La Quaresima ambrosiana - sanpietroepaologerenzano.it
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Un argomento al mese su cui riflettere: Febbraio 2008 La Quaresima ambrosiana da “La vita in Cristo e nella Chiesa” – Anno LVII, n°2. L'anno liturgico cristiano nasce come celebrazione della Pasqua del Signore: prima, nella festa settimanale del «primo giorno dopo il sabato» o domenica; poi, nella memoria annuale della morte, sepoltura e risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo. L'antica Pasqua annuale cristiana, compimento e inveramento cristologico della Pasqua ebraica, era raccolta nel binomio «digiuno/festa». Lo sviluppo liturgico di questo binomio comportò, da un lato, il dispiegarsi della festa nelle sette settimane della gioia (tempo pasquale) e, dall'altro, il dilatarsi del digiuno nelle sei settimane della penitenza (Quaresima), manifestando chiarissima la volontà di marcare l'asimmetria delle due strutture temporali, a vantaggio della letizia cristiana. La nascita della Quaresima e la sua configurazione ambrosiana Inizialmente, le sei settimane della penitenza pasquale acquisiscono il nome di Quaresima dal computo complessivo dei quaranta giorni che trascorrono dalla domenica d'inizio (sesta prima di Pasqua) al giovedì santo, senza per questo rimettere in discussione l'antichissima acquisizione che la domenica, in quanto Pasqua settimanale, resta esente da ogni pratica ascetico-penitenziale. A motivare l'arco temporale dei quaranta giorni concorre la convergenza dell'Antico e del Nuovo Testamento: quaranta sono gli anni trascorsi da Israele nel deserto prima di approdare alla terra della promessa; quaranta sono i giorni di Mosè sul Sinai; quaranta sono i giorni del cammino di Elia per giungere all'Oreb; quaranta, soprattutto, sono i giorni trascorsi da Gesù nel deserto, nella pratica del digiuno «per essere tentato dal diavolo» (Mt 4,1). A differenza della Chiesa di Roma, che fin dall'inizio del secolo VII aveva anticipato l'inizio della Quaresima al mercoledì, detto più tardi delle Ceneri, la Chiesa di Milano rimase ancorata al computo originario, così che ancora oggi la penitenza pasquale va «dai primi vespri della domenica in capite quadragesimae, o VI domenica prima di Pasqua, alla Missa in cena Domini esclusa» (Norme Universali per l'Anno Liturgico e il Calendario, 26). In fedeltà all'originario insegnamento santambrosiano sulla qualità festiva del sabato oltre che della domenica, i giorni effettivi del digiuno quaresimale ambrosiano sono da sempre le ferie dal lunedì al venerdì. Il sabato e la domenica, pur essendo giorni altamente qualificati sotto il profilo dell'istruzione ai catecumeni e ai battezzati, non hanno mai contemplato specifici esercizi ascetico-penitenziali, se non, a partire dall'epoca post-carolingia (secolo IX-X), la sospensione del canto dell'alleluja. Il venerdì, giorno particolarmente adatto a commemorare la morte redentrice di Cristo sulla croce, con ogni probabilità - è questa l'ipotesi avanzata da uno studioso delle antichità liturgiche come il beato card. Alfredo Ildefonso Schuster - accentuava a tal punto la dimensione penitenziale da prolungare la pratica ascetica del digiuno, unitamente all'ascolto della Parola di Dio e alla preghiera comune, fino a notte fonda, quando il volontario digiuno veniva sciolto dalla partecipazione alla sinassi eucaristica che si concludeva all'aurora del sabato. Si venne così a creare un «vuoto eucaristico» settimanale, un giorno della settimana senza liturgia eucaristica (e quindi senza comunione sacramentale, ad eccezione del viatico per i morenti), ancora oggi conosciuto con il nome di «venerdì aliturgico». Come scriveva il card. Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI: «La proibizione di celebrare la santa Messa e di distribuire la santa comunione nei venerdì di Quaresima fa parte dell'estrema accentuazione del carattere penitenziale della Quaresima». Non mancava invece, e non manca oggi, nei venerdì della Quaresima ambrosiana la preghiera liturgica delle ore, che conosce un suo particolare potenziamento nella celebrazione dei Vespri con l'aggiunta di particolari letture vigiliari. Nel punto di intersezione tra liturgia e pietà popolare si situa anche la con-suetudine ambrosiana, nei venerdì di Quaresima, di esporre all'adorazione dei fedeli il nudo legno della santa Croce, sormontato da un candido lino che rinvia simbolicamente alla luce sfolgorante della Pasqua. È la croce gloriosa, mistero di amore fino alla morte e mistero di speranza fino alla gloria della risurrezione. La celebrazione ambrosiana dei giorni quaresimali La riforma conciliare (cf Sacrosanctum Concilium, 109) ha reso di nuovo familiare alla tradizione liturgica romana il doppio registro penitenziale e battesimale della Quaresima che la liturgia ambrosiana aveva sempre custodito e che, nel rinnovamento liturgico postconciliare, ha consapevolmente incrementato. Al registro battesimale è dedicato in modo preminente l'ordinamento delle letture bibliche e la preghiera liturgica dei sabati e delle domeniche (dalla II alla V); al registro penitenziale e alla corrispondente formazione morale è dedicata la domenica d'apertura e l'ordinamento feriale (dal lunedì al giovedì) delle letture bibliche e della preghiera liturgica corrispondente. Le domeniche Dall'epoca di Ambrogio risultano fissati i cardini della proclamazione evangelica domenicale con una forza tale da imporre alle diverse domeniche un nome specifico (2a: della Samaritana; 3a: di Abramo; 4a: del cieco nato; 5a: di Lazzaro) e da chiedere alla recente riforma liturgica una precisa deroga al ciclo triennale del Lezionario. Alle grandi pagine giovannee (Gv 4.8.9.11), rilette in chiave primariamente battesimale, corrispondono - da antichissima data - le pericopi tratte dal libro dell'Esodo che prefigurano le realtà essenziali del battesimo cristiano e, per scelta più recente, i brani delle epistole paoline. Il nuovo ordinamento del Lezionario ambrosiano, già approvato dalla Congregazione del Rito Ambrosiano e ora in attesa della recognitio romana, ha triennalizzato la lettura dell'Esodo (e Deuteronomio) e delle epistole paoline, mantenendo inalterato il brano evangelico, che viene ripreso in forma orante nel primo dei due prefazi ad libitum. Completano il ciclo domenicale, la prima domenica, incentrata sulla pagina matteana delle tentazioni (Mt 4,1-11), e la domenica delle Palme con due distinti formulari: la Messa del giorno, incentrata sulla pagina evangelica della cena di Betania (Gv 11,55-12,11); la Messa per la benedizione delle Palme, con al centro la pagina evangelica dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme (Gv 12,12-16). I sabati Come le domeniche, anche i sabati hanno una proclamazione festiva (lettura, epistola, Vangelo) della Parola di Dio. Tradizionalmente, le letture del primo sabato erano orientate a illustrare l'uso ambrosiano di non digiunare in quel giorno. Il nuovo ordinamento del Lezionario ambrosiano recupera, con accenti nuovi, la stessa impostazione. Dal secondo sabato in poi le letture bibliche e la preghiera liturgica conducono i fedeli dentro il mistero dei riti e dei simboli battesimali fondamentali. L'ultimo sabato (il quinto) è detto «in traditione symboli» (letteralmente «nella consegna del Simbolo»), in ricordo di quando i «competenti» ricevevano dal vescovo il simbolo della fede (il Credo apostolico), accompagnato da una breve spiegazione, e si impegnavano a memorizzarlo entro il sabato santo mattino, quando ne avrebbero fatto la redditio. La connotazione solenne di quGSto giorno, con la proclamazione del Credo, il colore rosso dei paramenti sacri e la specifica sottolineatura del Lezionario (Dt 6,4-9: la professione di fede monoteista; Ef 6,10-19: l'armatura del cristiano; Mt 11,25-30: l'esultanza di Gesù) fanno percepire l'imminenza della Settimana Santa, detta ambrosianamente «Settimana Autentica». I primi tre giorni della «Settimana Autentica» hanno un tratto molto caratteristico. Se, da un lato, continua la narrazione evangelica degli antefatti della passione, dall'altro, le letture che precedono, in fedeltà alla più antica tradizione, ripercorrono in parallelo la struggente parabola di umiliazione e di ristabilimento di Giobbe e di Tobia. L'allusione tipologica alla vicenda pasquale di Cristo, morto e risorto, appare del tutto evidente. a cura di Sandro Imparato