Oltre la locazione: il rent to buy, nuovo contratto per l`acquisto di
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Oltre la locazione: il rent to buy, nuovo contratto per l`acquisto di
Primo piano Locazione Mercato immobiliare Oltre la locazione: il rent to buy, nuovo contratto per l’acquisto di immobili di Vincenzo Cuffaro - Ordinario di diritto privato nell’Università di Firenze Nel d.l. 12 settembre 2103, n. 133, denominato 'sblocca Italia', una disposizione detta regole per quella che appare una nuova figura contrattuale, destinata ad incentivare la vendita degli immobili. Del contratto, non riconducibile al tipo della locazione, sono illustrati i caratteri essenziali, rimarcando altresì alcuni aspetti problematici determinati dalla nuova disciplina 1. Un nuovo contratto? Se il tema della escogitazione di strumenti utili a determinare l’auspicata ripresa del mercato immobiliare e la soluzione del problema “casa”, tanto più avvertito quanto più grave è la situazione economica, è da tempo all’attenzione degli operatori economici e delle categorie professionali interessate (1), con l’art. 23 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164, l’alambicco legislativo distilla ora un contratto che potrebbe effettivamente rappresentare una plausibile risposta a tali esigenze. La rubrica dell’articolo, nel richiamare l’accordo tramite il quale il godimento dell’immobile conseguito da un contraente è determinato dallo scopo del successivo acquisto del bene in vista del quale il contratto è concluso, rende avvertito l’interprete che l’intento legislativo è stato non tanto quello di regolamentare una prassi già diffusa, quanto l’altro, ben più ambizioso, di indirizzare l’autonomia dei privati mettendo a disposizione un nuovo e autonomo schema contrattuale. L’operazione economica cui la disposizione di legge ha riguardo risponde infatti ad uno schema semplice: in vista dell’acquisto di un immobile, il futuro acquirente è subito immesso nella detenzione del bene con l’intesa che sino al momento della stipula dell’atto di acquisto corrisponderà al proprietario (1) Con singolare tempismo, la legge recepisce in parte una delle “proposte del notariato per il rilancio del settore immobiliare” presentata nell’ambito del Congresso Nazionale del Notariato svolto il 22 novembre 2013. il Corriere giuridico 1/2015 un importo periodico e che una quota parte di tale importo sarà imputata in conto prezzo. Si dirà: nulla di nuovo, ben potendo già prima l’autonomia delle parti attingere il medesimo risultato utilizzando, e combinando tra loro, i tipi contrattuali della locazione, del contratto preliminare, della compravendita con riserva di proprietà (2), e tuttavia l’analisi della disciplina dettata nell’art. 23 consente di ritenere che, nella specie, nessuno di tali modelli può essere integralmente richiamato, mentre il contratto, che la stampa anche non specialistica individua come ‘rent to buy’, appare segnato da tratti di sicura peculiarità. 2. Il passepartout della trascrizione Occorre procedere con ordine, anche perché il legislatore ha seguito una strada non lineare, ponendo perentoriamente l’accento su un elemento accessorio alla fattispecie contrattuale. La descrizione dell’operazione economica, lo schema negoziale riassunto nella proposizione del primo comma dell’art. 23, «contratti che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto», viene infatti enunciato quasi per inciso, in relazione alla possibilità di trascrivere il contratto. (2) Ed ovviamente del leasing immobiliare, contratto che viene infatti richiamato nell’articolo proprio al fine di escluderlo dall’ambito di applicazione della nuova disciplina. 5 Primo piano Locazione Una tecnica, a ben vedere, non dissimile da quella adottata in precedenti interventi legislativi per gli atti di destinazione (3) e per i contratti sui diritti edificatori (4); una tecnica dunque ancora una volta nel segno della trasposizione perché il legislatore utilizza il sistema della pubblicità legale, ed integra o, come nel caso, richiama le relative disposizioni nel libro sesto del codice, per dare invece ingresso alla disciplina sostanziale degli atti suscettibili di trascrizione. Analoga tecnica segue il recente intervento normativo, anche se nella disposizione dell’art. 23 il percorso appare anche più tortuoso, in quanto realizzato tramite un rinvio che tuttavia è formulato rispetto a due e diversamente connotate disposizioni. Infatti, mentre nel primo comma dell’art. 23 il rinvio all’art. 2645 bis c.c. vale a precisare le condizioni di opponibilità del contratto ai terzi (5), nel medesimo primo comma della disposizione si legge un ulteriore rinvio, espresso con una formula: «la trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’articolo 2643, comma primo, numero otto del codice civile», resa ambigua dalla particella congiuntiva che sembrerebbe voler rimandare ad effetti ulteriori, come se la regola sulla trascrivibilità dei contratti di locazione rivestisse una funzione diversa dalla opponibilità. Si viene in tal modo a determinare una sovrapposizione di rinvii a norme che comunque attengono alla pubblicità dichiarativa, con una ridondanza che nuoce all’esatta intelligenza della vicenda che si è inteso disciplinare. Per vero, il riferimento alla disposizione sulla pubblicità delle locazioni ultranovennali (6) sembrerebbe privilegiare una tanto precisa quanto superflua connotazione della fattispecie (7), determinando sul piano ermeneutico maggiori incertezze di quelle che la precisazione aveva forse inteso risolvere. In sintesi, una volta chiarito che il contratto è suscettibile di trascrizione, appare discutibile la tecnica del duplice richiamo a disposizioni che en- trambe hanno riferimento alla pubblicità dichiarativa. Sul punto si avrà modo di tornare, mentre occorre prestare attenzione agli elementi qualificanti dello schema contrattuale. (3) Sul tema, di recente, Amore, La trascrizione ex art. 2645 ter c.c. fra destinazione e separazione patrimoniale, in Nuove leggi civ. comm., 2014, 869 ss. (4) Per una esauriente ricostruzione v. Gazzoni, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Tratt. Trascr. diretto da Gabrielli e Gazzoni, Tomo I, Torino, 2012, 205 ss. (5) Si parla al riguardo di c.d. effetto prenotativo, ma «l’alternativa alla mera prenotazione è quella di attribuire, con maggiore plausibilità e rigore ricostruttivo in termini sostanziali, alla trascrizione del preliminare un effetto di opponibilità, pur se risolutivamente condizionato alla mancata successiva trascrizione del definitivo»: così puntualmente Gazzoni, La trascrizione degli atti e delle sentenze, cit., Tomo II, 132. (6) Sul significato da attribuire alla previsione dell’art. 2643 n. 8 in relazione alla durata della locazione, sia consentito rinviare a Cuffaro, art. 1572, in Cuffaro, Calvo, Ciatti, Della locazione, in Codice civile commentato, diretto da Busnelli, Milano, 2014, 66 ss. (7) Procedimento, questo, su cui invita a riflettere Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, 36 ss. (8) Osserva Lipari, Le categorie del diritto civile, Milano, 2014, 18:«Lo si riconosca o no, la categoria costituisce per il giurista una sorta di tranquillizzante punto di riferimento », ma avverte, ivi, 220, la necessità di «intendere che le categorie sono il risultato, non il presupposto, del procedimento applicativo del giurista» 6 3. Il patchwork delle norme Il contratto appare certo segnato dall’esplicito collegamento funzionale che per suo tramite si instaura tra godimento del bene e acquisto successivo, e tra pagamento periodico e corresponsione del prezzo di acquisto del bene. Il collegamento ricavabile dalla descrizione esposta nel primo comma dell’art. 23 appare dunque idoneo, sul piano causale, a delineare, volendo richiamare le categorie giuridiche funzionali alla classificazione delle situazioni soggettive (8), un contenuto contrattuale funzionale a passaggio da una situazione obbligatoria, come tale essenzialmente strumentale, ad una situazione reale, come tale essenzialmente finale. Si ripete, apparentemente nulla di nuovo, ben potendo già prima le parti stipulare un contratto preliminare nel quale pattuire l’immediata immissione del promissario acquirente nella detenzione del bene, il differimento del pagamento del prezzo al momento del definitivo ed il pagamento di acconti sino a tale data, solo che le stesse parti non erano particolarmente interessate a porlo in essere, in quanto il contratto così strutturato da un lato poteva essere inteso come contratto definitivo di compravendita ovvero come contratto di locazione, dall’altro, risultava comunque particolarmente a rischio per il promittente in caso di inadempimento del promissario acquirente. La nuova disposizione dovrebbe sopperire a tale novero di problemi delineando una diversa figura di contratto, la cui disciplina è tuttavia ottenuta (siamo in epoca di risparmio) cucendo insieme norme diverse ed affidando alla sommatoria l’individuazione degli elementi costitutivi del negozio. Per metterne a fuoco il significato occorre dunque il Corriere giuridico 1/2015 Primo piano Locazione muovere dalla struttura dell’articolo di legge che ne detta la disciplina. La previsione dell’art. 23 è scandita in otto commi (9). Il primo comma reca la descrizione del contratto, i commi 3, 4 e 6 individuano per relationem le norme applicabili al rapporto che dal contratto deriva; i commi 1-bis, 2 e 5 disciplinano il contenuto di clausole contrattuali e precisano gli effetti conseguenti la risoluzione; il comma 7 reca una regola fiscale apparentemente estranea al contratto. La difficoltà di governare la figura contrattuale così introdotta nel sistema, con una «disciplina “a maglie larghe” per consentire all’autonomia privata di meglio modulare il contenuto del contratto in funzione delle specifiche esigenze e nell’ottica del miglior soddisfacimento degli interessi di entrambe le parti» (10), emerge tuttavia sul piano lessicale dal tenore dei diversi commi della disposizione, nei quali le parti del contratto sono individuate con termini, “concedente” e “conduttore”, che, tra loro eterogenei, tradiscono comunque l’intenzione di non far riferimento a schemi tipici. Il termine “concedente” rinvia infatti genericamente alla posizione del titolare del diritto che tramite il contratto ne dispone, pur mantenendo la signoria sul bene, mentre il termine “conduttore” è più impegnativo sul piano lessicale in quanto tradizionalmente utilizzato per indicare nel tipo locativo il contraente titolare del diritto personale di godimento. La intenzionale eterogeneità dei termini appare, sul piano ermeneutico, argomento idoneo ad escludere che l’operazione legislativamente individuata possa essere collocata all’interno di uno schema tipico, segnatamente dello schema locativo, rimarcando come nel dettato della legge manchi il riferimento al “locatore” (11). I termini possono dunque essere utilizzati per individuare le parti del contratto, nella consapevolezza che il loro uso non rinvia necessariamente ad un tipo contrattuale. Quanto all’ambito dei destinatari della disposizione, l’esigenza alla base dell’intervento legislativo, dichiarata nel Titolo del Capo V del provvedimento «Misure per il rilancio dell’edilizia», fa apparire ragionevole che al contratto dovrebbe soprattutto far ricorso l’imprenditore, utilizzandolo come in- centivo per promuovere l’acquisto di costruzioni di recente realizzazione, mentre è prematuro stabilire se lo schema sarà adottato anche nei rapporti tra privati. In questa prospettiva si può leggere la previsione del comma 6 dell’art. 23 che nel considerare il fallimento del proprietario dell’immobile precisa che «il contratto prosegue», considerando altresì l’ipotesi speculare che sia il “conduttore” ad essere sottoposto alla procedura concorsuale e quindi richiamando la disciplina dettata dall’art. 72 l.fall. per i rapporti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento. Manca una specifica previsione sulla forma, ma la prescrizione si ricava dal rinvio all’art. 2645-bis c.c., in quanto l’accordo è appunto soggetto al regime di pubblicità proprio del contratto preliminare; quindi solo il contratto risultante da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata è a seguito della trascrizione opponibile ai terzi entro il termine che, come indicato nel comma 3, è elevato a dieci anni. A quest’ultimo riguardo, merita osservare come in tal modo risulti individuato un ulteriore elemento di caratterizzazione del contratto, nel senso che l’operazione economica disciplinata non può avere una estensione temporale superiore ai dieci anni, venendosi altrimenti a caducare l’effetto della opponibilità, dettato a garanzia della parte interessata all’acquisto dell’immobile. Il richiamo al dettato dell’art. 2645-bis in tema di preliminare è integrato dall’espresso, e forse superfluo, rinvio alle altre disposizioni che hanno altresì riguardo agli effetti della trascrizione del contratto preliminare (12). Nel dettaglio, la trascrizione rende il contratto opponibile ai terzi, ponendo al riparo il futuro acquirente innanzitutto dagli atti di disposizione del bene che il proprietario ponga in essere successivamente alla conclusione del contratto, ma anche dall’eventuale fallimento del proprietario poiché per espressa previsione (art. 23, comma 6) è prescritta la prosecuzione del rapporto contrattuale. Ancora in relazione all’eventuale fallimento del proprietario, il contraente non è esposto all’azione revocatoria nei limiti segnati dall’art. 67, comma 3, l.fall. (art. 23, comma 6) e il suo credito è assistito dal privilegio speciale sull’immobile ai sensi dell’art. (9) Il comma 8 non riguarda la disciplina del contratto ma l’efficacia sospesa della previsione tributaria dettata nel comma precedente. (10) Così la Relazione alle Conversione in legge del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 che riprende pressoché alla lettera la Relazione illustrativa della proposta formulata in occasione del Consiglio Nazionale del Notariato, di cui alla nt. 1. (11) D’altra parte, anche il termine “canone” è riferito ad un pagamento periodico una parte del quale non è corrispettivo del godimento del bene, ma anticipo del prezzo. (12) In tema, v. per tutti, Gazzoni, op. cit. il Corriere giuridico 1/2015 7 Primo piano Locazione 2775-bis c.c. (richiamato dall’art. 23, comma 3); inoltre, ove l’immobile abbia destinazione abitativa è imposto l’obbligo di cancellazione o frazionamento dell’ipoteca costituita sull’intero stabile anteriormente o contestualmente alla conclusione del contratto (art. 23, comma 4 che rinvia all’art. 8 d.lgs. n. 122/2005). Del contratto la legge stabilisce il novero degli effetti, prestando particolare attenzione a quelli che si determinano nel momento patologico del mancato adempimento degli obblighi che dal contratto derivano. La previsione del comma 2 riguarda la determinazione della gravità dell’inadempimento del “conduttore”, secondo un parametro percentuale rispetto al numero complessivo dei canoni, mentre nel comma 5 sono individuati gli obblighi restitutori conseguenti l’inadempimento di ciascun contraente. Quanto all’inadempimento, rispetto ad un contratto che produce immediati effetti obbligatori, tra i quali quello che impegna il proprietario a consentire all’altro contraente il godimento immediato dell’immobile, la legge prevede una specifica ipotesi di risoluzione per inadempimento, espressa in una formula certo non piana: «Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo». Viene in tal modo fissata la misura quantitativa dell’inadempimento rilevante, misura che comunque è maggiore dell’ammontare di una sola mensilità del corrispettivo, nel senso che il mancato pagamento di una mensilità non potrà di per sé (13) essere motivo di risoluzione, ben potendo le parti concordare una soglia più elevata di inadempimento non “grave”. L’inciso «anche non consecutivo» vale a significare che la gravità dell’inadempimento è quantitativa, riguarda cioè l’ammontare complessivo del debito. Nel quinto comma della disposizione sono invece regolate le conseguenze restitutorie che la risoluzione determina. Conseguenze diversamente caratterizzate in quanto l’obbligazione restitutoria ha per oggetto, in caso di inadempimento del “concedente”, la sola parte dei canoni imputata a prezzo di acquisto; mentre, nel caso di inadempimento del conduttore, questi ha l’obbligo di restituire l’immobile ma non può pretendere il rimborso di quanto sino ad allora corrisposto periodicamente, restando tale importo in toto acquisito al patrimonio del concedente. Viene in tal modo a configurarsi una clausola penale di fonte legale, rispetto alla quale è da chiedersi se possa operare la regola della riduzione ad equità come previsto dalla norma dell’art. 1384 c.c. Ancora con riferimento alla posizione del conduttore inadempiente, il comma 1-bis, aggiunto frettolosamente in sede di conversione del decreto, detta un’ulteriore prescrizione, là dove impone di definire contrattualmente «la quota del canone imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile». La previsione aggiunge un ulteriore fattore di opacità per la messa a fuoco dello schema negoziale, in quanto sembra contraddire la possibilità di leggere il contratto come vincolante per entrambi i contraenti in ordine al trasferimento dell’immobile ed invece suggerire lo schema dell’opzione. Se è vero che, come in precedenza ricordato, l’intento perseguito era quello di dettare una “disciplina a maglie larghe”, l’interprete deve ancora una volta prendere atto di una mediocre tecnica legislativa, giacché il comma 1-bis non è coerente con la previsione del secondo periodo del comma 5: questa ha riguardo all’inadempimento del conduttore che ben può consistere nel rifiuto all’acquisto in vista del quale il contratto è concluso, dunque sul presupposto che l’acquisto configuri un obbligo e non già un diritto del conduttore. Anche a voler intendere che con la previsione si sia voluto far riferimento ad un diverso schema negoziale, quello appunto del patto di opzione, resta la constatazione di una poco perspicua espressione del dettato legislativo, fonte di perplessità per gli interpreti. La legge, al fine di contemperare le opposte esigenze delle parti e nel probabile intento di escludere la possibilità di qualificare il contratto come locazione, con la conseguente applicabilità delle disposizioni imperative in materia (14), fa uso di una tecnica elementare, dichiarando applicabili al rapporto, nel periodo intercorrente tra la conclusione del contratto ed il momento dell’acquisto del bene, le norme che riguardano gli obblighi nascenti dall’usufrutto, alle quali occorre quindi far riferimento. (13) Neanche per effetto di una clausola risolutiva espressa, stante la imperatività della previsione legale. (14) Come è noto, il profilo della imperatività delle regole è circoscritto per le locazioni ad uso di abitazione alla sola durata del rapporto, mentre ancora sussiste ed è ancora più estero per le locazioni non abitative cfr. Cuffaro, op. loc. cit., 25 ss. 8 il Corriere giuridico 1/2015 Primo piano Locazione Non è possibile, in questa sede, un esame analitico delle singole regole numericamente richiamate (15), ma in termini generali merita osservare che alcune norme riguardano la garanzia richiesta al momento iniziale del rapporto e come tali appaiono di dubbia applicazione alla vicenda contrattuale disciplinata; altre norme individuano il riparto delle spese inerenti l’immobile secondo un modello, che distingue spese ordinarie e riparazioni straordinarie, non dissimile da quello che distingue per il contratto di locazione tra spese di ordinaria e straordinaria manutenzione; altre ancora attengono ai giudizi sorti durante lo svolgersi del rapporto. Si tratta, a ben vedere, di norme dispositive in misura tale che le parti restano quindi libere di adottare una diversa e più pertinente regolamentazione di tali profili del rapporto contrattuale. 4. La causa del contratto deve ritenersi che - salva, ovviamente, la diversa volontà dei contraenti - venuto meno l’impegno reciproco alla compravendita non residui un rapporto locativo suscettibile di proseguire (18). Correlativamente, non potranno trovare diretta applicazione le regole che attengono alla cessazione del rapporto locativo, sia sul piano sostanziale: art. 1526 c.c., sia sul piano processuale: artt. 657 ss. c.p.c. (19) L’individuazione di una autonoma connotazione causale vale così a dar conto della pattuizione che costituisce il tratto caratterizzante del contratto, per ciò che i contraenti non soltanto definiscono il prezzo di cessione dell’immobile, ma stabiliscono altresì la misura del corrispettivo periodico, che la legge individua con il termine “canone”, una parte del quale sarà computata in conto prezzo al momento della definitiva realizzazione dello scopo in vista del quale il contratto è stato concluso. La clausola pattizia che definisce la quota di “canone” destinata ad essere imputata a corrispettivo dell’acquisto costituisce, in tale prospettiva, la chiave di volta dell’operazione sul piano economico, idonea a rendere concretamente appetibile il negozio per entrambe le parti, e non a caso intorno a tale clausola ruota la disciplina dettagliata degli effetti conseguenti la risoluzione del contratto, dei quali prima si è riferito. Da ultimo, merita prestare attenzione al requisito della causa e dunque verificare se la descrizione ricavabile dal primo comma della disposizione valga ad individuare un nuovo contratto la cui disciplina possa essere letta nelle regole specifiche sin qui riassunte e naturalmente nelle norme generali contenute nel Titolo II del Libro quarto del Codice. Il richiamo a regole dettate per il diritto reale di godimento; il ripetuto rinvio alla disciplina del contratto preliminare sia per quanto attiene la trascrizione, sia per quanto riguarda la tutela in forma specifica (16); la regolamentazione dettagliata delle conseguenze della risoluzione; da ultimo, per quel che vale, l’intento del legislatore (17), appaiono elementi idonei a far ritenere che la causa concreta del contratto va effettivamente ravvisata in un nuovo assetto di interessi, sinora non apprezzato ed ora introdotto autonomamente nel sistema che giustifica il diritto personale di godimento solo in funzione del divisato acquisto del bene. La individuazione di un autonomo tratto causale non è senza conseguenze sul piano applicativo. Escluso che la vicenda contrattuale possa essere qualificata come contratto di locazione cui accede un preliminare di acquisto dell’immobile locato, Chi abbia avuto la pazienza di seguire l’esposizione necessariamente sommaria degli elementi che caratterizzano il c.d. “rent to buy”, si porrà a questo punto alcune domande: perché un nuovo contratto se le parti potevano già prima raggiungere risultati se non identici, quanto meno analoghi? Cosa potrà spingere il proprietario a consegnare subito l’immobile al futuro acquirente, con l’aspettativa di incassare il prezzo ormai definito al momento della futura vendita e con il rischio invece immediato di subire gli effetti dell’inadempimento? Come potrà funzionare il congegno negoziale, considerato che il contratto è rivolto «a quelle categorie che hanno (15) Per una recente ricognizione sulle disposizioni v. Marzo, Dell’usufrutto, in Jannarelli e Macario (a cura di) Della proprietà, nel Comm. del cod. civ. diretto da Gabrielli, Torino, 2012. (16) V. art. 23, comma 3:«In caso di inadempimento si applica l’articolo 2932 del codice civile». (17) Nella Relazione alla Camera sulla legge di conversione è esplicito il riferimento alla «nuova tipologia contrattuale a valenza generale». (18) Da qui la perplessità esposta in precedenza in merito all’equivoco richiamo alla trascrizione delle locazione ultranovennali. (19) Ma, stipulato il contratto nella forma dell’atto pubblico, il proprietario potrà essere utilizzare ai fini del rilascio la previsione dell’art. 474, comma 3, c.p.c. come novellata dal d.l. 14 marzo 2005, n. 2005, convertito il legge 14 maggio 2005, n. 80: cfr. Cuffaro, Novità e problemi in tema di rilascio di immobili, in Corr. merito, 2005, 749 ss. il Corriere giuridico 1/2015 5. Il convitato di pietra: il regime fiscale del contratto 9 Primo piano Locazione maggiori difficoltà ad acquistare per contanti» (20) che quindi ben difficilmente saranno in grado di pagare un corrispettivo mensile sufficientemente elevato da comprendere anche una significativa quota parte del prezzo? La risposta a questa e ad altre connesse domande ruota intorno al tema del regime di tassazione del contratto e dei corrispettivi periodicamente corrisposti dal conduttore. Non è dubbio che l’operazione economica delineata dall’art. 23 del decreto in tanto sarà attuata, in quanto potrà usufruire di una tassazione ragionevole, nel senso che l’imposizione fiscale dovuta sul trasferimento dell’immobile non sarà anticipata al momento della conclusione del contratto come invece da molti paventato. Chi scrive non azzarda indicazioni in merito, ma segnala al lettore curioso che nel d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni in legge 23 maggio 2014, n. 80 (sì, proprio il decreto nel quale è contenuto l’art. 8 che ora è integrato, sub condicione dell’autorizzazione comunitaria, dalla disposizione contenuta nel comma 7 della norma in esame) è dettata, con riferimento al riscatto degli alloggi sociali, una articolata disciplina incentivante anche in ordine ai corrispettivi periodici. Un profilo che merita di essere approfondito. (20) Sono sempre le parole della relazione illustrativa. 10 il Corriere giuridico 1/2015