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Castello Quistini
I giardini di
Mappa
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2 GIARDINO BIOENERGETICO
Il giardino che si basa sull’interazione tra
uomo e pianta per riequilibrare il nostro
organismo.
3 LABIRINTO DI ROSE
Rappresentato da tre cerchi concentrici
illustra la storia della rosa: rose antiche,
moderne, inglesi e ibridi di rugosa.
4 VIVAIO DI ROSE
Produzione di rose in vaso pronte
all’acquisto direttamente dall’azienda
agricola Castello Quistini.
5 GIARDINO SEGRETO DELLE ORTENSIE
Posto al di fuori delle mura del palazzo
presenta alcune tra le maggiori
particolarità della famiglia delle ortensie.
6 SALA DELLE COLONNE
La parte più antica e misteriosa del
palazzo, oggi utilizzata come splendida
sala ricevimenti.
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Progettato con tre stanze circolari collegate tra loro da piccoli passaggi,
nasconde strane sculture da giardino.
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8 SALA DEL CAMINO
Senza dubbio il più grande salone antico
della Franciacorta. Un’imponente camino
domina il lato più lungo.
9 SALA GROTTESCA
La stanza più pregevole del palazzo con
le sue decorazioni a tempera raffiguranti
le quattro stagioni e altro...
10 ANTICO FRUTTETO
Varietà di frutta di moda anni fa tra cui:
biricoccolo, nashi, sorbo degli uccellatori,
azzeruolo e fico brogiotto.
11 GIARDINO DEGLI AROMI
Un piccolo giardino delimitato da siepi nel
quale sedersi e godere dei profumi emanati dalle piante aromatiche al suo interno.
12 HORTUS SANITATIS
È ciò che una volta componeva l’hortus
conclusus, il giardino medioevale di
monasteri e conventi.
L’azienda agricola presente a Castello Quistini produce piante destinate alla vendita.
Per informazioni e acquisti rivolgervi all’ingresso o nella zona VIVAIO dove verrete seguiti da un nostro esperto.
INQUADRAMENTO STORICO
Nel 1400, ben 200 anni prima della sua costruzione ufficiale, si può ipotizzare la presenza di un palazzo o di una fortificazione nel luogo in cui sorge Palazzo Porcellaga (ora Quistini). Questo spiegherebbe la presenza delle mura che
circondano il brolo del palazzo e di una torre atipica isolata.
Nel 1426, Rovato resistette ad un assedio dell’esercito visconteo e si unì alla città di Brescia sotto il governo della Serenissima Repubblica di Venezia.
I Veneziani concessero subito privilegi, rendendo la cittadina membro della Quadra che comprendeva anche i paesi
limitrofi quali: Cazzago, Coccaglio, Erbusco, Calino, Bornato, Camignone, Passirano, Paderno. Vennero restaurate le
mura del castello e nel febbraio del 1512 il paese partecipò alla insorgenze antifrancesi che nel capoluogo si conclusero con il tristemente famoso “Sacco di Brescia”, in cui molti bresciani vennero barbaramente uccisi dai soldati
francesi ad opera di Gaston de Foix.
Per scontare la fallita ribellione, la cittadina dovette pagare una multa molto elevata (quasi 10 mila ducati d’oro), unita
a quella di 96 mila ducati imposta alla provincia.
Nella lunga battaglia vanno ricordati due valorosi fratelli: i cavalieri Lodovico e Lorenzo Porcellaga. Quest’ultimo fu il
padre di Ottaviano Porcellaga il quale avviò, insieme alla moglie e alla figlia, la costruzione del palazzo rovatese.
A Rovato, venne avviata l’importante costruzione della Chiesa di Santa Maria Assunta e del Palazzo Porcellaga. Il progetto della parrocchiale fu affidato all’architetto bresciano Giulio Todeschini. I lavori iniziarono nel 1585.
Un evento da ricordare fu la visita del Vescovo Bollani, il 3-4 settembre 1565. Quindici anni dopo, nell’ottobre del 1580,
il futuro santo patrono Carlo Borromeo arrivò in visita pastorale e alloggiò nel caseggiato a lato del Palazzo Porcellaga.
STORIA DEL PALAZZO
Conosciuto anche come Palazzo Porcellaga, dal cognome del nobile Ottaviano che lo fece costruire nel 1560 come
residenza fortificata sostitutiva del Castello di Rovato.
Venne edificato in un territorio dove si alternavano dominazione veneta e francese, per questo fu spesse volte sede di
diverse guarnigioni militari.
Durante la seconda metà del 1500 era infatti prassi comune che i nobili costruissero palazzi fortificati nelle campagne,
cintati da mura difensive per proteggerli dalla numerose battaglie dell’epoca.
Castello Quistini rappresenta uno degli ultimi esempi di queste architetture e possiede una cinta muraria a forma di
pentagono irregolare con mura sottili, ma anche cinque torrioni agli angoli e una torre di quattro piani posta all’interno.
Per la costruzione venne utilizzata la pietra “serena” tipica dell’area del Lago d’Iseo (pietra di Sarnico), con la quale
vennero costruiti molti altri palazzi e cascine della Franciacorta.
Nonostante parte del castello sia privata, è possibile visitare alcune sale, tra cui la Sala Grottesca e il Salone che, con
i suoi 150 mq, è la sala ad unica campata più grande della Franciacorta.
Ricordiamo che tra il 1400 e il 1500 la pianura padana fu zona di innumerevoli e grandi battaglie; si combatterono gli
eserciti del Papato, il granducato di Milano, la repubblica di Venezia, la Francia.
Nei primi anni del 1500 stabilizzandosi i confini si inaugura una “nuova stagione” architettonica.
Ecco che nel 1560 iniziarono i lavori di costruzione di castello Quistini su incarico della famiglia Porcellaga, ricchi possidenti terrieri che fecero fortuna combattendo a fianco della repubblica di Venezia, l’architetto Todeschini progettò e
diresse i lavori di costruzione.
Todeschini, architetto molto in voga all’epoca, progettò numerose chiese tra cui la principale di Rovato ed altre nella
città di Brescia, nonchè il palazzo del mercato del pesce di Desenzano del Garda.
Quasi certamente il palazzo venne costruito al di sopra di una struttura fortificata pre-esistente, struttura che trova
giustificazione in quanto si trova a ridosso della strada provinciale che collega Rovato con Iseo (e il suo lago), la valle
camonica e i due passi, Aprica e Tonale.
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INGRESSO
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GIARDINO BIOENERGETICO
Il Giardino Bioenergetico di Castello Quistini è stato realizzato nel 2004 ad opera dell’eco designer Marco Nieri e l’Arch.
Chiara Odolini.
Ad un primo sguardo può sembrare un semplice giardino ma in realtà il progetto del Bioenergetic Landscape si basa
su studi e ben precise. L’idea di partenza che le piante e natura siano benefiche per le persone è molto antica. E’ noto
ad esempio che moltissime specie vegetali possiedono proprietà terapeutiche sotto forma di principi attivi, utilizzati da
tempo in vari preparati medicinali o alimentari. Molte ricerche hanno anche ampliato la consapevolezza e l’interesse
verso l’aiuto che le piante ci possono offrire in altra maniera, dimostrando come l’interazione benefica delle piante con
l’uomo possa avvenire anche a livello psicologico, sensoriale o emozionale.
Ad esempio, tra le piante benefiche utilizzate in questa tecnica possiamo trovare l’agrifoglio i cui effetti sono molto
positivi sul sistema nervoso, il leccio, benefico sul sistema cardiocircolatorio, o ancora l’alloro, che ha un ottimo effetto
sul sistema immunitario.
Tra quelle da evitare troviamo ad esempio il noce ed una comune pianta d’appartamento, il ficus benjamina, soprattutto
per il loro effetto sul sistema cardiocircolatorio. La precisa collocazione di queste piante andrà poi integrata armonicamente in un progetto complessivo dell’area sviluppato in collaborazione con un Architetto Paesaggista, che potrà
esaltare le finalità del giardino destinando le zone più benefiche al soggiorno ed al relax.
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LABIRINTO DI ROSE
Il labirinto di rose consiste in tre ampi cerchi concentrici composti esclusivamente da rose, con un gazebo al centro
coperto con una splendida rosa rampicante ad unica fioritura (Banksiae Alba e Banksiae Alba Plena).
I tre cerchi sono a loro volta divisi in quattro settori circolari che raccontano la storia delle rosa: al vostro ingresso le
prime piante sono rose rugose (ibridi e spontanee) in direzione del gazebo, attraversando quattro cespugli di rose
tapezzanti moderne. A destra potete trovare rose moderne, mentre all’opposto abbiamo rose antiche.
Nel settore sud (verso il vivaio) trovate le rose inglesi di David Austin, fino ad arrivare all’arco ricoperto da una bellissima rosa antica di nome m.me Alfred Carriere.
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VIVAIO DI ROSE
Produzione di rose in vaso pronte all’acquisto direttamente dall’azienda agricola Castello Quistini.
Per informazioni potete trovare i nostri esperti che vi consiglieranno nella scelta dell’acquisto.
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GIARDINO SEGRETO DELLE ORTENSIE
In questo piccolo e nascosto giardino troviamo alcune varietà di ortensie tra le più particolari.
Ricordiamo che il nome botanico del genere ortensia è Hydrangea. Potete trovare ortensie del tipo classico a palla, ma
anche altre a fiore piatto chiamate Teller.
Le più particolari sono: Hydrangea involucrata involucrata, hydrangea teller blue bird, H. quercifolia, H. paniculata, H.
serrata preziosa, H. Annabelle, H. Tricolor, H. Aspera.
Questo giardino è posto fuori dalle mura del palazzo. Rientrerete successivamente attraverso un portone controllato da
uno dei cinque torrioni d’angolo. E’ l’unico torrione dei cinque dotato di copertura (gli altri sono a cielo aperto), si tratta
esattamente di una volta in mattoni a cupola e posati a spirale.
A fianco dell’arco in mattoni che permette di rientrare all’interno della cinta del palazzo potete vedere (solo nei mesi di
luglio e agosto) un gruppo di ibiscus palustris, piante che come dice il nome vivono in condizioni particolari di umidità.
Queste piante ci regalano giganteschi fiori dai petali morbidissimi e con colori pastello.
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SALA DELLE COLONNE
La sala delle colonne costituisce un fabbricato a parte ed è probabilmente la costruzione più antica e importante del
complesso architettonico. E’ parzialmente interrata, con copertura a volta e costituita da tre navate. Si ipotizza infatti
che in passato vista l’accuratezza delle finiture, dovesse svolgere una funzione molto importante per il palazzo, e
probabilmente per l’intero paese. Il corpo principale delle cantine, al livello inferiore, è un unico spazio coperto da
volte a crociera, sostenute da otto pilastri in pietra di Sarnico. Il basamento dei pilastri può essere ricondotto all’ordine
tuscanico, o comunque ad esso si ispira, in quanto si presenta un semplice toro e un listello.Per quanto riguarda la
rastremazione, si restringe di circa 1,5 cm ogni 50 cm misurati in altezza, mentre l’altezza del fusto è circa sei volte il
modulo della base. Il capitello presenta una composizione che potremmo definire intermedia tra lo stile tuscanico e
quello dorico poiché, in successione, troviamo: cimbia, listello, toro, collarino, listello, echino liscio con profilo a ovolo e
abaco. Le proporzioni fanno pensare a una forte analogia con quelle palladiane. Questa è formata da lastroni di pietra,
incastrati l’uno con l’altro in un’unica posa, con canaline di raccolta scavate su tutto il perimetro, e pozzetti chiusi in
pietra, anch’essi di raccolta, nel centro della sala. Ogni pietra del pavimento è firmata dagli scalpellini.
Oggi questa sala viene attrezzata per ospitare ricevimenti, convegni, banchetti ed esposizioni in tutto l’arco dell’anno.
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GIARDINO INGLESE
Il giardino inglese è formato da tre stanza circolari collegate tra loro, le cui pareti sono composte da rose a cespuglio
e rampicanti (gruppi di rose moderne antiche e particolari).
Per rose particolari intendiamo rose come la Chinensis Viridiflora (rosa dai fiori verdi) o rose come Chapeau de Napoleon (rosa i cui boccioli richiamano il cappello di Napoleone Bonaparte, da cui prende il nome), oppure Bianco e Giallo
(rosa che fiorisce gialla ma il secondo giorno di fioritura vede i suoi fiori diventare bianchi).
Nella prima stanza (al centro) appoggiata su una struttura di ferro che la fa diventare un’ombrellone fiorito, troviamo la
rosa Mermaid.
Nella seconda stanza potete trovare un gruppo di rose selvatiche scoperte in cina quali Canarybird e Hugonis che
hanno il limite di fiorire una sola volta nell’anno.
Nell’ultima stanza (la più vicina al palazzo) abbiamo una Roxburgii (grande cespuglio rifiorente) ed una rosa cinese
rifiorente, sopratutto in autunno, ma con fiori quasi invisibili poichè di colore verde come le foglie (Chinensis Viridiflora).
All’interno di questo giardino trovate poi sculture di strani animali che si ispirano al manifesto dell’ “arte del riciclaggio”,
manifesto che al primo punto dichiara: “nulla si crea tutto si ricicla”.
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SALA DEL CAMINO
La visita prosegue all’interno del palazzo iniziando dal salone principale con il salone ad unica campata più grande in
Franciacorta (misura 150 mq. e 9 mt di altezza). Il grande e imponente camino anch’esso in pietra di Sarnico bugnata
vede sui fianchi il richiamo ad una pianta particolare come il vischio.
Con le pareti bianche e la sala vuota, a fine ’800 la sala viene richiesta dalla chiesa parrocchiale di Rovato per costruirvi
la “macchina dei Tridui”.
I tridui sono i tre giorni di preghiera che precedono la quaresima e i morti, e essendo di moda in quegli anni il montaggio di questa struttura in quasi tutte le chiese bresciane anche la Parrocchiale di Rovato aderisce all’iniziativa.
La struttura veniva montata a chiusura dell’abside delle chiese (appena dietro l’altar maggiore), conteneva ben 365
candele che tutti i giorni, per la durata dei tridui venivano accese e spente. Al centro di questa struttura coperta di
paramenti sacri veniva posto l’ostensorio ovvero il contenitore del corpo di Cristo (fatto a raggiera).
Ma caratteristica del salone è che avendo le pareti bianche, queste vengono utilizzate per progettare sulle pareti
stesse tutta la struttura e ancor oggi ne possiamo vedere le tracce (le principali sono poste difronte al camino, a fianco
del portone di ingresso si possono vedere altri rilievi delle arcate della chiesa).
Altra considerazione da fare è sul sistema costruttivo del salone che vede il soffitto (nella cornice centrale) parzialmente appeso a delle barre di ferro soprastanti che lo agganciano e quindi lo alleggeriscono.
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SALA GROTTESCA
Le decorazioni di questa sala prendono il nome dalle maschere grottesche che si possono vedere nella cornice superiore. Le decorazioni sono ottocentesche e realizzate a tempera con il sistema che oggi si può definire a “stencil”.
Come adesivo per i colori sulle pareti veniva usato il tuorlo d’uovo, mentre la prima fase consisteva nel ricalcare disegni
precostituiti su fogli di carta.
In aggiunta a questo si sono lasciate alcune parti per così dire “libere”, parti dove poter decorare a mano libera. Le
possiamo notare sopra le porte (con colore verde veneziano), a rappresentare le quattro stagioni, culminanti con
l’estate, dipinta sopra al camino.
Al centro del soffitto troviamo la Dea Minerva con una civetta ai piedi. La civetta è, in questo periodo storico, la rappresentazione della cultura. Nel cielo invece volteggiano due angeli e due pipistrelli. La caratteristica di queste figure è
che i tre pipistrelli hanno le zampe legate con un filo tenuto in pugno dall’angelo. Questo vuole significare che il “bene”
controlla il “male”.
Il pavimento detto alla “veneziana” è un mosaico in piccoli pezzi di marmo colorati, tipico del periodo “veneto”.
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ANTICO FRUTTETO
Nel “brolo”, nel bresciano considerato l’area produttiva della casa, sono stati reinseriti molti frutti antichi e/o abbandonati, ne citiamo alcuni che i turisti nei periodi di fruttificazione posso anche gustare: il biricoccolo, che nelle sue tre
declinazioni varietali si distingue in “nostrano” “gigante” “vesuviano”. Il nashi, il fico brogiotto, il pero cotogno. Con la
frutta prodotta realizziamo gustosissime marmellate. Molte varietà di frutta anticamente prodotte hanno lasciato il posto
a frutti sempre più resistenti e appariscenti, ma non sempre questo è sinonimo di gusto e bontà.
Altri frutti presenti:
mandorlo duro, mandorlo tenero, pero cotogno, azzeruolo, sorbus aucuparia (detto anche sorbo degli uccellatori,
veniva coltivato intorno ai roccoli di caccia e le bacche di cui gli uccelli sono ghiottissimi vi si gettavano letteralmente
sopra, venendo così intrappolati nelle reti nascoste tra i rami di questo albero), susina regina claudia, albicocca reale
d’Imola, albicocca precosissima, prunus spinosa, il prugnolo selvatico (ottimo portainnesto per altre piante) che ci regala le prugnette selvatiche (grandi come ciliegie) e con le quali produciamo la marmellata di Brugnì (forma dialettale
che significa “prugne”).
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GIARDINO DEGLI AROMI
Nel “brolo” abbiamo inserito un piccolo giardino circondato da siepi di alloro che limitano il transito dell’aria e nel cui interno vi si trovano alcune tra le piante più profumate, come il finocchio selvatico, la rosa bulgara (famosa per l’essenza
che produce e che viene totalmente venduta a Grasse, comune della Provenza, per la produzione dei profumi), diverse
varietà di timi, melisse, menthe e numeroese varietà di lavande con fioriture differenziate.
Questo piccolo spazio verde è stato progettato per poter immergersi tra i profumi e gli aromi più caratteristici e piacevoli della natura. Seduti su un semplice tronco avrete l’opportunità di assaporare uno per uno tutte le splendite
varietà presenti nel piccolo giardino e di mettere alla prova uno dei sensi più importanti e sensibili: l’olfatto.
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HORTUS CONCLUSUS
Nel periodo egizio l’uso delle piante e il riconoscimento come “curative” era già in uso. Si utilizzavano finocchio, timo
e aglio. Pietro Mattioli, nel 1564 (periodo di costruzione di Castello Quistini) riporta alla luce i “sei libri della materia
medicinale” di Pedacio Discoride Anazarbeo (Greco che visse nell’antica Roma), e affermò ad esempio della ninphea:
“Nasce nelle paludi e negli stagni con fronde che li rassemblano a quelle della fava d’egitto. La sua radice è nera,
aspra, nodosa, simile a una mazza, la quale si cava nell’autunno. Quella secca bevuta con vino
, giova ai flussi stomachali, e alla dissenteria, sminuisce la milza.
Applicata con pece giova alla pelagione.....” Ben presto il sapere dell’erborista si sovrappose all’alchimia e in tempi
più recenti alla chimica.
Nel Medioevo era compito dei monaci garantire continuità alla diffusione dei testi antichi e le Abbazie divennero pian
piano depositarie di tutte le conoscenze relative alle erbe officinali e dei loro segreti.
E’ a questo punto che dalla teoria si passa alla pratica coltivando all’interno del convento le piante officinali (hortus
conclusus, perchè rinchiuso all’interno).
Nei conventi si coltivano quindi i “semplici”, termine antico e molto efficace per definire le erbe medicinali.
Nel nostro piccolo hortus abbiamo piantato e catalogato una cinquantina di varietà di piante officinali, piante quali
l’achillea, l’ echinacea, l’assenzio, e tante altre.
Piante che anche oggi trovano uso nei rimedi omeopatici o danno alla farmacopea i loro principi attivi per curarci.
Fuori dall’hortus e nel pieno campo che lo circonda troviamo alcune piante spontanee ormai dimenticate in grado di
aiutare il nostro corpo: la cicoria (tutti pensano che abbia il fiore giallo, mentre è azzurro, giallo è il colore del tarassaco), la portulacha (selvatica) che tutti considerano infestante, e che invece è la pianta per insalata più ricca in assoluto di omega 3.
SIMBOLI ALCHEMICI
Il nodo di Salomone è uno dei simboli più antichi che si possa immaginare: basti pensare che se ne conoscono esemplari tracciati in maniera approssimativa in epoca preistorica, in incisioni rupestri come quelle della Valle Camonica.
Tuttavia la sua diffusione si sviluppa soprattutto grazie alle influenze di culture euro-asiatiche, africane ed amerindie, e
raggiunge il suo apice nella cultura celtica, fortemente basate sui temi dei nodi, degli intrecci e delle figure ondulate.
Si pensa, infatti, che il simbolo sia penetrato nella nostra cultura attraverso i Romani proprio in seguito al contatto degli
stessi con la cultura celtica. Il nodo dà subito l’idea del legame, concetto fondamentale che sottolinea la dualità insita
nel simbolo: un legame, infatti, può essere inteso positivamente come forza benefica che unisce, rinforza e protegge,
ma anche negativamente, come vincolo che lega, costringe ed imprigiona. Nel Nodo di Salomone, la doppia valenza
è rafforzata dalle due serie di anelli che s’incrociano tra loro, a formare una specie di croce (elemento verticale più
elemento orizzontale). Il simbolo della svastica unisce ai significati precedenti quello di rotazione, ovvero ciclicità e
rigenerazione. Antico simbolo vedico associato al movimento rotatorio del Sole, poi divenuto simbolo del Cristo risorto,
del Buddha e di Atena, esso compare nel repertorio culturale di ogni continente a partire dalla Mesopotamia (almeno
dal IV millennio). In età moderna è stato assunto da Adolf Hitler come emblema del nascente partito Nazista, ma la sua
valenza positiva è stata capovolta invertendo il senso di rotazione, da orario ad antiorario. Nel Nodo di Salomone, la
Svastica si forma al centro dei quattro bracci ed è chiaramente visibile, a volte ricalcata nelle rappresentazioni.
RICICLO CREATIVO
Negli ultimi anni ha preso piede la tendenza a trasformare in curiose opere d’arte i più comuni materiali di scarto; saldati e fusi tra loro nascono forme e figure nuove e dal silenzio delle discariche prendono vita sempre più spesso vere e
proprie opere d’arte. E’ quello trevate tra i giardini di Castello Quistini grazie alle abili mani di Marco Mazza, proprietario
del palazzo e progettista dello splendido giardino botanico in cui, nascosti tra i cespugli spuntano animali realizzati con
lamiere arrugginite o vecchie batterie d’auto, piastre e barattoli di ferro.
- Il riciclaggio creativo - spiega Marco Mazza, aiuta anche a prestare maggiore attenzione ai nostri rifiuti. E’ strabiliante
quando l’abitudine a realizzare divertenti opere come queste aiuti poi a osservare i nostri scarti con occhi diversi, e
oggetti non più utilizzati scoprono nuove dimensioni.” Dai nostri scarti nascono così animali come l’aragosta, lumache
giganti, tartarughe e anatre, ma anche figure scolpite nel legno che nel bellissimo giardino botanico di Castello Quistini
accompagnano il visitatore in un percorso tra giardini, storia e arte.
“Da cosa nasce cosa” sembrerebbe il motto di questi vecchi oggetti che hanno esaurito la loro funzione ma che grazie alla passione e un po’ di fantasia possono trasformarsi in opere d’arte diventando in questo caso un interessante
arredo da giardino. Ecco che allora nasce a Castello Quistini l’idea di “Arte del Riciclaggio”, basata su un “manifesto
artistico” riassumibile in un solo punto: “Nulla si distrugge, tutto si ricicla!”
GIARDINI SIMBOLICI E PIANTE MAGICHE di Paola Maresca
l giardino, universo complesso, fin dall’antichità è stato concepito come corpus dalle profonde simbologie.
Nella stratigrafica allegoria del giardino, infatti, dove si declina la grammatica dei quattro elementi fondamentali terra,
acqua, aria e fuoco, sono rintracciabili più livelli interpretativi dai variegati assemblaggi: quello della simbologia delle
piante che vi sono coltivate, quello della composizione geometrica e della forma e infine quello degli apparati decorativi.
Se i complessi legami tra piante e astrologia avevano dato origine a quella sorta di alchimia verde, dove sull’incerto
confine tra magia e scienza, le indicazioni terapeutiche s’intrecciavano con quelle propriamente magiche, retaggio
di una sapienza ancora più antica, è con Nicholas Culpeper, erborista vissuto nella prima metà del ’600, ma anche
grande astrologo, che scienza delle piante e astrologia si uniscono in un grandioso connubio.
Negli studi di Culpeper, che recupera antichi saperi, dalle caratteristiche dei pianeti e delle costellazioni si derivava, in
base alle loro corrispondenze astrali, le proprietà officinali delle singole piante, conoscenza questa che ben presto si
perse tra le maglie dello scientismo del nuovo secolo.
Ma anche la stessa forma del giardino, declinata secondo i moduli di una geometria sacra, secondo il rispecchiarsi del
cielo, definisce uno spazio dalle segrete risonanze. Ne sono conferma i giardini monastici, dove si coltivava la sapienza
delle erbe, racchiusi in un quadrato simbolico e protetti da alte mura, a significare la segretezza della pratica ma anche
una magica difesa. In sostanza una sorta di microcosmo semantico dove le piante erano probabilmente collocate in
relazione alle loro ascendenze astrologiche per derivarne maggiore vigore e catturarne così i benefici influssi astrali.
Nel Rinascimento poi, con la riscoperta della Divina Proporzione e la serie armonica del Fibonacci, i disegni dei giardini s’informano secondo quelle geometrie significanti, che improntano la segreta armonia dell’universo dal regno
animale e vegetale fino a quello minerale.
La stessa dialettica dei quattro elementi, che sta alla base delle metamorfosi della natura e che affiora in frammenti
decorativi nello scenario di parchi e giardini, dà vita ad una intrigante e scenografica messa in scena in un crescendo
simbolico ispirato al filone esoterico.
D’altra parte, come in uno specchio, il giardino tout court, è stato utilizzato anche come metafora nel linguaggio alchemico, a convalidare, ancora una volta, questo stretto legame tra studio della natura ed elevazione spirituale. In
sostanza una sorta di “agricoltura celeste” che diviene allegoria della pratica alchemica.
I significanti apparati decorativi poi segnano, in una vertigine di simboli, i punti salienti di un cammino sapienzale,
che si snoda attraverso il giardino, come in una sorta di labirinto iniziatico e che rimanda analogicamente ai cosiddetti
“viaggi” o “prove” delle antiche iniziazioni, tramandatesi nel tempo attraverso i rituali delle consorterie iniziatiche.
Il giardino così macchina complessa emerge in un gioco di segreti intrecci e antiche assonanze distendendosi in accenti di bellezza e di poesia.
Nel nostro mondo attuale dove la funzione estetica e visiva ha preso il posto di altri valori, si rende necessario recuperare l’universo simbolico del giardino, che significa poi recuperare saperi dimenticati, esigenza questa che sotto
l’egida di nuove mode e correnti, si sta facendo prepotentemente sentire oggigiorno.