Foro ellenico 1/2007

Transcript

Foro ellenico 1/2007
La grecia contemporanea
in un nuovo libro
I cinquant’anni dell’Europa unita
e i giovani greci
Quando la bellezza
non smette di stupire:
Amorgòs, Kalymnos
e le chiese bizantine di Atene
In Questo Numero
4
Devozione e spiritualità secondo la tradizione
di Giovanna Guidi e Gianluca Santoni
8
Kalymnos, l’isola degli arrampicatori
di Stefano Ardito
12 l’Ente del Turismo Ellenico un impegno costante
per far conoscere la Grecia
di Leandros Sklivaniotis
14 Il fascino discreto di Amorgos
di Alessandro Gilardini
Foroellenico Anno X n° 1 2007
pubblicazione bimestrale
a cura dell’Ufficio Stampa
dell’Ambasciata di Grecia in Italia
00198 Roma - Via G. Rossini, 4
Tel. 06/8546224 - Fax 06/8415840
e-mail [email protected]
In copertina:
Collaborazione giornalistica
Teodoro Andreadis Synghellakis
Hanno collaborato a questo numero
S. Ardito, R. Caparrini, A. Gilardini,
K. Gonì, G. Guidi,
C. Luciani, M. Mondelou,
C. Rossi Massimi, A. Nobile,
P. Saltalamacchia, L. Sklivaniotis
17 La Grecia Contemporanea
Perché un libro sulla Grecia
di Rudy Caparrini
22 A Trieste una nuova “casa”
per la cultura ellenica
di Teodoro Andreadis Synghellakis
24 La generazione greca dell’Unione Europea
di Kyriaki Goní
28 Il convegno internazionale di Atene:
Nikos Kazantzakis, Traduttore e tradotto
di Cristiano Luciani
31 Lì dove l’amore rapisce l’anima
Impaginazione
Enrico De Simone
Per le foto si ringrazia:
ANA (Athens News Agency),
V. Chatzijannis, G. Santoni,
“La Sindrome di Antonio”
di Claudio Rossi Massimi
33 Gli altri ellenofoni in Italia: “Εγω′ µιλα′ω ρωµαι′ικα”
di Policarpo Saltalamacchia
37 Calizza di Lindo
di Agostino Nobile
38 Gli dei multicolori
di Maria Mondelou
è possibile consultare la versione digitale
di Foroellenico presso il sito internet:
www.ambasciatagreca.it
dove potete trovare anche informazioni
sull’attualità politica e culturale della Grecia
Questo numero è stato stampato
presso il “Consorzio AGE”,
Via dei Giustiniani, 15 - 00196 Roma
41 La “Globalizzazione” della cultura
come conoscenza reciproca
di Teodoro Andreadis Synghellakis
editoriale
RICORDI E FUTURO
U
n nuovo viaggio nella Grecia più sorprendente: bellezza
antica, quasi nascosta, nel cuore di Atene e nelle sue
chiese bizantine. E gli sport, quasi estremi, a Kalymnos, l’isola
famosa per i suoi pescatori di spugne.
Un nuovo viaggio in compagnia di Foroellenico alla scoperta di
quella Grecia in grado di offrire turismo, di livello altissimo, a
tutti e tutto l’anno, senza mai annoiare grazie alla sua storia e
i mille volti del presente.
È La Grecia contemporanea, alla quale è dedicato il libro di
Rudy Caparrini, Vincenzo Greco e Ninni Radicini, presentato
dall’Ufficio Stampa dell’Ambasciata Greca nella sede della
Stampa Estera a Roma.
Tre autori per un volume che ripercorre la storia Greca nel periodo più recente, ma paradossalmente meno conosciuto, che va
dalla fine della dittatura dei colonnelli fino ai giorni nostri. Un viaggio nel tempo ricco di dati, una sorta di indagine scrupolosa realizzata con spirito di osservazione critico ma anche tanto ‘amore
ragionato’ per un Paese che sa sorprendere chiunque approfondisca il suo cammino nella democrazia. La presentazione del
libro, svoltasi alla presenza, tra gli altri, degli ambasciatori della
Grecia presso la Santa Sede, Stavros Likidis e della Repubblica
di Cipro, signora Athina Mavronicola, è stata una buona occasione per informare e discutere della Grecia contemporanea, ma
anche per emozionarsi e sorridere grazie anche ai ricordi ed ai
racconti del portavoce del governo Greco Evanghelos
Andònaros, una lunga carriera da corrispondente in prima linea,
e agli interventi dei giornalisti italiani Antonio Ferrari e Graziano
Sarchielli. Un incontro con la storia e con chi ama la Grecia perché la conosce.
Occasione di incontro anche le celebrazioni per i cinquanta anni
dalla firma dei Trattati di Roma; evento al quale ha partecipato
la Presidente del Parlamento Greco, Anna Benaki, che è intervenuta sul tema” i Parlamenti cuore della costruzione europea”,
e la gioia della gente dell’Europa nei Fori Imperiali a parlare,
conoscere, assaporare la cultura degli “altri” che poi siamo noi.
I cittadini dell’Europa Unita, già cinquantenne e così giovane.
Come sono giovani i partecipanti alla nostra piccola indagine
sulla generazione greca nata e vissuta nell’era dell’Europa
senza confini ma ancora oggi piena di incomprensioni e limiti.
Una realtà alla quale i giovani Greci vogliono avere voce, partecipare sempre di più per realizzare passi concreti e sogni.
Un futuro nell’Europa Unita dalle radici multiculturali nelle ‘terre
perdute’, come quelle degli italiani profughi di Smirne e approdati a Rodi dove, scrive con infinita nostalgia, Policarpo
Saltalamacchia “…le varie comunità, greca, turca, ebrea ed italiana diedero una inconfutabile dimostrazione di come comunità di popoli differenti per civiltà,credo religioso, usi e costumi,
possono convivere in pacifica e positiva concordia…”. Sullo
stesso argomento anche un racconto di Agostino Nobile, che
siamo felici di ospitare su Foroellenico perché le radici e i ricordi fatti di convivenza e integrazione sono l’anima della Grecia
ospitale che noi vogliamo farvi incontrare.
La stessa Grecia che incontra Claudio Rossi Massimi che nel
suo libro ‘La sindrome di Antonio’ attraversa la terra di Platone
nel periodo buio dell’oscurantismo dei colonnelli, guardando
l’animo dei greci con gli occhi limpidi e sognanti dell’adolescenza. La sua, come la nostra, adolescenza.
Buona lettura e buona estate
Viki Markaki
Foroellenico torna ad occuparsi dell’eredità forse più preziosa in dote alla Grecia, le sue bellezze paesaggistiche e naturali. Non solo mete turistiche tradizionali: le chiese bizantine di Atene, come ce le presenta
l’obiettivo di Gianluca Santoni e la descrizione di Giovanna Guidi. Un vero gioiello da scoprire, a cui dedicare più attenzione, in una città rinata grazie alle Olimpiadi del 2004. Dove la religiosità ortodossa trova la
sua massima espressione nel fasto dei riti, ma anche nella forza del silenzio, in un’intima comunicazione
con ciò che è “altro”. Ma anche l’isola di Amorgòs, con un itinerario di Alessandro Giardini. I suoi “kafeneia”, i panorami mozzafiato, la “Chora”, che rimane quasi intatta. Ed anche qui i monasteri - con le loro
immagini sacre - che si ergono a strapiombo sul mare. E per gli amanti dell’arrampicata sportiva, una sosta
a Kàlymnos, visitata da Stefano Ardito. Un’isola di pescatori di spugne che ha saputo conoscere e pian
piano aprirsi , apprezzare realmente gli amanti di questo sport, anche attraverso consistenti investimenti.
Un’isola che dista appena quaranta minuti da Kos, ma con una vocazione meno turistica, legata alle sue
rocce, ai suoi costoni, ai suoi panorami mozzafiato. Infine, un intervento del direttore dell’ufficio di Roma
dell’Ente del Turismo Ellenico, Leandros Sklivaniotis, al quale abbiamo chiesto di spiegarci come la Grecia
stia cercando di ampliare ancora maggiormente la sua offerta turistica, puntando tanto sulla sua tradizionale ospitalità, quanto sullo sviluppo di nuovi settori. E il nostro viaggio continua, alla ricerca di nuovi stimoli e nuove mete, pur consci del fatto che mai come in questi caso, nulla potrà sostituire, nulla potrà mai
“parlare ai sensi”, come l’esperienza in prima persona.
Devozione e spiritualità
secondo la tradizione
di Giovanna Guidi, foto di Gianluca Santoni
L
a Plaka, il cuore di Atene, un dedalo di viuzze brulicanti di botteghe,
taverne, venditori, sempre affollate di
gente di ogni tipo e nazionalità e animate a qualsiasi ora del giorno, da
sempre custodisce inestimabili tesori
architettonici. Si passeggia in questo
quartiere sospeso tra le pieghe della
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storia, con lo sguardo calamitato dalla
collina dell’Acropoli che lo sovrasta e
che non si può fare a meno di ammirare e dai numerosi monumenti di
epoca ellenistica e romana che si
incontrano ad ogni passo. Mentre procediamo concentrati a non farsi sfuggire nessuna di queste millenarie mera-
viglie, rischiamo di non dedicare la
meritata attenzione ad alcuni monumenti più discreti, meno antichi, ma
non per questo meno ricchi di storia e
di fascino: le chiese bizantine.
L’interno della chiesa
di Aghii Theodori
in Klafthmonos square
Sopra la chiesa di Kapnikarea
risalente all’XI sec. in Ermou Street
A destra, la chiesa di Agia Ekaterini
(interni) in galanou street vicino al
monumento di Lisicrate
Scampate al massiccio sviluppo urbanistico che negli anni `60 e `70 ha
cambiato il volto alla capitale, si trovano sparse in ogni recondito angolo,
alcune celate da un piccolo cortile,
altre soffocate da moderni edifici e
altre ancora affiancate dalle vestigia
dell’antica Grecia. A vederle, incastonate nel caotico tessuto urbano della
capitale, edificate in pietra e laterizi e
con le loro cupole aggraziate, sembrano dei modellini. Varcata la soglia, la
curiosità lascia il posto allo stupore.
Affreschi dai colori vivissimi ricoprono
interamente le pareti e i soffitti. I soggetti abbracciano l’intero universo cristiano: l’Antico e il Nuovo Testamento,
la vita dei santi, parabole e profezie. Al
culmine, nella cupola, il punto più alto
della chiesa, domina il Cristo
Pantocratore, dominatore del cielo, circondato da angeli e arcangeli. In
basso si affollano figure più terrene di
apostoli, santi e anacoreti. L’atmosfera
è carica di devozione. I fedeli ortodossi frequentano quotidianamente il tempio: entrano, fanno un giro attorno,
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Interni della chiesa di Aghios Nicolaos (AGIOS NICHOLAS
RANGAVAS) situata sotto il lato nord est dell’Acropoli tra
Pritaneiou ed Epicharmou street
baciano le icone e vi accendono
davanti le candele. Il movimento è
continuo. I ceri, appena accesi, devono essere tolti per far posto ai nuovi.
Venendo da piazza Syntagma la
prima che si incontra è la chiesa di
Kapnikarea. Sfuggita alla demolizione
due volte, la prima nel 1834, quando
vennero iniziati i lavori per la realizza-
zione dell’arteria commerciale Ermou
street, grazie all’interessamento di
Ludwig di Baviera e la seconda nel
1863, per l’intervento del vescovo di
Atene, è uno dei più importanti monumenti bizantini della capitale. Fondata
nel 1050 è la fusione di due cappelle
unite da un unico nartece. Poco
distante, superata la minuscola Agia
In basso particolari architettonici e decorativi
della chiesa di Kapnikarea in Ermou street
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Paraskevi risalente al periodo ottomano, un’unica stanza con volta a botte e
un delizioso pergolato che la precede,
si trova Agii Theodori (Klafthmonos
square). Sulla facciata due placche di
marmo testimoniano un restauro
dovuto ad un ufficiale amministrativo
dell’Impero Bizantino, tale Nikolaos
Kalomos e la data di probabile fondazione: anno 1065. L’anno di costruzione è stato confermato dagli esperti in
base alle caratteristiche architettoniche della chiesa. I muri esterni sono
ornati da un fregio, i cui elementi decorativi imitano l’antica scrittura araba
con la quale fu scritto per la prima
volta il Corano nella città di Kufa, nell’odierno Iraq. Simili decorazioni compaiono anche sugli esterni della coeva
chiesa di Agii Assomati, in Ermou
street, tra Monastiraki e Psirri. Con la
pianta a croce greca, le caratteristiche
quattro colonne e la cupola, la costruzione rispecchia le chiese bizantine
ateniesi di quel periodo. In privilegiata
posizione sul lato sud-est dell’Antica
Agora la chiesa di Agii Apostoli Solaki
è il solo monumento a parte il tempio
di Hephaestus (più noto come
Theseion), ad essere rimasto intatto
dall’anno della sua fondazione.
L’edificio risale al X secolo ed è la
Sopra la chiesa dei Santi Apostoli,
risalente al X secolo, si trova a sud
dello Stoa di Attalo, nell’angolo
sudest dell’Antica Agora
prima chiesa significativa del periodo
medio Bizantino e la prima ad essere
definita del tipo ateniese. Fu costruita
sulle fondamenta di un ninfeo del II
secolo. Ritrovamenti archeologici e
testimonianze scritte indicano che la
chiesa subì alcuni danneggiamenti nel
1687 durante la guerra tra gli Ottomani
e i Veneziani. Nel XVIII sec, quando fu
restaurata, nuovi affreschi vennero
aggiunti. Accanto alla nuova cattedrale
di Atene la piccola Panagia
Gorgoepikoos, meglio conosciuta
come Mitropolis ( piccola cattedrale), è
unica. Fu costruita nel XII secolo utilizzando materiali di antiche costruzioni
greche, romane e paleocristiane. É
quasi interamente in marmo. Pietre e
mattoni furono impiegati soltanto per
la cupola. La varietà dei fregi è particolarmente interessante. Vi sono
marmi scolpiti del IX e X sec. con disegni di origine orientale come animali,
piante, l’albero della vita e immagini
della tradizione popolare. Si distinguono anche scene scolpite dei Giochi
Panatenaici, dei trionfi romani e altre
di origine bizantina con sfingi e forme
Chiesa di Kapnikarea, interni
geometriche. Per “cristianizzare” tutto
l’insieme di questi simboli pagani, furono aggiunte croci scolpite tra una
scena e l’altra. Vicino al monumento di
Lisicrate si trova la chiesa di Agia
Ekaterini, con pregevoli affreschi e
un’interessante icona di Santa
Caterina. In Anafiotika, un gruppo di
case di sapore cicladico aggrappate
sul fianco nord dell’Acropoli, sono
quattro le chiese bizantine, una delle
quali, Agios Joannis Thelogos, conserva affreschi del XIII sec. e due colonne
di epoca romana. Dopo aver ammirato
la minuscola Metamorfosi Tou Sotiros,
dell’XI sec. e Agios Nicholas
Rangavas con una bella iconostasi
lignea, si giunge ad Agii Anargyri
Kolokinthi, del XVII sec., luogo di
sepoltura dell’importante famiglia
Palaiologo. In questa chiesa l’atmosfera è carica di devozione e spiritualità,
forse perché, secondo la tradizione, lo
Spirito Santo da Gerusalemme giunge
qui la notte prima della domenica di
Pasqua.
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KALYMNOS,
L’ISOLA DEGLI ARRAMPICATORI
Testo e foto di Stefano Ardito
D
alla grande grotta di Kalymnos lo
sguardo spazia sull’Egeo. Verso
l’orizzonte si allunga il promontorio di
Emboriòs, alle sue spalle appaiono le
alture di Leros. Pendii di erba e sassi,
percorsi da capre al pascolo, scendono verso le case di Masoùri e il mare.
Di fronte si alza l’isola rocciosa di
Telendos. Sul mare increspato dal
vento passano le barche dei pescatori. Tra le rocce e il mare sorge una
chiesetta bianchissima.
La somiglianza con le altre isole greche finisce qui. L’autunno sta per
lasciare il posto all’inverno, ma
Kalymnos è ancora piena di turisti.
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Invece che con maschere e pinne
vanno in giro con corde, imbragature
e moschettoni. Come i bagnanti dell’estate arrivano da ogni angolo
d’Europa, e poi dagli Stati Uniti e
dall’Australia. In nove anni l’isola,
famosa per i suoi pescatori di spugne, è diventata una delle mète più
amate dagli arrampicatori in tutto il
mondo.
“Il primo a scoprire queste pareti è
stato il romano Andrea Di Bari” racconta Aris Theodoropoulos, l’arrampicatore ateniese che ha tracciato molti
itinerari su queste rocce e ha scritto
la guida alle pareti di Kalymnos. “E’
arrivato nell’estate 1996 in cerca di
mare e sole, si è accorto che il calcare è straordinariamente solido, è tornato e ha chiodato le prime vie. A rendere famosa l’isola, oltre al passaparola tra gli appassionati, è stata la
stampa specializzata: Alp in Italia,
Rotpunkt in Germania, Climbing negli
Stati Uniti. Oggi gli itinerari sono un
migliaio”.
Da quando esiste l’arrampicata sportiva, quella che a volte viene chiamata free climbing, i suoi praticanti e gli
alpinisti classici s’incontrano solo in
rare occasioni. Ma il sole e il calcare
di Kalymnos hanno fatto mischiare le
due tribù. Hanno tracciato nuove vie
su queste rocce autori di grandi vie sul
Monte Bianco come lo svizzero Michel
Piola e i francesi Patrick Gabarrou e
Catherine Destivelle, specialisti di grandi pareti calcaree
come il marsigliese François
Guillot e i fratelli svizzeri Yves
e Claude Rémy, campioni di
arrampicata sportiva come
l’americano Dave Graham e il
francese François Legrand.
Dall’Italia, dopo Di Bari, sono
arrivati il trentino “Manolo”
Zanolla, autore di molti exploit
dolomitici, e il bergamasco
Simone Moro protagonista di
grandi ascensioni himalayane. Insieme a loro sono sbarcati a Pòthia centinaia di
arrampicatori “normali”, spesso con bambini al seguito, che
hanno iniziato ad affollare gli
alberghi, le camere in affitto e
i ristoranti di Masoùri, di
Myrtiès e degli altri villaggi ai
piedi delle rocce.
“Il bello di Kalymnos è che si
può arrampicare tutto l’anno.
Le stagioni migliori sono la
primavera e l’autunno, d’inverno sulle pareti esposte a sud
si può scalare in maglietta.
D’estate c’è vento, e molte
pareti sono all’ombra per
buona parte della giornata. Si
arrampica al mattino e al tramonto, e
nelle ore più calde si fa il bagno” sorride Aris Theodoropoulos.
Se i climber di mezzo mondo hanno
fatto presto a innamorarsi di
Kalymnos, per i 17.000 abitanti dell’isola il processo è stato più difficile.
“Questa è un’isola chiusa, tradizionalista, poco toccata dal turismo
balneare, che ha ottenuto un
aeroporto solo nello scorso
agosto. Migliaia di isolani
sono emigrati a Kos, ad
Atene o in Australia” spiega
Yorgos Roussos, professore
di matematica e sindaco di
Kalymnos.
“All’inizio la gente dell’isola
non capiva questi giovani
vestiti in maniera strana e
che andavano in giro con lo
zaino. Qualche affittacamere
non li voleva proprio. Poi li
abbiamo conosciuti, abbiamo
scoperto che molti sono professionisti o imprenditori, li
abbiamo accolti a braccia
aperte. Nell’ultimo anno, per
promuovere l’arrampicata,
abbiamo speso 150.000
euro” continua il primo cittadino.
Kalymnos, d’altronde, è
molto diversa da Kos, che
dista quaranta minuti di traghetto, o da Rodi dove si arriva in un’ora e mezza di aliscafo. “Loro hanno le spiagge, gli alberghi, i charter da
tutta Europa. Noi puntiamo
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su arrampicata, trekking, speleologia
e immersioni. Vogliamo riaprire le
terme nate quando, dal 1912 al 1944,
l’isola è stata possedimento italiano”
conclude Roussos.
“C’è stato molto lavoro da fare”
aggiunge Katerina Klonari, vulcanica
responsabile dell’ufficio turistico di
Kalymnos. “Nei primi anni qualcuno
non voleva gli arrampicatori, altri
hanno cercato di sfruttarli facendoli
dormire in camere senza letti, o in
tende piantate nel giardino. Prima di
promuovere le pareti dovevamo
garantire la qualità dell’accoglienza”.
Della qualità del calcare di Kalymnos,
invece, non si è mai lamentato nessuno. Se gli strapiombi della dolina di
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Sikati e della Grande Grotta (scoperta da Andrea Di Bari, e quindi con un
nome italiano) offrono ai climber di
alto livello vie tra il 7a e l’8c della
scala francese, tra il nono e il decimo
grado classico, le pareti di roccia grigia hanno permesso di aprire centinaia di vie alla portata di molti.
Sulla sicurezza di chi scala vegliano
Nikos Iatropoulos e l’ufficio municipale per l’arrampicata, che non ha eguali a Finale Ligure, a Sperlonga e negli
altri santuari dell’arrampicata nostrana. Ogni anno i chiodi e i moschettoni
di calata di tutte le vie vengono controllati, e se è necessario sostituiti. Da
qualche anno, al Comune di
Kalymnos, dà una mano la Petzl uno
dei più importanti produttori di materiali da alpinismo del mondo.
“All’inizio abbiamo fornito del materiale, nel 2004 abbiamo inviato due
arrampicatori, spesati e stipendiati da
noi, ad aprire vie nuove. Nello scorso
ottobre abbiamo sponsorizzato il Roc
Trip, un raduno cui hanno partecipato
quindici tra i migliori climber del
mondo e seicento dilettanti” spiega
Laurent de la Fouchardière, responsabile
comunicazione
di
Petzl.
“Investiamo a Kalymnos perché è
bella, la roccia è fantastica, le strutture
ricettive sono buone. Il nostro messaggio, da qui, arriva in tutto il mondo”.
Così, nel Roc Trip di ottobre, mentre gli
arrampicatori “normali” si spostavano
da una parete all’altra, i big si sono
concentrati sulle nuove e strapiombantissime vie (quella degli uomini era
di 8c, undicesimo grado) della dolina
di Sikati. Alcuni di loro, come lo spagnolo Dani Andrada, il californiano
Chris Sharma e la slovena Martina
Cufar sono riusciti, altri no. Tutti si sono
divertiti, e hanno promesso di tornare.
“Ho arrampicato in tutto il mondo, pochi
posti sono così affascinanti” spiega il
bavarese Alex Huber, che ha compiuto
straordinarie imprese in Patagonia,
sulle Dolomiti e in Karakorum, e che è
stato più volte indicato da Reinhold
Messner come il migliore alpinista del
mondo. “Amo le grandi pareti, mi piace
arrampicare qui al sole. Spero che
qualche giovane, dopo essersi divertito
su queste rocce, porti la sua classe e
la sua voglia di fare sulle grandi pareti
del mondo”. Da Kalymnos alle Tre
Cime il passo è breve.
Da “Specchio” de La Stampa
del 13 gennaio 2007
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l’Ente del Turismo Ellenico
un impegno costante per far conoscere la Grecia
Leandros Sklivaniotis -
Direttore dell’Ufficio dell’Ente del Turismo Ellenico di Roma
F
per migliorare la sua visibilità internazionale ed aprirsi all’interesse del
grande mercato asiatico e dei Paesi
emergenti dell’Est-Europa.
Ma per un paese che offre un prodotto balneare così ambito e articolato,
una delle principali priorità è quella di
riuscire a superare lo schema del turismo strettamente limitato alla stagione
estiva.
Quindi, per riuscire a proporre la
Grecia dodici mesi l’anno ed uscire
dal binomio stereotipato di “sole e
mare”, bisogna dare un nuovo grande
slancio all’offerta, con formule
tematiche che incontrino la
domanda internazionale,
assieme a forme di turismo alternativo.
Una formula, su cui si
punta molto in questo
momento, proprio perché in forte ascesa nel
panorama di viaggi
europeo, è quella degli
short break a cui è stato
ar entrare la Grecia tra le prime
cinque destinazioni turistiche del
mondo. È uno degli ambiziosi obiettivi
che si pone Fani Palli-Petralia, attuale
Ministro del Turismo, che aspira
anche a registrare nel 2007 un record
pari a 16 milioni di visitatori, dopo i 15
dello scorso anno. E proprio l’investimento di 40 milioni di euro, (quasi il
doppio di quanto stanziato negli ultimi
anni), da parte del Ministero per promuovere il Paese all’estero, testimonia l’importanza che il turismo riveste
per la Grecia. Le entrate arrivano a
toccare quasi i 12 miliardi di
euro l’anno - il 18% del PIL garantendo bel 800.000
posti di lavoro.
La decisione di predisporre il suo portale
www.visitgreece.gr in
ben dieci lingue - incluse quelle dell’estremo oriente - conferma che la Grecia si
sta
attrezzando
12 foroellenico
dedicato dedicato il “City Break Expo”,
organizzato ad Atene dall’11 al 13
Giugno 2007. Un workshop d’affari,
che supera il normale format della
fiera commerciale e sulla scia del successo riscosso dalla prima edizione
del 2006 di Helsinki candida la capitale greca a diventare una delle mete
preferite dal turista europeo per brevi e
lunghi weekend, grazie alla possibilità
di esplorare l’eredità storica, scoprendo allo stesso tempo i mille volti del
presente.
Inoltre, Atene ha recentemente ospitato anche la finale di calcio di
Champions League e la Final Four
della Euroleague di Basket. Se oggi la
Grecia può permettersi di gestire
avvenimenti sportivi di così grande
risonanza lo deve soprattutto ai
Giochi Olimpici del 2004, che hanno
contribuito non solo a cambiare il volto
di Atene e di altre zone del Paese, ma
hanno anche rivalutato le potenzialità
del Turismo Sportivo come forma
alternativa grazie al vasto numero di
strutture realizzate per l’occasione e
lasciate in eredità. Anche il primo
ministro Costas Karamanlìs, riferendosi all’espansione del settore turistico, ha recentemente sottolineato: “Il
2004 è stato un anno cruciale per lo
sviluppo del turismo greco. I sensazionali Giochi Olimpici che abbiamo
vissuto, sono stati abbinati all’elaborazione di una dettagliata politica per il
turismo. Il successo dei Giochi ha
fatto arrivare in tutto il mondo l’immagine della Grecia contemporanea. Ha
dato slancio alla Grecia della Storia e
della Cultura. Ha promosso la Grecia
della sicurezza e dell’ospitalità. Ha
creato un’eredità polisemantica,
materiale e immateriale, lasciando
grandi strutture in dote al turismo”.
E per l’appunto: la Grecia desidera
espandersi anche in nuovi campi.
Anche l’alta qualità delle strutture
congressuali, di cui oggi il nostro
paese dispone, contribuiscono a renderlo competitivo nel quadro professionale internazionale. Soprattutto,
però, la sua storia, la cultura, l’arte,
la posizione geografica, la mitezza
del suo clima, la bellezza delle isole
ne fanno una meta, dove è possibile
“esplorare i propri sensi” (per citare
lo slogan dell’ultima campagna pubblicitaria internazionale 2007 che
viaggia sugli autobus di Roma e i
mezzi pubblici di Milano) e trasformare un viaggio d’affari, un meeting
internazionale o una convention in
un’“esperienza” diversa rispetto alle
più classiche destinazioni del turismo congressuale.
Non a caso, a Marzo di quest’anno è
stato organizzato ad Atene un educational tra PCO Italia - Italcongressi e
Hapco (Hellenic Association of
Professional Congress Organizers),
mirato proprio a far
conoscere il nuovo volto della capitale ellenica.
Questo slancio, questo
rinnovamento, di cui la
Grecia è protagonista,
si riscontra non solo
nelle fiere a carattere
spiccatamente professionale, dove è ormai
presente da anni, ma
anche nelle iniziative
più originali, che il
nostro ufficio di Roma,
ha intenzione di organizzare nel prossimo
futuro. Parliamo di
eventi tematici o settimane promozionali attraverso la rete delle
grandi librerie, come è
gia avvenuto in alcune
città italiane.
Ci riferiamo alla partecipazione dell’Ente del
Turismo Ellenico, lo scorso Marzo,
per quattro giorni, a “Globe in the
City”, con uno Stand informativo in
una delle principali piazze di Roma a
diretto contatto con cittadini e turisti.
Ma anche alla recente Giornata greca
del 30 Aprile organizzata a Firenze
presso la sede della Regione Toscana
per incontrare la stampa, gli agenti di
viaggio e gli operatori locali. L’obiettivo
era quello di iniziare a far conoscere
le varie realtà turistiche regionali per
da far fronte a quelle che sono le
diverse esigenze del mercato.
Ritornando alla Città Eterna, non vorremmo dimenticare la manifestazione
di tre giorni all’Outlet di Valmontone,
(centro commerciale alle porte della
capitale) con la partecipazione, oltre
che nostro Ente, anche di numerosi
operatori del settore interessati a promuovere i loro cataloghi in previsione
della stagione estiva.
L’Ente del Turismo Ellenico, sia a
Roma che a Milano, è a disposizione
di tutti gli amici italiani. Promettiamo
un impegno ancora maggiore nel fornire informazioni a tutti gli amici italiani che vogliano scoprire ancora più a
fondo o iniziare a conoscere il nostro
paese, ma anche nel sostenere il lavoro degli imprenditori, degli operatori e
degli agenti di viaggio, riservando una
particolare attenzione ai rapporti con
la stampa e naturalmente, ai lettori di
Foroellenico.
La nostra disponibilità, è il nostro
miglior biglietto da visita.
La finale di Champion League 2007 vinta
dal Milan allo Stadio di Atene
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Il fascino discreto
di Amorgos
di Alessandro Gilardini - Vicecaporedattore esteri del TG5,
foto di Enrico Pallini
F
ino ad una decina di anni fa ci si approdava più
per caso che per scelta, fatto sta che invece oggi
questa lunga e stretta striscia montuosa, che emerge
dalle acque ai confini delle cicladi, continua a guadagnarsi, un’estate dopo l’altra, un numero sempre
maggiore di estimatori.
Amorgos è così: timida al primo approccio quanto
incredibilmente generosa con chi dimostri la pazienza di adeguarsi ai suoi ritmi.
117 km di perimetro roccioso cosparso di calette e
insenature, 55 km di lunghezza per una larghezza
che varia dai 2, nel punto più stretto a ridosso del
porto principale di Katapola, ai 6, nella regione
montana a Nord dello scalo di Aygiali. Quest’isola
raggiungibile solo via mare mantiene inalterato il
suo fascino di bellezza naturale e di oasi di quiete
anche in quei periodi estivi altrove congestionati di
turisti.
Del resto proprio le caratteristiche morfologiche
delle sue coste, spiaggie di sabbia pressocché inesistenti se non in coincidenza con i due porti, e la
14 foroellenico
quasi totale mancanza di mondanità e vita notturna,
determinano un’immediata selezione naturale nella
tipologia del frequentatore di questo paradiso. Si
tratta perdipiù di viaggiatori nord-europei, escursionisti, instancabili camminatori, giovani coppie con
bimbo nello zaino al seguito, qualche comitiva di
francesi che hanno conosciuto Amorgós sull’onda
del succeso del film “le grand bleu” di Luc Besson
girato proprio qui, e ruvidi velisti ormeggiati nella
conca naturale del porto di Katapola. È qui che
ferve la vita quotidiana dell’isola più che nella splendida Chora sovrastante (6 km per 10 minuti di autobus).
Sempre bella e rilassante la passeggiata che attraversa tutto il lungomare di Katapola: taverne, piccoli
bar, negozietti di artigianato.
E per chi volesse godersi al tramonto il panorama del
porto consigliamo di proseguire il cammino verso Est
fino a lasciarsi alle spalle le ultime case del borgo ed il
cimitero. Quindi risalendo la riva del lungo fiordo che
scende verso Katapola, si può il promontorio che si
affaccia sul porto inquadrandolo in tutta la sua dolcezza.
Dal mare la Chora resta
comunque sempre nascosta.
il villaggio, fondato nel 9
secolo d.C., è raggiungibile
anche a piedi, salendo dal
porto lungo un vecchio sentiero (considerate almeno
un’ora di cammino).
Pittoresca la posizione del
borgo, appoggiato su un
costone di roccia davanti ad
una profonda vallata protetta
dai venti orientali da una
lunga collina disseminata di
mulini a vento.
Una Chora rimasta quasi
completamente intatta e fortunatamente immune dai
pesanti ed invasivi segni della
modernità.
Godetevi silenzi ed atmosfere
d’altri tempi seduti al tavolo di
un vecchio Kafenion con un libro ed una bevanda fresca.
Ma le sorprese dell’isola sono ancora tante.
Superata la collina dei mulini, l’isola offre i suoi gioielli più preziosi.
Subito all’uscita del paese la strada asfaltata vi porterà ad un panorama mozzafiato: pareti di roccia che
sprofondano in un mare blu cobalto, l’insenatura e le
limpide calette di Aghía Anna e, a custodire e proteg-
gere tanta bellezza, il monastero della panagia
Chozoviotissa.
L’incredibile luogo di culto, che appiccicato alla montagna si erge a strapiombo sul mare, fu eretto da
Alessio I nel 1088 e conserva la famosa icona della
Vergine che sarebbe giunta fin qui dalla Terra Santa.
La strada prosegue poi arrampicandosi lungo la costa
e scivolando giù versa la piana meridionale dell’isola,
ma,prima di raggiungere i paesini di Kamari, Vroutsi e
foroellenico 15
Arkesini, consigliamo qualche
sosta in quelle che sono le più
belle calette dell’isola. La
comoda spiaggia di ciotoli di
muros con taverna e quella più
difficile da raggiungere di
amudi dove vi consigliamo di
arrivare con una buona scorta
di acqua e un tendalino parasole.
Sul lato opposto, collegato alla
chora da una strada panoramica che si snoda tra curve, salite
e discese lungo tutto l’asse longitudinale dell’isola, sorge il
secondo porto di Amorgos:
Aygiali.
Divenuto famoso verso la
metà degi anni ´70 tra le
comunità hippies nordeuropee per le sue spiagge e per
l’assoluto isolamento, il porticciolo è invece ormai divenuto il principale polo turistico
dell’isola.
Qui, risparmiando Katapola e
la Chora, sono stati costruiti
complessi alberghieri all’avanguardia e guest-house
dal sapore più familiare.
Più delle spiaggie che si aprono sull’insenatura del
porto, proprio di fronte alla cittadina e all’ormeggio
dei traghetti, meritano una visita i paesini che spuntano dai monti che si affacciano sul golfo come
16 foroellenico
Potamós subito sopra ad Aygiali da dove si può
intraprendere il cammino della vecchia mulattiera
che arriva fino alla Chora (2-3ore).
Belli e suggestivi per un aperitivo al tramonto o una
cena con spettacolare vista su tutta l’insenatura di
Egiali anche i villaggi di Tholaria e Langhada.
foto di Vasilis Chatzijannis
Trent’anni di Grecia
La storia contemporanea della penisola ellenica tra il 1974 e il 2006
I
l volume “La Grecia contemporanea: 1974-2006” è stato presentato
il 20 aprile nella sala conferenze
dell’Associazione Stampa Estera in
Italia. Oltre agli autori, Rudy Caparrini
e Vincenzo Greco, hanno preso la
parola, il portavoce del governo greco
Evanghelos Andònaros, lo storico
Grigoris Psallidas, dell’università dello
Ionio ed i giornalisti Antonio Ferrari e
Graziano Sarchielli. “I greci sono stati
capaci di organizzare un’ ottima
Olimpiade, malgrado i sospetti e a
volte, la malafede dei giornali stranieri, specie anglosassoni”, ha sottolineato Antonio Ferrari. Ha voluto poi
ricordare che “un inviato del New York
Times, giunto ad Atene per occuparsi
di eventuali falle al sistema di sicurezza dei Giochi, è dovuto rientrare a
casa anzitempo, per mancanza di
materia prima, di avvenimenti nefasti
da riportare”. L’inviato del Corriere
della Sera non ha tralasciato di riferirsi anche alle grandi opere completate
in occasione delle Olimpiadi, come la
metropolitana di Atene - “tenuta in uno
stato esemplare”, e la Attikì Odos, che
collega la capitale greca all’aeroporto
Eleftherios Venizelos. Prendendo in
prestito la definizione dello storico
Antonis Liakos ha poi aggiunto:
“penso si debba fare riferimento a tre
grandi riformatori, della Grecia
moderna. Kostantino Karamanlìs, che
ha portato il paese nella Comunità
europea, Andreas Papandreou, che
ha portato al potere classi sino ad
allora escluse, e Costas Simitis, che
con uno stile completamente diverso,
ha dato serenità alla vita politica del
paese”.
Il portavoce del governo ellenico
Evanghelos Andonaros, ha ricordato
che “Non si deve dimenticare che la
dittatura dei colonnelli (1967- 1974) è
caduta, lasciando dietro di sé solo
macerie. Malgrado ciò, dal momento in
cui Kostantino Karamanlìs ha assunto,
nel corso della drammatica estate del
1974, il governo del paese, la democrazia non ha mai corso pericoli, neanche per un momento. Al contrario: il
consolidamento del multipartitismo ed
il ricambio dei partiti al potere, in condizioni di assoluta normalità, nel quadro della repubblica parlamentare, ha
creato il clima adatto, che ha permesso alla Grecia di definire i suoi obiettivi e di divenire una potenza regionale
ed un affidabile partner europeo, sia
sul piano economico che politico”.
Da parte sua, lo storico Grigoris
Psallidas, nella sua analisi, ha sottolineato: “nelle lezioni, all’Università dello
Ionio, mi fermo agli anni 1989-90, sia
per quel che riguarda la storia greca,
che quella europea. Per motivi diversi.
Nel 1989 - nei dieci mesi che vanno dal
foroellenico 17
foto di Vasilis Chatzijannis
giugno del 1989, all’aprile del
1990, pensiamo che la vita politica greca, la vita parlamentare
greca abbia conosciuto una
accentuata «italianizzazione»,
per due motivi. Uno è stata l’instabilità di governo, ed il secondo, il cosiddetto «compromesso
storico». Un compromesso storico a la greca”.
Il professor Psallidas ha aggiunto che la Grecia sta attraversando la sua quarta repubblica, e
che il 1989 ha costituito la prova
di resistenza più dura, per il
sistema politico greco. “il compromesso storico in questione,
tra il centro destra di Nuova
Democrazia e la sinistra di
Synaspismos (costituita da
comunisti filosovietici e da eurocomunismi) ha obbligato il partito al potere sino a pochi mesi
prima, il Pasok, ad aprire un
dialogo, una volta all’opposizione, in base a termini politici. Ed è per
questo che pensiamo si sia imposta, in
seguito, la cosiddetta «tendenza riformatrice», espressa da Kostas Simitis
dopo il 1996, che ha proseguito sul
piano della politica estera e su quello
economico, la politica che non era
stata portata a termine da Nuova
Democrazia nel 1993”.
Graziano Sarchielli, inviato del
“Giorno” ad Atene, nei giorni che portarono alla caduta del regime dei
colonnelli, ha ricordato la difficoltà,
che oggi possono apparire irreali, nel
poter comunicare con l’Italia, dall’albergo Grande Bretagne, di piazza
Syntagma.
Un aneddoto che ha voluto citare,
riesce a far capire come sia cambiato il lavoro del giornalista, anche in
situazioni di estrema difficoltà, negli
ultimi trent’anni: “aspettavamo anche
una giornata intera per poter parlare
con Roma, e non mai scorderò le
lacrime del collega Bernardo Valli,
che aveva scritto dei pezzi bellissimi,
che però non riuscì mai a dettare”.
Perché un libro sulla Grecia
L
a prima volta che ho pensato di
realizzare questo volume risale al
gennaio 2004. Tale idea maturò dentro di me mentre stavo leggendo il
libro La lezione spagnola, scritto dal
sociologo iberico Victor Perez-Diaz
(con una lunga prefazione di Michele
Salvati) e pubblicato da Il Mulino. Tale
opera, che spiegava molto bene
come la Spagna fosse passata dalla
dittatura alla democrazia nel volgere
di pochi anni, mi suggerì una serie di
analogie con la Grecia, paese mediterraneo con parecchi punti di convergenza con la penisola iberica.
La Grecia, come la Spagna e anche
Portogallo, è una democrazia molto
18 foroellenico
giovane rispetto
agli standard europei
occidentali.
Atene, Madrid e
Lisbona
hanno
visto crollare i
rispettivi regimi dittatoriali solo a
Rudy Caparrini
metà degli anni ‘70
(1974 per Grecia e
Portogallo, 1975 la Spagna). Parecchi
giornalisti italiani di grande rilievo, per
tutti cito Beppe Severgnini del
Corriere della Sera, hanno avuto
occasione di affermare che Grecia e
Portogallo si somigliano molto. Non
posso esprimermi al riguardo poiché
foto di Vasilis Chatzijannis
di Rudy Caparrini
non sono mai stato in Portogallo.
Posso, invece, confermare le analogie
esistenti tra Grecia e Spagna, nazioni
che conosco bene per il fatto di averle visitate entrambe agli inizi degli
anni ’90, per la prima volta, per poi
tornare in più occasioni. Si tratta di
due Stati che sono cresciuti in modo
rilevante in questo periodo.
In Italia si parla molto della Spagna,
abbastanza del Portogallo mentre la
Grecia gode di scarso interesse. Il
solo testo in lingua italiana dedicato
al paese ellenico è Storia della
Grecia moderna dell’inglese Richard
Clogg, professore emerito al St.
Anthony’s College di Oxford. Un libro
di elevato spessore scientifico, opera
di uno di un insigne studioso della
storia ellenica. Il limite del libro di
Clogg, tuttavia, consiste nel fatto che
narra gli eventi solo fino al 1996.
Pertanto, il volume esclude gli otto
anni di governo di Costas Simitis
(1996-2004), tra quelli che hanno
cambiato il volto del paese.
Ebbi occasione di verificare i progressi compiuti dalla Grecia nel mese
di ottobre 2003, quando mi recai per
una breve vacanza ad Atene insieme
a mia moglie, in occasione del nostro
primo anniversario di nozze. La città
era piena di lavori in corso in vista
delle imminenti Olimpiadi, che la
capitale greca avrebbe ospitato nell’agosto del 2004. Quel viaggio, il
terzo per me in terra ellenica, mi rivelò un paese in grande fermento:
moderno, efficiente e desideroso di
compiere il balzo. Comparando la
Atene del 1990 (la mia prima volta in
Grecia) con quella del 2003, compre-
La cerimonia di accensione
della fiaccola, nel santuario di Olimpia
per i giochi della XXVIII Olimpiade
si che i greci avevano compiuto enormi passi in avanti.
La lettura del libro di Perez-Diaz,
avvenuta nel gennaio 2004 quando il
ricordo del viaggio ad Atene era
Atene 28 maggio 1979 il Presidente Costantinos Karamanlís
firma l’atto di adesione della Grecia alla Comunità Europea
ancora vivo, giunse quindi in un
momento ideale per me. Iniziai a pensare che mi sarebbe piaciuto scrivere
un volume simile a quello del sociologo spagnolo, una sorta di “La lezione
greca”, che potesse spiegare in
modo chiaro l’evoluzione complessiva della nazione ellenica in ambito
politico, economico e sociale.
Prima di procedere, tuttavia, dovevo
ottenere la conferma definitiva delle
mie impressioni. Ho ritenuto opportuno attendere l’esito delle Olimpiadi di
Atene 2004, l’evento che, nel bene o
nel male, avrebbe segnato le sorti
della Grecia contemporanea. Il mio
ruolo di studioso e ricercatore di questioni mediterranee mi ha imposto di
frenare il mio filo-ellenismo, che
avrebbe potuto indurmi a esprimere
giudizi esageratamente entusiastici,
quindi poco obiettivi. Ogni valutazione sulla Repubblica Ellenica doveva
essere rimandata a dopo lo svolgimento dei Giochi Olimpici.
Nel frattempo, ho osservato con
attenzione i molti eventi che hanno
visto protagonista la Grecia nel fatidico 2004. Già nel mese gennaio, mentre completavo la lettura del libro di
Perez-Diaz e seguivo l’approssimarsi
delle elezioni nella penisola ellenica,
indette per il 7 marzo, si rafforzava in
me la convinzione che sarebbe stato
interessante informare l’opinione
pubblica italiana sulla realtà della
Grecia contemporanea.
Il 9 marzo, appena dopo lo svolgimento delle elezioni politiche, notai
che il Corriere della Sera aveva posto
in prima pagina un articolo, firmato
da Antonio Ferrari, dal titolo Lezione
di stile e di alternanza. Quel pezzo mi
persuase che occorreva dedicare
maggiore spazio all’evoluzione in
corso nel paese ellenico.
Quanto è accaduto nei mesi successivi del 2004 ha fugato tutti i dubbi si
potevano nutrire in precedenza. Il 2004
è stato davvero l’anno della Grecia.
Ogni nazione ha avuto nella sua storia
anni particolari, ricchi di eventi degni di
essere tramandati ai posteri. Per la
Grecia l’anno 2004 sarà per sempre
ricordato come quello della definitiva
consacrazione a livello internazionale.
In quell’anno la penisola ellenica ha
ottenuto una serie di successi di notevole spessore, meritando la ribalta in
ambito sportivo, politico e sociale. La
nazionale greca di calcio ha vinto, fra la
sorpresa generale, il Campionato
foroellenico 19
europeo in Portogallo. Le trionfali Olimpiadi di Atene 2004 hanno
mostrato al mondo la capacità
organizzativa e politica di un
paese
molto
cresciuto.
L’indubbio successo d’immagine
ottenuto grazie ai Giochi
Olimpici, riconosciuto dai media
di tutto il mondo, ha indotto l’opinione pubblica mondiale a rendere merito degli enormi progressi compiuti da una nazione
che, fino a quel momento, era
guardata con diffidenza. Il credito ottenuto grazie ad Atene 2004
ha consentito alla Grecia di guadagnarsi un posto nell’élite della
politica mondiale. Il 15 ottobre la
nazione ellenica ha ottenuto un
seggio nel Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, l’organo da sinistra: Vincenzo Greco, Antonio Ferrari ed Evanghelos Andònaros alla precompetente per il mantenimento sentazione del libro “La Grecia contemporanea”
della pace e della sicurezza nel
mondo, la sede dove si discutono le più
scito (187 voti a favore su 191 totali),
Grecia contemporanea: Ninni Radicini
rilevanti questioni di politica internaziodecisi che era giunto il momento di
e Vincenzo Greco. Grazie a Internet,
nale di tutto il pianeta.
tradurre in pratica la mia idea. Nel
ho potuto inoltrare loro l’idea e suddiProprio all’indomani dell’ingresso
corso dei mesi ero riuscito a coinvolvidere i compiti. Ninni Radicini si è
della Grecia nel Consiglio di sicurezza
gere nel progetto due colleghi,
occupato della competizione politica
dell’Onu, ottenuto con un vero plebianch’essi studiosi delle vicende della
interna, svolgendo un lavoro eccellente nel narrare le vicende che hanno
condotto il paese al consolidamento
del bipolarismo e di un’alternanza
governativa perfino sorprendente, da
UNA “BREVE STORIA DELLA GRECIA MODERNA”
fare invidia a molti paesi europei
(Italia in primis). Vincenzo Greco ha
Un altro libro è stato dato recentemente alle strampe. Si tratta di
analizzato in maniera dettagliata la
“Breve storia della Grecia moderna”, del giornalista livornese
politica estera attuata dai governi di
Mauro Faroldi, per le edizioni “il Quadrifoglio” . L’autore, dopo un
Atene dal 1974 a oggi, concentrandoriferimento al dominio franco, alla dinastia dei Paleologhi ed al
si su alcuni temi cruciali della politica
periodo della turcocrazia, si concentra sulla storia della nazione
estera di Atene nell’ultimo trentennio:
Greca a partire dal XIX secolo, per arrivare al 2004, anno del cambio
le relazioni con la Turchia, la questioal vertice tra Pasok e Nuova
ne di Cipro, l’adesione della Grecia
Democrazia e dell’ allargamento
alla Comunità europea, il contenzioso
dell’Unione europea. Il libro è
con la Fyrom. La parte di mia compecorredato da profili bibliografici
tenza è stata suddivisa in due capitoli
di personaggi- chiave della stodistinti. In primo luogo, ho trattato lo
ria greca degli ultimi secoli (da
sviluppo economico e il mutamento
Theódoros
Kolokotrónis
a
sociale che la Repubblica Ellenica ha
Aléxandros Panagoúlis), da una
conosciuto nell’ultimo trentennio.
cronologia che si conclude con
Accanto a un’analisi di tipo generale
la scelta di Karolos Papoulias,
ho scelto di presentare un capitolo più
nel dicembre 2004, come nuovo
specifico dedicato per intero al 2004,
Presidente della Repubblica
l’anno che ha consacrato la
Ellenica e da cenni bibliografici
Repubblica Ellenica come realtà di
utili a chi volesse approfondire
tutto rispetto a livello internazionale.
temi quali la lotta per l’indipenOltre al rilevante contributo fornito da
denza nazionale ed il suo conRadicini e Greco, decisivo è stato pure
solidamento, gli anni ’50 e ‘60, la
l’assenso pervenuto da parte del grande giornalista Antonio Ferrari del
dittatura dei colonnelli, la Grecia
Corriere della Sera, senza dubbio il
oggi.
massimo esperto italiano di ciò che
accade oggi in Grecia, che si è detto
20 foroellenico
subito disponibile a collaborare per la
buona riuscita del libro. Come era facile prevedere, l’apporto di Ferrari è
stato fondamentale per impreziosire il
volume. La prefazione di Antonio
Ferrari è una fotografia eloquente di
quello che è la Grecia contemporanea.
Il volume vuole essere una guida utile
per saperne di più sulla Grecia di
oggi. Il libro, che pure si basa su una
ricerca di tipo scientifico, si pone il
fine di essere divulgativo, di facile lettura per chiunque intenda saperne di
più su un paese affascinante, cui noi
italiani ci sentiamo legati a filo doppio. Non ci siamo limitati solo a cantare le lodi della Grecia. Piuttosto, ci
siamo posti l’obiettivo di presentare
un quadro obiettivo di una nazione
che, dal 1974 appunto, ha iniziato un
cammino che l’ha condotta prima
nella Cee, poi nell’euro, quindi nel
Consiglio di sicurezza dell’Onu. Negli
ultimi decenni la Grecia ha recuperato molte posizioni, gettando le basi
per un’ulteriore crescita politica, economica e sociale. Il nostro libro è
stato costruito partendo da questo
dato di fatto. Abbiamo inteso dimostrare che la Grecia non è solo un
luogo che richiama alla memoria la
gloria del passato, della grande
epoca classica o dell’Impero bizantino. Esiste una realtà odierna che presenta una nazione in grande fermento, che molto è progredita e che
guarda ancora avanti. La tendenza
alla crescita economica e sociale è
Il ponte Rio-Antirrio
proseguita anche dopo le Olimpiadi
del 2004. Al contrario di quanto fu
creduto da parecchi osservatori stranieri, i quali pensavano che la crescita del Pil ellenico fosse dovuta solo
all’effetto Olimpiadi, l’economia greca
è andata ugualmente bene negli anni
successivi. Nel 2005 si è avuta una
crescita notevole della ricchezza prodotta per un valore superiore del
3,7% rispetto al 2004, segnando un
livello fra i più elevati fra tutti i paesi
membri della Ue. Gli indicatori
macroeconomici hanno segnato ottimi livelli anche per il 2006.
Una buona fotografia di quello che è
oggi la Repubblica Ellenica viene fornita da ciò che hanno scritto i miei due
colleghi al termine dei rispettivi capitoli. Ninni Radicini afferma: “ La
Grecia del ventunesimo secolo è lanciata verso nuovi prestigiosi traguardi
internazionali e può contare sulla
forza di un popolo orgoglioso della
nazione e delle cultura ellenica. Un
esempio per l’Europa”. Vincenzo
Greco scrive: “Questa è la Grecia del
XXI secolo: un paese democratico,
che nutre confidenza e rispetto per i
comuni valori europei”. Opinioni che
condivido in pieno. Senza voler eccedere in trionfalismi ingiustificati, non
esito ad affermare che la Grecia è
oggi una nazione moderna, che ha
colmato gran parte del gap col resto
dell’Europa Occidentale. L’epoca in
cui la Repubblica Ellenica veniva considerata la “pecora nera d’Europa” è
tramontata. In virtù dei risultati conseguiti negli ultimi anni, Atene si pone
come punto di riferimento essenziale
per l’area dei Balcani e dell’intera
Europa sudorientale.
Il Presidente del Parlamento
Yánnis Alevrás, Kostantino Karamanlís e Andrea Papandreou
all’inizio degli anni ‘80, in occasione della Festa nazionale
del 25 Marzo
foroellenico 21
A Trieste una nuova “casa”
per la cultura ellenica
L
a Fondazione per la Cultura
Greca, continua a rafforzare la
sua presenza all’estero. Dopo
Belgrado, sta per aprire i suoi battenti, la sede di Trieste, città con un a for-
22 foroellenico
tissima presenza greca nel corso dei
successivo al Trattato di Passarowitz,
secoli. La sede, concessa dalla storisiglato da Carlo VI con il sultano della
ca Comunità dei Greci Ortodossi di
Sublime Porta, che stabiliva la vicenTrieste, si trova nel centro della città,
devole libertà di commercio e navigain piazza San Giovanni. I locali, ospizione. Nel 1719 Trieste venne proclateranno una biblioteca,
mata “porto franco”, dando nuovo
spazi per incontri culturali,
impulso all’attività commerciale. La
uffici amministrativi. Tutcomunità greco-orientale si venne a
tavia, il peso maggiore,
formare nel 1782 ed il suo primo atto,
verrà dato all’insegnamenfu la richiesta di erigere un tempio sul
to ed alla diffusione della
fronte mare. La costruzione avvenne
lingua greca. L’accordo, è
tra il 1784 e il 1795, ma già nel 1787
stato firmato, in gennaio,
vi fu celebrata la prima messa. I greci
ad Atene, dal presidente
dedicarono la nuova chiesa a San
della Fondazione per la
Nicolò ed alla Santissima Trinità,
Cultura ellenica, professor
come radice e fine di tutto il mondo
Gheorghios Babiniotis e
cristiano. Poco più tardi, nel 1801,
dal
presidente
della
venne fondata la scuola greca, assieComunità dei Greci ortome alla biblioteca, che ancora oggi è
dossi di Trieste, Michalis
la più ricca mai creata dai greci della
Chatzakis, che nel frattemdiaspora. È possibile consultare
po ha concluso il suo mandato.
In alto: il Presidente della
La scelta, come dicevaFondazione per la Cultura Greca,
professor Gheorghios Babiniotis
mo, non è stata casuale.
ed il presidente della Comunità
La presenza greca a
dei Greci ortodossi di Trieste,
Trieste, ci riporta indietro Michalis Chatzakis firmano l’accordo
di quasi tre secoli, al
a sinistra uno scorcio della città
periodo immediatamente
a destra
Una stampa che ritrae
la città di Trieste alla
seconda metà del ‘700
anche edizioni del quotidiano
“Nea Estia”, pubblicato a Trieste
a partire dal 1855. Anche il cimitero della comunità, si presenta
in ottimo stato di conservazione,
e, costituendo un vero e proprio
monumento della memoria storica, risulta molto utile per gli
approfondimenti di ricercatori ed
antropologi che incentrano la
loro ricerca sulla presenza di
minoranze etnico - religiose in
Europa.
La città, dai diecimila abitanti del
1.700, dopo un secolo, arriva a
toccare i 24.000, ed i greci sono
già più di mille. Nel porto franco
dell’Impero austroungarico, si diffusero rapidamente le idee di libertà ed
indipendenza, che portarono al
Risorgimento nazionale ellenico, con
la “filikì eteria” ed il passaggio di personaggi di spicco come Rigas
Ferreos o Antonis Coroniòs. Ma la
presenza greca è, innanzitutto, indissolubilmente legata ai traffici ed alle
attività commerciali: nel settore dei
saponifici, della produzione tessile,
nella
produzione
del
rosolio.
Inizialmente in collaborazione con la
comunità serba ed ebraica, in seguito
in modo autonomo. Intorno al 1.850,
la comunità, conta più di 4.000 membri. I greci, poi, anche per la loro millenaria tradizione marinara, decisero
di occuparsi attivamente anche del
campo delle società assicurative,
legate spesso alle navi degli armatori.
Nel 1826, Anghelos Jannikésis, originario di Zante, fondò il Banco
Adriatico d’Assicurazioni, mentre nel
1838, contribuì alla fondazione della
ben nota Riunione Adriatica di Sicurtà. Anche per ciò che riguarda la creazione dell’altro colosso assicurativo
della città, le Assicurazioni Generali,
fu decisiva la collaborazione di
Tedeschi, serbi della Dalmazia, ebrei
di Venezia e di Trieste, e di molti greci,
tra cui le famiglie dei Rallis,
Skaramangàs, Stamátis. Il mulino a
vapore della famiglia Oikonómou, nel
1875, dava lavoro a trecentocinquanta operai, mentre l’imprenditoria
greca, era parte attiva negli scambi
della borsa locale.
Trieste, quindi, come città multiculturale, punto di incontro tra i Balcani, il
Mediterraneo e il centro Europa. Una
città che è riuscita a superare anche
le profonde ferite della Seconda
Guerra Mondiale e della divisione
che ne seguì.
I greci, cosmopoliti per vocazione e
tradizione, non potevano che ambientarvisi e
prosperare.
Nell’ultimo secolo, la presenza ellenica, si è via
via ridotta. A partire dal
XIX secolo, Trieste, con il
crollo dell’Impero Austro
Ungarico, ha perso parte
della sua centralità, sono
aumentate le famiglie
miste, mentre la città, nel
suo complesso, ha conosciuto un noto periodo di
crisi, a partire dalla fine
dell’ultimo conflitto mondiale. Oggi, la comunità
greca conta circa duecentocinquanta membri,
ma continua ad essere
presente in modo dinamico nella vita sociale e
culturale del capoluogo
giuliano. Organizza eventi, offre gratuitamente
corsi di greco moderno e di danze tipiche tradizionali, finanzia l’edizione di
pubblicazioni a carattere scientifico
sulla cultura neogreca. Ma non solo:
gestisce anche un albergo e un ristorante di cucina tipica, per non dimenticare che la conoscenza reciproca, può
partire anche dall’arte culinaria.
Teodoro Andreadis Synghellakis
Trieste, il molo S. Carlo
foroellenico 23
La Grecia ha partecipato con entusiasmo alle cerimonie per i cinquant’anni dai Trattati di Roma, che diedero vita
alla Comunità europea. La storica chiesa di San Teodoro al Palatino, con la preziosa cripta del IV secolo d.C., è
rimasta aperta ai visitatori per l’intera giornata di domenica, 25 marzo, mentre nello stesso giorno, nel parco centrale della manifestazione “Villaggio Europeo”, in via dei Fori Imperiali, si è esibito il gruppo di danze Tradizionali
di Cefalonia, “Eghialòs”. Nella cerimonia celebrativa tenutasi al Senato, la Grecia è stata rappresentata dalla
Presidente del Parlamento Ellenico, professoressa Anna Benaki, con un intervento sul tema “I Parlamenti, cuore
della Costruzione Europea”. La professoressa Benaki, è voluta anche essere presente all’inaugurazione della
mostra “Capolavori dell’Arte Europea”, a cui la Grecia ha partecipato con una Kore del VI sec. a.C., rinvenuta nel
1886 ad Ovest dell’Eretteo. Indossa un lungo chitone stretto in vita, sollevato sul lato destro. Nella parte superiore, un himation scende perpendicolarmenete, disegnando pieghe graduali. Il Vicepresidente del Parlamento
Ellenico, onorevole Sotiris Chatzigakis, ha rappresentato la Grecia al seminario dell’Istituto Universitario Europeo
di Fiesole, mentre, dal ministero degli esteri di Atene, è giunto a Roma anche il segretario responsabile per gli
affari europei, Dimitris Katsudas. Lo stand greco in via dei Fori Imperiali, è stato visitato da migliaia di persone,
amanti della storia, delle bellezze naturali e dell’ospitalità greca, che hanno voluto sapere di più, su un paese che
non finisce mai di stupire.
La generazione greca
dell’UNIONE EUROPEA
di Kyriakí Goní
A
volte, il giorno del nostro compleanno, sentiamo il bisogno di
fare una valutazione – piccola o grande – della nostra vita. Se ci siamo
comportati correttamente in varie
24 foroellenico
situazioni, se abbiamo approfittato di
tutte le opportunità, se abbiamo fatto
capire agli altri i nostri sentimenti e i
nostri pensieri. A volte gli altri ci giudicano, e anche questa è una parte
importante della procedura di tale
valutazione. Dunque, avendo come
pretesto il 50° compleanno dell’UE,
scrivo questo articolo per valutare il
percorso compiuto finora. Una valuta-
Gli stand dei diversi paesi europei
allestiti lungo
via dei fori imperiali
zione che scaturisce dalle esperienze
dei giovani greci relative all’Unione
europea a 25 anni dall’adesione del
nostro Paese.
L’Unione delle nazioni europee, non
proprio come la viviamo e ci accostiamo ad essa oggi, ma anzitutto
come una visione, ha una lunga storia.
Dal Medioevo in poi si è creata una
concezione “diversa” dell’Europa. Era
la concezione di alcuni filosofi e pensatori (Kant, Comenious, Hugo, ecc.)
secondo la quale i punti comuni esistenti tra i popoli europei, come la vicinanza geografica, l’influenza dell’antico spirito greco, del Cristianesimo e
dell’Illuminismo, avrebbero potuto
avvicinarli gli uni agli altri. Un avvicinamento, però, diverso dagli altri, in
quanto sarebbe stato pacifico e consensuale, voluto cioè dalle stesse
nazioni europee.
Molto più tardi dal primo concepimento di questa idea, e dopo due catastrofiche guerre mondiali, la visione
dell’Europa unita ritorna più forte e
inizia a prendere corpo. Nel 1950 iniziano le prime trattative. Il Ministro
degli Affari Esteri francese, Robert
Schuman propone la gestione comune delle industrie di carbone e acciaio
della Germania Occidentale e della
Francia. A queste si aggiungono
Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo
e formano la Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio (1951). È
stato l’inizio del legame tra i paesi
europei. Nel 1957 vengono firmati i
Trattati di Roma e viene fondata la
Comunità Economica Europea che
promuove un mercato comune di
beni e di servizi e l’abolizione dei dazi
doganali. Nel 1922 con la firma del
trattato di Maastricht, si mettono le
basi di una politica estera e una sicurezza politica comune, per una colla-
borazione più stretta in materia di giustizia e di affari interni, e per la creazione di un’unione economica e
monetaria che includerà una moneta
comune. L’UE conta oggi 25 stati
membri, mentre due paesi aspettano
di aderire nel 2007.
La Grecia è stata presente fin dai
primi passi di avvicinamento tra i
paesi europei. Nel 1961 firma con la
CEE un Trattato che promuove la graduale integrazione della loro unione
doganale e prepara il paese al suo
futuro ingresso. Con la dittatura (1967
– 1974) le procedure di adesione vengono bloccate, ma il trattato aveva già
cominciato a preparare il terreno per
lo sviluppo economico della Grecia e
nel 1981, avendo il paese tutte le
carte in regola per l’ingresso, diventa
il decimo stato – membro dell’UE. Nel
2002 viene incorporato nella
Comunità Economica Monetaria,
adottando come moneta ufficiale l’Euro.
La prima generazione nata e cresciuta
in una Grecia membro dell’UE è quella alla quale appartengo anch’io. Non
abbiamo vissuto l’esperienza antecedente al periodo dell’adesione dello
Stato greco, al contrario, fin dalla
nascita ci portiamo dietro la realizzazione di questa identità di cittadini
il gruppo di sbandieratori provenienti da Città di Castello che
hanno animato la manifestazione
foroellenico 25
L’ambasciatore della Repubblica
ellenica Anastassis Mitsialis
(a sinistra) insieme a
Stavros Lykidis, Ambasciatore
presso la Santa Sede allo stand
della Repubblica Greca
europei, così desiderata ma anche
così contestata dai Greci. Proprio questa caratteristica, cioè la nostra nascita in una Grecia membro dell’Europa,
conferisce alla nostra generazione
una particolarità e probabilmente la
porta a collocarsi diversamente riguardo alle questioni collegate all’UE.
Sono state mandate sei domande via
internet ai giovani greci, abitanti della
Grecia, di 20 – 30 anni, soprattutto
studenti universitari, neo laureati e
neo lavoratori. È stata creata una
rete…di amici, che hanno condiviso
pensieri, preoccupazioni e critiche
riguardo a questa educazione politica
che si chiama UE.
Le domande coprivano principalmente tre argomenti. Primo: la conoscencome si è sviluppata fino ad oggi.
za generale e specifica della stessa
Uno dei motivi della creazione
Unione Europea, come anche il rapdell’Unione europea è, secondo molti,
porto della Grecia con quest’ultima.
l’esigenza di assicurare la pace e l’eSecondo: l’identità del cittadino
quilibrio in una Europa ferita dalla
Europeo con tutto ciò che questa
Seconda Guerra Mondiale. Una percomporta, come anche i sentimenti e
centuale più bassa degli intervistati
la critica nei confronti dell’UE. Il terzo
ignora la visione sull’Unione europea
argomento riguardava il futuro: previcome primo probabile motivo della
sioni e proposte per l’UE, la Grecia e
sua creazione e la considera sempliil percorso di adesione della Turchia.
cemente un’unione economica, il cui
A parte le problematiche personali
principale dovere era la promozione
che hanno portato alle domande
del mercato. Nonostante ciò, la magposte, ha giocato un ruolo importangior parte riconosce che sono inclusi
tissimo la stessa attualità.
nei criteri di adesione i diritti umani e
Gli intervistati sono stati sollecitati ad esprimere liberamente la loro opinione Danze folcloristiche
sull’UE, a preoccuparsi e a greche sul palco
dei fori imperiali
giudicare la realtà europea
nella quale vivono.
Il loro numero è stato limitato
a quarantacinque, una “comunità” capace di sostenere una
ricerca di così esiguo spessore e allo stesso tempo sufficiente per condurre un’osservazione così breve ad alcune
conclusioni. Di questi quarantacinque, hanno risposto in
trentadue, dei quali tre hanno
dichiarato indifferenza o totale
ignoranza.
I giovani Greci che hanno
risposto al questionario sembrano informati sull’Unione
europea, sui motivi della sua
creazione, e molti, anche su
26 foroellenico
la difesa dell’ambiente. Alcuni hanno
definito l’Unione Europea come un
“tentativo”, in quanto credono che si
tratti di una procedura ancora incompiuta che di conseguenza non può
essere giudicata.
Inoltre, è stato sostenuto che si tratta
della risposta dell’Europa agli USA.
Non sono mancate le opinioni critiche
che hanno considerato l’UE come il
coronamento di un “giardino dell’Eden”, che è proibito agli altri stati. In
modo simile, parecchi di quelli che
hanno partecipato si sono preoccupati dei diritti dell’uomo – criticando il
dominio di un puro liberalismo.
E quanto si sente Europea questa generazione che è nata ed
è stata allevata in una Grecia
“europea” e che è informata
abbastanza bene sull’UE?
Quali spiegazioni e prospettive
dà all’identità del cittadino
europeo, vede dei collegamenti
con la sua identità greca?
“Vorrei sentirmi europeo ma le
circostanze in Grecia ancora
non lo consentono del tutto …
siamo sulla buona strada, ma
in molti settori ci vuole uno
sforzo maggiore”, dice M. (studente del master, 25 anni).
Gli investimenti nell’ambito
della ricerca, dell’istruzione e
della difesa dell’ambiente non
sono considerati sufficienti, tutti,
senza eccezione, credono che
dovrebbero aumentare.
Secondo molti, nell’espressione
“Cittadino Europeo” non c’è altro che
la partecipazione del nostro paese
alla UE, cioè “…Cittadini europei di
nome, ma nella mia quotidianità sono
cambiate pochissime cose”. Tutti
senza eccezione hanno mostrato
totale ignoranza sui doveri e sui diritti
dei cittadini europei, e parecchi sentono che la loro partecipazione non sia
sufficiente. D’altro canto sanno che il
dovere principale della Grecia come
membro dell’UE, è di attenersi alle
istruzioni del Parlamento Europeo.
La libera circolazione, la moneta e il
passaporto comune come anche il
diritto allo studio (tasse universitarie
di basso costo, assistenza sanitaria)
e il lavoro negli altri stati membri,
sono degli elementi che fanno sentire
agli intervistati il realizzarsi dell’identità europea. L’argomento dell’identità
nazionale è stato messo in discussione quasi da tutti, ed è stata sottolineata la sua priorità rispetto all’identità europea, senza però escludere la
coesistenza di entrambe, al contrario
alcuni hanno sostenuto che l’una
completa l’altra. Si stima che per la
sostanziale instaurazione dell’identità
europea nelle coscienze dei cittadini
degli stati-membri ci vorranno più di
cent’anni. A proposito di questo argomento due giovani hanno espresso il
loro disappunto riguardo all’assenza
della “storia e della voce dell’Europa
orientale”, così come è stata espressa negli anni di Bisanzio in poi, nella
formazione dell’identità europea.
Questa ambivalenza dell’identità
greca, descritta in maniera molto interessante dall’antropologo sociale
americano Michael Herzfeld (1) nel
suo libro “Πα′λι δικα′ µας”, mostra fino
ad un certo punto anche l’atteggiamento verso l’UE. Alla domanda
“filoeuropeo o euroscettico”, le risposte dimostrano esattamente questa
scissione e anche un’intensa preoccupazione riguardo al percorso
dell’UE. Quasi la metà degli intervistati hanno dichiarato di essere filoeuropei, mantenendo un atteggiamento
critico e avendo alcune obiezioni su
come funziona l’UE. La difesa e la
protezione della democrazia in territorio europeo e greco, i fondi e l’ammodernamento, l’espansione del merca-
to del lavoro e l’attuale necessità di una maggiore competitività da parte dei greci, la
partecipazione e la rivendicazione dei diritti nelle situazioni intricate, come per
esempio la questione di
Cipro, sono i motivi più
menzionati riguardo al
carattere filoeuropeo
dei giovani greci. Al
contrario, quelli che
dichiarano di essere
euroscettici sono pochissimi.
Esprimono semplicemente in modo più intenso le
preoccupazioni già esistenti negli stessi filoeuropei.
Solo cinque intervistati si
sono dichiarati molto ottimisti per il futuro e hanno previsto un ulteriore allargamento
che farà diventare l’UE più
La Kore
forte offrendo una maggiore
coesione e unione a livello
politico ed economico.
Pensano che lo sviluppo e la protezione delle diverse culture dell’Europa e il
collegamento con altre zone geografiche, costituirà un esempio da imitare
anche per gli altri continenti. Tutti,
senza eccezione, hanno proposto alla
Grecia di adottare un atteggiamento
ancora più attivo, di gestire meglio i
fondi europei e di cercare, sfruttando la
sua posizione geografica di importanza strategica, di diventare “un giocatore regionale importante dell’Europa
orientale”.
Come è noto, l’Europa orientale resta
per i greci un argomento cruciale e
non potrebbe mancare ovviamente in
questa breve ricerca una domanda
sulla possibilità, tanto discussa, dell’ingresso della Turchia all’UE. Anche
se pochi intervistati sottolineano un
possibile sviluppo positivo della situazione di Cipro a proposito di un futuro ingresso della Turchia e ritengono
questa adesione possibile - a causa
del vasto mercato e della manodopera a basso costo offerta dagli 80
milioni di Turchi - non c’è nessuno
che l’appoggi. Come sottolinea N.
(studente del master, 26 anni) l’adesione della Turchia non dipende
del VI secolo a.C. con cui la Grecia
ha preso parte alla mostra
“Capolavori dell’arte europea”
esclusivamente da essa, ma prima di
tutto dall’UE e dal modo in cui si autodefinisce. Quindi se saranno più chiari gli obiettivi futuri e l’identità dell’UE,
allora anche i suoi cittadini potranno
realmente giudicare se un paese
come la Turchia può diventare membro della Comunità.
Alla fine di questa breve ricerca le conclusioni che ne scaturiscono osservando la nostra generazione, coetanea della “Grecia Europea”, sono
varie e interessanti. I giovani greci
sono informati sull’UE, in particolare
riguardo agli argomenti che riguardano la realtà greca. Non sembra che
respingano la formazione politica
dell’UE, ma mantengono un atteggiamento critico verso di essa e stimano
che sia passibile di tanti cambiamenti
e correzioni. Sono in cerca di una
visione che possa sostenere l’unione
dell’Europa, ma allo stesso tempo
sostengono vivamente la conservazione dell’identità culturale e nazionale,
proponendo la sua coesistenza con
quella europea.
Traduzione di Vrissiida Drossou
e Anastasia Noce
(1) Michael Herzfield, “Πα′ λι δικα′ µας. Λαογραϕι′ α, Ιδεολογι′α και η ∆ιαµο′ ρϕωση της
Συ′γχρονης Ελλα′δας”, Εκδο′σεις Αλεξα′νδρεια, Αθη′να 2002.
foroellenico 27
Il convegno internazionale di Atene:
NIKOS KAZANTZAKIS
TRADUTTORE E TRADOTTO
di Cristiano Luciani - Università di Roma “Tor Vergata”
N
ell’ambito delle manifestazioni, organizzate in tutto
il mondo per celebrare i cinquanta anni dalla morte dello
scrittore
cretese
Nikos
Kazantzakis (Iraklio 1883Freiburg 1957), si colloca il
Convegno Internazionale, che
si è tenuto nei giorni 13-15
marzo presso l’Istitut Français
di Atene. Con il patrocinio della
Presidenza della Repubblica
Ellenica ed il concorso anche
di altre istituzioni, fra cui
l’Istituto di Cultura Italiana,
l’Instituto Cervantes, il Goethe
Institut, il Centro Europeo di
Traduzione (EKEMEL), l’Association International Amis de
Kazantzaki e la rivista Nea
Estia, ha preso vita un interessante e articolato incontro su
uno degli aspetti meno studiati
dello scrittore: la traduzione,
intesa nella duplice direzione di
Kazantzakis
traduttore
e
Kazantzakis tradotto. Si è trattato di un doveroso omaggio
all’uomo che prima di qualsiasi
politico ha unito l’Europa. Del
resto il coinvolgimento dei
quattro Istituti europei è giustificato anche da una stretta affinità con la biografia dello scrittore. A Parigi egli approfondì i suoi
studi post-universitari di legge e
seguì le lezioni di Bergson. In Italia
ammirò l’arte rinascimentale, studiò
la leggenda di San Francesco, tradusse il Principe di Machiavelli e la
Commedia di Dante, annoverato fra
le sue “guide spirituali”. I soggiorni in
Spagna gli ispirarono le traduzioni da
poeti del XX secolo, fra cui Federico
Garcìa Lorca. Con la Germania aprirà e chiuderà i conti della sua vita,
dagli influssi della filosofia di
Nietzsche, su cui discuterà la sua tesi
dottorale, fino alla morte a Freiburg
nel 1957.
28 foroellenico
È stato questo il primo dei due convegni celebrativi previsti ad Atene; il
prossimo cadrà a Ottobre 2007 (nei
giorni dal 22 al 25) e presenterà una
mostra-vendita delle opere tradotte
insieme alla proiezione dei film tratti
dai romanzi più noti dello scrittore
(L’ultima tentazione, Alexis Zorbas,
Cristo ricrocifisso) e a una tavola
rotonda sul tema: «Kazantzakis europeo. Viaggi, filosofia, letteratura, politica».
Oltre agli studiosi specialisti, la manifestazione è stata onorata anche dalle
stimate presenze degli scrittori Vasilis
Vasilikòs e Titos Patrikios. Secondo il
programma, le serate del 13 e
14 marzo sono state dedicate
alle problematiche traduttologiche
e
ai
rapporti
di
Kazantzakis con le personalità
di filosofi, scrittori e scienziati,
che hanno contribuito a formare il suo pensiero. Così, Omero
e gli scrittori classici (relazioni
di Fànis I. Kakridìs e di
Alexandra Zervù), Bergson,
Nietzsche e Darwin (Athina
Vughiuka), il Faust di Goethe
(Walter Puchner), il teatro
(Kyriakì Petraku, la quale proprio di recente ha pubblicato
una voluminosa monografia
sull’argomento),
Moris
Maeterlink (Vasilis Vasilikòs),
la Divina Commedia di Dante
(Fìvos Ghikopulos), il Michele
di
Machiavelli
(Dimitris
Armaos) e, infine, un quadro di
carattere più complessivo sulle
traduzioni da autori francesi
(Cecil Inglesi Marghiellu), da
poeti spagnoli del XX secolo
(Kostantinos Paleologos) e,
più in generale, le influenze
delle traduzioni nell’opera originale dello scrittore cretese
hanno costituito il tessuto informativo della prima categoria di
interventi. Da uno sguardo
d’insieme è emerso quasi costante il
processo di adeguamento dei testi tradotti alle esigenze dello spirito forte di
Kazantzakis, al punto di improntare di
sé quasi ogni autore scelto per la traduzione.
Kazantzakis, come si vede, anche a
dispetto delle difficoltà ermeneutiche
che il suo linguaggio propone, non
cessa di far parlare di sé, continua a
essere sullo scenario dell’editoria
europea fra i più noti scrittori greci. È
il più europeo fra i cretesi, senza per
questo essere stato costretto a levarsi di dosso la veste di cretese. Nato a
Iraklio nel 1883, quando Creta era
A destra: il Museo Kazantzakis situato a Varvaroi,
a circa 20 Km a sud di Herakleion.
Sotto: la biblioteca dello scrittore cretese
ancora in lotta per l’affrancamento dal
riprende la vita politica come Ministro
dominio ottomano, si trasferisce nel
senza portafoglio dell'Educazione del
1902 ad Atene, per gli studi di legge
governo Sofulis, ma dal 1946 lascerà
che completa, nel 1907, a Parigi,
definitivamente la Grecia, anche a
dove segue alcune lezioni di Bergson
causa delle mutate condizioni politie conosce la filosofia di Nietzsche, da
che e si stabilisce in Francia, ad
cui riceverà una forte impronta.
Antibes. Intanto sia la Chiesa ortoTornato in patria, lavora alla traduziodossa che quella romana lo persegue
ne di opere filosofiche e, nel 1914,
a causa dei romanzi Capitan Michele
entra in contatto con lo scrittore
e L'ultima tentazione che, ancora
Ànghelos Sikelianós, con cui, solidanella versione cinematografica di
le in un forte entusiasmo nazionalistiMartin Scorsese nel 1988, continuerà
co e di ricerca mistica, intraprende diversi viaggi per i
monasteri del Monte Athos e
per altri luoghi della Grecia.
Nel 1919, con l’incarico di
direttore generale del Ministero
per gli Affari Sociali, organizza
il trasferimento delle popolazioni greche originarie del
Ponto, dal Caucaso in
Macedonia e in Tracia a seguito della Rivoluzione Russa del
1917. Da questo momento in
poi
Kazantzakis
viaggia
costantemente. Soggiorna a
Parigi, a Berlino, in Italia, in
Unione Sovietica come corrispondente di un quotidiano
ateniese, in Spagna e Italia
dove intervista Miguel Primo
de Rivera e Benito Mussolini, a
Cipro, in Egitto, sul Monte
Sinai, in Cecoslovacchia e di
nuovo in Russia e in Francia.
Le impressioni di queste visite
presero corpo nei volumi ora
considerati classici della letteratura di viaggio greca. Dopo la
seconda guerra mondiale
Nikos Kazantzakis ai microfoni della BBC
a destare lo scandalo di gruppi religiosi negli Stati Uniti.
Nella sua veste di personaggio di fama
mondiale si giustifica dunque anche
l’attenzione rivoltagli nella giornata
conclusiva del Convegno di Atene,
incentrata sulla “fortuna” dell’opera originale di Kazantzakis. Il panorama che
ne è emerso ha lasciato un’impressione abbastanza caotica e lacunosa, per
diverse ragioni. In particolare è stato
fatto il punto sulle traduzioni in francese (Dimitris Fìlias), in tedesco
(Dieter Roderich Reinsch), in
spagnolo
(Leadro
Garcìa
Ramìrez) in brasiliano (Lucilia
Soares Brandao), in italiano
(Cristiano Luciani), in russo
(Michalis Pàtsis), in arabo
(Georges Tarabichi) e in inglese
(Peter Bien e Dimitris Gunelas).
A giustificare il quadro di una
mancanza di sistematicità nel
repertorio delle opere tradotte
intervengono sicuramente le
difficoltà ermeneutiche che
un’analisi del linguaggio di
Kazantzakis solleva (si è parlato di “idioletto” e di impronta
poetica nella sua prosa; insomma, si tratterebbe di una specie
di Kunstprose moderna). Ma
vanno aggiunti anche lo scarso
interesse di certo pubblico, interesse in genere orientato dalle
politiche editoriali, le inesperienze dei traduttori, ma anche
la “mobilità” degli stessi testimodello usati di volta in volta per le
traduzioni. Sembra passare
inosservato il fatto che l’autore
foroellenico 29
Kazantzakis assieme allo scrittore
Albert Schweitzer
Francobollo celebrativo
con l’effigie di Kazantzakis
ha dato alle stampe le stesse opere
rivedute e corrette e che i traduttori
possono aver utilizzato di uno stesso
romanzo, per esempio, versioni leggermente diverse, dando l’impressione, taluni, di scarsa responsabilità del
traduttore. Il che disturba certamente il
filologo. Sarebbe auspicabile, prima di
licenziare una traduzione di
un’opera di Kazantzakis, censirne le varie “impressioni” pubblicate nel tempo e applicarvi una
sorta di filologia dei testi a stampa, là dove si è convinti che le
aggiunte, le omissioni e i mutamenti siano frutto di una riflessione autoriale, la quale dovrà
essere assolutamente documentata. Per ricordare qualche
caso: è risaputo che nella revisione delle bozze dell’Odissea,
Eleni Kazantzaki abbia informato il marito della mancanza di
due versi per arrivare al numero
perfetto di 33.333 e che egli
pregò la sua compagna di completarli per lui; oppure, sono visibili ancora nei suoi dattiloscritti
di varie opere i continui ripensamenti e le correzioni che, in una
edizione definitiva, andrebbero
documentati in una sorta di
apparato generativo. Solo a partire da un testomodello “stabilizzato” si potranno avviare nuove
traduzioni più responsabili.
Benché in Germania, che prendiamo qui a esempio per riassu-
30 foroellenico
mere un problema comune in Europa,
la prima traduzione di Alexis Zorbas,
nel 1952, abbia raggiunto la considerevole cifra di 750.000 copie vendute
e, nel 1976, sia stata pubblicata una
traduzione revisionata, si avverte oggi
la necessità di traduzioni nuove, mentre in Spagna la diffusione dell’opera
di Kazantzakis copre circa un ottavo
delle opere della letteratura neogreca
tradotta. Ma anche qui si sente la
necessità di una completezza che
soddisfi il mercato.
In Italia la conoscenza dello scrittore
al largo pubblico è affidata alla traduzione di Mario Vitti del Cristo di nuovo
in croce, che esce nel 1955.
Nello stesso anno esce Zorba il
Greco, tradotto però dall’inglese. Nel ’59 si pubblica Capitan
Michele e solo del 1987 sono Il
poverello di Dio, e L’ultima tentazione (tradotta dal francese).
Questi i soli romanzi apparsi in
Italia. La necessità nel nostro
paese di una conoscenza
ancora più profonda dello scrittore cretese, giustificata se non
altro dalla sua risonanza mondiale, che coinvolga anche il
resto della sua produzione artistica, o almeno un panorama
ben più vasto rispetto a quello
esistente, è quanto mai auspicabile, riuscendo a superare
due ordini di difficoltà: le politiche editoriali (che ci auspichiamo mostrino maggiore interesse verso la Grecia moderna) e
l’intricato problema dei diritti di
traduzione che si connette
all’empasse editoriale, derivata
dai conflitti fra gli eredi aventi
diritto dello scrittore.
■
Lì dove l’amore rapisce l’anima
di Claudio Rossi Massimi
P
er i giovani della mia generazione il viaggio in
Grecia era un sogno di libertà. Non sto esagerando
perché pochi ricordano che ad esempio Mikonos era già
negli anni ‘70 il luogo dell’anticonformismo dove ognuno
era libero di vivere come voleva. Non tutti ricordano che
i naturisti, che a quei tempi venivano più prosaicamente
chiamati nudisti, trovavano in Grecia una tolleranza
assolutamente sconosciuta in Italia.
Partire per la Grecia ti metteva addosso quell’allegria
fanciullesca di chi sa che non sarà deluso.
La mia passione per questa terra è nata all’incirca quando avevo quindici anni, alla metà degli anni ’60, quando
la mia scuola organizzò per Pasqua una crociera che ci
avrebbe portato tra l’altro a Corfù, Epidauro, Delfi e
Atene. Quella è stata la prima volta che ho posato il
piede su quel suolo che oggi considero anche un po’ mio.
Da allora non so quante volte sono andato in Grecia, ma
certamente è il Paese nel quale mi sono recato più di ogni
altro. Dire che esiste una sorta di dipendenza non è esagerato.
Certo, la cultura e in particolare archeologia e filosofia
sono state le muse di questo mio amore che senza di
loro sarebbe stato forse meno fedele.
Questi sono, solo in parte, i motivi per i quali il mio primo
romanzo “La Sindrome di Antonio” non poteva che essere la storia di un ventenne che compie il suo primo viaggio in Grecia alla ricerca della libertà mentale, quella libertà che i ragazzi del ’68 consideravano la vera rivoluzione.
Il viaggio che Antonio – il protagonista del romanzo –
compie con la sua 500 è un viaggio al tempo stesso liberatorio e provocatorio perché c’è anche la voglia di andare a indignarsi per la patria della democrazia che, in quel
momento, è offesa da una crudele e stupida dittatura.
Nella sua ricerca di ciò che lo ha sempre affascinato, il protagonista del libro perderà qualcosa ma troverà molto.
Perderà l’illusione di entrare nella caverna delle ombre di
Platone, ma troverà la magia di Delfi dove ti accorgi di essere veramente al centro del mondo. Troverà come è piacevole perdersi tra le viuzze della Plaka mentre l’Acropoli illumina il cielo nero. Ma soprattutto troverà una giovane greca
la cui bellezza è seconda solo al suo fascino.
Durante il suo viaggio in Grecia Antonio incontrerà vari
personaggi che serviranno a rendere quell’esperienza
davvero indimenticabile. D’altronde non conosco altro
posto al mondo dove il mito, la storia e il pensiero sanno
amalgamarsi meglio con una natura aspra e dolce che
invita all’oblio.
Sono talmente convinto di tutto questo che, quando avrò
la possibilità di scegliere un posto dove trascorrere il
tempo che mi rimane, sceglierò quell’isola greca dove
scrivere mi sarà più facile come è più facile l’amore con
chi ti ha rapito l’anima.
Claudio Rossi Massimi
È nato a Roma il 22 marzo 1950.
Laureato in Archeologia presso l’Università La Sapienza
di Roma.
E’ autore, regista e conduttore radiotelevisivo. Collabora
dal 1978 con la RAI per la quale ha realizzato numerosi
programmi.
Intenso e tutt’ora attivo il suo rapporto con la radiofonia. Per la radio infatti ha condotto per molti anni i programmi culturali della seconda rete ed è stato la voce
di molte trasmissioni storiche di Radio RAI tra cui il
contenitore domenicale Carta Bianca, il Buongiorno di
Radio 1, la Notte dei Misteri ecc.
Claudio Rossi Massimi inoltre è stato regista e autore
del programma di Radio 2 “RAI a quel paese”, varietà itinerante per il mondo realizzato presso le tante comunità di italiani all’estero.
Per la tv ha presentato la prima edizione di “Tre, due,
uno contatto…game”, programma pomeridiano per
ragazzi.
E’ autore e regista di alcuni documentari storici e turistici
trasmessi dal Palinsesto Notturno di RAI 1 e dal programma di RAI 3 “Alle falde del Kilimangiaro” e direttore
artistico della IMAGO Film Videoproduzioni.
Ha collaborato inoltre con il Dipartimento di Archeologia
dell’Università La Sapienza di Roma realizzando video
relativi alle missioni archeologiche dell’Università nel
deserto occidentale egiziano.
Esperto in archeologia ed etnografia africana ha tra i
suoi più grandi interessi quello per la storia e la mitologia antica.
Con la “Sindrome di Antonio” è alla sua prima esperienza letteraria.
foroellenico 31
Da: “La Sindrome di Antonio”
di Claudio Rossi Massimi, edizioni Sovera
“Appena seduti Efisio alzò il braccio
destro e, indicando verso oriente,
disse con un tono della voce che
forse voleva essere solenne: «Ecco...
quella laggiù è la casa degli dèi falsi
e bugiardi.»
Effettivamente dal punto dove si trovavano la vista del monte Olimpo era
splendida. Né troppo vicino, né troppo lontano. La montagna brulla e
deserta si vedeva bene quasi in tutta
la sua interezza e se a qualcuno
fosse mai venuta la voglia di provare
a parlare con gli dèi, quello era probabilmente il posto migliore.
Anche se la montagna era in fondo
tura montagna come tante altre,
Antonio rimase per qualche istante in
silenzio, solo con i suoi pensieri, un
po' come si fa quando ci si mette di
fronte a un quadro famoso lungo i
corridoi di un museo. L'Olimpo è uno
dei più suggestivi luoghi della nostra
memoria e, per Antonio, qualcosa di
magnetico, anche se soltanto la cassaforte di tura illusione collettiva. Ma
ciò che l'aveva sempre affascinato
era soprattutto la straordinaria fantasia che era riuscita a generare la
costrizione di tutto questo. Spesso si
era domandato se per la gente dell'antichità la mitologia fosse vera-
mente una fede o solo un attraente e
consolatorio gioco intellettuale.
«Ti piace la mitologia, o la tua è solo
una curiosità da turista?», disse
Efisio mentre raccoglieva da terra
piccoli pezzi di uno strano impasto
ceramico che si trovavano sparsi un
po' ovunque.
Qui Antonio ebbe un lieve e impercettibile tic all'occhio destro, un leggero e incontrollabile movimento che
inevitabilmente appariva sul suo viso
quando qualcosa lo infastidiva.
Perché Efisio pensava che fosse un
turista? Antonio sapeva di non essere un turista, sapeva bene che aveva
voluto fare quel viaggio per conoscere i luoghi delle idee, per soddisfare
la sua personalissima convinzione
che il pensiero è più forte lì dove è
stato generato e dove rimangono le
ombre. Non era un turista, semmai
un viaggiatore perché, come sostiene Paul Bowles, il turista quando
parte sa già quando ritornerà, il viaggiatore no.
Mentre cercava cosa rispondere, gli
venne in mente quello che il suo professore di greco aveva detto un giorno in classe parlando dell'etimologia.
«Vedete ragazzi, la parola greca
mythologìa non racchiude in sé soltanto le 'storie', i
myythoi stessi, ma
anche il 'raccontare',
che in greco si dice
legein».
«Sì, mi piace molto la
mitologia, l'ho sempre
considerata la più
straordinaria raccolta
di favole che l'uomo
abbia mai scritto e tramandato. Quindi, se ti
va di raccontare...».
Forse Efisio aspettava
solo questo. Forse era
solo per questo che lo
aveva accompagnato
fin lassù. Capito che
Antonio sarebbe stato
un buon ascoltatore,
aprì i portelli del suo
sapere e cominciò a
descrivere personaggi,
fatti e storie che nessuno mai avrebbe
avuto l'ardire di credere solo frutto della
straordinaria immagiL’Auriga, museo di Delfi
nazione di un popolo.
32 foroellenico
«Vedi Antonio... per i Greci il mito è il
fondamento ideale del proprio essere. Lo era venticinque secoli fa e, per
molti, lo è ancora adesso. La nostra
mitologia credo abbia per prima
descritto e codificato i caratteri dell'uomo e anche se i nostri dèi, signori di tutto, sono un'accolita di crudeli
e amorali nullafacenti, non mi sembra che le cose siano cambiate di
molto».
Mentre Efisio esordiva con queste
sue considerazioni, Antonio si
domandò se quello era l'inizio ripetuto ogni volta, un po' come fanno le
guide turistiche, o era qualcosa di
estemporaneo, qualcosa detta solo
per lui. In ogni caso lo trovava, senza
dubbio, un buon inizio.
«L’esercizio del potere degli dèi era,
se ci pensi bene, non molto differente da quello che oggi fanno in Grecia
i colonnelli», continuò Efisio. «Noi
viviamo un momento in cui la libertà
è compromessa, la nostra coscienza
offesa, ma la cosa che mi dà ulteriore fastidio è perché, perché tutto questo lo dobbiamo subire da un gruppo
di colonnelli? Ma non credi che il
popolo che ha inventato la filosofia e
la democrazia avrebbe meritato
almeno dei generali?»
Una risata vi seppellirà. Antonio aveva
aiutato un suo compagno del movimento studentesco a scrivere proprio
questa frase sul muro dell'università.
In fondo è vero che ogni tipo di totalitarismo è quasi completamente privo
di qualunque accenno di ironia. Un
dittatore non può essere ironico, si
deve prendere molto sul serio e deve
soprattutto impedire che la gente ironizzi su ciò che, al contrario, deve
apparire estremamente serio. [...]
GLI ALTRI ELLENOFONI
IN ITALIA:
“Εγω′ µιλα′ω ρωµαι′ ικα”
di Policarpo Saltalamacchia - Medico Chirurgo - Rappresentante
dell’Associazione Italo-Ellenica “ex Alunni di Rodi “ per la Campania
S
i dice che le fiabe, siano il cibo della fantasia dei
bambini. La mia fantasia, però, non ebbe la fortuna di sognare né con “cappuccetto rosso” né tanto
meno con “i tre porcellini”. Nessuno era in grado di
raccontarmi queste fiabe. Tutti attorno a me erano
profughi ed erano solo in grado di raccontare la loro
“terra perduta”.
Nella loro comitiva durante la permanenza nel
campo profughi, nelle nottate, nelle gioie e nei dolori, il discorso, prima o poi, cadeva sulla loro “terra
perduta” ed i ricordi correvano lì, alle loro radici.
Spesso il nodo in gola li soffocava, gli occhi si gonfiavano di lacrime e il discorso si interrompeva a
metà. Ma nei divertimenti, quando il “rakì” li portava
alla passione ed iniziavano a cantare le canzoni di
Smirne e di Rodi, solo allora le canzoni somigliavano
ad una “elegìa”.
Ascoltando infinite volte le stesse storie, con la stessa inguaribile nostalgia, iniziavo anch’io da ragazzo,
inconsapevolmente, a passeggiare nelle loro strade,
a sostare nelle loro piazze, che con il tempo divennero anche le mie.
Ho conosciuto la loro vita, le loro guerre, il loro sradicamento e le loro morti.
Ho ascoltato le storie di tutti coloro che si sono persi
nello scombussolamento dello sradicamento, e sino
ad oggi non si ha nessuna notizia, se vivono o sono
morti. Ma anche degli altri, che sono stati sepolti a
Smirne e da allora nessun prete ha recitato un’omelia, né tanto meno nessuno ha acceso un cero sulle
loro tombe. Le loro parole piene di tristezza ed amarezza, si sono stampate profondamente nella mia
mente sin da bambino, e sono diventate col tempo,
immagini inalterabili.
A differenza di Smirne, i rapporti con Rodi, con le istituzioni e con gli abitanti dell’isola, in tutti questi anni,
si sono conservati e consolidati.
Ma chi erano gli italiani di Rodi?
A partire dal 1912, l’Italia ebbe sotto il suo protettorato il Dodecanneso.
Nel 1922, dopo l’incendio di Smirne, una notevole
rappresentanza della comunità italiana e greca già
residenti a Smirne e nell’Asia Minore, fu cacciata da
Kemal Pascià, e si aggiunse alla comunità italiana
già presente a Rodi.
Gli italiani già residenti a Rodi soprannominavano gli
italiani provenienti da Smirne e dall’Asia Minore
“Italiani con la coda”, in quanto i primi si considera-
foroellenico 33
Il palazzo di giustizia di Rodi
vano italiani di serie A, nati in Italia e con passaporto
italiano, mentre gli altri, nati all’estero, nonostante il
loro passaporto italiano, erano considerati di serie B.
I profughi dell’Asia Minore, nella loro emigrazione portavano con sè anche le loro icone, specialmente quelli di Smirne portarono la statua del loro santo protettore: “San Policarpo”, santo a cui erano molto devoti.
La festa di San Policarpo si festeggiava il 26 gennaio,
ed era preceduta da una novena liturgica che iniziava
appunto 9 giorni prima e si concludeva con una
messa solenne, a cui partecipava anche la comunità
greca. Gli anziani, che avevano vissuto in prima persona l’incendio di Smirne, raccontavano che le enormi fiamme che lambirono la città, si spensero in prossimità della chiesa di San Policarpo, che infatti fu
risparmiata dall’incendio. Qualcuno aggiungeva che
durante l’incendio fu visto sulla sommità della chiesa
un vecchio dalla barba bianca che, con un in mano un
“briki”, quello del caffè, spegneva l’incendio. Altri
aggiungevano che quel vecchio fosse stato San
Policarpo! Attualmente quella
statua è conservata nella chiesa
cattolica di Santa Maria della
Vittoria, a Rodi.
A Rodi le varie comunità, greca,
turca, ebrea ed italiana diedero
una inconfutabile dimostrazione
di come comunità di popoli differenti per civiltà, credo religioso,
usi e costumi, possano convivere in pacifica e positiva concordia. Il che attesta che non sono
connaturate nell’anima popolare
l’intolleranza e la faziosità verso
chi è diverso per culto, colore
della pelle e cultura.
Si diceva che a Rodi esistessero 3 domeniche: il venerdì per i
mussulmani, il sabato per gli
ebrei, e la domenica per gli ortodossi ed i cattolici.
Possiamo dire che in quegli anni si è vissuta in anteprima una forma di unità europea.
Il quadro variopinto della popolazione rodiota aveva
un suo fascino particolare: la maggioranza grecoortodossa con dialetto ellenico, a cui si sono aggiunte parole turche ed occidentali, con attività che andavano dall’agricoltura alla pastorizia, dalla pesca delle
spugne esercitata a corpo nudo, al commercio; non
mancavano rappresentanti di altri mestieri e professioni. C’erano poi i mussulmani, fanatici di fiori e
piante, con la loro lingua turco-anatolitica, dediti alle
culture di oliveti, vigne e aranceti nonché ad artigianato tradizionale; alcune migliaia di ebrei sefarditi,
discendenti da ebrei cacciati dalla Spagna alla fine
del Quattrocento, quasi tutti abitanti in un quartiere
della città murata, impiegati sopratutto nel piccolo
commercio, ma anche in attività bancaria. Parlavano
con piacevole cantilena un dialetto castigliano antico.
Vi erano pure gli armeni cristiani, fabbricanti di
magnifici tappeti.
Gli
italiani
provenienti
da
Smirne,
Costantinopoli e da vari paesi dell’Anatolia,
parlavano il “Romeiko”, una “lingua orale”
con una grossa base di greco, frammista a
vocaboli turchi, francesi, inglesi ed italiani,
tutti rigorosamente grecizzati; ho parlato di
“lingua orale”, infatti non esiste un solo
vocabolo scritto con l’alfabeto greco, ma
tutte le corrispondenze epistolari, alcuni racconti, le preghiere in chiesa ed alcuni documenti “ufficiali”, erano scritti in “frangochiotico”, una trascrizione della pronuncia con
caratteri latini del parlato Romeiko. Loro
hanno sempre affermato: “Εγω′ µιλα′ ω
ρωµαι′ ικα”
I questa oasi, dove si imparava la pazienza
Italiani di Rodi, estate 1940
34 foroellenico
La pagella scolastica di un alunno
di prima elementare dell’anno 1940-41
e le relazioni erano di rispetto reciproco e dimestichezza, gli ortodossi greci, non rinunciando ad
ostentare il proprio spirito ellenico, avevano amici turchi e tenevano rapporti di lavoro con i finanzieri ebrei;
i turchi invitavano a pranzo, nelle loro bianche case
contadine, in occasione delle feste per la circoncisione di un figlio, i cattolici italiani ed i greci ortodossi;
mentre i sefarditi festeggiavano il “Purim”, la Pasqua
ebraica, insieme agli amici bevendo malvasia e mangiando biscotti infarciti di miele.
La musica univa questi diversi popoli in una connessione di fratellanza,
ora con le suonate di liuto e canti
modulati da rapidissimi trilli da parte
dei turchi, ora con antichissimi inni
sinagogali e con proprie canzoni
popolari piene di freschezza, e, da
parte dei greci, con musiche liturgiche e canti corali oppure con balli
dell’Egeo dove i danzatori, uniti a circolo con le mani o con un fazzoletto,
si muovevano attorno al frenetico
capo ballerino
I rapporti di amicizia e di rispetto
reciproco tra le varie comunità non si
affievolirono mai, nemmeno durante
il conflitto mondiale, anzi si rafforzarono maggiormente quando dopo l’8
settembre 1943 l’isola di Rodi fu
tagliata fuori da ogni rifornimento ali-
mentare ed il nemico comune, l’esercito tedesco,
bruciò i depositi alimentari e l’isola rimase affamata
per ben 6 mesi.
Alla conclusione del II conflitto mondiale, agli italiani
di Rodi fu posto il quesito: rimanere a Rodi, optando
per la cittadinanza greca o rinunciare a tutto ciò che
di bello era stato ed andare in Italia, sì andare in
Italia, e non ritornare in Italia! Per molti, così come
per i miei genitori, mio padre era nato a Smirne e mia
madre a Rodi, quello rappresentava il primo contatto
con l’Italia, conosciuta in precedenza solo sui libri di
scuola.
Il rientro in Italia fu alquanto drammatico: ad ognuno
era concesso solo 20 Kg di bagaglio, 3-4 giorni di
navigazione attraversando tratti di mare minati, 5
giorni di carro bestiame dai porti di arrivo, Bari,
Venezia e Napoli; poi lo smistamento nei vari campi
profughi con una permanenza media di 10 anni:
Verona, Firenze, Roma ed Aversa.
Certamente gli anni vissuti nei campi profughi furono
duri per tutti, ma la loro lingua, il “Romeiko” appunto,
le feste tradizionali, le uova rosse, i kourambièdes, la
vasillopita, i kalanda, ecc. li univa sempre di più, ed
anche i matrimoni si celebravano tra di loro. Queste
persone continuando a parlare in Italia il “Romeiko”,
sono la testimonianza vivente di una lingua che
tende a scomparire. Infatti ancora oggi conservano
l’aumento verbale – η, caratteristica di Smirne, al
posto di – ε, per esempio: ηα′ ργησα, η′ βλεπα invece
di α′ ργησα, ε′βλεπα. Hanno creato in analogia dell’aoristo dei verbi regolari anche l’aoristo non regolare
per esempio: πιη′κα, δει′ κα invece di: η′πια, ει′ δα.
Alcune volte conservano addirittura le parole grecoantiche al posto delle parole straniere che ha invece
adottato il greco moderno, per esempio nel loro dialetto si dice: ριπι′ δι invece in greco moderno:
βεντα′λια (dalla parola italiana ventaglio).
Mentre gli anni passavano era
l’amore per Rodi, il ricordo di
quei luoghi, il desiderio comune che un giorno sarebbero
ritornati nella loro “terra perduta”, che gli dava la forza di
continuare a lottare in una
patria che li ha fatti sentire
“stranieri in patria”; loro infatti
erano e lo sono ancora dopo
60 anni “i greci” o “i profughi”.
Ma i nobili sentimenti di amicizia e di fratellanza tra i popoli
con i quali sono stati generati
e con i quali sono cresciuti,
sia pure con mille difficoltà iniziali per motivi di ordine prati-
a destra la Rivista dell’associazione
Lasalliana ex alunni di Rodi
foroellenico 35
Una classe della scuola
di ragioneria tenuta da Fratel Pio
co nel dopoguerra italiano,
hanno permesso che i contatti
con gli amici di Rodi prima e
con tutta la popolazione greca
poi, siano rimasti sempre vivi e
siano diventati la causa della
nascita negli anni ’60 di una
“Associazione degli Ex Alunni di
Rodi”, dove tutti gli ex alunni
sparsi nel mondo, italiani, turchi, quei pochi ebrei sopravissuti ed i greci di Rodi, si ritrovino ogni anno ad Assisi - Santa
Maria degli Angeli, l’ultima
domenica di maggio.
In questi luoghi francescani si
ritrovano gli amici di un tempo
ed i compagni di scuola per
ricordare la loro infanzia, raccontarsi le gioie ed i dolori della vita, ma soprattutto progettare il prossimo viaggio in Grecia, e
soprattutto a Rodi dove sono stati sempre benevolmente accolti dagli abitanti e dalle autorità
locali.
Il raduno annuale si conclude la domenica mattina con una solenne cerimonia davanti ad una
icona della Madonna del Fileremo, protettrice
dei Cavalieri di san Giovanni prima e di Malta
poi, portata dai francescani dal Monte Fileremo
di Ialissos-Rodi.
Inizialmente l’associazione raccoglieva tutti
coloro, greci, turchi, ebrei ed italiani che avevano frequentato le scuole lasalliane a Rodi, ma
successivamente si è aperta a tutti, italiani e
greci ed ha come obiettivo comune quello di coltivare lo stesso spirito di amicizia e di approfondimento culturale tra i due popoli.
Al fine di promuovere questi rapporti socio-culturali, l’associazione pubblica una rivista dal titolo “La Stella di Rodi”, mentre ogni delegazione
regionale prende varie iniziative nello stesso
spirito.
Tra le attività regionali della delegazione
Campana, ricordiamo:
- Il corso di lingua e letteratura neogreca,
tenuto dalla Prof.ssa Athanasopoulou
Athanasia, ospitato nei locali dell’a
Confraternita dei Connazionali Greci di
Napoli
- Il corso di danze popolari greche, tenuto dal
Maestro Nikos Kannelopulos
- I viaggi culturali in diverse località della Grecia.
- La realizzazione di un progetto triennale con la
scuola media statale “Giacinto Gigante” di Napoli,
dal titolo: “Noi… la storia e la memoria”, promosso dalle Professoresse Lucia Catuogno e Rosaria
Secondulfo e coordinato dal Dirigente Scolastico
Prof.ssa Maria-rosaria Scalella. Nella realizzazio-
36 foroellenico
Programma della stagione
lirica a Rodi nel 1939
ne del progetto i ragazzi della I e della III H raccolgono le testimonianze orali dei profughi che
hanno vissuto a Rodi, al fine di pubblicare una
storia raccontata, che non è scritta sui loro libri di
storia, e di tramandare alle nuove generazioni le
idee della pacifica convivenza tra i popoli.
■
CALIZZA DI LINDO
gostino Nobile è nato a Rodi, negli anni dell’occupazione italiana. Sua madre era
costantinopolitana, di ascendenza provenzale ed alsaziana. Il padre, un funzionario
italiano, ma il capostipite della famiglia, medico della corte dei Borboni, si era trasferito
sull’isola, già nel 1799, all’avvento della repubblica Partenopea. L’autore ha vissuto nell’isola del Dodecanneso sino al 1950, anno del suo ritorno in Italia. In questo libro, attraverso una serie di racconti brevi, ci propone un ritorno alla terra della sua infanzia, che
sembra quasi diventare terra del mito, fuori dagli angusti confini della dimensione temporale. Ha voluto scrivere anche due racconti brevi in greco, quella che per lui, è ancora, “la lingua del cuore”, contrapposta all’italiano, “lingua della mente”. Nel corso della
sua carriera, come funzionario dell’Italia in seno alle istituzioni comunitarie, ha comunicato con i suoi colleghi greci, in tutte e due le lingue sentendo la differenza emotiva, ma
anche quasi concreta, palpabile, dell’una o dell’altra scelta. “a noi confusi dal mondo
eccessivo della comunicazione, incapaci di trovare il confine del bene e ridisegnare una
mappa dei valori, il giurista fattosi naif offre un breviario istoriato di serenità, ci conduce per mano all’universo
della sicurezza”, scrive nella prefazione del libro il professor Paolo Moreno. I ciottoli dei cortili di Lindos, la continuità tra templi e le chiese cristiane. Ma soprattutto, ricordi di rapporti umani schietti, immediati - probabilmente
idealizzati - ma fatti di una purezza che solo l’infanzia sa regalare.
A
C
a lliope, chiamata affettuosamente Calizza era nata a
Lindos e, per via materna, era cugina di mio nonno
Agostino.
Nella mitologia, com'é noto, si chiamava così una delle più
famose delle nove Muse, che presiedeva alla poesia epica
e che, talvolta, rappresentava l'eloquenza. Di solito é raffigurata come una bella e giovane donna che ha nelle mani
delle tavolette e uno stilo. Calizza riassumeva in sé gran
parte di queste doti. Come le donne dei primi del novecento, quando usciva era coperta da un velo, che la riparava
d'inverno dal freddo e d'estate dal sole, ma che nascondeva la sua avvenenza, la quale esplodeva nel suo splendore a casa, quando si toglieva quel velo di seta e discorreva.
Le sue conversazioni erano dolci come il miele delle arnie
del monte di Maliacca e, qualunque ne fosse l'oggetto, si
notava sempre un equilibrio antico e sempre vivo e una
fluidità di linguaggio tipico delle donne di Rodi. Quando
parlava dei delfini dell'Egeo ed, in particolare, di quelli che
giocavano tra le onde del mare vicino alla sua Lindo, la
sua voce assumeva una tonalità gioiosa e talvolta diventava tremula per la commozione. A me, fanciullo, piaceva
sentirla e gradivo i suoi racconti che mi incantavano. Lei
parlava con i delfini, animali tanto cari
ai popoli del mare, un linguaggio lirico
e si sentiva l'affetto che nutriva per essi
e la grande familiarità che aveva con
questi giocolieri marini, già cantati da
Omero, quando racconta che uno di
essi salvò il figlio di Ulisse caduto in
mare.
Il suo volto si illuminava quando accennava ad episodi nei quali questi mammiferi dimostravano di possedere una
viva intelligenza, dovuta al loro cervello più evoluto di quello di altri animali.
Essi, pertanto, potevano colloquiare fra
di loro ed esprimere tanta simpatia per
gli esseri umani. Il ricordo dei racconti
di Calizza mi sorse spontaneo quando
ammirai, da adulto, a Cnosso o anche
a Ostia, vicino a Roma, città in cui ora
vivo, le pitture e i mosaici che rappre-
sentano i delfini, protagonisti di mitologiche imprese.
I racconti di Calizza sui delfini, così come oggi quelli dell'australiano Sergio Bambarén sullo stesso tema, riuscivano a portarmi alla verità attraverso i sentieri del sogno.
Il delfino che vedeva Calizza e col quale riusciva a parlare un linguaggio ricco di poesia era simile a quello che
descrive Bambarén e che si allontana dal branco per giocare, da sognatore, con le onde della barriera corallina e,
preso il largo di là da quella barriera, scopre la magia delle
cose «che non si vedono con gli occhi ma col cuore».
Calizza provava piacere a parlare con me di argomenti
belli, forse perché vedeva nei miei occhi sorridenti di
ragazzo quella meraviglia che sgorgava dai suoi racconti
e che l'uomo adulto non prova più così intensa.
Il suo modo spontaneo e facile di esprimersi, suscitava in
me tanto interesse da farmi sognare e navigare con la fantasia nel mondo classico anche quando mi parlava della sua
città, della sua Lindo. Là si trova la più antica chiesa di Rodi
dedicata a San Giorgio il Sepolto (α′γιος Γεω′ργιος χωστο′ς).
La sua costruzione semplice ed austera del tipo con sala a
cupola risale intorno all'ottavo secolo, in pieno periodo iconoclasta, e conserva alcuni rari affreschi costituiti da motivi
floreali e da disegni a croce.
Lei, vivendo ormai a Rodi, distante
circa cinquanta chilometri da Lindo,
pensava a quest'ultima con l’affetto che
si nutre per le proprie radici. Si commoveva quando descriveva la sua casetta
intonacata di bianco negli stretti vicoli
con il delizioso portoncino che celava il
cortile pavimentato con ciottoli bianchi
e neri, i quali al centro raffiguravano un
delfino e con la bella pergola da cui
pendevano i grappoli d'uva. Là, verso
sera, dopo cena, si riuniva con le sue
vicine per chiacchierare, o meglio,
come diceva lei, per il «pospérisma»
(ποσπε′ρισµα), che ha un significato
meno frivolo del cicaleccio e che serve
a tenere vive le amicizie [...]
Agostino Nobile
foroellenico 37
Gli dei multicolori
La mostra del Museo Archeologico di Atene
sui colori nelle sculture antiche
di Maria Mondelou
A
partire dalla fine di gennaio il
Museo Archeologico Nazionale
di Atene ha ospitato la mostra “Gli
dei multicolori”, arrivata in Grecia,
dopo una prima inaugurazione alla
Gliptoteca di Monaco di Baviera nel
2004 e successive tappe anche in
altri paesi europei.
L’idea della mostra, nata 17 anni fa, si
avvale delle ricerche dell’Università di
Monaco, iniziate nel 1982, sui colori
delle antiche sculture e le relative tec-
38 foroellenico
niche. Le antiche sculture che osserviamo venire alla luce dagli scavi
archeologici, si presentano bianche e
su alcune si possono notare tracce di
colore su parte della superficie. Per
individuare i residui di colore sono
stati sviluppati nuovi metodi di ricerca, seguiti da accurate analisi, per
poter ristabilire con una certa esattezza i colori originari.
Quando è stato possibile, sono stati
attribuiti ai calchi di sculture famose
dell’antichità greca e romana i colori
che secondo i risultati della ricerca
erano stati usati inizialmente per
decorale ma che non sono potuti
giungere fino ai giorni nostri.
L’obiettivo dichiarato, fin dall’inizio
era che i risultati di queste ricerche
non costituissero solo oggetto di dis-
Parte del frontone del Tempio di Afea ad Egina.
Sulla sinistra l’arciere Paride.
corsi scientifici, ma che venissero
anche resi fruibili dal vasto pubblico.
Fiero di poter presentare la mostra
anche al pubblico greco, il direttore
del Museo Archeologico Nazionale,
Nikolaos Kaltsas, ha voluto sottolineare: “anche se sappiamo che sia le
statue che i templi degli antichi greci
erano colorati, fino alla presentazione di questa mostra non era stato
possibile avere un’immagine concreta del loro aspetto iniziale, che è
molto diverso da quello che vediamo
oggi nei templi e nelle statue ospitate nei musei di tutto il mondo. Questa
mostra, oltre il grandissimo interesse
che presenta per la comunità scientifica - dato che sostanzialmente sintetizza i risultati di analisi e ricerche
durate numerosi anni - ha anche una
funzione educativa per il vasto pubblico. Nonostante molti abbiano una
certa familiarità con la scultura antica
ed i metodi per la costruzione dei
templi, ignorano le tecniche e le scelte dei colori, un fattore che cambia
completamente la valutazione estetica delle opere”.
Nella mostra sono stati presentati 21
calchi di statue molto note, come un
busto di corazziere dell’Acropoli di
Calchi di “peplophoros”, realizzati in base
alle ricerche sulla colorazione
foroellenico 39
Alcuni calchi esposti nella mostra “gli dei multirocolori”
presso il Museo Archeologico nazionale di Atene.
Sopra il Leone di Loutraki con i colori vivaci che in origine lo rivestivano
A destra calco del gruppo scultoreo di Teseo e Antiope
In basso la Stele tombale di Aristione
Atene, una testa di Adolescente (Efebo) della Glyptothek di
Monaco di Baviera, la Donna con peplo dell’Acropoli, il Leone
di Loutraki. Ed anche calchi di colonne sepolcrali - come quello di Aristione e di Paramitione - di sculture sui frontoni,
(come le aquile dal tempio di Afea), lo zoforo del popolo dell’isola di Sifnos, alcune parti del “Sarcofago di Alessandro
Magno” e campioni di colori naturali. Una mostra che può
essere definita “speciale” sotto molti punti di vista. Per sottolineare il suo carattere educativo e per arricchirne il contenuto, ha prevalso l’idea di scegliere anche opere originali che
conservano tracce dell’antica colorazione, con una prevalenza del rosso, nelle sue varie gradazioni. Accanto ai calchi
colorati, sono state esposte anche cinquantuno opere del
Museo, con i vari tipi di scultura. Spiccavano 29 sculture, tra
le quali la statua di Dioniso seduto, un leone possente, Atena
di Varvakeios, colonne sepolcrali, rilievi votivi, cassettoni dal
tempio di Atena di Sounio. Inoltre, quattro idoletti cicladici,
un’ostrica blu, flaconcini colorati, sempre dall’arcipelago delle
Cicladi, (provenienti dalla Collezione Preistorica) ed anche 5
lekythos bianchi. La presentazione di queste opere accanto ai
calchi colorati ha reso più evidente la differenza dello stato di
conservazione attuale rispetto all’immagine iniziale elaborata
dalla ricerca. Dati ed osservazioni riportate con dovizia nel
catalogo scientifico che ha accompagnato l’esposizione.
Trova così nuova conferma la teoria, secondo la quale, la
conoscenza del passato non è mai da ritenersi conclusa o
scontata, poiché la ricerca archeologica è continuamente in
fieri, con nuovi metodi che hanno come scopo di portarci sempre più vicino, se non di farci addirittura toccare con mano - è
il caso di dirlo - la verità .
■
40 foroellenico
La “Globalizzazione” della cultura
come conoscenza reciproca
di Teodoro Andreadis Synghellakis
Melita Palestini, neodirettrice dell’Istituto di Cultura Italiano ad Atene,
forte delle sue analoghe esperienze professionali in Brasile ed a New York,
parla a Foroellenico dei suoi progetti, del suo intenso rapporto con la
Grecia, del suo rapporto con la vivace realtà culturale della capitale greca e
di come rafforzare ancor maggiormente la collaborazione, gli scambi, la
conoscenza reciproca, tra i nostri due paesi.
Q
ual è, sino a questo momento, professionalmente ed umanamente la sua esperienza ateniese?
Io sono giunta ad Atene, dopo avere avuto esperienze in altri paesi, anche oltreoceano, come il Brasile e
gli Stati Uniti. La mia missione qui, l’ho fortemente
voluta. Ho chiesto io al Ministero Affari Esteri di
essere mandata ad Atene, anche confidando sulla
mia conoscenza del neogreco. Mi è sembrato opportuno, infatti, come sempre, andare in un paese di cui
avessi la padronanza della lingua. Ad Atene ho trovato un città completamente diversa da quella che
era nei miei ricordi, di dieci, forse quindici anni fa,
una città che si sta giustamente muovendo come
capitale europea. Con dei centri culturali davvero
interessanti, come ad esempio l’auditorium Με′ γαρον
Μουσικη′ς, il centro Αθηναι′ ς, il museo Μπενα′κη e
quello Bizantino. Quest’ultimo ha ospitato la mia
prima manifestazione, quella sui miti ed archetipi nel
Mediterraneo, inaugurata dai primi ministri Romano
Prodi e Kostas Karamanlìs. Cosa che per me, è stata
davvero un motivo di grande orgoglio.
Come vede i greci, rispetto alla produzione culturale,
ed in generale, a tutto quel che è legato all’Italia?
Come lei ben sa, i greci sono fortemente legati alla
cultura italiana, così come la cultura italiana è fortemente interconnessa alle sue radici elleniche.Il legame è davvero fortissimo, e da quì deriva anche la
necessità, di offrire una cultura ad alto livello. Ci
muoviamo su l’eredità della cultura ellenica e romana, culture che hanno segnato in tutta Europa, e
In alto i primi ministri Romano Prodi e Kostas Karamanlìs
inaugurano la mostra sui miti ed archetipi nel Mediterraneo
accompagnati dalla dottoressa Melita Palestini
foroellenico 41
forse in tutto il mondo, l’inizio di una grande civiltà.
Una grande eredità del passato e il profilo contemporaneo. Come combinarli? Esistono strategie particolari?
Il mio tentativo, che è poi il filo conduttore del programma culturale che sto applicando dopo il mio
arrivo ad Atene, è proprio questo: la prima manifestazione, che ha segnato la riapertura dell’Istituto di
Cultura Italiano, tornato nella sua sede storica della
Casa d’Italia di via Patission 47, segue quelle che
sono le affinità fra le due culture. Non a caso ho scelto questa mostra, sui miti e gli archetipi. Una base
molto solida. Abbiamo poi programmato un seminario medico italo-ellenico, proprio perché so che gran
parte dei medici greci hanno studiato nelle università
italiane e desidero coltivare questa tradizione culturale così fortemente radicata. In seguito, in occasione della ricorrenza dei trent’anni dalla morte di Maria
Callas - una delle più grandi artiste a livello internazionale, abbiamo deciso di ospitare, nei saloni
dell’Istituto Italiano di Cultura, una mostra con abiti di
scena, lettere autentiche, tutti i programmi di sala dei
suoi concerti nel mondo. Anche questo, è un voler
sottolineare le affinità, che con argomenti, con tematiche, o con personaggi rinomati, non fanno altro che
evidenziare la nostra vicinanza anche nel presente.
Come sta cambiando, negli ultimi anni, il ruolo dell’istituto culturale? Cosa significa, in realtà, il riferimento alla “diplomazia culturale”?
È cambiata, fortunatamente anche la concezione
generale, presso il ministero Affari Esteri di Roma, in
particolare presso la direzione della programmazio-
ne della cooperazione culturale della Farnesina. Nel
passato, le programmazioni, dell’Istituto di Cultura in
Giappone in Germania, negli Stati Uniti o in Grecia,
erano lasciate un po’ al caso ed all’iniziativa personale. Oggi, si applica invece una programmazione
geografica, perché si è capito che l’imput che la direzione di Roma dava per l’Asia, gli Stati Uniti o
l’Europa, non poteva essere lo stesso. Ora, si tiene
conto, quindi, delle caratteristiche e delle peculiarità
di ogni area geografica, delle affinità con la cultura
italiana e si calibra i programmi e le iniziative.
Dal punto di vista umano, cosa l’ha colpita di più,
vivendo in Grecia e cosa pensa che ci sia ancora da
conoscere ed approfondire?
Parlando il neogreco, devo dire che riesco, a conoscere a fondo la cultura del paese. Vuoi dai rapporti
quotidiani umani, vuoi da quelli professionali, parlando
la lingua, senza dubbio, si entra nel profondo. Detto
questo, io in Grecia ho sempre trovato le mie radici. Mi
emoziono sempre molto, visitando, ad esempio, il
museo archeologico ed ammirando la maschera di
Agamennone, (che, durante anni della scuola, era la
copertina del mio libro di storia), visitando la tomba di
Filippo II, riscoprendo ogni volta la magia dell’Acropoli.
Quello che mi ha sempre affascinato ed attirato, è
questa disponibilità dei greci verso la cultura italiana,
questo interesse e amore per l’Italia. Che per me costituisce un forte stimolo per lavorare al meglio.
Lei collabora anche con l’ΕΚΕΜΕΛ, il Centro
Europeo per la Traduzione ad Atene. Molti libri italiani sono tradotti in greco, un po’ meno dal greco in italiano. Pensa che questo scambio, possa essere
potenziato?
la mostra sui miti ed archetipi nel Mediterraneo
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Melita Palestini insieme
al primo ministro Romano Prodi
Io credo fermamente di sì. Infatti, nelle
riunioni che abbiamo fatto all’ΕΚΕΜΕΛ, ci
siamo posti questo problema. Ovviamente
ho un grande interesse a che vengano tradotti molto autori italiani classici e contemporanei, ma nelle riunioni che abbiamo
tenuto, alla presenza, tra l’altro, di Vassilis
Vassilikòs, Andrea Stáikos, Telemako
Chitiris, abbiamo affrontato anche questa
discussione: il bisogno di una più forte
espansione delle case editrici greche, con il
sostegno del Ministero della Cultura
Ellenico, per una maggiore conoscenza, in
Europa, degli autori greci. E non parliamo
dei grandi, come Seferis, Kavafis, Elitis, ma
dei nomi di autori meno tradotti e conosciuti. Tanto è vero, che abbiamo organizzato un
grande convegno, sotto l’egida della Presidenza della
Repubblica Ellenica e del Ministero della Cultura
Atene, dedicato a Nikos Kazantzakis. In occasione
della ricorrenza dei cinquant’anni dalla morte dello
scrittore, dal 13 al 15 marzo, tutti noi, l’Istituto
Francese, il Goethe, il Cervantes, il centro Europeo di
Letteratura ΕΚΕΜΕΛ e l’Associazione Internazionale
Amici di Nikos Kazantzakis, con sede a Ginevra,
abbiamo organizzato questo convegno. Si è volata
analizzare l’opera di Kazantzakis, il quale è stato, a
mio avviso, il più grande, non solo scrittore, ma anche
traduttore greco.
ampia. Ma è pur vero che chi “gestisce cultura”, è
chiamato sempre a studiare, a informarsi, a tenersi al
corrente. Io credo che sia un compito molto arduo,
ma questa difficoltà è anche il bello di questo compito. È una professionalità molto vivace e variegata,
che ti premette di aprirti da un settore all’altro. È pur
vero che bisogna farlo con molta umiltà, e soprattutto, documentandosi continuamente, per evitare la
trappola della superficialità. Andare nel profondo
richiede sempre studio, fatica ed adeguati strumenti
di conoscenza...
Nell’epoca della globalizzazione, di internet, dei
milioni di siti, lei pensa che ci sia ancora posto per la
centralità del libro, come testimonianza e come punto
di riferimento per l’identità?
Me lo auguro davvero, Perché nonostante veda i
grandi meriti e stimoli che offre la globalizzazione,
personalmente, credo che non debba significare
appiattimento. Personalmente sono fanaticamente
europea e convinta quindi del fatto che le nostre
grandi culture, quelle europee, debbano sempre
comunicare tra loro, mantenendo però ferme le proprie peculiarità. Questo spaziare che ci dà la globalizzazione è bello, ma deve portare ad una vera conoscenza delle diverse culture, non alla loro banalizzazione. Le peculiarità, a mio avviso, devono rimanere
sempre ferme e ben definite.
I centri culturali devono muoversi, spesso in un ambito molto vasto. Dal caffè alla gastronomia, dai vini ai
libri, dalla poesia al cinema. È facile conciliare tutto
ciò? È “redditizio” e si deve stare molto attenti agli
equilibri, quando lo si fa?
Assolutamente sì. Un simile approccio coglie pienamente la difficoltà di questo lavoro. Io non sono un
tuttologo. Nessuno di noi lo è, ed è ovvio che è molto
difficile spaziare in una panoramica culturale così
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