Da l`Eco di Bergamo del 21 agosto 2014

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Da l`Eco di Bergamo del 21 agosto 2014
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L’ECO DI BERGAMO
GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2014
Cultura
C’era una volta Twitter
Ilgovernohadetto:«Prestoilnapoletanonon
dovràpiùemigrareinSvizzera».No,no’o
governoitaliano:ilgovernosvizzerol’hadetto
[email protected]
MASSIMOTROISI
www.ecodibergamo.it
Sudore, fatica
emancipazione
Vita di emigrante
Emigranti bergamaschi
all’estero: facevano i boscaioli
e i carbonai al principio del
Novecento
A S. Omobono raduno di quelli dalla Valle Imagna
Ci sarà anche Todeschini, oggi senatore in Francia
GIUSEPPE ZOIS
Si arricchisce di contenuti e di nomi il programma per
i due giorni del primo raduno degli emigranti della Valle Imagna,
che si terrà il 6 e 7 settembre prossimi a S. Omobono Terme. Numerose sono le iniziative che animeranno l’evento, attorno al quale si
vanno esprimendo un interesse
e un consenso crescenti.
Nel periodo che in Valle Imagna rappresenta uno dei tempi
forti e più vissuti dalla gente, storicamente – l’avvicinamento alla
festa della Madonna della Cornabusa (seconda domenica di settembre) – è stata inserita la nuova
manifestazione ideata e voluta
dall’Isot, gli imprenditori locali.
Che hanno deciso inserire sul calendario una data per onorare il
popolo delle valigie. Sono centinaia e centinaia i valdimagnini
che dalla fine dell’Ottocento e per
gran parte del Novecento sono
partiti in cerca di fortuna, di un
nuovo domani, per sé e per le loro
famiglie, in terra straniera. La
maggior parte s’è recata in Svizzera e in Francia, ma parecchi attraversarono l’Atlantico, recandosi
negli Stati Uniti, nel Canada, nel
Venezuela. Alcuni fecero rotta
sull’Australia. È a questi costruttori di nuove frontiere che si è
pensato, volendo una festa per
loro.
Già molti sono gli emigrati ed
emigranti che hanno annunciato
la loro partecipazione. A luglio
sono partite migliaia di lettere di
invito, verso i cinque continenti:
alcuni emigranti delle nuove generazioni hanno fatto rotta verso
Jean-Marc Todeschini
l’Asia, a Singapore e in Giappone.
Un comitato, che comprende anche figure di emigranti, sta lavorando per mettere a punto il programma e per portare a compimento alcune sottolineature volute per accogliere al meglio
quanti faranno ritorno nei loro
paesi, da Strozza fin su in cima alla
Valle, a Fuipiano e Brumano.
Gradita è arrivata, direttamente da Parigi, la notizia che al raduno valdimagnino interverrà il senatore francese Jean-Marc Todeschini, con la moglie Arlette Thomas e con suo fratello Mario. Tra
le molte figure di eccellenza del
firmamento dei migranti valdimagnini, che si sono distinti in
tutti i campi, dall’artigianato all’edilizia, dal terziario alla cultura,
quella di Jean-Marc è una luce di
prima grandezza. La sua famiglia,
originaria di Valsecca, pare uscita
da un copione di Olmi: nonni e
genitori umili, faticatori di schiena piegata, un impegno e un attaccamento al lavoro che hanno favorito una costante emancipazio-
ne fino al raggiungimento di un
rispettato livello sociale. E si sa
che non è proprio facile, non lo è
mai stato, per gli stranieri affermarsi e avere successo in casa d’altri, pur con tutte le migliori intenzioni nell’accoglienza, com’è stato
per lo più in Francia e in Svizzera
dove sono innumerevoli i nostri
connazionali di prima, seconda,
terza, quarta generazione e anche
molto oltre. A prezzo di grandi
sacrifici, Jean-Marc ha studiato,
è diventato maestro, si è incamminato sulla strada della politica
muovendosi nelle file del Partito
Socialista. Ha salito tutti i gradini
ed è arrivato al Senato della Repubblica, dove oggi è il Primo
Questore, personalità tra le più in
vista della classe politica francese,
molto considerato dai vari presidenti che si sono succeduti all’Eliseo, François Mitterrand per
esempio, e l’attuale François Holland, con il quale ha condiviso
molte battaglie.
Todeschini con la sua famiglia
ha messo le radici a Talange, dove
abita anche la prima figlia Virginia, 40 anni, che lavora con il papà
al Senato ed è stata eletta nel Consiglio comunale di Talange; l’altra
figlia, Laura, 37 anni, laureata in
genetica, lavora come ricercatrice
all’Università di Parigi 7.
Il papà di Jean-Marc, Antonio
Todeschini era nato a Valsecca nel
1918 e dopo aver frequentato le
poche classi che allora c’erano, già
a 10 anni aveva seguito suo padre
che era muratore in Svizzera e che
lo piazzò in una fattoria. Era un
modo per tenerselo vicino e per
raggranellare qualche soldo. Dalla
Il padre era
di Valsecca, lavorava
come tornitore
in officina
Svizzera Antonio Todeschini andò in Francia, a Donmartin, vicino
a Pontarlier -Doubs per continuare a fare quel che sapeva, cioè il
contadino. Unico italiano di quel
villaggio, lo dovette abbandonare
all’inizio della seconda guerra
mondiale, essendosi l’Italia schierata con i tedeschi. Alla fine del
conflitto, nel 1945, raggiunse la
sorella Adelaïde a Herserange
(Meurthe-et-Moselle, a 3 km da
Belgio e Lussemburgo), che aveva
sposato Pietro Invernizzi, anch’egli originario di Valsecca. È da
questo momento che Antonio comincia a lavorare in un’officina
come tornitore, poi come fresatore. Qui conosce una ragazza che
per la merenda».
La pubblicazione di Moioli si
completa con illustrazioni a china
e acquarello di Cesare Rota Nodari. «A tavola si mangia e si parla, il
pasto migliore è quello conviviale,
in cui i piaceri della gola si alternano al diletto della conversazione»
dice l’autore. Un altro detto bergamasco suona: «Buon appetito,
maià e fà sito»: «Niente di più sbagliato, la gioia della tavola è esaltata dallo stare insieme - commenta
Moioli -, quando i sapori dei cibi si
sposano con i saperi delle parole».
L’incontro si è concluso con
l’assaggio della smaiasa (che in alta
Valle Brembana si chiama scarpasa o leadèl), preparata e narrata da
Renza Gozzi. n
Quando il dolce era un premio
Tantimodiperindicarla
e altrettante varianti per cucinarla. È la «smaiasa», un dolce tipico
della cucina di tutte le zona prealpine, che nei giorni scorsi è stata
la protagonista di un incontro culturale a Olmo al Brembo. La graziosa piazza nella zona storica del
paese, allestita come un’antica cucina da Alma Gianati e Gianluigi
Gozzi,haospitatounodegliincontri della rassegna «Pagine verdi»,
organizzata dalla biblioteca di
Piazza Brembana, in collaborazione con il Parco delle Orobie e il
Sistema bibliotecario di Bergamo
- Area Nord Ovest. A introdurre
l’incontroSandroSeghezzi,cheha
ricordato gli appuntamenti in vista, tra i quali l’incontro di oggi
sulle rive del lago artificiale di Cassiglio (vedi box a destra).
«L’ingrediente principale della
smaiasa sono gli ansaröi (gli avanzi, ndr) che variano in base alla
stagionalità e al territorio nel quale viene cucinata» ha detto Velio
Moioli, autore del volume Centodue ricette bergamasche. «I nostri
antenati contadini la usavano come merenda e, secondo l’etimologia della parola, bisognava meritarsela, era un premio». Moioli,
nelpresentarequestopiattotipico
della cucina povera prealpina ha
snocciolato alcuni proverbi dialettali riferiti alla cucina. Modi di
dire che l’autore ha ampiamente
illustrato nel volume, pubblicato
dal Centro Studi Valle Imagna in
collaborazione con Slow Food
Valle Orobiche e Terra Madre
Lombardia, che è una ricca raccolta di ricette scritte a mano da Maria Locatelli nell’arco della sua
lunga vita. «San Michél porta la
marenda in cìel – ha spiegato Moioli - stava a significare che con la
fine di settembre, il giorno dedicato ai Santi arcangeli, le giornate si
accorciano e non c’era più tempo
diventerà sua moglie, Domenica
Vanoli, del 1925, nata a Herserange nella Meurthe-et-Moselle. I
due si sposano il 25 aprile del 1947
nel paese di lei. Prima delle nozze
con Antonio, Domenica Vanoli
aveva lavorato come operaia in
una fabbrica di maioliche di Longwy. Il nonno materno, Antonio
Vanoli, marito di Carlotta Bugada,
lavorava a sua volta nella siderurgia. Domenica Vanoli conobbe la
terra delle sue origini solo dopo
il matrimonio.
«Erano molti – ha raccontato
Jean-Marc Todeschini – gli emigranti di Valsecca e della provincia di Bergamo che si mossero
verso Herserange tra il 1925 e il
Eleonora Arizzi
La «smaiasa», detta anche «scarpasa» o «leadèl»
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L’ECO DI BERGAMO
GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2014
DUE VOLUMI
Quei preti missionari
all’estero con i nostri lavoratori
orna a farsi sentire il
tema dell’emigrazione
dopo che per oltre
vent’anni il nostro Paese è stato piuttosto
un luogo dove immigrare per
trovare un futuro. Tanti giovani
in questi ultimi cinque anni
hanno lasciato il Paese. L’emigrazione tradizionale ha riguar-
T
dato l’Italia e la Bergamasca tra
la fine dell’Ottocento e i primi
Anni Cinquanta. Un fenomeno
massiccio che ha indotto la
Chiesa a inviare dei preti della
nostra diocesi nei territori dove
maggiore era la presenza dei
migranti. Nelle scorse settimane, il Centro studi Valle Imagna
ha pubblicato un ponderoso vo-
lumi che racconta questo slancio missionario, le storie di numerosi sacerdoti che hanno seguito i nostri lavoratori all’estero, sono rimasti in mezzo a loro
in Francia, in Belgio, in Svizzera,
in Germania. Il volume uscito è
il primo, nei prossimi mesi vedrà la luce un secondo libro che
«Restituisce il patrimoni pre-
zioso delle esperienze vissute in
emigrazione da sacerdoti cresciuti in un particolare contesto
culturale e religioso d’Oltralpe
e attualmente rientrati in dioccesi. Temi importanti sono
quelli dell’incontro, del rispetto,
del dialogo «intrecciati in una
pastorale nuova, che ricuce gli
strappi della sofferenza».
«Troppi giovani se ne vanno
Necessario intervenire presto»
Il fenomeno migratorio riprende forza negli ultimi anni in Italia
Ne parla Claudio Bosaia, autore del volume «Dove scappo?»
a sempre si sostiene
che l’Italia è il Paese
più bello del mondo.
Allora perché lo abbandoniamo? Il
grande esodo cominciò dopo
l’unità d’Italia. Dal 1861 fino al
1940 emigrarono trenta milioni di italiani. I paesi più gettonati all’inizio erano Francia e
Germania, ma poi le rotte si
allungarono verso Stati Uniti,
Argentina, Brasile e Australia.
Negli anni Settanta il fenomeno riprese una qualche consistenza, anche se stavolta a levare le ancore non erano schiere
di contadini e operai, ma giovani laureati, le forze migliori del
Paese. Dal 2009, la fuga dei
cervelli è una continua emorragia. Gli italiani residenti all’estero nell’età compresa fra
20 e 40 anni sono al momento
316 mila con una media di circa
30 mila espatri all’anno. In soli
sette anni i laureati emigrati
all’estero sono aumentati del
40 per cento. Un flusso inarrestabile?
Ne parliamo con Claudio Bosaia, autore di «Dove scappo?»
(Iacobelli editore, pagine 281,
euro 16), articolato studio in
cui oltre ad analizzare la situazione degli espatri, illustra « I
migliori trenta paesi verso cui
espatriare per lavoro o per piacere».
D
1950, per trovare lavoro, soprattutto nella siderurgia. Ciascuno
faceva arrivare un fratello, un cugino, perché non mancava il lavoro. Mio papà ci ritrovò sua sorella,
numerosi cugini e parecchi amici
d’infanzia che gli resero meno lacerante il distacco da casa».
Fu naturale la confluenza nel
Partito Socialista. Jean-Marc me
la spiega così: «Ho sempre avuto
una coscienza di classe che mi
portava a sostenere la socialità e
i partiti di sinistra. Maestro a Talange, in un ambiente operaio, mi
sono buttato nella vita sociale e
culturale. Sognavo che la politica
cambiasse e si interessasse di più
ai giovani, all’educazione, al socia-
le. Nel 1983, alcuni amici mi spinsero a presentare una lista per le
elezioni municipali e vincemmo.
Era l’inizio di un mio impegno più
marcato nella politica. Ebbi subito degli incarichi nel partito, nella
zona della Mosella; nel 1993 ne
divenni il primo responsabile.
Questo mi spianò la strada all’Ufficio nazionale del Ps a Parigi.
Eletto consigliere regionale della
Lorena nel 1988, dal 1997 al 2001
fui capo di gabinetto di Jean-Pierre Masseret, segretario di Stato
alla Difesa e per gli ex-combattenti. Nel settembre del 2001 sono
stato eletto al Senato, dove oggi
sono Primo Questore». n
«Pagine Verdi», la rassegna di «cultura, colture e natura nel parco»,
continua con il suo settimo appuntamento: oggi alle 15.30 presso il
Lago di Cassiglio si terrà l’incontro
con gli autori Alberto Gherardi e
Marco Melis dal titolo «Il mestiere
dello scrittore». Il moderatore sarà
Adriano Piccardi, direttore responsabile della rivista di cultura cinematografica «Cineforum». Melis,
«Credo che l’esterofilia degli
italiani incida sulle opinioni
ma non sulle azioni. Immagino
che di fronte a scelte così importanti come uscire dal proprio paese e quindi separarsi
dai propri affetti e dai propri
luoghi servano motivazioni più
gravose».
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L’Italia, davvero non ha risorse
sufficienti e prospettive allettanti
per i suoi giovani?
Pagine Verdi
A Cassiglio
il mestiere
di scrivere
(e leggere)
Bosaia, quanto contribuisce il grado di esterofilia degli italiani nella
«moda» giovanile di espatriare?
cagliaritano di origine, si è trasferito, ancora molto giovane, in Lombardia: vive e lavora a Bergamo. Ha
pubblicato, nel 2009, la raccolta di
racconti «Tracce», a cui sono seguiti
tre romanzi. L’ultimo, «Non volli
dirti nulla» (2013), narra, sullo sfondo della seconda guerra mondiale,
l’intesa ideale fra il poeta Federico
Garcia Lorca e la musicista sarda
Marisa Sannia. Tutti i libri sono editi dalla bergamasca Corponove.
Bergamasco è Alberto Gherardi,
classe 1966. Ha pubblicato tra l’altro, per la bergamasca Lubrina,
«Cuori d’altopiano» (2008), quattro racconti molto legati al territorio di Selvino e Aviatico. La rassegna è organizzata da Alessandro
Seghezzi e Chiara Delfanti.
V. G.
«L’Italia ha ben più delle risorse necessarie a mantenere i
propri cittadini, il problema è
che quando ci si abitua a non
utilizzarle, poi si rischia di dimenticarle per sempre. Fino a
10 anni fa, il 50 per cento dei
nostri sforzi lavorativi, economici e culturali bastavano a
posizionare l’Italia tra i Paesi
più ricchi e sviluppati del pianeta. Ora tutto ciò non è più
sufficiente ma tardiamo ad ammetterlo. È un caso di pigrizia
culturale collettiva».
Le condizioni di lavoro degli altri
Paesi, sono migliori di quelle italiane?
«Le condizioni di lavoro fuori
dal nostro Paese sono molto
Se l’esodo persiste, l’Italia è destinata a diventare un Paese come la
Moldavia e l’Albania sorretto dalle
rimesse dei propri emigrati?
«Il rischio è proprio quello
prospettato nella domanda.
Spero vivamente che gli Italiani tutti e in particolare la nostra classe dirigente si muova
in tempo per scongiurare questa deriva. Se così non fosse,
torneremo ad avere lo “zio ricco d’America” che saltuariamente verrà a trovarci portandoci tanti bei regali. Seriamente parlando, occorre riformare
profondamente per rilanciare
l’economia, ridare fiato all’occupazione. Altrimenti lo scenario andrà sempre più a somigliare a quello di inizio Novecento».
Fra i paesi verso i quali i giovani
emigrano ci sono anche Spagna e
Irlanda dove al momento la situazione non appare migliore di quella dell’Italia. Per quale ragione esiste un flusso migratorio anche in
questa direzione?
Lavoro dopo la scuola: prospettive grigie in Italia
differenti sia dal punto di vista «Per gli italiani è chiaramente
meritocratico che da quello del più facile integrarsi in paesi di
welfare. Dobbiamo essere con- estrazione latina. Quindi parsci del fatto che ci troviamo di liamo del sud Europa e del Sud
fronte ad ambienti lavorativi America. Questo feeling nasce
molto dinamici e questa “friz- da un’ovvia affinità culturale e
zantezza” regala da un lato linguistica ma non dimentimolteplici opportunità d’im- chiamo che nel secolo scorso
piego e di crescita professiona- una buona parte degli italiani
le, dall’altro altrettante possi- ha scelto, con successo, di emibilità di licenziamento. Sappia- grare negli Usa, in Canada e in
mo bene come la tutela sociale Australia. Tornando ai nostri
nel nostro Paese sia tra le più giovani: in questa fase sono
elevate al mondo ed è quindi soprattutto i ragazzi laureati
facile che emigrando in altre ad andarsene, a cercare lavoro
nazioni perderemo parte di in paesi più dinamici. Ma si sta
questi “privilegi”
aprendo una fase
(dico “privilegi” pernuova anche per muché purtroppo ciò
L’Italia ha ratori, operai, mecche qualche anno fa
che in misura
le risorse canici
pareva essere garangià ora non trascuratito dalla nostra coma non bile sono costretti a
stituzione sia ora
lavoro alriesce più cercare
considerato un lusl’estero perché l’Itaa sfruttarle lia offre poche possiso)».
bilità e molto precaChe cosa trovano all’estero i nostri
riato».
ragazzi?
«Trovano dei Paesi “giovani”,
dove all’età di 40 anni un lavoratore viene considerato nel
massimo della propria carriera
professionale. Hanno la possibilità di vivere e partecipare
all’evoluzione dei paesi nei
quali vanno a lavorare perché
gli viene data la possibilità di
esprimersi, culturalmente e di
crescere professionalmente».
Quali sono i paesi in cui inserirsi e
poi integrarsi è più facile, e perché?
Quali sono gli inconvenienti che
più spesso devono affrontare all’estero?
«Il rischio maggiore è quello di
essere sfruttati e/o truffati.
Questo pericolo nasce dalla
scarsa conoscenza dei luoghi in
cui si cerca fortuna e dalla scarsa conoscenza delle lingue.
Questo cocktail negativo fa si
che il migrante non sappia o
comprenda quali sono i propri
diritti di lavoratore e cittadino
e che lo renda debole e quindi
facile preda di persone o società senza scrupoli».
«In primis direi che vale il detto secondo cui “l’erba del vicino è sempre più verde”, in seconda analisi credo che ad attirare i nostri giovani sia l’atmosfera maggiormente cosmopolita, giovanile e positiva (intesa
come positività di pensiero, ottimismo) che si respira. La sensazione è che nonostante i numeri negativi, in quei paesi ci
sia la voglia e la possibilità di
ripartire e che vi siano tutte le
condizione per cui il merito
consenta comunque di prevalere».
Anche la presenza di Kenia e Vietnam fra i paesi in cui espatriare
sembra strana. Che cosa hanno da
offrire?
«In questo caso parliamo di
Paesi selezionabili come mete
“pensionistiche”, ovvero possibili destinazioni in cui vivere
bene (ovvero meglio che in Italia) con la propria pensione. I
parametri fondamentali che
fanno rientrare Kenia e Vietnam nel novero delle mete possibili sono il clima, la bellezza
naturalistica di talune località
ed il basso costo della vita.
Quest’ultimo parametro va però analizzato con molta attenzione in quanto rappresenta
due facce di una stessa moneta.
Se da un lato, l’economicità dei
servizi e dei beni rappresenta
un vantaggio, soprattutto in
virtù di un vitalizio basato su
di una moneta forte, dall’altro
crea degli squilibri sociali che
spesso sono l’anticamera di
proteste, rivolte ed altri
pericoli». n
Francesco Mannoni
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