Musulmani a Napoli - Stranieri in Campania

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Musulmani a Napoli - Stranieri in Campania
Yalla ~ Stranieri in Campania
Servizio di Mediazione Culturale della Regione Campania
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Musulmani a Napoli
Corso Arnaldo Lucci
La moschea di corso Arnaldo Lucci, vicino alla stazione centrale di Napoli è una specie di vaso
di Pandora. L’ingresso suggerisce l’impressione di un piccolo locale, magari un seminterrato,
eppure il venerdì alle 15.00, nel giorno più importante della preghiera, si possono osservare
centinaia di persone che escono dai locali. In realtà il centro si dispone su due piani per quasi
700 metri quadri complessivi ed è il più antico luogo di culto islamico in città. Il suo
responsabile, l’Imam Amar Abdallaah, presidente della “comunità islamica di Napoli”, è di
origini giordane ma vive nel capoluogo campano da oltre 25 anni. Quando lo intervistiamo
elenca con orgoglio le tante attività che si tengono nel centro, come “la scuola di arabo e
cultura musulmana del fine settimana cui sono iscritti oltre 120 bambini e che si svolge in
integrazione al resto dell’attività scolastica. I corsi di arabo per adulti, gli appuntamenti
dell’associazione dei giovani musulmani di Napoli che si riunisce almeno una volta a
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settimana…”. Ma la Moschea, continua Abdallaah “è aperta anche ai non musulmani, ad altre
espressioni religiose, è un luogo di incontro e di conoscenza reciproca”
Piazza Mercato
Questa apertura e questa versatilità sono rivendicate anche da Yasin Gentile, imam della
Moschea di piazza Mercato, una delle aree più popolari e storiche della città. In questo caso
dall’esterno sono più visibili le dimensioni considerevoli della struttura eppure il venerdi la
preghiera deve tenersi all’aperto, nello spazio antistante, per l’impossibilità di contenere la folla
dei fedeli. Yasin Gentile ci tiene a ricordare che la Moschea è aperta “quotidianamente per la
preghiera ma anche per tante attività collaterali. Non solo corsi di formazione religiosa ma pure
servizi basilari di assistenza sociale come la mensa o le docce per chi ne ha bisogno”. Una
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specie di sportello a bassa soglia per una comunità in grandissima parte immigrata in cui non
son poche le situazioni di povertà e di disagio abitativo.
Yasin Gentile è un imam autoctono, che si è formato a lungo in Arabia Saudita: “la nostra
moschea ha da anni un amministrazione gestita da italiani, ora anche l’imam. E’ nostra
convinzione che questo faciliti l’integrazione col territorio. Abbiamo anche un responsabile per i
rapporti con le associazioni, come quelle che gravitano intorno alla chiesa del Carmine. Il
dialogo inter-religioso per noi è una priorità”.
La comunità musulmana di Napoli consta di molte decine di migliaia di persone ed è per il 99%
di origine straniera, ma come nel caso di Yasin Gentile, cominciano a esserci le prime
conversioni tra i napoletani d’origine “si tratta per lo più di conversioni legate alla necessità di
sposarsi con un partner di cultura musulmana – ammette l’imam – sebbene possano diventare
occasione di una conoscenza più approfondita della religione islamica. I percorsi approfonditi e
consapevoli sono però ancora molto pochi”.
Intorno ai due luoghi di culto più longevi ne stanno nascendo altri per rispondere alle esigenze
di una comunità in crescita. Attualmente sono almeno quattro-cinque in città. Omar Ndiaye è il
responsabile di uno spazio di culto nato di recente in via Firenze, alle spalle di piazza Garibaldi,
nel cuore del principale insediamento degli immigrati arabi e africani a Napoli. Poche centinaia
di metri da quel mercato multietnico di via Bologna che è uno dei simboli della trasformazione
globale della città “Il nostro centro è giovane ma ha subito registrato un boom di presenze – ci
spiega Omar – proprio per la sua collocazione estremamente funzionale, facile da raggiungere
per tanti. Qui si svolgono le cinque preghiere quotidiane tenute da vari imam, ma il venerdì, nel
giorno di maggiore affollamento, lo spazio è troppo piccolo e così ci uniamo alla comunità di
Corso Arnaldo Lucci”. Omar per lavoro è un mediatore culturale, ci viene spontaneo chiedergli
perché sia così esigua la presenza femminile alle celebrazioni religiose. E’ un mondo
soprattutto maschile? “In realtà deriva dal fatto che l’immigrazione di culto musulmano a Napoli
è per lo più maschile. Inoltre le situazioni di vita delle donne immigrate, come ad esempio il
lavoro di cura, non lasciano molto tempo per partecipare alle funzioni. Così molte preferiscono
dire le preghiere a casa e presenziare solo agli eventi più importanti, come quello che celebra la
fine del Ramadan o la festa del sacrificio che si terrà tra circa un mese. Naturalmente c’è
anche una divisione di ruoli e di visibilità sociale, come avviene però in tutta la società”.
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Nella moschea di corso Arnaldo Lucci c’è una sala separata per l’esercizio del culto delle
donne e l’imam Abdallaah sottolinea che esistono incontri bisettimanali di donne musulmane
“riunioni che vedono coinvolte almeno una cinquantina di persone per volta”.
Tante moschee e nessuna moschea. Infatti è più corretto parlare di centri religiosi, dal momento
che una vera Moschea col minareto e spazi adeguati al culto a Napoli non esiste. Amar
Abdallaah ricorda quasi con rassegnazione la lunga sequenza di richieste per una grande
moschea pubblica in città come esiste a Roma. La prima volta era ancora in piedi il muro di
Berlino… “Era il 1989 e sindaco di Napoli era il socialista Lezzi, poi fu la volta di Polese che ci
rispose positivamente. Un’altra richiesta è stata fatta nel 1995 ai tempi di Antonio Bassolino e
infine ai giorni nostri”.
Risposte formalmente positive e solidali tante ma fatti assai pochi. Napoli non ha conosciuto le
polemiche, spesso strumentali, che hanno accompagnato la nascita di moschee in altre città,
ma piuttosto poca attenzione politica e problemi burocratici all’apparenza insormontabili. Così
nelle giornate di culto più importanti tocca inventarsi gli spazi in cui accogliere i fedeli, ad
esempio perimetrando un pezzo di piazza Garibaldi.
In realtà qualche anno fà una rete di centri religiosi coordinata dall’Imam Abdallah raccolse i
fondi per costruire in forma privata la moschea di Napoli in via Milano, sempre nei pressi della
stazione centrale. Tutto si arenò per mancanza di agibilità formale della struttura scelta. Non
mancarono però le polemiche sui media e qualche attrito tra i diversi luoghi di culto.
Ovviamente il mondo musulmano è una realtà ampia e complessa e ancor più quello sunnita (in
cui si riconoscono la stragrande maggioranza dei musulmani a Napoli) in cui le figure religiose
non sono selezionate per via gerarchica come nella chiesa cattolica e, in un certo modo
nell’islam sciita, ma sono esperti del Corano riconosciuti dalle comunità.
Molto schematicamente si possono individuare due grandi modelli di diffusione dell’Islam
sunnita su scala internazionale. Con semplificazione giornalistica possiamo parlare di un “islam
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delle moschee”, che ha una struttura più transnazionale e di cui l’espressione e la rete più
importante e composita è quella dei Fratelli Mussulmani e di un “islam degli Stati” in cui è più
evidente l’influenza del governo temporale nella definizione dei ruoli religiosi ad esempio per
paesi come l’Arabia Saudita e il Marocco. In Italia propaggini di questi modelli sarebbero realtà
come l’Ucoii da una parte, la rete più numerosa di centri musulmani fra cui veniva annoverato
anche quello di Corso Arnaldo Lucci, e la lega Musulmana mondiale dall’altra cui fa riferimento
la Grande Moschea di Roma e quella di piazza mercato a Napoli. Differenze enfatizzate
qualche anno fa da campagne di stampa alquanto esasperate come quella condotta
dall’opinionista Magdi Allam sul Corriere della Sera che chiedeva di emarginare l’Ucoii dai
rapporti istituzionali. L’allora ministro Pisanu preferì invece una scelta di maggiore mediazione.
Oggi queste differenze sembrano molto più sopite. L’Imam Abdallaah conferma che esiste una
forma di confronto e di coordinamento periodico non solo tra i centri di culto a Napoli ma tra gli
oltre venti che sono diffusi in tutta la Campania. E nega che ci siano state frizioni ai tempi del
progetto di via Milano, attribuendo soprattutto ai giornalisti “certe distorsioni polemiche” . “Se ci
sarà finalmente una Moschea a Napoli – conclude Abdallaah - sarà a disposizione di tutti i
musulmani e dei vari centri religiosi che oggi si moltiplicano solo perché non ci sono spazi
adeguatamente grandi per tutti”.
Un positivo ruolo di mediazione in tal senso ha svolto anche l’amministrazione comunale, che
ha messo i responsabili religiosi intorno ad un tavolo per ragionare sulle soluzioni possibili.
L’ultimo progetto in ordine di tempo si proponeva di collocare la Moschea nello storico palazzo
Cosenza su via Marina, trasferendo il mercato ittico altrove. Progetto anch’esso naufragato per
l’indisponibilità degli operatori commerciali alla delocalizzazione, ma, afferma Alessandro di
Rienzo, demandato dal Sindaco De Magistris a seguire questo processo, “costruire la Moschea
è un preciso impegno dell’amministrazione”. Sperando che sia finalmente la volta buona.
Multimedia: il sito dell’UCOII (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia): http://www.ucoii.org/
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