1000 euro al mese di Marco Volpe (Premio Speciale unico “Il

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1000 euro al mese di Marco Volpe (Premio Speciale unico “Il
1000 euro al mese
di Marco Volpe (Premio Speciale unico “Il risparmio”)
Motivazione: Uno stile composito, che tocca le diverse corde dell’espressione dei
sentimenti - da quella accorata a quella ironica, dalla passionale alla disincantata -,
caratterizza questa prosa, che vuole essere insieme epistola-confessione-testamento.
L’apparente immobilità del vivere quotidiano è colta mediante un occhio smaliziato sì ma
capace anche di trasmettere simpatia, compartecipazione, ansia mai repressa di riscatto
dalla mediocrità esistenziale, il tutto simboleggiato nel titolo, che occhieggia apertamente
ad una mitica canzonetta in voga ormai quasi un secolo fa.
È la solita vita.
Però è una vita diversa.
Nel senso che è la solita rincorsa però si corre con sistemi nuovi, e con scarpe (e su
strade e per rotte e tra sponde) nuove.
Prima di lavorare, che sono ormai quattr’anni (e mezzo?), progettavo siti web; avevo
iniziato per gioco e similpassione - come ho iniziato tutte le cose della mia vita, se vai a
vedere, you included - mettendo su un sitaccio per la mia squadra del cuore, che allora
primeggiava dappertutto mentre adesso è in serie B - perché le cose cambiano, my honey.
Finché un uomo con la barba, uno che conosci bene anche tu per averlo frequentato a
lungo e invano, mi segnalò un posto dove cercavano giovincelli talentuosi e malleabili.
Era un mattino d’ottobre. Mi credevo talentuoso e non sapevo cosa significasse
malleabile.
Andai.
E non è piccola, la sfida, querida, quando dopo due anni e forse mezzo, ti ritrovi a dover
tramutare la tua cultura web-oriented in piccoli esercizi di contabilità dentro una ditta di
import-export.
Comunque l’ho fatto: dopo un ultimo sito di forniture idrauliche andato a male, ho
incrociato un tizio buffo, uno che conosci anche tu per avergli fatto da segretaria tempo
addietro. M’ha proposto questa cosa, la sede è vicino casa, non serve un diploma da
ragionieri, basta esser svegli, e accontentarsi, e portare la cravatta, si attacca alle otto, il
guadagno dipende dalle entrate.
Se tu sapessi quanto costa, la vita, mia cara, ti comporteresti forse in maniera diversa
cogli uomini e colle storie. Anche se in realtà lo so che non è colpa tua ma invece sono i
tempi ad essere infami e le relazioni tra le cose ad essere mutevoli.
Come hai cercato di spiegarmi un altro mattino d’ottobre (che mese del cazzo), mentre
affilavo la matita col tuo temperamatite laccato in bronzo per segnarmi l’indirizzo di uno
psicologo.
...se potessi avere mille euro al mese, o novecento, o anche solo ottocento ma con la
certezza (a inizio mese) di averceli (a fine mese), allora sì che sarebbe dolce e senza
rughe guardare il lago di Garda, ricordarti con tenerezza, scrivere racconti brevi per i
concorsi letterari di tutt’Italia...
È la solita vita, a parte che tu mi hai lasciato dopo questo mezz’anno passato insieme che
ogni tanto fingo di dimenticare. Le cose cambiano, hai voglia a dire. Adesso ti distruggi di
shampoo presso una parrucchiera di Veronetta. E intanto spargi nell’aria un profumo
francese che non t’avevo mai sentito. E stai con uno di Bussolengo alto due metri che un
giorno mi proporrà un lavoro favoloso.
E hai in bocca una piega talmente perfetta e innaturale che quando la guardo mi viene da
chiederti dove sei tu di prima e cos’è successo nel frattempo.
In questo frattempo cattivo, in cui le piogge acide il piemmedieci e un uomo di Bussolengo
sono entrati nella nostra storia e ti hanno portato via (assieme alla lira, al mio penultimo
lavoro e a buoni trequarti della mia dignità).
Comunque, con la dignità avanzata, rimasta, ho riscosso i pochi denari che m’ha lasciato
nonna e ho riempito lo zaino con un mucchio di cose utili e un paio di accessorie, tra cui il
tuo temperamatite di bronzo laccato. Quindi sono andato in stazione perché ho paura di
volare e perché mi piaceva che lasciare il mio paese fosse un processo lento e senza
rabbia (come lentamente e senza rabbia ho lasciato tutte le cose della mia vita, se vai a
vedere, except for you). Mi sono fatto guidare dalle sensazioni del momento, dai romanzi
che ho letto da piccolo e un po’ dalla voce metallica dell’altoparlante.
Ho acquistato un biglietto, ho indovinato la cabina, ho chiuso gli occhi.
Adesso sto in Germania.
Servo le pizze in un ristorante italiano e certe volte lavo i piatti; non è un granché ma nei
romanzi che ho letto da piccolo si comincia così.
Ti penso spesso ma non piango mai.
Oppure piango ma con leggerezza e senza rumore.
Perché le cose cambiamo, querida.
Anche quando noi non vorremmo che cambiassero, esse cambiano.