Relazione Geologica - Comune di Fagnano Alto

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Relazione Geologica - Comune di Fagnano Alto
INTRODUZIONE
La ricostruzione dei centri storici dell’area abruzzese colpiti dal violento sisma del 6 aprile 2009, è
normata dal decreto del Commissario per la Ricostruzione 3/2010 che attraverso la stesura dei
Piani di Ricostruzione garantisce l’attuabilità delle fasi di ricostruzione e promuove e assicura lo
sviluppo economico degli abitati devastati dal sisma.
Nel Piano di ricostruzione si integra lo studio geologico, geomorfologico ed idrogeologico redatto
nel rispetto delle normative nazionali e regionali vigenti e condotto ed approfondito sulle aree
oggetto del PdR rappresentate dai centri storici del Comune di Fagnano.
Il lavoro si è sviluppato in più fasi che vengono di seguito riassunte:
FASE 1 - Individuazione delle aree oggetto di indagine .
FASE 2 - Acquisizione dei dati pregressi esistenti nell’area (rilievi geologici, geomorfologici,
geologico-tecnici, indagini geofisiche, sondaggi e stratigrafie desunte da pozzi, ecc.) e
realizzazione della Carta delle Indagini (in scala 1:10.000 o superiore).
FASE 2 - Rilevamento geologico di controllo sul terreno e realizzazione della Carta
Geologica e della Carta degli interventi geologici, geomorfologici ed idrogeologici
riguardanti le aree sulle quali insistono dissesti idrogeologici che coinvolgono i centri abitati
e che dovranno essere oggetto di interventi di consolidamento, tutte su supporto cartaceo e
in scala 1:2.000.
FASE 3 - Campagna di misure passive del rumore ambientale, mediante tecnica a stazione
singola.
FASE 4 – Informatizzazione mediante tecnologia GIS dei dati acquisiti e delle cartografie
elaborate nell’ambito dello studio. In questo modo, i livelli informativi potranno essere
costantemente revisionati, aggiornati e utilizzati per diversi scopi, quali la rappresentazione
cartografica, l'estrazione dei dati in base alle richieste da parte degli utenti (comuni e singoli
professionisti) e le relative analisi.
FASE 5 - Redazione dei seguenti elaborati cartografici, sia in formato cartaceo che
digitale, da fornire al Comune di Fagnano Alto.
1
-
Carta delle Indagini (scala 1:2.000)
-
Carta Geologica (scala 1:2000)
-
Carta degli interventi geologici geomorfologici ed idrogeologici (scala 1:2000)
FASE 6 - Redazione della Relazione tecnica illustrativa dei risultati ottenuti dallo studio
eseguito.
Lo studio geologico comprensivo di elaborati può essere considerato come propedeutico
all’esecuzione degli studi di microzonazione sismica che hanno l’obiettivo di ridurre il rischio
sismico definendo la pericolosità sismica locale attraverso l’individuazione di zone o porzioni di
territorio caratterizzate da un comportamento sismico omogeneo; lo studio geologico è stato
pertanto elaborato seguendo gli indirizzi e le prescrizioni dei seguenti documenti tecnici:
I.
Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica (di seguito I.C.M.S.), redatti dal
Dipartimento della Protezione Civile (in seguito D.P.C.) ed approvati il 13 novembre 2008
dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome;
II.
Microzonazione sismica per la ricostruzione dell’area aquilana, redatto dal D.P.C. e
dalla Regione Abruzzo a seguito dell’evento sismico del 2009;
III.
Specifiche tecniche per la redazione degli elaborati cartografici ed informatici relativi
al
Primo
livello
delle
attività
di
Microzonazione
sismica
–
Standard
di
rappresentazione cartografica e archiviazione informatica, redatte dalla Regione
Abruzzo al fine di uniformare gli I.C.M.S. alle caratteristiche regionali.
In riferimento alla cartografia geologica, nelle linee generali vengono consultate la Carta Geologica
d’Italia in scala 1:100.000 – Foglio 159 e la Carta Geologica d’Abruzzo in scala 1:100.000 (1998),
mentre in osservanza alle linee guida nazionali e regionali è stata presa come riferimento per la
stesura del presente lavoro la Carta Geologica d’Italia in scala 1:50.000, nota come progetto
CARG redatta a cura dell’ISPRA (ex APAT, ex Servizio Geologico Nazionale); in particolare il
territorio comunale di Fagnano Alto ricade completamente nel Foglio 359 L’AQUILA.
A completamento dello studio si riporterà sia negli elaborati cartacei che nella relazione illustrativa
la microzonazione di 3° livello delle frazioni di Vallecupa e Pedicciano descritta ampiamente nei
volumi della “Microzonazione Sismica per la Ricostruzione dell’Area Aquilana 2010.Regione
Abruzzo-Dipartimento della protezione Civile, L’Aquila 3 vol. e Cd-rom. Gruppo di lavoro
Ms-AQ (2010)”
1 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO GENERALE
La fisiografia del territorio abruzzese è caratterizzata dalla successione di ampie aree
orograficamente omogenee: procedendo da oriente verso occidente si individua dapprima la fascia
collinare, quindi quella pedemontana ed infine la zona montana.
Le creste montane si elevano di regola sino a 2000-2500 m e solo nei possenti massicci più
esterni superano di qualche centinaio di metri tale limite. L’energia del rilievo è ovunque elevata e
sempre notevole è anche l’acclività dei versanti; i dislivelli sono notevolmente accentuati rispetto al
fondo delle poche valli principali o delle conche, e talvolta si presentano con un solo imponente
balzo.
La parte sommitale e più accidentata delle dorsali mostra prolungati crostoni a profilo ondulato,
che spesso dividono due fianchi ad acclività diversa.
Con il paesaggio tipico della catena, appena descritto, contrastano ampie conche (depressioni
tettoniche) delimitate dai rilievi, incise di norma su substrato calcareo e/o calcareo-marnoso. La
complessità dei fattori geologici e climatici ha portato alla deposizione di successioni sedimentarie
continentali ed al modellamento di forme anche molto diverse da bacino a bacino.
Tra le principali conche intrappenniniche abruzzesi, si citano la Conca di L’Aquila, la Conca
Subequana, la Conca del Fucino, la Piana di Navelli e la Valle del Tirino, la Conca di Sulmona e la
Conca di Sora.
L’assetto geomorfologico del territorio comunale di Fagnano Alto si presenta molto articolato e
complesso; in esso infatti coesistono due ambienti molto diversi tra loro costituiti a nord e a sud dai
rilievi che costituiscono rispettivamente la dorsale montuosa che separa gli altopiani di NavelliBarisciano dalla media valle dell’Aterno e le propaggini settentrionali del massiccio del Sirente e
dalla media valle dell’Aterno che nel tratto che insiste sul territorio comunale da origine a una valle
fluviale profondamente incisa.
Le frazioni che costituiscono il comune sono dislocate in gran parte sull’area della dorsale posta a
nord, solo l’abitato di Campana si sviluppa all’interno della valle dell’Aterno.
Numerosi sono i processi morfogenetici che modellano e caratterizzano il paesaggio comunale.
Tra questi quelli di maggiore rilievo che coinvolgono i centri abitati sono sicuramente rappresentati
dai dissesti gravitativi che coinvolgono i centri di Frascara e Vallecupa e la strada di accesso
all’abitato di Ripa (vedasi stralci della carta geomorfologica e del Piano di Assetto Idrogeologico
della Regione Abruzzo in scala originaria 1:25.000). Altri elementi di pericolosità sono
rappresentati dalle numerose cavità presenti su gran parte dei centri abitati e dalla scarpata
morfologica che interessa l’abitato di Campana; a questi si aggiunge la pericolosità idraulica da
inondazione che coinvolge una piccola porzione dell’abitato di Campana.
Su tutte le aree caratterizzate da pericolosità geologica, laddove queste coinvolgano fabbricati e
manufatti sarà necessario, così come riportato nelle carte degli interventi geologici e nelle Norme
di Attuazione del presente PdR, predisporre appropriati interventi di consolidamento. Allo stesso
modo si raccomanda di verificare la stabilità delle aree d’intervento qualora vengano rilevati
elementi morfogenetici che inducono pericolosità geologica, non segnalati sulla cartografia
ufficiale.
5
2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE
L’Appennino abruzzese è parte del tratto dell’Arco Appenninico meridionale compreso tra il Mar
Tirreno e l’Adriatico ed è delimitato ad ovest dal lineamento strutturale con direzione nord-sud
costituito dalla“linea Olevano-Antrodoco-Sibillini”, mentre ad est è delimitato dall’allineamento che
dal versante orientale della Majella si dirige verso sud fino alla parte nord-occidentale dei Monti del
Matese (PAROTTO & PRATURLON, 2004; e riferimenti bibliografici ivi contenuti).
L’ossatura della catena è caratterizzata da una spessa successione di rocce carbonatiche,
sedimentate dal Triassico al Miocene lungo il margine passivo Adriatico-Apulo, che testimoniano
l’esistenza di un vasto arcipelago costituito da banchi carbonatici, con scarso o nullo apporto
silicoclastico (ACCORDI & CARBONE, 1988; BOSELLINI, 2004; e riferimenti bibliografici ivi
contenuti). Nel corso del Cretacico superiore, l’evoluzione dei complessi di piattaforma è ben
documentata dallo sviluppo e distribuzione delle comunità a rudiste. Questi macrofossili possono
essere facilmente riconosciuti in molti affioramenti dell’area.
Tra l’Eocene e l’Oligocene, si registra un fenomeno di emersione della catena appenninica
centrale dovuto ad un abbassamento del livello del mare e ad una contemporanea spinta tettonica
con conseguente innalzamento della stessa. A questo periodo consegue una lacuna della
sedimentazione marina e una fase di erosione dei sedimenti.
Dopo tale lacuna paleogenica, la sedimentazione marina, interrotta sulla maggior parte dell’area in
esame, riprende gradualmente nel Miocene inf. con la generale ingressione, nota e documentata
nella maggior parte dell’Appenninico carbonatico. In questo periodo si instaurano localmente
ambienti con condizioni sedimentarie differenziate.
Nel tardo Messiniano, l’emersione della catena a pieghe e sovrascorrimenti ha avuto inizio nei
settori più occidentali della dorsale appenninica abruzzese, mentre in quelli più orientali si
raggiunge un completo e definitivo assetto continentale probabilmente nel Pliocene sup.
La progressiva costruzione della catena appenninica è testimoniata dall’instaurarsi di
sedimentazione prevalentemente torbiditica silicoclastica che diventa progressivamente più
giovane da ovest verso est.
Nella porzione di catena appenninica considerata, i sedimenti post-miocenici sono di origine
continentale e sono riferibili, almeno per la massima parte, al Quaternario.
Durante questo periodo geologico si instaura un processo tettonico distensivo “post-orogenico” che
si è espresso in superficie attraverso l’attività di faglie normali, molte delle quali rappresentano le
strutture attive e sismogenetiche nella dorsale appenninica abruzzese.
Figura 1: Carta delle principali faglie dirette attive e probabilmente sismogeniche dell’Appennino abruzzese
(modificato da Boncio et al., 2004a).
La più evidente espressione della tettonica estensionale dell’Italia centrale sono i bacini
intramontani. La ricostruzione della loro evoluzione stratigrafica, sedimentaria e tettonica
costituisce un elemento diagnostico fondamentale per caratterizzare l’evoluzione recente
dell’Appennino. Le successioni stratigrafiche all’interno dei bacini, infatti, registrano le modalità ed
entità dei processi sedimentari e delle deformazioni ad essi associate. Inoltre, la ricostruzione della
geometria fornisce informazioni sui meccanismi e l’ammontare della tettonica estensionale.
In linea di massima, l’evoluzione dei diversi bacini nell’Appennino abruzzese è stata guidata da
importanti sistemi bordieri di faglie con andamento circa NW-SE. Questi sistemi sono caratterizzati
da una complessa cinematica neogenico-quaternaria a prevalente carattere distensivo o
transtensivo che riutilizzano, almeno in parte, vecchi elementi compressivi legati alla strutturazione
a falde della catena.
Proprio per la loro natura, i bacini sono comunemente colmati da spesse sequenze di depositi
continentali fluviali e/o lacustri.
Nell’Appennino abruzzese diverse sono le conche intramontane: quella del Fucino, di NavelliTirino, Subequana, di Sora e di Pescasseroli e quella della alta e media valle dell’Aterno all’interno
della quale si individua la conca di L’Aquila.
La media valle dell’Aterno all’interno della quale si sviluppa il territorio comunale di Fagnano Alto, è
delimitata dalle unità strutturali del Gran Sasso a N e Velino-Sirente-Monti d’Ocre a S, come si può
osservare nella figura che segue estrapolata dagli studi di Microzonazione Sismica dell’Area
Aquilana.
Le aree esaminate ricadono nel Foglio 359 L’AQUILA della Carta Geologica d’Italia in scala
1:50.000.
Fig. 2: Schema geologico-strutturale del settore geografico in cui ricade l’area oggetto di PdR ((figura
estrapolata dalla Microzonazione sismica dell’Area Aquilana)
3. IDROGRAFIA ED ASSETTO IDROGEOLOGICO GENERALE
L’elemento idrografico di maggiore importanza del territorio comunale è sicuramente rappresentato
dal Fiume Atreno che scorre sul fondo valle della conca subequana. Il F. Aterno dopo l’immissione
delle sorgenti del Pescara all’altezza di Popoli, è il principale della Regione Abruzzo. Da questo
punto, fino alla foce nel mare Adriatico, prende il nome di Pescara. L’Aterno (145 km di lunghezza
totale) drena direttamente, o tramite sorgenti, un bacino comprendente l’alta, la media e la bassa
valle aquilana, una parte del massiccio del Gran Sasso, del Velino e del Sirente per un totale
areale di circa 1.303 Km2 ed una portata media annua di 6 m3/s.
Nasce a Nord dell’abitato di Aringo, alimentato dalle omonime sorgenti situate sulle pendici di M.
Capo-Cancelli (1398 m s.l.m.) e prende il nome di Torrente Mandragone fino alla località Piè di
Colle. Il fiume attraversa e drena la Piana di Montereale-Capitignano, per una stretta gola,
perviene al centro dell’Aquila dopo aver attraversato numerosi piccoli centri abitati. Nella piana a
Nord della Città di L’Aquila, il fiume Aterno riceve importanti contributi dal fiume Vetoio e dal
torrente Raio; a sud dell’abitato di Bazzano, a circa 10 km ad est di L’Aquila, il fiume riceve, in
sinistra, l’apporto del Raiale. Lungo l’asse del F.Aterno il reticolo idrografico è di tipo “a pettine”. In
destra idrografica esso è rappresentato solo da pochi fossi ad andamento sostanzialmente
rettilineo e quasi sempre privi di acque correnti. In sinistra idrografica il reticolo secondario appare
più complesso, ma anche questi corsi d’acqua mostrano un regime torrentizio molto irregolare, con
periodi si secca anche di diversi anni.
Per quanto riguarda l’assetto idrogeologico, la risorsa idrica sotterranea è concentrata con due
modalità differenti in base ai diversi ambienti geologici, ovvero le dorsali carbonatiche e le conche
intramontane, ed in funzione delle diverse caratteristiche di permeabilità dei depositi presenti.
Le strutture idrogeologiche più importanti sono costituite da quella della dorsale carbonatica del
Gran Sasso e da quella del massiccio del Sirente.
L’assetto idrogeologico del comune di Fagnano può essere afferito all’idrostruttura del Gran Sasso
che si può definire come un unico acquifero di tipo compartimentato. L’acquifero carbonatico,
infatti, risulta formato da una serie di bacini intercomunicanti, confinati lateralmente da litotipi
impermeabili.
All’interno
della
struttura
si
possono
individuare
spartiacque
secondari,
corrispondenti a discontinuità tettoniche o stratigrafiche (Celico 1983), che ostacolano ma non
impediscono la comunicazione idraulica sotterranea.
L’infiltrazione efficace è stata misurata in circa 800 mm/anno (Boni et alii, 1986), molto alta rispetto
ad una precipitazione media sul massiccio di circa 1.200 mm/anno. A questo proposito, bisogna
segnalare che le precipitazioni hanno subito a partire dalla fine degli anni ’80 un deciso
decremento, che ovviamente ha causato corrispondenti diminuzioni dell’infiltrazione e di
conseguenza delle portate erogate dalle sorgenti. In ogni caso i valori alti di infiltrazione risultano
dovuti a tre fattori principali: elevato indice di fratturazione delle rocce carbonatiche, caratteri
climatici, presenza di numerosissime dissoluzioni carsiche. Sotto tale profilo si ritiene rilevante la
presenza della vasta depressione tettonico-carsica di Campo Imperatore, ad una altitudine di m
1.700 circa.
Le maggiori sorgenti del massiccio (portata media 0.1 m3/s) sono poste tipicamente ai margini
della struttura ed al contatto con i depositi impermeabili di base. Vi sono 12 gruppi di sorgenti, con
una portata media complessiva di circa 20 m3/s: cinque gruppi sono ubicati sul versante
settentrionale del massiccio, ad un’altitudine maggiore di m 1.000 e con una portata di soli 2 m3/s.
Sette gruppi risultano disposti sul versante meridionale, ad un’altitudine inferiore a m 650 e con
una portata complessiva di 18 m3/s, cui va sommato il contributo della sorgente di Capo Pescara
(7 m3/s), in parte alimentata dall’acquifero del M. Sirente (Massoli-Novelli et alii, 1999).
Il versante sud-occidentale del Gran Sasso ha sorgenti meno numerose, ma di maggiore portata
rispetto al versante orientale: l’importante presenza delle sorgenti del Vera testimonia struttura
idrogeologica del Gran Sasso appena descritta.
L’idrostruttura del Sirente costituisce l’area di ricarica delle sorgenti di Molina Aterno e Raiano, per
una portata complessiva di 4.3 m3/s (Celico, 1983). Queste sorgenti tuttavia trovandosi a quote
relativamente elevate rispetto al fondovalle, risentono delle fluttuazioni periodiche della superficie
freatica connesse alle risorse dinamiche dell’acquifero e quindi alla ciclicità del regime
pluviometrico sul medio e breve periodo (Cappelli e Petitta, 1996).
Nelle linee generali, si può riassumere, che nell’ambito della idrostruttura del Gran Sasso, gran
parte delle acque sotterranee si dirigono verso i settori più depressi della struttura (area di
Capestrano –Bussi-Popoli) attraverso una circolazione in rete che possiamo eguagliare ad
un’unica falda regionale.
Nell’area di Fagnano la profondità alla quale si attesta la superficie piezometrica della falda basale
pur non essendo conosciuta si ritiene che sia non di molto superiore alla quota dell’alveo del
F.Aterno e pertanto, relativamente alla gran parte degli abitati, la sua profondità è superiore al
centinaio di metri.
Per il deflusso idrico sotterraneo della idrostruttura del Sirente si ritiene allo stesso modo esso
abbia una direttrice nordovest-sudest e che si possano pertanto escludere deflussi idrici sotterranei
diretti verso la valle dell’Aterno.
Nella piana alluvionale dove si disloca l’abitato di Campana da informazioni dedotte in loco la
superficie piezometrica si attesta alla profondità di pochi metri dal piano campagna.
Nei depositi quaternari, infine, si possono formare piccole falde sospese legate essenzialmente
alle precipitazioni meteoriche e soggette pertanto ad oscillazioni tipicamente stagionali.
In ultima analisi, si definiscono i complessi idrogeologici presenti nell’area che vengono di seguito
descritti.
Complesso carbonatico: costituito dalle unità calcaree del substrato pre-Quaternario
caratterizzato da permeabilità alta, per porosità e fratturazione.
Complesso argilloso: costituito dalle argille ad orbulina caratterizzato da permeabilità per
porosità da molto bassa a nulla.
Complesso dei depositi quaternari: costituito dalle unità limoso-sabbioso-ghiaiose di
colmatazione della depressione tettonica di L’Aquila-S.Demetrio caratterizzato da permeabilità per
porosità media tendente a scarsa nei livelli limoso-argillosi inferiori.
Complesso alluvionale: costituito da sedimenti alluvionali caratterizzato da permeabilità, per
porosità, media.
Complesso detritico-colluviale: costituito da detriti di falda a dalle coltri eluvio-colluviali
caratterizzato da permeabilità, per porosità, scarsa.
Figura 3: stralcio della Carta dei Complessi Idrogeologici per la Regione Abruzzo, scala originale 1:250.000
LEGENDA
COMPLESSI IDROGEOLOGICI
area in esame
4. TETTONICA E STORICITÀ SISMICA DELL’AREA
Nel territorio abruzzese, così come in altre zone della penisola italiana, l’attività sismica più forte è
concentrata in prevalenza lungo la catena appenninica, all’interno di una fascia interessata da
deformazioni distensive. Lungo la fascia pedemontana e costiera si osserva, invece, una sismicità
più modesta. Il territorio abruzzese risente, inoltre, della sismicità delle regioni limitrofe.
Da un punto di vista storico, la sismicità della regione è documentata sin dal II sec. d.C. (INGVSGA, 1997) e, da allora, numerosi sono stati gli eventi sismici che hanno colpito il territorio in
esame. I terremoti dell’area appenninica abruzzese sono associati a faglie quaternarie, normali o
transtensive, osservabili in superficie e spesso caratterizzate da evidenze di attività nel Pleistocene
sup.-Olocene. La natura distensiva della sismicità localizzata nella fascia che da L’Aquila
raggiunge l’area del Parco Naz. D’Abruzzo, attraverso le aree del Fucino e di Sulmona, è suggerita
dalle poche informazioni di sismologia strumentale disponibili ma trova conferma nei dati
geologico-strutturali di superficie e di paleosismologia che hanno permesso di individuare i sistemi
di faglie attive, che si sviluppano in direzione media NNW-SSE attraverso l’area appenninica
umbro-marchigiana-abruzzese.
Figura 4: Mappa delle faglie attive con offset olocenico nell’Italia Centrale. Gli offsets olocenici sono,
comunemente, indicati dalla presenza di scarpate di faglia sul bedrock che si presentano lungo le principali faglie
di tabella 1. SeCoF = Sella di Corno Fault
Tabella 1: principali faglie attorno a L’Aquila
5.1 SISMICITÀ ATTUALE
Il 6 Aprile 2009 alle ore 03:32 la zona de l'Aquila è stata colpita da un forte terremoto. La
magnitudo della scossa principale è stata valutata sia come magnitudo Richter (Ml) 5.8 che come
magnitudo momento (Mw) 6.3. Moltissime repliche sono state localizzate attraverso i dati forniti
della Rete Sismica Nazionale integrati da ulteriori stazioni sismiche installate subito dopo la scossa
principale nell'area epicentrale.
Tre eventi di M>5 sono avvenuti il 6 aprile (Ml=5.8), il 7 aprile (Ml=5.3) e il 9 aprile (Ml=5.1). I
terremoti di Ml compresa tra M=3.5 e 5 sono stati in totale 31,ma le scosse sono state conteggiate
essere oltre 20.000.
La distribuzione in pianta delle repliche evidenzia molto bene l'area interessata dalla sequenza
sismica che si estende per oltre 30 km in direzione NO-SE, parallelamente all'asse della catena
appenninica. La replica più forte, registrata alle 19:47 del 7 aprile, ha interessato il settore più
meridionale dell'area, in prossimità dei centri di San Martino d'Ocre, Fossa, San Felice d'Ocre,
dove erano state localizzate piccole scosse nella stessa giornata. L'evento del 9 aprile di Ml=5.1 è
localizzato invece più a nord, lungo una struttura di più limitata estensione, sempre parallela alla
catena appenninica .
Figura 5: Sequenza sismica dell’Aquila dal 6 Aprile 2009, aggiornato al 24 settembre, 2009
(http://portale.ingv.it/).
I terremoti della sequenza sono avvenuti principalmente nella crosta superiore, entro 10-12 km di
profondità. Solo l'evento Ml=5.3 del 7 Aprile a SE di L'Aquila ha una profondità di circa 15 km. I
dati raccolti finora dall' Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (sismicità, GPS, SAR,
geologia) concordano nell'identificare la struttura responsabile della scossa principale come una
faglia con movimento diretto che si estende per circa 15 km in direzione NO-SE ed immersione SO
e la cui estensione in superficie si localizza in corrispondenza della faglia di Paganica.
Il danneggiamento nella zona epicentrale è determinato, oltre che dalla grandezza del terremoto (e
quindi dalla magnitudo) anche dalla direzione di propagazione della rottura e dalla geologia dei
terreni. In particolare, i danni maggiori si osservano nella direzione verso cui si propaga la
fagliazione (effetto di direttività della sorgente) e vengono amplificati nelle aree dove in superficie
affiorano sedimenti "soffici", quali depositi alluvionali, terreni di riporto, ecc.
Nel caso del terremoto dell'Aquila, la rottura associata all'evento del 6 aprile si è propagata dal
basso verso l'alto (quindi verso la città di L'Aquila) e da nordovest a sudest, verso la Valle
dell'Aterno. La direzione dell'allineamento della sismicità è consistente con la direzione delle
principali faglie note nella zona.
Figura 6: Mappa delle faglie attive nell'area Aquilana (AAVV), http://portale.ingv.it/primo-piano/archivio-primopiano/notizie-2009/terremoto-6-aprile.
per il territorio in esame il valore della pericolosità sismica espresso in termini di accelerazione
massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni è pari a 0.250 – 0.275 g.
Fig. 7: mappa interattiva di pericolosità simica
Figura 8: Grafico di disaggregazione del valore di a(g) con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni, in
termini di distanza epicentrale e magnitudo.
Tabella 1: dati tabellari di disaggregazione del valore di a(g) con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni, in
termini di distanza epicentrale e magnitudo.
Si riporta di seguito la storia sismica di Fagnano Alto località Vallecupa tratta dal catalogo DOM.1
(database di osservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana al di sopra della soglia del
danno):
Storia sismica di Fagnano Alto (Vallecupa)
[42.254, 13.575]
Numero di eventi: 10
Effetti
In occasione del terremoto del:
I[MCS]
Data
8
Ax
Np
Io Mw
1703 02 02 11:05 Aquilano
71
10 6.72 ±0.17
5
1902 10 23 08:51 REATINO
77
6 4.80 ±0.26
7-8
1915 01 13 06:52 Avezzano
1041
11 7.00 ±0.09
5-6
1933 09 26 03:33 Maiella
326
9 5.95 ±0.09
NF
1986 10 13 05:10 Appennino umbro-marchigiano 322
5-6 4.65 ±0.09
3
1994 08 07 06:31 Aquilano
103
5-6 4.37 ±0.15
NF
1997 09 26 00:33 Appennino umbro-marchigiano 760
5.70 ±0.09
4
1997 09 26 09:40 Appennino umbro-marchigiano 869
8-9 6.01 ±0.09
3
1997 10 03 08:55 Appennino umbro-marchigiano 490
5.25 ±0.09
NF
2004 12 09 02:44 Zona Teramo
224
5-6 4.18 ±0.09
Tabella 2: eventi significativi relativi alla storia sismica del Comune di Fagnano Alto
Fig. 9: storia simica del Comune di Fagnano Alto e grafico dei massimi eventi sismici: sulle ascisse sono riportate
le intensità sismcihe (Is) dei terremoti rilevati, mentre sulle ordinate sono riportati i riferimenti temporali
espressi in anni.
Come si può vedere dai grafici i maggiori eventi sismici che hanno avuto risentimento nel territorio
di Fagnano Alto sono quelli degli anni: 1703, 1902, 1915 e 1933 oltre chiaramente l’evento sismico
dell’aprile 2009 (tabella e grafici in via di aggiornamento).
4. INQUADRAMENTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICO ED IDROGEOLOGICI
DI DETTAGLIO
In questo paragrafo si procederà alla descrizione dell’assetto geologico, geomorfologico ed
idrogeologico di dettaglio delle frazioni che costituiscono il Comune di Fagnano e che sono
oggetto di studio del presente PdR.
4.1 Frazione di Campana
L’abitato di Campana si sviluppa in gran parte in destra idrografica del Fiume Aterno ed è
sito in parte sui depositi continentali fluvio-lacustri pleistocenici, riferibili ai Supersintemi di
Catignano e Aielli-Pescina ed in parte sui depositi alluvionali (OLO) prevalentemente
ciottolosi-sabbiosi e subordinatamente sabbioso-limosi che si rinvengono lungo il corso del
fiume Aterno. I depositi appartenenti al supersintema di Catignano (ACT) sono costituiti da
depositi alluvionali a prevalente granulometria ghiaioso-sabbiosa e sabbioso-siltosa, alterati
da suoli fersialitici rossi. Essi giacciono in discordanza angolare sul sintema più antico
rappresentato dal super sintema di Aielli-Pescina (AP) costituito a sua volta da depositi
prevalentemente ciottolosi-sabbiosi alternati a depositi detritici di versante; gli spessori dei
depositi del supersintema di Catignano sono dell’ordine di alcune centinaia di metri, ma
sull’area indagata probabilmente non superano la cinquantina di metri, mentre lo spessore
dei depositi del Sintema di Aielli-Pescina è dell’ordine di alcune decine di metri. I detriti di
falda sono costituiti da pezzame calcareo in abbondante matrice limoso-sabbiosa; tali
depositi formano corpi più o meno continui in discordanza sulle altre unità ed il loro
spessore è variabile tra pochi metri e qualche decina di metri.
Foto 1: affioramento sulla scarpata che borda l’abitato di Campana dei depositi appartenenti al sintema di
Catignano (ACT) costituiti da depositi alluvionali ghiaioso-sabbiosi.
Foto 2: affioramento sulla scarpata che borda l’abitato di Campana dei depositi appartenenti al sintema di Aielli
Pescina (AP) costituiti da depositi alluvionali ciottolosi –sabbiosi alternati a depositi detritici di versante.
L’assetto geomorfologico è riconducibile ad un ampio terrazzo che si affaccia sul fondo
valle e risulta delimitato da una scarpata morfologica di altezza pari a circa 10 metri che
coinvolge il bordo settentrionale ed orientale dell’abitato. L’idrogeologia dell’area è
caratterizzata dalla falda di subalveo presente nell’ambito della piana alluvionale del
F.Aterno in collegamento idraulico con il corso d’acqua; da dati esistenti su alcuni pozzi
presenti in sinistra idrografica del fiume si è rilevato che la superficie piezometrica della
falda si attesta alla profondità di -5 metri dal piano campagna. In riferimento alla pericolosità
geologica dell’abitato di Campana si ritiene opportuno sottolineare le seguenti criticità:
•
Il settore settentrionale ed orientale dell’abitato è delimitato da una scarpata
morfologica di natura fluviale che costituisce il bordo del terrazzo su cui si sviluppa il
centro storico di Campana; tale elemento costituisce come riportato nello stralcio
della cartografia del PAI (Piano Assetto Idrogeologico della Regione Abruzzo) un
elemento di pericolosità geomorfologica al quale viene assegnato un grado di
pericolosità molto elevato (P4); ai sensi dell’allegato F delle Norme di attuazione del
PAI si ha la seguente definizione di scarpata: “…sono definite Scarpate le rotture
naturali del pendio, di qualsiasi origine e litologia, con angolo (a) maggiore di 45° e
altezza (H) maggiore di 2 metri; detti limiti di inclinazione ed altezza non valgono per
le scarpate di frana attive o quiescenti….non sono considerate scarpate le pareti
artificiali di cava, comprese quelle storiche o dismesse, gli sbancamenti stradali,
ecc…”.; il rilievo geomorfologico e la cartografia topografica di base mostrano
inclinazioni del pendio comprese tra 18° e 42° con una inclinazione media di 30°,
inoltre l’origine del pendio è attribuibile ad erosione fluviale; alla luce di quanto
esposto il pendio non rientra nella definizione di “scarpate” di cui all’Allegato F e si
ritiene, pertanto, che l’Amministrazione Comunale possa avviare la procedura con
gli Enti di competenza per correggere l’errore riportato sulla cartografia del PAI ed
eliminare pertanto il graficismo dai propri strumenti urbanistici.
•
Il centro abitato è interessato da alcune cavità sotterranee come riportato nella
cartografia allegata al presente Piano. Le cavità sotterranee costituiscono elementi
di pericolosità e laddove coinvolgano i terreni di sedime di edifici soggetti a progetti
di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico dovranno
essere soggette ad interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di
Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
•
La porzione più settentrionale dell’abitato che si sviluppa sul fondo della piana
alluvionale del Fiume Aterno, ricade all’interno delle aree perimetrate nel Piano
Stralcio Difesa dalle Alluvioni - PSDA- in scala originaria 1:25.000 e delle aree
esondabili perimetrate sulla cartografia delle aree esondabili consultabile sul Geo
Portale della Regione Abruzzo. Tutti gli interventi che si andranno a realizzare su
queste zone saranno soggetti alle Norme di Attuazione del PSDA come riportato
nelle Norme di Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 30: Pericolosità legata
ai fenomeni gravitativi ed alluvionali).
4.2 Frazione di Castello
Il centro abitato di Castello si sviluppa lungo la dorsale carbonatica ad assetto
monoclinalico con immersione verso sud che costituisce il settore più settentrionale del
territorio comunale; la dorsale è bordata da faglie normali caratterizzate da ampie fasce
cataclastiche e da orli di scarpate di faglia. La morfologia dell’abitato è caratterizzata da
una piccola sella che separa il centro storico in due settori posti uno a nord-est e l’altro a
sud-ovest; l’assetto morfologico fa si che i due settori e quindi gran parte del centro storico
sia sito sul substrato costituito da calcareniti bianche, grigie e giallastre a briozoi e
frammenti di litotamni con intercalazione di calcareniti fini saccaroidi bianche e di calciruditi
a briozoi e pectinidi appartenenti all’unità geologica marina dei “Calcari a Briozoi e
Litotamni. Langhiano p.p. – Serravalliano-Tortoniano” (CBZ). La porzione dell’abitato,
invece, posta a quote più basse sulla piccola sella, si sviluppa sulle coltri colluviali
prevalentemente sabbiose- Attuale-Olocene (OLO).
L’assetto idrogeologico è sicuramente governato dalla dorsale carbonatica interessata da
una circolazione idrica molto profonda in cui la falda principale, la cui direttrice di deflusso
ha direzione nordovest-sudest, ha una profondità presumibilmente superiore al centinaio di
metri. Per quanto riguarda invece i depositi colluviali recenti questi sono caratterizzati da
una permeabilità, per porosità, scarsa.
In riferimento ai fenomeni che indicono pericolosità di rilevanza geologica si segnalano
anche sull’abitato di Castello, le cavità sotterranee che laddove coinvolgano i terreni di
sedime di edifici soggetti a progetti di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito
dell’evento sismico dovranno essere soggette ad interventi di consolidamento come
riportato nelle Norme di Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità
sotterranee).
4.3 Frazione di Colle
L’abitato di Colle si estende lungo la dorsale carbonatica che degrada a sudovest verso il
fondovalle del fiume Aterno. L’abitato si sviluppa su un’area delimitata a nord dalla
depressione che separa la dorsale di Colle da quella su cui si sviluppa l’abitato di Castello,
ed a sud-ovest dal versante che con pendenze a luoghi molto accentuate si raccorda al
fondovalle del Fiume Aterno.
L’ampio versante calcareo che delimita in questo settore la valle è interessato da fenomeni
carsici molto accentuati che danno origine ad un esteso campo di doline; queste hanno
diametri molto variabili e la loro morfologia è generalmente a piatto anche in conseguenza
del passato utilizzo per scopi agricoli. Tutte le doline sono da considerarsi forme attive di
modellamento carsico.
Il piccolo centro storico dell’abitato di Colle si sviluppa sul substrato calcareo costituito dai
alternanze di calcari fango e granulosostenuti organizzati in cicli a scala metrica con al letto
frequenti strutture da disseccamento e livelli stromatolitici, appartenenti all’unità marina dei
“Calcari Ciclotemici a Gasteropodi”- Valanginiano-barremiano inf.- (CCG). Il substrato come
descritto in precedenza è interessato anche su questa porzione da diffusi fenomeni carsici.
All’interno del PdR rientra anche una piccola porzione su cui sorge la Chiesa di S.Giorgio,
ubicata immediatamente a nord-ovest del centro abitato di Colle ed immediatamente a sudest dell’abitato di Corbellino (la Chiesa di S.Giorgio è riportata sia nell’allegato geologico di
Colle che di Corbellino). I depositi che affiorano su questa area sono costituiti dai sedimenti
alluvionali di riempimento della piccola depressione che si sviluppa a nord dell’abitato; i
sedimenti alluvionali sono prevalentemente di natura sabbiosa.
L’area è caratterizzata da generali condizioni di stabilità. Si sottolinea che al momento della
stesura del piano non è stata rilevata la presenza di cavità sotterranee; qualora si rilevasse
la loro presenza durante i rilievi necessari alla predisposizione dei progetti di ricostruzione
degli aggregati colpiti dal sisma si seguiranno le prescrizioni riportate nelle Norme di
attuazione del presente Piano di Ricostruzione.
4.4 Frazione di Corbellino
La frazione di Corbellino è posta immediatamente a nord-ovest dell’abitato di Colle; il
centro abitato di Corbellino si sviluppa all’interno della piccola depressione delimitata dalla
dorsale carbonatica di Colle ed i depositi affioranti appartengono al supersintema di Aielli-
Pescina (AP) i cui termini sono costituiti da depositi alluvionali prevalentemente ciottolosisabbiosi, poco elaborati alternati a depositi detritici di versante anche molto grossolani. In
particolare i depositi alluvionali affioranti sull’area in esame sono costituite da litotipi a
prevalenza granulometria sabbiosa.
L’abitato, ubicato in sinistra idrografica del Fiume Aterno, si sviluppa tra quote di 681 e 673
m s.l.m. su una spianata che degrada a sud-ovest verso il fondo valle del Fiume Aterno.
L’area non è interessata da elementi morfogenetici di particolare importanza, mentre è da
segnalare la presenza di cavità sotterranea censite nel settore più occidentale dell’abitato.
Le cavità sotterranee costituiscono elementi di pericolosità e laddove coinvolgano i terreni
di sedime di edifici soggetti a progetti di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito
dell’evento sismico dovranno essere soggette ad interventi di consolidamento come
riportato nelle Norme di Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità
sotterranee).
4.5 Frazione di Frascara
Il centro abitato di Frascara si sviluppa alla base di uno dei rilievi della dorsale carbonatica
costituita da una monoclinale immergente verso nordest tagliata a sudovest da una faglia di
tipo distensivo, sui calcari appartenenti all’unità marina dei “Calcari a Briozoi e Litotamni”Langhiano p.p. – Serravalliano-Tortoniano- (CBZ) e sui depositi del Sintema di Valle
Majelama costituiti dai depositi detritici di versante a matrice sabbiosa con blocchi –
Pleistocene Sup (AVM).
La stabilità morfologica di questa porzione di territorio è sicuramente condizionata
dall’assetto geomorfologico della dorsale carbonatica: la presenza infatti di versanti molto
acclivi riconducibili a versanti di faglia fa si che si creino delle condizioni di pericolosità
geologica che mettono a rischio la stabilità degli stessi centri abitati; l’abitato di Frascara,
infatti, è interessato nel settore settentrionale da un’importante frana da crollo, che
coinvolge i terreni calcarei; i calcari infatti che costituiscono il versante di faglia sono
interessati da un elevato stato di fratturazione che unitamente all’esistenza di diversi massi
laddove affiorano banchi rocciosi subverticali ed alla forte pendenza del versante
predispongono l’area al rischio frana per distacco e rotolamento di blocchi di roccia. Altri
due centri abitati, quali l’abitato di Vallecupa e Ripa, sono coinvolti da movimenti gravitativi
per crollo e ribaltamento accentuati dal sisma del 2009. L’Amministrazione Comunale ha
richiesto per la messa in sicurezza dei tre abitati un finanziamento a valere sui fondi
dell’8/‰ a diretta gestione statale; a causa del limitato budget finanziato l’Amministrazione
Comunale ha dovuto stabilire delle priorità d’intervento; pertanto i lavori di messa in
sicurezza del I° Lotto saranno eseguiti sugli abitati di Vallecupa e Ripa, rimandando la
messa in sicurezza dell’abitato di Frascara. Sulle aree ricadenti all’interno delle aree in
frana si seguiranno le prescrizioni riportate nelle Norme di Attuazione del PAI come
riportato nelle Norme di Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 30: Pericolosità legata
ai fenomeni gravitativi ed alluvionali).
Il centro storico è interessato oltre che dalla pericolosità da frana anche dalla pericolosità
legata alla presenza di cavità sotterranee dislocate sulla parte più antica dell’abitato.
Laddove le cavità coinvolgano i terreni di sedime di edifici soggetti a progetti di riparazione,
restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico dovranno essere soggette ad
interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di Attuazione del presente Piano
(Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
L’assetto idrogeologico è sicuramente governato dalla dorsale carbonatica interessata da
una circolazione idrica molto profonda in cui la falda principale, la cui direttrice di deflusso
ha direzione nordovest-sudest, ha una profondità presumibilmente superiore al centinaio di
metri. Per quanto riguarda invece i depositi colluviali recenti questi sono caratterizzati da
una permeabilità, per porosità, scarsa
4.6 Frazione di Opi
L’abitato di Opi si sviluppa su uno dei rilievi posti all’estremità nordoccidentale del territorio
comunale; il rilievo è parte integrante della dorsale carbonatica che domina l’assetto
geomorfologico e geologico dell’intero paesaggio comunale.
I terreni su cui si estende il centro abitato sono costituiti dai calcari appartenenti all’unità
marina dei “Calcari a Briozoi e Litotamni”- Langhiano p.p. – Serravalliano-Tortoniano(CBZ).
L’abitato si estende all’interno di una sella morfologica tra i rilievi posti a sudest e
nordovest, pertanto l’area occupata dal centro abitato non è caratterizzato da elevate
pendenze ed è pertanto caratterizzato da una morfologia molto blanda.
Tra gli elementi morfogenetici che possono indurre situazioni di pericolosità geologica, si
segnalano le cavità sotterranee che laddove coinvolgano i terreni di sedime di edifici
soggetti a progetti di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico
dovranno essere soggette ad interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di
Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
L’assetto idrogeologico è sicuramente governato dalla dorsale carbonatica interessata da
una circolazione idrica molto profonda in cui la falda principale, la cui direttrice di deflusso
ha direzione nordovest-sudest, ha una profondità presumibilmente superiore al centinaio di
metri.
4.7 Frazione di Pedicciano (Microzonazione) sismica
L’abitato di Pedicciano è sito su un rilievo appena accennato, formato da un antico detrito di
versante a clasti carbonatici e con grossi blocchi, prevalentemente clasto-sostenuto e da
poco a mediamente cementato. Questa unità non è mai direttamente affiorante in
corrispondenza del paese ma solo nel suo intorno. Comunque, la sua presenza, è stata
rilevata negli interrati delle abitazioni e verificata attraverso un sondaggio geognostico. Due
depressioni, a NW e a SE del paese, riempite da sedimenti eluvio-colluviali, interrompono
la continuità dell’affioramento detritico. Lo spessore dell’antico deposito di versante è per
sua stessa costituzione estremamente variabile; al di sotto della piazza principale del paese
è stato direttamente misurato, attraverso un sondaggio in 42 m. nelle due depressioni sopra
citate, invece, potrebbe ridursi a zero, mentre nel rilievo a SW del paese potrebbe arrivare
a misure molto consistenti in quanto gli stessi detriti a blocchi si rinvengono fin quasi al
sottostante alveo del fiume Aterno.
Non si può neanche escludere che l’attuale conformazione a colline e depressioni intorno
all’abitato di Pedicciano sia legata all’azione di faglie che abbiano formato piccoli Horst e
Graben, rialzando e ribassando l’unità di detrito di versante, più competente dei terreni
sopra e sotto stanti. In effetti in corrispondenza del sondaggio nella piazza di Pedicciano, al
di sotto dei detriti a clasti carbonatici sono state rinvenute fono alla profondità di 50 m,
argilliti marnose di probabile origine lacustre.
A NE dell’abitato l’intera area di pertinenza si è supposto essere suddivisa in due parti da
una faglia diretta a direzione appenninica ed immergente a NE, non direttamente rilevabile
sul terreno ma emergente poco a SE dell’area. Questa faglia è stata ipotizzata in quanto
limiterebbe a NE l’affioramento dei detriti antichi di versante, che si interrompono con un
brusco contatto contro le sabbie e i limi del supersintema di Aielli-Pescina, formati da
un’alternanza di sabbie fini, limi e argille mediamente addensate e mediamente consistenti,
con alla base sabbie con quarzo e miche, mediamente addensate, dello spessore di circa 2
m. lo spessore del supersintema in questa area, rilevato attraverso l’analisi di due pozzi
privati si aggira fra i 20 m e gli oltre 25 m, in probabile approfondimento verso NE. Al di
sotto, nei suddetti pozzi sono stati rinvenuti dei carbonati che sono probabilmente ancora
dei clasti e blocchi del detrito di versante antico come affiorante a SW. Va infine segnalato
che appena a SE dell’area di pertinenza affiorano due lingue di calcareniti a briozoi e
litotamni del Miocene medio, circondate da affioramenti dello stesso supersintema di AielliPescina a limitate da faglie dirette, una considerata il proseguimento di quella
precedentemente descritta ed una ipoteticamente prolungata fino all’interno dell’abitato.
Queste faglie, vista la giacitura e direzione, dovrebbero essere leggermente disassate da
una faglia di trasferimento destra. In carta quest’ultima è segnata al limite SE dell’area, con
andamento antiappenninico.
Nella località di Pedicciano sono stati rinvenuti e misurati tre pozzi ed un sondaggio
geognostico. La profondità della falda oscilla tra i 2.60 ed i 6.50 m dal piano campagna .
Tra gli elementi morfogenetici che possono indurre situazioni di pericolosità geologica, si
segnalano le cavità sotterranee che laddove coinvolgano i terreni di sedime di edifici
soggetti a progetti di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico
dovranno essere soggette ad interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di
Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
4.8 Frazione di Ripa
Il centro abitato di Ripa è la frazione posta nel settore più nordoccidentale del territorio
comunale; essa si estende in gran parte sul versante di faglia di costa S.Giovanni costituito
dalla formazione calcarea dei “Calcari a Briozoi e Litotamni”- Langhiano p.p. –
Serravalliano-Tortoniano-“ (CBZ) ed in parte sulla zona di raccordo del versante con la
depressione tettonica sottostante su cui affiorano i depositi continentali; in particolare il
settore dell’abitato posto a sud-ovest si estende sui depositi appartenenti al Sintema di
Valle Majelama costituiti da depositi alluvionali prevalentemente ghiaioso-sabbiosi e
sabbioso-siltosi talora con un abbondante frazione piroclastica e da depositi detritici di
versante - Pleistocene sup- (AVM). Tali depositi giacciono in discordanza angolare sul
sintema più antico. Il settore dell’abitato, invece, posto a sud-est si sviluppa sui depositi
appartenenti al Supersintema di Aielli Pescina costituito da sedimenti alluvionali
prevalentemente ciottolosi-sabbiosi, poco elaborati alternati a depositi detritici di versante
anche molto grossolani (AP); essi giacciono in discordanza angolare sul substrato. In
particolare i depositi alluvionali affioranti sull’area in esame sono costituite da litotipi a
prevalente granulometria sabbiosa –Pliocene?-Pleistocene medio-.
Foto 3: depositi alluvionali appartenenti al sintema di Valle Majelama (AVM) costituiti da depositi alluvionali
ghiaioso-sabbiosi.
Foto 4: affioramento di calcari appartenenti all’unità dei “Calcari a Briozoi e Litotamni”.
Il nucleo abitato si sviluppa tra le quote di 765 e 700 m s.l.m. e per le elevate pendenze
l’abitato si distribuisce a gradoni lungo il versante calcareo. Le forti pendenze del versante
di faglia unitamente all’elevato stato di fratturazione delle rocce calcaree che lo
costituiscono determinano forti condizioni di instabilità come testimoniato dall’esteso
fenomeno franoso gravitativo per crollo e ribaltamento che si sviluppa a nord-est dell’abitato
e che coinvolge indirettamente l’intero abitato e direttamente la strada di accesso allo
stesso. A seguito dei finanziamenti ottenuti dal Comune di Fagnano il versante sarà messo
in sicurezza attraverso importanti interventi di consolidamento.
Foto 5: esempio di depositi da crollo lungo la strada che porta all’abitato di Ripa.
Su gran parte dell’abitato sono presenti numerose cavità sotterranee che costituiscono un
importante elemento di pericolosità e che laddove coinvolgano i terreni di sedime di edifici
soggetti a progetti di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico
dovranno essere soggette ad interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di
Attuazione del presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
L’assetto idrogeologico è governato dalla presenza del complesso carbonatico costituito
dalle unità calcaree e caratterizzato da permeabilità alta per porosità e fratturazione.
Foto 6: esempio di cavità all’interno dell’abitato di Ripa.
4.9 Frazione di Termine
L’abitato di termine si sviluppa all’interno di una delle piccole depressioni di origine tettonica
interposta tra le due dorsali carbonatiche allungate in direzione nordovest-sudest su cui si
sviluppano su quella posta più a nord gli abitati di Ripa ed Opi e su quella posta a sud, che
delimita la profonda valle del Fiume Aterno, gli abitati di Vallecupa, Frascara e Castello.
I depositi continentali affioranti appartengono al supersintema di Aielli-Pescina e sono
costituiti da depositi alluvionali prevalentemente ciottolosi-sabbiosi cementati, alternati a
depositi detritici di versante anche molto grossolani (AP). Giacciono in discordanza
angolare sul substrato.
Foto 7: affioramento dei depositi alluvionali in prossimità dell’abitato di Termine ben cementati appartenenti al
sintema di Aielli- Pescina (AP).
Nel settore più meridionale del centro abitato affiorano lembi del substrato carbonatico
costituito da calcareniti bianche, grigie e giallastre a briozoi e frammenti di litotamni con
intercalazione di calcareniti fini saccaroidi bianche e di calciruditi a briozoi e pectinidi
appartenenti all’unità geologica marina dei “Calcari a Briozoi e Litotamni. Langhiano p.p. –
Serravalliano-Tortoniano” (CBZ).
L’abitato si sviluppa su un’area ad andamento poco acclive e molto omogeneo, pertanto
l’unico elemento che determina situazioni di pericolosità geologica è rappresentato dalle
cavità sotterranee che laddove coinvolgano i terreni di sedime di edifici soggetti a progetti
di riparazione, restauro o ricostruzione a seguito dell’evento sismico dovranno essere
soggette ad interventi di consolidamento come riportato nelle Norme di Attuazione del
presente Piano (Titolo V- Art. 29: Cavità sotterranee).
L’assetto idrogeologico di questa porzione di territorio è governato dalla presenza del
complesso
dei
depositi
quaternari
caratterizzato
da
permeabilità,
per
porosità,
generalmente media, tendente a scarsa nei livelli più limosi. All’interno dell’abitato di
Termine è presente una piccola emergenza sorgiva di portata inferiore a 5 l/s fortemente
variabile in funzione delle condizioni climatiche. La sorgente risulta captata già in antico con
bottini di presa o cunicoli di drenaggio.
4.10 Frazione di Vallecupa
L’abitato di Vallecupa è sito in parte sui depositi continentali fluvio-lacustri pleistocenici,
riferibili al supersintema di Aielli-Pescina, e in parte sui depositi di versante, cementati e
non, derivanti dallo smantellamento della dorsale carbonatica affiorante al limite nordorientale dell’area di studio.
I depositi appartenenti al supersintema di Aielli- Pescina sono costituiti da limi argillosi e limi
sabbiosi consistenti e molto consistenti con intercalazioni di argille siltose da mediamente a
molto consistenti; con abbondanti elementi carboniosi. Sono presenti livelli subordinati di
ghiaie (spessore da pochi cm a 1-2 m) con ciottoli calcarei in matrice sabbioso-limosa,
mediamente addensate. Talora si rinvengono livelli diatomitici e livelli arrossati. tali depositi,
sub affioranti nell’area di pertinenza, sono visibili in uno spaccato poco a SE del paese.
All’interno dell’area investigata tali depositi giacciono al di sotto di una coltre eluvio
colluviale di spessore inferiore al metro e quindi non riportati in carta. Lo spessore sino al
substrato, misurato in sondaggio, si aggira intorno ai 50 m, ma è presumibilmente maggiore
a SW della faglia incerta riportata in carta, come osservabile nella sezione geologica. Il
substrato a NE dell’abitato è formato dai calcari ciclotemici a gasteropodi del Cretaceo
inferiore, con giacitura debolmente a reggipoggio, ben stratificati, con giunti di strato lisci; gli
strati sono spesso amalgamati in pacchi fino ad 1.5 m di spessore. La roccia è
caratterizzata da più sistemi di joint, in prevalenza a direzione appenninica e
antiappenninica, con spaziatura variabile da pochi a 40 cm; le fratture sono solitamente
aperte, con superfici ruvide ed alterate e talora con riempimento in terra.
La dorsale carbonatica è limitata sul suo bordo sud-occidentale da una faglia diretta a
direzione appenninica, immergente a SW, il cui specchio è visibile per alcune decine di
metri con pendenze variabili tra 36° e 80°. Suggerendo una geometria di tipo stair-case
trajectory. Come osservabile nella sezione geologica, il lembo ribassato, in base ai dati di
sondaggio, si trova a circa 50 m di profondità al di sotto dell’abitato, ed è probabilmente
ulteriormente ribassato verso SW da altre due faglie dirette a direzione appenninica,
sintetiche alla prima, in carta solo ipotizzate. La prima di queste due faglie, non
direttamente rilevabile nell’area di pertinenza, è stata però osservata in uno spaccato entro
i depositi del supersintema di Aielli-Pescina, poco a SE dell’area di studio; la seconda, più a
valle, è stata dedotta in base ai dati derivanti da un profilo geoelettrico. Un ulteriore lembo
di carbonati è affiorante, isolato fra i detriti, al limite orientale dell’area e risulta spostato
verso sud rispetto alla dorsale principale. Questo dato suggerisce la presenza di una faglia
di trasferimento circa meridiana (come segnato nella carta geologica allegata) o, in
alternativa, la possibilità che questo lembo possa avere una grande frana in roccia di età
non stabilita. All’estremità meridionale dell’area sono presenti depositi alluvionali recenti, di
pochi metri di spessore, incassati entro i depositi del supersintema di Aielli –Pescina.
L’abitato di Vallecupa è situato su un pendio a pendenza progressivamente minore verso
valle, che soggiace, appena a monte dell’abitato, ad un ripido rilievo carbonatico delimitato
da un orlo di scarpata di faglia. Questa forma una parete morfologica alta da 5 a 10 m e
direttamente osservabile per un tratto di circa 150 m. la presenza di tale elemento
morfologico, unitamente allo stato di fratturazione dell’ammasso roccioso sopra descritto
determina una notevole scompaginazione della struttura carbonatica, con formazione di
blocchi eterometrici di dimensioni da centimetriche fino a qualche metro cubo. Tali
caratteristiche si riscontrano in tutto il versante a NE dell’abitato, che per tale motivo risulta
soggetto a frane di crollo o ribaltamento. All’estremità meridionale dell’area è presente una
scarpata morfologica di 10 m di altezza che borda un rilievo costituito da depositi fluvio –
lacustri pleistocenici.
Il nucleo abitato si trova in sinistra idrografica del Fiume Aterno alla base del versante sudoccidentale di un rilievo carbonatico tra le quote 650 e 750 m s.l.m.
È stato individuato un solo pozzo; nella zona meridionale è presente un fontanile
denominato Fontana di Vallecupa con portata di circa 1,18 l/s.
5. MICROZONAZIONE SISMICA DELLE AREE DI VALLECUPA E PEDICCIANO
A completamento del presente lavoro si riporteranno nei paragrafi successivi i dati relativi allo
studio di microzonazione sismica di 3° livello estrapolati dal volume “Parte III” della Microzoanzione
sismica dell’area aquilana realizzato dal DPCN e dall’ISPRA sui centri abitati di Vallecupa e
Pedicciano.
5.1 VALLECUPA - CARTA DELLE MOPS (Microzone Omogenee in prospettiva
Sismica)
Nella carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica dell’area di Vallecupa non sono state
individuate zone stabili, in quanto le zone di affioramento del substrato carbonatico sono sia
suscettibili di amplificazione locale per effetto della pendenza maggiore di 15°, sia suscettibili di
instabilità per frane da crollo e ribaltamento.
Le zone suscettibili di amplificazione locali individuate sono due:
Zona 2001. La sezione geolitologica rappresentativa è costituita, dall’alto verso il basso, dai
seguenti litotipi:
•
Limi argillosi e limi sabbiosi consistenti e molto consistenti con intercalazioni di argille
siltose da mediamente a molto consistenti. Subordinati livelli di ghiaie con ciottoli calcarei in
matrice sabbioso-limosa. Lo spessore riscontrato in sondaggio si aggira intorno ai 50 m,
ma è presumibilmente maggiore a SW della faglia incerta riportata in carta;
•
Substrato calcareo lapideo stratificato di età miocenica.
Zona 2002. La sezione geolitologica rappresentativa è costituita, dall’alto verso il basso dai
seguenti litotipi:
•
Detriti di versante cementati a matrice terrosa con clasti calcarei a spigoli vivi eterometrici e
con grossi blocchi sparsi di dimensioni fino a 2-3 m3. Spessore 1-10 m.
•
Limi argillosi e limi sabbiosi consistenti e molto consistenti con intercalazioni di argille
siltose da mediamente a molto consistenti. Subordinati livelli di ghiaie con ciottoli calcarei
in matrice sabbioso-limosa. Lo spessore riscontrato nel sondaggio si aggira intorno ai 50 m,
ma è presumibilmente maggiore a SW delle faglie riportate in carta;
• Substrato calcareo lapideo stratificato di età miocenica.
Nell’area è stata identificata un’ampia zona suscettibile d’instabilità per frane da crollo e
ribaltamento, che comprende sia la fascia di affioramento del substrato calcareo lapideo
stratificato, stabile suscettibile di amplificazione locale per pendenza maggiore di 15°, sia la
sottostante fascia di detrito di versante a grossi blocchi poggiante sui depositi fluvio-lacustri.
Quest’ultima fascia risulterebbe quindi oltre che instabile, anche come zona stabile suscettibile di
amplificazione locale, la cui sezione geologica rappresentativa è costituita dall’alto verso il basso
dai seguenti litotipi:
•
Detriti di versante sciolti a matrice terrosa con clasti calcarei a spigoli vivi eterometrici e con
grossi blocchi sparsi di dimensioni fino a 2-3 m3. Spessore 1-10 m;
•
Limi argillosi e limi sabbiosi consistenti e molto consistenti con intercalazioni di argille
siltose da mediamente a molto consistenti. Subordinati livelli di ghiaie. Lo spessore
ipotizzato si aggira intorno ai 50 m, in quanto è stato utilizzato il dato proveniente dal
sondaggio nella zona 2001 ed è stata considerata l’inclinazione del substrato circa parallela
al pendio;
•
Substrato calcareo lapideo stratificato di età miocenica.
5.2 PEDICCIANO - CARTA DELLE MOPS (Microzone Omogenee in prospettiva
Sismica)
Nella carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica dell’area di Pedicciano è stata
individuata soltanto una zona stabile, di piccole dimensioni, situata poco al di fuori dell’area di
delimitazione dell’abitato. Tale zona è identificata con il codice 1011 ed è costituita da substrato
calcareo lapideo stratificato di età miocenica.
Le zone suscettibili di amplificazione locali individuate sono quattro:
Zona 2001. La sezione geolitologica rappresentativa, dopo i primi metri, è stata solo dedotta
attraverso dati geoelettrici e dei microtremori ed è pertanto da considerarsi ipotetica. Essa risulta
costituita dall’alto verso il basso dai seguenti litotipi:
•
Riporti antropici, coltri eluvio colluviali e detriti di versante a matrice terrosa con clasti a
spigoli vivi eterometrici. Spessore 1-5 m;
•
Sabbie e limi mediamente consistenti, di spessore probabilmente molto variabile, da 5 a più
di 50 m.
Zona 2002; la sezione geolitologica rappresentativa è costituita, dall’alto verso il basso, dai
seguenti litotipi:
•
Riporti antropici, coltri eluvio colluviali e detriti di versante a matrice terrosa con clasti a
spigoli vivi eterometrici. Spessore 1-5 m;
•
Deposito di versante da poco a mediamente cementato, prevalentemente clasto-sostenuto,
costituito da clasti calcarei a spigoli vivi, eterometrici con matrice limoso-sabbiosa, più
raramente argillosa, a luoghi prevalente; rare intercalazioni di limi ocracei. Spessore
variabile da 5 m ad almeno 40 m e comunque molto variabile a causa della natura del
deposito, a geometria non tabulare ed interdigitato con gli altri depositi coevi.
Zona 2003. La sezione geolitologica rappresentativa è costituita dall’alto verso il basso dai
seguenti litotipi:
•
Depositi di versante da poco a mediamente cementato, prevalentemente clasto-sostenuto,
costituito da clasti calcarei a spigoli vivi, eterometrici con matrice limoso-sabbiosa, più
raramente argillosa, a luoghi prevalente; rare intercalazioni di limi ocracei. Spessore
variabile da 5 m ad almeno 40 m e comunque molto variabile a causa della natura del
deposito, a geometria non tabulare ed interdigitato con gli altri depositi coevi.
•
Marne argillose scure foliettate, con rare intercalazioni sabbiose. Spessore minimo: 10 m in
base a dati di sondaggio.
Zona 2004. La sezione geolitologica rappresentativa è stata dedotta da due pozzi ad uso privato
ed è costituita dall’alto verso il basso dai seguenti litotipi:
•
Sabbie e limi mediamente consistenti, di spessore minimo di circca 20 m con possibile
aumento spostandosi verso NE;
•
Sabbie con quarzo e miche poco addensate. Spessore di circa 2 m.
Nell’area di Pedicciano non sono state individuate zone suscettibili di instabilità.
5.3 CARTA DI MICROZONAZIONE SISMICA DI LIVELLO 3
La cartografia di livello 3 presenta una legenda che classifica il territorio perimetrato e oggetto della
microzonazione sismica, in zone omogenee dal punto di vista della funzione di amplificazione, in
relazione al valore di FA calcolato attraverso le simulazioni numeriche.
L’approccio parte dalla cartografia di livello 1, in particolare, dalla Carta delle MOPS. In tale carta il
territorio studiato è stato prima classificato in zone omogenee sulla base delle conoscenze derivate
dalle indagini pregresse note sul territorio e dei nuovi rilevi geologici, geofisici e geo-meccanici di
dettaglio. Tali zone sono state classificate come stabili, instabili per una serie di fattori, oppure
stabili ma suscettibili di amplificazione sismica.
L’esecuzione delle indagini specifiche sul territorio e l’esecuzione di simulazioni numeriche con
modelli mono o bidimensionali doveva in seguito migliorare tale conoscenza permettendo la
realizzazione di carte di livello 1 e 3.
Le carte di questo studio sono una diretta derivazione dalle carte delle MOPS, delle quali
mantengono, quasi in ogni caso i limiti delle zone, ed attribuiscono a ciascuna delle zone stesse un
valore di FA, così come emerge dalle simulazioni numeriche effettuate. Talora come risultato delle
simulazioni zone precedentemente distinte nelle carte delle MOPS sono state accorpate in base
alle risultanze delle sezioni 2D effettuate.
5.4 FRAZIONE DI VALLECUPA
Nella perforazione effettuata al centro del paese il substrato è stato intercettato ad una profondità
di 49 m dal piano campagna; le litologie attraversate sono prevalentemente limo-argillose ed
appartengono al supersintema di Aielli-Pescina.
La cartografia anche in questo caso è molto semplice in quanto in una vasta porzione vi è un’area
instabile a causa della pericolosità da frane da crollo, mentre la gran parte della zona ove insiste
l’abitato è caratterizzato da valori di FA e FV di 1.4 e 2.2.
In una piccola area residua si hanno valori di FA e FV di 1.6 e 1.9 legati ad una differente litologia
in affioramento.
L’area in studio come nel caso precedente è molto piccola.
5.5 FRAZIONE DI PEDICCIANO
Nell’area di Pedicciano la perforazione S7.1 che è giunta alla profondità di 50 m ha incontrato nei
primi 41 m del materiale detritico, costituito da brecce di calcare, che risulta essere un deposito di
versante appartenente al supersintema di Aielli-Pescina; successivamente ha interessato delle
argilliti e marne argillose. La delimitazione delle aree è molto schematica: a S si è in presenza di
una zona stabile ove affiora il basamento mentre la gran parte del paese che sorge nel settore SE
è caratterizzato da valori di FA e FV rispettivamente di 2.0 e 2.3.
Le pendenze sono molto blande e le giaciture degli strati molto pendenti.
Le tre zone del primo livello, 2001, 2002 e 2003 che presentavano analoghe caratteristiche di
risposta sismica, sono state accorpate.
Un discorso a parte deve essere fatto per il settore NW per il quale i valori di FA e FV sono
praticamente invertiti mostrando una notevole attitudine all’amplificazione per i periodi più elevati e,
di contro, molto più modesta per quelli più piccoli. In questa area affiorano depositi sabbiosi, limi e
argille mediamente addensati e coerenti.
CONCLUSIONI
Lo studio geologico, geomorfologico ed idrogeologico condotto a corredo del Piano di
Ricostruzione del Comune di Fagnano Alto, e quindi approfondito sui centri storici perimetrati nel
Piano (ad esclusione degli abitati di Vallecupa e Pedicciano oggetto di studi condotti dal
Dipartimento di Protezione Civile Nazionale a seguito del terremoto del 6 aprile 2009) ha
evidenziato numerosi elementi di pericolosità geologica che sono stati analizzati e normati nel
PdR. Le maggiori condizioni di criticità si hanno laddove sono stati rilevati elementi morfogenetici
attivi che minano le condizioni di stabilità dei nuclei più antichi dei centri abitati, già fortemente
danneggiati dall’evento sismico dell’aprile 2009.
Tra questi quelli che hanno un maggior impatto sul processo di ricostruzione post sisma sono
rappresentati dai dissesti gravitativi che coinvolgono i centri abitati di Vallecupa, Frascara e Ripa;
dalle aree soggette ad alluvioni che si rinvengono nell’abitato di Campana, dalle scarpate
morfologiche e dalle cavità sotterranee che sono presenti nella maggior parte dei centri abitati.
In riferimento ai dissesti gravitativi di Vallecupa, Frascara e Ripa si provvederà con specifici
finanziamenti al loro consolidamento e quindi alla messa in sicurezza dei rispettivi abitati; allo stato
attuale sono state fissate delle priorità che faranno si che partirà un primo lotto d’intervento sugli
abitati di Vallecupa e Ripa. Le aree soggette a frana sono comunque normate dai Piani di Assetto
Idrogeologico (PAI) e ad essi si farà riferimento come riportato all’Art. 30 delle Norme di Attuazione
del PdR; allo stesso modo si seguiranno le prescrizioni contenute nelle suddette norme per quanto
riguarda le pericolosità legata alle scarpate morfologiche ed infine si seguiranno le Norme di
Attuazione del Piano Stalcio Difesa dalle Alluvioni (PSDA) su quelle aree che rientrano in zone
soggette ad alluvioni e quindi soggette a pericolosità idraulica (Art. 30 NTA del PdR).
Particolare attenzione andrà, inoltre, riservata alle cavità sotterranee che costituiscono un
elemento di pericolosità molto importante per i progetti di restauro, riparazione e ricostruzione degli
aggregati danneggiati dal sisma. In particolar modo si procederà alla loro individuazione attraverso
specifici studi (Art. 29 delle NTA del PdR) e laddove sarà necessario si provvederà a redigere i più
appropriati progetti di consolidamento.
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