CONTRASTI ELVETICI : la riforma della scuola

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CONTRASTI ELVETICI : la riforma della scuola
CONTRASTI ELVETICI :
la riforma della scuola elementare a Ginevra e a Zurigo
Norberto BOTTANI
Direttore del Servizio di ricerca sull’educazione
Dipartimento della Pubblica Istruzione, Ginevra
Come è ben noto, il sistema scolastico elvetico è un’astrazione. Infatti, poiché la Svizzera
è un paese federalista, essa non ha un ministero centrale della pubblica istruzione che
abbia autorità su tutto il territorio nazionale in campo scolastico. Da questo punto di vista si
può senz’altro affermare che non esiste un sistema scolastico elvetico. L’espressione è
impropria e quando la si utilizza si allude ad una costruzione artificiosa che non ha nessun
riscontro in Italia. Ogni cantone svizzero - ce ne sono 26 - è sovrano in matiera scolastica.
L’unico settore dell’ istruzione nel quale i cantoni non esercitano alcuna prerogativa è
quello della formazione professionale la cui regolamentazione, per ovvii motivi economici,
è di competenza dello Stato federale. I tentativi per coordinare un panorama scolastico
molto diversificato non sono mai mancati ma nonostante gli sforzi compiuti i questi ultimi
decenni i cantoni, che sono entità politiche relativamente esigue, conservano moltissima
autonomia nell’organizzazione dell’impianto scolastico, nell’elaborazione dei programmi
d’insegnamento, nella regolamentazione delle norme di passaggio da una scuola all’altra o
da un livello scolastico all’altro, nella scelta e nell’adozione dei libri di testo, ecc. ecc.
Questa autonomia cantonale è particolarmente forte a livello di educazione prescolastica,
in tutto il settore della scuola dell’obbligo e perfino, seppure in grado minore, nell’ambito
delle scuole secondarie superiori.
Questa premessa del tutto doverosa va però attenuata. Infatti, ad un osservatore
perspicace non può sfuggire la presenza di un ordito di fondo comune a tutti i microsistemi
scolastici cantonali. Purtroppo però, i cantoni elvetici, molto gelosi del loro impianto
federalista, sono parecchio riluttanti ad ammettere in primo luogo la presenza di indirizzi e
orientamenti comuni e soprattutto a promuovere ricerche comparate che permettano di
rivelare i complessi meccanismi che contribuiscono a fondere in un tutto relativamente
omogeneo un "puzzle" scolastico alquanto frammentato. Tutti continuano a coltivare
l’illusione di una grande autonomia, mentre invece è piuttosto vero il contrario. Larvate,
ancorché potenti pressioni, smussano, anno dopo anno, l’eterogeneità dell’impianto
scolastico federalista. Per queste ragioni, è difficile tratteggiare un quadro sintetico delle
tendenze di riforma in atto nel settore della scuola elementare in Svizzera. È preferibile
quindi concentrarsi sulla situazione vigente nei due principali poli economico-politici del
sistema elvetico, ovverosia su quanto succede a Zurigo e a Ginevra. Prima però di
informare il lettore italiano sulle riforme della scuola elementare in atto in questi due
cantoni è necessario soffermarci su due caratteristiche strutturali della scuola elvetica in
generale, per apprezzare convenientemente la grande differenza che intercorre tra questa
scuola e quella italiana.
Il primo elemento, di natura amministrativa, è stato rivelato dalle indagini internazionali
condotte in quest’ultimo decennio nell’ambito dell’OCSE sulle competenze decisionali
delle scuole. Orbene, dai dati raccolti si è potuto desumere che le scuole svizzere particolarmente le scuole elementari e le scuole medie - godono di pochissima autonomia
e sono quelle che hanno scarse competenze decisionali sia in materia di organizzazione
didattica che nel campo della gestione delle risorse, dell’organizzazione, della struttura
dell’insegnamento ed in quello della gestione del personale. Le scuole elvetiche possono
prendere in tutta autonomia un numero limitato di decisioni. In cambio, i mezzi attribuiti alle
scuole sono considerevoli. Cantoni e comuni non lesinano sugli investimenti per
l’istruzione, che però controllano in modo minuzioso.
La seconda osservazione preliminare riguarda l’aspetto finanziario. È infatti d’uopo
sottolineare che il sistema scolastico elvetico si colloca tra quelli più opulenti, come lo
dimostrano ampiamente gli indicatori sulla spesa dell’istruzione e gli investimenti scolastici
pubblicati da un decennio a questa parte dall’OCSE. I mezzi a disposizione delle scuole
elvetiche quindi non sono comparabili con quelli con i quali debbono fare i conti i docenti
italiani. In questo ordine di idee, un peso considerevole lo ha la rubrica delle spese per gli
stipendi. Nonostante la presenza di importanti squilibri fra i cantoni, in media i docenti
elvetici hanno la fortuna di collocarsi in vetta alla classifica mondiale degli stipendi
scolastici. Anche qui fa fede l’indicatore che l’OCSE ha più volte pubblicato a partire dal
1995. A scanso di equivoci va anche sottolineato il fatto che per confrontare le
rimunerazioni si è tenuto conto del costo della vita nei vari paesi. Questa invidiabile
situazione ha una conseguenza strutturale non affatto secondaria. Infatti, sempre se si
tiene conto di una situazione mediana piuttosto fittizia, non si può non constatare che nelle
scuole elvetiche il corpo insegnante è ancora ben lungi dell’essere femminilizzato come lo
è per esempio in Italia. In pressoché tutti i cantoni, anche in quelli molto urbanizzati come
Ginevra o Zurigo, la percentuale di uomini tra i docenti delle scuole elementari e medie
resta elevata.
Veniamo ora ai nostri due cantoni di riferimento, quello di Ginevra e quello di Zurigo. Nel
1995 è stata avviata a Ginevra un’innovazione mirante a modificare profondamente
l’organizzazione e il funzionamento della scuola elementare per fare in modo di
conseguire gli obiettivi fissati nella legge scolastica, ossia, :
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dare ad ogni allievo la possibilità di acquisire le migliori conoscenze e suscitare in ognuno il
desiderio permanente di imparare e di formarsi;
aiutare ogni alunno a sviluppare in maniera equilibrata la propria personalità, la propria
creatività nonché le proprie attitudini intellettuali, manuali, fisiche e artistiche;
preparare ogni alunno a partecipare alla vita sociale, culturale, civica, politica ed economica
del paese;
rendere ogni allievo progressivamente consapevole di appartenere a un mondo complesso;
tendere a correggere l’ineguaglianza delle opportunità di formazione.
Lo spunto per avviare questa riforma è stato dato dalla pubblicazione nel 1993 di una
ricerca che segnalava un deterioramento dei tassi di promozione degli alunni.
L’insuccesso scolastico, che era calato per tutto il periodo degli anni 70 (all’incirca tra il
due e il tre per cento degli alunni erano bocciati), ha ripreso a crescere tra il 1975 e il 1989
(W. Hutmacher : Quand la réalité résiste à la lutte contre l’échec scolaire. Ginevra,
Servizio della ricerca sociologica, Quaderno No 36, 1993). L’eco prodotta da questi dati ha
indotto le autorità a chinarsi sul problema e a proporre una riforma completa della scuola
elementare. Tra il 1995 e il 1998, quindici scuole volontarie hanno partecipato alla
sperimentazione di un nuovo tipo di scuola elementare in cui tutti gli alunni riescono ad
apprendere le conoscenze di base senza bocciature né ripetenze o trasferimenti nelle
classi speciali. Nel 1998-99, i risultati della fase sperimentale sono stati valutati da un
gruppo di esperti internazionali nonché dal servizio della ricerca in educazione del cantone
di Ginevra. Infine, nel gennaio di quest’anno, le autorità scolastiche hanno deciso di
generalizzare l’innovazione e di avviare una riforma globale di tutta la scuola elementare.
Prima di descrivere per sommi capi le caratteristiche di questa riforma è necessario fornire
alcune informazioni sulla scuola elementare ginevrina. Questa è della durata di otto anni :
inizia infatti a quattro anni e termina a dodici. I primi due anni non sono obbligatori, ma
sono frequentati praticamente dalla quasi totalità della fascia di età corrispondente. Nel
1998, nelle scuole elementari erano iscritti circa 31'000 alunni, ripartiti in 220 scuole,
suddivise in 1500 classi. La media di alunni per classe è di circa 20 alunni. Il numero totale
dei docenti di scuola elementare è di 2600 circa. Il costo pro capite di un alunno di scuola
elementare nel 1997 era di 14'271 franchi svizzeri (pari all’incirca a 15 milioni di lire).
Infine, occorre ricordare che questo sistema è ripartito su un territorio esiguo, quello che
circonda la città di Ginevra, al limite occidentale del lago Lemano. Tanto par dare un idea
della densità della rete di scuole, basti segnalare che per legge un alunno di scuola
elementare non può essere domiciliato ad una distanza superiore a 400 metri dalla scuola
che deve frequentare.
La riforma mira a trasformare questa densa trama scolastica, a modificare le abitudini di
lavoro, a instaurare nuove responsabilità tra i docenti e a generalizzare una didattica di
tipo socio-costruttivistico. Orbene, è logico che un progetto come questo susciti un
dibattito intenso e per certi versi anche passionale. Il corpo docente è per ora perplesso ed
in parte ostile, anche perché i problemi di conduzione della riforma sono tutt’altro che
semplici. I sindacati dei docenti sono tendenzialmente favorevoli, come lo è la principale
associazione dei genitori, ma tutti ritengono che senza investimenti importanti, per altro
improbabili, la riforma non sarà realizzabile. Per il momento, le autorità scolastiche sono
titubanti e cercano una soluzione appropriata che permetta di non sacrificare gli obiettivi
senza però aumentare le spese.
La riforma si appoggia su tre pilastri :
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L’individualizzazione dei percorsi di formazione : a tale scopo il progetto prevede di
suddividere il percorso scolastico in due cicli di quattro anni ciascuno (5-8 anni; 9-12 anni).
All’interno di ogni ciclo, non ci sarebbe più la possibilità di bocciare un alunno o di fare
ripetere l’anno scolastico. Gli alunni dovrebbero invece progredire secondo ritmi propri,
verso obiettivi di fine ciclo comuni. Questa struttura dovrebbe garantire una
individualizzazione degli apprendimenti e favorire l’attuazione di una pedagogia
differenziata, combinata con un potenziamento dell’azione pedagogica.
Il lavoro di gruppo dei docenti : il lavoro di gruppo acquista un’importanza particolare
quando si confida a un gruppo di docenti la corresponsabilità di condurre gli alunni
dall’inizio alla fine di un ciclo di quattro anni. Gli alunni non sono quindi più in mano ad un
solo docente ma vengono invece seguiti da una "équipe" pedagogica che assume
collegialmente le responsabilità di determinare il piano di formazione, di valutare il
progresso dell’alunno, e di decidere quali sono le iniziative più appropriate per fare in modo
che tutti gli alunni a fine ciclo conseguano gli obiettivi di apprendimento. Un siffatto
principio dovrebbere in teoria implicare la fine della classe tradizionale, ma per il momento
non sembra che le autorità scolastiche e i docenti siano pronti a compiere questo passo, che
per altro è probabilmente mal visto da una parte cospicua dell’opinione pubblica.
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L’alunno al centro dell’azione pedagogica : a questo fine i gruppi di docenti devono mettere
a punto una pedagogia differenziata, fondata su una valutazione formativa degli alunni e su
un dialogo permanente con le famiglie. Per conseguire questo obiettivo si sono
integralmente riscritti i programmi di insegnamento che sono ora articolati in cinque gruppi
disciplinari, per ciascuno dei quali si sono identificati gli obiettivi fondamentali da
conseguire alla fine di ogni ciclo.
Per il momento, la valutazione degli apprendimenti resta di competenza esclusiva dei
docenti. Discussioni sono in corso per impostare una valutazione esterna, che permetta di
fornire indicazioni oggettive sul funzionamento della riforma e di produrre indicazioni sui
risultati e gli effetti dei cambiamenti pedagogici a livello d’apprendimento degli alunni. Tra
l’altro, come lo fanno notare gli esperti internazionali che hanno valutato i risultati della
fase sperimentale, ben poco si sa sull’efficacia dell’organizzazione in due cicli
quadriennali. Nessun paese europeo ha finora condotto un’esperienza del genere. Sarà
quindi interessante seguire da vicino la riforma ginevrina per appurarne i risultati e
soprattutto per osservare come i docenti sapranno adattarsi ad una situazione che esige
da loro comportamenti professionali inediti. La riforma della scuola elementare è
accompagnata da una riforma parallela della formazione dei docenti di scuola elementare,
che ormai è svolta dalla facoltà di psicologia e di scienze dell’educazione dell’Università di
Ginevra. In questa riforma non si parla di autonomia degli istituti. Questa è indirettamente
promossa tramite la costituzione di "équipes" pedagogiche, ma questa autonomia si riduce
all’ambito organizzativo e didattico. L’autonomia nella riforma ginevrina non è né un mezzo
per conseguire un miglioramento della qualità, né un fine. È al massimo un effetto
collaterale. Nel contesto ginevrino, le scuole dovranno accontentarsi di esercitare, se lo
vogliano e se riescono a farlo, una certa autonomia nel campo didattico. Perno di questa
riforma è dunque la didattica ed il lavoro in classe, mentre invece sono lasciate in ombra le
condizioni istituzionali e sociali del cambiamento.
Il cantone Zurigo è il polo economico della Svizzera. Il suo sistema scolastico ha una
dimensione doppia di quella ginevrina. La scuola elementare dura sei anni ed inizia a sette
anni. Fino alla riforma scolastica ora in corso, l’educazione prescolastica era limitata ai
bambini di sei anni cioè all’anno precedente l’inizio della scuola dell’obbligo. In totale, le
scuole elementari zurighesi sono frequentate da circa 75'000 alunni, ripartiti in 3440 classi.
Anche a Zurigo la media di alunni per docente è di circa 20. Il corpo docente della scuola
elementare comprende 4500 persone. Gli stipendi sono leggermente superiori a quelli di
Ginevra per un costo della vita sensibilmente uguale nei due cantoni. Il costo pro capite
per alunno di scuola elementare è di circa 9400 franchi svizzeri all’anno, pari a
pressappoco dieci milioni di lire italiane. Anche a Zurigo, come a Ginevra, è in corso una
vasta riforma della scuola elementare che ambisce à rinnovare da cima a fondo un
sistema scolastico tradizionale che non riusciva più a tenere testa alla domanda educativa
di una società in piena trasformazione come lo è quella di un centro metropolitano postmoderno. Lo spunto per rinnovare la scuola dell’obbligo zurighese è diverso da quello
ginevrino. A Zurigo, si è partiti più da considerazione di ordine politico ed economico,
ispirate dall’ideologia del "new public management" che non da analisi pedagogiche. Gli
argomenti fatti valere per giustificare la riforma sono l’efficienza degli investimenti, il
miglioramento del rendimento delle scuole, l’aggiornamento dei curricoli, una ripartizione
diversa della responsabilità tra il cantone ed i comuni, a vantaggio del cantone ed a
scapito dei comuni. In questi due cantoni elvetici, che hanno deciso negli stessi anni di
rinnovare la scuola elementare, si sono quindi adottate impostazioni diverse. Certi temi al
centro della riforma zurighese sono del tutto improponibili a Ginevra. Un esempio
lampante è quello dell’autonomia. A Zurigo, come in Italia, l’autonomia delle scuole, la
competizione tra gli istituti, il salario al merito sono elementi centrali della riforma mentre
invece non lo sono affatto a Ginevra.
La riforma zurighese è imperniata attorno al concetto di scuola come "casa della
conoscenza". Ogni scuola dovrebbe tendere a diventare un luogo protetto, idealmente
un’oasi di pace, nel quale si coltiva l’amore del sapere, il piacere della conoscenza e dove
si va per imparare ad imparare. La metafora della casa è utilizzata per descrivere
l’organizzazione ed il funzionamento di un istituto scolastico. Questa immagine, molto
pregnante, evoca in maniera inequivocabile la tradizione pedagogica tedesca, le cui radici
risalgono, perlomeno, a Pestalozzi. Nella riforma zurighese si afferma che la "casa della
conoscenza" non può essere costruita che su fondamenta solide. Una casa in cui i
bambini vanno ad imparare non può essere che basate sull’autonomia. Il rinnovamento è
concepito come un restauro : si rinnova le facciata, il tetto e gli interni, perché alunni e
docenti, sono invitati non solo ad appropriarsi di questi spazi ma anche ad usarli e ad
occuparli in modo diverso. Nella metafora della casa, il tetto rappresenta le competenze
da promuovere per riuscire ad inserirsi nella società e più tardi nella vita attiva con una
preparazione adeguata. La riforma è articolata attorno a quattordici temi. Alcuni hanno
suscitato un grande dibattito non solo a Zurigo ma in tutta la Confederazione elvetica,
come per esempio quello di introdurre l’insegnamento dell’inglese a partire dall’inizio della
scuola elementare. Questa decisione viola il tabù della preferenza da accordare alle lingue
nazionali ed è percepita nelle altre parti della Svizzera come una minaccia per la solidità
della Confederazione. Una seconda decisione è l’adozione sistematica dell’informatica e
dei computer nell’insegnamento. Tra le proposte che sconvolgono una pedagogia
anchilosata, merita una citazione quella di integrare gli alunni con bisogni speciali nelle
scuole regolari. In questo caso si applica una normativa in uso in Italia già da tempo, ma
che in Svizzera, finora non era mai stata adottata. La novità più importante è costituita
dall’anticipo dell’obbligo scolastico a quattro anni che permette di integrare l’educazione
prescolastica nella scuola dell’obbligo e di generalizzarla. Con questa decisione si
conferma quindi la tendenza a prolungare la scolarità non a valle ma a monte delle
strutture scolastiche finora esistenti. Infine, a differenza di Ginevra, a Zurigo non si è
esitato a creare un servizio di valutazione della scuola , che è ritenuto indispensabile per
compensare l’autonomia attribuita agli istituti scolastici.
Questa sommaria descrizione di due riforme della scuola elementare in atto nella
Confederazione elvetica dà un idea della ricchezza e della varietà del dibattito sulla scuola
in corso in un paese noto per la qualità delle proprie istituzioni scolastiche, ma anche per
un certo conservatorismo. Il movimento in atto ridisegna il paesaggio scolastico attorno a
due poli : quello di Zurigo, che è il punto di riferimento di una gran parte dei cantoni
svizzeri tedeschi, e quello ginevrino, che è il centro di gravità dei cantoni di lingua
francese. Da un punto di vista scolastico, la Confederazione elvetica è lungi dall’offrire un
quadro omogeneo e coerente. Queste due riforme sono l’emblema di due diverse
interpretazioni della modernità che convivono proprio perché non esiste un sistema
scolastico elvetico, ma anche perché il paese resta profondamente diviso sul piano
culturale, nonostante il mito unitario che il discorso politico continua a coltivare.