Foro ellenico 1/2007
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Foro ellenico 1/2007
La grecia contemporanea in un nuovo libro I cinquant’anni dell’Europa unita e i giovani greci Quando la bellezza non smette di stupire: Amorgòs, Kalymnos e le chiese bizantine di Atene In Questo Numero 4 Devozione e spiritualità secondo la tradizione di Giovanna Guidi e Gianluca Santoni 8 Kalymnos, l’isola degli arrampicatori di Stefano Ardito 12 l’Ente del Turismo Ellenico un impegno costante per far conoscere la Grecia di Leandros Sklivaniotis 14 Il fascino discreto di Amorgos di Alessandro Gilardini Foroellenico Anno X n° 1 2007 pubblicazione bimestrale a cura dell’Ufficio Stampa dell’Ambasciata di Grecia in Italia 00198 Roma - Via G. Rossini, 4 Tel. 06/8546224 - Fax 06/8415840 e-mail [email protected] In copertina: Collaborazione giornalistica Teodoro Andreadis Synghellakis Hanno collaborato a questo numero S. Ardito, R. Caparrini, A. Gilardini, K. Gonì, G. Guidi, C. Luciani, M. Mondelou, C. Rossi Massimi, A. Nobile, P. Saltalamacchia, L. Sklivaniotis 17 La Grecia Contemporanea Perché un libro sulla Grecia di Rudy Caparrini 22 A Trieste una nuova “casa” per la cultura ellenica di Teodoro Andreadis Synghellakis 24 La generazione greca dell’Unione Europea di Kyriaki Goní 28 Il convegno internazionale di Atene: Nikos Kazantzakis, Traduttore e tradotto di Cristiano Luciani 31 Lì dove l’amore rapisce l’anima Impaginazione Enrico De Simone Per le foto si ringrazia: ANA (Athens News Agency), V. Chatzijannis, G. Santoni, “La Sindrome di Antonio” di Claudio Rossi Massimi 33 Gli altri ellenofoni in Italia: “Εγω′ µιλα′ω ρωµαι′ικα” di Policarpo Saltalamacchia 37 Calizza di Lindo di Agostino Nobile 38 Gli dei multicolori di Maria Mondelou è possibile consultare la versione digitale di Foroellenico presso il sito internet: www.ambasciatagreca.it dove potete trovare anche informazioni sull’attualità politica e culturale della Grecia Questo numero è stato stampato presso il “Consorzio AGE”, Via dei Giustiniani, 15 - 00196 Roma 41 La “Globalizzazione” della cultura come conoscenza reciproca di Teodoro Andreadis Synghellakis editoriale RICORDI E FUTURO U n nuovo viaggio nella Grecia più sorprendente: bellezza antica, quasi nascosta, nel cuore di Atene e nelle sue chiese bizantine. E gli sport, quasi estremi, a Kalymnos, l’isola famosa per i suoi pescatori di spugne. Un nuovo viaggio in compagnia di Foroellenico alla scoperta di quella Grecia in grado di offrire turismo, di livello altissimo, a tutti e tutto l’anno, senza mai annoiare grazie alla sua storia e i mille volti del presente. È La Grecia contemporanea, alla quale è dedicato il libro di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco e Ninni Radicini, presentato dall’Ufficio Stampa dell’Ambasciata Greca nella sede della Stampa Estera a Roma. Tre autori per un volume che ripercorre la storia Greca nel periodo più recente, ma paradossalmente meno conosciuto, che va dalla fine della dittatura dei colonnelli fino ai giorni nostri. Un viaggio nel tempo ricco di dati, una sorta di indagine scrupolosa realizzata con spirito di osservazione critico ma anche tanto ‘amore ragionato’ per un Paese che sa sorprendere chiunque approfondisca il suo cammino nella democrazia. La presentazione del libro, svoltasi alla presenza, tra gli altri, degli ambasciatori della Grecia presso la Santa Sede, Stavros Likidis e della Repubblica di Cipro, signora Athina Mavronicola, è stata una buona occasione per informare e discutere della Grecia contemporanea, ma anche per emozionarsi e sorridere grazie anche ai ricordi ed ai racconti del portavoce del governo Greco Evanghelos Andònaros, una lunga carriera da corrispondente in prima linea, e agli interventi dei giornalisti italiani Antonio Ferrari e Graziano Sarchielli. Un incontro con la storia e con chi ama la Grecia perché la conosce. Occasione di incontro anche le celebrazioni per i cinquanta anni dalla firma dei Trattati di Roma; evento al quale ha partecipato la Presidente del Parlamento Greco, Anna Benaki, che è intervenuta sul tema” i Parlamenti cuore della costruzione europea”, e la gioia della gente dell’Europa nei Fori Imperiali a parlare, conoscere, assaporare la cultura degli “altri” che poi siamo noi. I cittadini dell’Europa Unita, già cinquantenne e così giovane. Come sono giovani i partecipanti alla nostra piccola indagine sulla generazione greca nata e vissuta nell’era dell’Europa senza confini ma ancora oggi piena di incomprensioni e limiti. Una realtà alla quale i giovani Greci vogliono avere voce, partecipare sempre di più per realizzare passi concreti e sogni. Un futuro nell’Europa Unita dalle radici multiculturali nelle ‘terre perdute’, come quelle degli italiani profughi di Smirne e approdati a Rodi dove, scrive con infinita nostalgia, Policarpo Saltalamacchia “…le varie comunità, greca, turca, ebrea ed italiana diedero una inconfutabile dimostrazione di come comunità di popoli differenti per civiltà,credo religioso, usi e costumi, possono convivere in pacifica e positiva concordia…”. Sullo stesso argomento anche un racconto di Agostino Nobile, che siamo felici di ospitare su Foroellenico perché le radici e i ricordi fatti di convivenza e integrazione sono l’anima della Grecia ospitale che noi vogliamo farvi incontrare. La stessa Grecia che incontra Claudio Rossi Massimi che nel suo libro ‘La sindrome di Antonio’ attraversa la terra di Platone nel periodo buio dell’oscurantismo dei colonnelli, guardando l’animo dei greci con gli occhi limpidi e sognanti dell’adolescenza. La sua, come la nostra, adolescenza. Buona lettura e buona estate Viki Markaki Foroellenico torna ad occuparsi dell’eredità forse più preziosa in dote alla Grecia, le sue bellezze paesaggistiche e naturali. Non solo mete turistiche tradizionali: le chiese bizantine di Atene, come ce le presenta l’obiettivo di Gianluca Santoni e la descrizione di Giovanna Guidi. Un vero gioiello da scoprire, a cui dedicare più attenzione, in una città rinata grazie alle Olimpiadi del 2004. Dove la religiosità ortodossa trova la sua massima espressione nel fasto dei riti, ma anche nella forza del silenzio, in un’intima comunicazione con ciò che è “altro”. Ma anche l’isola di Amorgòs, con un itinerario di Alessandro Giardini. I suoi “kafeneia”, i panorami mozzafiato, la “Chora”, che rimane quasi intatta. Ed anche qui i monasteri - con le loro immagini sacre - che si ergono a strapiombo sul mare. E per gli amanti dell’arrampicata sportiva, una sosta a Kàlymnos, visitata da Stefano Ardito. Un’isola di pescatori di spugne che ha saputo conoscere e pian piano aprirsi , apprezzare realmente gli amanti di questo sport, anche attraverso consistenti investimenti. Un’isola che dista appena quaranta minuti da Kos, ma con una vocazione meno turistica, legata alle sue rocce, ai suoi costoni, ai suoi panorami mozzafiato. Infine, un intervento del direttore dell’ufficio di Roma dell’Ente del Turismo Ellenico, Leandros Sklivaniotis, al quale abbiamo chiesto di spiegarci come la Grecia stia cercando di ampliare ancora maggiormente la sua offerta turistica, puntando tanto sulla sua tradizionale ospitalità, quanto sullo sviluppo di nuovi settori. E il nostro viaggio continua, alla ricerca di nuovi stimoli e nuove mete, pur consci del fatto che mai come in questi caso, nulla potrà sostituire, nulla potrà mai “parlare ai sensi”, come l’esperienza in prima persona. Devozione e spiritualità secondo la tradizione di Giovanna Guidi, foto di Gianluca Santoni L a Plaka, il cuore di Atene, un dedalo di viuzze brulicanti di botteghe, taverne, venditori, sempre affollate di gente di ogni tipo e nazionalità e animate a qualsiasi ora del giorno, da sempre custodisce inestimabili tesori architettonici. Si passeggia in questo quartiere sospeso tra le pieghe della 4 foroellenico storia, con lo sguardo calamitato dalla collina dell’Acropoli che lo sovrasta e che non si può fare a meno di ammirare e dai numerosi monumenti di epoca ellenistica e romana che si incontrano ad ogni passo. Mentre procediamo concentrati a non farsi sfuggire nessuna di queste millenarie mera- viglie, rischiamo di non dedicare la meritata attenzione ad alcuni monumenti più discreti, meno antichi, ma non per questo meno ricchi di storia e di fascino: le chiese bizantine. L’interno della chiesa di Aghii Theodori in Klafthmonos square Sopra la chiesa di Kapnikarea risalente all’XI sec. in Ermou Street A destra, la chiesa di Agia Ekaterini (interni) in galanou street vicino al monumento di Lisicrate Scampate al massiccio sviluppo urbanistico che negli anni `60 e `70 ha cambiato il volto alla capitale, si trovano sparse in ogni recondito angolo, alcune celate da un piccolo cortile, altre soffocate da moderni edifici e altre ancora affiancate dalle vestigia dell’antica Grecia. A vederle, incastonate nel caotico tessuto urbano della capitale, edificate in pietra e laterizi e con le loro cupole aggraziate, sembrano dei modellini. Varcata la soglia, la curiosità lascia il posto allo stupore. Affreschi dai colori vivissimi ricoprono interamente le pareti e i soffitti. I soggetti abbracciano l’intero universo cristiano: l’Antico e il Nuovo Testamento, la vita dei santi, parabole e profezie. Al culmine, nella cupola, il punto più alto della chiesa, domina il Cristo Pantocratore, dominatore del cielo, circondato da angeli e arcangeli. In basso si affollano figure più terrene di apostoli, santi e anacoreti. L’atmosfera è carica di devozione. I fedeli ortodossi frequentano quotidianamente il tempio: entrano, fanno un giro attorno, foroellenico 5 Interni della chiesa di Aghios Nicolaos (AGIOS NICHOLAS RANGAVAS) situata sotto il lato nord est dell’Acropoli tra Pritaneiou ed Epicharmou street baciano le icone e vi accendono davanti le candele. Il movimento è continuo. I ceri, appena accesi, devono essere tolti per far posto ai nuovi. Venendo da piazza Syntagma la prima che si incontra è la chiesa di Kapnikarea. Sfuggita alla demolizione due volte, la prima nel 1834, quando vennero iniziati i lavori per la realizza- zione dell’arteria commerciale Ermou street, grazie all’interessamento di Ludwig di Baviera e la seconda nel 1863, per l’intervento del vescovo di Atene, è uno dei più importanti monumenti bizantini della capitale. Fondata nel 1050 è la fusione di due cappelle unite da un unico nartece. Poco distante, superata la minuscola Agia In basso particolari architettonici e decorativi della chiesa di Kapnikarea in Ermou street 6 foroellenico Paraskevi risalente al periodo ottomano, un’unica stanza con volta a botte e un delizioso pergolato che la precede, si trova Agii Theodori (Klafthmonos square). Sulla facciata due placche di marmo testimoniano un restauro dovuto ad un ufficiale amministrativo dell’Impero Bizantino, tale Nikolaos Kalomos e la data di probabile fondazione: anno 1065. L’anno di costruzione è stato confermato dagli esperti in base alle caratteristiche architettoniche della chiesa. I muri esterni sono ornati da un fregio, i cui elementi decorativi imitano l’antica scrittura araba con la quale fu scritto per la prima volta il Corano nella città di Kufa, nell’odierno Iraq. Simili decorazioni compaiono anche sugli esterni della coeva chiesa di Agii Assomati, in Ermou street, tra Monastiraki e Psirri. Con la pianta a croce greca, le caratteristiche quattro colonne e la cupola, la costruzione rispecchia le chiese bizantine ateniesi di quel periodo. In privilegiata posizione sul lato sud-est dell’Antica Agora la chiesa di Agii Apostoli Solaki è il solo monumento a parte il tempio di Hephaestus (più noto come Theseion), ad essere rimasto intatto dall’anno della sua fondazione. L’edificio risale al X secolo ed è la Sopra la chiesa dei Santi Apostoli, risalente al X secolo, si trova a sud dello Stoa di Attalo, nell’angolo sudest dell’Antica Agora prima chiesa significativa del periodo medio Bizantino e la prima ad essere definita del tipo ateniese. Fu costruita sulle fondamenta di un ninfeo del II secolo. Ritrovamenti archeologici e testimonianze scritte indicano che la chiesa subì alcuni danneggiamenti nel 1687 durante la guerra tra gli Ottomani e i Veneziani. Nel XVIII sec, quando fu restaurata, nuovi affreschi vennero aggiunti. Accanto alla nuova cattedrale di Atene la piccola Panagia Gorgoepikoos, meglio conosciuta come Mitropolis ( piccola cattedrale), è unica. Fu costruita nel XII secolo utilizzando materiali di antiche costruzioni greche, romane e paleocristiane. É quasi interamente in marmo. Pietre e mattoni furono impiegati soltanto per la cupola. La varietà dei fregi è particolarmente interessante. Vi sono marmi scolpiti del IX e X sec. con disegni di origine orientale come animali, piante, l’albero della vita e immagini della tradizione popolare. Si distinguono anche scene scolpite dei Giochi Panatenaici, dei trionfi romani e altre di origine bizantina con sfingi e forme Chiesa di Kapnikarea, interni geometriche. Per “cristianizzare” tutto l’insieme di questi simboli pagani, furono aggiunte croci scolpite tra una scena e l’altra. Vicino al monumento di Lisicrate si trova la chiesa di Agia Ekaterini, con pregevoli affreschi e un’interessante icona di Santa Caterina. In Anafiotika, un gruppo di case di sapore cicladico aggrappate sul fianco nord dell’Acropoli, sono quattro le chiese bizantine, una delle quali, Agios Joannis Thelogos, conserva affreschi del XIII sec. e due colonne di epoca romana. Dopo aver ammirato la minuscola Metamorfosi Tou Sotiros, dell’XI sec. e Agios Nicholas Rangavas con una bella iconostasi lignea, si giunge ad Agii Anargyri Kolokinthi, del XVII sec., luogo di sepoltura dell’importante famiglia Palaiologo. In questa chiesa l’atmosfera è carica di devozione e spiritualità, forse perché, secondo la tradizione, lo Spirito Santo da Gerusalemme giunge qui la notte prima della domenica di Pasqua. foroellenico 7 KALYMNOS, L’ISOLA DEGLI ARRAMPICATORI Testo e foto di Stefano Ardito D alla grande grotta di Kalymnos lo sguardo spazia sull’Egeo. Verso l’orizzonte si allunga il promontorio di Emboriòs, alle sue spalle appaiono le alture di Leros. Pendii di erba e sassi, percorsi da capre al pascolo, scendono verso le case di Masoùri e il mare. Di fronte si alza l’isola rocciosa di Telendos. Sul mare increspato dal vento passano le barche dei pescatori. Tra le rocce e il mare sorge una chiesetta bianchissima. La somiglianza con le altre isole greche finisce qui. L’autunno sta per lasciare il posto all’inverno, ma Kalymnos è ancora piena di turisti. 8 foroellenico Invece che con maschere e pinne vanno in giro con corde, imbragature e moschettoni. Come i bagnanti dell’estate arrivano da ogni angolo d’Europa, e poi dagli Stati Uniti e dall’Australia. In nove anni l’isola, famosa per i suoi pescatori di spugne, è diventata una delle mète più amate dagli arrampicatori in tutto il mondo. “Il primo a scoprire queste pareti è stato il romano Andrea Di Bari” racconta Aris Theodoropoulos, l’arrampicatore ateniese che ha tracciato molti itinerari su queste rocce e ha scritto la guida alle pareti di Kalymnos. “E’ arrivato nell’estate 1996 in cerca di mare e sole, si è accorto che il calcare è straordinariamente solido, è tornato e ha chiodato le prime vie. A rendere famosa l’isola, oltre al passaparola tra gli appassionati, è stata la stampa specializzata: Alp in Italia, Rotpunkt in Germania, Climbing negli Stati Uniti. Oggi gli itinerari sono un migliaio”. Da quando esiste l’arrampicata sportiva, quella che a volte viene chiamata free climbing, i suoi praticanti e gli alpinisti classici s’incontrano solo in rare occasioni. Ma il sole e il calcare di Kalymnos hanno fatto mischiare le due tribù. Hanno tracciato nuove vie su queste rocce autori di grandi vie sul Monte Bianco come lo svizzero Michel Piola e i francesi Patrick Gabarrou e Catherine Destivelle, specialisti di grandi pareti calcaree come il marsigliese François Guillot e i fratelli svizzeri Yves e Claude Rémy, campioni di arrampicata sportiva come l’americano Dave Graham e il francese François Legrand. Dall’Italia, dopo Di Bari, sono arrivati il trentino “Manolo” Zanolla, autore di molti exploit dolomitici, e il bergamasco Simone Moro protagonista di grandi ascensioni himalayane. Insieme a loro sono sbarcati a Pòthia centinaia di arrampicatori “normali”, spesso con bambini al seguito, che hanno iniziato ad affollare gli alberghi, le camere in affitto e i ristoranti di Masoùri, di Myrtiès e degli altri villaggi ai piedi delle rocce. “Il bello di Kalymnos è che si può arrampicare tutto l’anno. Le stagioni migliori sono la primavera e l’autunno, d’inverno sulle pareti esposte a sud si può scalare in maglietta. D’estate c’è vento, e molte pareti sono all’ombra per buona parte della giornata. Si arrampica al mattino e al tramonto, e nelle ore più calde si fa il bagno” sorride Aris Theodoropoulos. Se i climber di mezzo mondo hanno fatto presto a innamorarsi di Kalymnos, per i 17.000 abitanti dell’isola il processo è stato più difficile. “Questa è un’isola chiusa, tradizionalista, poco toccata dal turismo balneare, che ha ottenuto un aeroporto solo nello scorso agosto. Migliaia di isolani sono emigrati a Kos, ad Atene o in Australia” spiega Yorgos Roussos, professore di matematica e sindaco di Kalymnos. “All’inizio la gente dell’isola non capiva questi giovani vestiti in maniera strana e che andavano in giro con lo zaino. Qualche affittacamere non li voleva proprio. Poi li abbiamo conosciuti, abbiamo scoperto che molti sono professionisti o imprenditori, li abbiamo accolti a braccia aperte. Nell’ultimo anno, per promuovere l’arrampicata, abbiamo speso 150.000 euro” continua il primo cittadino. Kalymnos, d’altronde, è molto diversa da Kos, che dista quaranta minuti di traghetto, o da Rodi dove si arriva in un’ora e mezza di aliscafo. “Loro hanno le spiagge, gli alberghi, i charter da tutta Europa. Noi puntiamo foroellenico 9 su arrampicata, trekking, speleologia e immersioni. Vogliamo riaprire le terme nate quando, dal 1912 al 1944, l’isola è stata possedimento italiano” conclude Roussos. “C’è stato molto lavoro da fare” aggiunge Katerina Klonari, vulcanica responsabile dell’ufficio turistico di Kalymnos. “Nei primi anni qualcuno non voleva gli arrampicatori, altri hanno cercato di sfruttarli facendoli dormire in camere senza letti, o in tende piantate nel giardino. Prima di promuovere le pareti dovevamo garantire la qualità dell’accoglienza”. Della qualità del calcare di Kalymnos, invece, non si è mai lamentato nessuno. Se gli strapiombi della dolina di 10 foroellenico Sikati e della Grande Grotta (scoperta da Andrea Di Bari, e quindi con un nome italiano) offrono ai climber di alto livello vie tra il 7a e l’8c della scala francese, tra il nono e il decimo grado classico, le pareti di roccia grigia hanno permesso di aprire centinaia di vie alla portata di molti. Sulla sicurezza di chi scala vegliano Nikos Iatropoulos e l’ufficio municipale per l’arrampicata, che non ha eguali a Finale Ligure, a Sperlonga e negli altri santuari dell’arrampicata nostrana. Ogni anno i chiodi e i moschettoni di calata di tutte le vie vengono controllati, e se è necessario sostituiti. Da qualche anno, al Comune di Kalymnos, dà una mano la Petzl uno dei più importanti produttori di materiali da alpinismo del mondo. “All’inizio abbiamo fornito del materiale, nel 2004 abbiamo inviato due arrampicatori, spesati e stipendiati da noi, ad aprire vie nuove. Nello scorso ottobre abbiamo sponsorizzato il Roc Trip, un raduno cui hanno partecipato quindici tra i migliori climber del mondo e seicento dilettanti” spiega Laurent de la Fouchardière, responsabile comunicazione di Petzl. “Investiamo a Kalymnos perché è bella, la roccia è fantastica, le strutture ricettive sono buone. Il nostro messaggio, da qui, arriva in tutto il mondo”. Così, nel Roc Trip di ottobre, mentre gli arrampicatori “normali” si spostavano da una parete all’altra, i big si sono concentrati sulle nuove e strapiombantissime vie (quella degli uomini era di 8c, undicesimo grado) della dolina di Sikati. Alcuni di loro, come lo spagnolo Dani Andrada, il californiano Chris Sharma e la slovena Martina Cufar sono riusciti, altri no. Tutti si sono divertiti, e hanno promesso di tornare. “Ho arrampicato in tutto il mondo, pochi posti sono così affascinanti” spiega il bavarese Alex Huber, che ha compiuto straordinarie imprese in Patagonia, sulle Dolomiti e in Karakorum, e che è stato più volte indicato da Reinhold Messner come il migliore alpinista del mondo. “Amo le grandi pareti, mi piace arrampicare qui al sole. Spero che qualche giovane, dopo essersi divertito su queste rocce, porti la sua classe e la sua voglia di fare sulle grandi pareti del mondo”. Da Kalymnos alle Tre Cime il passo è breve. Da “Specchio” de La Stampa del 13 gennaio 2007 foroellenico 11 l’Ente del Turismo Ellenico un impegno costante per far conoscere la Grecia Leandros Sklivaniotis - Direttore dell’Ufficio dell’Ente del Turismo Ellenico di Roma F per migliorare la sua visibilità internazionale ed aprirsi all’interesse del grande mercato asiatico e dei Paesi emergenti dell’Est-Europa. Ma per un paese che offre un prodotto balneare così ambito e articolato, una delle principali priorità è quella di riuscire a superare lo schema del turismo strettamente limitato alla stagione estiva. Quindi, per riuscire a proporre la Grecia dodici mesi l’anno ed uscire dal binomio stereotipato di “sole e mare”, bisogna dare un nuovo grande slancio all’offerta, con formule tematiche che incontrino la domanda internazionale, assieme a forme di turismo alternativo. Una formula, su cui si punta molto in questo momento, proprio perché in forte ascesa nel panorama di viaggi europeo, è quella degli short break a cui è stato ar entrare la Grecia tra le prime cinque destinazioni turistiche del mondo. È uno degli ambiziosi obiettivi che si pone Fani Palli-Petralia, attuale Ministro del Turismo, che aspira anche a registrare nel 2007 un record pari a 16 milioni di visitatori, dopo i 15 dello scorso anno. E proprio l’investimento di 40 milioni di euro, (quasi il doppio di quanto stanziato negli ultimi anni), da parte del Ministero per promuovere il Paese all’estero, testimonia l’importanza che il turismo riveste per la Grecia. Le entrate arrivano a toccare quasi i 12 miliardi di euro l’anno - il 18% del PIL garantendo bel 800.000 posti di lavoro. La decisione di predisporre il suo portale www.visitgreece.gr in ben dieci lingue - incluse quelle dell’estremo oriente - conferma che la Grecia si sta attrezzando 12 foroellenico dedicato dedicato il “City Break Expo”, organizzato ad Atene dall’11 al 13 Giugno 2007. Un workshop d’affari, che supera il normale format della fiera commerciale e sulla scia del successo riscosso dalla prima edizione del 2006 di Helsinki candida la capitale greca a diventare una delle mete preferite dal turista europeo per brevi e lunghi weekend, grazie alla possibilità di esplorare l’eredità storica, scoprendo allo stesso tempo i mille volti del presente. Inoltre, Atene ha recentemente ospitato anche la finale di calcio di Champions League e la Final Four della Euroleague di Basket. Se oggi la Grecia può permettersi di gestire avvenimenti sportivi di così grande risonanza lo deve soprattutto ai Giochi Olimpici del 2004, che hanno contribuito non solo a cambiare il volto di Atene e di altre zone del Paese, ma hanno anche rivalutato le potenzialità del Turismo Sportivo come forma alternativa grazie al vasto numero di strutture realizzate per l’occasione e lasciate in eredità. Anche il primo ministro Costas Karamanlìs, riferendosi all’espansione del settore turistico, ha recentemente sottolineato: “Il 2004 è stato un anno cruciale per lo sviluppo del turismo greco. I sensazionali Giochi Olimpici che abbiamo vissuto, sono stati abbinati all’elaborazione di una dettagliata politica per il turismo. Il successo dei Giochi ha fatto arrivare in tutto il mondo l’immagine della Grecia contemporanea. Ha dato slancio alla Grecia della Storia e della Cultura. Ha promosso la Grecia della sicurezza e dell’ospitalità. Ha creato un’eredità polisemantica, materiale e immateriale, lasciando grandi strutture in dote al turismo”. E per l’appunto: la Grecia desidera espandersi anche in nuovi campi. Anche l’alta qualità delle strutture congressuali, di cui oggi il nostro paese dispone, contribuiscono a renderlo competitivo nel quadro professionale internazionale. Soprattutto, però, la sua storia, la cultura, l’arte, la posizione geografica, la mitezza del suo clima, la bellezza delle isole ne fanno una meta, dove è possibile “esplorare i propri sensi” (per citare lo slogan dell’ultima campagna pubblicitaria internazionale 2007 che viaggia sugli autobus di Roma e i mezzi pubblici di Milano) e trasformare un viaggio d’affari, un meeting internazionale o una convention in un’“esperienza” diversa rispetto alle più classiche destinazioni del turismo congressuale. Non a caso, a Marzo di quest’anno è stato organizzato ad Atene un educational tra PCO Italia - Italcongressi e Hapco (Hellenic Association of Professional Congress Organizers), mirato proprio a far conoscere il nuovo volto della capitale ellenica. Questo slancio, questo rinnovamento, di cui la Grecia è protagonista, si riscontra non solo nelle fiere a carattere spiccatamente professionale, dove è ormai presente da anni, ma anche nelle iniziative più originali, che il nostro ufficio di Roma, ha intenzione di organizzare nel prossimo futuro. Parliamo di eventi tematici o settimane promozionali attraverso la rete delle grandi librerie, come è gia avvenuto in alcune città italiane. Ci riferiamo alla partecipazione dell’Ente del Turismo Ellenico, lo scorso Marzo, per quattro giorni, a “Globe in the City”, con uno Stand informativo in una delle principali piazze di Roma a diretto contatto con cittadini e turisti. Ma anche alla recente Giornata greca del 30 Aprile organizzata a Firenze presso la sede della Regione Toscana per incontrare la stampa, gli agenti di viaggio e gli operatori locali. L’obiettivo era quello di iniziare a far conoscere le varie realtà turistiche regionali per da far fronte a quelle che sono le diverse esigenze del mercato. Ritornando alla Città Eterna, non vorremmo dimenticare la manifestazione di tre giorni all’Outlet di Valmontone, (centro commerciale alle porte della capitale) con la partecipazione, oltre che nostro Ente, anche di numerosi operatori del settore interessati a promuovere i loro cataloghi in previsione della stagione estiva. L’Ente del Turismo Ellenico, sia a Roma che a Milano, è a disposizione di tutti gli amici italiani. Promettiamo un impegno ancora maggiore nel fornire informazioni a tutti gli amici italiani che vogliano scoprire ancora più a fondo o iniziare a conoscere il nostro paese, ma anche nel sostenere il lavoro degli imprenditori, degli operatori e degli agenti di viaggio, riservando una particolare attenzione ai rapporti con la stampa e naturalmente, ai lettori di Foroellenico. La nostra disponibilità, è il nostro miglior biglietto da visita. La finale di Champion League 2007 vinta dal Milan allo Stadio di Atene foroellenico 13 Il fascino discreto di Amorgos di Alessandro Gilardini - Vicecaporedattore esteri del TG5, foto di Enrico Pallini F ino ad una decina di anni fa ci si approdava più per caso che per scelta, fatto sta che invece oggi questa lunga e stretta striscia montuosa, che emerge dalle acque ai confini delle cicladi, continua a guadagnarsi, un’estate dopo l’altra, un numero sempre maggiore di estimatori. Amorgos è così: timida al primo approccio quanto incredibilmente generosa con chi dimostri la pazienza di adeguarsi ai suoi ritmi. 117 km di perimetro roccioso cosparso di calette e insenature, 55 km di lunghezza per una larghezza che varia dai 2, nel punto più stretto a ridosso del porto principale di Katapola, ai 6, nella regione montana a Nord dello scalo di Aygiali. Quest’isola raggiungibile solo via mare mantiene inalterato il suo fascino di bellezza naturale e di oasi di quiete anche in quei periodi estivi altrove congestionati di turisti. Del resto proprio le caratteristiche morfologiche delle sue coste, spiaggie di sabbia pressocché inesistenti se non in coincidenza con i due porti, e la 14 foroellenico quasi totale mancanza di mondanità e vita notturna, determinano un’immediata selezione naturale nella tipologia del frequentatore di questo paradiso. Si tratta perdipiù di viaggiatori nord-europei, escursionisti, instancabili camminatori, giovani coppie con bimbo nello zaino al seguito, qualche comitiva di francesi che hanno conosciuto Amorgós sull’onda del succeso del film “le grand bleu” di Luc Besson girato proprio qui, e ruvidi velisti ormeggiati nella conca naturale del porto di Katapola. È qui che ferve la vita quotidiana dell’isola più che nella splendida Chora sovrastante (6 km per 10 minuti di autobus). Sempre bella e rilassante la passeggiata che attraversa tutto il lungomare di Katapola: taverne, piccoli bar, negozietti di artigianato. E per chi volesse godersi al tramonto il panorama del porto consigliamo di proseguire il cammino verso Est fino a lasciarsi alle spalle le ultime case del borgo ed il cimitero. Quindi risalendo la riva del lungo fiordo che scende verso Katapola, si può il promontorio che si affaccia sul porto inquadrandolo in tutta la sua dolcezza. Dal mare la Chora resta comunque sempre nascosta. il villaggio, fondato nel 9 secolo d.C., è raggiungibile anche a piedi, salendo dal porto lungo un vecchio sentiero (considerate almeno un’ora di cammino). Pittoresca la posizione del borgo, appoggiato su un costone di roccia davanti ad una profonda vallata protetta dai venti orientali da una lunga collina disseminata di mulini a vento. Una Chora rimasta quasi completamente intatta e fortunatamente immune dai pesanti ed invasivi segni della modernità. Godetevi silenzi ed atmosfere d’altri tempi seduti al tavolo di un vecchio Kafenion con un libro ed una bevanda fresca. Ma le sorprese dell’isola sono ancora tante. Superata la collina dei mulini, l’isola offre i suoi gioielli più preziosi. Subito all’uscita del paese la strada asfaltata vi porterà ad un panorama mozzafiato: pareti di roccia che sprofondano in un mare blu cobalto, l’insenatura e le limpide calette di Aghía Anna e, a custodire e proteg- gere tanta bellezza, il monastero della panagia Chozoviotissa. L’incredibile luogo di culto, che appiccicato alla montagna si erge a strapiombo sul mare, fu eretto da Alessio I nel 1088 e conserva la famosa icona della Vergine che sarebbe giunta fin qui dalla Terra Santa. La strada prosegue poi arrampicandosi lungo la costa e scivolando giù versa la piana meridionale dell’isola, ma,prima di raggiungere i paesini di Kamari, Vroutsi e foroellenico 15 Arkesini, consigliamo qualche sosta in quelle che sono le più belle calette dell’isola. La comoda spiaggia di ciotoli di muros con taverna e quella più difficile da raggiungere di amudi dove vi consigliamo di arrivare con una buona scorta di acqua e un tendalino parasole. Sul lato opposto, collegato alla chora da una strada panoramica che si snoda tra curve, salite e discese lungo tutto l’asse longitudinale dell’isola, sorge il secondo porto di Amorgos: Aygiali. Divenuto famoso verso la metà degi anni ´70 tra le comunità hippies nordeuropee per le sue spiagge e per l’assoluto isolamento, il porticciolo è invece ormai divenuto il principale polo turistico dell’isola. Qui, risparmiando Katapola e la Chora, sono stati costruiti complessi alberghieri all’avanguardia e guest-house dal sapore più familiare. Più delle spiaggie che si aprono sull’insenatura del porto, proprio di fronte alla cittadina e all’ormeggio dei traghetti, meritano una visita i paesini che spuntano dai monti che si affacciano sul golfo come 16 foroellenico Potamós subito sopra ad Aygiali da dove si può intraprendere il cammino della vecchia mulattiera che arriva fino alla Chora (2-3ore). Belli e suggestivi per un aperitivo al tramonto o una cena con spettacolare vista su tutta l’insenatura di Egiali anche i villaggi di Tholaria e Langhada. foto di Vasilis Chatzijannis Trent’anni di Grecia La storia contemporanea della penisola ellenica tra il 1974 e il 2006 I l volume “La Grecia contemporanea: 1974-2006” è stato presentato il 20 aprile nella sala conferenze dell’Associazione Stampa Estera in Italia. Oltre agli autori, Rudy Caparrini e Vincenzo Greco, hanno preso la parola, il portavoce del governo greco Evanghelos Andònaros, lo storico Grigoris Psallidas, dell’università dello Ionio ed i giornalisti Antonio Ferrari e Graziano Sarchielli. “I greci sono stati capaci di organizzare un’ ottima Olimpiade, malgrado i sospetti e a volte, la malafede dei giornali stranieri, specie anglosassoni”, ha sottolineato Antonio Ferrari. Ha voluto poi ricordare che “un inviato del New York Times, giunto ad Atene per occuparsi di eventuali falle al sistema di sicurezza dei Giochi, è dovuto rientrare a casa anzitempo, per mancanza di materia prima, di avvenimenti nefasti da riportare”. L’inviato del Corriere della Sera non ha tralasciato di riferirsi anche alle grandi opere completate in occasione delle Olimpiadi, come la metropolitana di Atene - “tenuta in uno stato esemplare”, e la Attikì Odos, che collega la capitale greca all’aeroporto Eleftherios Venizelos. Prendendo in prestito la definizione dello storico Antonis Liakos ha poi aggiunto: “penso si debba fare riferimento a tre grandi riformatori, della Grecia moderna. Kostantino Karamanlìs, che ha portato il paese nella Comunità europea, Andreas Papandreou, che ha portato al potere classi sino ad allora escluse, e Costas Simitis, che con uno stile completamente diverso, ha dato serenità alla vita politica del paese”. Il portavoce del governo ellenico Evanghelos Andonaros, ha ricordato che “Non si deve dimenticare che la dittatura dei colonnelli (1967- 1974) è caduta, lasciando dietro di sé solo macerie. Malgrado ciò, dal momento in cui Kostantino Karamanlìs ha assunto, nel corso della drammatica estate del 1974, il governo del paese, la democrazia non ha mai corso pericoli, neanche per un momento. Al contrario: il consolidamento del multipartitismo ed il ricambio dei partiti al potere, in condizioni di assoluta normalità, nel quadro della repubblica parlamentare, ha creato il clima adatto, che ha permesso alla Grecia di definire i suoi obiettivi e di divenire una potenza regionale ed un affidabile partner europeo, sia sul piano economico che politico”. Da parte sua, lo storico Grigoris Psallidas, nella sua analisi, ha sottolineato: “nelle lezioni, all’Università dello Ionio, mi fermo agli anni 1989-90, sia per quel che riguarda la storia greca, che quella europea. Per motivi diversi. Nel 1989 - nei dieci mesi che vanno dal foroellenico 17 foto di Vasilis Chatzijannis giugno del 1989, all’aprile del 1990, pensiamo che la vita politica greca, la vita parlamentare greca abbia conosciuto una accentuata «italianizzazione», per due motivi. Uno è stata l’instabilità di governo, ed il secondo, il cosiddetto «compromesso storico». Un compromesso storico a la greca”. Il professor Psallidas ha aggiunto che la Grecia sta attraversando la sua quarta repubblica, e che il 1989 ha costituito la prova di resistenza più dura, per il sistema politico greco. “il compromesso storico in questione, tra il centro destra di Nuova Democrazia e la sinistra di Synaspismos (costituita da comunisti filosovietici e da eurocomunismi) ha obbligato il partito al potere sino a pochi mesi prima, il Pasok, ad aprire un dialogo, una volta all’opposizione, in base a termini politici. Ed è per questo che pensiamo si sia imposta, in seguito, la cosiddetta «tendenza riformatrice», espressa da Kostas Simitis dopo il 1996, che ha proseguito sul piano della politica estera e su quello economico, la politica che non era stata portata a termine da Nuova Democrazia nel 1993”. Graziano Sarchielli, inviato del “Giorno” ad Atene, nei giorni che portarono alla caduta del regime dei colonnelli, ha ricordato la difficoltà, che oggi possono apparire irreali, nel poter comunicare con l’Italia, dall’albergo Grande Bretagne, di piazza Syntagma. Un aneddoto che ha voluto citare, riesce a far capire come sia cambiato il lavoro del giornalista, anche in situazioni di estrema difficoltà, negli ultimi trent’anni: “aspettavamo anche una giornata intera per poter parlare con Roma, e non mai scorderò le lacrime del collega Bernardo Valli, che aveva scritto dei pezzi bellissimi, che però non riuscì mai a dettare”. Perché un libro sulla Grecia L a prima volta che ho pensato di realizzare questo volume risale al gennaio 2004. Tale idea maturò dentro di me mentre stavo leggendo il libro La lezione spagnola, scritto dal sociologo iberico Victor Perez-Diaz (con una lunga prefazione di Michele Salvati) e pubblicato da Il Mulino. Tale opera, che spiegava molto bene come la Spagna fosse passata dalla dittatura alla democrazia nel volgere di pochi anni, mi suggerì una serie di analogie con la Grecia, paese mediterraneo con parecchi punti di convergenza con la penisola iberica. La Grecia, come la Spagna e anche Portogallo, è una democrazia molto 18 foroellenico giovane rispetto agli standard europei occidentali. Atene, Madrid e Lisbona hanno visto crollare i rispettivi regimi dittatoriali solo a Rudy Caparrini metà degli anni ‘70 (1974 per Grecia e Portogallo, 1975 la Spagna). Parecchi giornalisti italiani di grande rilievo, per tutti cito Beppe Severgnini del Corriere della Sera, hanno avuto occasione di affermare che Grecia e Portogallo si somigliano molto. Non posso esprimermi al riguardo poiché foto di Vasilis Chatzijannis di Rudy Caparrini non sono mai stato in Portogallo. Posso, invece, confermare le analogie esistenti tra Grecia e Spagna, nazioni che conosco bene per il fatto di averle visitate entrambe agli inizi degli anni ’90, per la prima volta, per poi tornare in più occasioni. Si tratta di due Stati che sono cresciuti in modo rilevante in questo periodo. In Italia si parla molto della Spagna, abbastanza del Portogallo mentre la Grecia gode di scarso interesse. Il solo testo in lingua italiana dedicato al paese ellenico è Storia della Grecia moderna dell’inglese Richard Clogg, professore emerito al St. Anthony’s College di Oxford. Un libro di elevato spessore scientifico, opera di uno di un insigne studioso della storia ellenica. Il limite del libro di Clogg, tuttavia, consiste nel fatto che narra gli eventi solo fino al 1996. Pertanto, il volume esclude gli otto anni di governo di Costas Simitis (1996-2004), tra quelli che hanno cambiato il volto del paese. Ebbi occasione di verificare i progressi compiuti dalla Grecia nel mese di ottobre 2003, quando mi recai per una breve vacanza ad Atene insieme a mia moglie, in occasione del nostro primo anniversario di nozze. La città era piena di lavori in corso in vista delle imminenti Olimpiadi, che la capitale greca avrebbe ospitato nell’agosto del 2004. Quel viaggio, il terzo per me in terra ellenica, mi rivelò un paese in grande fermento: moderno, efficiente e desideroso di compiere il balzo. Comparando la Atene del 1990 (la mia prima volta in Grecia) con quella del 2003, compre- La cerimonia di accensione della fiaccola, nel santuario di Olimpia per i giochi della XXVIII Olimpiade si che i greci avevano compiuto enormi passi in avanti. La lettura del libro di Perez-Diaz, avvenuta nel gennaio 2004 quando il ricordo del viaggio ad Atene era Atene 28 maggio 1979 il Presidente Costantinos Karamanlís firma l’atto di adesione della Grecia alla Comunità Europea ancora vivo, giunse quindi in un momento ideale per me. Iniziai a pensare che mi sarebbe piaciuto scrivere un volume simile a quello del sociologo spagnolo, una sorta di “La lezione greca”, che potesse spiegare in modo chiaro l’evoluzione complessiva della nazione ellenica in ambito politico, economico e sociale. Prima di procedere, tuttavia, dovevo ottenere la conferma definitiva delle mie impressioni. Ho ritenuto opportuno attendere l’esito delle Olimpiadi di Atene 2004, l’evento che, nel bene o nel male, avrebbe segnato le sorti della Grecia contemporanea. Il mio ruolo di studioso e ricercatore di questioni mediterranee mi ha imposto di frenare il mio filo-ellenismo, che avrebbe potuto indurmi a esprimere giudizi esageratamente entusiastici, quindi poco obiettivi. Ogni valutazione sulla Repubblica Ellenica doveva essere rimandata a dopo lo svolgimento dei Giochi Olimpici. Nel frattempo, ho osservato con attenzione i molti eventi che hanno visto protagonista la Grecia nel fatidico 2004. Già nel mese gennaio, mentre completavo la lettura del libro di Perez-Diaz e seguivo l’approssimarsi delle elezioni nella penisola ellenica, indette per il 7 marzo, si rafforzava in me la convinzione che sarebbe stato interessante informare l’opinione pubblica italiana sulla realtà della Grecia contemporanea. Il 9 marzo, appena dopo lo svolgimento delle elezioni politiche, notai che il Corriere della Sera aveva posto in prima pagina un articolo, firmato da Antonio Ferrari, dal titolo Lezione di stile e di alternanza. Quel pezzo mi persuase che occorreva dedicare maggiore spazio all’evoluzione in corso nel paese ellenico. Quanto è accaduto nei mesi successivi del 2004 ha fugato tutti i dubbi si potevano nutrire in precedenza. Il 2004 è stato davvero l’anno della Grecia. Ogni nazione ha avuto nella sua storia anni particolari, ricchi di eventi degni di essere tramandati ai posteri. Per la Grecia l’anno 2004 sarà per sempre ricordato come quello della definitiva consacrazione a livello internazionale. In quell’anno la penisola ellenica ha ottenuto una serie di successi di notevole spessore, meritando la ribalta in ambito sportivo, politico e sociale. La nazionale greca di calcio ha vinto, fra la sorpresa generale, il Campionato foroellenico 19 europeo in Portogallo. Le trionfali Olimpiadi di Atene 2004 hanno mostrato al mondo la capacità organizzativa e politica di un paese molto cresciuto. L’indubbio successo d’immagine ottenuto grazie ai Giochi Olimpici, riconosciuto dai media di tutto il mondo, ha indotto l’opinione pubblica mondiale a rendere merito degli enormi progressi compiuti da una nazione che, fino a quel momento, era guardata con diffidenza. Il credito ottenuto grazie ad Atene 2004 ha consentito alla Grecia di guadagnarsi un posto nell’élite della politica mondiale. Il 15 ottobre la nazione ellenica ha ottenuto un seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’organo da sinistra: Vincenzo Greco, Antonio Ferrari ed Evanghelos Andònaros alla precompetente per il mantenimento sentazione del libro “La Grecia contemporanea” della pace e della sicurezza nel mondo, la sede dove si discutono le più scito (187 voti a favore su 191 totali), Grecia contemporanea: Ninni Radicini rilevanti questioni di politica internaziodecisi che era giunto il momento di e Vincenzo Greco. Grazie a Internet, nale di tutto il pianeta. tradurre in pratica la mia idea. Nel ho potuto inoltrare loro l’idea e suddiProprio all’indomani dell’ingresso corso dei mesi ero riuscito a coinvolvidere i compiti. Ninni Radicini si è della Grecia nel Consiglio di sicurezza gere nel progetto due colleghi, occupato della competizione politica dell’Onu, ottenuto con un vero plebianch’essi studiosi delle vicende della interna, svolgendo un lavoro eccellente nel narrare le vicende che hanno condotto il paese al consolidamento del bipolarismo e di un’alternanza governativa perfino sorprendente, da UNA “BREVE STORIA DELLA GRECIA MODERNA” fare invidia a molti paesi europei (Italia in primis). Vincenzo Greco ha Un altro libro è stato dato recentemente alle strampe. Si tratta di analizzato in maniera dettagliata la “Breve storia della Grecia moderna”, del giornalista livornese politica estera attuata dai governi di Mauro Faroldi, per le edizioni “il Quadrifoglio” . L’autore, dopo un Atene dal 1974 a oggi, concentrandoriferimento al dominio franco, alla dinastia dei Paleologhi ed al si su alcuni temi cruciali della politica periodo della turcocrazia, si concentra sulla storia della nazione estera di Atene nell’ultimo trentennio: Greca a partire dal XIX secolo, per arrivare al 2004, anno del cambio le relazioni con la Turchia, la questioal vertice tra Pasok e Nuova ne di Cipro, l’adesione della Grecia Democrazia e dell’ allargamento alla Comunità europea, il contenzioso dell’Unione europea. Il libro è con la Fyrom. La parte di mia compecorredato da profili bibliografici tenza è stata suddivisa in due capitoli di personaggi- chiave della stodistinti. In primo luogo, ho trattato lo ria greca degli ultimi secoli (da sviluppo economico e il mutamento Theódoros Kolokotrónis a sociale che la Repubblica Ellenica ha Aléxandros Panagoúlis), da una conosciuto nell’ultimo trentennio. cronologia che si conclude con Accanto a un’analisi di tipo generale la scelta di Karolos Papoulias, ho scelto di presentare un capitolo più nel dicembre 2004, come nuovo specifico dedicato per intero al 2004, Presidente della Repubblica l’anno che ha consacrato la Ellenica e da cenni bibliografici Repubblica Ellenica come realtà di utili a chi volesse approfondire tutto rispetto a livello internazionale. temi quali la lotta per l’indipenOltre al rilevante contributo fornito da denza nazionale ed il suo conRadicini e Greco, decisivo è stato pure solidamento, gli anni ’50 e ‘60, la l’assenso pervenuto da parte del grande giornalista Antonio Ferrari del dittatura dei colonnelli, la Grecia Corriere della Sera, senza dubbio il oggi. massimo esperto italiano di ciò che accade oggi in Grecia, che si è detto 20 foroellenico subito disponibile a collaborare per la buona riuscita del libro. Come era facile prevedere, l’apporto di Ferrari è stato fondamentale per impreziosire il volume. La prefazione di Antonio Ferrari è una fotografia eloquente di quello che è la Grecia contemporanea. Il volume vuole essere una guida utile per saperne di più sulla Grecia di oggi. Il libro, che pure si basa su una ricerca di tipo scientifico, si pone il fine di essere divulgativo, di facile lettura per chiunque intenda saperne di più su un paese affascinante, cui noi italiani ci sentiamo legati a filo doppio. Non ci siamo limitati solo a cantare le lodi della Grecia. Piuttosto, ci siamo posti l’obiettivo di presentare un quadro obiettivo di una nazione che, dal 1974 appunto, ha iniziato un cammino che l’ha condotta prima nella Cee, poi nell’euro, quindi nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Negli ultimi decenni la Grecia ha recuperato molte posizioni, gettando le basi per un’ulteriore crescita politica, economica e sociale. Il nostro libro è stato costruito partendo da questo dato di fatto. Abbiamo inteso dimostrare che la Grecia non è solo un luogo che richiama alla memoria la gloria del passato, della grande epoca classica o dell’Impero bizantino. Esiste una realtà odierna che presenta una nazione in grande fermento, che molto è progredita e che guarda ancora avanti. La tendenza alla crescita economica e sociale è Il ponte Rio-Antirrio proseguita anche dopo le Olimpiadi del 2004. Al contrario di quanto fu creduto da parecchi osservatori stranieri, i quali pensavano che la crescita del Pil ellenico fosse dovuta solo all’effetto Olimpiadi, l’economia greca è andata ugualmente bene negli anni successivi. Nel 2005 si è avuta una crescita notevole della ricchezza prodotta per un valore superiore del 3,7% rispetto al 2004, segnando un livello fra i più elevati fra tutti i paesi membri della Ue. Gli indicatori macroeconomici hanno segnato ottimi livelli anche per il 2006. Una buona fotografia di quello che è oggi la Repubblica Ellenica viene fornita da ciò che hanno scritto i miei due colleghi al termine dei rispettivi capitoli. Ninni Radicini afferma: “ La Grecia del ventunesimo secolo è lanciata verso nuovi prestigiosi traguardi internazionali e può contare sulla forza di un popolo orgoglioso della nazione e delle cultura ellenica. Un esempio per l’Europa”. Vincenzo Greco scrive: “Questa è la Grecia del XXI secolo: un paese democratico, che nutre confidenza e rispetto per i comuni valori europei”. Opinioni che condivido in pieno. Senza voler eccedere in trionfalismi ingiustificati, non esito ad affermare che la Grecia è oggi una nazione moderna, che ha colmato gran parte del gap col resto dell’Europa Occidentale. L’epoca in cui la Repubblica Ellenica veniva considerata la “pecora nera d’Europa” è tramontata. In virtù dei risultati conseguiti negli ultimi anni, Atene si pone come punto di riferimento essenziale per l’area dei Balcani e dell’intera Europa sudorientale. Il Presidente del Parlamento Yánnis Alevrás, Kostantino Karamanlís e Andrea Papandreou all’inizio degli anni ‘80, in occasione della Festa nazionale del 25 Marzo foroellenico 21 A Trieste una nuova “casa” per la cultura ellenica L a Fondazione per la Cultura Greca, continua a rafforzare la sua presenza all’estero. Dopo Belgrado, sta per aprire i suoi battenti, la sede di Trieste, città con un a for- 22 foroellenico tissima presenza greca nel corso dei successivo al Trattato di Passarowitz, secoli. La sede, concessa dalla storisiglato da Carlo VI con il sultano della ca Comunità dei Greci Ortodossi di Sublime Porta, che stabiliva la vicenTrieste, si trova nel centro della città, devole libertà di commercio e navigain piazza San Giovanni. I locali, ospizione. Nel 1719 Trieste venne proclateranno una biblioteca, mata “porto franco”, dando nuovo spazi per incontri culturali, impulso all’attività commerciale. La uffici amministrativi. Tutcomunità greco-orientale si venne a tavia, il peso maggiore, formare nel 1782 ed il suo primo atto, verrà dato all’insegnamenfu la richiesta di erigere un tempio sul to ed alla diffusione della fronte mare. La costruzione avvenne lingua greca. L’accordo, è tra il 1784 e il 1795, ma già nel 1787 stato firmato, in gennaio, vi fu celebrata la prima messa. I greci ad Atene, dal presidente dedicarono la nuova chiesa a San della Fondazione per la Nicolò ed alla Santissima Trinità, Cultura ellenica, professor come radice e fine di tutto il mondo Gheorghios Babiniotis e cristiano. Poco più tardi, nel 1801, dal presidente della venne fondata la scuola greca, assieComunità dei Greci ortome alla biblioteca, che ancora oggi è dossi di Trieste, Michalis la più ricca mai creata dai greci della Chatzakis, che nel frattemdiaspora. È possibile consultare po ha concluso il suo mandato. In alto: il Presidente della La scelta, come dicevaFondazione per la Cultura Greca, professor Gheorghios Babiniotis mo, non è stata casuale. ed il presidente della Comunità La presenza greca a dei Greci ortodossi di Trieste, Trieste, ci riporta indietro Michalis Chatzakis firmano l’accordo di quasi tre secoli, al a sinistra uno scorcio della città periodo immediatamente a destra Una stampa che ritrae la città di Trieste alla seconda metà del ‘700 anche edizioni del quotidiano “Nea Estia”, pubblicato a Trieste a partire dal 1855. Anche il cimitero della comunità, si presenta in ottimo stato di conservazione, e, costituendo un vero e proprio monumento della memoria storica, risulta molto utile per gli approfondimenti di ricercatori ed antropologi che incentrano la loro ricerca sulla presenza di minoranze etnico - religiose in Europa. La città, dai diecimila abitanti del 1.700, dopo un secolo, arriva a toccare i 24.000, ed i greci sono già più di mille. Nel porto franco dell’Impero austroungarico, si diffusero rapidamente le idee di libertà ed indipendenza, che portarono al Risorgimento nazionale ellenico, con la “filikì eteria” ed il passaggio di personaggi di spicco come Rigas Ferreos o Antonis Coroniòs. Ma la presenza greca è, innanzitutto, indissolubilmente legata ai traffici ed alle attività commerciali: nel settore dei saponifici, della produzione tessile, nella produzione del rosolio. Inizialmente in collaborazione con la comunità serba ed ebraica, in seguito in modo autonomo. Intorno al 1.850, la comunità, conta più di 4.000 membri. I greci, poi, anche per la loro millenaria tradizione marinara, decisero di occuparsi attivamente anche del campo delle società assicurative, legate spesso alle navi degli armatori. Nel 1826, Anghelos Jannikésis, originario di Zante, fondò il Banco Adriatico d’Assicurazioni, mentre nel 1838, contribuì alla fondazione della ben nota Riunione Adriatica di Sicurtà. Anche per ciò che riguarda la creazione dell’altro colosso assicurativo della città, le Assicurazioni Generali, fu decisiva la collaborazione di Tedeschi, serbi della Dalmazia, ebrei di Venezia e di Trieste, e di molti greci, tra cui le famiglie dei Rallis, Skaramangàs, Stamátis. Il mulino a vapore della famiglia Oikonómou, nel 1875, dava lavoro a trecentocinquanta operai, mentre l’imprenditoria greca, era parte attiva negli scambi della borsa locale. Trieste, quindi, come città multiculturale, punto di incontro tra i Balcani, il Mediterraneo e il centro Europa. Una città che è riuscita a superare anche le profonde ferite della Seconda Guerra Mondiale e della divisione che ne seguì. I greci, cosmopoliti per vocazione e tradizione, non potevano che ambientarvisi e prosperare. Nell’ultimo secolo, la presenza ellenica, si è via via ridotta. A partire dal XIX secolo, Trieste, con il crollo dell’Impero Austro Ungarico, ha perso parte della sua centralità, sono aumentate le famiglie miste, mentre la città, nel suo complesso, ha conosciuto un noto periodo di crisi, a partire dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale. Oggi, la comunità greca conta circa duecentocinquanta membri, ma continua ad essere presente in modo dinamico nella vita sociale e culturale del capoluogo giuliano. Organizza eventi, offre gratuitamente corsi di greco moderno e di danze tipiche tradizionali, finanzia l’edizione di pubblicazioni a carattere scientifico sulla cultura neogreca. Ma non solo: gestisce anche un albergo e un ristorante di cucina tipica, per non dimenticare che la conoscenza reciproca, può partire anche dall’arte culinaria. Teodoro Andreadis Synghellakis Trieste, il molo S. Carlo foroellenico 23 La Grecia ha partecipato con entusiasmo alle cerimonie per i cinquant’anni dai Trattati di Roma, che diedero vita alla Comunità europea. La storica chiesa di San Teodoro al Palatino, con la preziosa cripta del IV secolo d.C., è rimasta aperta ai visitatori per l’intera giornata di domenica, 25 marzo, mentre nello stesso giorno, nel parco centrale della manifestazione “Villaggio Europeo”, in via dei Fori Imperiali, si è esibito il gruppo di danze Tradizionali di Cefalonia, “Eghialòs”. Nella cerimonia celebrativa tenutasi al Senato, la Grecia è stata rappresentata dalla Presidente del Parlamento Ellenico, professoressa Anna Benaki, con un intervento sul tema “I Parlamenti, cuore della Costruzione Europea”. La professoressa Benaki, è voluta anche essere presente all’inaugurazione della mostra “Capolavori dell’Arte Europea”, a cui la Grecia ha partecipato con una Kore del VI sec. a.C., rinvenuta nel 1886 ad Ovest dell’Eretteo. Indossa un lungo chitone stretto in vita, sollevato sul lato destro. Nella parte superiore, un himation scende perpendicolarmenete, disegnando pieghe graduali. Il Vicepresidente del Parlamento Ellenico, onorevole Sotiris Chatzigakis, ha rappresentato la Grecia al seminario dell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, mentre, dal ministero degli esteri di Atene, è giunto a Roma anche il segretario responsabile per gli affari europei, Dimitris Katsudas. Lo stand greco in via dei Fori Imperiali, è stato visitato da migliaia di persone, amanti della storia, delle bellezze naturali e dell’ospitalità greca, che hanno voluto sapere di più, su un paese che non finisce mai di stupire. La generazione greca dell’UNIONE EUROPEA di Kyriakí Goní A volte, il giorno del nostro compleanno, sentiamo il bisogno di fare una valutazione – piccola o grande – della nostra vita. Se ci siamo comportati correttamente in varie 24 foroellenico situazioni, se abbiamo approfittato di tutte le opportunità, se abbiamo fatto capire agli altri i nostri sentimenti e i nostri pensieri. A volte gli altri ci giudicano, e anche questa è una parte importante della procedura di tale valutazione. Dunque, avendo come pretesto il 50° compleanno dell’UE, scrivo questo articolo per valutare il percorso compiuto finora. Una valuta- Gli stand dei diversi paesi europei allestiti lungo via dei fori imperiali zione che scaturisce dalle esperienze dei giovani greci relative all’Unione europea a 25 anni dall’adesione del nostro Paese. L’Unione delle nazioni europee, non proprio come la viviamo e ci accostiamo ad essa oggi, ma anzitutto come una visione, ha una lunga storia. Dal Medioevo in poi si è creata una concezione “diversa” dell’Europa. Era la concezione di alcuni filosofi e pensatori (Kant, Comenious, Hugo, ecc.) secondo la quale i punti comuni esistenti tra i popoli europei, come la vicinanza geografica, l’influenza dell’antico spirito greco, del Cristianesimo e dell’Illuminismo, avrebbero potuto avvicinarli gli uni agli altri. Un avvicinamento, però, diverso dagli altri, in quanto sarebbe stato pacifico e consensuale, voluto cioè dalle stesse nazioni europee. Molto più tardi dal primo concepimento di questa idea, e dopo due catastrofiche guerre mondiali, la visione dell’Europa unita ritorna più forte e inizia a prendere corpo. Nel 1950 iniziano le prime trattative. Il Ministro degli Affari Esteri francese, Robert Schuman propone la gestione comune delle industrie di carbone e acciaio della Germania Occidentale e della Francia. A queste si aggiungono Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo e formano la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (1951). È stato l’inizio del legame tra i paesi europei. Nel 1957 vengono firmati i Trattati di Roma e viene fondata la Comunità Economica Europea che promuove un mercato comune di beni e di servizi e l’abolizione dei dazi doganali. Nel 1922 con la firma del trattato di Maastricht, si mettono le basi di una politica estera e una sicurezza politica comune, per una colla- borazione più stretta in materia di giustizia e di affari interni, e per la creazione di un’unione economica e monetaria che includerà una moneta comune. L’UE conta oggi 25 stati membri, mentre due paesi aspettano di aderire nel 2007. La Grecia è stata presente fin dai primi passi di avvicinamento tra i paesi europei. Nel 1961 firma con la CEE un Trattato che promuove la graduale integrazione della loro unione doganale e prepara il paese al suo futuro ingresso. Con la dittatura (1967 – 1974) le procedure di adesione vengono bloccate, ma il trattato aveva già cominciato a preparare il terreno per lo sviluppo economico della Grecia e nel 1981, avendo il paese tutte le carte in regola per l’ingresso, diventa il decimo stato – membro dell’UE. Nel 2002 viene incorporato nella Comunità Economica Monetaria, adottando come moneta ufficiale l’Euro. La prima generazione nata e cresciuta in una Grecia membro dell’UE è quella alla quale appartengo anch’io. Non abbiamo vissuto l’esperienza antecedente al periodo dell’adesione dello Stato greco, al contrario, fin dalla nascita ci portiamo dietro la realizzazione di questa identità di cittadini il gruppo di sbandieratori provenienti da Città di Castello che hanno animato la manifestazione foroellenico 25 L’ambasciatore della Repubblica ellenica Anastassis Mitsialis (a sinistra) insieme a Stavros Lykidis, Ambasciatore presso la Santa Sede allo stand della Repubblica Greca europei, così desiderata ma anche così contestata dai Greci. Proprio questa caratteristica, cioè la nostra nascita in una Grecia membro dell’Europa, conferisce alla nostra generazione una particolarità e probabilmente la porta a collocarsi diversamente riguardo alle questioni collegate all’UE. Sono state mandate sei domande via internet ai giovani greci, abitanti della Grecia, di 20 – 30 anni, soprattutto studenti universitari, neo laureati e neo lavoratori. È stata creata una rete…di amici, che hanno condiviso pensieri, preoccupazioni e critiche riguardo a questa educazione politica che si chiama UE. Le domande coprivano principalmente tre argomenti. Primo: la conoscencome si è sviluppata fino ad oggi. za generale e specifica della stessa Uno dei motivi della creazione Unione Europea, come anche il rapdell’Unione europea è, secondo molti, porto della Grecia con quest’ultima. l’esigenza di assicurare la pace e l’eSecondo: l’identità del cittadino quilibrio in una Europa ferita dalla Europeo con tutto ciò che questa Seconda Guerra Mondiale. Una percomporta, come anche i sentimenti e centuale più bassa degli intervistati la critica nei confronti dell’UE. Il terzo ignora la visione sull’Unione europea argomento riguardava il futuro: previcome primo probabile motivo della sioni e proposte per l’UE, la Grecia e sua creazione e la considera sempliil percorso di adesione della Turchia. cemente un’unione economica, il cui A parte le problematiche personali principale dovere era la promozione che hanno portato alle domande del mercato. Nonostante ciò, la magposte, ha giocato un ruolo importangior parte riconosce che sono inclusi tissimo la stessa attualità. nei criteri di adesione i diritti umani e Gli intervistati sono stati sollecitati ad esprimere liberamente la loro opinione Danze folcloristiche sull’UE, a preoccuparsi e a greche sul palco dei fori imperiali giudicare la realtà europea nella quale vivono. Il loro numero è stato limitato a quarantacinque, una “comunità” capace di sostenere una ricerca di così esiguo spessore e allo stesso tempo sufficiente per condurre un’osservazione così breve ad alcune conclusioni. Di questi quarantacinque, hanno risposto in trentadue, dei quali tre hanno dichiarato indifferenza o totale ignoranza. I giovani Greci che hanno risposto al questionario sembrano informati sull’Unione europea, sui motivi della sua creazione, e molti, anche su 26 foroellenico la difesa dell’ambiente. Alcuni hanno definito l’Unione Europea come un “tentativo”, in quanto credono che si tratti di una procedura ancora incompiuta che di conseguenza non può essere giudicata. Inoltre, è stato sostenuto che si tratta della risposta dell’Europa agli USA. Non sono mancate le opinioni critiche che hanno considerato l’UE come il coronamento di un “giardino dell’Eden”, che è proibito agli altri stati. In modo simile, parecchi di quelli che hanno partecipato si sono preoccupati dei diritti dell’uomo – criticando il dominio di un puro liberalismo. E quanto si sente Europea questa generazione che è nata ed è stata allevata in una Grecia “europea” e che è informata abbastanza bene sull’UE? Quali spiegazioni e prospettive dà all’identità del cittadino europeo, vede dei collegamenti con la sua identità greca? “Vorrei sentirmi europeo ma le circostanze in Grecia ancora non lo consentono del tutto … siamo sulla buona strada, ma in molti settori ci vuole uno sforzo maggiore”, dice M. (studente del master, 25 anni). Gli investimenti nell’ambito della ricerca, dell’istruzione e della difesa dell’ambiente non sono considerati sufficienti, tutti, senza eccezione, credono che dovrebbero aumentare. Secondo molti, nell’espressione “Cittadino Europeo” non c’è altro che la partecipazione del nostro paese alla UE, cioè “…Cittadini europei di nome, ma nella mia quotidianità sono cambiate pochissime cose”. Tutti senza eccezione hanno mostrato totale ignoranza sui doveri e sui diritti dei cittadini europei, e parecchi sentono che la loro partecipazione non sia sufficiente. D’altro canto sanno che il dovere principale della Grecia come membro dell’UE, è di attenersi alle istruzioni del Parlamento Europeo. La libera circolazione, la moneta e il passaporto comune come anche il diritto allo studio (tasse universitarie di basso costo, assistenza sanitaria) e il lavoro negli altri stati membri, sono degli elementi che fanno sentire agli intervistati il realizzarsi dell’identità europea. L’argomento dell’identità nazionale è stato messo in discussione quasi da tutti, ed è stata sottolineata la sua priorità rispetto all’identità europea, senza però escludere la coesistenza di entrambe, al contrario alcuni hanno sostenuto che l’una completa l’altra. Si stima che per la sostanziale instaurazione dell’identità europea nelle coscienze dei cittadini degli stati-membri ci vorranno più di cent’anni. A proposito di questo argomento due giovani hanno espresso il loro disappunto riguardo all’assenza della “storia e della voce dell’Europa orientale”, così come è stata espressa negli anni di Bisanzio in poi, nella formazione dell’identità europea. Questa ambivalenza dell’identità greca, descritta in maniera molto interessante dall’antropologo sociale americano Michael Herzfeld (1) nel suo libro “Πα′λι δικα′ µας”, mostra fino ad un certo punto anche l’atteggiamento verso l’UE. Alla domanda “filoeuropeo o euroscettico”, le risposte dimostrano esattamente questa scissione e anche un’intensa preoccupazione riguardo al percorso dell’UE. Quasi la metà degli intervistati hanno dichiarato di essere filoeuropei, mantenendo un atteggiamento critico e avendo alcune obiezioni su come funziona l’UE. La difesa e la protezione della democrazia in territorio europeo e greco, i fondi e l’ammodernamento, l’espansione del merca- to del lavoro e l’attuale necessità di una maggiore competitività da parte dei greci, la partecipazione e la rivendicazione dei diritti nelle situazioni intricate, come per esempio la questione di Cipro, sono i motivi più menzionati riguardo al carattere filoeuropeo dei giovani greci. Al contrario, quelli che dichiarano di essere euroscettici sono pochissimi. Esprimono semplicemente in modo più intenso le preoccupazioni già esistenti negli stessi filoeuropei. Solo cinque intervistati si sono dichiarati molto ottimisti per il futuro e hanno previsto un ulteriore allargamento che farà diventare l’UE più La Kore forte offrendo una maggiore coesione e unione a livello politico ed economico. Pensano che lo sviluppo e la protezione delle diverse culture dell’Europa e il collegamento con altre zone geografiche, costituirà un esempio da imitare anche per gli altri continenti. Tutti, senza eccezione, hanno proposto alla Grecia di adottare un atteggiamento ancora più attivo, di gestire meglio i fondi europei e di cercare, sfruttando la sua posizione geografica di importanza strategica, di diventare “un giocatore regionale importante dell’Europa orientale”. Come è noto, l’Europa orientale resta per i greci un argomento cruciale e non potrebbe mancare ovviamente in questa breve ricerca una domanda sulla possibilità, tanto discussa, dell’ingresso della Turchia all’UE. Anche se pochi intervistati sottolineano un possibile sviluppo positivo della situazione di Cipro a proposito di un futuro ingresso della Turchia e ritengono questa adesione possibile - a causa del vasto mercato e della manodopera a basso costo offerta dagli 80 milioni di Turchi - non c’è nessuno che l’appoggi. Come sottolinea N. (studente del master, 26 anni) l’adesione della Turchia non dipende del VI secolo a.C. con cui la Grecia ha preso parte alla mostra “Capolavori dell’arte europea” esclusivamente da essa, ma prima di tutto dall’UE e dal modo in cui si autodefinisce. Quindi se saranno più chiari gli obiettivi futuri e l’identità dell’UE, allora anche i suoi cittadini potranno realmente giudicare se un paese come la Turchia può diventare membro della Comunità. Alla fine di questa breve ricerca le conclusioni che ne scaturiscono osservando la nostra generazione, coetanea della “Grecia Europea”, sono varie e interessanti. I giovani greci sono informati sull’UE, in particolare riguardo agli argomenti che riguardano la realtà greca. Non sembra che respingano la formazione politica dell’UE, ma mantengono un atteggiamento critico verso di essa e stimano che sia passibile di tanti cambiamenti e correzioni. Sono in cerca di una visione che possa sostenere l’unione dell’Europa, ma allo stesso tempo sostengono vivamente la conservazione dell’identità culturale e nazionale, proponendo la sua coesistenza con quella europea. Traduzione di Vrissiida Drossou e Anastasia Noce (1) Michael Herzfield, “Πα′ λι δικα′ µας. Λαογραϕι′ α, Ιδεολογι′α και η ∆ιαµο′ ρϕωση της Συ′γχρονης Ελλα′δας”, Εκδο′σεις Αλεξα′νδρεια, Αθη′να 2002. foroellenico 27 Il convegno internazionale di Atene: NIKOS KAZANTZAKIS TRADUTTORE E TRADOTTO di Cristiano Luciani - Università di Roma “Tor Vergata” N ell’ambito delle manifestazioni, organizzate in tutto il mondo per celebrare i cinquanta anni dalla morte dello scrittore cretese Nikos Kazantzakis (Iraklio 1883Freiburg 1957), si colloca il Convegno Internazionale, che si è tenuto nei giorni 13-15 marzo presso l’Istitut Français di Atene. Con il patrocinio della Presidenza della Repubblica Ellenica ed il concorso anche di altre istituzioni, fra cui l’Istituto di Cultura Italiana, l’Instituto Cervantes, il Goethe Institut, il Centro Europeo di Traduzione (EKEMEL), l’Association International Amis de Kazantzaki e la rivista Nea Estia, ha preso vita un interessante e articolato incontro su uno degli aspetti meno studiati dello scrittore: la traduzione, intesa nella duplice direzione di Kazantzakis traduttore e Kazantzakis tradotto. Si è trattato di un doveroso omaggio all’uomo che prima di qualsiasi politico ha unito l’Europa. Del resto il coinvolgimento dei quattro Istituti europei è giustificato anche da una stretta affinità con la biografia dello scrittore. A Parigi egli approfondì i suoi studi post-universitari di legge e seguì le lezioni di Bergson. In Italia ammirò l’arte rinascimentale, studiò la leggenda di San Francesco, tradusse il Principe di Machiavelli e la Commedia di Dante, annoverato fra le sue “guide spirituali”. I soggiorni in Spagna gli ispirarono le traduzioni da poeti del XX secolo, fra cui Federico Garcìa Lorca. Con la Germania aprirà e chiuderà i conti della sua vita, dagli influssi della filosofia di Nietzsche, su cui discuterà la sua tesi dottorale, fino alla morte a Freiburg nel 1957. 28 foroellenico È stato questo il primo dei due convegni celebrativi previsti ad Atene; il prossimo cadrà a Ottobre 2007 (nei giorni dal 22 al 25) e presenterà una mostra-vendita delle opere tradotte insieme alla proiezione dei film tratti dai romanzi più noti dello scrittore (L’ultima tentazione, Alexis Zorbas, Cristo ricrocifisso) e a una tavola rotonda sul tema: «Kazantzakis europeo. Viaggi, filosofia, letteratura, politica». Oltre agli studiosi specialisti, la manifestazione è stata onorata anche dalle stimate presenze degli scrittori Vasilis Vasilikòs e Titos Patrikios. Secondo il programma, le serate del 13 e 14 marzo sono state dedicate alle problematiche traduttologiche e ai rapporti di Kazantzakis con le personalità di filosofi, scrittori e scienziati, che hanno contribuito a formare il suo pensiero. Così, Omero e gli scrittori classici (relazioni di Fànis I. Kakridìs e di Alexandra Zervù), Bergson, Nietzsche e Darwin (Athina Vughiuka), il Faust di Goethe (Walter Puchner), il teatro (Kyriakì Petraku, la quale proprio di recente ha pubblicato una voluminosa monografia sull’argomento), Moris Maeterlink (Vasilis Vasilikòs), la Divina Commedia di Dante (Fìvos Ghikopulos), il Michele di Machiavelli (Dimitris Armaos) e, infine, un quadro di carattere più complessivo sulle traduzioni da autori francesi (Cecil Inglesi Marghiellu), da poeti spagnoli del XX secolo (Kostantinos Paleologos) e, più in generale, le influenze delle traduzioni nell’opera originale dello scrittore cretese hanno costituito il tessuto informativo della prima categoria di interventi. Da uno sguardo d’insieme è emerso quasi costante il processo di adeguamento dei testi tradotti alle esigenze dello spirito forte di Kazantzakis, al punto di improntare di sé quasi ogni autore scelto per la traduzione. Kazantzakis, come si vede, anche a dispetto delle difficoltà ermeneutiche che il suo linguaggio propone, non cessa di far parlare di sé, continua a essere sullo scenario dell’editoria europea fra i più noti scrittori greci. È il più europeo fra i cretesi, senza per questo essere stato costretto a levarsi di dosso la veste di cretese. Nato a Iraklio nel 1883, quando Creta era A destra: il Museo Kazantzakis situato a Varvaroi, a circa 20 Km a sud di Herakleion. Sotto: la biblioteca dello scrittore cretese ancora in lotta per l’affrancamento dal riprende la vita politica come Ministro dominio ottomano, si trasferisce nel senza portafoglio dell'Educazione del 1902 ad Atene, per gli studi di legge governo Sofulis, ma dal 1946 lascerà che completa, nel 1907, a Parigi, definitivamente la Grecia, anche a dove segue alcune lezioni di Bergson causa delle mutate condizioni politie conosce la filosofia di Nietzsche, da che e si stabilisce in Francia, ad cui riceverà una forte impronta. Antibes. Intanto sia la Chiesa ortoTornato in patria, lavora alla traduziodossa che quella romana lo persegue ne di opere filosofiche e, nel 1914, a causa dei romanzi Capitan Michele entra in contatto con lo scrittore e L'ultima tentazione che, ancora Ànghelos Sikelianós, con cui, solidanella versione cinematografica di le in un forte entusiasmo nazionalistiMartin Scorsese nel 1988, continuerà co e di ricerca mistica, intraprende diversi viaggi per i monasteri del Monte Athos e per altri luoghi della Grecia. Nel 1919, con l’incarico di direttore generale del Ministero per gli Affari Sociali, organizza il trasferimento delle popolazioni greche originarie del Ponto, dal Caucaso in Macedonia e in Tracia a seguito della Rivoluzione Russa del 1917. Da questo momento in poi Kazantzakis viaggia costantemente. Soggiorna a Parigi, a Berlino, in Italia, in Unione Sovietica come corrispondente di un quotidiano ateniese, in Spagna e Italia dove intervista Miguel Primo de Rivera e Benito Mussolini, a Cipro, in Egitto, sul Monte Sinai, in Cecoslovacchia e di nuovo in Russia e in Francia. Le impressioni di queste visite presero corpo nei volumi ora considerati classici della letteratura di viaggio greca. Dopo la seconda guerra mondiale Nikos Kazantzakis ai microfoni della BBC a destare lo scandalo di gruppi religiosi negli Stati Uniti. Nella sua veste di personaggio di fama mondiale si giustifica dunque anche l’attenzione rivoltagli nella giornata conclusiva del Convegno di Atene, incentrata sulla “fortuna” dell’opera originale di Kazantzakis. Il panorama che ne è emerso ha lasciato un’impressione abbastanza caotica e lacunosa, per diverse ragioni. In particolare è stato fatto il punto sulle traduzioni in francese (Dimitris Fìlias), in tedesco (Dieter Roderich Reinsch), in spagnolo (Leadro Garcìa Ramìrez) in brasiliano (Lucilia Soares Brandao), in italiano (Cristiano Luciani), in russo (Michalis Pàtsis), in arabo (Georges Tarabichi) e in inglese (Peter Bien e Dimitris Gunelas). A giustificare il quadro di una mancanza di sistematicità nel repertorio delle opere tradotte intervengono sicuramente le difficoltà ermeneutiche che un’analisi del linguaggio di Kazantzakis solleva (si è parlato di “idioletto” e di impronta poetica nella sua prosa; insomma, si tratterebbe di una specie di Kunstprose moderna). Ma vanno aggiunti anche lo scarso interesse di certo pubblico, interesse in genere orientato dalle politiche editoriali, le inesperienze dei traduttori, ma anche la “mobilità” degli stessi testimodello usati di volta in volta per le traduzioni. Sembra passare inosservato il fatto che l’autore foroellenico 29 Kazantzakis assieme allo scrittore Albert Schweitzer Francobollo celebrativo con l’effigie di Kazantzakis ha dato alle stampe le stesse opere rivedute e corrette e che i traduttori possono aver utilizzato di uno stesso romanzo, per esempio, versioni leggermente diverse, dando l’impressione, taluni, di scarsa responsabilità del traduttore. Il che disturba certamente il filologo. Sarebbe auspicabile, prima di licenziare una traduzione di un’opera di Kazantzakis, censirne le varie “impressioni” pubblicate nel tempo e applicarvi una sorta di filologia dei testi a stampa, là dove si è convinti che le aggiunte, le omissioni e i mutamenti siano frutto di una riflessione autoriale, la quale dovrà essere assolutamente documentata. Per ricordare qualche caso: è risaputo che nella revisione delle bozze dell’Odissea, Eleni Kazantzaki abbia informato il marito della mancanza di due versi per arrivare al numero perfetto di 33.333 e che egli pregò la sua compagna di completarli per lui; oppure, sono visibili ancora nei suoi dattiloscritti di varie opere i continui ripensamenti e le correzioni che, in una edizione definitiva, andrebbero documentati in una sorta di apparato generativo. Solo a partire da un testomodello “stabilizzato” si potranno avviare nuove traduzioni più responsabili. Benché in Germania, che prendiamo qui a esempio per riassu- 30 foroellenico mere un problema comune in Europa, la prima traduzione di Alexis Zorbas, nel 1952, abbia raggiunto la considerevole cifra di 750.000 copie vendute e, nel 1976, sia stata pubblicata una traduzione revisionata, si avverte oggi la necessità di traduzioni nuove, mentre in Spagna la diffusione dell’opera di Kazantzakis copre circa un ottavo delle opere della letteratura neogreca tradotta. Ma anche qui si sente la necessità di una completezza che soddisfi il mercato. In Italia la conoscenza dello scrittore al largo pubblico è affidata alla traduzione di Mario Vitti del Cristo di nuovo in croce, che esce nel 1955. Nello stesso anno esce Zorba il Greco, tradotto però dall’inglese. Nel ’59 si pubblica Capitan Michele e solo del 1987 sono Il poverello di Dio, e L’ultima tentazione (tradotta dal francese). Questi i soli romanzi apparsi in Italia. La necessità nel nostro paese di una conoscenza ancora più profonda dello scrittore cretese, giustificata se non altro dalla sua risonanza mondiale, che coinvolga anche il resto della sua produzione artistica, o almeno un panorama ben più vasto rispetto a quello esistente, è quanto mai auspicabile, riuscendo a superare due ordini di difficoltà: le politiche editoriali (che ci auspichiamo mostrino maggiore interesse verso la Grecia moderna) e l’intricato problema dei diritti di traduzione che si connette all’empasse editoriale, derivata dai conflitti fra gli eredi aventi diritto dello scrittore. ■ Lì dove l’amore rapisce l’anima di Claudio Rossi Massimi P er i giovani della mia generazione il viaggio in Grecia era un sogno di libertà. Non sto esagerando perché pochi ricordano che ad esempio Mikonos era già negli anni ‘70 il luogo dell’anticonformismo dove ognuno era libero di vivere come voleva. Non tutti ricordano che i naturisti, che a quei tempi venivano più prosaicamente chiamati nudisti, trovavano in Grecia una tolleranza assolutamente sconosciuta in Italia. Partire per la Grecia ti metteva addosso quell’allegria fanciullesca di chi sa che non sarà deluso. La mia passione per questa terra è nata all’incirca quando avevo quindici anni, alla metà degli anni ’60, quando la mia scuola organizzò per Pasqua una crociera che ci avrebbe portato tra l’altro a Corfù, Epidauro, Delfi e Atene. Quella è stata la prima volta che ho posato il piede su quel suolo che oggi considero anche un po’ mio. Da allora non so quante volte sono andato in Grecia, ma certamente è il Paese nel quale mi sono recato più di ogni altro. Dire che esiste una sorta di dipendenza non è esagerato. Certo, la cultura e in particolare archeologia e filosofia sono state le muse di questo mio amore che senza di loro sarebbe stato forse meno fedele. Questi sono, solo in parte, i motivi per i quali il mio primo romanzo “La Sindrome di Antonio” non poteva che essere la storia di un ventenne che compie il suo primo viaggio in Grecia alla ricerca della libertà mentale, quella libertà che i ragazzi del ’68 consideravano la vera rivoluzione. Il viaggio che Antonio – il protagonista del romanzo – compie con la sua 500 è un viaggio al tempo stesso liberatorio e provocatorio perché c’è anche la voglia di andare a indignarsi per la patria della democrazia che, in quel momento, è offesa da una crudele e stupida dittatura. Nella sua ricerca di ciò che lo ha sempre affascinato, il protagonista del libro perderà qualcosa ma troverà molto. Perderà l’illusione di entrare nella caverna delle ombre di Platone, ma troverà la magia di Delfi dove ti accorgi di essere veramente al centro del mondo. Troverà come è piacevole perdersi tra le viuzze della Plaka mentre l’Acropoli illumina il cielo nero. Ma soprattutto troverà una giovane greca la cui bellezza è seconda solo al suo fascino. Durante il suo viaggio in Grecia Antonio incontrerà vari personaggi che serviranno a rendere quell’esperienza davvero indimenticabile. D’altronde non conosco altro posto al mondo dove il mito, la storia e il pensiero sanno amalgamarsi meglio con una natura aspra e dolce che invita all’oblio. Sono talmente convinto di tutto questo che, quando avrò la possibilità di scegliere un posto dove trascorrere il tempo che mi rimane, sceglierò quell’isola greca dove scrivere mi sarà più facile come è più facile l’amore con chi ti ha rapito l’anima. Claudio Rossi Massimi È nato a Roma il 22 marzo 1950. Laureato in Archeologia presso l’Università La Sapienza di Roma. E’ autore, regista e conduttore radiotelevisivo. Collabora dal 1978 con la RAI per la quale ha realizzato numerosi programmi. Intenso e tutt’ora attivo il suo rapporto con la radiofonia. Per la radio infatti ha condotto per molti anni i programmi culturali della seconda rete ed è stato la voce di molte trasmissioni storiche di Radio RAI tra cui il contenitore domenicale Carta Bianca, il Buongiorno di Radio 1, la Notte dei Misteri ecc. Claudio Rossi Massimi inoltre è stato regista e autore del programma di Radio 2 “RAI a quel paese”, varietà itinerante per il mondo realizzato presso le tante comunità di italiani all’estero. Per la tv ha presentato la prima edizione di “Tre, due, uno contatto…game”, programma pomeridiano per ragazzi. E’ autore e regista di alcuni documentari storici e turistici trasmessi dal Palinsesto Notturno di RAI 1 e dal programma di RAI 3 “Alle falde del Kilimangiaro” e direttore artistico della IMAGO Film Videoproduzioni. Ha collaborato inoltre con il Dipartimento di Archeologia dell’Università La Sapienza di Roma realizzando video relativi alle missioni archeologiche dell’Università nel deserto occidentale egiziano. Esperto in archeologia ed etnografia africana ha tra i suoi più grandi interessi quello per la storia e la mitologia antica. Con la “Sindrome di Antonio” è alla sua prima esperienza letteraria. foroellenico 31 Da: “La Sindrome di Antonio” di Claudio Rossi Massimi, edizioni Sovera “Appena seduti Efisio alzò il braccio destro e, indicando verso oriente, disse con un tono della voce che forse voleva essere solenne: «Ecco... quella laggiù è la casa degli dèi falsi e bugiardi.» Effettivamente dal punto dove si trovavano la vista del monte Olimpo era splendida. Né troppo vicino, né troppo lontano. La montagna brulla e deserta si vedeva bene quasi in tutta la sua interezza e se a qualcuno fosse mai venuta la voglia di provare a parlare con gli dèi, quello era probabilmente il posto migliore. Anche se la montagna era in fondo tura montagna come tante altre, Antonio rimase per qualche istante in silenzio, solo con i suoi pensieri, un po' come si fa quando ci si mette di fronte a un quadro famoso lungo i corridoi di un museo. L'Olimpo è uno dei più suggestivi luoghi della nostra memoria e, per Antonio, qualcosa di magnetico, anche se soltanto la cassaforte di tura illusione collettiva. Ma ciò che l'aveva sempre affascinato era soprattutto la straordinaria fantasia che era riuscita a generare la costrizione di tutto questo. Spesso si era domandato se per la gente dell'antichità la mitologia fosse vera- mente una fede o solo un attraente e consolatorio gioco intellettuale. «Ti piace la mitologia, o la tua è solo una curiosità da turista?», disse Efisio mentre raccoglieva da terra piccoli pezzi di uno strano impasto ceramico che si trovavano sparsi un po' ovunque. Qui Antonio ebbe un lieve e impercettibile tic all'occhio destro, un leggero e incontrollabile movimento che inevitabilmente appariva sul suo viso quando qualcosa lo infastidiva. Perché Efisio pensava che fosse un turista? Antonio sapeva di non essere un turista, sapeva bene che aveva voluto fare quel viaggio per conoscere i luoghi delle idee, per soddisfare la sua personalissima convinzione che il pensiero è più forte lì dove è stato generato e dove rimangono le ombre. Non era un turista, semmai un viaggiatore perché, come sostiene Paul Bowles, il turista quando parte sa già quando ritornerà, il viaggiatore no. Mentre cercava cosa rispondere, gli venne in mente quello che il suo professore di greco aveva detto un giorno in classe parlando dell'etimologia. «Vedete ragazzi, la parola greca mythologìa non racchiude in sé soltanto le 'storie', i myythoi stessi, ma anche il 'raccontare', che in greco si dice legein». «Sì, mi piace molto la mitologia, l'ho sempre considerata la più straordinaria raccolta di favole che l'uomo abbia mai scritto e tramandato. Quindi, se ti va di raccontare...». Forse Efisio aspettava solo questo. Forse era solo per questo che lo aveva accompagnato fin lassù. Capito che Antonio sarebbe stato un buon ascoltatore, aprì i portelli del suo sapere e cominciò a descrivere personaggi, fatti e storie che nessuno mai avrebbe avuto l'ardire di credere solo frutto della straordinaria immagiL’Auriga, museo di Delfi nazione di un popolo. 32 foroellenico «Vedi Antonio... per i Greci il mito è il fondamento ideale del proprio essere. Lo era venticinque secoli fa e, per molti, lo è ancora adesso. La nostra mitologia credo abbia per prima descritto e codificato i caratteri dell'uomo e anche se i nostri dèi, signori di tutto, sono un'accolita di crudeli e amorali nullafacenti, non mi sembra che le cose siano cambiate di molto». Mentre Efisio esordiva con queste sue considerazioni, Antonio si domandò se quello era l'inizio ripetuto ogni volta, un po' come fanno le guide turistiche, o era qualcosa di estemporaneo, qualcosa detta solo per lui. In ogni caso lo trovava, senza dubbio, un buon inizio. «L’esercizio del potere degli dèi era, se ci pensi bene, non molto differente da quello che oggi fanno in Grecia i colonnelli», continuò Efisio. «Noi viviamo un momento in cui la libertà è compromessa, la nostra coscienza offesa, ma la cosa che mi dà ulteriore fastidio è perché, perché tutto questo lo dobbiamo subire da un gruppo di colonnelli? Ma non credi che il popolo che ha inventato la filosofia e la democrazia avrebbe meritato almeno dei generali?» Una risata vi seppellirà. Antonio aveva aiutato un suo compagno del movimento studentesco a scrivere proprio questa frase sul muro dell'università. In fondo è vero che ogni tipo di totalitarismo è quasi completamente privo di qualunque accenno di ironia. Un dittatore non può essere ironico, si deve prendere molto sul serio e deve soprattutto impedire che la gente ironizzi su ciò che, al contrario, deve apparire estremamente serio. [...] GLI ALTRI ELLENOFONI IN ITALIA: “Εγω′ µιλα′ω ρωµαι′ ικα” di Policarpo Saltalamacchia - Medico Chirurgo - Rappresentante dell’Associazione Italo-Ellenica “ex Alunni di Rodi “ per la Campania S i dice che le fiabe, siano il cibo della fantasia dei bambini. La mia fantasia, però, non ebbe la fortuna di sognare né con “cappuccetto rosso” né tanto meno con “i tre porcellini”. Nessuno era in grado di raccontarmi queste fiabe. Tutti attorno a me erano profughi ed erano solo in grado di raccontare la loro “terra perduta”. Nella loro comitiva durante la permanenza nel campo profughi, nelle nottate, nelle gioie e nei dolori, il discorso, prima o poi, cadeva sulla loro “terra perduta” ed i ricordi correvano lì, alle loro radici. Spesso il nodo in gola li soffocava, gli occhi si gonfiavano di lacrime e il discorso si interrompeva a metà. Ma nei divertimenti, quando il “rakì” li portava alla passione ed iniziavano a cantare le canzoni di Smirne e di Rodi, solo allora le canzoni somigliavano ad una “elegìa”. Ascoltando infinite volte le stesse storie, con la stessa inguaribile nostalgia, iniziavo anch’io da ragazzo, inconsapevolmente, a passeggiare nelle loro strade, a sostare nelle loro piazze, che con il tempo divennero anche le mie. Ho conosciuto la loro vita, le loro guerre, il loro sradicamento e le loro morti. Ho ascoltato le storie di tutti coloro che si sono persi nello scombussolamento dello sradicamento, e sino ad oggi non si ha nessuna notizia, se vivono o sono morti. Ma anche degli altri, che sono stati sepolti a Smirne e da allora nessun prete ha recitato un’omelia, né tanto meno nessuno ha acceso un cero sulle loro tombe. Le loro parole piene di tristezza ed amarezza, si sono stampate profondamente nella mia mente sin da bambino, e sono diventate col tempo, immagini inalterabili. A differenza di Smirne, i rapporti con Rodi, con le istituzioni e con gli abitanti dell’isola, in tutti questi anni, si sono conservati e consolidati. Ma chi erano gli italiani di Rodi? A partire dal 1912, l’Italia ebbe sotto il suo protettorato il Dodecanneso. Nel 1922, dopo l’incendio di Smirne, una notevole rappresentanza della comunità italiana e greca già residenti a Smirne e nell’Asia Minore, fu cacciata da Kemal Pascià, e si aggiunse alla comunità italiana già presente a Rodi. Gli italiani già residenti a Rodi soprannominavano gli italiani provenienti da Smirne e dall’Asia Minore “Italiani con la coda”, in quanto i primi si considera- foroellenico 33 Il palazzo di giustizia di Rodi vano italiani di serie A, nati in Italia e con passaporto italiano, mentre gli altri, nati all’estero, nonostante il loro passaporto italiano, erano considerati di serie B. I profughi dell’Asia Minore, nella loro emigrazione portavano con sè anche le loro icone, specialmente quelli di Smirne portarono la statua del loro santo protettore: “San Policarpo”, santo a cui erano molto devoti. La festa di San Policarpo si festeggiava il 26 gennaio, ed era preceduta da una novena liturgica che iniziava appunto 9 giorni prima e si concludeva con una messa solenne, a cui partecipava anche la comunità greca. Gli anziani, che avevano vissuto in prima persona l’incendio di Smirne, raccontavano che le enormi fiamme che lambirono la città, si spensero in prossimità della chiesa di San Policarpo, che infatti fu risparmiata dall’incendio. Qualcuno aggiungeva che durante l’incendio fu visto sulla sommità della chiesa un vecchio dalla barba bianca che, con un in mano un “briki”, quello del caffè, spegneva l’incendio. Altri aggiungevano che quel vecchio fosse stato San Policarpo! Attualmente quella statua è conservata nella chiesa cattolica di Santa Maria della Vittoria, a Rodi. A Rodi le varie comunità, greca, turca, ebrea ed italiana diedero una inconfutabile dimostrazione di come comunità di popoli differenti per civiltà, credo religioso, usi e costumi, possano convivere in pacifica e positiva concordia. Il che attesta che non sono connaturate nell’anima popolare l’intolleranza e la faziosità verso chi è diverso per culto, colore della pelle e cultura. Si diceva che a Rodi esistessero 3 domeniche: il venerdì per i mussulmani, il sabato per gli ebrei, e la domenica per gli ortodossi ed i cattolici. Possiamo dire che in quegli anni si è vissuta in anteprima una forma di unità europea. Il quadro variopinto della popolazione rodiota aveva un suo fascino particolare: la maggioranza grecoortodossa con dialetto ellenico, a cui si sono aggiunte parole turche ed occidentali, con attività che andavano dall’agricoltura alla pastorizia, dalla pesca delle spugne esercitata a corpo nudo, al commercio; non mancavano rappresentanti di altri mestieri e professioni. C’erano poi i mussulmani, fanatici di fiori e piante, con la loro lingua turco-anatolitica, dediti alle culture di oliveti, vigne e aranceti nonché ad artigianato tradizionale; alcune migliaia di ebrei sefarditi, discendenti da ebrei cacciati dalla Spagna alla fine del Quattrocento, quasi tutti abitanti in un quartiere della città murata, impiegati sopratutto nel piccolo commercio, ma anche in attività bancaria. Parlavano con piacevole cantilena un dialetto castigliano antico. Vi erano pure gli armeni cristiani, fabbricanti di magnifici tappeti. Gli italiani provenienti da Smirne, Costantinopoli e da vari paesi dell’Anatolia, parlavano il “Romeiko”, una “lingua orale” con una grossa base di greco, frammista a vocaboli turchi, francesi, inglesi ed italiani, tutti rigorosamente grecizzati; ho parlato di “lingua orale”, infatti non esiste un solo vocabolo scritto con l’alfabeto greco, ma tutte le corrispondenze epistolari, alcuni racconti, le preghiere in chiesa ed alcuni documenti “ufficiali”, erano scritti in “frangochiotico”, una trascrizione della pronuncia con caratteri latini del parlato Romeiko. Loro hanno sempre affermato: “Εγω′ µιλα′ ω ρωµαι′ ικα” I questa oasi, dove si imparava la pazienza Italiani di Rodi, estate 1940 34 foroellenico La pagella scolastica di un alunno di prima elementare dell’anno 1940-41 e le relazioni erano di rispetto reciproco e dimestichezza, gli ortodossi greci, non rinunciando ad ostentare il proprio spirito ellenico, avevano amici turchi e tenevano rapporti di lavoro con i finanzieri ebrei; i turchi invitavano a pranzo, nelle loro bianche case contadine, in occasione delle feste per la circoncisione di un figlio, i cattolici italiani ed i greci ortodossi; mentre i sefarditi festeggiavano il “Purim”, la Pasqua ebraica, insieme agli amici bevendo malvasia e mangiando biscotti infarciti di miele. La musica univa questi diversi popoli in una connessione di fratellanza, ora con le suonate di liuto e canti modulati da rapidissimi trilli da parte dei turchi, ora con antichissimi inni sinagogali e con proprie canzoni popolari piene di freschezza, e, da parte dei greci, con musiche liturgiche e canti corali oppure con balli dell’Egeo dove i danzatori, uniti a circolo con le mani o con un fazzoletto, si muovevano attorno al frenetico capo ballerino I rapporti di amicizia e di rispetto reciproco tra le varie comunità non si affievolirono mai, nemmeno durante il conflitto mondiale, anzi si rafforzarono maggiormente quando dopo l’8 settembre 1943 l’isola di Rodi fu tagliata fuori da ogni rifornimento ali- mentare ed il nemico comune, l’esercito tedesco, bruciò i depositi alimentari e l’isola rimase affamata per ben 6 mesi. Alla conclusione del II conflitto mondiale, agli italiani di Rodi fu posto il quesito: rimanere a Rodi, optando per la cittadinanza greca o rinunciare a tutto ciò che di bello era stato ed andare in Italia, sì andare in Italia, e non ritornare in Italia! Per molti, così come per i miei genitori, mio padre era nato a Smirne e mia madre a Rodi, quello rappresentava il primo contatto con l’Italia, conosciuta in precedenza solo sui libri di scuola. Il rientro in Italia fu alquanto drammatico: ad ognuno era concesso solo 20 Kg di bagaglio, 3-4 giorni di navigazione attraversando tratti di mare minati, 5 giorni di carro bestiame dai porti di arrivo, Bari, Venezia e Napoli; poi lo smistamento nei vari campi profughi con una permanenza media di 10 anni: Verona, Firenze, Roma ed Aversa. Certamente gli anni vissuti nei campi profughi furono duri per tutti, ma la loro lingua, il “Romeiko” appunto, le feste tradizionali, le uova rosse, i kourambièdes, la vasillopita, i kalanda, ecc. li univa sempre di più, ed anche i matrimoni si celebravano tra di loro. Queste persone continuando a parlare in Italia il “Romeiko”, sono la testimonianza vivente di una lingua che tende a scomparire. Infatti ancora oggi conservano l’aumento verbale – η, caratteristica di Smirne, al posto di – ε, per esempio: ηα′ ργησα, η′ βλεπα invece di α′ ργησα, ε′βλεπα. Hanno creato in analogia dell’aoristo dei verbi regolari anche l’aoristo non regolare per esempio: πιη′κα, δει′ κα invece di: η′πια, ει′ δα. Alcune volte conservano addirittura le parole grecoantiche al posto delle parole straniere che ha invece adottato il greco moderno, per esempio nel loro dialetto si dice: ριπι′ δι invece in greco moderno: βεντα′λια (dalla parola italiana ventaglio). Mentre gli anni passavano era l’amore per Rodi, il ricordo di quei luoghi, il desiderio comune che un giorno sarebbero ritornati nella loro “terra perduta”, che gli dava la forza di continuare a lottare in una patria che li ha fatti sentire “stranieri in patria”; loro infatti erano e lo sono ancora dopo 60 anni “i greci” o “i profughi”. Ma i nobili sentimenti di amicizia e di fratellanza tra i popoli con i quali sono stati generati e con i quali sono cresciuti, sia pure con mille difficoltà iniziali per motivi di ordine prati- a destra la Rivista dell’associazione Lasalliana ex alunni di Rodi foroellenico 35 Una classe della scuola di ragioneria tenuta da Fratel Pio co nel dopoguerra italiano, hanno permesso che i contatti con gli amici di Rodi prima e con tutta la popolazione greca poi, siano rimasti sempre vivi e siano diventati la causa della nascita negli anni ’60 di una “Associazione degli Ex Alunni di Rodi”, dove tutti gli ex alunni sparsi nel mondo, italiani, turchi, quei pochi ebrei sopravissuti ed i greci di Rodi, si ritrovino ogni anno ad Assisi - Santa Maria degli Angeli, l’ultima domenica di maggio. In questi luoghi francescani si ritrovano gli amici di un tempo ed i compagni di scuola per ricordare la loro infanzia, raccontarsi le gioie ed i dolori della vita, ma soprattutto progettare il prossimo viaggio in Grecia, e soprattutto a Rodi dove sono stati sempre benevolmente accolti dagli abitanti e dalle autorità locali. Il raduno annuale si conclude la domenica mattina con una solenne cerimonia davanti ad una icona della Madonna del Fileremo, protettrice dei Cavalieri di san Giovanni prima e di Malta poi, portata dai francescani dal Monte Fileremo di Ialissos-Rodi. Inizialmente l’associazione raccoglieva tutti coloro, greci, turchi, ebrei ed italiani che avevano frequentato le scuole lasalliane a Rodi, ma successivamente si è aperta a tutti, italiani e greci ed ha come obiettivo comune quello di coltivare lo stesso spirito di amicizia e di approfondimento culturale tra i due popoli. Al fine di promuovere questi rapporti socio-culturali, l’associazione pubblica una rivista dal titolo “La Stella di Rodi”, mentre ogni delegazione regionale prende varie iniziative nello stesso spirito. Tra le attività regionali della delegazione Campana, ricordiamo: - Il corso di lingua e letteratura neogreca, tenuto dalla Prof.ssa Athanasopoulou Athanasia, ospitato nei locali dell’a Confraternita dei Connazionali Greci di Napoli - Il corso di danze popolari greche, tenuto dal Maestro Nikos Kannelopulos - I viaggi culturali in diverse località della Grecia. - La realizzazione di un progetto triennale con la scuola media statale “Giacinto Gigante” di Napoli, dal titolo: “Noi… la storia e la memoria”, promosso dalle Professoresse Lucia Catuogno e Rosaria Secondulfo e coordinato dal Dirigente Scolastico Prof.ssa Maria-rosaria Scalella. Nella realizzazio- 36 foroellenico Programma della stagione lirica a Rodi nel 1939 ne del progetto i ragazzi della I e della III H raccolgono le testimonianze orali dei profughi che hanno vissuto a Rodi, al fine di pubblicare una storia raccontata, che non è scritta sui loro libri di storia, e di tramandare alle nuove generazioni le idee della pacifica convivenza tra i popoli. ■ CALIZZA DI LINDO gostino Nobile è nato a Rodi, negli anni dell’occupazione italiana. Sua madre era costantinopolitana, di ascendenza provenzale ed alsaziana. Il padre, un funzionario italiano, ma il capostipite della famiglia, medico della corte dei Borboni, si era trasferito sull’isola, già nel 1799, all’avvento della repubblica Partenopea. L’autore ha vissuto nell’isola del Dodecanneso sino al 1950, anno del suo ritorno in Italia. In questo libro, attraverso una serie di racconti brevi, ci propone un ritorno alla terra della sua infanzia, che sembra quasi diventare terra del mito, fuori dagli angusti confini della dimensione temporale. Ha voluto scrivere anche due racconti brevi in greco, quella che per lui, è ancora, “la lingua del cuore”, contrapposta all’italiano, “lingua della mente”. Nel corso della sua carriera, come funzionario dell’Italia in seno alle istituzioni comunitarie, ha comunicato con i suoi colleghi greci, in tutte e due le lingue sentendo la differenza emotiva, ma anche quasi concreta, palpabile, dell’una o dell’altra scelta. “a noi confusi dal mondo eccessivo della comunicazione, incapaci di trovare il confine del bene e ridisegnare una mappa dei valori, il giurista fattosi naif offre un breviario istoriato di serenità, ci conduce per mano all’universo della sicurezza”, scrive nella prefazione del libro il professor Paolo Moreno. I ciottoli dei cortili di Lindos, la continuità tra templi e le chiese cristiane. Ma soprattutto, ricordi di rapporti umani schietti, immediati - probabilmente idealizzati - ma fatti di una purezza che solo l’infanzia sa regalare. A C a lliope, chiamata affettuosamente Calizza era nata a Lindos e, per via materna, era cugina di mio nonno Agostino. Nella mitologia, com'é noto, si chiamava così una delle più famose delle nove Muse, che presiedeva alla poesia epica e che, talvolta, rappresentava l'eloquenza. Di solito é raffigurata come una bella e giovane donna che ha nelle mani delle tavolette e uno stilo. Calizza riassumeva in sé gran parte di queste doti. Come le donne dei primi del novecento, quando usciva era coperta da un velo, che la riparava d'inverno dal freddo e d'estate dal sole, ma che nascondeva la sua avvenenza, la quale esplodeva nel suo splendore a casa, quando si toglieva quel velo di seta e discorreva. Le sue conversazioni erano dolci come il miele delle arnie del monte di Maliacca e, qualunque ne fosse l'oggetto, si notava sempre un equilibrio antico e sempre vivo e una fluidità di linguaggio tipico delle donne di Rodi. Quando parlava dei delfini dell'Egeo ed, in particolare, di quelli che giocavano tra le onde del mare vicino alla sua Lindo, la sua voce assumeva una tonalità gioiosa e talvolta diventava tremula per la commozione. A me, fanciullo, piaceva sentirla e gradivo i suoi racconti che mi incantavano. Lei parlava con i delfini, animali tanto cari ai popoli del mare, un linguaggio lirico e si sentiva l'affetto che nutriva per essi e la grande familiarità che aveva con questi giocolieri marini, già cantati da Omero, quando racconta che uno di essi salvò il figlio di Ulisse caduto in mare. Il suo volto si illuminava quando accennava ad episodi nei quali questi mammiferi dimostravano di possedere una viva intelligenza, dovuta al loro cervello più evoluto di quello di altri animali. Essi, pertanto, potevano colloquiare fra di loro ed esprimere tanta simpatia per gli esseri umani. Il ricordo dei racconti di Calizza mi sorse spontaneo quando ammirai, da adulto, a Cnosso o anche a Ostia, vicino a Roma, città in cui ora vivo, le pitture e i mosaici che rappre- sentano i delfini, protagonisti di mitologiche imprese. I racconti di Calizza sui delfini, così come oggi quelli dell'australiano Sergio Bambarén sullo stesso tema, riuscivano a portarmi alla verità attraverso i sentieri del sogno. Il delfino che vedeva Calizza e col quale riusciva a parlare un linguaggio ricco di poesia era simile a quello che descrive Bambarén e che si allontana dal branco per giocare, da sognatore, con le onde della barriera corallina e, preso il largo di là da quella barriera, scopre la magia delle cose «che non si vedono con gli occhi ma col cuore». Calizza provava piacere a parlare con me di argomenti belli, forse perché vedeva nei miei occhi sorridenti di ragazzo quella meraviglia che sgorgava dai suoi racconti e che l'uomo adulto non prova più così intensa. Il suo modo spontaneo e facile di esprimersi, suscitava in me tanto interesse da farmi sognare e navigare con la fantasia nel mondo classico anche quando mi parlava della sua città, della sua Lindo. Là si trova la più antica chiesa di Rodi dedicata a San Giorgio il Sepolto (α′γιος Γεω′ργιος χωστο′ς). La sua costruzione semplice ed austera del tipo con sala a cupola risale intorno all'ottavo secolo, in pieno periodo iconoclasta, e conserva alcuni rari affreschi costituiti da motivi floreali e da disegni a croce. Lei, vivendo ormai a Rodi, distante circa cinquanta chilometri da Lindo, pensava a quest'ultima con l’affetto che si nutre per le proprie radici. Si commoveva quando descriveva la sua casetta intonacata di bianco negli stretti vicoli con il delizioso portoncino che celava il cortile pavimentato con ciottoli bianchi e neri, i quali al centro raffiguravano un delfino e con la bella pergola da cui pendevano i grappoli d'uva. Là, verso sera, dopo cena, si riuniva con le sue vicine per chiacchierare, o meglio, come diceva lei, per il «pospérisma» (ποσπε′ρισµα), che ha un significato meno frivolo del cicaleccio e che serve a tenere vive le amicizie [...] Agostino Nobile foroellenico 37 Gli dei multicolori La mostra del Museo Archeologico di Atene sui colori nelle sculture antiche di Maria Mondelou A partire dalla fine di gennaio il Museo Archeologico Nazionale di Atene ha ospitato la mostra “Gli dei multicolori”, arrivata in Grecia, dopo una prima inaugurazione alla Gliptoteca di Monaco di Baviera nel 2004 e successive tappe anche in altri paesi europei. L’idea della mostra, nata 17 anni fa, si avvale delle ricerche dell’Università di Monaco, iniziate nel 1982, sui colori delle antiche sculture e le relative tec- 38 foroellenico niche. Le antiche sculture che osserviamo venire alla luce dagli scavi archeologici, si presentano bianche e su alcune si possono notare tracce di colore su parte della superficie. Per individuare i residui di colore sono stati sviluppati nuovi metodi di ricerca, seguiti da accurate analisi, per poter ristabilire con una certa esattezza i colori originari. Quando è stato possibile, sono stati attribuiti ai calchi di sculture famose dell’antichità greca e romana i colori che secondo i risultati della ricerca erano stati usati inizialmente per decorale ma che non sono potuti giungere fino ai giorni nostri. L’obiettivo dichiarato, fin dall’inizio era che i risultati di queste ricerche non costituissero solo oggetto di dis- Parte del frontone del Tempio di Afea ad Egina. Sulla sinistra l’arciere Paride. corsi scientifici, ma che venissero anche resi fruibili dal vasto pubblico. Fiero di poter presentare la mostra anche al pubblico greco, il direttore del Museo Archeologico Nazionale, Nikolaos Kaltsas, ha voluto sottolineare: “anche se sappiamo che sia le statue che i templi degli antichi greci erano colorati, fino alla presentazione di questa mostra non era stato possibile avere un’immagine concreta del loro aspetto iniziale, che è molto diverso da quello che vediamo oggi nei templi e nelle statue ospitate nei musei di tutto il mondo. Questa mostra, oltre il grandissimo interesse che presenta per la comunità scientifica - dato che sostanzialmente sintetizza i risultati di analisi e ricerche durate numerosi anni - ha anche una funzione educativa per il vasto pubblico. Nonostante molti abbiano una certa familiarità con la scultura antica ed i metodi per la costruzione dei templi, ignorano le tecniche e le scelte dei colori, un fattore che cambia completamente la valutazione estetica delle opere”. Nella mostra sono stati presentati 21 calchi di statue molto note, come un busto di corazziere dell’Acropoli di Calchi di “peplophoros”, realizzati in base alle ricerche sulla colorazione foroellenico 39 Alcuni calchi esposti nella mostra “gli dei multirocolori” presso il Museo Archeologico nazionale di Atene. Sopra il Leone di Loutraki con i colori vivaci che in origine lo rivestivano A destra calco del gruppo scultoreo di Teseo e Antiope In basso la Stele tombale di Aristione Atene, una testa di Adolescente (Efebo) della Glyptothek di Monaco di Baviera, la Donna con peplo dell’Acropoli, il Leone di Loutraki. Ed anche calchi di colonne sepolcrali - come quello di Aristione e di Paramitione - di sculture sui frontoni, (come le aquile dal tempio di Afea), lo zoforo del popolo dell’isola di Sifnos, alcune parti del “Sarcofago di Alessandro Magno” e campioni di colori naturali. Una mostra che può essere definita “speciale” sotto molti punti di vista. Per sottolineare il suo carattere educativo e per arricchirne il contenuto, ha prevalso l’idea di scegliere anche opere originali che conservano tracce dell’antica colorazione, con una prevalenza del rosso, nelle sue varie gradazioni. Accanto ai calchi colorati, sono state esposte anche cinquantuno opere del Museo, con i vari tipi di scultura. Spiccavano 29 sculture, tra le quali la statua di Dioniso seduto, un leone possente, Atena di Varvakeios, colonne sepolcrali, rilievi votivi, cassettoni dal tempio di Atena di Sounio. Inoltre, quattro idoletti cicladici, un’ostrica blu, flaconcini colorati, sempre dall’arcipelago delle Cicladi, (provenienti dalla Collezione Preistorica) ed anche 5 lekythos bianchi. La presentazione di queste opere accanto ai calchi colorati ha reso più evidente la differenza dello stato di conservazione attuale rispetto all’immagine iniziale elaborata dalla ricerca. Dati ed osservazioni riportate con dovizia nel catalogo scientifico che ha accompagnato l’esposizione. Trova così nuova conferma la teoria, secondo la quale, la conoscenza del passato non è mai da ritenersi conclusa o scontata, poiché la ricerca archeologica è continuamente in fieri, con nuovi metodi che hanno come scopo di portarci sempre più vicino, se non di farci addirittura toccare con mano - è il caso di dirlo - la verità . ■ 40 foroellenico La “Globalizzazione” della cultura come conoscenza reciproca di Teodoro Andreadis Synghellakis Melita Palestini, neodirettrice dell’Istituto di Cultura Italiano ad Atene, forte delle sue analoghe esperienze professionali in Brasile ed a New York, parla a Foroellenico dei suoi progetti, del suo intenso rapporto con la Grecia, del suo rapporto con la vivace realtà culturale della capitale greca e di come rafforzare ancor maggiormente la collaborazione, gli scambi, la conoscenza reciproca, tra i nostri due paesi. Q ual è, sino a questo momento, professionalmente ed umanamente la sua esperienza ateniese? Io sono giunta ad Atene, dopo avere avuto esperienze in altri paesi, anche oltreoceano, come il Brasile e gli Stati Uniti. La mia missione qui, l’ho fortemente voluta. Ho chiesto io al Ministero Affari Esteri di essere mandata ad Atene, anche confidando sulla mia conoscenza del neogreco. Mi è sembrato opportuno, infatti, come sempre, andare in un paese di cui avessi la padronanza della lingua. Ad Atene ho trovato un città completamente diversa da quella che era nei miei ricordi, di dieci, forse quindici anni fa, una città che si sta giustamente muovendo come capitale europea. Con dei centri culturali davvero interessanti, come ad esempio l’auditorium Με′ γαρον Μουσικη′ς, il centro Αθηναι′ ς, il museo Μπενα′κη e quello Bizantino. Quest’ultimo ha ospitato la mia prima manifestazione, quella sui miti ed archetipi nel Mediterraneo, inaugurata dai primi ministri Romano Prodi e Kostas Karamanlìs. Cosa che per me, è stata davvero un motivo di grande orgoglio. Come vede i greci, rispetto alla produzione culturale, ed in generale, a tutto quel che è legato all’Italia? Come lei ben sa, i greci sono fortemente legati alla cultura italiana, così come la cultura italiana è fortemente interconnessa alle sue radici elleniche.Il legame è davvero fortissimo, e da quì deriva anche la necessità, di offrire una cultura ad alto livello. Ci muoviamo su l’eredità della cultura ellenica e romana, culture che hanno segnato in tutta Europa, e In alto i primi ministri Romano Prodi e Kostas Karamanlìs inaugurano la mostra sui miti ed archetipi nel Mediterraneo accompagnati dalla dottoressa Melita Palestini foroellenico 41 forse in tutto il mondo, l’inizio di una grande civiltà. Una grande eredità del passato e il profilo contemporaneo. Come combinarli? Esistono strategie particolari? Il mio tentativo, che è poi il filo conduttore del programma culturale che sto applicando dopo il mio arrivo ad Atene, è proprio questo: la prima manifestazione, che ha segnato la riapertura dell’Istituto di Cultura Italiano, tornato nella sua sede storica della Casa d’Italia di via Patission 47, segue quelle che sono le affinità fra le due culture. Non a caso ho scelto questa mostra, sui miti e gli archetipi. Una base molto solida. Abbiamo poi programmato un seminario medico italo-ellenico, proprio perché so che gran parte dei medici greci hanno studiato nelle università italiane e desidero coltivare questa tradizione culturale così fortemente radicata. In seguito, in occasione della ricorrenza dei trent’anni dalla morte di Maria Callas - una delle più grandi artiste a livello internazionale, abbiamo deciso di ospitare, nei saloni dell’Istituto Italiano di Cultura, una mostra con abiti di scena, lettere autentiche, tutti i programmi di sala dei suoi concerti nel mondo. Anche questo, è un voler sottolineare le affinità, che con argomenti, con tematiche, o con personaggi rinomati, non fanno altro che evidenziare la nostra vicinanza anche nel presente. Come sta cambiando, negli ultimi anni, il ruolo dell’istituto culturale? Cosa significa, in realtà, il riferimento alla “diplomazia culturale”? È cambiata, fortunatamente anche la concezione generale, presso il ministero Affari Esteri di Roma, in particolare presso la direzione della programmazio- ne della cooperazione culturale della Farnesina. Nel passato, le programmazioni, dell’Istituto di Cultura in Giappone in Germania, negli Stati Uniti o in Grecia, erano lasciate un po’ al caso ed all’iniziativa personale. Oggi, si applica invece una programmazione geografica, perché si è capito che l’imput che la direzione di Roma dava per l’Asia, gli Stati Uniti o l’Europa, non poteva essere lo stesso. Ora, si tiene conto, quindi, delle caratteristiche e delle peculiarità di ogni area geografica, delle affinità con la cultura italiana e si calibra i programmi e le iniziative. Dal punto di vista umano, cosa l’ha colpita di più, vivendo in Grecia e cosa pensa che ci sia ancora da conoscere ed approfondire? Parlando il neogreco, devo dire che riesco, a conoscere a fondo la cultura del paese. Vuoi dai rapporti quotidiani umani, vuoi da quelli professionali, parlando la lingua, senza dubbio, si entra nel profondo. Detto questo, io in Grecia ho sempre trovato le mie radici. Mi emoziono sempre molto, visitando, ad esempio, il museo archeologico ed ammirando la maschera di Agamennone, (che, durante anni della scuola, era la copertina del mio libro di storia), visitando la tomba di Filippo II, riscoprendo ogni volta la magia dell’Acropoli. Quello che mi ha sempre affascinato ed attirato, è questa disponibilità dei greci verso la cultura italiana, questo interesse e amore per l’Italia. Che per me costituisce un forte stimolo per lavorare al meglio. Lei collabora anche con l’ΕΚΕΜΕΛ, il Centro Europeo per la Traduzione ad Atene. Molti libri italiani sono tradotti in greco, un po’ meno dal greco in italiano. Pensa che questo scambio, possa essere potenziato? la mostra sui miti ed archetipi nel Mediterraneo 42 foroellenico Melita Palestini insieme al primo ministro Romano Prodi Io credo fermamente di sì. Infatti, nelle riunioni che abbiamo fatto all’ΕΚΕΜΕΛ, ci siamo posti questo problema. Ovviamente ho un grande interesse a che vengano tradotti molto autori italiani classici e contemporanei, ma nelle riunioni che abbiamo tenuto, alla presenza, tra l’altro, di Vassilis Vassilikòs, Andrea Stáikos, Telemako Chitiris, abbiamo affrontato anche questa discussione: il bisogno di una più forte espansione delle case editrici greche, con il sostegno del Ministero della Cultura Ellenico, per una maggiore conoscenza, in Europa, degli autori greci. E non parliamo dei grandi, come Seferis, Kavafis, Elitis, ma dei nomi di autori meno tradotti e conosciuti. Tanto è vero, che abbiamo organizzato un grande convegno, sotto l’egida della Presidenza della Repubblica Ellenica e del Ministero della Cultura Atene, dedicato a Nikos Kazantzakis. In occasione della ricorrenza dei cinquant’anni dalla morte dello scrittore, dal 13 al 15 marzo, tutti noi, l’Istituto Francese, il Goethe, il Cervantes, il centro Europeo di Letteratura ΕΚΕΜΕΛ e l’Associazione Internazionale Amici di Nikos Kazantzakis, con sede a Ginevra, abbiamo organizzato questo convegno. Si è volata analizzare l’opera di Kazantzakis, il quale è stato, a mio avviso, il più grande, non solo scrittore, ma anche traduttore greco. ampia. Ma è pur vero che chi “gestisce cultura”, è chiamato sempre a studiare, a informarsi, a tenersi al corrente. Io credo che sia un compito molto arduo, ma questa difficoltà è anche il bello di questo compito. È una professionalità molto vivace e variegata, che ti premette di aprirti da un settore all’altro. È pur vero che bisogna farlo con molta umiltà, e soprattutto, documentandosi continuamente, per evitare la trappola della superficialità. Andare nel profondo richiede sempre studio, fatica ed adeguati strumenti di conoscenza... Nell’epoca della globalizzazione, di internet, dei milioni di siti, lei pensa che ci sia ancora posto per la centralità del libro, come testimonianza e come punto di riferimento per l’identità? Me lo auguro davvero, Perché nonostante veda i grandi meriti e stimoli che offre la globalizzazione, personalmente, credo che non debba significare appiattimento. Personalmente sono fanaticamente europea e convinta quindi del fatto che le nostre grandi culture, quelle europee, debbano sempre comunicare tra loro, mantenendo però ferme le proprie peculiarità. Questo spaziare che ci dà la globalizzazione è bello, ma deve portare ad una vera conoscenza delle diverse culture, non alla loro banalizzazione. Le peculiarità, a mio avviso, devono rimanere sempre ferme e ben definite. I centri culturali devono muoversi, spesso in un ambito molto vasto. Dal caffè alla gastronomia, dai vini ai libri, dalla poesia al cinema. È facile conciliare tutto ciò? È “redditizio” e si deve stare molto attenti agli equilibri, quando lo si fa? Assolutamente sì. Un simile approccio coglie pienamente la difficoltà di questo lavoro. Io non sono un tuttologo. Nessuno di noi lo è, ed è ovvio che è molto difficile spaziare in una panoramica culturale così foroellenico 43