ASSOLO CONTRO LA `NDRANGHETA DEF

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ASSOLO CONTRO LA `NDRANGHETA DEF
ASSOLO CONTRO LA 'NDRAGHETAnr
di Enrico Bernard
Premessa dell'Autore
..."''ndranghete!" è il termine onomatopeico che significa la chiusura
di una porta di ferro o di un cancello. E 'ndragheta ha qualcosa a che fare
con questo significato: un'entità chiusa, impenetrabile, una setta segreta...
La strage di Duisburg ha portato alla ribalta internazionale il
fenomeno della 'ndrangheta. Ma quali sono i motivi storici e antropologici
che hanno reso possibile alla più sanguinaria organizzazione criminale di
prosperare per lungo tempo quasi nell'ombra e lontano dai riflettori, puntati
soprattutto su Cosa Nostra siciliana?
Il fattore principale di questa semi-invisibilità (un fenomeno
"carsico" che compare e scompare lo definiscono gli investigatori Nicola
Gratteri e Antonio Nicaso) è la ritualità e la teatralità della sua struttura
organizzativa fondata sulla trasmissione orale, il dialogo simbolico e allusivo
e la "messa in scena" di costumanze tribali a cui corrisponde la "finzione"
verso l'esterno: fare come se nulla fosse...
Non a caso la cerimonia rituale ma anche altamente teatrale più
importante nella 'ndrangheta è quella della costituzione del "locale", cioè il
luogo fisico in cui si insedia l'attività criminale della cosca.
La 'ndrangheta ha sempre conservato l'originale caratterizzazione
regionalista, connotata da riti e linguaggi a elevato contenuto simbolico. Lo
statuto, che è anche alla base del rito di affiliazione e che diventa il
riferimento per ogni decisione gestionale della cosca, ricorre, infatti, a un
linguaggio criptico, in cui appaiono inserimenti lessicali campani,
allitterazioni e allegorie che conferiscono un alone di mistero e un
coinvolgimento emotivo analogo a quello presente in molte antiche
aggregazioni militari e religiose.
Per il ROS dei Carabinieri:
"Il codice diventa uno strumento che assicura il senso di
appartenenza all'organizzazione, conferendo alle decisioni interne una
legittimazione vissuta intimamente da tutti gli affiliati. Il rito e il suo
linguaggio permettono la condivisione di potere, attribuiscono il senso di
sicurezza e di protezione e rappresentano, in un contesto di degrado
culturale ed economico, la rivalsa dall'umile condizione e l'emancipazione
della società criminale calabrese. Ogni ordinamento si fonda sull'effettività
del valore del linguaggio".
La mafia calabrese è certo una struttura perfettamente armata,
tecnologicamente modernissima e finanziariamente organizzata a livello
globale, tuttavia non ha mai perso la propria natura arcaica, esoterica.
Questo perché l'aspetto "tradizionale" e regionalistico legato alla ritualità del
codice (religioso e d'onore) è necessario al mantenimento della segretezza.
Solo un'organizzazione che tramanda oralmente le proprie gerarchie, le
proprie regole, può occultarsi rendendosi impermeabile alla comprensione e
alla conoscenza investigative.
***
Quello che più colpisce dei "rituali" e dei cerimoniali 'ndranghetisti
è, dunque, la loro forte teatralità. Riti e cerimonie si svolgono infatti sotto
un'attenta regia e sulla base di una primordiale quanto efficacissima
drammaturgia. Come nel teatro classico di Eschilo, Sofocle, Euripide la
ritualità serve a creare un'unione: la catena del "ghenos", ovvero la "catena
del sangue", attraverso la quale si forma il nucleo iniziale della 'ndrina
mafiosa, che ha la sua radice nel concetto di famiglia dove appunto tutti
sono uniti da rapporti di sangue. Ed ecco il motivo della forma rituale e
teatrale dell'affilizione, della formazione e dell'allargamento della catena del
ghenos: la celebrazione del matrimonio (celebrazione che sarà sempre
sfarzosa e rituale) può essere surrogata dall'affiliazione col rito della
puntura del dito e del giuramento sul santino bruciato, elementi che
ricalcano ritualmente il matrimonio (il mescolare il sangue e il giuramento
indissolubile di fronte a Dio).
La ritualità e - conseguentemente - la teatralità sono allora accentuate
nella 'ndrangheta poiché esse assumono un significato simbolico che va ben
oltre il giuramento mafioso, bensì rappresentano un monito costante e
assolutizzante circa l'appartenenza alla "famiglia", alla catena del sangue i cui
anelli non si possono spezzare senza generare l'ira suprema e un'onda di
sangue. L'obbedienza si deve al boss e al Mastro di Giornata come ad un
Capofamiglia che impersona l'autorità divina: tant'è che nelle tasche di
alcune vittime della strage di Duisburg sono stati trovati santini bruciati di
San Michele Arcangelo. Ciò appunto significa che ogni affiliato è
costantemente soggiogato anche psicologicamente e antropologicamente alla
catena di trasmissione del comando. Il fatto poi che la cosca si sviluppi da
un nucleo familiare allargato, - preferibilemente attraverso la politica dei
matrimoni, piuttosto che tramite affiliazioni o associazioni di esterni al
clan, - spiega il motivo per cui nella 'ndrangheta è quasi impossibile il
fenomeno del pentitismo, come accade invece nelle altre organizzazioni
mafiose. Tradire la cosca significa infatti per il 'ndraghetista tradire i
consanguinei, padre, madre, fratelli, e al contempo commettere uno
spergiuro che porta alla dannazione. Come nel teatro greco, non c'è
salvezza per chi rompe la catena del sangue...
***
La forte teatralità e la perfetta drammaturgia dei rituali 'ndranghetisti
sono gli aspetti più suggestivi, dal punto di vista della messa in scena, e di
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grande interesse dal momento che attraverso questa capacità di "azione
drammatica" finisce per svelare mondi e mentalità pressoché ignoti alla
stragrande maggioranza degli spettatori. L'opinione pubblica - anche a causa
della rilevanza mediatica e non ultimo dal cinema hollywoodiano - ha ben
impresso nella mente aspetti della fenomenologia di Cosa Nostra, compresi
molti stereotipi fuorvianti: quant'è lontana, ad esempio, la carismatica e ahimé - affascinante figura del Padrino impersonato da Marlon Brando
dalla meschina apparizione di Totò Riina, il boss che ha vissuto per anni
sepolto vivo, più che nascosto, nella più completa rinuncia, sempre nel
timore di un tradimento.
Ben diversa è invece la situazione del 'ndranghetista che vive nel suo
territorio protetto dalla famiglia, dal clan e dalla stessa popolazione che, in
Calabria più che in Sicilia, è in parte indotta a considerare la 'ndrangheta che fa leva proprio su archetipi culturali calabresi - un fenomeno
tradizionale, arcaico e inespugnabile dalla cultura della regione. Qui, in
Calabria, vale infatti il discorso della "messa in scena", della
"rappresentazione": non c'è bisogno di chiedere un favore al capobastone,
basta fare lo struscio con lui a braccetto sul corso del paese affinché si
aprano le porte della finanza, dello spettacolo, della politica. Il gesto vale più
della parola, secondo un perfetto copione 'ndranghetista. E pure teatrale,
simbolico e metaforico - quando servono le parole - è il dialogo per far
intendere le proprie intenzioni: spesso bastano i termini giusti per ottenere
favori, lavori, appalti. In questo modo "teatrale" di esistere, coesistendo con
la 'ndrangheta, la società è più condizionata in Calabria che in Sicilia dalla
mafia: infatti in Calabria non solo è impossibile, ma addirittura inconcepibile
la ribellione, in quanto la 'ndrangheta - indipendentemente dall'affiliazione e
appartenenza del singolo alla cosca - può essere considerata una costante
antropologica, come prima si diceva apparentemente arcaica, della mentalità
calabrese. Al punto che è prevista un zona d'ombra, quella dei "contrasti
onorati" cioé i mezzi mafiosi, in cui non si capisce più dove finisce la società
civile e comincia la 'ndrina che si costituisce ritualmente sulla base di un
preciso canovaccio.
La rappresentazione del linguaggio, dei termini e dei modi, dei
dialoghi da copione mafioso e dei riti - elementi finora sconosciuti dal
pubblico - oltre a fornire strumenti per disvelare la parte occulta, segreta
della 'ndran-gheta mettendone in rilievo e denunciando gli aspetti più
teatrali relativi alla forma di condizionamento antropologico e psicologico
della mentalità, è anche una forma di spettacolarità estremamente suggestiva.
Si entra infatti in un mondo ignoto, elusivo, paradossale in cui niente è come
sembra e tutto quello che si dice e "si agisce" manifesta e significa un
universo parallelo di valori ed intenzioni.
Enrico Bernard
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Personaggi:
il Cronista (Rocco, poi diventa il figlio Giacomino)
la moglie del Cronista (Rosa)
Il Boss e 4 Mafiosi
La scena si sviluppa su tre piani :
La redazione di un giornale di provincia (scrivania con telefono e PC anni ’90, poltrona e
cestino per le carte.
Un <fuori> (casa dei due protagonisti – strada)
Al centro palco per proiezioni
Al buio, nel silenzio, si sente un rumore sordo di tacchi femminili Una luce illumina una
poltroncina posta a ds palco (visuale pubblico)
Sullo schienale della poltrona è adagiato un soprabito da donna
La donna, stringendo tra le mani una borsa, nella quale cerca concitatamente qualcosa, si
avvicina alla poltrona, prende il soprabito e fa per allontanarsi, ma un pensiero la blocca.
Si volta. Canta quasi come una litania antica.
ROSA - io sono nato in un dolce paese
dove chi sbaglia non paga le spese
dove chi grida piú forte
ha ragione sugli altri
tanto c'è il sole
e c'è il mare blu.
Qual è il mio paese? Non l'avete ancora capito? Ma il paese dove c'è l'olio
più buono del mondo, dove c'è il mare più azzurro del mondo, dove ci sono
le montagne che si alzano come castelli incantati verso il cielo e dei fiumi
che scendono vorticosamente a valle in primaver, - e d'estate sono greti arsi
dal sole come schiene di dinosauri pietrificati. Il Paese della Fata Morgana,
di Scilla e dei bronzi di Riace, della cultura sibarita che portò uno spiraglio di
luce in questa terra barbara e la aprì al pensiero greco, a Parmenide e a
Platone.
Non tutti sanno però cosa significa questo nome che non ha niente a che
fare coi calabroni. Calabria viene dal greco "Kalon-brion", ovvero "Faccio
sorgere il bene", per la fertilità del suo territorio. Infatti ancora oggi tutta la
zona costiera (sempre contesa nella storia), è ricca di vasti oliveti, agrumeti e
frutteti, il bergamotto ed il cedro.
Noi calabresi aggiungiamo al nome della nostra terra l'aggettivo di
<saudita>: facciamo un po' come i carabinieri che si prendono in giro da
soli inventando le barzellette.
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Beh, forse dire che se le inventano da soli è un po' troppo, non li facciamo
così intelligenti, la sapete quella ...vanno sempre in due perché uno sa
leggere e l'altro sa scrivere.
Hanno imparato però anche loro a non avvelenarsi quando li si prende in
giro. Se ne incontri uno al bar in borghese e non sai che è il maresciallo del
posto, puoi raccontargli una barzelletta e lui si mette a ridere - se la capisce.
Ma non si incazza.
Anche noi calabresi abbiamo imparato a non prenderci troppo sul serio, a
sdrammatizzare. Così ci diciamo che veniamo dalla Calabria Saudita per
renderci più simpatici, meno duri, meno presuntuosi. E con quel <Saudita>
non intendiamo offendere la Mecca o qualche Sceicco arabo: ma solo dire
che più a sud di qui non si può andare, noi siamo il fondo dell'Europa, e
siamo a conoscenza dei nostri limiti, dei nostri difetti da meridionali, della
nostra perenne arretratezza. Che poi, diciamocelo sinceramente, a farci
diventare arretrati sono stati i Piemontesi portandoci via tutto quello che
avevamo.
Non nego però che il termine <saudita> dà un po' l'idea di una regione
chiusa, di uno stato a parte, di un'eclave. Già perché non è facile entrare ed
uscire nella e dalla Calabria saudita. L'autostrada Salerno-Reggio Calabria non ne parliamo, va avanti dal 1966 e finirà solo quando un terremoto
staccherà la punta dell'Italia dal resto dello stivale, rendendo intile l'intera
opera stradale. Di fronte ci sono Scilla e Cariddi, cioé lo Stretto di Messina.
Volevano farci il ponte, ma poi si sono accorti che dall'altra parte mancano
le strade, mancano i binari, manca tutto. E allora che ci fai di un Ponte tra la
Mafia sicula e la 'ndrangheta calabrese? Sullo Ionio la Stale 113 unisce
effettivamente la nostra 'ndrangheta alla Sacra Corona Unita. Falla di notte
in macchina e vedrai che non ci torni più. Un inferno di prostituzione e
rifiuti, di regolamenti di conti e di agguati, dove l'estraneo, il turista, è
guardato con sospetto perché è uno che si impiccia, fa domande, vuole
sapere magari per semplice curiosità. Oppure si impiccia per ingenuità come
quando spararono al turista tedesco che si era fermato a pisciare su un ulivo
ai margini di un terreno di proprietà di un boss. Ed è anche per questo che
la Calabria è saudita, è chiusa come il nome onomatopoico, cioé che deriva
dal suono della parola 'ndrangheta, chiusura come di una mandata di un
potente chiavistello che fa <'dranghete>!
Eh sì la mia Calabria, per quanto saudita, cioé con tutti i suoi difetti, mi resta
sempre nel cuore perché significa appunto "Kalon-brion", ovvero "Faccio
sorgere il bene". Per questo anch'io, che ormai vivo al nord per ragioni di
sicurezza, mi definisco <saudita>, la <calabra saudita>, perché nonostante
tutto - e qunto mi pesi dire questa parola <nonostante> vi sarà chiaro tra
poco, io difendo a spada tratta la mia terra e la mia gente che non è tutta
cattiva, non sono tutti mafiosi... come non era mafioso il mio Rocco, che
anzi....
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La 'ndrangheta è una tela di ragno che lentamente… inesorabilmente…
imprigiona le persone…le infetta come nu virus e si insinua nelle istituzioni
che chille rappresentano.
MUSICA (BRANO DELLA TRADIZIONE CALABRESE)
PROIEZIONE DELLA SCENA DI UN’AFFILIAZIONE
L'affiliazione di Peppi Tigna.
I Convenuti 1 e 2 entrano in scena seguiti da Peppi Tigna.
CONVENUTO (1): Questo è un grande giorno pe’ tia Peppi! Stai per
entrare nell’Onorata Società… Picciotto sarai…
CONVENUTO (2): Hai portato quello che ti è stato indicato?
CONVENUTO (1): Santino e candela?!…
PEPPI TIGNA: Si…li ho con me…
CONVENUTO (2): Bravo! Mi raccomando, quando entra il Capo
Società... silenzio
CONVENUTO (1): ...e resta in disparte fino a quando ti chiama lui…
CONVENUTO (2): Porgigli l’indice destro solo al termine del giuramento!
CONVENUTO (1): Dai a me la candela!
Peppi Tigna estrae la candela dalla tasca della giacca e la porge al Convenuto 1.
Entra in scena il Capo Società. I Convenuti si dispongono in cerchio.
Peppi Tigna resta in disparte in silenzio.
CAPO SOCIETA': Buon Vespero, saggi compagni.
CONVENUTO (1): Buon Vespero.
CONVENUTO (2): Buon Vespero.
CAPO SOCIETA': State accomodi per il battesimo di Peppi Tigna?
CONVENUTO (1): Stiamo accomodi.
CONVENUTO (2): Stiamo accomodi.
CAPO SOCIETA': Siamo qui riuniti per affiliare un contrasto onorato che
si è distinto per virtù e umiltà. Per Peppi Tigna si fa garante Ciccio Marea.
CONVENUTO (1): Bene.
CONVENUTO (2): Bene.
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CAPO SOCIETA': Se qualcuno dei presenti ha qualcosa da dire, lo faccia
adesso. O mai più.
CONVENUTO (1): Nessuna obiezione.
CONVENUTO (2): Nessuna obiezione.
CAPO SOCIETA': Introducete il contrasto onorato...
Peppi Tigna si fa avanti timidamente.
CAPO SOCIETA': Chi siete e che cosa volete?
TIGNA : Mi chiamo Peppi Tigna e cerco sangue e onore.
CAPO SOCIETA': Sangue per chi?
TIGNA: Sangue per gli infami.
CAPO SOCIETA': Onore per chi?
TIGNA: Per l'Onorata Società.
CAPO SOCIETA': Siete a conoscenza delle nostre regole?
TIGNA: Sono a conoscenza.
CAPO SOCIETA': Prima della famiglia, dei genitori, delle sorelle, dei
fratelli, viene l'interesse e l’onore della Società. Essa da questo momento è la
vostra famiglia e se commetterete infamità, sarete punito con la morte.
Come voi sarete fedele alla Società, così la Società sarà fedele con voi e vi
assisterà in caso di bisogno. Questo giuramento può essere infranto solo con
la morte. Siete disposto a questo? Lo giurate?
TIGNA: Lo giuro nel nome dell'Arcangelo Michele e dell’Onorata Società.
Da questo momento la mia famiglia siete voi. Sarò sempre fedele e solo la
morte potrà allontanarmi, mi rimetto a voi per macchie d'onore, tragedie o
infamità che saranno solo a mio carico e a discarico della Società. Se farò
sbaglio verrò punito con la morte.
CAPO SOCIETA': Se prima vi conoscevo come un contrasto onorato, da
ora vi riconosco come picciotto d'onore.
MUSICA
Il Nuovo affiliato fa il giro e dà due baci sulle guance a tutti riservando tre baci solo al
Capo Società.
Peppi Tigna porge l’indice destro al Capo Società, che, avvicinatosi, glielo punge con un
ago facendogli uscire alcune gocce di sangue che cadono sul santino con l’immagine di San
Michele Arcangelo che Peppi stringe nella mano sinistra.
Il Convenuto 1, dopo aver acceso la candela, si avvicina ai due e da fuoco al santino.
CAPO SOCIETA’ : Come il fuoco brucia questa immagine, cosí brucerete
voi se vi macchierete d’infamitá ….Da questo momento siete fratelli. Il
sangue di ognuno di voi è nell'altro, solo altro sangue o infamità possono
sciogliere questo vincolo.
Sullo schermo l’immagine di fiamme che si propagano.
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Rosa entra cantando spensierata la canzone di Sergio Endrigo.
io sono nato in un dolce paese
dove chi sbaglia non paga le spese
dove chi grida piú forte
ha ragione sugli altri
tanto c'è il sole
e c'è il mare blu.
Qual è il mio paese? Ma il paese dove c'è l'olio più buono del mondo, dove
c'è il mare più azzurro del mondo, dove ci sono le montagne che si alzano
come castelli incantati verso il cielo e dei fiumi che scendono
vorticosamente a valle in primavera, - e d'estate sono greti arsi dal sole
come schiene di dinosauri pietrificati. Il Paese della Fata Morgana, di Scilla e
dei bronzi di Riace, della cultura sibarita che portò luce e anima in questa
terra barbara e la aprì al pensiero greco, a Parmenide e a Platone.
Non tutti sanno però cosa significa questo nome che non ha niente a che
fare coi calabroni. Calabria viene dal greco "Kalon-brion", ovvero "Faccio
sorgere il bene", per la fertilità del suo territorio... oliveti, agrumeti e frutteti,
il bergamotto ed il cedro. Che profumi! Che sapori! Che panorami!
(pausa)
Noi calabresi qualche volta, con sottile autoironia, aggiungiamo al nome
della nostra terra l'appellativo <saudita>: Calabria Saudita. Facciamo un po'
come i carabinieri che si prendono in giro da soli inventando le barzellette
su se stessi.
Beh, forse dire che se le inventano da soli è un po' troppo, capita che non
siano così intelligenti, come recita quella barzelletta ... sai perché i
Carabinieri vanno sempre in coppia? Perché uno sa leggere e l'altro sa
scrivere.
Hanno imparato però anche loro a non avvelenarsi troppo quando li si
sfotte. Se ne incontri uno al bar in borghese e non sai che è il maresciallo del
posto, puoi raccontargli la barzelletta del maresciallo cornuto e lui si mette a
ridere - se la capisce. Ma non si incazza. E manda giù il rospo.
Anche noi calabresi abbiamo imparato a non prenderci troppo sul serio, a
sdrammatizzare. Così diciamo che veniamo dalla Calabria Saudita per
renderci più simpatici, meno duri, meno presuntuosi, meno mafiosi. E con
quel <Saudita> non intendiamo offendere la Mecca o qualche Sceicco
arabo: ma solo dire che più a sud di qui non si può andare, noi siamo il
fondo dell'Europa, e siamo a conoscenza dei nostri limiti, dei nostri difetti
da meridionali, della nostra perenne arretratezza. Che poi, diciamocelo
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sinceramente, a farci diventare arretrati sono stati i Piemontesi portandoci
via tutto quello che avevamo.
Eravamo una terra ricca, opulenta e dopo l'invasione militare degli italiani
non ci hanno lasciato gli occhi per piangere. La 'ndrangheta, che era una
struttura rurale e arcaica, è così cresciuta fino a diventare la seconda o terza
potenza mondiale, dopo la mafia colombiana e quella russa, facendo affari
con lo Stato centrale, non contrastandolo. In presenza, dello Stato e non,
come comunemente si crede, in sua assenza: questo non lo dico io, ma un
magistrato, Nicola Gratteri, impegnato nella lotta alla mafia. Se lo stato
centrale non ci fosse, la mafia non sarebbe così forte. Volete indebolire la
mafia? Azzerate i finanziamenti pubblici al sud, che tanto non portano nulla
alla gente, ma vanno nelle tasche di pochi.
Ora, tornando alla mia terra amata e odiata al tempo stesso, non nego che il
termine <saudita> dia l'idea di una regione chiusa, di uno stato a parte, di
un'eclave. Già: perché non è facile entrare ed uscire nella e dalla Calabria
Saudita. L'autostrada Salerno-Reggio Calabria - non ne parliamo, va avanti
dal 1965 e finirà solo quando un terremoto staccherà la punta dell'Italia dal
resto dello stivale, rendendo intile l'intera opera stradale. Del resto quel poco
che hanno fatto serve solo a collegare a Nord la 'ndrangheta alla Camorra
della Campania. A Sud, una di fronte all'altra, ci sono Scilla e Cariddi, lo
Stretto di Messina. Volevano farci il ponte, ma poi si sono accorti che
dall'altra parte mancano le strade, mancano i binari, manca tutto. E allora
che ci fai di un Ponte tra la Mafia sicula e la 'ndrangheta calabrese? O tra la
miseria di una terra arretrata e la disgregazione di una terra depredata dai
Piemontesi, quali sono Calabria e Sicilia? Lo ha scritto Gramsci ha che
l'italiano, al sud, è il dialetto parlato coi fucili!
Ed è anche per questo che la Calabria è saudita, è chiusa come il nome
onomatopeico, cioé che deriva dal suono della parola 'ndrangheta, chiusura
come di una mandata di un potente chiavistello che fa <'ndranghete>!
Tuttavia lo ammetto la mia Calabria, per quanto saudita, cioé con tutti i suoi
difetti, mi resta sempre nel cuore perché significa appunto "Kalon-brion",
ovvero "Faccio sorgere il bene". Per questo anch'io, che ormai vivo al nord
per ragioni di sicurezza, mi definisco <saudita>, la <calabra saudita>,
perché nonostante tutto - e quanto mi pesi dire questa parola <nonostante>
vi sarà chiaro tra poco,- io difendo a spada tratta la mia terra e la mia gente
che non è tutta cattiva, non sono tutti mafiosi... come non era mafioso il
mio Rocco, che anzi....
SI ILLUMINA LA SCRIVANIA, C'E' ROCCO IN MEZZO ALLE
CARTE, STA LEGGENDO UN GIORNALE. SUL BORDO
TRONEGGIA UN PUPAZZETTO PORTA-FORTUNA COI COLORI
DELLA SQUADRA DI CALVIO DELLA REGGINA.
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IL CRONISTA: (rivolgendosi al pupazzetto Gigio come se fosse un interlocutore in
carne ed ossa) Buongiorno, Gigio! Ha vinto finalmente la Reggina, eh? Su
rigore? Inesistente? E va' buo', tutto fa brodo! Ci siamo presi i punti salvezza
che ci servivano per non retrocedere, no? Adesso mettiti qui da bravo, fa' il
buono, devo farmi venire qualche idea per l'articolo...
Rocco si rimette a leggere le notizie dei quotidiani.
IL CRONISTA: Terremoto, morti ammazzati, suicidi... Se il buongiorno si
vede dal mattino, questo non mi sembra un buongiorno! Vero Gigio?!...
Eh… beato te che non parli, non vedi, non senti!... Che darei per stare al tuo
posto!... Questo mestiere è una disgrazia per chi lo fa, mannaggia a me e a
quando me lo sono scelto… (come ricordando) Se penso che…
Cambio luci. Musica.
...da bambino, quando i parenti mi chiedevano “Che cosa vuoi fare da
grande?’’, io ci rispondevo “Il subacqueo!”. “E perché vuoi fare il
subacqueo?” – “Perché mi piace guardare il fondo marino attraverso l’acqua
chiara”. E mio zio, ridendo, faceva a mio padre: “Mo’ ce lo compro io un
acquario marino a tuo figlio, cosí la smette di sognare queste minchiate di
fare il subacqueo e pensa a qualcosa di piú serio, magari a fare il calciatore
perché si guadagnano un mucchio di denari” - “Ma io i soldi non li voglio!”
- “E perché non li vuoi?” – “Perché non mi servono: io voglio vedere il
fondo del mare, e basta!”. E cosí uscivo di casa per correre alla spiaggia,
mettermi la maschera e tuffarmi nel mare che mi abbracciava come una
sfera di cristallo.
Poi, crescendo, mi sono accorto che l’acqua del mare cominciava a
intorbidirsi, sempre di piú. Trovavo lattine e rifiuti sul fondo, buste di
plastica galleggianti... sentii dire a mio padre che la ditta che raccoglieva i
rifiuti su appalto del comune, invece di portarli alla discarica, li gettava a
mare per risparmiare. “Ma io li denuncio!!” - sentii mio padre per la prima
volta incazzato. E si capisce!... Papà gestiva una piccola attivitá
turistica….teneva una barca attrezzata per portare i villeggianti a fare delle
gite sul mare, lungo la costa. Ma con quell’acqua fetente, piena di monnezza
tritata e altre schifezze, la gente non voleva certo farsi la gita. Mio padre
sporse denuncia ma... una sera…
…non tornó a casa, c’era il mare agitato, i carabinieri dissero che,
probabilmente, era stato trascinato via da un’onda anomala... ma io non ci
credo. Non ci ho mai creduto e mai ci crederó.
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Cominciai pure a fare delle ricerche per mio conto, una specie di inchiesta –
per quanto un ragazzino possa andare a fare in giro domande e a scassare la
minchia. Mi beccai pure qualche scappellotto e comunque non venni a capo
di niente. Solo il mio professore di italiano, uno poco coinvolto nelle
faccende del paese perché veniva dal nord e se ne sarebbe tornato a casa
presto, mi disse di non mollare, di non mollare mai, di andare a fondo, di
cercare sempre la veritá che è come una stella di mare adagiata sulla sabbia
degli abissi.
Quelle frasi “andare a fondo’’ e “cercare la veritá che è come una stella di
mare adagiata sulla sabbia degli abissi’’, determinarono la mia esistenza che
fu cosí animata da una doppia sete: di veritá e di giustizia.
Per questo ho sempre pensato alla professione del giornalista, che mi sono
scelto fin da ragazzo quando ho comiciato a scrivere sui giornali ciclostilati
della scuola, come ad una missione di verità. Ero pronto a consumarmi le
suole delle scarpe, perdermi nei vicoli delle cittá alla ricerca di voci,
indiscrezioni, avrei corso qualsiasi rischio, non mi sarei arrestato di fronte a
nessun pericolo pur di compiere il mio dovere di cercatore del vero e di
denuncia.
E invece di corse, fughe, inseguimenti, appostamenti, confidenze, ricerche,
verifiche, confronti… mi ritrovai dietro una scrivania sulla quale
campeggiava un maledetto telefono che non squillava mai… (guardando
l’attuale telefono)... Veramente nemmeno ora squilla!... Eh sí, mi fecero
diventare un topo di redazione col compito di girare al caporedattore quelle
notizie preconfezionate dell’agenzia che potessero in qualche modo
interessare il nostro “grande” giornale di provincia. Il mio compito era
quello di un puro e semplice copia-incolla, cui magari aggiungevo qualche
notarella di costume… Mah!...
Forse ho visto troppi film americani in cui la professione giornalistica è
descritta in tutt’altro modo: “Deadlin - L'ultima minaccia’’ con Hamphrey
Bogart, per esempio, dove c’è quella famosa battuta finale: “Senti questo
rumore? E’ la stampa ragazzo!’’ con cui si chiude la carriera di un mafioso
con agganci politici sbattuto in prima pagina da un cronista coraggioso.
Eh, si… devo aver proprio visto troppe volte quel film, perché io non mi
sentivo realizzato in quello che facevo. E mi risentivo sempre girare in testa
un'altra battuta della sceneggiatura che riferivo nel mio ingoscio a me stesso,
al mio lavoro di inutile scribacchino: "se un esercito di scimmie battesse per
un tempo sufficiente sui tasti di macchine da scrivere, produrrebbero prima
o poi tutti i libri del British Museum... Sì, ma poi chi diavolo li stamperebbe,
cretino?!"
In questo caso la scimmia che batte sulla tastiera sono io. Ed anche il
cretino, che ci crede e che si illude di cambiare qualcosa, ma smuove solo
polvere nell'aria. Mi sono lamentato piú volte con i miei capi. La risposta era
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sempre la stessa: “Ricevi lo stipendio a fine mese? E allora, si puó sapere che
ti rode?” Mi prendevano pure in giro: “Ma se volevi fare casino, perché non
hai fatto lo sbirro? Lascia perdere, va...” (attirato da un titolo sul giornale
sportivo)Minchia la Reggina ha vinto! (rivolgendosi a Gigio) Nemmeno le partite
in TV mi ha fatto seguire ieri Rosa, Gigio! (chiudendo il giornale) “Ma lo sai,
imbecille, che hanno trovato a pochi chilometri da casa tua, nascosti in un
pozzo, alcuni flaconi contenenti gas nervino? Ci potevi restare secco tu, la
tua famiglia, i tuoi parenti e mezza Calabria!”. Reagivo a muso duro agli
sfottò… si… ho un carattere fumantino io! E così cominciarono a
spaventarsi, non tanto per il gas nervino usato dalla mafia russa come merce
di scambio per una partita di droga, ma per la mia ostinazione, che mi
rendeva addirittura piú pericoloso del gas nervino. “Chistu ci fa perdere 'u
posto!” Un giorno mi sentii affibbiare un soprannome: ‘U Tragediatturi’.
Beh... u’Tragediatturi, tra i molti significati, è colui che fa troppe storie, che
non si accontenta, che manifesta in modo spavaldo e un po’ teatrale il
proprio dissenso. E, naturalmente, è uno che esagera. Insomma…. con quel
nome mi davano dell’esagerato. “E stai sempre a parlá di mafia,
'ndrangheta... ma Cosa Nostra sta lontana e la 'ndrangheta calabrese è solo
robetta di poco conto, questioni locali, rivalitá che si risolvono alla maniera
antica del codice d’onore... non è un pericolo a carattare nazionale, e chi se
ne frega per quattro 'ndrine che si sparano tra loro per un pezzo di terra...”
Nessuno peró arrivava mai alla conclusione del discorso, cioé che quel
pezzo di terra per il quale quattro 'ndrine si sparavano, non era un pezzo di
terra qualunque, ma il sito di un appalto multimiliardario finanziato dallo
Stato e dalla Comunitá europea. Io stimo i miei colleghi e non voglio dire
che sono compiacenti; voglio solo dire che per pigrizia e superficialità non
sempre sono andati a fondo. E quando ci sono andati hanno rischiato di
finire nel cemento di qualche pilone dell'autostrada.
Ecco, è cosí che nel corso dei miei anni trascorsi in redazione ho visto
prosperare la mafia calabrese, allargarsi a dismisura, invadere le regioni
italiane del nord, consolidarsi all’estero : in Germania, Canada, Stati Uniti,
Sudamerica: e poterne scrivere solo con il contagocce, mi faceva una
rabbia... Inizialmente neanch'io avevo il coraggio d'insistere più di tanto.
Il coraggio! Non è facile, per un cane sciolto di cronista provinciale,
compiere il primo passo verso la canna del Kalashnikov, che ti prende di
mira nel momento in cui cominci coi tuoi articoli a rompere i coglioni, a
scassare la minchia.
Mi ero quasi rassegnato a questa vita di mezze veritá e mezze menzogne, di
silenzi ed omissioni, di vergognosa pigrizia professionale nei confronti del
fenomeno mafioso, quando le rivelazioni di un pentito mi hanno aperto gli
occhi. Mi riferisco alle rivelazioni sulle navi cariche di rifiuti tossici e
radioattivi che i mafiosi hanno affondato intorno alle coste della Calabria,
incassando lauti appalti per lo smaltimento. Allora sono andato dal
caporedattore. “Questa è roba grossa, caro mio, perché in questo mare ci
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fanno il bagno pure i tuoi figli. Questi maiali fottuti stanno avvelenando la
nostra terra, altro che codici d’onore ed affari di famiglie tra quattro 'ndrine!
Questa gente non ha onore, non ha terra e ci vuole soffocare tutti quanti in
un mare di veleni. Infangano la Calabria, non solo moralmente o
economicamente, ma anche coi fanghi tossici che ci riversano addosso.
Quelli se ne fottono della terra, delle tradizioni, per loro siamo solo carne
da macello. Allora facciamo prima ad andare in piazza col bersaglio
disegnato sul petto gridando: “Ammazzateci tutti!”
La sfuriata (ed uso un eufemismo perché fu una vera e propria incazzatura
che raccoglieva quindici anni di detriti professionali, di frustrazioni morali e
di rospi mandati giú cercando di non vomitare) fece effetto ed ebbe
conseguenze. A "'U Tragediatturi’’, cioé a colui che le spara grosse, cioé il
sottoscritto, affidarono l’incarico di seguire l’inchiesta, a patto di scrivere
solo veritá vere. Esatto, il direttore disse proprio cosí: “veritá vere”. Me ne
accorsi solo in seguito che dietro il pleonasmo – la veritá non puó essere
vera, lo è e basta – si nascondeva la fregatura. La stranezza di
quell’espressione apparentemente buttata lí, non mi colpí subito, ero troppo
eccitato dalla svolta che finalmente ero riuscito a dare alla mia vita
professionale, ma dovetti farci i conti dopo, quando le vicende dell’inchiesta
mi portarono a tu per tu con uno strano personaggio, un boss che ne sapeva
una piú del diavolo... mi prese a benvolere, non so perché, forse perché mi
ammirava per la mia testardaggine ed anche per il coraggio con cui mi
esponevo a tanti pericoli.
Sul fondo appare l’immagine di un uomo seduto ad una sedia.
L’uomo inizia ad interloquire con Rocco che va a sedersi sulla poltrona posta sull’altro
lato della scena. Rocco stringe tra le mani moleskin e matita.
BOSS: Sai che cosa muove il mondo? Non certo un cacacazzi come a tia... Il
mondo lo muove il businnes... il resto sono parole, chiacchiere al vento,
scorregge di vacca sono!
IL CRONISTA: Bella filosofia.
BOSS: E' filosofia della sopravvivenza, amico. Perché quando sono venuti
gli arabi a fotterci mogli e cose, dovevamo sopravvivere, e poi sono venuti
gli spagnoli e dovevamo sopravvivere, e poi sono venuti chiccazzovuoi e
dovevamo sopravvivere. E poi ancora sono arrivati i Borbonici e dovevamo
sopravvivere e... perché forse che coi Piemontesi non dovevamo
sopravvivere in un modo o nell'altro?
IL CRONISTA: Ancora con questa storia dei piemontesi? Sono passati
centocinquant’anni dall'Unità d'Italia, il tuo bisnonno forse non era ancora
nato, e stiamo ancora a parlarne?
BOSS: Di che cosa dobbiamo parlare sennò?
IL CRONISTA: Dei lavori infiniti sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria,
delle truffe alla Comunità europea, di questo dobbiamo parlare, cazzo!
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BOSS: E parliamone. Ma attento che la verità potrebbe non piacerti.
IL CRONISTA: Sputa il rospo.
BOSS: Intanto, la verità vera non esiste.
IL CRONISTA: Lo diceva anche Platone.
BOSS: Il filosofo greco che soggiornò nella Sibarite nel III secolo avanti
Cristo?
IL CRONISTA: Come sei informato bene.
BOSS: Conosco i fatti importanti della mia terra, se non ti dispiace.
IL CRONISTA: E allora?
BOSS: Ma lo sai che che furono i Sibariti a fondare Paestum, acronimo di
Poseidon... tu lo sai cos'è una cronimo, no?, secondo una triangolazione
geometrico-pitagorica suggerita dall'oracolo che prevedeva uno sviluppo
della civiltà, la nostra civiltà, verso il nord, verso quella che poi sarebbe stata
Roma? - Ti dice niente la storia?
IL CRONISTA: Sì…. che hai ottimi ricordi della terza media.
BOSS: Questo per dirti che la nostra storia, le nostre verità, le nostre
possibilità di sopravvivenza noi le teniamo scritte nel sangue, nel nostro
codice genetico: incise nella carne.
IL CRONISTA: Verità soggettive, le vostre, appunto.
BOSS : Ma sempre di verità si tratta.
IL CRONISTA: La verità, quando si usa al plurale, sta per mezza verità. E
una mezza verità, se permetti, equivale ad una mezza menzogna.
BOSS: Menzogna, verità... Ma vuoi mettere una verità che risulta da tante
mezze verità e mezze fandonie... quelle che scrivete voi giornalisti, per
intenderci!, - dico - con una bella menzogna grande quanto un Ecomostro
o un Ponte sullo Stretto, d'accordo spudoratamente e scandalosamente falsa,
ma molto più concreta - minchia! - tangibile di una verità che non serve a
niente?
IL CRONISTA: Come non serve?
BOSS: Nel mio ramo, verità è marchio di infamia, di delazione, puzza di
marcio da lontano. E di morto ammazzato, si capisce. La verità puzza di
carogna. Più e vera e meno io ci credo. Invece la menzogna c'è, si vede, si
tocca, la percepisce anche un cieco: la ritrovi in ogni metro cubo di cemento,
negli aiuti ai terremotati e al terzo e quarto mondo...
IL CRONISTA: Nelle sovvenzioni pubbliche...
BOSS: Siamo realisti: la menzogna non ha bisogno di prove, c'è e basta e
tutti ci credono e amen.
IL CRONISTA: Invece, se cerchi di dire la verità ad alta voce, ti danno del
matto… Sai cosa dice Pirandello?
BOSS: Non mi prendere per scemo, guagliò.
IL CRONISTA: …solo a un matto è concesso di dire la verità... Altrimenti
passi per sovversivo idealista... e allora ti danno veramente tutti addosso,
nessuno ti dà retta e rischi di fare una brutta fine.
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BOSS: Non c'è alcuna verità se prima non scopri la menzogna da cui ha
origine quella stessa verità.
IL CRONISTA: E' un rebus per caso?
BOSS: Ma rifletti, pezzo d'idiota, come fai a sapere che cosa è vero se
prima non sai che cosa è falso?
IL CRONISTA: Ah, ecco, è un circolo vizioso, ci mancava anche questo,
ci mancava...
BOSS: Vizioso fino ad un certo punto, grandissima testa di minchia. - Una
volta che ci sei entrato, nel circolo, ti sembra perfettamente normale. Ad
esempio, la verità dipende da come si dice, da quando si dice, da perché si
dice e, soprattutto, da chi la dice. Sarebbe facile, troppo facile, trovare verità
sul banco del mercato. Invece no, bisogna sudarsela, scavarla dalla melma,
dal fango e dagli escrementi della menzogna. Quante verità vere sono state
considerate false e viceversa, solo perché troppo vere per essere vere. La
verità troppo vera non viene mai creduta.
IL CRONISTA: Non ti seguo.
BOSS: Certo che non mi segui. Non sei allenato abbastanza alla menzogna
che ti circonda, che ti soffoca e nella quale devi agire così astutamente da
riuscire a imporre la tua verità, anche se falsa. Se non sei capace di farlo,
lascia perdere il giornalismo, lascia perdere tutto. Resta pecora, mettiti a
pecora e aspetta che il lupo ti mangi vivo.
Il video si interrompe
IL CRONISTA: (come inseguendo un ricordo) Se non sei capace di farlo, lascia
perdere il giornalismo, lascia perdere tutto. Resta pecora, mettiti a pecora e
aspetta che il lupo ti mangi vivo.
Squilla il cellulare.
Il Cronista, dopo alcuni secondi di estraniamento sembra sentire il suono del telefonino, si
alza e si dirige alla scrivania.
Dall’altra parte della scena appare la donna che abbiamo visto ad inizio spettacolo, la
moglie di Rocco, Rosa. Una luce la illumina. E’ in attesa di risposta al cellulare.
IL CRONISTA: (rispondendo al cellulare senza vedere il nome dell’interlocutore sul
display) Si… (silenzio dall’altra parte) Pronto?!... Ma chi è?
ROSA: Cos’è hai cancellato il mio numero dal cellulare?
IL CRONISTA: Rosa!? ...Sei tu?!... Ma che dici?!... Ho risposto senza
guardare!
ROSA: Sempre con la testa per aria…eh?!
IL CRONISTA: Senti… si puó sapere che ci hai?
ROSA: Niente, niente…
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IL CRONISTA: Niente? E’ da un mese che mi tieni il broncio! Ma che ti
ho fatto di male, Rosa?! Cos’è ti hanno forse raccontato che ti ho messo le
corna con Miss Italia?
ROSA: Eh, si… perché quella proprio a te ti fila… a te che non ci hai
nemmeno gli occhi per piangere!
IL CRONISTA: Ma che dici?
ROSA: La veritá.
IL CRONISTA: La verità?!... Ma quale veritá!... (come ricordando) La verità è
sempre relativa a chi la dice, perché la dice e quando la dice… non esiste di
per sé, ma in funzione della sua utilità a qualcuno…
ROSA: Che cosa?!
IL CRONISTA: La veritá piuttosto, Rosa mia, è che da un po' di tempo sei
troppo agitata, nervosa, incolli sempre gli spaghetti… e quando una donna
del Sud incolla gli spaghetti vuol dire che c’ha le paturnie… Che ti succede,
si puó sapere?
ROSA: A me? A te, piuttosto, che ti sta succedendo? Ma non lo capisci che
sono preoccupata?!... Rocco, possibile che tu non ti accorga di quello che
t’accade intorno?!...Tu rischi che ti fanno fare il botto!
IL CRONISTA: (gridando all’improvviso) Buuuum!
Rosa si spaventa.
IL CRONISTA: Ti sei scantata?
ROSA: Quanto sei scemo!... Ridi… ridi… tanto, poi, chi resterà a piangere
qui, da sola, sarò io.
IL CRONISTA: Facciamo le corna… facciamo… Rosa mia.
ROSA: Tranquillo… tranquillo… che poi per dispetto ti faccio pure
quelle… Speriamo che almeno portano buono.
IL CRONISTA: Rosa arriviamo al dunque… che sono impegnato!
ROSA: Si ...a giocare con Gigio… (cambia tono, ora è affettuosa) L’hai portato
oggi Gigio?!... Ché quello ti protegge!
IL CRONISTA: Si… si…
ROSA: Lo devi sempre tenere vicino a te…capito?!
IL CRONISTA: Si, ma se esce per un caffè mica glielo posso impedire!
ROSA: Finiscila di scherzare!
IL CRONISTA: Okay, fuori il rospo.
ROSA: Tu ti sei scordato di avere sulle spalle la responsabilitá di una
famiglia. Moglie, figlio...
IL CRONISTA: Suoceri, cognati, nipoti! - Ma che, ti sei messa a fare
l’ufficale dell’anagrafe?
ROSA: Sei un incosciente, sei… La vuoi smettere di fare l’eroe?
IL CRONISTA: L’eroe?! Ma che eroe, faccio solo il mio mestiere e non
devo chiedere scusa a nessuno… Io non corro alcun pericolo.
ROSA: E come la mettiamo con le telefonate anonime?
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Un lungo silenzio.
IL CRONISTA: Quali telefonate anonime?
ROSA: Sono giorni che qualcuno telefona e riattacca senza aver parlato. Sta
lí per un minuto esatto, lo sento respirare pesantemente e conto i secondi
per la paura che mi dica quello che non voglio sentire.
IL CRONISTA: E cioé?
ROSA: Che scassi la minchia ai santi in paradiso.
IL CRONISTA: Tranquilla, avranno semplicemente sbagliato numero.
ROSA: Ogni giorno, alla stessa ora per trenta giorni di seguito?
IL CRONISTA: Sai come li chiamano i giornalisti che non si fanno mettere
il bavaglio?
ROSA: Quaquaraqua.
IL CRONISTA: Vedi che lo sai? E che cosa pensi che possa dire un
quaquaraqua come me? Quali veritá pericolose per le alte sfere posso
serbare io nel cassetto? E poi, comunque, io so quello che faccio.
ROSA: Ah, si?!...E allora vallo a fare a Roma o a Milano, in un giornale vero
– alla Repubblica o al Corriere della Sera – e chi ti tocca lí. Ma qui, nella città
dei tortellini, bella quanto vuoi…. da un pulpito come la tua scrivania che
casca a pezzi per i tarli che ci ha... A stento ci avete la carta per andare in
stampa…
IL CRONISTA: Amore… c’è la crisi!.
ROSA: La crisi… la crisi… In questo Paese con la scusa della crisi si
giustifica qualunque minchiata! Che ti metti a fare, Davide contro Golia?
Oppure vuoi fare il moralista… il giustiziere… o meglio ancora… lu fessu.
IL CRONISTA: Grazie per avermi dato un’ultima chance...
ROSA: Scusa ma dovevo proprio dirtelo.
IL CRONISTA: Comunque, ti manca l’ultima battuta.
ROSA: Sarebbe?
IL CRONISTA: Torno da mia madre!
ROSA: Bada che questa volta ti prendo in parola davvero!
La donna riattacca ed esce di scena indispettita.
IL CRONISTA: Ha attaccato!? E vai vai…vai da tua madre…chè non mi
meriti! (spegnendo il cellulare e guardando il pupazzo) Meno male che ci sei tu,
Gigio, che mi capisci!... (riprovando ad accendere il computer) Cazzo non si
connette!?...
Mi sono proprio rotto… e dall’assistenza nessuna notizia…
IL CRONISTA: (guardando, sconfortato, Gigio) Ehi… ma secondo te se ne va
davvero dalla madre?!
(accende il computer)
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Come darle torto?! Del resto, non posso dire che io non condivida le sue
preoccupazioni... uno che ti respira nell’orecchio per sessanta secondi esatti,
ogni giorno per trenta giorni di fila fanno la bellezza di 1.800 secondi al
mese, che fanno all’anno... esattamente… 1.800 per 365... scrivo due e porto
tre... ecco 657.000 secondi all’anno, un’eternitá! E chi ci ha un’eternitá del
genere da perdere, vorrá pure dirti qualcosa di serio, di grave...
(Si accorge che il computer non reagisce) Eh, a proposito di eternità, e tu quanto ci
metti ad appicciarti?
(Dà una botta al computer) Mi sa che 'stu reperto preistorico ha smesso di
funzionare all'età della pietra, proprio adesso che vado di fretta!
(Rocco alza la cornetta del telefono e compone un numero.)
Pronto? Sono io... Sì… si il pezzo ce l'ho, ma ho problemi col computer...
Di nuovo si… E che ne so… non si connette!… Non lo so… suppongo un
altro virus... Ce l’hanno con me i virus!... mi sembro un pescatore di virus,
mi sembro... Devo dettartelo... Ti serve per andare in stampa tra un'ora, no?
E allora come minchia faccio a passare al centro internet!?… Il tempo di
arrivare e avrà chiuso per il pranzo… Avanti registra!… Forza! Dunque, dal
nostro inviato speciale... perché non sono speciale secondo te? Ah, ecco,
bravo: chiedimi scusa... Dunque : Giuseppe, detto “Peppi”, Tigna, ex
affiliato alla cosca dei Timballo di Reggio Calabria, con precedenti per
traffico di droga, ha cominciato a collaborare con i magistrati della
Direzione distrettuale antimafia… O… mi raccomando… le virgole sai
dove metterle…
Secondo il pentito Peppi Tigna, la 'ndrangheta, simbolicamente, è
rappresentata dall'albero della scienza…una grande quercia alla cui base è
collocato il capobastone o mammasantissima, cioè quello che comanda…
Poi vi sono… il Fusto…
Proiezione sul fondo del palcoscenico. Appare Peppi Tigna, il Picciotto
PICCIOTTO: Il Capo società.
IL CRONISTA: Il semi fusto.
PICCIOTTO: Il contabile.
IL CRONISTA: I rami
PICCIOTTO: I camorristi.
IL CRONISTA: I ramoscelli
PICCIOTTO: I picciotti
IL CRONISTA: I fiori
PICCIOTTO: I giovani d'onore.
IL CRONISTA: E le foglie
PICCIOTTO: I contrasti onorati
IL CRONISTA: Vale a dire i non appartenenti alla ’ndrangheta!...
Rocco esce di scena, mentre le immagini si susseguono sul fondo del palcoscenico.
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Nel video entra in scena il Capo Società.
CAPO SOCIETA': E se per caso il fusto cade?
PICCIOTTO: Resta il Semi Fusto.
CAPO SOCIETA': E se cade il Semi Fusto?
PICCIOTTO: Restano i ramoscelli.
CAPO SOCIETA': E se cadono i ramoscelli?
PICCIOTTO: Restano i fiori.
CAPO SOCIETA': E se cadono i fiori?
PICCIOTTO: Restano le radici.
CAPO SOCIETA': E se cadono le radici?
PICCIOTTO: Le radici non possono cadere mai.
CAPO SOCIETA': Bravo picciotto!...E le foglie?
PICCIOTTO: Le foglie che cadono sono gli infami… destinati a morire!
L’immagine di radici che si estendono invade la platea
Le immagini si interrompono.
IL CRONISTA: (detta) Oggi la ‘ndrangheta non è solo l’organizzazione
criminale piú compatta e meno visibile sul territorio, ma è anche quella piú
pericolosa e piú pervasiva. Questo lo sanno tutti. Ma molti - sbagliando l’hanno definito un Antistato, un’ escrescenza patologica. E questi luoghi
comuni non hanno aiutato a comprendere la vera natura della ‘ndrangheta
che è nata in presenza dello Stato e non in sua assenza, con esso e non
contro di esso.
(smettendo di dettare) Se mi rendo conto? Ma certo, certo che mi rendo conto
di quello che dico... perché a te lo Stato ti sembra una candida verginella che
lotta veramente la mafia? La lotta alla mafia la fanno quattro fessi come a
mia e alcuni magistrati onesti, sul resto, politica e imprenditoria, stendiamo
un velo pietoso, va... Scrivi:
(detta) La ‘ndrangheta conquista sempre piú mercati e ha le mani
dappertutto… le ‘ndrine si estendono ovunque e i loro loschi traffici
coinvolgono non solo droga, prostituzione, armi, usura e gioco d’azzardo,
ma anche migliaia di attivitá commerciali e imprenditoriali dietro il
paravento di attivitá lecite: dalla ristorazione all’edilizia, dalla gestione di
autorimesse alle agenzie di pompe funebri… (si accende una sigaretta, un silenzio
) Supermercati che spuntano come funghi per riciclare il denaro attraverso la
falsa scontrinazione, il controllo totale della distribuzione della carne,
infiltrazioni nel mercato immobiliare e turistico. Per non parlare del grande
businnes dei rifiuti…
(Smette di dettare) Mio padre ne sa qualcosa!... No, questo non lo scrivere,
sono fatti miei personali.
(detta) Insomma ritenere la ‘ndrangheta un fatto esclusivamente criminale da
contrastare con le sole forze dell’ordine, sarebbe una presa in giro. Se la
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mafia fosse solo criminalità, sarebbe già stata sconfitta, come è avvenuto con
il brigantaggio e il terrorismo. La ‘ndrangheta è invece un sistema criminale
che ha sempre goduto di appoggi del potere politico e finanziario… Chi
ancora pensa ai picciotti con coppola e lupara nelle campagne, vive in un
passato remoto; oggi dietro ai killer ci sono professionisti che riciclano
denaro e politici disposti a tutto…
(Smette di dettare) Ah, te ne sei accorto anche tu, bravo. Allora lo vedi che non
sono pazzo? Ma ora viene il bello, il cosiddetto pepe al culo.
(detta) La 'ndrangheta ha cominciato ad avere rapporti con la Massoneria alla
fine degli anni ’60, quando riuscì a capire che invece di cercare di dialogare
con le istituzioni, faceva prima ad eleggere direttamente i propri
rappresentanti istituzionali. I personaggi di riferimento non sono più Osso,
Mastrosso e Carcagnosso… i tre leggendari cavalieri spagnoli partiti dalla
Spagna dopo aver ucciso un nobilotto, reo di aver violentato la sorella e
trasferitisi nel Mediterraneo dove nelle viscere della terra, per 29 anni,
rinchiusi in un carcere borbonico, misero a punto le regole sociali e poi
scontata la pena, uno rimase in Sicilia, l’altro andò in Campania, il terzo in
Calabria, ma Garibaldi, Mazzini e il generale Lamarmora...
...tutti e tre… massoni.
(smette di dettare) Hai capito bene. Come, non lo sapevi che la 'ndragheta
venera come santini i tuoi padri ideali e materiali dell'Unità d'Italia? Ah no?
E allora te lo dico io, sì, me ne assumo tutta la responsabilità... e che mi
frega, è la verità... e poi mica dico che Mazzini o Garibaldi erano mafiosi,
dico che sono diventati un simbolo della 'ndragheta e questo, qualcuno
dovrebbe spiegarmelo. Come, perché non lo spiego io? Io faccio il
giornalista, mica lo storico?! Che ci sono andati a fare all'università quei
signorini mentre io imparavo a leggere e scrivere in un paesino della
Calabria? - Ora però fammi continuare sennò finiamo dopodomani...
(detta) La 'ndrangheta - dunque... ma no, il "dunque" non ce lo mettere,
dicevo per riprendere il filo - cambia metodi, cambia abitudini e cambia
contesti socioeconomici. Dalla mafia delle guardinie, pizzi, estorsioni e dalla
mafia del contesto agropastorale, si passa alla mafia imprenditrice e alla
mafia che attraverso imprese partecipa alla gestione di lavori pubblici, e alla
acquisizione di appalti e subappalti. Il che rende la 'ndrangheta soggetto
nuovo. Per la prima volta vediamo mafiosi che vengono eletti ai vari
parlamenti comunali, regionali e nazionali. Così la ‘ndrangheta non delega
più, ma partecipa al banchetto. Nell'ultimo decennio ha fatto un salto di
qualità "territoriale" e culturale... Attraverso la gestione diretta o indiretta o
la semplice disponibilità di una serie di attività commerciali, produttive,
finanziarie la 'ndrangheta si è insinuata ben oltre il Nord Italia, dove città
come Milano, Torino, Bologna sono diventate le sue roccaforti, giungendo
in Germania che, in virtù della forte emigrazione degli anni Cinquanta e
Sessanta, è diventata la cella frigorifera anche dei killer, che spesso partono
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dalle città tedesche per compiere delitti e poi immediatamente vi ritornano a
"seppellirsi". La strage di Duisburg...
(smette di dettare) D come Domodossola, U come Udime...
(detta) ...ha dimostrato la presenza di strutture 'ndranghetiste ben radicate
nel tessuto sociale e produttivo del Nord Europa. Naturalmente tutto ciò
necessita di una forte espansione imprenditoriale, ma anche di un salto di
qualità culturale. Infatti, per garantirsi la <copertura> e l'anonimato, questi
affiliati parlano tedesco e spesso inglese o francese fluentemente. In diversi
casi sono cosiddetti "colletti bianchi", avvocati, commercialisti, esperti di
finanza, insospettabili, insomma: funzionari di banche, imprenditori, notai e
avvocati ed altri professionisti del tutto fuori dal giro e non direttamente
affiliati alle cosche.
(smette di dettare) Anche il tuo direttore di banca, perché no? Tanto, come
dicono loro, i soldi non puzzano.
(detta) Le ultime rivelazioni sembrano documentare che l'espansione
'ndranghetista, avvenuta per allargamento delle strutture familiari attraverso
matrimoni combinati e imparentamenti di anello, e non associativo come la
mafia, starebbe adeguandosi alle nuove esigenze di trovare alleanze e
sinergie anche al di fuori della cosca con accordi economici.
(smette di dettare) Ma lo sai quanto costa un matrimonio in Calabria? Dì una
cifra, spara, spara.... Di più, molto di più... parti da trecento invitati al
minimo... ecco, appunto, arrizi suppergiù a sei zeri tondi tondi...
(detta) La crisi economica non indebolisce la 'ndrangheta e le altre mafie,
bensì le rafforza. Infatti con l'immensa disponibilità di capitali "cash"
possono oggi acquisire con estrema facilità e con minor spesa qualsiasi
pacchetto azionario, attività, impresa o proprietà. Oggi potrebbero
comprarsi un intero paese come l'Italia.
(Smette di dettare) Se non se la sono già comprata, mannaggia la miseria, come
fanno certe squadre del Nord che non si comprano i giocatori: loro si
comprano direttamente il Campionato. Forza Reggina, Nordista! Io sono
rimasto attaccato ai miei colori, alle mie nobili tradizioni calcistiche. - Tu di
chi sei? Del Modena? Macché Modena, tu sei Juventino, Milanista o
Interista nel cuore, non si scappa. E ti fa comodo il Modena in serie Zeta,
così non devi tifarlo la domenica. Finiamo l'articolo va che tu capisci di
calcio come io capisco di Mafia: cioé troppo per fare veramente il tifo per il
Modena. E adesso un po' di grancassa retorica, un po' di colore, una ventata
di ottimismo in chiusura tanto per non farmi passare da menagramo...
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(detta) Ma è ancora possibile cambiare le cose… riappropriarsi di un libero
futuro. C’è, però, bisogno di fatti concreti, di iniziative coraggiose, capaci di
coinvolgere la società in percorsi di cambiamento culturale e di svolte
radicali.
Bla-bla-bla...
E’ necessario che si affermi l’impegno etico della classe politica.
Bla-bla-bla...
La voglia di riscatto, soprattutto quella delle nuove generazioni, non
manca… (disattivando il vivavoce e parlando alla cornetta)
Ho finito… è tutto! Se hai problemi: troppo lungo… troppo corto…
chiamami, sono qua…
Ciao!... Ah… buon pranzo, nordista!
Rocco riattacca la cornetta del telefono.
IL CRONISTA:
Eh… buon pranzo! (estraendo una mela dalla borsa e
guardandola) Buon pranzo! Chiamalo pranzo chistu...
Il cronista addenta la mela, ne mastica un boccone poi si ferma a guardare immobile nel
vuoto.
IL CRONISTA: Sai che ti dico, Gigio? Andiamoci a fare un piatto di
tagliatelle alla bolognese!
Il cronista si alza, prende giubbotto e cellulare ed esce di scena.
Rosa, la moglie, entra in scena cantando un’antica canzone popolare calabrese. Indossa un
grembiule da cucina e stringe tra le mani una ciotola che contiene patate. Si siede e inizia
a sbucciare una patata.
ROSA: Eh…quanto mi manca il mio paese…con quegli odori, quei
sapori…quei tramonti!...Certo, però, che le persone….particolari,
eh?!...Quanti ricordi!...Quella volta che ho portato Giacomino dal pediatra
per una visita di controllo ?!...Non la dimenticherò mai !.... C'era traffico, e
ho fatto tardi. Un motorino aveva sfiorato lo specchietto di una macchina
in coda al semaforo, ne è nato un litigio perché l'automobilista, che non
aveva subito alcun danno alla macchina, pretendeva che il ragazzo si
scusasse e portasse rispetto. Ma quello gli rispondeva: un me ne fotte 'na
minchia chi sei, puoi essere pure mammasantissima, ma non ti ho fatto
niente e quindi chiedo scusa a 'sta minchia.
Sono volate parole grosse e una minaccia: « Ti stermino la famiglia ». Quello
che mi turbò di più, però, fu che Giacomino in macchina non pareva troppo
spaventato dallo spettacolo incivile e disse: « Mamma…. sembra papa', che
va a sbattere la testa contro i muri. »
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Giá, anche papá va per la sua strada e non vuole chiedere scusa a nessuno,
pesta i piedi e non capisce che, per alzare la voce, bisogna avere le spalle
coperte da qualcuno piú grosso di te.
Perché altrimenti il pesce-pilota si metterebbe al riparo sotto la pancia dello
squalo? Sono arrivata allo studio pediatrico con mezz'ora di ritardo. Prima di
me c'erano giá quattro mamme in attesa del loro turno. Il mio
appuntamento purtroppo era saltato e non mi restava che attendere.
Giacomino sbuffava, perché il nostro pediatra, il dottor Sermonti, è un tipo
all'antica e non vuole intrattenere i piccoli pazienti in attesa con la
televisione. « Niente balie elettroniche, raccontategli fiabe e storielle », si
raccomanda sempre. Sul tavolo a disposizione c'erano solo alcuni libri per
bambini e per ragazzi, tra cui il mio romanzo preferito "L'isola del tesoro"
che lessi da bambina un po' alla volta proprio in quello studio. Perché il
dottor Sermonti è stato anche il mio pediatra. Ed ogni volta che torno nel
suo studio per Giacomino dó subito un'occhiata per vedere se in giro c'è
ancora "L'isola del tesoro" nell'edizione che lessi io. Da qualche parte deve
esserci pure una macchiolina di sangue che mi usci' improvvisamente dal
naso quando soffrivo di epistassi... Ritrovare anno dopo anno lo stesso
libro mi dá un senso di sicurezza, mi fa sentire come…. protetta da quelle
quattro pareti bianche con sette od otto sedie disposte lungo il muro e il
tavolinetto di bambú al centro con sopra le copie dei romanzi d'avventura
che leggevamo noi ragazzi di un tempo.
Giacomino invece non legge se non è costretto a farlo per i compiti. Passa
ore ed ore davanti alla TV, anche se cerco di distrarlo e dargli alternative:
l'ho iscritto a nuoto perché Rocco ci teneva a portarselo a mare a vedere le
stelle marine sul fondo, la sua fissazione, ma poi non ha mai tempo e cosí
al povero Giacomino non resta che la solitudine e il silenzio dell'immersione
in una piscina dove annaspa, col suo corpicino simile ad un barattolo di
pomodori, come una boa in un mare in tempesta.
A volte mi sembra una goffa barchetta ancorata alla sedia, immobile e con lo
sguardo perso nel vuoto.
« E leggi un libro », gli dico. « Uffa, non mi va ! », reagisce poggiando il
mento sui pugni con l'aria imbronciata come un orsacchiotto frustrato. « E
forza, ché al dottor Sermonti gli dái una gioia se ti vede leggere "L'Isola del
Tesoro" come faceva mamma quand'era piccola ! ».
Allora si alza, sempre sbuffando, prende il libro e lo apre, ma solo per farmi
un piacere, perché tanto lo so che anche se i suoi occhi sono fissi sempre
sullo stesso rigo, la sua mente è persa nel pensiero di qualche diavoleria
televisiva o telematica.
Ma almeno il solo nominare il dottor Sermonti, glielo ha fatto aprire questo
benedetto libro! E chissá che, se si prolunga l'attesa, a furia di fissare la
pagina, a Gacomino non si fissi in testa qualche parola……Il dottor
Sermonti…che personaggio! Con quel suo pizzetto bianco sembra una
specie di D'Artagnan in pensione. Porta il camice aperto su una camicia di
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flanella a scacchi rossi e verdi che mi sembra quella con cui lo conosco da
sempre. Qualche volta mi chiedo se sia diventata la sua seconda pelle, come
se se la fosse fatta tatuare per non cambiarsela mai!
Per me era, non dico una festa, ma certo una novitá andare a farmi visitare
quand'ero piccola dal dottor Sermonti. Ricordo che era una specie di affare
di famiglia <portare la piccola dal medico>. Ci si mobilitava due ore in
anticipo, perché dovevo fare prima il bagnetto, poi vestirmi per bene, come
una signorinella e dopo…. la promessa con cui venivo convinta a fare la
brava : il gelato. Il gelato mi piaceva, ma non era necessario per convincermi
a fare la brava bambina, perché il dottor Sermonti, coi suoi scherzetti, la
caramella che gli sbucava per un piccolo gioco di prestigio dal pugno che
credevo vuoto, il solletico sotto i piedini, mi sembrava come l'incarnazione
di uno dei santi protettori, sorridenti come angeli custodi che vedevo sulle
pareti della chiesa quando mi portavano a messa. La sua esclamazione
soddisfatta quando mi misurava l'altezza e registrava su una tabellina i
progressi della mia crescita, mi trasmetteva la sensazione piacevole di aver
fatto in qualche modo il mio dovere crescendo sana e forte…..Poi mi
metteva le dita sulla schiena e bussava con le nocche esclamando divertito:
« C'è nessuno in casa? Ed io scoppiavo a ridere mentre borbottava
facendomi il solletico: « Ferma, sta’ buona, altrimenti il cuoricino batte
troppo forte e scappa via come un topolino impaurito. » Quindi prendeva il
martelletto per colpirmi sotto il ginocchio... La prima volta che lo fece mi
misi a piangere, perché pensavo che volesse farmi male, ma quando vidi che
la mia gamba scattava come una molla, a mia insaputa, come un essere a cui
con quel colpetto lui aveva dato improvvisamente vita, trasformai il pianto
in una risata irrefrenabile… Volevo bene al dottor Sermonti... per me era
come un nonno buono... e come fu felice quando gli portai Giacomino
appena nato. Scorgendomi con la carrozzina, il suo viso si allargó in un
sorriso di gioia: nel passaggio delle generazioni che si alternavano nel suo
studio, vedeva la testimonianza che la vita, riproducendosi, trionfa sulla
morte. E questo dava un senso alla sua vita… Quel pomeriggio, mentre
Giacomino faceva finta di leggiucchiare, il dottor Sermonti si affacciò in sala
d'attesa e mi fece segno di avere pazienza, ci sarebbe voluta un'altra
mezz'ora per finire le visite che mi erano passate davanti. Giacomino si
insospettì: « Mami ma tu lo conosci davvero il dottore da quando eri
bambina? » - « Certo che lo conosco, Giacomino, perchè? » - « Ma allora…
se lo conosci cosí bene ed è tuo amico, perché non ti fa passare davanti agli
altri? »
Mi crolló il mondo addosso. Dopo tutti gli sforzi che avevamo fatto per
educarlo alla civiltá e al rispetto degli altri, il nostro Giacomino, da noi
chiamato così in onore di Giacomo Matteotti che mio marito considera un
mito di coraggio e lealtá… proprio lui pensa di poter scavalcare la fila
perché è amico di qualcuno….Questo significa che la mentalitá mafiosa è
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inculcata fin dalla nascita dall'ambiente, che è piú forte delle buone
intenzioni dei singoli.
Mi caddero le braccia: proprio mio figlio mi stava facendo capire come
stavano realmente le cose e che le nostre speranze di un futuro piú civile
erano solo sogni di poveri sciocchi, illusioni destinate a svanire al primo
contatto col mondo. Raccontai tutto al padre la sera stessa. « Dove abbiamo
sbagliato? » mi chiese.
« Noi sbagliato? Se fossi riuscita a scavalcare la fila, nessuno delle persone in
attesa avrebbe fiatato… e sai perché? Perché è normale, in Italia, che se
conosci qualcuno puoi passare avanti, non fare la fila e nessuno protesta o
s'indigna ad alta voce per il semplice motivo che domani, da un'altra parte,
saranno proprio loro, le vittime del sopruso di oggi, a fottere gli altri,
chiedendo un favore, un piacere, un aiutino, una spintarella, una
raccomandazione o... la protezione mafiosa.
Abbiamo fatto leggi incomprensibili, abbiamo creato un sistema burocratico
impenetrabile…per proteggere le corporazioni, le lobby degli amici, i salotti
buoni, le logge massoniche, le terrazze romane, i party della crostata, gli
inciuci, le cricche, i furbetti del quartierino, le cosche, la casta…… la mafia !
Siamo tutti colpevoli !
"Sprofonda Italia, libera il mondo" diceva Foscolo. »
io sono nato in un dolce paese
dove chi sbaglia non paga le spese
dove chi grida piú forte
ha ragione sugli altri
tanto c'è il sole
e c'è il mare blu.
Rosa esce di scena cantando.
Entra in scena Rocco.
IL CRONISTA: Beh… dopo aver mangiato spaghetti incollati per un
mese… mi ci voleva proprio un bel piatto di pasta fatta in casa alla
bolognese!… Certo non sono i sapori della mia terra… ma io mi trovo bene
qui… mi piace questa regione così medievale dal punto di vista
architettonico, ma tanto moderna in quanto a modo di vivere e pensare e
poi… mi piacciono gli emiliani: allegri, costruttivi… simpatici…Rosa mi
sfotte sempre dicendomi che ho dimenticato la Calabria al punto da
prendere anche un po’ l’inflessione… Ma, forse, ho volutamente cercato di
dimenticare quella mia terra così difficile e tormentata… non da meno di
altre regioni della nostra Italia… Mi ricordo, tempo fa, che rimasi bloccato
per ore, a causa di una panne, sulla statale Jonica, nei pressi di Corigliano…
Batteria kaput… Colpa mia che non controllo mai la macchina, metto
benzina e vado…In attesa del carro attrezzi vidi passare tante automobili…
in un’ora sfrecciarono 57 Mercedes SLK, 5 Ferrari, 15 SUV BMW, 6 Jaguar
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e tante tante altre auto extralusso… centinaia di migliaia di euro - alla faccia
della cronica povertà del Sud! - che sfrecciano ad alta velocità… Mi chiesi:
Ma… gli autovelox funzionano o sono stati messi lì per bellezza, magari
perché finanziati con i soldi della Comunità Europea, come le pale ferme
degli impianti eolici che sembrano scheletri abbandonati sulle pendici delle
colline calabresi?.... Gli autovelox funzionano perfettamente… ho anche
preso una multa! E come è possibile, allora, che centinaia di automobilisti se
ne fottano?... Perché hanno tanti soldi o perché tanto non le pagano?... Di
chi sono mogli, figli, amanti, nipoti, cugini, parenti o amici per farsele
togliere da funzionari compiacenti in un giro enorme di corruzione che,
ormai, è dentro di noi come una seconda pelle, un abito mentale… e ci
coinvolge tutti?!… Anche me… e voi… si… moralmente si… siamo tutti
colpevoli: mafiosi e giornalisti, inquirenti e gente comune, studenti e
professori. Siamo inavvertitamente scivolati nella palude di quella mentalità
pre-mafiosa che ci fa pensare, ad esempio : “E chi se ne fotte della multa,
tanto ho mio nipote che lavora in Questura!”... Chi pensa questo è
mafioso… chi vive così è mafioso… chi parla usando questi termini è
mafioso!
Come diceva sempre mio padre: la 'ndrangheta - figghiu mio - è una tela di
ragno che lentamente… inesorabilmente, imprigiona le persone… le infetta
come nu virus e si insinua nelle istituzioni che quille rappresentano.
Entra in scena Rosa con soprabito borsa e valigia.
IL CRONISTA: (sollevando la testa dalla scrivania e scoprendo la moglie) Sei
venuta a portarmi il pranzo?! (la donna tace) No, eh?!..
(riabbassando la testa) Meglio niente che gli spaghetti incollati
ROSA: Non mi chiedere perché ti lascio.
IL CRONISTA: (risollevando la testa) Mi lasci ?!... Non lo sapevo ?!... Scriverò
un articolo ! (riabbassando la testa)
ROSA: Lo sai benissimo Perché lo faccio !
IL CRONISTA: Ah, si ?!
ROSA: Se non lo sai te lo ripeto io per l'ultima volta. Tu stai giocando non
solo con la vita tua, ma anche con quelle della tua famiglia. E perché?
Mestiere ! Lo chiami mestiere il tuo? Quanto ti paga il giornale?
Collaborazione fissa a 800 Euro al mese...
IL CRONISTA: Uuuuh ! Quanto rompi!
ROSA: E che ci facciamo ?!... Come campiamo ?!
Se non ci fossero stati i miei ad aiutarci, stavamo freschi con questo tuo
fottuto mestiere! Io mi sono fidata di te, quando mi dicevi di non
preoccuparmi di nulla e mi hai fatto lasciare il mio paese e (il mio posto da
insegnante) la scuola dove insegnavo, sbattendomi qui dove non conosco
nessuno e promettendomi che tu avresti pensato a tutto… Come no !... E il
futuro che stai dando a tuo figlio ?!... Un futuro nero… di merda…
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IL CRONISTA: Non esageriamo,Rosa!... Un futuro di merda…
ROSA: Si… un futuro di merda ! Invece di darti uno stipendio decente per
gli ultimi articoli che hai pubblicato, che hanno fatto ?! Ti hanno dato la
scorta a causa delle minacce che hai ricevuto… Sul pianerottolo di casa ci
siamo ritrovati un attempato maresciallo vicino alla pensione a cui devi pure
offrire ogni mattina cappuccino e cornetto. Risultato? Da quando giri con
questo « po' po' » di scorta, l'assicurazione non ci ha concesso il
finanziamento per la macchina nuova perché non te la fanno assicurare
contro gli incendi, dal momento che prima o poi salta in aria.
IL CRONISTA: Ma che dici ?!... Rosa non ti ci mettere pure tu stamattina,
per favore ! Ho tanti di quei problemi… il PC che non funziona…
l’articolo…
ROSA: Ah , lo sai, c'è una novità. Da qualche giorno anch'io ho la scorta...
IL CRONISTA: La Polizia!?
ROSA: Ma quale Polizia! E’ una BMW nera fiammante con targa tedesca,
con due tipi a bordo che te li raccomando... mi seguono da una settimana, si
sono pure fermati a darmi una mano quando ho bucato… e c’era pure
Giacomino…
IL CRONISTA: Giacomino?!
ROSA: Gentili sono stati, e alla fine quando li ho ringraziati mi hanno detto:
« Signora dica a suo marito di far cambiare le gomme a questa macchina
perché potrebbero saltare tutte e quattro insieme, ci siamo capiti? »
Lo so, lo so, ti dispiace e non puoi farci niente. Però io sí, caro, io sí che
posso farci qualcosa, darci un taglio, ecco cosa…. perché non ce la faccio
piú con questa vita, non me la merito. Anche Giacomino si merita una vita
migliore di quella che gli stai dando...
IL CRONISTA: Rosa…questo è il mio lavoro. E’ una missione per me…
quante volte te lo devo ripetere !
ROSA AL PUBBLICO PASSANDO
NARRAZIONE STORICA.
DAL
PRESENTE
ALLA
ROSA: Rocco mi disse che avrebbe parlato con qualcuno, e in effetti le
telefonate anonime cessarono. Anche la BMW nera con targa tedesca smise
di seguirmi.
IL CRONISTA: Hai visto? Sei contenta ora? Se ne sono tornati in
Germania nel loro covo, nel loro freezer. Ora anche i tedeschi, dopo
Duisburg, gli danno la caccia.
ROSA TORNA AL PRESENTE.
ROSA: Rocco, ma tu sogni, lquelli girano liberi in Germania con le targhe
tedesche perché hanno finanziato il governo tedesco per la ricostruzione
della Germania dell'Est. Si sono comprati il Paese, Rocco, si sono comprati
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l'Europa intera, le Banche, i sistemi finanziari, le borse, i giornali, le emittenti
televisive, le sala da gioco, i supermercati, i ristoranti, le pizzerie... guarda che
solo i teatri hanno lasciato liberi, tanto della cultura non gliene fotte una
minchia. Allora perché non ti metti a fare il critico teatrale, lì almeno non
respiri la putrida aria della criminalità organizzata. Non ti chiamano forse o'
Tragheddiaturi? E la tragedia non è forse roba che si fa a teatro?
Guarda che anche Pippo Fava hanno ammazzato, lui faceva teatro contro la
mafia. E Giulio Cavalli, l'attore che sfotte i boss, gira con la scorta peggio di
me. E mi guardò triste come per dire: non c'è scampo. Da nessuna parte.
Nemmeno col teatro. Nemmeno a teatro. Te lo ricordi Eduardo de Filippo
che scriveva che da qualche parte c'è ancora penzolante la corda con cui
hanno impiccato qualche Arlecchino che diceva la verità?
IL CRONISTA: Peggio per lui che ha cercato di servire due padroni.
ROSA: E tu invece non hai padroni, vero?
IL CRONISTA: No, io al posto di due padroni, ci ho due coglioni grossi
così.
ROSA: Già. Anch'io sono stufa di parlare sempre della stessa cosa.
Rosa afferra la valigia posata in terra e fa per andarsene.
IL CRONISTA: Rosa, cos’è quella valigia ?! Ma… allora fai sul serio ?...
Amore… ma… vuoi buttare tutto all’aria !?... E quello che abbiamo
costruito finora ?!... Non pensi a Giacomino ?!...
ROSA: E’ proprio Perché penso a Giacomino che me ne vado.
IL CRONISTA: Ma dove vai ?!... Non fare minchiate, per favore !
ROSA: Io ti amo, Rocco, ma… ormai ho deciso ! Io non so chi te lo fa
fare… ammiro il tuo coraggio, ma non fa per me, sono stanca...
Un silenzio.
ROSA: Se vuoi andare a fondo, se vuoi trovare le tue stelle marine incastrate
nell’Oceano come quando eri picciriddu…. la tua veritá… dovrai farlo da
solo, senza di noi...
(afferrando il pupazzetto Gigio) Gigio viene con me !
IL CRONISTA: ( posando la mano su quella di Rosa, come a fermarla) Rosa… io
ti amo !
ROSA: Ecco, lo vedi, riesci sempre a farmi piangere..
IL CRONISTA : Piangi, piangi... tanto chi resta a solo qui a ridere sono io,
io!... da solo!
STACCO MUSICALE DRAMMATICO. CAMBIO LUCI
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FINALE
Rosa entra con uno scialle nero, ha ora anche gli occhiali scuri.
Questo è l'ultimo articolo scritto da Rocco prima che...
L'ho letto e riletto mille volte, mi ricordo ancora quando lo ha scritto. Qua,
su questa scrivania. Poi mi ha chiamato e me lo ha letto ad alta voce.
Declamava come un tribuno! Io ascoltavo e tremavo di paura solo a sentire
le sue affermazioni, mentre lui si esaltava leggendolo, si infervorava come un
pubblico ministero all'arringa conclusiva. Nessuno di noi due sapeva che
quella sarebbe stata davvero la tragica conclusione di tutto. Perché pochi
giorni dopo che è uscito l'articolo sul giornale...
Ero in casa, stavo stirando. Ho sentito lo scoppio come di una serie di
mortaretti, pensavo a Giacomino che stava giocando per strada con gli
amichetti, e mi sono affacciata a gridargli: Giacomino, stacci attento con
quegli affari maledetti, che li fabbricano i cinesi e possono scoppiarti tra le
mani. Ma Giacomino mi rispose dalla sua cameretta. Mamma, sono qua in
camera, sto facendo i compiti. Allora ho avuto un presentimento. Mi sono
affacciata al balcone e ho visto una macchia nera sull'asfalto bagnato che
rifletteva le luci dell'illuminazione stradale. Sembrava il corpo di un uomo
disteso in una posizione innaturale. Ho riconosciuto il soprabito di Rocco,
ho visto dei buchi sulla schiena da cui scaturivano le macchie di sangue. Ho
gridato, gridato tanto. Giacomino si è spaventato, poverino, ché forse aveva
capito anche lui o aveva il mio stesso presentimento, e si è messo a piangere.
Perché un bambino di otto anni che vive nel costante terrore che il padre
possa essere ammazzato, e queste cose le percepisce dai dicorsi che
facevamo sottovoce, non ci mette molto a realizzare. Sono corsa giú per
strada che si era come desertificata. Tutti scomparsi, nascosti dietro le
imposte, i negozi avevano abbassato le saracinesche, ma non in segno di
lutto, ma per paura. Una cappa di silenzio omertoso era caduta tutt'intorno.
Mi sono gettata sul corpo di Rocco, l'ho preso tra le braccia, ho cercato di
rianimarlo, l'ho baciato, l'ho chamato.
(si inginocchia)
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Rocco, Rocco, non è niente, adesso ti portiamo all'ospedale, Aiuto, che
qualcuno mi aiuti! Mi sono ritrovata le mani e la faccia sporca di sangue.
Sono passati attimi interminabili, forse minuti. Poi mi sono sentita toccare
sulla spalla, era il braccino di Giacomino che mi aveva seguito in strada.
Piangeva anche lui. E nessuno veniva a dare una mano. Poi ho sentito le
sirene della polizia e ricordo solo una voce, la voce di un poliziotto che mi
diceva, signora venga via, per piacere, non c'é piú nulla da fare, lo faccia per
suo figlio.
(si rialza)
Ed io allora lo faccio per mio figlio, e continuo a farlo, ogni giorno alla
stessa ora: apro la finestra e recito, che lo so a memoria, l'ultimo articolo di
Rocco, quello per cui volevano farlo star zitto. Ma Rocco zitto non ci sta e
parla, parla, continua a parlare per bocca mia. Sparate anche a me sparate? E
poi ci sarà Giacomino e poi qualcuno altro fino alla fine del tempo fino alla
vostra maledizione. Per sette generazioni dovete bruciare...
(sale sulla sedia come per gridare alla finestra)
BUIO. STACCO MUSICALE DRAMMATICO.
QUANDO TORNA LA LUCE E' COME SE FOSSERO PASSATI
DIECI ANNI.
La nostra casa divenne una grotta cupa. Buia e immersa nel silenzio rotto di
tanto in tanto da un colpo di tosse, un singhiozzo, uno sbadiglio quando
Giacomino doveva andare a letto fatti i compiti.
Io e Giacomino pranzamo e cenavamo uno accanto all'altra, ad orari
rigidamente, mostruosamente fissi, ci si poteva regolare l'orologio sui nostri
pasti, con la testa china nel piatto.
In realtà non volevamo alzare gli occhi per non accorgerci che c'era un
posto vuoto davanti a noi. Qualcuno mancava... ci mancava terribilmente.
Io ci provavo di tanto in tanto a spezzare la pesante atmosfera che si era
insinuata come una cappa velenosa nelle nostre menti, nei nostri
comportamenti, nei nostri stessi cuori.
Allora chiedevo a mio figlio: Oh, Giacomino, Giacomino mi stai a sentire?
Come è andata oggi la scuola?
A quella stupida domanda rispondeva sempre con un'altra idiozia: bene, è
andata bene oggi la scuola, mamma.
Vuoi che ti dia una mano coi compiti stasera? Mi offrii di aiutarlo, era tutto
quello che potevo fare in quel mio stato d'animo a metà tra il lutto dignitoso
e la furia cieca della vendetta che mi bruciava entro e che dovevo tenere a
freno, non tanto per me, ma per lui, mio figlio. Per non fargli vedere che
soffrivo troppo e farlo soffrire a sua volta di più.
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Giacomino, che non è stupido, intuiva che non ero sincera col mio
interessamento e si scherniva: Non c'è bisogno mamma che mi aiuti, li so
fare da solo i compiti, sono facili. Ho capito tutto dal maestro. E aggiungeva
probabilmente per tranquillizzarmi: perché ormai sono grande.
Allora lo abbracciavo stretto a me cercando di essere la sua quercia, la sua
forza, il suo tronco che avrebbe dovuto sostenerlo e pensavo tra me:
fisicamente è un bambino, ma sta sviluppando una grande forza interiore.
Proprio come suo padre. Speriamo solo - e prego dio per questo - che non
faccia anche lui il giornalista.
Una volta me lo sono sognato il mio piccolo Giacomino, come una specie di
vendicatore solitario. Un risolutore celeste dei mali del mondo. Aveva in
mano la spada come l'Arcangelo Michele, sì proprio lui, il santo protettore
della 'ndrangheta, e tagliava teste di mafiosi. Il sangue zampillava dalle vene
del collo, recise come si vede nei santini e nelle immagini sacre, che
raffigurano il santo proteso a decapitare i demoni. Ma stavolta erano le teste
dei mafiosi a cadere sotto la scure del mio Giacomino-San Michele.
Le cape barbute, baffute, rotolavano per terra come palle da boowling, con
gli occhi fuori dalle orbite nello spasmo nervoso e le lingue rantolavano
biascicando una maledizione in dialetto calabrese. Ma anziché fermarsi e
zittirsi le teste continuavano a girare su se stesse e le bocche ad imprecare,
alché il mio Giacomino ha preso a fracassare i crani con una 'mazzacani, una
grossa pietra, facendo schizzare fuori la materia cerebrale, mentre San
Michele sceso dal cielo si caricava sulle spalle i corpi decapitati per gettarli
nel baratro dell'inferno...
Mi svegliai sul più bello, quando i corpi di quei mostri cominciavano a
friggere ra le fiamme eterne. Non è un pensiero cristiano, lo so. Forse, e
spero che sia proprio così, l'inferno esiste ma è vuoto, come ha detto il
Papa Giovanni Paolo II: Dio non può essere così malvagio come lo sono le
sue creature sulla terra. Dio conosce solo il perdono e la redenzione, non la
vendetta. Un Dio vendicativo non è Dio, non è non può essere il mio Dio.
Io però non sono Dio, e dunque qualche pensiero di vendetta posso
permettermelo, anche se so che è peccato. E nel mio inferno personale,
interiore, quello che mi si è aperto dentro quando mi hanno ucciso l'amore
della mia vita, io gli assassini di mio marito, del mio Rocco, eccome ce li
metto. E neppure troppo comodi. Ho pensato per loro un letto di chiodi
roventi su cui si dibattono per i secoli dei secoli, mentre un mostruoso
serpente gli mozzica i testicoli da cui fuorisce sperma rancido come il pus
del male che si portano nel cuore. Che la mia maledizione ricada su di loro
per sette generazioni!
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L'incubo non era poi tanto spaventoso. Mi alzo, mi lavo le mani cercando
tracce di sangue che non ci sono, mi rendo conto di aver sognato e vado in
cucina a preparae la colazione a Giacomino che si è già alzato e...
... mi trovo davanti uno sconosciuto, un uomo giovane in cui noto una forte
rassomiglianza col mio Rocco... e con Giacomino.
Lo sconosciuto, almeno quello che pensavo lo fosse, mi saluta:
Buon giorno mamma, me lo fai il caffé come al solito?
Così mi rendo conto per la prima volta che il mio Giacomino non è più un
bambino. E' cresciuto, è più alto di me.
Giacomino dimmi una cosa, gli faccio, quanto tempo è passato da quando
papà se ne è andato?
Ma', e te la devi piantare con questo "Giacomino". Non sono più picciriddu.
E poi anche con questa storia di quando papà se ne è andato! Lo sai
benissimo che sono passati quindici anni e che io ora ne ho ventitré.
Comunque, papà non se ne è andato, non ci ha lasciati, lo hanno
semplicemente ammazzato qui sotto casa, davanti ai nostri occhi. Hai
capito? Tu di notte fai sempre lo stesso sogno, in cui mi vedi come
l'Arcangelo Michele che stermina i cattivi. E la mattina ti svegli come se la
notte non fosse passata, come se il tempo fosse rimasto fermo a quel giorno.
Comunque io non ci sto a fare il buono, lu fesso come papà, io non sono
come lui.
Che vuol dire che non sei come papà che era bravo, generoso...
E che cosa ha avuto in cambio? Una raffica di piombo. (Un silenzio) Ma tu lo
sai mamma quanto mi hanno tormentato a scuola perché ero il figlio de lu
fessu, d'o' Tragheddiaturi? Quello che volente o nolente si è dovuto mettere
l'anima in pace perché lo hanno spedito dritto dritto al Creatore? E non c'è
nessun Arcangelo Michele sceso sulla terra a vendicarlo, mamma, mi spiace.
Quello, San Michele Arcangelo, se ne fotte di papà, di te ed anche di me: è il
loro protettore, capisci? Gli portano perfino la statua a spalla nelle
processioni, contendendosi il posto in prima fila a suon di biglietti da mille
per la parrocchia. Te lo raccomando, il tuo San Michele...
Rosa si "esterna" parlando al pubblico.
Mi è partito uno schiaffo, credo di non averlo mai picchiato neppure
quando era più piccolo prima di quella volta.
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(come rivolta al figlio) Vergognati, non si parla così dei santi che ci vogliono
bene e ci guardano dal cielo. Che ci possono fare loro se gli uomini
tradiscono Gesù Cristo.
(Torna ad "esternarsi")
Avrei voluto aggiungere che gli uomini sono peggio delle bestie che almeno
si ammazzano fra di loro solo per la sopravvivenza. Ma Giacomino se ne era
già uscito di casa senza salutarmi e senza darmi un bacio come faceva da
piccolo quando andava a scuola. Allora mi affacciai alla finestra per vederlo
uscire dal portone, gridargli un saluto, mandargli una carezza, perché è
brutto lasciarsi così rancorosi tra madre e figlio, e poi mi dispiaceva di
avergli rifilato un ceffone, non saprei dire quanto forte, ma comunque mi
faceva male la mano.
Aprii la finestra e stavo per chiamarlo quando vidi che apriva col
telecomando una macchina nera fiammante, una BMW parcheggiata sotto
casa. Si infilò al posto di guida e schizzo fuori dal parcheggio facendo
fischiare le gomme sull'asfalto, lasciando una striscia nera proprio nel punto
in cui era caduto Rocco sotto la raffica di Kalashnikov. Scorsi la targa della
BMW, era una targa tedesca.
MUSICA DRAMMATICA.
Mi crollò il mondo addosso. Avevano ammazzato Rocco per la seconda
volta. E la terza, la quarta, la quinta.
Mi accorsi così che avevano ammazzato anche me.
Caddi come corpo morto cade.
Mi risvegliai in un letto della rianimazione. Mi dissero che cadendo in
seguito allo svenimento avevo battuto la testa ed ero entrata in coma. E ci
ero rimasta per due anni.
Durante i quali era stato Giacomino a starmi vicino per mesi a parlare per
cercare di farmi risvegliare con la sua voce. Mi raccntava le favole che io
raccontavo a lui quand'era bambino!
Entravo ed uscivo dal mio stato comatoso e dicevo a Giacomino di
scappare, di andare via, il più lontano possibile dagli assassini di suo padre.
Di non asservirsi a quelle bestie infernali che nel mio sonno incerto, tra la
vita e la morte, vedevo apparire tra le fiamme introno a lui come nel mio
incubo.
Di quella pira, l'orrendo foco.
Mamma che dici?, io li faccio arrestare tutti, quei bastardi!
Ora mi ricordo qualche sua parola... mi rinvengono di tanto in tanto nella
memoria offuscata di quel periodo...
33
Era tutto così confuso, i ricordi si confondevano tra realtà e immaginazione,
tra speranza e timore. Ci misi del tempo a realizzare cosa fosse realmente
avvenuto e che le cose stavano diversamente.
Giacomino siera comportato così come Rocco aveva fatto con suo padre
per cercare la verità. Ma non si era messo a fare domande, a scassare la
minchia a destra e a sinistra da picciriddu. Che gli davano uno scappellotto e
lo rimandava a casa con la coda tra le gambe.
Piuttosto aveva aspettato di diventare grande per poi infiltrarsi in una cosca
fingendo di ripudiare il padre, lu fessu che non aveva capito che i piccioli, i
soldi, sono tutto, e così di accettare il codice mafioso e il legame del
giuramento di sangue.
E poi - quando ha accumulato sufficienti prove - è andato dal magistrato e
si è pentito raccontando la sua storia. E' stato il primo e forse unico pentito
della 'ndrangheta che, essendo basata su rapporti strettamente familiari e
non associativi come la mafia siciliana, non conosce il fenomeno del
pentitismo. Almeno fino a quando il mio Giacomino, conquistandosi la
fiducia di un boss, detto U Tiradrittu per la sua mira infallibile, che aveva
conosciuto pure Rocco, ha raccontato tutto agli Inquirenti, nomi, fatti,
persone.
Era stato proprio lui, U Tiradrittu, a dare la sua protezione a Rocco, quando
avevano preso a telefonarmi e a seguirmi. Rocco gli stava simpatico perché
con lui si poteva discutere e comunque serviva pure un giornalista che
scrivesse contro la 'ndrangheta. Perché ci vuole pure qualcuno da
contrastare, altrimenti sembra tutta pappa e ciccia. Se non c'è contrasto, se
non c'è azione di polizia, sosteneva U Tiradrittu, scende il prezzo della droga
e noi ci rimettiamo. Possibile che non lo abbiano capito quelli delle famiglie?
E così non va bene, se un'intera regione non produce qualche voce che dice:
non siamo tutti mafiosi. Fa comodo anche ai mafiosi, purtroppo, che ci sia
qualche bastian contrario, proprio come il fascismo che lasciava passare
qualche opposizione tra le pieghe della censura e della repressione, come
valvola di sfogo, insomma.
L'omicidio di Rocco irritò U Tiradrittu, che si vide scavalcato da un cosca di
un altro locale, cioé di un'altra organizzazione, e fece in modo di sgominarla
servendosi di Giacomino come un boomerang, così da poter dire:
Contenti? Avete visto a che serve a sparare ad un quaquaraqua, ad un
giornalista parolaio, che scrive un sacco di minchiate in mezzo alle cose vere
che tanto nessuno prenderà mai sul serio perché la verità non esiste se è
troppo vera, troppo grossa e troppo incredibile? Succede che si dà
concretezza alle sue verità che da pacchiane diventano eclatanti, perché nasce il sospetto - se lo hanno accoppato vuol dire che ci era andato vicino
vicino. E lasciatelo scrivere! Sennò poi viene un altro che scassa la minchia
più di quello che c'era prima.
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U Tiradritto gestì Giacomino per dimostrare che in Calabria, perfino nella
Calabria Saudita, esistono leggi, gente che si oppone alla mafia, criminali che
vengono arrestati, perché se non venisse mai arrestato nessuno con tutto
quello che succede, il governo nazionale dovrebbe mandare i caccia
bombardieri sulla Sila! Oppure posizionare un satellite geostazionario sulla
Locride per fotografare l'ora dell'orologio al polso di ogni sospetto! Invece,
con qualche brandello di verità, incartato come un pesce fresco in un foglio
di giornale, si evita tutto questo quarantotto. E tutti vissero felici e contenti.
A Giacomino tutto questo non interessava: voleva solo vendicare il padre e
andarsene dalla Calabria saudita - che chiamiamo così noi calabresi ché
amiamo e al tempo stesso odiamo la nostra terra. Ma questo forse l'ho già
detto, il fatto è che sono appena uscita dal mio lungo sonno e non mi
ricordo tutto alla perfezione.
Ricordo però, anche se non del tutto distintamente, come se una nuvola di
nebbia oscurasse tutto, quando il mio Giacomino mi venne a trovare per
l'ultima volta. Avevo cominciato a muovere le dita della mano. Lui me la
carezzò e poi mi fece stringere una lettera che lessi solo alcune settimane
dopo, quando recuperai pian piano altre funzioni, lettera da cui non mi
separo mai:
(apre la busta, legge)
Mamma, io devo partire e non ti posso dire dove vado e come mi chiamerò
in futuro, ora sono un'altra persona, mi cambiano anche i connotati così che
non potrai riconoscermi neppure tu. Vado lontano mamma, e non ci
vedremo più. Sappi però che sto bene e che ho fatto giustizia per papà. Li
ho fatti arrestare. Io non sono come lui e non voglio continuare a stare qui,
nella tua amata "Calabria saudita", come ha fatto lui, a fare l'eroe, il
donchischiotte contro i mulini a vento, ad aspettare il miracolo, la sconfitta
della 'Ndrangheta che non verrà mai, a pascermi di sogni di legalità e
giustizia in un paese in cui la legalità è intesa solo come un modo per legare
qualcuno da incaprettare. Io ho fatto quello che dovevo fare e cambio vita.
Ho una moglie adesso, e tu sei nonna di una bellissima bambina che si
chiama come te, Rosa. Ma non posso dirti dove viviamo, sarebbe pericoloso
per te e per noi tutti. Forse un giorno ci rivedremo. Non so come e non so
quando. Aspettami, ti voglio bene, ti bacio il tuo Giacomino.
(Rosa ripone con cura la lettera)
Ora mi hanno trasferito per motivi di sicurezza in paese del nord, non posso
dirvi dove. C'è la nebbia e piove spesso. D'inverno fa freddo ed è uggioso.
Non conosco praticamente nessuno, qui mi chiamano con tono di scherno e
disprezzo la <calabra saudita>. La gente del posto pensa che sia la moglie di
qualche boss della 'Ndrangheta confinata al Nord, credono che possa
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contagiare il paese, portare il sistema del pizzo. Qualche volta sento che
commentano al mio passaggio "ma tornatene nella tua Calabria saudita"! Lo
dicono nel loro incomprensibile dialetto, ma quelle parole io le capisco bene.
E capisco anche loro che hanno paura di me, non conoscendo la mia storia
personale che non posso però raccontare e nessuno. Il Magistrato mi ha
ordinato di tacere, per il mio bene e la mia sicurezza. E perché potrei
rappresentare un ostaggio per far uscire Giacomino allo scoperto. Più che
altro io taccio per lui, non per me - ché ormai vivere o morire mi interessa
poco.
Passo ore seduta alla finestra in attesa di vedere avvicinarsi uno sconosciuto:
potrebbe essere il mio killer oppure il mio Giacomino. In entrambi i casi
sarebbe la mia liberazione.
MUSICA BUIO. FINE.
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