
di sperma di salmone. La sensibilità è stata calcolata come la più
alta diluizione alla quale 10 replicati della stessa diluizione risultavano tutti positivi. Per verificare la specificità, è stato analizzato
DNA di vari microorganismi sia batterici sia virali.
INTRODUZIONE:
Tra i ruminanti, gli aborti sono la principale causa di perdita economica per gli allevatori. Sebbene il rischio di aborto dipende da
diversi fattori, come ad esempio anomalie genetiche, agenti tossici, stress da calore ecc., gli agenti infettivi sono di gran lunga i più
importanti fattori di rischio associati con gli aborti (7). L’importanza di agenti infettivi come Brucella spp, Chlamydia spp, Coxiella
burnetii, Leptospira spp, ecc. è anche dovuta al loro potere zoonotico e sono un costante rischio per la salute umana. Alcuni ceppi
di Chlamydia e Coxiella burnetii iniziano ad essere responsabili di
aborti anche nella popolazione umana (7). Il presente lavoro propone un set di reazioni separate ma simultanee in Fast Real Time
PCR utilizzando un unico profilo termico di amplificazione per ottenere il rilevamento simultaneo di 7 agenti infettivi responsabili
di aborti nei ruminanti con una notevole riduzione dei tempi di
risposta ed un discreto risparmio economico rispetto alle attuali
tecniche utilizzate. Gli agenti infettivi considerati sono Brucella
spp, Chlamydia spp, Coxiella burnetii, Leptospira spp, Toxoplasma
gondii, Neospora caninum e Salmonella spp. Il metodo è risultato
specifico e sensibile; infatti il DNA estratto da vari agenti infettivi
virali e batterici non ha mostrato alcun segno di amplificazione
non specifica ed il limite di rilevabilità (LOD) è compreso tra 6 e 50
copie genomiche.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Le prove condotte indicano che il test è specifico in quanto DNA
estratti da microorganismi di tipo batterico o virale diversi da quelli del compresi nel pannello non danno alcun segno di amplificazione non specifica Inoltre il saggio è risultato sensibile: la sensibilità analitica del pannello multiscreening è indicata in Tabella 1.
La possibilità di analizzare in un’unica sessione di PCR tutti gli
agenti abortigeni d’interesse costituisce un punto di forza del metodo in quanto permette di effettuare la diagnosi in breve tempo
(circa 1 ora), grazie anche alla modalità “Fast” di amplificazione.
Inoltre, grazie al controllo interno aggiunto prima dell’estrazione,
è possibile individuare anche gli eventuali falsi negativi dovuti ad
alla presenza di inibitori nelle diverse matrici.
Il metodo è modulabile in quanto è possibile rilevare uno o più
agenti infettivi a seconda del sospetto diagnostico ed è aperto a
continui sviluppi attraverso l’inserimento di primers e sonde specifiche per altri agenti infettivi in base alle richieste diagnostiche.
Pertanto il metodo proposto è adatto al contemporaneo rilevamento dei principali agenti abortigeni dei ruminanti consentendo
di poter effettuare una diagnosi più rapida.
MATERIALI E METODI:
Come controlli positivi, sono stati utilizzati dei DNA genomici
estratti da campioni di campo risultati positivi per Coxiella burnetii, Chlamydia, Brucella, Leptospira, Toxoplasma gondii, Neospora
caninum, e Salmonella. Tutti i campioni positivi sono stati caratterizzati tramite sequenziamento presso l’IZSUM. Per monitorare sia
la fase di estrazione sia la fase di amplificazione, ai campioni è stato aggiunto, prima dell’estrazione, 1µl di un SPC DNA (Sample Processing Control DNA - Eurogentec) secondo le istruzioni della ditta
produttrice. Tutte le estrazioni sono state eseguite con QIAamp
DNA mini kit (Qiagen) secondo le istruzioni del produttore. Le diverse coppie di primers e sonde per ogni agente infettivo sono state selezionate dalla letteratura o disegnate sulla base di sequenze
geniche pubblicate (1-6). Ogni reazione è stata effettuata in un
Tabella 1: numerosità dei cani appartenenti ai gruppi classificati dalla
Federazione Cinologica Internazionale
240
Tabella 1: Sensibilità analitica (LOD) del saggio multiscreening per
agenti abortigeni dei ruminanti.
BIBLIOGRAFIA:
1) Costantin E.M., Shares G., Grobmann E., Sauter K., Roming T., Hartmann S. 2011
Untersuchungen zur Rolle des Rotfuches (Vulpes vulpes) als moglicher
endwirt von Neospora caninum. Berl. Munch. Tierarzt. Wochenschr.
124, 148-153
241
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
071
SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UNA METODICA ELISA COMPETITIVA PER LA RICERCA DI ANTICORPI
NEI CONFRONTI DEL VIRUS DELLA DIARREA EPIDEMICA SUINA (PEDV)
2) Ericht R., Slickers P., Goellner S., Hotzel H., Sachse K. 2006
Optimezed DNA microarray assay allows detection and genotyping
of single PCR amplifiable target copies. Mol. Cell. probes 20, 60-63
3) Hinic V., Brodard I., Thomann A., Cvetnic Z., Makaya P.V., Frey
J., Abril C. 2008
Novel identification and differentiation of Brucella melitensis.
B.abortus, B.suis, B. ovis., B.canis, and B.neotomae suitable for
both conventional and real time PCR systems. J. Micobiol. method.
25, 375-378
4) Howe G.B., Loveless B.M., Norwood D., Craw P., Waag D., England M., Lowe j.R., Courtney B.C., Louise Pitt M., Kulesh D.A. 2009
Real time PVR for the early detection and quantification of Coxiella burnetii as an alternative to the murine assay. Mol. Cell.probes
23, 127-131
5) Josefsen M.H., Krause M., Hansen F., and Hoorfar J. 2007,
Optimization of 12 hour TaqMan PCR based method for detection
of Salmonella bacteria in meat. Appl. environ. microbiol. 73(9),
3040-3048
6) Stoddard R.A., Gee J.E., Wilkins P.P., McCaustland K., Hoffmaster A.R. 2009
Detection of pathogenic Leptospira spp. through TaqMan polymerase chain reaction targeting the Lip 32 gene. Diagnostic Microbiology and infectious disease 64, 247-255
7) Tramuta C, Lacerenza D, Zoppi S, Goria M., Dondo A., Ferroglio
E., Nebbia P., Rosati S. 2011,.Development of a set of multiplex
standard polymerase chain reaction assay for the identification
of infectious agents from aborted bovine clinical samples. J. Vet.
Diag. Inv. 23(4), 657-664
Keywords: virus della Diarrea Epidemica Suina (PEDV), anticorpi monoclonali (MAb), ELISA
Sozzi E.[1], Moreno A.[1], Lelli D.[1], Prosperi A.[1], Perulli S.[1], Giacomini E.[1], Alborali G.L.[1], Brocchi E.[1], Lavazza A.[1]
IZSLER ~ Brescia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
A monoclonal antibody (MAb)-based competitive ELISA for detecting antibodies against PED virus was developed and validated. The
diagnostic performance of the test was evaluated by three steps:
1 comparison with the immunoperoxidase monolayer assay test
(IPMA) by testing 296 field samples; 2 ROC analysis using a panel
of 762 known sera; 3 collection of sera from experimental infections. The competitive ELISA had excellent diagnostic performance
and discriminatory power with high Se and Sp values (Se=96.5%,
95%IC 94.1-98,1; Sp=98.2%, 95%IC 96.3-99.3). In addition PEDV
ELISA was able to detect positive experimental sera starting from
5-7 days post-infection.
rimento. La concordanza è stata valutata con il calcolo del valore
statistico Kappa. Nel secondo step sono stati utilizzati 762 sieri suini conferiti nel corso del 2014-2015. Il campionamento è stato così
suddiviso: 373 sieri positivi provenienti da 17 allevamenti nei quali
è stata diagnosticata la presenza di PEDV mediante RT-PCR (4); 389
sieri negativi provenienti da 12 allevamenti selezionati senza sintomatologia clinica riferibile a infezione da PEDV e ubicati in aree
PEDV-free; 30 sieri di suini SPF. Le performances diagnostiche del
metodo sono state acquisite utilizzando come approccio il metodo
della curva ROC, che è stata applicata per la diluizione dei sieri
1/4. Nel terzo step sono stati esaminati campioni provenienti da
infezioni sperimentali: n. 5 suini di 3 settimane di età infettati con
il ceppo US PEDV INDEL; n. 3 suini di tre settimane di età infettati
con il ceppo Italian PEDV INDEL (1/2015).
INTRODUZIONE:
La Diarrea Epidemica del suino (Porcine Epidemic Diarrhoea =
PED) è una malattia virale che si manifesta con inappetenza e diarrea liquida ed è caratterizzata da elevata morbilità in tutte le età
(80-100%). La mortalità è bassa, ma può arrivare al 50-100% nei
casi più gravi nei suinetti sottoscrofa e in svezzamento (6). La PED
è stata segnalata per la prima volta in Europa (UK) nel 1971 e in
seguito in altri Paesi Europei. Negli anni novanta è stata riscontrata con progressiva frequenza in Asia (Giappone, Korea, Filippine,
Tailandia, Cina). A partire dal 2013 si è diffusa anche nel continente americano, dapprima in USA e in Canada dove ha causato oltre
9000 focolai, infettando circa il 50% degli allevamenti da riproduzione e in seguito al Centro e Sud-America (Colombia, Repubblica
Domenicana, Mexico, Perù) e alle Hawaii (2). Sono stati rilevati
due ceppi virali geneticamente distinti, il primo dei quali (Colorado 2013) viene considerato a maggior virulenza del secondo
(OH851) comparso successivamente.
In Italia la PED è presente sin dai primi anni ‘90 e, da allora ha avuto un andamento ciclico con picchi epidemici, l’ultimo dei quali nel
periodo 2005-2006 (5). Più di recente, la PED è ricomparsa nel nostro Paese, inizialmente con due casi nel 2014 e poi con un’ondata
epidemica nel 2015-2016. A differenza dei ceppi PEDV “classici”
identificati fino al 2012, il virus responsabile di questi focolai è
geneticamente simile al ceppo americano OH851.
Il seguente lavoro descrive lo sviluppo e la validazione di una metodica ELISA sierologica, tipo “antigen capture”, basata sull’uso di
anticorpi monoclonali (MAbs) prodotti verso il ceppo di referenza
europeo (CV-777), per l’identificazione di anticorpi specifici.
La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute cod. RCIZSUM
014/2014
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Anticorpi monoclonali Sono stati ottenuti 47 ibridomi producenti
AcM con reattività specifica e tra questi selezionati 6 AcM. Sono
state valutate diverse combinazioni di AcM ed è stata individuata
la combinazione, che forniva i migliori risultati: AcM 1F12 cattura
e AcM 4C3 coniugato.
Validazione del test sierologico ELISA “antigen-capture” Nel primo
step i sieri sono stati esaminati in parallelo con le due metodiche
descritte ed i risultati sono illustrati nella tabella 1.
Nel secondo step il valore ottimale di cut-off stimato con l’analisi
della curva ROC era 56% di inibizione alla prima diluizione (1/4), il
quale va associato a valori di sensibilità (Se) e specificità (Sp) analitica: Se=97.8% (95% IC 95.8-99.1), Sp=97.7% (95% IC 95.7-98.,9)
ed a una “area under curve” AUC=0.992. Considerate le eccellenti
prestazioni dell’ELISA PEDV e per semplificare la lettura e interpretazione dei risultati si è deciso di scegliere come cut-off di lettura
il 60% di inibizione, valore che, comunque, va associato a valori
molto elevati di Se e Sp (Se=96.5%, 95%IC 94.1-98.1; Sp=98.2%,
95%IC 96.3-99.3).
I grafici 1 e 2 riportano i risultati ottenuti nel terzo step.
La metodica ELISA “antigen-capture” è risultata in grado di identificare come positivi i sieri di animali infettati sperimentalmente a
partire da 5-7 giorni p.i.
Obiettivo di questo studio è stato lo sviluppo e la validazione di
una metodica ELISA per la ricerca di anticorpi anti-PEDV. I risultati
ottenuti confermano l’elevata concordanza con la metodica di immunoperossidasi, considerata come metodo di riferimento.
L’analisi della curva ROC ha evidenziato valori elevati di sensibilità e specificità, rispettivamente del 96.5% e 98.2%. La metodica,
inoltre, è risultata in grado di rilevare anticorpi nei confronti di
ceppi di PEDV appartenenti a differenti genotipi e di rilevare entrambe le classi anticorpali, IgG e IgM, da sieri di suini infettati a
partire da 5-7 giorni p.i.
Il test si rende, quindi, idoneo al monitoraggio della situazione
immunitaria all’interno degli allevamenti suinicoli e rappresenta
un valido supporto per impostare un programma di controllo della
malattia.
MATERIALI E METODI:
Virus Il ceppo di referenza di PEDV (CV 777) è stato propagato in
cellule Vero, come descritto da Hofmann and Wyler (3).
Anticorpi Monoclonali La produzione degli anticorpi monoclonali
(AcM) è stata effettuata secondo la metodica standardizzata (1).
ELISA sierologica E’ stata allestita una ELISA “antigene-capture”.
Sieri La validazione della metodica ELISA è stata condotta attraverso tre step. Dapprima sono stati utilizzati 296 sieri suini provenienti da 11 allevamenti, conferiti nel corso del 2006-2007. Sono stati
esaminati, inoltre, 30 sieri di suini SPF. L’ELISA “antigen-capture”
è stata valutata utilizzando l’immunoperossidasi come test di rife-
242
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
072
DIAGNOSI SIEROLOGICA DI BESNOITIOSI BOVINA: TRE TEST DI CONFERMA A CONFRONTO
Keywords: Besnoitia besnoiti, IFAT, Western blotting
Taddei R.[4], Renzi M.[4], Procopio A.[1], Canelli E.[2], Galletti G.[1], Gentile A.[3], Merialdi G.[4], Tamba M.[1], Schares G.[5]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e Emilia Romagna, Sorveglianza Epidemiologica Emilia-Romagna (SEER)
~ Bologna ~ Italy, [2]Università di Parma, Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie ~ Parma ~ Italy, [3]Università di Bologna,
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie ~ Bologna ~ Italy, [4]Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia
Romagna, Sezione di Bologna ~ Bologna ~ Italy, [5]Friedrich-Loeffler-Institut, Federal Research Institute for Animal Health, Institute of
Epidemiology ~ Greifswald - Insel Riems ~ Germany
[1]
Tabella 1. Confronto dei risultati ottenuti in immunoperossidasi ed in
ELISA per i sieri di campo
MATERIALI E METODI:
Un pannello di 38 campioni di siero raccolti nel corso dell’anno 2015
da 5 allevamenti localizzati in Emilia Romagna, già reattivi al test ELISA
commerciale PrioCHECK Besnoitia Ab2.0 kit (Prionics) è stato utilizzato
nel presente lavoro. Il test ELISA è stato eseguito secondo le istruzioni
fornite dal produttore, per ogni campione e stato calcolato un valore percentuale di positività (PP) (PP =OD450nm campione/OD450nm controllo
positivo×100). Il campione viene classificato come negativo se PP <17,
inconclusivo se 17 ≤PP <23 e positivo se PP≥ 23.
Dei 38 campioni inclusi nell’analisi 27 sono risultati positivi e 11 inconclusivi. Per ogni allevamento sono stati inclusi nell’analisi sia campioni
classificati come positivi che campioni risultati inconclusivi, in numero
variabile da 3 a 11.
Il pannello di sieri è stato sottoposto alle seguenti analisi secondo il protocollo previsto da Schares e collaboratori (2010)(9):
- Western blotting: sono stati eseguiti due protocolli utilizzando come
antigene i tachizoiti o i bradizoiti. In entrambi i casi, la diagnosi è basata
su 10 bande specifiche: in ogni campione la presenza di almeno quattro
bande è stata considerata come risultato positivo.
- IFAT: il titolo di 1/200 è stato considerato come soglia della positività
del metodo.
La combinazione dei risultati dei tre test sierologici considerato “sistema
di riferimento sierologico” prevede che un campione venga considerato
positivo se risulta positivo ad almeno due dei tre test applicati.
E’ stato calcolato il grado di accordo tra i risultati ottenuti dai tre test
di conferma considerati singolarmente ed il risultato ottenuto secondo
il sistema sierologico di riferimento. L’analisi statistica è stata effettuata
utilizzando il “VassarStats’ Clinical Calculator 1” (http://faculty.vassar.
edu/lowry/clin1.html). L’accordo espresso dai risultati del valore Kappa
viene classificato in: eccellente (0,81-1), consistente (0,61-0,8), moderato (0,41-0,6), debole (0,21 - 0,4), scarso (0-0,2).
SUMMARY:
Bovine besnoitiosis is a chronic disease caused by protozoal Besnoitia besnoiti, recognized t in 2010 by EFSA as an emerging disease in Europe. In
order to increase the significance of serological surveys, the use of ELISA
kits as screening test with subsequent confirmation analysis is recommended. The objective of this work is to compare the performance of
three confirmatory test (two Western Blotting protocols and one IFAT
test) on a panel of 38 serum samples reactive to the commercial ELISA
PrioCHECK Besnoitia Ab2.0 kit (Prionics). Our study corroborates that
ELISA screening results needs to be further confirmed. The confirmation
of reactive results could be limited to the analysis of positive samples not
including the inconclusive results. IFAT test showed higher performance.
Taking into account the lower laboriousness, the greater ease of access to
less specialized laboratories and the lower cost, the IFAT the would be the
preferable test among the three evaluated in this work.
Grafico 1. Risultati sierologici ottenuti nella prima infezione sperimentale in 5 sieri di suino (ordinata % di inibizione, cut-off 60%)
INTRODUZIONE:
La besnoitiosi bovina è una malattia protozoaria cronica e debilitante
causata da Besnoitia besnoiti, coccidio formante cisti appartenente alla
famiglia Sarcocystidae (come Toxoplasma spp., Neospora spp. e Sarcocystis spp.).
Sin dalla prima descrizione della malattia (1), nel vecchio continente la
besnoitiosi sembrava confinata alla zona del Mediterraneo occidentale
fino allo scorso decennio quando si è assistito ad una sua vasta diffusione tanto da essere riconosciuta dall’EFSA nel 2010 come malattia
emergente in Europa (2). In Italia, animali infetti sono stati descritti per
la prima volta nel 1994 tra capi importati dalla Francia, ma solamente
nel 2009 la malattia è stata segnalata in focolai autoctoni nell’Appennino
settentrionale (3).
In contrasto con la distribuzione puntiforme di questi focolai, due successive indagini sierologiche basate unicamente su tecnica ELISA hanno riportato alti valori di sieroprevalenza in Italia meridionale (4) ed in
Italia centrale (5). Al contrario, nel 2014, un’indagine epidemiologica
eseguita in Lombardia, Piemonte, Liguria e Sardegna con tecnica ELISA e conferma mediante Western blotting (6) ha individuato la malattia
esclusivamente in un numero limitato di focolai, localizzati in 5 aziende
della Lombardia.
Per la ricerca di anticorpi anti-B. besnoiti sono stati messi a punti diversi
saggi immunologici: immunofluorescenza (IFAT), Western blotting, Kit
ELISA in house o commerciali. Poiché sono state descritte possibili crossreazioni con Apicomplexa strettamente correlati a Besnoitia spp. quali
Sarcocystis spp., Toxoplasma gondii e Neospora caninum (7), al fine di
aumentare la significatività dei risultati delle indagini sierologiche, si raccomanda l’utilizzo dei kit ELISA per l’esecuzione di analisi di screening
con successiva conferma dei campioni risultati positivi mediante test di
conferma (8).
Scopo del presente lavoro è la valutazione comparativa delle performance di tre test di conferma (due protocolli Western Blotting ed un
protocollo IFAT) testati in parallelo su un pannello di 38 campioni già
reattivi ad un test ELISA del commercio utilizzato come test di screening.
Grafico 2. Risultati ottenuti nella seconda infezione sperimentale in 3
sieri di suino (ordinata % di inibizione, cut-off 60%)
BIBLIOGRAFIA:
1. Galfre G. and Milstein C. (1981) “Preparation of monoclonal antibodies,
strategies and procedure”. Methods Enzymol. 73, 3-5.
2. Goede D.P., Morrison R.B. (2014). PED incidence, time to stability and production impact. In: Allen D. Leman Swine Conference. St. Paul, MN, USA, https://docs.google.com/a/umn.edu/file/
d/0BzGsnfsQ28heNEJlaHlCamRLTkE/edit.
3. Hofmann M. and Wyler R. (1988) “Propagation of the virus of porcine
epidemic diarrhoea in cell culture”. J. Clin. Microbiol. 26, 2235-2239.
4. Kim S.Y., Song D.S., Park, B.K. (2001). Differential detection of transmissible gastroenteritis virus and porcine epidemic diarrhoea virus by duplex
RT-PCR. Journal of Veterinary Diagnostic Investigation 13: 516-520.
5. Martelli P., Lavazza A., Nigrelli A.D., Merialdi G., Alborali L.G., Pensaert
M.B. (2008). An epidemic of diarrhoea caused by Porcine Epidemic Diarrhoea virus in Italy. Vet. Rec 162(10):307-310.
6. Saif L.J., Pensaert M.B., Sestak K., Yeo S.-G., Jung K. (2012). Coronaviruses
in J.J. Zimmerman, L.A. Karriker, A. Ramirez, K.J. Schwartz, G.W. Stevenson
(Eds.), Diseases of Swine, John Wiley & Sons, West Sussex, UK pp. 501-524.
244
RISULTATI E CONCLUSIONI:
I risultati dei tre test di conferma eseguiti sul pannello di 38 campioni
sono riassunti nella tabella 1. Dei 27 campioni risultati positivi al test di
screening, 9 campioni sono risultati negativi ai tre test di conferma, 3
campioni sono risultati positivi ad 1 test di conferma, 3 campioni positivi
a 2 test di conferma e 12 campioni positivi ai 3 test di conferma. Secondo
il sistema sierologico di riferimento, 12 campioni sono stati classificati
come negativi e 15 come positivi.
Degli 11 campioni risultati inconclusivi allo screening ELISA, 1 è risultato
positivo ad un test di conferma e nessun campione è risultato positivo
secondo il sistema sierologico di riferimento.
L’analisi dell’accordanza dei risultati ottenuti con i tre test considerati
singolarmente ed il sistema sierologico di riferimento ha dato nei tre casi
risultati “eccellenti”: test Western blotting con tachizoiti come antigene
valore di kappa di 0.8328 (C.I. 95%: 0.652-1) e tre risultati discordanti,
test Western blotting con bradizoiti come antigene valore di kappa di
0.8403 (C.I. 95%: 0.6691-1) e tre risultati discordanti, test IFAT valore
di Kappa di 0.9443 (C.I. 95%: 0.8367-1) ed un risultato discordante.
245
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
073
SVILUPPO E VALIDAZIONE DI TEST DIAGNOSTICI PER LA DIAGNOSI INDIRETTA DELLA IMMUNODEFICIENZA BOVINA
In conclusione, dal nostro studio, sebbene eseguito su un numero
limitato di campioni, si evidenzia e si conferma la necessità dell’esecuzione di un test sierologico di conferma a seguito dello screening
effettuato mediante tecnica ELISA. L’esecuzione del test di conferma
si potrebbe limitare all’analisi dei soli campioni risultati positivi al test
ELISA di screening, valutati i risultati ottenuti sui campioni inconclusivi
analizzati. I risultati ottenuti con i tre test di conferma sono in consistente accordo. Tuttavia, il test di immunofluorescenza IFAT ha mostrato performance superiori in termini di accordanza con i risultati ottenuti con il sistema sierologico di riferimento (valore kappa maggiore).
In considerazione inoltre della minore laboriosità, del minore livello
di specializzazione richiesto per l’esecuzione, dei costi inferiori e dei
minori tempi tecnici di risposta, si ritiene il test IFAT il preferibile tra i
tre sottoposti a confronto.
Keywords: Immunodeficienza bovina, immunoblotting, ELISA
Torresi C.[1], Giammarioli M.[1], Casciari C.[1], Pellegrini C.[1], Pierini I.[1], Petrini S.[1], Feliziani F.[1], De Mia G.M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche - Perugia. ~ Perugia ~ Italy
[1]
Tabella 1: Numero dei campioni risultati positive ai 3 test di conferma
effettuati, suddivisi in base all’esito (inconclusivo o positivo) del test
ELISA di screening.
BIBLIOGRAFIA:
1. Besnoit, C., Robin, V., 1912. Rec.Vet. 37, 649.
2. European Food Safety Authority. EFSA (2010). EFSA J 8:1499-1514
3. Gentile A, Militerno G, Schares G, Nanni A, Testoni S, Bassi P, Gollnick NS. Vet Parasitol. 2012 Mar 23;184(2-4):108-15.
4. Rinaldi L, Maurelli MP, Musella V, Bosco A, Cortes H, Cringoli G. Parasitol Res. 2013 Apr;112(4):1805-7.
5. D’Avino N, Maresca C, Costarelli S, Filippini G, Gentile A, Felici A,
Dettori A, Sebastianelli M, Broccatelli S, Cordovani E, Righi C. In Proceedings of XXVIIICongres of the Italian Society of Parasitology. Rome,
Italy: 2014:189.
6. Gazzonis AL, Garcia G, Zanzani SA, Garippa G, Rossi L, Maggiora M,
Dini V, Invernizzi A, Luini M, Tranquillo VM, Mora L, Manfredi M. Parasit Vectors. 2014 Dec 10;7(1):585.
7. García-Lunar P, Moré G, Campero L, Ortega-Mora LM, ÁlvarezGarcía G. Vet Parasitol. 2015:214(1-2):49-54.
8. Alvarez-García G, Frey CF, Mora LM, Schares G. Trends Parasitol.
2013 Aug;29(8):407-15.
9. Schares G., Basso W., Majzoub M., Rostaher A., Scharr J.C., Langenmayer M.C., Selmair J., Dubey J.P, Cortes H.C., Conraths F.J., Gollnick
N.S. Vet Parasitol 171 (2010) 32-40.
SUMMARY:
Bovine immunodeficiency virus (BIV) is a chronic progressive disease
affecting cattle and buffaloes. There are only few information available about BIV circulation, although the infection has been described
in many countries. The aim of this study was the development and
the validation of diagnostic tools for the indirect diagnosis of BIV
infection in cattle. For this purpose, the recombinant protein CA-BIV
p26 was produced and used both in an “in house” ELISA and in Immunoblotting test (IB). A statistical analysis (ROC curve) was used
to support the ELISA performance. The ELISA test was further employed for field investigation on 2,575 serum samples and the Immunoblotting has been used as confirmatory test. The results showed
a seroprevalence of 2.95% providing additional epidemiological data
on the presence of BIV in Italy. Nevertheless, further investigations
on epidemiology of BIV are needed to address the importance of this
infection in cattle population.
nante sopra descritta e sieri di riferimento positivi e negativi per BIV. I
sieri sono stati diluiti 1:20 e incubati per una notte a 4°C. La reazione è
stata rivelata con un anticorpo monoclonale anti-bovino marcato con
perossidasi ed aggiunta del substrato.
Il test ELISA è stato allestito adsorbendo alla piastra la proteina ricombinate (60 ng/100 µl), per una notte a 4°C. Il protocollo prevede la
diluizione 1:20 in dei sieri di controllo e dei sieri da saggiare e la loro
incubazione per 90 min. a 37°C. Successivamente si aggiunge l’anticorpo secondario anti-bovino marcato con perossidasi (90 min. a 37°C)
e si procede alla lettura colorimetrica. Per la validazione del kit ELISA
sono stati utilizzati 305 sieri bovini negativi e 73 sieri positivi, preventivamente verificati in Immunoblotting.
Il test è stato quindi utilizzato per saggiare campioni di campo, selezionati in modo randomizzato, al fine di individuare eventuali capi positivi
e verificare la sieroprevalenza del BIV. A tal fine sono stati saggiati,
2.575 sieri di campo provenienti dal territorio di competenza.
INTRODUZIONE:
Il virus della Immunodeficienza Bovina (BIV) appartiene al genere
Lentivirus, famiglia Retroviridae. I Lentivirus colpiscono diverse specie animali causando un’infezione persistente e permanente. Il provirus rimane latente per molti anni senza dare problemi all’ospite,
ma in presenza di fattori predisponenti, infezioni, stress, età, può
riattivarsi in particelle di virus infettante all’interno dell’ospite. Il BIV
causa infezione nel bovino e nel bufalo, anche se l’infezione non è
mai stata associata ad una sindrome clinica ben specifica (1,3,4,6).
Molti Paesi hanno riportato infezioni indotte da BIV: USA, Canada,
Germania, Giappone, Australia, Corea, Costa Rica, Pakistan, Brasile,
Nuova Zelanda, Bali, Zambia, India ed anche Italia (5,7). Dal punto
di vista diagnostico, non esistono test di screening commerciali nei
confronti di questa infezione e neppure idonei test di conferma che
possano fungere da “gold standard”.
L’obiettivo del presente studio è stato pertanto quello di implementare adeguati protocolli diagnostici sia di screening che di conferma,
in grado di svelare l’eventuale presenza del BIV nel territorio nazionale.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi statistica dei risultati ottenuti in ELISA ha confermato, attraverso la costruzione di una curva ROC, l’attendibilità del kit. Il valore
AUC di 0,997 ottenuto, indica infatti una accuratezza del test molto
buona. I valori di sensibilità e specificità analitica del test ELISA CABIV p26 sono stati rispettivamente del 100% e del 99,70%.
Per quanto riguarda i sieri di campo, 73 sono risultati positivi e sono
stati confermati come tali anche in Immunoblotting (figura 1). Dai
dati analizzati, è stato quindi possibile evidenziare una siero prevalenza di anticorpi anti CA-BIV p26 del 2,95 %.
Lo sviluppo di un kit ELISA basato sull’utilizzo della proteina ricombinante CA-BIV p26 ha prodotto risultati soddisfacenti. Il saggio di
Immunoblotting è stato utilizzato con successo come gold standard”
per confermare la reale positività dei campioni analizzati. L’analisi
statistica dei risultati del test ELISA, attraverso la costruzione di una
curva ROC, ha supportato l’attendibilità del kit (figura 2). In conclusione, l’applicazione del test ELISA e del corrispondente test di conferma ci hanno permesso di verificare la reale presenza di anticorpi
anti CA-BIV p26 nel territorio italiano contribuendo ad accrescere le
conoscenze su una tematica così poco nota. Ulteriori indagini saranno necessarie per verificare la reale circolazione del BIV e l’eventuale
ruolo che può svolgere, ad esempio, come concausa di altre patologie
intercorrenti.
MATERIALI E METODI:
Sulla base di studi precedenti la proteina capsidica CA-p26 del virus BIV è stata scelta come proteina da utilizzare per lo sviluppo di
un test ELISA “home made” di screening e di un test di conferma
(Immunoblotting) (2). I primers, recanti siti di restrizione per l’endonucleasi BamHI e HindIII, sono stati disegnati sulla sequenza del
virus BIV R29 disponibile in banca dati (accession number M32690),
ed utilizzati per amplificare la regione target di interesse. Il prodotto di amplificazione è stato purificato, clonato nel vettore clonaggio
pCR®-blunt, e sequenziato in entrambe le direzioni. Il frammento è
stato recuperato tramite digestione enzimatica ed è stato preparato
il vettore di espressione procariotica pQE32 al fine di ottenere il construtto pQE32/p26BIV. La proteina ricombinante (CA-BIV p26) è stata
prodotta in E. coli M15 ed è stata purificata tramite cromatografia per
affinità (Ni-NTA Agarose) e successivamente quantificata.
Il saggio di Immunoblotting è stato allestito con la proteina ricombi-
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Figura 1: Test di Immunoblotting CA-BIV p26 su sieri di campo.
247
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074
CEPPO INFLUENZALE AVIARIO H3N6 E TARGET CELLULARE IN TRATTI RESPIRATORI DI POLLO,
SUINO E FURETTO
Keywords: virus-istochimica, target cellulare, ceppo H3N6
Zanardello C.[1], Bonfante F.[2], Bigolaro M.[1], Maniero S.[2], Mazzetto E.[2], Mutinelli F.[1], Terregino C.[2], Vascellari M.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Diagnostica Specialistica Istopatologia e Parassitologia ~ Legnaro (PD) ~ Italy,
[2]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Virologia Speciale e Sperimentazione ~ Legnaro (PD) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The tissue tropism is one of the most important factor in the virus
pathogenesis and depends largely on the ability of the virus to attach
to the host cells. Virus-histochemistry (VHC) is a novel technique that
directly investigates the binding of viruses to formalin-fixed paraffinembedded (FFPE) tissues. Application of VHC on emerging viruses using animal and human tissues, delivers important information regarding the virus host preference, tissue and cell tropism. In this study, 50
haemagglutinating units (HAU) of fluorescein isothiocyanate (FITC)-labelled low pathogenic avian influenza virus were incubated on ferret,
swine and chicken FFPE respiratory tissue sections. Incubation with an
anti-FITC policlonal antibody and the AEC as chromogen revealed the
virus binding site to the host cells. The virus attachment studies may
contribute to a better understanding of the pathogenesis of some viral
diseases and their zoonotic potential.
Figura 2: Analisi statistica kit ELISA “home made” (curva ROC).
BIBLIOGRAFIA:
1. Belloc C, Polack B, Schwartz-Cornil I, Brownlie J, Lévy D., 1996. Bovine immunodeficiency virus: facts and questions. Vet. Res., 27, 395402, 1996.
2. Bhatia S, Bhatia AK, Sood R, Pattnaik B, Pradhan HK. 2006. Serological evidence of bovine immunodeficiency virus infection in cattle and
buffalo through use of recombinant capsid (P26) protein based immunoassay. J Immunol. Immunopathol. 8, 128-129.
3. Bhatia S, Patil SS, Sood R. 2013. Bovine immunodeficiency virus: a
lentiviral infection. Indian J Virol. 3, 332-41.
4. Brownlie J, Collins ME, Heaton P. 1994. Bovine immunodeficiencylike virus - a potential cause of disease in cattle ? Vet Rec 134, 289-291.
5. Burkala EJ, Ellis TM, Voigt V, Wilcox GE. 1999. Serological evidence
of an Australian bovine lentivirus. Vet Microbiol.;68, 171-177.
6. Cockerell GL, Jensen WA, Rovank J, Ennis WH, Gonda MA. 1992.
Seroprevalence of bovine immunodeficiency-like virus and bovine leukemia virus in a dairy cattle herd. Vet Microbiol. 31, 109-116.
7. Cavirani S, Donofrio G, Chiocco D, Foni E, Martelli P, Allegri G, Cabassi CS, De Iaco B, Flamming CF. 1998. Seroprevalence to bovine immunodeficiency virus and lack of association with leukocyte counts in
Italian dairy cattle. Prev Vet Med.; 37, 147-157.
dogena è stata eseguita con perossido di idrogeno al 3% per 10 minuti.
I siti aspecifici sono stati bloccati utilizzando 150 ml di tampone TNB
blocking (0.1 M TRIS-HCl pH 7.5; 0.15 M NaCl; 0.5 % Blocking reagent
- Perkin Elmer) per 30 minuti a temperatura ambiente (t.a.). Le sezioni sono state incubate a 4°C per una notte con 50 unità emoagglutinanti (HAU) del virus influenzale aviario a bassa patogenicità H3N6
A/mallard/Italy/3342/2006 coniugato con FITC. In ciascuna prova è
stata inserita, per tutti gli organi esaminati, una sezione in cui è stato
omesso il virus per evidenziare eventuali amplificazioni aspecifiche. E’
stato utilizzato un siero policlonale di coniglio-anti FITC/HRP Rabbit F
(Dako) con diluizione 1:100. Il segnale è stato amplificato attraverso il
sistema commerciale di amplificazione Biotina-Streptovidina TSA Plus
Biotin kit (Perkin Elmer). Le sezioni sono state incubate per 20 minuti
a t.a. con il cromogeno AEC (Sigma), contrastate con ematossilina e
montate in glicerolo-gelatina (Sigma). I vetrini sono stati poi osservati
al microscopio ottico dove l’adsorbimento del virus al tessuto dell’ospite è stato visualizzato come una colorazione rossastra da granulare
a diffusa sulla superficie delle cellule epiteliali o, più raramente, a sede
citoplasmatica.
INTRODUZIONE:
Lo spettro d’ospite ed il tropismo respiratorio dei virus influenzali
umani ed animali di tipo A dipendono in larga parte dalla conformazione della principale glicoproteina di superficie, l’emoagglutinina, deputata all’adesione del virus ai recettori cellulari. In presenza di focolai
di influenza, la caratterizzazione della specificità recettoriale dei virus
rappresenta una attività di approfondimento diagnostico indispensabile per la comprensione del potenziale zoonotico e diffusivo del patogeno. Tradizionalmente questi approfondimenti si basano su saggi
ELISA in cui analoghi recettoriali di sintesi vengono incubati con il virus
al fine di calcolarne l’affinità di legame (1) o, in alternativa, in studi in
vivo su modelli animali quali il furetto, la cavia ed il topo. In questo
studio vengono descritte le potenzialità di una metodica alternativa
denominata virus-istochimica (VHC), in grado di visualizzare, su sezioni
di tessuto in paraffina l’adsorbimento virale in diversi distretti tissutali.
Il razionale alla base di questa tecnica risiede nell’evidenza che i tessuti inclusi in formalina conservano i recettori necessari per l’adsorbimento virale. Inoltre, l’adsorbimento del virus influenzale ai recettori glicoproteici si basa su legami a idrogeno, presenti a prescindere
dalla vitalità dell’agente, caratteristica che permette l’utilizzo di virioni
inattivati. La possibilità di utilizzare tessuti paraffinati appartenenti a
diverse specie animali, inclusa quella umana, rende la metodica particolarmente interessante per studi comparati uomo-animale, nel pieno
rispetto dei principi delle 3R. L’elevata specificità della metodica permette inoltre di rilevare cambiamenti nel pattern di adsorbimento virale, in presenza di singole mutazioni della emoagglutinina influenzale
(2,3). In questo studio è stata indagata la preferenza recettoriale di un
ceppo influenzale aviario del sottotipo H3N6 in organi di pollo, suino e
furetto al fine di studiarne il potenziale zoonosico.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Il ceppo influenzale aviario H3N6 ha dimostrato positività diverse a
seconda del tratto respiratorio e delle specie animali esaminate. Nel
pollo è stata evidenziata una diffusa e brillante positività a carico della superficie delle cellule epiteliali ciliate sia a sede tracheale (Figura
1) che bronchiale. In sede tracheale si è osservata inoltre multifocale
positività anche a carico delle cellule caliciformi mucipare ed in particolar modo del muco in esse contenuto. I campioni di furetto hanno
evidenziato focale positività tracheale a carico della superficie delle
cellule epiteliali ciliate (Figura 2) e multifocale positività del muco delle
cellule caliciformi nei cornetti nasali senza coinvolgimento della parte
più superficiale dell’epitelio. Nessuna positività è stata invece riscontrata nelle sezioni di trachea suina esaminate.
L’utilizzo della VHC permette di studiare il primo fondamentale stadio
nel ciclo replicativo di un virus, l’adsorbimento. Le prove eseguite in
questo studio con un virus aviario a bassa patogenicità hanno confermato il tropismo tissutale atteso (4), evidenziando una forte specificità per
i tessuti respiratori di pollo ed uno scarso o nullo potere infettante nei
confronti degli epiteli respiratori di furetto e suino rispettivamente. La
moderata e multifocale positività riscontrata nel muco nelle cellule caliciformi dei cornetti nasali di furetto potrebbe suggerire al contrario un
efficace meccanismo della clearance muco-ciliare nei confronti del virus
da parte dell’apparato respiratorio di questa specie animale. L’adsorbimento di un virus al sito recettoriale cellulare non è di per se sufficiente
a garantire la replicazione virale, tuttavia il suo studio attraverso questa
metodica permette non solo di individuare le preferenze in termini di
tessuto, cellula e specie ospite, ma può fornire anche informazioni importanti sulla possibile pericolosità di un virus emergente e sul suo potenziale zoonosico, come anche, in prospettiva, sulle eventuali strategie
terapeutiche. In conclusione, considerata l’utilità della metodica VHC
nello studio della patogenesi delle infezioni virali, la stessa potrebbe
utilmente affiancarsi alle procedure di laboratorio attualmente in uso.
MATERIALI E METODI:
Sezioni di trachea e polmone di pollo, trachea di suino e trachea e cornetti nasali di furetto fissate in formalina ed incluse in paraffina sono
state tagliate a 3 micron di spessore, sparaffinate attraverso passaggi
in xilene ed etanolo assoluto e successivamente idratate attraverso
gradazioni decrescenti di alcol etilico. L’inibizione della perossidasi en-
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POSTER
Fig.1: Trachea di pollo: diffusa e brillante positività a carico della superficie delle cellule epiteliali ciliate. VHC, 40X
6
SICUREZZA ALIMENTARE
Fig. 2: Trachea di furetto: focale positività a carico della superficie delle
cellule epiteliali ciliate. VHC, 40X
BIBLIOGRAFIA:
1. Matrosovich M, Tuzikov A, Bovin N, Gambaryan A, Klimov A, Castrucci MR, Donatelli I, Kawaoka Y. 2000. Early alterations of the receptorbinding properties of H1, H2, and H3 avian influenza virus hemagglutinins after their introduction into mammals. J Virol 74(18):8502-8512.
2. Van Riel D, Munster VJ, de Wit E, Rimmelzwaan GF, Fouchier R a M,
Osterhaus ADME, Kuiken T. 2007. Human and avian influenza viruses
target different cells in the lower respiratory tract of humans and other mammals. Am J Pathol 171(4):1215-1223.
3. Siegers JY, Short KR, Leijten LME, de Graaf M, Spronken MIJ, Schrauwen EJ, Marshall N, Lowen AC, Gabriel G, Osterhaus AD, Kuiken T, van
Riel D. 2014. Novel avian-origin influenza A (H7N9) virus attachment
to the respiratory tract of five animal models. J Virol 88(8):4595-4599.
4. Costa T, Chaves AJ, Valle R, Darji A, van Riel D, Kuiken T, Majó N, Ramis A. 2012. Distribution patterns of influenza virus receptors and viral
attachment patterns in the respiratory and intestinal tracts of seven
avian species. Vet Res 43(1):28.
250
251
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075
PRESENZA DI EUSTRONGYLIDES SP. (NEMATODA: DIOCTOPHYMATIDAE)
IN SPECIE ITTICHE DEL LAGO TRASIMENO (UMBRIA): DATI PRELIMINARI
Keywords: Eustrongylides sp., larve, lago Trasimeno
Agnetti F.[1], Sensidoni L.[2], Di Raimo Marrocchi E.[1], Lo Vaglio G.[3], Sgariglia E.[1], Valentini A.[1], Ghittino C.[1],
Caffara M.[4], Gustinelli A.[4], Fioravanti M.L.[4]
Centro Regionale di Riferimento per l’Ittiopatologia, IZS Umbria e Marche ~ Terni ~ Italy, [2]Veterinario Libero Professionista, Specialista
in Ispezione degli Alimenti O.A. ~ Terni ~ Italy, [3]ASL Umbria 1, Igiene degli alimenti di origine animale, Area del Trasimeno ~ Perugia ~
Italy, [4]Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Alma Mater Studiorum Università di Bologna ~ Ozzano Emilia (BO) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The present paper shows the preliminary data about the identification of Eustrongylides sp. larvae found in fish of the Trasimeno lake
(Umbria) during 2015-2016. 100 specimens have been examined,
65 perches and 35 bleak. Visual examination has revealed larvae of
nematodes in the musculature of 11 (16.9%) perches and 5 (14.3%)
bleak, with an average infestation intensity of 1 and 2 parasites/host
respectively. 10 larvae were subjected to morphological study, which
allowed the identification as L4 larvae of Eustrongylides sp. Molecular
analyses are underway in order to identify the species of the nematodes. Since the potential zoonotic role of Eustrongylides sp. and the
growing tendency to consumption of raw or undercooked fish, is extremely interesting to study the epidemiology of the parasite not
only in Trasimeno, but also in other lakes, in order to understand the
mechanisms of transmission, provide apposite monitoring measures
and apply appropriate sanitary measures.
congelamento previste dalla normativa vigente.
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati 100 pesci, di cui 65 pesci persico (P. fluviatilis,
Percidae), di lunghezza fra 20 e 30 cm, e 35 alborelle (Alburnus alburnus, Cyprinidae), di lunghezza fra 5 e 10 cm, pescati da cooperative del Trasimeno e campionati dai Servizi Veterinari territorialmente
competenti durante il 2015-2016. I campioni sono stati sottoposti ad
esame visivo degli organi interni e della muscolatura previo sfilettamento. I parassiti rinvenuti sono stati raccolti, lavati in soluzione
fisiologica e fissati in alcool etilico 70°. Successivamente 50 g di muscolo prelevati da pool dei vari esemplari, poi sminuzzati ed omogeneizzati, sono stati sottoposti a digestione artificiale secondo il protocollo di Thu et al. (10). 10 esemplari di parassiti rinvenuti sono stati
sottoposti a studio morfologico, previa chiarificazione in lattofenolo
di Amman, seguendo le descrizioni disponibili (5,6,7,8). Una piccola
porzione della parte mediana del corpo è stata prelevata prima della
chiarificazione e fissata nuovamente in alcool etilico 70° per successive analisi molecolari.
INTRODUZIONE:
Il genere Eustrongylides (Nematoda, Dioctophymatidae) è un parassita di uccelli ittiofagi e pesci dulciacquicoli causante un’infestazione nota in USA come Big Red Worm Disease. Sono state descritte
numerose specie fra cui E. tubifex, E. ignotus e E. excisus. Il ciclo
biologico prevede come ospiti definitivi diversi uccelli ittiofagi, nei
quali il nematode diviene adulto a livello della parete del proventricolo (1, 9) ed è in grado di causare elevate mortalità dei giovanili.
Oligocheti acquatici sono stati riconosciuti come primi ospiti intermedi a livello sperimentale, mentre pesci bentofagi rappresentano i
secondi ospiti intermedi in cui si sviluppa la larva L4 infettante. Pesci
predatori, anfibi e rettili possono fungere da ospiti paratenici. Ampiamente descritto in America, Giappone, Australia, Africa, Russia ed
in diversi paesi europei (9), in Italia il parassita è stato segnalato per
la prima volta in pesce persico (Perca fluviatilis) del lago Trasimeno
(Umbria) (2). L’interesse del mondo sanitario per questo parassita si
è sviluppato negli ultimi anni sia per la sua elevata patogenicità per
gli uccelli ittiofagi sia a seguito di alcune segnalazioni di casi umani
che ne hanno evidenziato il potenziale zoonosico (3,4). Nei pesci va
quindi considerato che, sebbene raramente associate a mortalità, le
infestazioni larvali da Eustrongylides sp. potrebbero rappresentare
un rischio sanitario per il consumatore soprattutto quando localizzate a livello muscolare. La presenza delle larve, di grandi dimensioni
e di colore rossastro, rende comunque il prodotto non commercializzabile.
Nel presente contributo vengono riportati i dati preliminari circa l’identificazione di larve di Eustrongylides sp. rinvenute in specie ittiche del Trasimeno durante il 2015-2016; in tale contesto insiste una
forte attività di pesca ed i settori della ristorazione e della commercializzazione contemplano preparazioni a base di pesce locale crudo
o poco cotto, particolarmente apprezzate dai consumatori ma potenzialmente rischiose per la trasmissione della parassitosi all’uomo,
qualora non vengano applicate le misure di bonifica preventiva con
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’esame visivo ha permesso di rilevare stadi larvali di nematodi nella
muscolatura di 11 (16,9%) dei 65 persici e di 5 (14,3%) delle 35 alborelle, con intensità di infestazione media di 1 e 2 parassiti/ospite
rispettivamente. I parassiti presentavano colore rossastro e lunghezza variabile fra 30 e 40mm. Nei 10 esemplari sottoposti ad esame
morfologico lo studio di alcuni caratteri morfometrici, riferibili in
particolare a papille cefaliche (numero, conformazione e posizione),
capsula buccale, esofago, estremità cefalica ed estremità posteriore,
primordi genitali e stratificazione cuticolare, ha permesso di identificarli come larve L4 di Eustrongylides sp. La digestione artificiale non
ha evidenziato presenza di ulteriori elementi parassitari.
I dati ottenuti, seppur preliminari, confermano la presenza di stadi
larvali di Eustrongylides sp. in pesci persico del Trasimeno, come già
segnalato recentemente (2), rilevando inoltre l’infestazione anche
nell’alborella. Sono in corso analisi molecolari per identificare a livello di specie i nematodi reperiti, data la mancanza di caratteri morfologici che possano permettere di andare oltre all’identificazione di
genere negli stadi larvali. Andranno inoltre condotte indagini mirate a chiarire il ciclo biologico del parassita nell’ecosistema del lago
Trasimeno, individuando gli ospiti intermedi invertebrati, le specie
ittiche che ne rappresentano i secondi ospiti intermedi, gli eventuali
ospiti paratenici e le specie aviarie ittiofaghe ospiti definitivi. Infine, alla luce del potenziale zoonosico di Eustrongylides sp. e della
sempre crescente tendenza al consumo di prodotti ittici crudi o poco
cotti, appare di estremo interesse studiare l’epidemiologia della parassitosi non soltanto nel Trasimeno ma anche negli altri laghi umbri
e/o del centro Italia, al fine di poterne comprendere i meccanismi di
trasmissione, apportare idonee azioni di sorveglianza ed applicare
appropriate misure contenitive.
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076
RILEVAZIONE MOLECOLARE ED INDAGINE FILOGENETICA DI CEPPI DI VIRUS DELL’EPATITE
E CIRCOLANTI IN CINGHIALI DEL SUD ITALIA
BIBLIOGRAFIA:
1) Cole R.A., 2009. Eustrongylidosis. In: Field manual of wildlife diseases - General field procedures and diseases of birds. http://www.
nwhc.usgs.gov/publications/field_manual/chapter 29.pdf
2) Dezfuli B.S. et al., 2015. Histopathology and the inflammatory
response of European perch, Perca fluviatilis muscle infected with
Eustrongylides sp. (Nematoda). Parasites & Vectors, 8:227.
3) Eberhard M.L. et al., 1989. Intestinal perforation caused by larval
Eustrongylides (Nematoda: Dioctophymatoidae) in New Jersey. Am.
J. Trop. Med. Hyg., 40: 648-650.
4) Eberhard M.L., Ruiz-Tiben E., 2014. Case Report: Cutaneous Emergence of Eustrongylides in Two Persons from South Sudan. Am. J.
Trop. Med. Hyg., 90: 315-317.
5) Lichtenfels J.R., Pilitt P.A., 1986. Eustrongylides sp. (Nematoda: Dioctophymatoidea): Differentiation of Third- and Fourth-Stage Larvae
from Killifish, Fundulus sp., collected in Chesapeake Bay Area, U.S.A.
Proc. Helminthol. Soc. Wash., 53(1): 144-148.
6) Measures L.N., 1988a. Revision of the genus Eustrongylides Jagerskhiold, 1909 (Nematoda: Dioctophymatoidea) of piscivorous birds.
Can. J. Zool., 66: 885-895
7) Measures L.N., 1988b. Epizootiology, pathology, and description
of Eustrongylides tubifex (Nematoda: Dioctophymatoidea) in fish.
Can J. Zool., 66: 2212-2222.
8) Moravec F., 1994. Parasitic nematodes of freshwater fishes of Europe. Kluwer Academic Publishers, Dordrecht, NL.
9) Spalding M.G., Forrester D.J., 2008. Eustrongylidosis. In: Parasitic
Diseases of Wild Birds, Eds. Atkinson C.T., Thomas N.J., Hunter D.B.,
John Wiley & Sons, Inc., 289-315.
10) Thu N.D. et al., 2007. Survey for zoonotic liver and intestinal
trematode metacercariae in cultured and wild fish in An Giang Province, Vietnam. Korean J. Parasitol., 45(1): 45-54.
Keywords: cinghiale, virus dell’epatite E (HEV), zoonosi
Aprea G.[1], Amoroso M.G.[1], Di Bartolo I.[2], D’Alessio N.[1], Boni A.[3], Cioffi B.[1], D’Angelantonio D.[3], Scattolini S.[3], De
Sabato L.[2], Di Sabatino D.[3], Fusco G.[1], Pomilio F.[3], Migliorati G.[3], Galiero G.[1], Guarino A.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Portici (NA) ~ Italy, [2]Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy,
[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ~ Teramo (TE) ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Hepatitis E virus (HEV) is a zoonotic pathogen. Pigs and wild boars are recognized as the natural asymptomatic reservoir and, generally, the disease
in humans evolves asymptomatically. Up to now, HEV prevalence in northern regions of Italy has been extensively determined both in wild boars
and pigs while minor data have been collected from southern. Based on
genotype classification, subtypes e and f of g3 are widely diffused in both
pig and wild boar populations. In this study, wild boars collected in three
Italian regions of Southern Italy have been investigated with an overall
HEV prevalence of 13.7% (Abruzzo region p=20.14%, Campania region
p=12.36%, Calabria region p=0%). Interestingly HEV strains belonging to
subtypes g3c and g3j have been identified as circulating in these areas. In
particular, the g3c strains clustered with wild boar HEV strains detected in
Germany and showed 91.18% nucleotide identity with strains found in pig
herds in Italy.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La prevalenza media di HEV nelle tre regioni del sud Italia indagate è risultata del 13.7%, con valori del 20.14% per l’Abruzzo e di 12.36% per la
Campania. In Calabria, nessuno degli animali è risultato positivo per HEV.
Nove campioni abruzzesi e 4 campioni campani sono risultati positivi anche alla nested RT-PCR e quindi sottoposti a sequenziamento. Tutti i ceppi
appartenevano al genotipo 3. L’albero filogenetico (figura 1) mostra come
le sequenze dei ceppi abruzzesi siano strettamente correlate con un ceppo
di origine tedesca, sottotipo g3c (Acc.n°FJ705359). Dei ceppi campani, 2
sono stati classificati come g3c (Figura 1). Gli altri 2 (NA18 e NA21) ceppi
sono vicini al sottotipo g3j, tuttavia come mostrato dall’analisi filogenetica,
tale classificazione non è supportata da valori di bootstrap adeguati. Ceppi
di HEV appartenenti al sottotipo g3j sono poco diffusi in Italia.
Inoltre i sottotipi g3c hanno mostrato un’identità nucleotidica del 91.18%
con i ceppi suini identificati in Italia negli ultimi anni (2008-2010). Importante sottolineare che i ceppi virali rilevati appartengono al genotipo 3,
considerato zoonotico e quindi in grado di infettare l’uomo. Andrebbero
pertanto condotte ulteriori indagini per verificare il potenziale rischio per
l’uomo di contrarre l’infezione in seguito al consumo di carni crude (salumi)
o poco cotte, un abitudine questa particolarmente diffusa in alcune regioni
italiane.
INTRODUZIONE:
HEV è uno dei virus responsabili di epatite nell’uomo (2). Infatti mentre
l’epatite E risulta asintomatica negli animali (suini e cinghiali), si contano
circa 20 milioni di infezioni da HEV negli esseri umani, con oltre 3 milioni di
casi clinici (circa 56.600 decessi) (6).
Il virus dell’epatite E si trasmette principalmente per via oro-fecale, nei paesi in via di sviluppo attraverso il consumo di acqua contaminata, mentre
nei paesi industrializzati sono stati descritti casi legati al consumo di carne
(cervo e cinghiale) o derivati (suino) consumati crudi.
Il virus HEV viene classificato in 4 genotipi. I genotipi g1 e g2 causano infezioni nell’uomo (paesi in via di sviluppo), mentre i genotipi g3 e g4 sono
considerati zoonotici, ed i suini ed i cinghiali sono riconosciuti come i principali reservoires. L’evidenza di trasmissione diretta di genotipi di HEV 3 e 4
dagli animali agli uomini attraverso il consumo di carne poco cotta è stata
riportata da molti autori (5). In Italia, la maggior parte dei dati raccolti in
merito alla valutazione della prevalenza di HEV in animali selvatici e domestici è limitata alle regioni centro-settentrionali (p = 3,7%). Il genotipo 3 è
quello più comunemente riscontrato con i relativi sottotipi g3e e g3f (1). In
questo lavoro è stata valutata la prevalenza di HEV nei cinghiali del Sud Italia (Abruzzo, Campania e Calabria) cacciati durante la stagione 2014-2015,
allo scopo di fornire maggiori dati per la valutazione di una prevalenza nazionale complessiva.
MATERIALI E METODI:
Duecentoottantadue campioni di fegato di cinghiale sono stati raccolti durante la stagione di caccia 2014/2015 e durante le attività di controllo della
popolazione in Abruzzo (144 Campioni), Campania (89 Campioni) e Calabria (59 Campioni). La rilevazione del genoma del virus è stata condotta
mediante Real Time RT-PCR utilizzando il protocollo descritto da Jothikumar et al. (4). Tutte le prove sono state condotte mediante 7500 Fast Real
time PCR system (Applied Biosystems). Per la valutazione dei risultati, i
campioni che mostravano valori soglia (Ct) < 40 sono stati considerati positivi. In caso di positività, i campioni sono stati sottoposti a one-step Reverse Transcription (RT) PCR (OneStep RT-PCR kit; Qiagen), seguita da una
seconda PCR (Nested PCR) (Taq PCR Master Mix Kit (Qiagen), per l’amplificazione di una regione di 348bp dell’ORF2 (3). I prodotti dell’amplificazione
sono poi stati sequenziati (Bio-Fab Research) ed utilizzati per la costruzione
dell’albero filogenetico (MEGA 6 software) (7) (Figura 1).
254
Figura 1. Albero filogenetico dei ceppi di HEV ottenuto mediante l’allineamento di un frammento di 348bp interno all’ORF2.
255
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VALUTAZIONE DELLA POSITIVITÀ ALLA RICERCA DI SALMONELLA SPP. SULLE CARCASSE DI SUINO
MACELLATE IN PROVINCIA DI BOLZANO DALL’ENTRATA IN VIGORE DEL REG. CE 218/2014
BIBLIOGRAFIA:
1. Caruso C., Modesto P., Bertolini S., Peletto S., Acutis P. L., Dondo
A. Masoero, L. 2015. Serological and virological survey of hepatitis E
virus in wild boar populations in northwestern Italy: detection of HEV
subtypes 3e and 3f. Archives of virology; 160(1), 153-160
2. Fusco, G., Aprea, G., Galiero, G., Guarino, A., & Viscardi, M. (2013).
Escherichia coli, Salmonella spp., Hepatitis A Virus and Norovirusin
bivalve molluscs in Southern Italy. Veterinaria italiana, 49(1), 55-58.
3. Huang F. F., Haqshenas G., Guenette D. K., Halbur P. G., Schommer S.
K., Pierson F. W, Meng X. J. (2002). Detection by reverse transcriptionPCR and genetic characterization of field isolates of swine hepatitis E
virus from pigs in different geographic regions of the United States.
Journal of Clinical Microbiology, 40(4), 1326-1332.
4. Jothikumar N., Cromeans T.L., Robertson B.H., Meng X.J., Hill V.R.
2006. A broadly reactive one-step real-time RT-PCR assay for rapidand
sensitive detection of hepatitis E virus. Journal of Virological Methods;
131: 65-71
5. Li T. C., Chijiwa K., Sera N., Ishibashi T., Etoh Y., Shinohara Y., Kurata
Y., Ishida M., Sakamoto S., Takeda N., Miyamura T. 2005. Hepatitis E
virus transmission from wild boar meat. Emerging Infectious Diseases;
11: 1958-1960. doi: 10.3201/eid1112.051041.
6. Lozano R., Naghavi M., Foreman K., Lim S., Shibuya K., Aboyans V.,
Abraham J. 2012. Global and regional mortality from 235 causes of
death for 20 age groups in 1990 and 2010: a systematic analysis for the
Global Burden of Disease Study 2010. Lancet;380:2095-2128.
7. Tamura K., Stecher G., Peterson D., Filipski A., Kumar S. 2013.
MEGA6: molecular evolutionary genetics analysis version 6.0. Molecular biology and evolution, 30(12), 2725-2729.
Keywords: Salmonella spp, carcasse di suino, Reg. CE 218/2014
Armani M.[1], Ilda I.[1], Rabini M.[1], Paolazzi G.[1], Ramon E.[1], Antonello K.[1], Lombardo D.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro (Pd) ~ Italy
[1]
RISULTATI E CONCLUSIONI:
10 dei 987 campioni analizzati sono risultati positivi alla ricerca di Salmonella spp. e, di questi, nove sono risultati essere Salmonella enterica serovar Derby. Dei nove ceppi di S.Derby, cinque sono stati isolati da carcasse
di suino macellate da un solo macello ed in un’unica giornata, mentre i
restanti quattro ceppi sono stati isolati da suini macellati da un altro macello in più giornate. In totale, quindi, le carcasse risultate positive alla ricerca
di Salmonella spp., con particolare riferimento a S.Derby, provenivano da
solo 2 dei 37 macelli presenti in provincia di Bolzano. Tutti e nove gli isolati
saggiati hanno mostrato il medesimo pulsotipo PFGE (Fig.1).
Il fatto che il profilo fenotipico sia risultato identico potrebbe indicare un
ceppo tipico del territorio di provenienza dei campioni e suggerirebbe un
approfondimento epidemiologico in collaborazione con i veterinari dell’azienda sanitaria. Contemporaneamente non è da escludere la contaminazione superficiale delle carcasse durante le fasi di macellazione dato che
alcuni dei ceppi isolati provenivano da carcasse macellate nello stesso macello ma in giornate differenti. Nel report EFSA/ECDC del 2014 S.Derby è
stata riportata come responsabile dello 0.9% delle salmonellosi umane e
uno dei ceppi più diffusi nel suino (3, 4).
Alla valutazione della resistenza ai farmaci tramite metodica MIC è stata
evidenziata una buona sensibilità dei ceppi isolati agli antibiotici testati.
Per l’interpretazione del valore di MIC si è fatto riferimento ai valori di cutoff epidemiologici acquisiti da EUCAST (5).
I dati raccolti permettono di affermare che la prevalenza di Salmonella spp.
sulle superfici delle carcasse di suino, macellate in provincia di Bolzano da
ottobre 2014 a luglio 2016, è pari all’ 1.01%. La bassa prevalenza della positività è indice di applicazione di prassi di macellazione capaci di evitare la
contaminazione delle carcasse lungo la catena di macellazione in stabilimenti di piccole dimensioni.
SUMMARY:
The purpose of this study was to investigate the prevalence of Salmonella spp. contamination in pig carcasses slaughtered in South-Tyrol
(Italy) after the entry into force of the Commission Regulation (EU) No.
218/2014. A total of 987 pig carcasses were swabbed before chilling in 37
slaughterhouses. Salmonella spp. contamination was detected in 1.01%
of the carcasses, while 5.40% (2/37) of the slaughterhouses showed unsatisfactory results. The predominant Salmonella serovar was Derby, find
out in 9 of 10 Salmonella isolates. All S.Derby strains showed identical
PFGE profiles and were multi drugs sensible.
INTRODUZIONE:
Salmonella spp. rappresenta ancora oggi un serio problema di salute
pubblica essendo uno dei patogeni che più frequentemente vengono
associati a casi di tossinfezione alimentare nell’uomo. Nonostante i casi
di infezione da Salmonella spp. nell’uomo siano in continua diminuzione, il patogeno si attesta ancora al secondo posto tra le cause di zoonosi
notificate (1).
Nei paesi sviluppati la principale fonte di salmonellosi sono gli alimenti di origine animale, tra cui le carni fresche o trasformate. Salmonella
spp. viene isolata con maggior frequenza da carcasse di pollo, seguite da
quelle di suino.
Proprio al fine di ridurre il rischio per il consumatore, il monitoraggio di
alcuni agenti patogeni, tra cui Salmonella spp., è stato negli anni intensificato lungo tutta la filiera di produzione di alimenti destinati al consumo
umano. In questo ambito si inserisce il Reg. (CE) 218/2014 che introduce
l’obbligo per le autorità competenti di effettuare controlli sulle carcasse
dei suini per la ricerca di Salmonella spp. come indicatore di igiene di
processo utilizzando le stesse metodiche previste per l’OSA dal Reg. (CE)
2073/2005.
Lo scopo del presente lavoro è quello di riportare i dati relativi alle analisi
per la ricerca di Salmonella spp. effettuate su carcasse di suini macellati
nei 37 macelli della Provincia di Bolzano a partire dall’entrata in vigore
del Reg. (CE) 218/2014.
BIBLIOGRAFIA:
1- Scientific Report Of Efsa And Ecdc. The European Union Summary
Report on Trends and Sources of Zoonoses, Zoonotic Agents and FoodBorne Outbreaks in 2012. Efsa Journal 2014, 12 (2):1-312.
2- PulseNetUSA: One-Day (24-28 h) Standardized Laboratory Protocol
for Molecular Subtyping of Escherichia coli O157:H7, Salmonella serotypes, Shigella sonnei, and Shigella flexneri by Pulsed Field Gel Electrophoresis (PFGE), Sections 5.1, 5.2, 5.4 of the PulseNet PFGE Manual,
2009.
3- Foley SL, Lynne AM, Nayak R. 2008. Salmonella challenges: prevalence in swine and poultry and potential pathogenicity of such isolates. Journal of Animal Science 86:149-162.
4- Schmidt JW, Brichta-Harhay DM, Kalchayanand N, Bosilevac JM,
Shackelford SD, Wheeler TL, Koohmaraie M. 2012. Prevalence, Enumeration, Serotypes, and Antimicrobial Resistance Phenotypes of Salmonella enterica Isolates from Carcasses at Two Large United States
Pork Processing Plants. Applied and Environmental Microbiology:
2716-2726.
5-http//:www.eucast.org
MATERIALI E METODI:
A partire da ottobre 2014, 987 campioni ufficiali, prelevati con metodo
non distruttivo, sono stati analizzati per la ricerca di Salmonella spp. in
carcasse di suino. L’87% dei campioni è stato sottoposto inizialmente a
screening mediante PCR Real time, mentre il restante 17% è stato subito
analizzato mediante metodo microbiologico (ISO 6579:2002/Cor 1:2004
(E); ISO 18193:2004). I campioni positivi a PCR Real time sono stati confermati con metodo microbiologico.
I ceppi di Salmonella spp. isolati sono stati sierotipizzati mediante un metodo interno che riprende la ISO/TR 6579-3:2014(E) e subtipizzati tramite
tecnica “pulsed field gel electrophioresis” (PFGE) con utilizzo di protocolli
standard adottati dal network di sorveglianza molecolare PulseNetUSA (2).
Per l’analisi del profilo di sensibilità agli antibiotici è stata determinata
la minima concentrazione inibente (MIC) (ISO 20776-1:2006; ISO207762:2007) che permette di valutare l’inibizione della crescita batterica del
seguente pannello di antibiotici: Ampicillina, Cefotaxime, Ceftazidime,
Cloramfenicolo, Ciprofloxacina, Colistina, Gentamicina, Meropenem,
Acido nalidixico, Tetraciclina, Tigeciclina, Trimetoprim.
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ANALISI COSTO-EFFICACIA: ESEMPIO DI APPLICAZIONE PER LA VALUTAZIONE DI METODICHE
DI SIEROTIPIZZAZIONE DI SALMONELLA
Keywords: analisi costo-efficacia, Salmonella, sierotipizzazione
Barco L.[1], Mancin M.[1], Longo A.[1], Minorello C.[1], Zavagnin P.[1], Moro D.[1], Saccardin C.[1], Lettini A.A.[1], Ricci A.[1]
Centro di Referenza OIE, Nazionale per le Salmonellosi, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ~ Legnaro, Padova ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Salmonella serotyping is the first step for the characterization of Salmonella isolates. However, the reference method presents several
drawbacks and remains a methodology available only for reference
laboratories. Several alternatives have been developed during the last
years. This study illustrates a cost effectiveness analysis implemented
to compare Salmonella serotyping based on the reference method
and a molecular method based on a commercial kit (xMAP Salmonella
Serotyping Assay). The assessment conducted allowed to demonstrate that the alternative molecular method guarantees both a reduction of cost per analysis and an increase in the level of performance
compared to the reference method. The analysis presented could be
adapted for the assessment of any other analytic methods.
- Tempi di risposta (giorni (media) necessari per concludere l’analisi)
- Capacità di automazione (possibilità del singolo metodo di essere
automatizzato)
- Facilità di interpretazione del risultato (immediatezza di acquisizione
dei risultati).
Per ciascun parametro è stato espresso un valore oggettivo di efficacia
per le due metodiche in esame. Per i parametri di “accuratezza”, “tipizzabilità” e “tempi di risposta” il valore di efficacia è stato ottenuto
considerando dati oggettivi derivati dall’analisi dell’attività del Centro
di Referenza per le Salmonellosi (CRNS). Per stimare “capacità di automazione” e “facilità di interpretazione del risultato” è stato invece
formulato un giudizio di efficacia secondo una scala di valori da 1 a 10
non essendo possibile ricavare la stima direttamente dell’attività analitica. Per ottenere la stima dell’efficacia complessiva di ogni metodo
è stata creata una matrice di valutazione data dai valori attribuiti a
ciascun parametro di efficacia, normalizzata secondo la funzione logico matematica x/xmax per rendere omogenei e operabili i dati inclusi nella matrice. Di seguito, a ciascun parametro di efficacia è stato
attributo un peso in funzione dell’importanza di ciascuno di essi nel
contesto in cui il metodo analitico viene impiegato (scenario). Per l’assegnazione dei pesi è stata utilizzata la tecnica del confronto a coppie,
confrontando ogni singolo criterio con tutti gli altri. L’efficacia complessiva è stata ottenuta combinando la matrice normalizzata di valutazione e la matrice dei pesi secondo la tecnica della somma pesata.
Per valutare la sensitività del modello proposto e la robustezza delle
conclusioni ottenute, sono stati considerati differenti “scenari” intesi
come modelli di laboratori con diverse attitudini (p.e. carichi di lavoro,
livelli di specializzazione ed esigenze analitiche), per i quali sono stati
attributi pesi differenti ai parametri di efficacia.
Al fine di trarre delle conclusioni in merito all’analisi costo-efficacia
è stato calcolato il rapporto incrementale ICER che mette in relazione la differenza dei costi delle due metodiche rispetto alla differenza
dell’efficacia.
INTRODUZIONE:
Salmonella è uno dei principali agenti di zoonosi a livello mondiale.
L’identificazione del sierotipo è il primo passo per la caratterizzazione
degli isolati di Salmonella e costituisce un’informazione necessaria a
fini epidemiologici. Il metodo di riferimento è la siero-agglutinazione
con antisieri specifici basata sullo schema di Kauffmann-White (1).
Questa metodica richiede mediamente 5-6 giorni, la disponibilità di
una vasta gamma di costosi antisieri e deve essere eseguita da personale altamente addestrato. Nonostante la rilevanza strategica della
sierotipizzazione di Salmonella, questa metodica rimane a disposizione di pochi laboratori di riferimento (2). Come alternativa alla sierotipizzazione di Salmonella, negli ultimi anni sono stati sviluppati svariati
saggi molecolari e in alcuni casi anche kit commerciali, che hanno dimostrato di fornire risultati accurati (3). Dal momento che l’introduzione di ogni nuova metodologia analitica nell’ambito dell’attività di
un laboratorio non può prescindere da un’attenta valutazione dell’efficacia del nuovo metodo rispetto al precedente, come pure dell’investimento economico, nell’ambito del presente lavoro è stata sviluppata una analisi costo-efficacia relativa all’impiego del kit commerciale
xMAP Salmonella Serotyping Assay per la sierotipizzazione molecolare
di isolati di Salmonella rispetto al metodo di sieroaggutinazione tradizionale. L’obiettivo di tale analisi è quello di poter valutare, con un approccio scientifico, vantaggi e svantaggi derivati dall’impiego delle due
metodologie, come indagine propedeutica per promuovere o meno
l’introduzione del metodo molecolare di sierotipizzazione nell’ambito
dell’attività di un laboratorio.
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
ficacia presi in esame. Tale evidenza ha permesso di dimostrare che la
conclusione ottenuta è robusta.
Il modello proposto permette di ottenere una valutazione puntuale
dei vantaggi e svantaggi delle alternative analitiche prese in esame
e può trovare applicazione nella valutazione dei più disparati metodi
diagnostici, modificando i parametri di efficacia prescelti in funzione
dei metodi esaminati e dei contesti in cui vengono impiegati.
BIBLIOGRAFIA:
Grimont P.A.D. & Weill F.-X. (2007). Antigenic Formulae of the Salmonella Serovars, Ninth Edition, World Health Organization Collaborating Centre for Reference and Research on Salmonella. Institut Pasteur,
Paris, France
Wattiau P, Boland C, Bertrand S (2011). Methodologies for Salmonella
enterica subsp. enterica subtyping: gold standards and alternatives.
Appl Environ Microbiol., 77: 7877-85.
Yoshida C, Gurnik S, Ahmad A, Blimkie T, Murphy SA, Kropinski AM,
Nash JH (2016). Evaluation of molecular methods for the identification
of Salmonella serovars. J Clin Microbiol. pii: JCM.00262-16.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La valutazione dei costi ha permesso di stimare per la sierotipizzazione
tradizionale un costo per campione pari a 36 Euro e per sierotipizzazione molecolare pari a 42 Euro.
La stima dell’efficacia per la sierotipizzazione tradizionale varia tra
69.3 e 86.2 in funzione della tipologia di laboratorio considerata per
effettuare la stima, mentre per la sierotipizzazione molecolare varia
tra 92.1 e 95.7.
A titolo di esempio, nell’ambito di uno scenario preso in esame relativo ad un laboratorio in cui si è considerata l’accuratezza come il parametro di efficacia di gran lunga più importante, seguito dalla tipizzabilità, tempi di risposta, e in coda facilità di interpretazione e capacità
di automazione, la stima del rapporto incrementale ICER risulta pari a
-0,57. L’impiego della sierotipizzazione molecolare determina quindi
un contenimento dei costi a fronte di incremento dell’efficacia. Tale
risultato è stato confermato per tutti gli scenari presi in esame relativi
a laboratori con differenti peculairità (e.g. livello di specializzazione,
carico di lavoro), quindi attribuendo pesi differenti ai parametri di ef-
MATERIALI E METODI:
Valutazione dei costi - La stima del costo della sierotipizzazione tradizionale e del kit molecolare xMAP Salmonella serotyping Assay è stata
condotta tenendo in considerazione costi dei reagenti, apparecchiature, personale e smaltimento rifiuti.
Valutazione dell’efficacia - Per la stima dell’efficacia dei due metodi si è
effettuata un’analisi multi-attributo identificando i seguenti parametri
di efficacia:
- Accuratezza (ceppi per cui è stato identificato correttamente il sierotipo)
- Tipizzabilità (ceppi per cui è stato possibile identificare in modo conclusivo il sierotipo)
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INDAGINI ANALITICHE ED EPIDEMIOLOGICHE IN UN FOCOLAIO DI LISTERIOSI IN PIEMONTE
Keywords: Intossicazione alimentare, L. monocytogenes, Indagine epidemiologica
Bellio A.[1], Maurella C.[2], Gallina S.[3], Adriano D.[1], Bianchi D.M.[1], Biglia C.[4], Cipriani R.[5], Civalleri N.[1], Croce M.[6],
Dupont M.F.[6], Golzio F.[6], Lai J.[1], Marra A.[2], Natangelo U.[2], Romano A.[1], Stazione S.[6], Zaccaria T.[5], Decastelli L.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - SC Controllo Alimenti e Igiene delle Produzioni ~ Torino ~ Italy,
[2]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - SS Biostatistica Epidemiologia ed Analisi del Rischio ~ Torino ~ Italy,
[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - Centro di Riferimento per la Tipizzazione delle Salmonelle ~
Torino ~ Italy, [4]ASL TO1 ~ Torino ~ Italy, [5]Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza - SC Microbiologia e Virologia ~ Torino ~ Italy,
[6]
ASL TO4 ~ Torino ~ Italy
[1]
SUMMARY:
L. monocytogenes is widely distributed in the environment and is
frequently isolated from a variety of sources, including soil, vegetation, silage, fecal material, sewage, water, food of animal origin
such as meat and dairy products. During May and June 2016, two
outbreaks occurred in two different schools of the Turin province.
Microbiological and epidemiological investigation were conducted.
Results permitted to link the two episodes apparently separated
identifying a common cause (L.monocytogenes in smoked beef).
vati nei soggetti esposti su quelli non esposti. Per quanto riguarda
i numeratori dei tassi, nella definizione di caso è stata privilegiata
la specificità rispetto alla sensibilità. In seguito, presso il centro di
cottura è stata prelevata una confezione integra dell’alimento che
è risultato essere statisticamente associato alla sintomatologia. Nei
giorni 25-29 maggio 2016, un secondo presunto caso di tossinfezione alimentare si è verificato in un secondo comprensorio scolastico
(CSV), di un altro comune sempre situato in provincia di Torino,
costituito da una scuola primaria e una materna. Le indagini epidemiologiche e di laboratorio sono state condotte come descritto
per il precedente caso. A seguito della positività riscontrata su un
alimento del pasto testimone (manzo affumicato), si è proceduto
al prelievo di una confezione integra dello stesso, presente presso la mensa della scuola e al prelievo di n. 5 campioni ambientali.
Il giorno 27 giugno, presso lo stabilimento di produzione dell’alimento che è risultato essere statisticamente associato alla sintomatologia, il personale dell’ASL ha proceduto all’esecuzione di n. 9
tamponi ambientali. Inoltre tutti i ceppi di microrganismi patogeni
isolati dalle coprocolture presso gli Ospedali di competenza sono
stati inviati all’IZS PLV per le analisi di secondo livello. I ceppi isolati
sono stati sottoposti a Whole Genome Sequencing per poter procedere alla loro caratterizzazione completa, identificarne il profilo
di Multi Locus Sequence Type (MLST) e correlarli filogeneticamente
sulla base dei Single Nucleotide Polimorfims (SNPs) con il tool CSI
Phylogeny 1.2 (2).
INTRODUZIONE:
L. monocytogenes è considerato un microrganismo ubiquitario in
quanto spesso isolato dall’ambiente e da diverse matrici quali suolo,
vegetali, insilati, feci, acqua e alimenti di origine animale. Il principale veicolo di infezione per l’uomo è rappresentato dagli alimenti
e i soggetti maggiormente coinvolti in episodi di Malattie Trasmesse
da Alimenti (MTA) sono immunodepressi, anziani, bambini e donne
in gravidanza. In base agli ultimi dati disponibili, nel 2014 sono stati
notificati 2.161 casi di listeriosi nell’Unione Europea, con un incremento del tasso di notifiche pari al 30% rispetto all’anno precedente
(1). Nel presente lavoro sono descritte le indagini analitiche ed epidemiologiche condotte a seguito di due episodi di MTA
MATERIALI E METODI:
Il 5 maggio 2016, 5 bambini afferenti all’Istituto Scolastico Comprensivo di un comune della provincia di Torino (ICM), si sono recati presso l’Ospedale territoriale di competenza (TO) in quanto manifestavano sintomatologia gastroenterica. Presso la struttura solastica sono stati prelevati campioni fecali per l’esame coprologico. Il
6 maggio, il personale dell’ASL TO4 si è recato presso il centro cottura che fornisce i pasti al complesso scolastico per effettuare i prelievi del pasto testimone dei giorni 4 e 5 maggio. I campioni sono
stati inviati al laboratorio Controllo Alimenti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e valle d’Aosta (IZS PLV)
per le opportune analisi (Tabella 1). Alle famiglie dei bambini che
hanno consumato almeno un pasto presso la scuola nei giorni 4 e 5
maggio, è stato consegnato un questionario per raccogliere informazioni in merito agli alimenti consumati, ai sintomi e alla loro insorgenza. Le informazioni così raccolte sono state analizzate ed elaborate dalla S.S. Biostatistica Epidemiologia ed Analisi del Rischio.
E’ stato effettuato uno studio di coorte attraverso l’analisi statistica
dei dati provenienti dai questionari, per investigare l’associazione
tra i soggetti malati e coloro che hanno consumato almeno un pasto nella mensa nei giorni compresi tra il 3 e il 6 maggio. I casi sono
stati definiti come coloro che manifestavano contemporaneamente
almeno tre tra i seguenti sintomi: cefalea, nausea, vomito, diarrea
e febbre superiore a 38 °C. L’episodio è stato trattato come uno studio di coorte, calcolando i tassi di attacco per ciascuno dei cibi consumati e quindi i rischi relativi in termini di rapporti dei tassi osser-
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
RISULTATI E CONCLUSIONI:
L’analisi statistica è stata condotta sia sui dati complessivi di entrambi gli Istituti, sia separatamente per plesso scolastico. Nel
caso dell’ICM, sono stati esaminati 484 questionari di cui 174 appartenenti a persone affette da sindrome gastroenterica, di cui
162 individuati come caso, di cui le frequenze dei sintomi sono
riportate nella Tabella 2. Dall’analisi complessiva dei dati, gli alimenti associati all’episodio risultavano essere l’halibut dorato e
manzo olio e limone. Eseguendo una stratificazione per plesso
scolastico la significatività statistica risultava mantenuta solo per
il manzo olio e limone. Nel caso dell’CSV sono stati esaminati 352
questionari di cui 43 appartenenti a persone affette da sindrome
gastroenterica (Tabella 2). I questionari raccolti contenevano molte imprecisioni e dati mancanti. Pertanto dall’analisi complessiva
dei dati non risultava possibile associare in modo statisticamente
significativo la sintomatologia con uno o più degli alimenti somministrati. Nella tabella 3 sono riportati i risultati microbiologici
più significativi. Dai diversi campioni analizzati sono stati isolati
9 ceppi di L. monocytogenes; dei ceppi isolati, 8 risultavano appartenere al medesimo sierotipo 1/2a, mentre uno al sierotipo
1/2b. L’analisi del profilo MLST ha evidenziato il sequence type
11 (st-11) per 8 isolati (1 Manzo confezionato, 5 Feci, 1 Manzo
affumicato, 1 Sponge) mentre un ceppo ambientale è risultato essere st-5. L’albero filogenetico costruito con la matrice di distanza
elaborata da CSI Phylogeny 1.2 mette in evidenza un cluster altamente correlato che comprende tutti i ceppi st-11 ben distinto dal
ceppo st-5. Le tecniche diagnostiche tradizionali hanno permesso
di identificare l’alimento responsabile dei due episodi di MTA, confermando quanto emerso dall’elaborazione dei dati raccolti con i
questionari. Le analisi di secondo livello hanno consentito di caratterizzare e correlare i ceppi isolati. La tempestività con la quale è
stata attivata l’indagine epidemiologica e la possibilità di utilizzare
diverse metodiche di laboratorio, hanno permesso di raccogliere
dati complementari tra di loro e giungere alla risoluzione del caso
in tempi brevi. L’attività integrata da parte di diverse figure professionali afferenti al Sistema Sanitario Nazionale e il coordinamento
dei diversi centri coinvolti ha messo in luce l’efficacia di un sistema
regionale efficiente nella risoluzione di casi di malattie trasmesse
da alimenti.
Tabella 3. Risultati
L.monocytogenes
microbiologiche
per
parametro
BIBLIOGRAFIA:
1. ECDC-EFSA, 2015, The European Union summary report on trends
and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks
in 2014, EFSA Journal; 13 (12): 4329
2. Rolf S. Kaas, Pimlapas Leekitcharoenphon, Frank M. Aarestrup,
Ole Lund. 2014 Solving the Problem of Comparing Whole Bacterial Genomes across Different Sequencing Platforms. PLoS ONE; 9(8):
e104984.
Tabella 2. Frequenza dei sintomi nei casi
Tabella 1. Analisi eseguite sui campioni alimentari
260
analisi
261
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
080
VALUTAZIONE DELL’APPLICABILITÀ DEL METODO ISO/TS 15216-2:2013 PER LA DETERMINAZIONE
DEL VIRUS DELL’EPATITE A (HAV) IN MATRICI ALIMENTARI COMPLESSE
Keywords: Virus dell’epatite A, preparazioni gastronomiche, ISO/TS 15216-2:2013, ISO/TS 15216-2:2013parazioni
gastronomiche, ISO/TS 15216-2:2013
Bertasi B.[1], Galuppini E.[1], Meletti F.[1], Mangeri L.[1], Pavoni E.[1], Losio M.N.[1]
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
fatto che le EE ed EA non siano state rispettate, se non nel formaggio, potrebbe indicare che i criteri di accettabilità descritti nell’ISO
non siano estensibili anche a questo tipo di matrici. E’ stata comunque confermata la fase di preparazione del campione come una
delle più critiche della metodica. In successive sperimentazioni, si
provvederà ad adattare e migliorare tale fase per queste categorie
alimentari, consentendo di individuare nello specifico ulteriori parametri di recupero e sensibilità della metodica.
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna ~ Brescia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
The ISO/TS 15216-2:2013 is specific for the qualitative detection
of hepatitis A virus in leafy vegetables, berries, mussels and water.
However, most of the matrices involved in foodborne outbreaks do
not belong to these food categories, but are cooked meals or compound aliments that are mainly contaminated by food handlers.
The aim of this work was to combine a specific sample preparation procedure of artificially HAV and Mengo virus-contaminated
matrices with ISO’s described extraction and One step RT-PCR, to
evaluate the recovery rate. Preliminary data confirmed that compound aliments revealed to be more difficult to analyze than the
ISO’s food categories, even if new trials must be implemented to
set up a more sensible and specific method.
sono stati eseguiti 2 step di concentrazione dei virus, alternando
fasi di precipitazione con PEG8000 e fasi di risospensione dei pellet
con acqua, per un volume finale di 1 mL. A seguito dell’estrazione dell’RNA mediante Nuclisense® MiniMag, i campioni sono stati
analizzati mediante One Step Real Time-PCR in doppia replica (non
diluiti e 1:10, per escludere l’azione di eventuali inibenti), per un
totale di 28 repliche/matrice. L’estrazione, l’amplificazione, i calcoli
dell’efficienza d’estrazione (EE) e d’amplificazione (EA) sono stati
eseguiti secondo le indicazioni ISO.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Per quanto riguarda la pasta all’uovo (Figura 1) HAV è stato rilevato
fino a 10^5 TCID50/mL e sono stati soddisfatti i criteri di EA. Tuttavia, non sono stati soddisfatti i criteri di EE basati sulla rilevazione
del Mv, sia a 10 che a 100 µL. Per la lonza, HAV è stato rilevato alla
concentrazione 10^4 TCID50/mL in entrambe le repliche con 10 µL
di Mv, mentre è stato rilevato a 10^6 TCID50/mL in una replica con
100 µL di Mv. In entrambi i casi sono stati soddisfatti i criteri di EA,
mentre non sono stati rispettati i criteri di EE. Per il formaggio, HAV
è stato rilevato sino a 10^3 TCID50/mL, sia nelle repliche con 10 µL
che nelle repliche con 100 µL di Mv. In entrambi i casi sono stati
soddisfatti i criteri di EA, mentre è stata soddisfatta l’EE con 10 µL
di Mv solo in una replica (2.1%). L’EE con 100 µL di Mv è stata soddisfatta ai valori di 8.2%, 6.4%, 10.2%, 5.9%. Per le lasagne, HAV con
10 µL di Mv è stato rilevato fino a 10^2 TCID50/mL nelle repliche
di DNA tal quale, mentre nelle repliche con 100 µL di Mv è stato
rilevato alla concentrazione di 10^4 TCID50/mL. In entrambi i casi
sono stati soddisfatti i criteri di EA. Mv è stato rilevato in tutte le repliche, ma in nessuna è stata soddisfatta l’EE. Infine, tutti i campioni di besciamella hanno dato esito negativo sia per HAV sia per Mv.
Dai dati ottenuti si è osservata una discontinuità dei risultati rispetto all’atteso. Il metodo di preparazione dei campioni (1) ha
generato esiti diversi in base alle tipologie di matrice che, probabilmente, contenevano differenti quantità d’inibenti e avevano una
consistenza diversamente in grado di trattenere i virus. Contrariamente a quanto previsto, la matrice con i migliori valori di EE e di
EA è stata il formaggio, ritenuto un alimento ricco di inibenti (acidi
grassi); la sensibilità della PCR per HAV ha raggiunto 10^3 TCID50/
mL sia nelle repliche con DNA non diluito sia in quelle con DNA
1:10, nelle quali era attesa minore a causa della diluizione degli
inibenti. Nella besciamella, non è stato invece possibile recuperare
nessuno dei 2 virus. Probabilmente, oltre agli acidi grassi, hanno
agito da inibenti altri elementi vegetali, poiché anche nella pasta
all’uovo la sensibilità della PCR per HAV si è rilevata modesta (10^5
TCID50/mL) e l’EE è stata disattesa. Nella lonza, non è stato possibile recuperare il Mv in nessuna replica, a dimostrazione che i 10
µL di Mv e i 100 µL non sono stati sufficienti. Nelle lasagne infine,
si è ottenuto un elevato limite di detection (HAV 10^2 TCID50/mL)
e, nonostante l’EE non sia stata rispettata, Mv è stato rilevato in
tutte le repliche.
In generale, i dati hanno evidenziato l’applicabilità dell’ISO su matrici complesse per quanto riguarda l’estrazione del RNA e la PCR. Il
INTRODUZIONE:
La norma ISO/TS 15216-2:2013 (2) è specifica per la ricerca qualitativa di HAV in frutti di bosco, vegetali a foglia, molluschi e acque. Tuttavia, nel campo di applicazione non sono considerate le
preparazioni gastronomiche quali i pasti pronti, i cibi composti, le
bevande, la carne e i formaggi. In esse, la principale fonte di contaminazione è attribuibile soprattutto agli operatori addetti alla manipolazione degli alimenti (contaminazione secondaria). Spesso, a
seguito di episodi di tossinfezione alimentare avvenuti in ambienti
di ristorazione collettiva, le matrici alimentari maggiormente coinvolte sono quelle con più ingredienti.
Come noto, la fase più critica nella rilevazione dei virus enterici
è rappresentata dal recupero nella matrice. Poiché gli alimenti
complessi sono costituiti principalmente da pasta, carne e latticini,
la preparazione dei campioni (1) è stata combinata con le fasi di
estrazione e amplificazione dell’ISO per rilevare HAV. Tale verifica
ha previsto prove sperimentali di contaminazione artificiale e recupero del virus dai singoli ingredienti di lasagne con carne e dal
prodotto integro.
Obiettivo del presente lavoro, è stato quindi valutare il recupero
e l’amplificazione del virus dell’epatite A, contaminando diverse
matrici alimentari con HAV e Mengo virus (Mv) (quest’ultimo, virus di controllo di processo per la determinazione dell’efficienza
d’estrazione).
MATERIALI E METODI:
Sono state considerate: lasagne, pasta all’uovo, lonza, formaggio a
pasta molle e besciamella. Questi sono stati contaminati con HAV
(ceppo ATCC® HM-175) e Mv (ceppo MC0 ATCC® VR-1597TM) e
sottoposti ad analisi. Sei campioni di ciascuna matrice sono stati
omogeneizzati (50 g) e poi contaminati con 6 diluizioni seriali in
base 10 di HAV (500 µL di virus con titolo iniziale = 6x10^6 TCID50/
mL). Un campione non contaminato con HAV è stato considerato
come controllo per ogni matrice. Ciascun campione è stato anche
contaminato sia con 10 µL di Mv, come descritto nell’ISO, sia con
100 µL di Mv, per un totale di 14 campioni/matrice. Per quanto
riguarda la preparazione dei campioni, a seguito della loro omogeneizzazione e risospensione in 50 mL di tampone glicina pH 9.2,
262
Figura 1: Risultati delle prove, ottenuti mediante One Step Real TimePCR, a seguito di contaminazione artificiale di alimenti con virus dell’epatite A e Mengo virus.
BIBLIOGRAFIA:
1. Croci L., Losio M.N., Suffredini E., Pavoni E., Di Pasquale S., Fallacara
F., Arcangeli G. Assessment of human enteric viruses in shellfish from
the northern Adriatic sea. 2007. Int J Food Microbiol 114, 252-257.
2. ISO/TS 15216-2:2013. Microbiology of food and animal feed—Horizontal method for determination of hepatitis A virus and norovirus in
food using real-time RT-PCR—Part 2: Method for qualitative detection.
263
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
081
STUDIO PRELIMINARE SUL DIVERSO COMPORTAMENTO DEI MIELI CHIARI E SCURI NELLE ANALISI
CROMATOGRAFICHE
Keywords: miele, cromatografia, conducibiltà
Borin A.[1], Martinello M.[1], Gallina A.[1], Mutinelli F.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Centro di referenza nazionale per l’apicoltura ~ Padova ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Honey is a natural food, mainly composed of sugars and other constituents such as enzymes, proteins, organic acid, vitamins, minerals and
aromatic substances. Due to all these components, it is a very complex
matrix to be investigated. Honey shows very different colours, from
pale yellow even to dark brown, which can be related to: botanical origin, industrial processing methods, temperature and/or time of storage and pollen grains content. It is stated that the colour of the dark
honeys is directly proportional to the mineral content and Council Directive 2001/110/EC (1) set 0.8 mS/cm of electrical conductivity (EC)
as threshold value for honeydew, chestnut honey and blends of these.
The aim of this work is to evaluate the chromatographic performance
of light and dark honey with different sample preparation procedures
and different instrumental detection. This comparison was carried out
following the observation of different behaviours between dark and
light honey in chromatography.
eseguita con HPLC mediante derivatizzazione post-colonna e rilevazione fluorimetrica. La purificazione ed estrazione di residui di sulfamidici
avviene mediante estrazione liquido/liquido, l’analisi quantitativa viene eseguita con HPLC e si utilizza il rivelatore fluorimetrico. La purificazione di residui di tetracicline si basa sull’utilizzo di colonnine MCAC/
HLB SPE mentre l’analisi quantitativa viene eseguita con tecnica HPLC
associata ad analizzatore di massa a singolo quadrupolo. Per quanto
riguarda i nitroimidazoli i campioni vengono estratti con tecnica QuEChERS (Quick Easy Cheap Effective Rugged and Safe) ed analizzati mediante HPLC associata ad analizzatore di massa a triplo quadrupolo. Gli
alcaloidi pirrolizidinici vengono estratti mediante tecnica QuEChERS
ed analizzati con HPLC ed analizzatore di massa a singolo quadrupolo.
INTRODUZIONE:
Il miele è un alimento naturale con elevato valore nutritivo che le api
(Apis mellifera) producono dal nettare dei fiori o da secrezioni vegetali, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze proprie e
depongono nei favi. I componenti principali del miele sono il fruttosio,
il glucosio, l’acqua, altri zuccheri e sostanze diverse tra cui acidi organici, aminoacidi, sali minerali, carotenoidi, enzimi e composti aromatici. A causa dei suoi numerosi componenti, il miele risulta essere una
matrice davvero complessa da analizzare. Il colore del miele dipende
dall’origine botanica e varia dalle tonalità più chiare del giallo a quelle
più scure, fino al nero. Alcuni cambiamenti nel colore possono derivare
dal contenuto di polline, dagli interventi dell’apicoltore (utilizzo di favi
vecchi, contatto con metalli, tempo/temperatura di conservazione) e
dall’invecchiamento del miele. Le sostanze specifiche responsabili del
colore sono in parte tutt’ora sconosciute, vi contribuiscono zuccheri,
pigmenti vegetali e sali minerali. Il colore del miele è direttamente proporzionale al contenuto di sali minerali (2) e la Direttiva 2001/110/CE,
concernente la produzione e commercializzazione del miele, stabilisce
come valore minimo per la conducibilità elettrica (EC) 0,8 mS/cm per il
miele di melata e castagno e loro miscele. Lo scopo di questo lavoro è
stato valutare le diverse performance cromatografiche di mieli chiari e
scuri nella determinazione di residui di farmaci e di contaminanti naturali. Questo confronto è nato in seguito all’osservazione di un diverso
comportamento tra mieli chiari e scuri in cromatografia.
Tabella 1- Classificazione in mieli chiari e scuri con valori di conducibilità elettrica
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Tra i due gruppi di mieli analizzati si è osservata una differenza significativa. Nei mieli scuri sono state rilevate percentuali di recupero
più basse degli analiti in esame rispetto ai mieli chiari. Per valutare la
significatività dei dati è stato utilizzato il test statistico T test che valuta
la differenza tra due popolazioni (Valore T > 1.96). In particolare, nelle
determinazioni di streptomicina, tetracicline, nitroimidazoli e per la
maggior parte dei sulfamidici si osservano differenze significative in
termini di recupero tra i mieli chiari e i mieli scuri. Non è stato possibile
quantificare due sulfamidici nei mieli scuri, sulfametossazolo e sulfadimetossina, in quanto presentano un picco interferente allo stesso
tempo di ritenzione del composto di interesse. Gli alcaloidi pirrolizidinici non presentano differenze significative in termini di recupero
ma si è osservato un incremento nella variabilità dei risultati analitici
(espressa come deviazione standard) nei mieli scuri (Tabella 2).
Lo studio condotto ha dimostrato come la matrice analitica giochi un
ruolo fondamentale nella risposta strumentale e sia quindi un aspetto
molto importante nella analisi quantitativa. I risultati evidenziano che
i mieli scuri, comparati ai mieli chiari, hanno recuperi più bassi, presenza di picchi interferenti e un alto rumore di fondo. L’incremento nei
recuperi di metodo può essere dovuto a questi due fattori quando la
quantificazione è affidata a rilevatori di tipo fluorimetrico. Per quanto
riguarda gli analizzatori di massa, i molti interferenti presenti nella matrice possono influenzare la ionizzazione delle diverse molecole all’in-
MATERIALI E METODI:
Per questo studio sono stati utilizzati 16 mieli di diversa origine botanica. Dopo aver misurato la conducibilità elettrica, essi sono stati suddivisi in due gruppi: “mieli chiari” con EC <0.4 mS/cm e “mieli scuri”, con
EC >0.9 mS/cm (Tabella 1). I mieli sono stati analizzati tal quali (blank)
e addizionati 5 ng/g (spiked) per cinque differenti determinazioni residuali: streptomicina, tetracicline, sulfamidici, nitroimidazoli e alcaloidi
pirrolizidinici. Le procedure presentano differenti tecniche estrattive e
diversi sistemi di acquisizione. Per quanto riguarda la streptomicina, la
purificazione e l’estrazione del campione si basa sull’utilizzo di cartuccia C18 SPE (Solid Phase Extraction), mentre l’analisi quantitativa viene
264
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
terno del miele scuro a livello della sorgente (3), causando come in
questi casi, una soppressione del segnale cromatografico. La soluzione
più appropriata a questo problema sarebbe quella di preparare curve
di calibrazione diverse in base al tipo di miele da analizzare, ma questa
soluzione si dimostrerebbe dispendiosa in termini di tempo e materiali. Questo studio conferma la necessità di valutare l’effetto matrice
prima di quantificare gli analiti ricercati nei campioni di miele in studio
al fine di quantificarli correttamente; attualmente questo problema
viene spesso ignorato dagli operatori del settore. Il prossimo obiettivo
del nostro lavoro sarà l’applicazione e la valutazione del metodo delle
aggiunte tarate, tecnica ampiamente utilizzata in presenza di matrici
complesse, per correggere l’effetto matrice rilevato nei mieli scuri.
Tabella 2- Risultati analitici di mieli chiari e scuri (analita non determinato).
BIBLIOGRAFIA:
1. Commissione Europea, Direttiva 2001/110/CE del Consiglio del 20
dicembre 2001 concernente il miele, Gazzetta uff. delle Comunità Europee, L10 (2001) 47-52.
2. M. Gonzàlez-Miret, A. Terrab, D. Hernanz, M. Fernàndez-Recamales,
F. Heredia, Multivariate Correlation between Color and Mineral Composition of Honeys and by Their Botanical Origin, J. Agric. Food Chem.,
53 (2005) 2574-2580.
3. F. Gosetti, E. Mazzucco, D. Zampieri, M.C. Gennaro, Signal suppression/enhancement in high-performance liquid chromatography tandem mass spectrometry, J. Chromatog. A, 1217 (2010) 3929-3937.
265
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
082
VALUTAZIONE SULL’APPLICAZIONE DEL SISTEMA TRICHINEASY® PER LA RICERCA DI LARVE DI
ANISAKIDAE IN CAMPIONI ITTICI
Keywords: digestion method, Anisakis, seafood products
Cammilleri G.[1], Costa A.[1], Graci S.[1], Buscemi M.D.[1], Collura R.[1], Chetta M.[1], Vincenzo F.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia ~ Palermo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
TrichinEasy® system is used in the detection of parasites in food as
Trichinella in livestock and Anisakis in seafood. The system is a complete grinding, digestion and filtration instrument and comes with all of
the materials and reagents required to prepare the sample for analysis
and identification of parasites. In this study two digestion methods at
different temperatures (cloro-peptic digestion according to EC Regulament 2075/2005 and digestion by TrichinEasy® system) for Anisakis and
Anisakidae larvae research were compared. Twenty-five trials for each
method were examined for viability test. Results show an efficiency of
76% in viability test for TrichinEasy® system method at 37°C for 20 min,
while no alive Anisakidae larvae were detected by classic cloro-peptic
digestion at 44-46°C for 30 min. The results confirm TrichinEasy® system
as a satisfactory method for alive Anisakidae larvae detection. The procedure has been standardized in our laboratory.
crasicolus, Clupea harengus. Ciascun campione, sottoposto ad un iniziale
ispezione visiva sia della parte viscerale che muscolare, viene pesato per
un quantitativo di 100 g, pressato allo stomacher e aggiunto in un becher contenente 2 L di soluzione acquosa a base di HCl (16 ml al 25%)
e pepsina (10 g; 1:10000 NF) precedentemente riscaldata a 44-46 °C. Il
tempo di digestione varia tra 30 e 60 minuti a seconda della tipologia del
campione. Il prodotto di digestione infine viene filtrato manualmente su
filtri con maglia da 180 µm. Riguardo il metodo di digestione meccanizzato, la strumentazione TrichinEasy® è composta da due settori principali
ben distinti e si avvale di un kit apposito PLYTricons®: nel primo settore
troviamo un sistema di omogeneizzazione del campione, costituito da un
contenitore con mixer a lame, per la triturazione del campione, nel secondo un sistema di filtraggio, costituito da un filtro di 180 µm seguito da
un cilindro di raccolta unito ad un apparato di aspirazione per lo scarico
del prodotto di digestione. L’intero sistema viene regolato da una tastiera
con display. Il campione pesato per un quantitativo di 100 g e pressato
con l’utilizzo di uno stomacher, viene posto nel settore di omogeneizzazione bypassando la fase di mixer, per evitare il possibile danneggiamento delle larve da parte delle lame. Il campione con l’aggiunta di 1 L di
acqua viene sottoposto a riscaldamento. Una volta raggiunta la temperatura desiderata, si procede alla digestione del campione per una durata
di 20 minuti a 37 ± 1°C in presenza di 10 grammi di pepsina 1:10000
NF e 50 ml di HCl al 10%. Alla fine della fase di digestione si travasa il
digerito nel settore di filtraggio. Dopo la fase di filtrazione, il filtro viene
osservato allo stereomicroscopio per evidenziare i parassiti presenti. Le
larve utilizzate per l’infestazione artificiale provenivano da campioni precedentemente esaminati e identificati, secondo le chiavi morfologiche,
come appartenenti alla famiglia Anisakidae, in particolare appartenenti
al genere Anisakis. Dopo infestazione dei campioni ittici con differente
numero di larve ancora vitali (2 infestazione minima, 5 infestazione media, 10 infestazione massima) è stato condotto, per entrambi i metodi, un
test di vitalità delle larve dopo digestione.
INTRODUZIONE:
Anisakis ed altri nematodi appartenenti alla famiglia Anisakidae sono parassiti di notevole interesse sanitario a causa del loro potenziale zoonotico. In particolare le larve di Anisakis possono essere responsabili dell’Anisakiasi, malattia parassitaria contratta dall’uomo a seguito dell’assunzione
di prodotti della pesca infestati, consumati crudi o poco cotti (6). L’EFSA
in un documento (2) ne ha evidenziato i rischi per i consumatori derivanti
anche da possibili reazioni allergiche e raccomanda inoltre di effettuare
ulteriori ricerche, sulla diffusione e sulla prevalenza nei prodotti ittici pescati attraverso il perfezionamento di metodiche di rilevazione sempre più
precise ed accurate. Il metodo ufficiale, riconosciuto a livello comunitario,
per la ricerca delle larve di parassiti nei prodotti della pesca, è quello visivo
(Reg 2074/2005). Altri metodi vengono riportati nello stesso documento
EFSA, tra cui la digestione artificiale che prevede l’utilizzo di una soluzione
di acido cloridrico/pepsina che permette di liberare i parassiti dal prodotto ittico, recuperando praticamente tutti i nematodi anisakidi potenzialmente presenti (5). Questo esame può essere effettuato come da Reg
CE 2075/2005 (1) sulla rilevazione di larve di Trichinella in campioni di
carne: tale metodica, con opportune modifiche, si è rivelata decisamente
più efficace nella rilevazione di larve di Anisakidae, come dimostrato in
recenti lavori (3,4). Tuttavia il metodo della digestione cloro-peptica indicato prevede che la reazione avvenga ad una temperatura compresa tra
44-46 °C, compromettendo la vitalità dei parassiti anisakidi. Il parametro
della vitalità è fondamentale per l’istaurarsi della zoonosi e necessario
nella diagnostica. Il Regolamento prevede la possibilità di utilizzare altri
metodi considerati equivalenti a quelli basati sull’utilizzo di un termoagitatore magnetico, pertanto in questo lavoro ci siamo avvalsi dell’utilizzo
di un nuovo sistema di digestione meccanizzato, il TrichinEasy® (CTSV Srl),
impiegando per il processo di digestione una temperatura di 37 ±1 °C,
comparandolo con il metodo di digestione classico.
MATERIALI E METODI:
In questo studio sono stati esaminati, con diverse temperature, 25 campioni di pesce con il metodo di digestione cloro-peptica e 25 campioni
di pesce con il sistema di digestione meccanizzato TrichinEasy® (Fig 1)
per un totale di 50 campioni ittici appartenenti alle specie Sparus aurata,
Conger Conger, Lepidopus caudatus, Scomber scombrus, Engraulis en-
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Lo studio ha rilevato un’incidenza del 61% sulla vitalità delle larve
post-digestione per il metodo basato sul sistema meccanizzato TrichinEasy®, rilevando su un totale di 120 larve vitali, aggiunte artificialmente ai campioni ittici, un numero di 73 larve vitali post-digestione.
Diversamente, il metodo della digestione cloro-peptica come descritto
nel Regolamento CE 2075/2005 non ha permesso il recupero di larve
vitali, mentre differenti prove svolte a temperature inferiori non hanno dato risultati ottimali a causa dei tempi di digestione troppo prolungati. La marcata differenza tra le due metodologie è riconducibile
alle diverse condizioni dei due sistemi (temperatura, sistema meccanizzato chiuso e quantità e concentrazione dei reagenti). Il sistema di
digestione automatizzato permette infatti di ottenere un prodotto di
digestione completo già dopo 20 minuti, mantenendo una temperatura di 37±1°C, ottimale per la sopravvivenza delle larve di Anisakidae.
Tale procedura è stata standardizzata presso il nostro laboratorio. Il
sistema meccanizzato TrichinEasy® ha permesso quindi di velocizzare
le tempistiche diagnostiche, diminuendo il tempo medio di digestione
da 45 a 20 minuti. Ulteriore considerazione va fatta anche sulla sicurezza dell’operatore, il sistema di digestione Trichineasy® infatti prevede delle fasi meccanizzate ed un sistema chiuso in grado di ridurre
notevolmente l’esposizione dell’operatore ai reagenti tossici utilizzati
durante il processo di digestione.
BIBLIOGRAFIA:
1. Reg (CE) 2075/2005 della Commissione del 5 dicembre 2005 che
definisce norme specifiche applicabili ai controlli ufficiali relativi alla
presenza di Trichine nelle carni- GUCE L 338 del 22.12.2005
2. EFSA Scientific Opinion on risk assessment of parasites in fishery
products. EFSA Journal 2010; 8(4): 1543
3. Fraulo P, Morena C, Costa A. (2014) Recovery of Anisakid larvae by
means of chloro-peptic digestion and proposal of the method for the
official control. Acta Parasitologica 59 (4):629-634
4. Ferrantelli V, Costa A., Cammilleri G, Graci S, Buscemi MD, Collura R,
Alongi A, Giangrosso G (2015). Success of Digestion in the Detection
of Anisakidae Larvae in Fish Products. IAFP European Symposium on
Food Safety 2015 P3-15:102-103
5. Llarena-Reino M, Pineiro C, Antonio J, Outerino L, Vello C, Gonzales AF, Pascual S (2012) Optimization of the pepsin digestion method
for anisakids inspection in the fishing industry Vet Parasitol 2013 Jan
31;191(3-4):276-83
6. Sakanari JA, McKerrow JH (1989) Anisakiasis. Clinical Microbiology
Review 1989: 278-284
Fig 1: Sistema di digestione TrichinEasy
266
267
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
083
MONITORAGGIO E BIOACCUMULO DELLA SS-N-METILAMINO-L-ALANINA NELLE CATENE TROFICHE
DEL BACINO DI OCCHITO
Keywords: BMAA, ELISA, HPLC/FD
Clausi M.T.[1], Vita V.[1], Bruno M.[2], Franchino C.[1], Trifirò G.[1], Palumbo M.P.[1], Floridi F.[1], De Pace R.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Puglia e Basilicata ~ Foggia ~ Italy, [2]Istituto Superiore di Sanità ~ Roma ~ Italy
[1]
SUMMARY:
Toxic cyanobacteria were found in many ecosystems throughout
the world, and their metabolites could be hazardous for human
health. Among these cyanotoxins, the ß-N-methylamino-L-alanine
(BMAA) is supposed to be involved in the pathogenesis of progressive neurodegenerative pathologies. In the present study, in addition to cyanobacteria characterization, we used screening ELISA
and confirmatory HPLC/FD methods for monitoring the presence
of BMAA in water and fishes from the basin of Occhito, located between Puglia and Molise regions. Toxin levels in water samples are
in agreement to cyanobacteria presence, with higher values during
spring 2014 (mean 24,14ng/ml). Fish species showed higher contamination during fall 2014 (mean 2,91μg/g dry weight). Although
observed concentrations are not high, the hypothesized link between BMAA and neurodegenerative pathologies suggest the necessity of continuous monitoring activities.
prove. I metodi ELISA sono stati validati ai sensi della decisione CE
657/2002, mentre non è stato possibile validare il metodo HPLC
per difficoltà tecniche.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La caratterizzazione algale ha rilevato la presenza di cianobatteri
in misura del 13,1% sul totale dei microorganismi riscontrati, con
prevalenza di Oscillatoria brevis. Questa specie ha presentato fioriture autunnali sia nel 2013 che nel 2014, con 21x106cell/L osservate a novembre 2013. Tale fioritura è legata alla bassa luminosità
preferita dalla cianoficea in questione. La Planktothrix rubescens,
che generalmente si riscontra in primavera e autunno, quando la
temperatura dell’acqua è sotto i 18°C (5), ha mostrato fioritura ad
aprile 2014 (34.800 cell/L). La concentrazione di BMAA nell’acqua
(fig.1) ha rispecchiato i risultati riscontrati nella caratterizzazione
algale. Le maggiori concentrazioni sono state osservate a marzo
2014 (media 24,14ng/ml), con valori comunque sovrapponibili nelle due primavere (medie 12,20 e 16,37ng/ml). Da maggio a novembre 2015 le concentrazioni erano inferiori al limite di rilevabilità
del metodo ELISA (5ng/ml). Per la matrice acqua l’analisi HPLC ha
rivelato sempre concentrazioni <10ng/ml. L’analisi ELISA effettuata sul muscolo di pesce, invece, ha evidenziato valori di BMAA tra
1,44 e 3,93μg/g su peso secco (p.s.), con un picco nell’autunno
nel 2014 (media tot 2,91μg/g p.s.) per quasi tutte le specie ittiche
(fig.2). Non sono state rilevate differenze significative tra le specie
onnivore e quella predatrice (persico trota), benché la maggiore
contaminazione di persici e cavedani possa essere legata alle dimensioni/età degli esemplari. La correlazione ipotizzata tra SLA e
cianotossine ha trovato le sue origini nel caso della popolazione di
Chamorro dell’isola di Guam, in cui si è riscontrata un’alta incidenza del complesso Sclerosi Laterale Amiotrofica-Parkinson Demenza
(SLA-PDC) messa in relazione al consumo di pipistrelli capaci di bioaccumulare la BMAA e farina di cicas contaminata da cianobatteri.
Studi sia in vitro che in vivo concordano attribuendo alla BMAA
una bassa citotossicità, pur potendo esercitare azione sinergica con
altri agenti neurotossici (es. metil-mercurio). Si è calcolato che in
un adulto di 50 kg la dose neurotossica è raggiunta con l’assunzione giornaliera di 25 mg di BMAA per diverse settimane (7). Nel
presente studio le concentrazioni medie di BMAA libera riscontrate
nei prodotti ittici (0,52 μg/g peso fresco) sono 10 volte inferiori rispetto alle concentrazioni di tossina totale riscontrate a Guam (2).
In conclusione, i metodi di prova sviluppati in ELISA sono un’utile
e rapido strumento diagnostico di screening, già dalle prime fasi
della fioritura cianobatterica, pur necessitando conferma strumentale, preferibilmente in HPLC/MS-MS (3). Le basse concentrazioni
ritrovate al momento, escludono un rischio diretto per l’uomo ma
il problema non va sottovalutato, considerando anche le difficoltà
legate alle tecniche analitiche e l’attuale mancanza di valori di riferimento per questa tossina (6).
INTRODUZIONE:
La contaminazione organica e inorganica di bacini idrici a basso
idrodinamismo determina l’eutrofizzazione di questi ultimi, con un
aumento della biomassa algale e la crescita di cianobatteri tossici.
Le cianotossine, loro metaboliti secondari, possono indurre effetti
acuti o cronici in base alla durata dell’esposizione e ai livelli di tossine. Recentemente, è stata ritrovata una nuova cianotossina: la
ß-N-metilamino-L-alanina (BMAA), aminoacido neurotossico non
proteico prodotto da quasi tutti i cianobatteri in differenti ecosistemi nel mondo (1). La comunità scientifica internazionale suggerisce che la BMAA abbia un ruolo nelle patologie neurodegenerative progressive quali sclerosi laterale amiotrofica (SLA), Alzheimer,
morbo di Parkinson (3, 4). In questo lavoro sono stati effettuati
la caratterizzazione delle specie algali presenti e la ricerca della
BMAA nelle acque e nei pesci del lago di Occhito, grande bacino
artificiale italiano al confine tra Puglia e Molise.
MATERIALI E METODI:
Nel periodo novembre 2013/2014 sono stati prelevati 40 campioni
di acqua e 226 di diverse specie ittiche (carpe, rovelle, barbi, alborelle, carassi, cavedani, persici trota) in alcuni casi raggruppati
in pool. La caratterizzazione algale nelle acque è stata effettuata
utilizzando un invertoscopio Leitz Labovert. La quantificazione della BMAA in acque e muscolo di pesce è stata eseguita con metodo immuno-enzimatico (ELISA) e cromatografico (HPLC/FD), dopo
messa a punto delle procedure analitiche con diverse estrazioni
per le due matrici. Il muscolo è stato estratto con soluzione acida,
filtrato su PVDF, purificato tramite SPE. L’acqua è stata filtrata per
le analisi ELISA e successivamente purificata su colonne SPE per l’analisi in HPLC/FD. I saggi ELISA hanno permesso di valutare solo la
BMAA libera a causa dell’interferenza degli acidi usati per estrarre
la quota legata alle proteine, comportando, quindi, una sottostima
della tossina totale (libera più legata). L’analisi cromatografica è
stata effettuata solo sui campioni di acqua, ma non sul muscolo per
via della complessità della matrice, come verificato da molteplici
268
Fig.1) Concentrazioni della BMAA (ng/ml) in campioni di acqua del bacino di Occhito nei due siti di prelievo.
Fig. 2) Concentrazioni della BMAA (μg/g p.s.) in campioni di muscolo di
pesce di diversa specie del bacino di Occhito.
BIBLIOGRAFIA:
1) Aráoz R, Molgó J, Tandeau de Marsac N. (2010) Neurotoxic cyanobacterial toxins. Toxicon;56:813- 28; 2) Cox PA, Banak SA, Murch
SJ (2003) Biomagnification of cyanobacterial neurotoxins and neurodegenerative disease among the Chamorro people of Guam. Proc
Natl Acad Sci USA;100:13380-3; 3) Faassen EJ (2014) Presence of the
Neurotoxin BMAA in Aquatic Ecosystems: What Do We Really Know?
Toxins. 6:1109-38. 4) Murch SJ, Cox PA, Banak SA (2004) A mechanism
for slow release of biomagnified cyanobacterial neurotoxins and neurodegenerative disease in Guam. Proc Natl Acad Sci USA;1:12228-31;
5) Rapporto ISTISAN 09/21 (2009). L’eutrofizzazione tossica in un complesso artificiale multilacuale: i laghi del Fiastrone (1998-2007). Roma:
Istituto Superiore di Sanità. 6) Rapporto ISTISAN 10/23 (2010). Contaminazione da tossine algali in fauna ittica italiana.Metodi di rilevazione e analisi. Roma: Istituto Superiore di Sanità. 7) Rapporto ISTISAN
14/20 (2014) Cianobatteri: linee guida per la gestione delle fioriture
nelle acque di balneazione. Roma: Istituto Superiore di Sanità.
269
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
084
APPLICAZIONE DELLA REAL TIME PCR E DI UN SAGGIO LAMP NELLA DIAGNOSI DI CAMPYLOBACTER
TERMOTOLLERANTI IN ALLEVAMENTO AVICOLO
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
gruppo di animali e al livello di contaminazione riscontrato. Lo studio
condotto ha messo in luce la necessità di revisione della metodica ISO
e, considerati i dati ottenuti, pone dei dubbi in merito all’affidabilità
della tecnica LAMP come utilizzo di metodica di campo.
Keywords: Campylobacter jejuni, Real time PCR, Lamp
Compagnoni C.[1], Di Serafino G.[1], Garofolo G.[1], Platone I.[1], Chiaverini A.[1], Ferrara A.[1], Di Giannatale E.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ~ Teramo ~ Italy
[1]
SUMMARY:
A real-time PCR and a LAMP assays for the detection of thermophilic
Campylobacter spp. directly in boot socks sampled from pre-slaughter
broiler farms has been evaluated. Forty-four poultry flocks were sampled using conventional boot socks and were tested using in parallel
biomolecular rapid tests and conventional culturing. Thirty-eight out
of 44 samples tested positive for Campylobacter spp. by real-time PCR
(R2=0.995), in complete agreement with direct culturing. Therefore,
this method should be useful for screening pre-slaughter poultry flocks
for the presence of Campylobacter. The study highlights the need of
revision of ISO method, since we obtained only negative results in
samples tested positive using other methods. LAMP technique, while
being rapid and simple, has not proven to be a valid method for the
detection of thermophilic Campylobacter spp. on-farm.
nati (Tab.1) (Eurofins Genomics, Germany), sono stati entrambi utilizzati ad una concentrazione finale di 0.4µM (3).
Saggio LAMP. Sono stati messi a punto tre diversi saggi sperimentali
che hanno avuto come target rispettivamente il gene 16S per l’identificazione dei Campylobacter termotolleranti, il gene cj0414 per C. jejuni, il gene CCO0367 per C. coli (Eurofins Genomics, Germany). Mentre
per i primer utilizzati per C. jejuni e C. coli si è fatto riferimento a quanto riportato in bibliografia (4), i primer relativi al gene 16S sono stati
opportunamente disegnati (PrimerExplorerV4 Software) e riportati in
tabella 1. Per il ciclo di amplificazione è stato utilizzato il CFX96 Touch™
Real-Time PCR Detection System (BioRad, USA).
Sensibilità, specificità e curva standard di calibrazione. Al fine di valutare la sensibilità e specificità dei metodi biomolecolari, sono stati
testati differenti ceppi di C. jejuni, C. coli e diverse specie di microrganismi quali Helicobacter spp., Arcobacter spp., Salmonella spp., Escherichia spp., Lactobacillus spp., Staphylococcus spp. Per la Real Time
PCR, diluzioni scalari di tre DNA sono state utilizzate per determinare
il limite di rilevazione del saggio e la curva standard di calibrazione è
stata costruita allestendo diluizioni scalari da un calzare contaminato
sperimentalmente con una carica di partenza di 109 UFC di Campylobacter jejuni ed analizzando in triplicato le singole diluizioni.
INTRODUZIONE:
Campylobacter spp. è considerato l’agente zoonotico maggiormente
responsabile di gastroenterite batterica nell’uomo in UE. E’ noto come
la produzione avicola primaria sia la principale fonte di infezione per
l’uomo (1), tanto che il baseline survey condotto nel 2008 ha confermato una prevalenza per Campylobacter spp. negli allevamenti avicoli
italiani del 63.3%. E’ stato ampiamente dimostrato come la messa in
atto di misure di biosicurezza a livello di produzione avicola primaria
determinerebbe un controllo della campylobacteriosi (2). La necessità
di sviluppare metodi diagnostici rapidi da applicare a questo livello,
come lo sviluppo di test on-farm utilizzabili per monitorare gli animali
in fase di premacellazione, sono ad oggi ritenuti essenziali al fine di
stabilire il ruolo del Campylobacter nella produzione di carne di pollo.
La messa a punto di saggi che predicano lo stato di portatore o non
portatore di Campylobacter del gruppo di macellazione renderebbe
possibile una pianificazione degli abbattimenti (logistic slaughter), macellando prima i gruppi di animali negativi e successivamente quelli
positivi (2). Nel presente studio sono stati messi a punto due sistemi di
diagnosi molecolare basati su Real Time PCR e saggio LAMP (loop-mediated isothermal amplification) da applicare ai gruppi di pollame in
fase di premacellazione. Questi due saggi sono stati messi a confronto
con tecniche microbiologiche di semina diretta su piastra e metodo
ISO 10272-1:2006 per la ricerca di Campylobacter spp.
Figura 1. Metodiche e tempi a confronto
BIBLIOGRAFIA:
1. European Food Safety Authority(2010). Analysis of the baseline
survey on the prevalence of Campylobacter in broiler batches and of
Campylobacter and Salmonella on broiler carcasses in the EU. EFSAJournal.Vol 3(3):1503.
2. European Food Safety Authority(2011). Scientific Opinion on Campylobacter in broiler meat production: control options and performance objectives and/or targets at different stages of the food chain.
EFSAJournal.Vol 9(4):2105.
3. Lund M., Nordentoft S., Pedersen K., Madsen M. (2004). Detection
of Campylobacter spp. in chicken fecal samples by Real-Time PCR.
Jour.of Clin. Microbiol. 42(11):5125-5132.
4. Yamazaki W., Taguchi M., Ishibashi M., Kitazato M., Nukina M., Misawa N., Inoue K. (2008). Development and evaluation of a loop-mediated isothermal amplification assay for rapid and simple detection of
Campylobacter jejuni and Campylobacter coli. Jour. of Medic. Microb.
57:444-451.
Tabella 1. Primers e sonda usati per LAMP e Real Time PCR
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Per ciò che riguarda i metodi microbiologici, con il metodo di semina
diretta sono stati rilevati 38 campioni positivi per Campylobacter sui
44 testati. Tale positività non è stata confermata con il metodo ISO,
che ha sempre portato al riscontro di negativi.
I risultati positivi ottenuti con la semina diretta, sono stati confermati anche in Real Time PCR, per la quale è stata riscontrata un limite
di rilevazione del saggio di 102 UFC. Al contrario, i saggi LAMP hanno presentato una bassa concordanza con il metodo microbiologico,
dimostrando dati di specificità e di sensibilità non idonei per un test
diagnostico. Diversi studi hanno confermato una relazione lineare tra
la prevalenza di Campylobacter riscontrata nei gruppi di polli da carne
ed il rischio per la salute pubblica (2). A riguardo, gli esperti hanno
suggerito la possibilità di introdurre criteri microbiologici anche per
questo microrganismo (2) valutando strategie di intervento a vari livelli della filiera in grado di ridurre la prevalenza nei polli con conseguente riduzione del rischio per l’uomo. La buona affidabilità, i brevi
tempi di analisi e la possibilità di avere una quantificazione (Fig.1),
rendono possibile l’utilizzo del metodo di Real Time PCR in un piano
di programmazione delle macellazioni in relazione alla positività del
MATERIALI E METODI:
Prelievo ed analisi dei campioni. Sono stati effettuati prelievi ambientali mediante l’uso di calzari secchi (boot-socks) in 44 box di allevamento avicolo. L’isolamento del Campylobacter dai campioni è stato
effettuato mediante semina diretta su Karmali agar dopo arricchimento in soluzione fisiologica (1:10) e metodo ISO 10272-1:2006. Da
300 µl di soluzione fisiologica è stato estratto il DNA da sottoporre a
Real Time PCR e LAMP, utilizzando il Maxwell® 16 IVD Instrument con
Maxwell® 16 Tissue DNA Purification Kit (Promega, Italia).
Real time PCR. La metodica biomolecolare ha considerato come target l’amplificazione del gene 16s rDNA. La reazione di amplificazione
è stata eseguita utilizzando strumentazione CFX96 Touch™ Real-Time
PCR Detection System (BioRad, USA) rispettando il protocollo originale
(3). I primers (campF2 e campR2) e la sonda (campP2-probe) selezio-
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
085
IL TRATTAMENTO AD ALTA PRESSIONE PER L’INATTIVAZIONE DI LISTERIA MONOCYTOGENES E SALMONELLA TYPHIMURIUM NEI SALUMI ITALIANI: RISULTATI PRELIMINARI
Keywords: Validazione di Processo, HPP, Sicurezza alimentare
Daminelli P.[1], Dalzini E.[1], Cosciani Cunico E.[1], Monastero P.[1], Cammi G.[1], Losio M.N.[1], Merialdi G.[1], Varisco G.[1]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna ~ Brescia ~ Italy
[1]
SUMMARY:
High pressure processing (HPP) is particularly interesting for noncooked packaged foods: pathogens and spoilage microorganisms are
inactivated without damaging color, texture and flavor. Nonetheless,
the lack of knowledge on microbial growing pattern in specific food
matrices is a major drawback for consolidating this technology. During
the 50-day manufacturing process of salami Piacentino, the lactic acid
bacteria count increased while the populations of L. monocytogenes
and Salmonella typhimurium artificially inoculated decreased. Despite
the high efficiency of HPP for assuring safe microbiological levels in salami Piacentino for Salmonella spp, further pressure/time conditions
must be tested for Listeria spp.
ceppi wild Izsler) e Salmonella typhimurium (ceppo ATCC6994 e due
ceppi wild Izsler) con concentrazione finale delle miscele di patogeno
rispettivamente pari a 2,7 × 107 CFU/ml e 4,0 × 107 UFC/mL.
I salami (1 kg di peso) sono stati ottenuti dalla lavorazione di differenti
impasti, inoculati con 1% v/w di soluzione fisiologica sterile (controllo), con una sospensione cellulare di L. monocytogenes (30 salami) o
Salmonella typhimurium (30 salami).
Al termine della stagionatura, ogni salame è stato diviso in due, sigillato in confezioni sottovuoto e trattato con 600 MPa per 5 minuti (1).
Le prove con trattamento HPP sono state effettuate in cinque repliche.
Analisi chimico fisiche e microbiologiche
Il valore del pH è stato determinato utilizzando un pH-metro HI 223
con controllo della calibrazione; l’attività dell’acqua (Aw) è stata misurata con il registratore Aw Aqualab, serie 3, modello TE in conformità
con ISO / FDIS 21807-2004.
La temperatura è stata monitorata durante il processo di produzione
utilizzando registratori di temperatura elettronici.
Analisi microbiologiche e genotipiche
La numerazione è stata eseguita per:
1)batteri lattici: MRSA incubato a 37° C per 72 h in condizioni microaerofilia;
2)L. monocytogenes secondo il metodo ISO 11290-2;
3)Salmonella spp. HEA (Hektoen enterica agar) incubato a 37° C per
24 h.
Quando la carica microbica dei patogeni era inferiore al limite di rilevamento (≤1.0 log10 CFU/g), veniva eseguita la real-time PCR per
rilevare la presenza L. monocytogenes e Salmonella spp..
Tutte le analisi sono state condotte in tre unità di prova per lotto durante la produzione (a 0, 1, 2, 3, 6, 8, 10, 13, 23, 34 e 50 giorni) e dopo
il trattamento HPP.
INTRODUZIONE:
I prodotti a base di carne fermentati sono generalmente riconosciuti
come sicuri dal punto di vista igienico sanitario, tuttavia i salami possono essere fonte di patogeni di origine alimentare in grado di sopravvivere durante il processo produttivo. La normativa europea non tollera la presenza di patogeni quali Salmonella spp. nel prodotto finito;
quella americana (FSIS) ritiene inoltre che una riduzione di 5-log di
Salmonella e di 3-log di L. monocytogenes nei prodotti a base di carne
rappresenti una garanzia adeguata per la sicurezza del consumatore.
Recenti casi di tossinfezione alimentare hanno richiesto ulteriori indagini per studiare quali tecnologie, abbinabili al concetto della teoria
degli ostacoli, possano permettere di considerare sicuri questi prodotti.
I vantaggi dell’applicazione del trattamento ad alta pressione (HPP)
agli alimenti sono noti da decenni, ma l’uso di questa tecnologia è
poco diffuso nell’industria di trasformazione italiana. Il trattamento
HPP inattiva patogeni e microrganismi alteranti come risultato dell’effetto della pressione sulla morfologia di cellule batteriche. Rispetto ai
trattamenti termici convenzionali le HPP sono in grado di inattivare
microrganismi indesiderati ed enzimi a temperatura ambiente, inducendo un minimo danno ai profili nutrizionali e sensoriali del cibo.
Il Salame Piacentino DOP è un salume fermentato italiano il cui processo prevede l’insacco dell’impasto in un budello naturale di suino,
poi stagionato per 45-80 giorni.
In questo lavoro è stata valutata l’efficacia del processo di produzione del salame, in combinazione con l’applicazione delle alte pressioni
a fine stagionatura, attraverso la valutazione delle riduzioni log- di L.
monocytogenes e Salmonella spp. in accordo con le linee guida USDA/
FSIS.
Valutazione del trattamento HPP
Il livello di inattivazione (IL) attribuito al trattamento ad alta pressione
condotto a 600 MPa per 5 minuti è stato determinato dalla seguente
equazione:
IL = log (Nt/N0), dove:
N0= popolazione del patogeno iniziale [CFU/g];
NT= popolazione dopo la HPP[CFU/g].
L’efficienza (E) del processo HPP è stata calcolata in modo che: E =
100 - (Nt / N0) 100.
Il livello di inattivazione e l’efficienza del processo sono stati riportati per due recipienti a pressione e valutati come media e deviazioni
standard determinati dalla media di 5 replicati di HPP (applicati a 5
campioni diversi).
I risultati sono stati analizzati statisticamente con il test Tukey utilizzando il software Statistica (Statsoft, USA). Le differenze all’interno di un
intervallo di confidenza del 95% (p <0.05) sono stati considerati come
significativi.
MATERIALI E METODI:
Produzione di Salame
Per la produzione di circa 100 kg di salame Piacentino sono stati utilizzati gli ingredienti previsti dal Disciplinare di produzione. La preparazione dell’impasto è avvenuta presso uno stabilimento di trasformazione, mentre le fasi dall’ insacco alla stagionatura (50 giorni) hanno
avuto luogo presso l’Istituto Zooprofilatico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER).
L’impasto è stato contaminato separatamente con miscele di ceppi da
collezione e di campo di L. monocytogenes (ceppo ATCC19115 e due
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
processo di fermentazione può essere considerato accettabile (2). Il
valore di Aw è diminuito sino a 0,913 ± 0,004 nel salame stagionato
contribuendo alla sicurezza microbiologica del prodotto.
Le alterazioni del pH e Aw attribuite al trattamento HPP non sono statisticamente significative (p <0,05).
La concentrazione di batteri lattici è aumentata da 5,91 ± 0,19 log10
CFU/g sino a 8,51 ± 0,06 log10 CFU/g in 50 giorni. L. monocytogenes
e Salmonella typhimurium nei campioni artificialmente inoculati hanno subito un calo durante il processo di produzione rispettivamente
da 5.48 ± 0,10 a 4,88 ± 0,09 log10 CFU / g e da 5.32 ± 0,02 a 2,92 ±
0,23 log10 CFU/g. La ricerca genotipica ha mostrato l’assenza di questi
microrganismi nei campioni di controllo. Dopo il trattamento HPP Salmonella spp. non è stata rilevata in tutti i campioni analizzati (assenza
in 25 g).
Per L. monocytogenes, è stata osservata una notevole variabilità nel
livello di inattivazione dopo trattamento HPP in entrambi i recipienti
con una media di 1,85 ± 1,13 per il recipiente 1 e 2,3 ± 1.12 per il recipiente 2. Questa variabilità può trovare giustificazioni nel fatto che
il trattamento HPP provochi morte cellulare (per perdita di integrità
della membrana citoplasmatica) o solo lesioni subletali alle cellule per
parziale perdita di integrità della membrana che può consentire la crescita delle cellule dopo il trattamento (3).
I risultati di questo studio confermano che le condizioni di fermentazione, asciugatura e stagionatura portano ad un incremento di efficacia della capacità di ostacolare la sopravvivenza dei patogeni durante
il processo di produzione (4, 5) e dimostrano la validità del protocollo
sviluppato per garantire la sicurezza del salame Piacentino attraverso
la validazione del processo e l’applicazione delle HPP, trattamento che
deve essere approfondito per ottenere la massima efficienza verso i
due patogeni considerati.
BIBLIOGRAFIA:
1.Porto-Fett et al.(2010). Evaluation of fermentation, drying, and/or
high pressure processing on viability of L. monocytogenes, Escherichia
coli O157:H7, Salmonella spp., and Trichinella spiralis in raw pork and
Genoa salami. International Journal of Food Microbiology, 140, 61-75.
2.American Meat Institute Foundation (1997). Good manufacturing
practices for fermented dry and semi-dry sausage products.
3.Ritzet al.(2001). Morphologicaland physiological characterization of
Listeria monocytogenes subjected to high hydrostatic pressure. Applied and Environmental Microbiology 67, 2240-2247
4.Dalzini et al(2014). Reduction of Escherichia coli O157: H7 during
manufacture and ripening of Italian semi-dry salami. Italian Journal of
Food Safety,3(2), 137-139.
5. Dalzini et al. Behaviour of Escherichia coli O157 (VTEC), Salmonella
Typhimurium and L. monocytogenes during the manufacture, ripening
and shelf life of low fat salami. Food Control, 47, 306-311.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
La fase di acidificazione è stata caratterizzata da una diminuzione
del pH fino a raggiungere un valore minimo di pH 5,3 in circa 72 h: il
272
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
086
VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ LITICA DI NUOVI BATTERIOFAGI ATTIVI CONTRO CAMPYLOBACTER,
TRAMITE PROVE DI EFFICACIA IN VITRO
Keywords: Campylobacter jejuni, Bacteriophage, Campylobacteriosis
D’Angelantonio D.[1], Aprea G.[2], Boni A.[3], Di Serafino G.[3], Marotta F.[3], Connerton P.[4], Connerton I.[4],
Di Giannatale E.[3], Pomilio F.[3], Migliorati G.[3]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G.Caporale” / Università degli Studi di Teramo, Facoltà di Medicina
Veterinaria ~ Teramo ~ Italy, [2]Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ~ Napoli ~ Italy, [3]Istituto Zooprofilattico
Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G.Caporale” ~ Teramo ~ Italy, [4]The Nottingham University ~ Nottingham ~ United Kingdom
[1]
SUMMARY:
Bacteriophage (phage) therapy is considered an innovative and safe
solution to treat antibiotic resistant bacteria and for reducing Campylobacter in broilers. The aim of this work was to investigate the in vitro
efficacy of newly isolated phage in order to control Campylobacter in
poultry. For the experiment, a concentration of C. jejuni (252gM/12A)
107 ufc/ml was mixed with ɸ16 and, after 24h, with ɸ7 at different
Multiplicity of Infections (MOI)(0.1,1,10). C. jejuni NCTC12662 with
ɸCP220 was used as positive control while C. jejuni 252gM/12A without phages as negative one. At T0, T2, T4, T8 and T24, the reduction
of C. jejuni was measured by enumeration and compared to control
cultures. The phages were efficient in reducing C. jejuni, and MOI 0.1
showing the best results (C. jejuni 1Log reduction). More research will
be carried out to explore the in vivo effects of these phage in order to
evaluate the their potential to enhance food quality and consumer’s
safety.
singolarmente, 500 µl di brodocoltura dei ceppi batterici. Successivamente 10µl di ciascun campione sono stati posti su piastre di NZCYM
agar e le stesse sono state incubate per 24h a 37±1°C in microaerofilia.
Concentrazione e purificazione
I fagi sono stati concentrati mediante centrifugazione. La sospensione, in seguito a filtrazione (0,45µm), è stata centrifugata per 2h a
40.000g a 4°C (Beckman JS-21, rotore JA20) e il pellet risospeso in SM
buffer. I fagi sono stati in seguito sottoposti a purificazione, seguendo le istruzioni riportate nel kit commerciale utilizzato (Wizard® DNA
Clean-Up System, Promega).
Caratterizzazione molecolare
La PFGE è stata condotta seguendo i protocolli riportati nel lavoro
di Lingohr et al.(4). La sospensione contenente i fagi, dopo l’aggiunta
di proteinasi K, è stata incorporata in TE buffer (2% agarosio) per la
formazione dei blocchetti i quali sono stati successivamente sottoposti a PFGE con i seguenti parametri di corsa: 6V/cm, tempo 17h, temperatura 14°C. Le bande genomiche sono state analizzate con BioRad
Quantity One software.
Prova di efficacia in vitro
Alla brodocultura del ceppo di C.jejuni 252gM/12A, allestita come
precedentemente indicato (107 ufc/ml), è stato aggiunto dapprima il
ɸ16 e, dopo 24 ore, il ɸ7, con titoli di 106, 107 e 108 (Multiplicity of
Infections-MOI 0,1;1;10) e incubata a 41±1°C in condizioni di microaerofilia. Ad intervalli di tempo regolari (T0, T2, T4, T8 e T24), è stata
prelevata un’aliquota di brodocultura sottoposta a diluizioni scalari
per valutare il titolo del fago (in SM) e di C.jejuni (in PBS). La prova è
stata condotta in triplicato parallelamente ad una sospensione utilizzata come controllo positivo (C.jejuni NCTC12662 e fago CP220 ) ed
una come controllo negativo (C.jejuni 252gM/12A senza fago).
INTRODUZIONE:
La campilobatteriosi è considerata la zoonosi più comune in Europa
e nel mondo. In molti paesi infatti, il numero dei casi è molto più alto
di quelli determinati da altri agenti patogeni di origine alimentare,
con oltre 236 000 casi segnalati nell’uomo(3). Ulteriori dati preoccupanti sul controllo di Campylobacter sono quelli relativi allo sviluppo
dell’antibiotico resistenza, stimolando la comunità scientifica nell’individuazione di metodi alternativi. I batteriofagi (fagi)(ɸ), sono i naturali competitori dei batteri, estremamente specifici nei confronti
del patogeno bersaglio ed innocui nei confronti delle cellule animali.
Ciò li rende candidati ideali per le applicazioni volte ad aumentare la
sicurezza dell’alimento e nel prevenire o ridurre le infezioni negli allevamenti. Il lavoro ha avuto l’obiettivo di verificare l’efficacia in vitro di
fagi nei confronti di C. jejuni. In particolare, i fagi sono stati sottoposti
a purificazione e a prove di spettro d’ospite. I fagi che hanno mostrato
i migliori risultati in termini di attività litica e di ampiezza di spettro
d’ospite sono stati sottoposti a caratterizzazione molecolare mediante
Pulsed-Field Gel Electrophoresis(PFGE) e a prove di efficacia in vitro.
MATERIALI E METODI:
Campioni
Sono stati analizzati 198 campioni rappresentati da: 103 tamponi cloacali, 51 pool di feci fresche, 32 calzari e 12 campioni di acque di condensa derivanti dai sistemi di raffreddamento dei capannoni avicoli.
Isolamento fagi e valutazione spettro d’ospite
Sono stati utilizzati 9 ceppi di C.jejuni (Tabella1), scelti in base alle
differenti caratteristiche relative al sierotipo di Penner, ai pattern di restrizione genomica (PFGE) e agli antigeni flagellari. Per la preparazione
delle brodoculture, le colonie seminate su Columbia blood agar sono
state trasferite in New Zealand Casamino Yeast Broth 1X (NZCYMB)
fino al raggiungimento della densità ottica a 600nm di 0.35 (107 ufc/
ml). L’isolamento e lo spettro d’ospite sono stati valutati mediante
tecniche di Spot assay. A 4ml di NZCYM soft agar sono stati aggiunti,
Tabella 1: Ceppi batterici utilizzati
Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
di fagi, 29 dei quali provenienti da pool di feci fresche e 7 da campioni
cloacali. I fagi di 15 campioni hanno mostrato evidente attività litica e
capacità di propagare mediante l’ospite specifico. Tra di questi, 2 fagi
(ɸ16 e ɸ7) hanno mostrato attività litica su tutti gli ospiti di C.jejuni
testati (Tabella 1). Questi ultimi sono stati sottoposti a purificazione e
concentrazione fino al raggiungimento del titolo finale di 1010 pfu/
ml.
Caratterizzazione molecolare
La PFGE ha evidenziato, per i fagi ɸ16 e ɸ7, un genoma pari a ~140kb.
Questo aspetto ha permesso di includerli al gruppo III CP81.
Prova di efficacia in vitro
I risultati riportati in Figura 1 sono quelli relativi alla migliore performance dei fagi ottenuta con MOI di 0,1. I fagi 16 e 7 hanno mostrato
la loro attività litica già dopo 2h dal contatto con l’ospite provocandone una riduzione superiore a 1log. Come riportato in letteratura (1), il
presente lavoro conferma che C. jejuni, dopo 24h dal contatto con il
fago, può sviluppare meccanismi di resistenza e, in accordo con l’opinione EFSA(2), che l’impiego di fagi post macellazione possa ridurre la
carica di C. jejuni nel pollame, limitando nel consumatore il rischio di
campilobatteriosi. Questi risultati incoraggiano l’esecuzione di ulteriori prove sperimentali in vivo sul pollame.
Figura 1. Risultati relativi alle prove di efficacia in vitro utilizzando
come ospite batterico C. jejuni 252gM e come fagi, ɸ16 nelle prime
24h e ɸ7 nelle successive 24h.
BIBLIOGRAFIA:
1. Cairns B.J., Timms A.R., Jansen V.A., Connerton I.F. and Payne R.J.
(2009). Quantitative models of in vitro bacteriophage-host dynamics
and their application to phage therapy. PLoS Pathog, 5(1) e1000253.
2. EFSA, 2015. Scientific Opinion on Campylobacter in broiler meat
production: control options and performance objectives and/or targets at different stages of the food chain. EFSA EFSA Journal, 9(4): 2829, 2015.
3. EFSA, 2015. The European Union summary report on trends and
sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in
2014. EFSA Journal,13(12): 3-4, 2015.
4. Lingohr E., Frost S. and Johnson R.P. (2009). Determination of bacteriophage genome size by pulsed-field gel electrophoresis. Bacteriophages: Methods and Protocols, Volume 2 Molecular and Applied
Aspects, pp.19-25.
RISULTATI E CONCLUSIONI:
Isolamento, spettro d’ospite, concentrazione e purificazione
L’analisi ha permesso di individuare 36 campioni positivi alla presenza
274
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Pacengo di Lazise (VR), 28 - 30 Settembre 2016
087
STUDIO PRELIMINARE DEL PROFILO MICROBIOLOGICO DI CARCASSE E CARNI DI SELVAGGINA IN
DIVERSE CONDIZIONI DI LAVORAZIONE
Keywords: Game meat, Hygiene, Wild ungulate
Donazzolo C.[1], Citterio C.[1], Paulsen P.[2]
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - IZSVe ~ Legnaro (PD) ~ Italy,
[2]
University of Veterinary Medicine (Vetmeduni Vienna) ~ Vienna ~ Austria
[1]
SUMMARY:
In Italy, hunted wildlife meat and deri